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La guerra dei morti - 7 Capitolo

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Ladro d'Anime

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Nov 8, 2022, 1:27:47 PM11/8/22
to
Ci allontanammo dall’accampamento addentrandoci in un boschetto situato
proprio ai suoi margini. Dopo aver percorso alcune centinaia di metri,
il mago ci fece segno di fermarci e avvicinarci a lui. Non so con
precisione cosa accadde, ma per qualche tempo la luce del giorno
scomparve e venimmo ricoperti da una specie di globo d’ombra. Per un po’
rimanemmo nell’oscurità più completa, dopo alcuni minuti, come era
apparsa, quella tenebra venne meno, lasciandoci stupefatti osservatori
del cambiamento di contesto. In precedenza eravamo circondati da alberi
e da una rigogliosa vegetazione, ora ci trovavamo in una pianura brulla
e riarsa. Era, però, visibile chiaramente il perimetro di un vasto
centro abitato che identificammo senza ombra di dubbio con Milasia.
“Perché non ci hai trasportato direttamente in città?” domandò Balar.
“Ho le mie ragioni”. rispose il mago, poi, guardandosi alle spalle disse:
“Vieni fuori, percepisco con chiarezza la tua aura, non ha senso che tu
di nasconda oltre.”
Dal nulla apparve una figura ammantata di stracci, miseri resti di una
veste che in passato doveva essere splendida. Quando si avvicinò a noi
percepimmo il penetrante odore di putrefazione che emanava misto alle
spezie che gli imbalsamatori gli avevano cosparso. Non c’era ombra di
dubbio: quel corpo non apparteneva a un essere vivente. Il suo volto,
orrendamente sfigurato e corroso fino all’osso, emetteva una strana
luminescenza: forse dei fuochi fatui o forse la manifestazione visibile
del potere di quello sconosciuto. Senza dire una parola protese le dita
ossute contro di noi e da esse partirono lampi di un verde malsano. Il
Ladro d’Anime, con apparente noncuranza, si limitò a frapporsi tra noi e
il misterioso assalitore e venne investito in pieno dalla scarica
magica. Con nostro grande stupore parve non risentirne minimamente e
l’unico effetto visibile fu lo scaturire di una sorta di accecante lampo
di oscurità dal suo corpo.

Non saprei come descriverlo visto che non avevo mai visto nulla di
simile prima di allora: era come se per un attimo, un brevissimo
istante, fossimo stati circondati dall’oscurità più nera. In seguito ho
trovato conferme a quella sensazione, imbattendomi in descrizioni di
uguali manifestazioni nella mia ricerca storica.

“Un modo alquanto strano di presentarci.” sbottò il mago. “Dal tuo
aspetto immagino che tu sia uno dei servitori di Remigio.”
“Apophis il Sommo non è servo di nessuno e Remigio pagherà a tempo
debito quello che mi ha fatto.”
“Ho sentito parlare di te e adesso capisco anche le ragioni del tuo
pessimo aspetto.” rispose il Ladro d’Anime.
“Io invece non ti conosco e sono proprio curioso di scoprire se il tuo
potere è degno dell’appellativo che porti.”
“È una sfida quella che mi stai proponendo? Non mi tirerò certo
indietro, ma ti avverto: conosco la tua stregoneria ed essa non può
arrecarmi danno.”
“Staremo a vedere.” rispose con un ghigno malvagio Apophis, e iniziò a
salmodiare qualcosa. Esperto nella magia degli elementi, evocò contro il
mago il fuoco che non riuscì, però, nemmeno a lambire le sue vesti.
“Sei un illuso, stregone, non bastano le fiamme per illuminare il
baratro della mia anima.” disse il Ladro d’Anime.
“Stupidaggini.” gli ringhiò di rimando Apophis, muovendo in maniera
convulsa le braccia per lanciare un nuovo incanto.
Questa volta evocò il vento, un vento che scatenò una tempesta così
violenta da strappare dal terreno le pietre e i pochi cespugli presenti,
ma tutto intorno a noi era una polla di calma.
“Sei uno sciocco e un inetto: il potere del buio ha radici profonde, non
puoi svellerlo come se fosse una pianta e non puoi nemmeno dissolverlo
nell’aria come fumo.” lo provocò ancora il mago.
“Non so di cosa stai parlando, ma hai la bocca troppo larga per i miei
gusti. Chiuderla per sempre sarà un piacere e conosco anche il modo per
farlo.”
Fece scaturire, infine, un possente getto d’acqua e questa mossa parve
funzionare poiché fummo investiti in pieno dalla sua violenza.
“C’è una certa ironia in questo.” disse Apophis, quasi sorridendo.
“anch’io in passato ho commesso lo stesso errore.”
Con un gesto della mano, imprigionò il Ladro d’Anime in un grosso blocco
di ghiaccio ed eruppe in un’aspra risata:
“Allora non dici niente adesso? Ah certo, credo che ci risentiremo a
primavera, dopo il disgelo.” sbottò irridente.
Ma il blocco cominciò quasi subito a incrinarsi, rompendosi poco dopo e
restituendo dai suoi resti il Ladro d’Anime, completamente incolume.
“I miei complimenti: è raro che venga colto alla sprovvista in questo
modo, nche se il gelo che puoi evocare tu è nulla paragonato a quello
dell’oscurità, che non ha mai conosciuto il tepore della luce.”
Poi, dopo una breve pausa, riprese:
“Se passi la mano, dovrebbe essere il mio turno.”
A differenza di Apophis egli non pronunciò alcun incantesimo, si limitò
a tendere il palmo verso l’alto e da esso scaturì un piccolo essere,
all’apparenza uno spirito dei boschi.
Era di aspetto leggiadro e dal suo corpo femmineo e minuscolo spuntavano
un paio di esili ali che permettevano alla creatura di librarsi in volo
come un insetto.
Apophis, sorpreso e sconcertato, eruppe in una risata:
“Non vorrai forse scatenare quella piccola creatura contro di me? Guarda
bene allora: darò al tuo spiritello un degno avversario.”
E dopo avere tracciato un pentacolo sul terreno polveroso, iniziò a
pronunciare una lunga litania in una lingua gutturale che non avevo mai
sentito prima d’ora, al termine della quale, al centro dell’immagine,
apparve un essere mostruoso, probabilmente un demone. Il suo volto non
aveva nulla di umano, coperto com’era di peli ispidi come aculei e dalla
sua bocca fuoriuscivano continui rivoli di bava urticante che, al
contatto con il terreno, emettevano sbuffi di un gas mefitico. Le sue
zampe, infine, non potrei definirle in altro modo, erano dotate di
lunghi artigli affilati capaci di fare a pezzi un uomo in pochi istanti.
Il Ladro d’Anime non parve eccessivamente preoccupato, anche se la
creatura che aveva evocato, intimorita da quell’essere, cercò di
scappare e il mago dovette afferrarla a forza con una mano per
trattenerla. Prima di lasciarla nuovamente andare egli le accarezzò la
testa con due dita e mi parve quasi che questo gesto la rassicurasse ,
perché, quando la liberò, essa si diresse con decisione contro il
demone. Quell’essere, senza alcuna esitazione, con una poderosa zampata
le tranciò di netto un braccio all’altezza della spalla, dalla quale
iniziò a perdere sangue a fiotti.
A quel punto accadde l’inaspettato: le lacerazioni che aveva ricevuto
iniziarono non solo a rimarginarsi, ma da esse scaturirono una miriade
di tentacoli che avvolsero in una spira mortale il demone. Quest’ultimo
tentò di sottrarsi a quella stretta utilizzando gli artigli, anche se
non servì a nulla e ben presto, dopo aver pronunciato un terribile
gemito, il suo corpo ricadde inerte sul terreno.
Purtroppo quell’orribile spettacolo non era ancora finito perché la
piccola creatura, ormai sfigurata e con gli occhi iniettati di sangue,
si insinuò all’interno della bocca del demone scomparendo al suo
interno. Ne emerse soltanto qualche minuto dopo ricadendo esausta a
terra, anch’essa morta forse per i postumi di quel cruento combattimento.
Subito il corpo del demone iniziò a gonfiarsi, e da esso uscì una
miriade di piccole creature simili a insetti, eruttando letteralmente
dai suoi orifizi e facendone a brandelli il corpo di cui si erano
nutrite dall’interno. Non sazie del pasto appena consumato, si
avventarono contro Apophis, il quale, preso alla sprovvista da
quell’aggressione, venne quasi immediatamente sopraffatto. Lo vedemmo
divincolarsi sommerso da quella massa oscura in maniera sempre più
frenetica fino a che ogni singulto del suo corpo non cessò.
Non so se un morto possa morire una seconda volta: è certo, comunque,
che Apophis il Sommo conobbe un’orribile fine e del suo corpo non rimase
più nulla. Io e il generale, disgustati, non riuscimmo a trattenere
violenti conati di vomito e guardammo sgomenti il Ladro d’Anime il
quale, come nulla fosse accaduto, si limitò a congedare gli esseri che
aveva creato.
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