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La guerra dei morti - 9 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 11, 2022, 2:11:19 PM11/11/22
to
La religiosa guardò a lungo quella scena con un ampio sorriso di
soddisfazione: negli amanti respinti, spesso, la passione si tramuta in
odio e la donna, bisogna riconoscerlo, aveva ogni ragione per odiare
quell’uomo.
Noi, d‘altra parte, ci allontanammo in tutta fretta dal luogo del
linciaggio temendo che la massa, di per sé stessa volubile e ora ancor
più turbolenta dopo l’uccisione del monaco sfogasse la sua ira anche
contro di noi. Il Ladro d’Anime, invece, aveva riacquistato tutto il suo
buon umore, che aumentò ancor di più quando la religiosa, forse pentita
per quello che era successo o forse intimorita per dover crescere da
sola una nuova creatura, iniziò a inveire nei suoi confronti. Ci
dirigemmo, dunque, con una certa fretta al palazzo reale e ci venne
incontro un ciambellano, che ci annunciò che eravamo attesi dal re.
Rimasi stupito di questo fatto, ma il generale mi spiegò brevemente che
il caos causato dal recente tumulto aveva, con ogni probabilità,
attirato l’attenzione delle spie reali. Lo stesso ciambellano ci
condusse a un’ampia anticamera dotata di alcuni spogliatoi e un piccolo
lavabo e ci consigliò in modo deciso di rinfrescarci e cambiarci prima
di andare al cospetto del sovrano. Io, in verità, un po’ intimorito e
spaesato, mi accinsi a spogliarmi, ma il Ladro d’Anime, in tono seccato,
mi disse:
“Andiamo, ragazzo, ora non abbiamo tempo per l’igiene.”
E si diresse con decisione verso la sala del trono. Anche il generale
assentì tallonandolo, mentre il ciambellano li inseguì urlando che
avrebbero dovuto essere annunciati prima di entrare .
Anch’io, dunque, mi avviai dietro di loro e tutti e quattro, dopo un
breve tragitto, ci fermammo di fronte a un massiccio portale in ebano
con eleganti intarsi in avorio e oro. Il ciambellano, a quel punto, ci
fece strada, non prima, però, di essersi informato sulla mia identità e,
precedendoci, ad alta voce procedette agli annunci, che passarono quasi
inosservati tra il vociare dei consiglieri presenti, ma quando l’uomo
pronunciò il nome del “Ladro d’Anime” la sala ammutolì.
Con una certa dose di orgoglio devo dire che essere presentato come
Alassius lo storico mi fece piacere e per un breve attimo iniziai a
fantasticare sul mio futuro di studioso e sulle eventuali altre
occasioni che mi avrebbero portato a corte; un lieve tocco del mago
sulla mia spalla, però, mi distolse dai miei pensieri e ci avvicinammo
al potente Belisarius II monarca di Milasia.
Non avevo mai visto il re di persona anche se, come tutti i sudditi del
regno, ne conoscevo bene le fattezze essendo incise su tutte le monete
emesse in quegli ultimi anni. Ma quelle immagini mostravano un uomo di
mezza età dall’aspetto gradevole e dallo sguardo fiero, non certo quel
vecchio vacuo e tremante che mi trovavo davanti.
Il consiglio, in quell’occasione, era radunato al gran completo e Balar,
indicando con un discreto cenno Nicia, bisbigliò al mago:
“Guardati da quell’uomo, è infido quanto astuto.”
“Aggiungerei untuoso.” gli rispose di rimando lui.
“Benvenuti a tutti voi.” esordì il re, poi, rivolgendosi a Balar, disse:
“Mi compiaccio dell’esito positivo della sua missione, generale, anche
se avrei preferito essere consultato prima che lei intrattenesse
rapporti diplomatici con Alaysia.”
Il generale scosse il capo guardando il mago in un silenzioso “te
l’avevo detto”.
“Non è la prima volta che il nostro generale agisce di testa sua.”
insinuò malignamente Nicia.
Ignorando quel commento, il mago disse:
“Non ha alcun motivo per rimproverare Balar, la questione di Alaysia è
stata condotta con la mia supervisione: le clausole del mio ingaggio non
prevedono forse l’accoglimento di ogni mia richiesta?”
“Certamente…”affermò imbarazzato il sovrano “ma non immaginavo certo che
si preoccupasse di un dettaglio così insignificante.”
“Insignificante? Non direi proprio. Mettiamola in questi termini: con le
mie azioni ho fatto risparmiare al vostro regno ulteriori vittime in una
campagna tanto inutile quanto vergognosa.”
“Una lingua come la sua qui sarebbe già matura per essere tagliata.”
osservò Nicia
“Chissà perché ma mi pare di aver già assistito a una scena simile.”
commentò sottovoce Balar, facendo riferimento alla sua precedente
convocazione.
Il mago non si sforzò nemmeno di nascondere la sua ira e affermò:
“Non ho un buon rapporto con i mozzatori di lingue, come i recenti
eventi potranno ben testimoniare. In quanto alla mia sarebbe un
bersaglio ben difficile, visto che, solitamente la espongo di rado, ma
la sua? Non direi proprio.”
“Appunto...” commentò nuovamente Balar.
L’anziano Abelardo che aveva seguito quel botta e risposta con una certa
apprensione li interruppe:
“Basta così, signori: abbiamo questioni più importanti di cui occuparci.
I morti avanzano e saranno ben presto in vista della capitale. Ha forse
escogitato qualche piano per affrontarli?”
“Una cosa alla volta: vorrete conoscere le mie condizioni...” aspettò
con teatralità
“In primo luogo tutti gli artefatti magici e gli scritti di Remigio mi
dovranno essere consegnati: in fondo la cosa potrebbe rivelarsi più
prudente anche per voi dal momento che molti di questi oggetti e
incantesimi sono assai pericolosi in mani inesperte.”
L'affermazione non poteva non risutare provocatoria: tutti i regni
avevano i loro maghi e la magia era diventata una disciplina accademica
insegnata e studiata con passione quasi ovunque.
A questo punto intervenne un uomo alle spalle del re, che io,
inizialmente, avevo identificato come uno dei consiglieri, ma che si
presentò come il decano anziano della locale facoltà di teurgia e magia
applicata:
“Lei ci chiede molto, ma non ci promette nulla di certo in cambio: chi
ci assicura che i suoi poteri siano reali e non soltanto millantati?”
“Mio caro collega, si dà il caso che abbia recentemente sconfitto
Apophis il Sommo ora servitore del negromante Remigio, non le pare
abbastanza esauriente come prova?”
“Non… Non è possibile.” balbettò il vecchio studioso.
Quell’uomo era un accademico fino al midollo e aveva avversato
profondamente la decisione del re di affidarsi a quello strano e
randagio individuo che si definiva un mago. Nella sua mente limitata e
mediocre credeva che la vera conoscenza fosse raggiungibile soltanto
attraverso anni di studio e di ponderata ricerca. Quella rivelazione era
la negazione di tutte le sue convinzioni, ma ora avrebbe dimostrato al
suo re e all’intera corte che non c’era bisogno di affidarsi a uno
straniero per risolvere la situazione.
Forse fu questo eccessivo senso di orgoglio nelle proprie capacità a
spingerlo alla sconsiderata azione di attaccare il Ladro d’Anime. I suoi
gesti furono precisi e misurati, la sua pronuncia impeccabile : ogni suo
movimento, insomma, tradiva calma e sicurezza nei propri mezzi, ma tale
sicurezza si rivelò eccessiva. Il Ladro d’Anime, infatti, proveniente da
tutt’altra scuola e in generale uomo di ben altra pasta, con un gesto
brusco e sgraziato della mano lo ricoprì con una specie di nebbia
fumosa. Lo vedemmo dibattersi invano fino trasformarsi in una massa
pulsante di carne e sangue che pian piano prese forma in un cane, tra lo
sgomento l’ilarità dei presenti.
“Dicevamo? Ah sì le mie condizioni: per ora direi che può bastare.”
Abelardo, ancora scosso per quel che era successo domandò:
“Cosa intende fare allora per affrontare Remigio e il suo esercito?”
“I morti non rappresentano un problema.” gli rispose il mago. “Essi sono
legati magicamente a colui che li evoca: eliminato Remigio, cosa di cui
mi occuperò di persona, avrete a che fare semplicemente con migliaia di
corpi insepolti.”
“E per quanto riguarda le forze umane al suo servizio? ”intervenne il re.
“Intende uomini vivi? Se intende questo temo che non ce ne siano.”
“Come sarebbe a dire?” domandò disorientato il sovrano.
“Vede, Remigio ha eliminato problemi come la logistica e
l’approvvigionamento limitandosi a fare incetta di nuove leve nelle
necropoli e nei cimiteri, per non parlare dei campi di battaglia.
Inoltre sospetto che non vi sia alcun sopravissuto tra i vostri
antagonisti di Nicas. Cosa potrebbe esserci di più perfetto di un regno
i cui sudditi non mangiano, non bevono e non dormono e obbediscono
ciecamente al proprio sovrano lavorando senza posa per lui? Remigio, in
fondo, è un parvenu nato dal nulla che si è servito dei suoi poteri
negromantici per carpire conoscenza ad altri. Solo un uomo simile,
abituato a rubare e a scegliere la via più facile per raggiungere i suoi
scopi potrebbe considerare appetibile una simile idea. La magia deve
essere frutto di anni di studio e di una severa applicazione, dico bene
collega?”
Il cane iniziò a uggiolare.
“Beh…. chi tace acconsente.”
Il re e la sua corte inizialmente furono atterriti da quella
rivelazione: un intero regno annientato e la sua popolazione sterminata
era qualcosa di terribile ed era anche l’immagine del destino che li
attendeva se il mago avesse fallito. Dopo quest’attimo di smarrimento,
però, essi iniziarono a considerare i potenziali vantaggi della
situazione: un nuovo enorme territorio era alla loro mercé e poteva
essere facilmente acquisito una volta sconfitto Remigio; senza contare
che la ricompensa chiesta dal Ladro d’Anime appariva, tutto sommato,
contenuta.
Belisarius II si espresse, dunque, favorevolmente alla proposta del mago
ed egli, senza preoccuparsi di congedarsi, si volse per uscire dalla
sala, non prima, però, di aver invitato il cane a seguirlo.
L’animale, con fare triste, obbedì e il mago, tra il serio e il faceto,
domandò:
“Posso sapere qual era il suo nome?”
“Magnus” affermò uno dei consiglieri.
“Bene Magnus, se farai il bravo ti ritrasformerò di nuovo in un uomo;
inoltre, dove stiamo andando le ossa non ti mancheranno di certo.”
Il cane accolse quella notizia scodinzolando e abbaiando e quel
repentino cambiamento di umore destò l’ilarità del mago, che con fare
meditabondo, affermò:
“Non credo proprio che il nome Magnus ti si addica, penso che ti
chiamerò Nicia.”
“Come osi dare il mio nome a un cane?” affermò il consigliere offeso.
“Non mi dirai che non hai notato le analogie caratteriali: anche tu
scodinzoli di fronte al tuo padrone quando ti fa comodo, ma per la
stessa ragione saresti pronto anche a morderlo…” e guardando di
sottecchi prima il cane poi il consigliere affermò:
“…. e sarebbe meglio che ciò non accadesse.”
Nessuno dei presenti riuscì a capire se si riferisse all’uomo o al cane.
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