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La guerra dei morti - 1 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 5, 2022, 10:03:44 AM11/5/22
to
Il tempo trasformò quel giovane ufficiale in uno dei più importanti
generali del regno. Il suo nome, Balar, era conosciuto e ammirato in
tutto il continente; tuttavia, a differenza di molti suoi colleghi, non
riusciva a provare piacere in ciò che faceva. Le grida e l’ammirazione
delle folle lo lasciavano indifferente, né sembrava compiacersi della
stima dei suoi sottoposti, che pure era fortissima. Nel suo approccio,
insomma, mancava ogni entusiasmo o, per meglio dire, ogni sete di
sangue, anche se erano evidenti in lui la devozione verso il suo regno e
la corona. Non si può dire, peraltro, che avesse sviluppato quella
particolare indifferenza che i generali a volte hanno per la vita dei
propri soldati. Anzi, si potrebbe dire il contrario visto che amava
spesso intrattenersi con loro e, cosa alquanto incredibile, si sforzava
di conoscerne il nome.
A questo proposito si narra un episodio curioso: una notte, alla vigilia
di una battaglia, lui e i suoi ufficiali erano riuniti nella sua tenda
per discutere i piani per il giorno successivo. Sul tavolo da lavoro era
stata stesa una mappa e le varie unità dell’esercito erano rappresentate
da pezzi di un gioco a scacchi locale noto come “Tofad”. Un comandante
di cavalleria, scherzosamente, domandò chi avrebbe tenuto i pezzi del
nemico. Questo commento fece adirare moltissimo il generale che ricordò
a tutti presenti che non erano venuti lì per giocare e che i pezzi
rappresentavano soldati in carne e ossa, molti dei quali, sicuramente,
il giorno seguente avrebbero perso la vita nella battaglia. Il re
nutriva anch’egli enorme fiducia in Balar e lo considerava il suo
miglior generale benché, come vedremo, spesso non ne apprezzasse i
consigli. La situazione del regno, però, non era delle più rosee. In
passato i conflitti erano stati decisi dagli uomini: sangue e acciaio
erano i soli elementi che caratterizzavano gli scontri. Ora non era più
così. I maghi fecero inizialmente la loro comparsa in sparuti gruppi e
il loro ruolo era del tutto secondario: si limitavano a incantesimi
semplici come creare illusioni e nebbie artificiali. Ma, come spesso
accade, questi innocui inizi si trasformarono in una vera e propria
corsa agli armamenti.
Di lì a poco vennero create particolari unità di maghi guerrieri e le
facoltà di taumaturgia e magia applicata dei vari regni in lotta vennero
esortate a creare incantesimi sempre più potenti ed efficaci. Ciò
comportò un certo numero di incidenti in fase di sperimentazione e molti
boriosi accademici divennero martiri della conoscenza, cosa che i
numerosi ricercatori a caccia di una cattedra non poterono che apprezzare.
In questo forsennato crescere di violenza, si intrapresero anche vie
oscure come la demonologia e la negromanzia con grande sgomento e timore
delle élite sacerdotali locali che predicavano invano la pace, con una
certa dose di ipocrisia, bisogna dire, non essendo esenti da colpe nel
sorgere di molti di questi conflitti. Alcuni regni, infine, fecero
ricorso ai servigi di potentissimi stregoni: uno di questi, conosciuto
con il nome di Remigio, si era accordato con il principale antagonista
del regno di Balar. Ora un imponente esercito di non-morti minacciava
seriamente i confini del regno e il re, preoccupato, aveva convocato il
generale per discutere la situazione.

Balar entrò nella sala del trono con una certa esitazione: non amava
intrattenersi in quel luogo, non perché fosse sgradevole, tutt’altro,
anche se i numerosi trofei, frutto di guerre presenti e passate, davano
alla stanza un aspetto strano, ma per via della presenza dei consiglieri
del re.
Il suo ingresso, come al solito, venne accompagnato da un vociare
continuo e sommesso: risatine stridule e effeminate lo seguirono senza
posa mentre percorreva l’elegante stanza per cadere in ginocchio davanti
al suo sovrano. Erano loro, i così detti consiglieri del regno…
Molti di quei personaggi erano degli stupidi viziati che avevano
ottenuto la posizione che ricoprivano per via del loro illustre nome.
Essi rappresentavano, in fondo, un male minore, poiché erano più presi a
conservare la loro preziosa sinecura piuttosto che a tramare contro di
lui. Ve n’erano alcuni, invece, che, animati da sconsiderata ambizione,
facevano a gara per metterlo in cattiva luce di fronte al suo sovrano.
Essi non avevano nessun riguardo per il bene del regno, ma miravano al
loro tornaconto personale e, cosa assai notevole considerato il loro
egoismo, a quello dei loro parenti e amici. Per ragioni ignote, forse
per invidia, consideravano Balar un potenziale nemico e cercavano, come
ho detto, di screditarlo in ogni occasione. Per somma sfortuna il re
apprezzava il rampantismo esibito da codesti omuncoli, ritenendo questi
atteggiamenti un esempio di proficua rivalità tra i suoi consiglieri e
prova di un’intelligenza “dinamica”.
Il capo di questa fazione, se si può definire tale, era un certo Nicia e
per le doti suddette, che in altri contesti gli sarebbero valsi ben
altri trattamenti, aveva la carica di primo consigliere del regno. Se il
generale, però, conservava ancora la sua posizione, lo doveva non solo
alle sue qualità personali, ma anche alla presenza di un’esigua
minoranza nel consiglio, guidata dall’ottuagenario senatore Abelardo,
che non perdeva occasione per difenderlo a spada tratta.
Rialzandosi dalla posizione china che aveva assunto il generale esordì:
“Mi aveva convocato, maestà?”
“Sì Balar, veniamo subito al punto, i cerimoniali mi stufano, come
giudichi l’odierna situazione militare?”
Un buon segno, pensò tra sé il generale, se il re aveva veramente
intenzione di discutere probabilmente sarebbe stato più propenso ad
accettare i suoi suggerimenti.
“Hai sentito, dunque, le notizie che provengono dal fronte orientale?”
aggiunse con un significativo tono di allarme nella voce.
“Sì, maestà, pare che i nostri nemici, con un imponente aiuto
soprannaturale, abbiano attraversato la frontiera e invaso le nostre
province dell’est.”
“Imponente aiuto soprannaturale…” sbuffò il re. “Sei diventato, per
caso, amante degli eufemismi? I nostri nemici hanno evocato i morti!”
“Sì maestà…”
“Ebbene, hai delle strategie da proporre, degli stratagemmi, qualcosa
maledizione!”
“Beh…” disse con una certa titubanza. “Noi occupiamo ancora alcuni dei
loro territori nel settore settentrionale, ciò, a mio parere, sarebbe un
buon punto di partenza per un accordo di pace che ponga fine alla nostra
guerra: entrambe le nostre economie sono allo stremo e i nostri
contadini, soprattutto, pagano un prezzo durissimo sia per le
devastazioni della guerra, sia, se posso farlo notare, per gli ingenti
contributi a loro richiesti.”
Il buon senso di quella richiesta non piacque agli illuminati membri del
consiglio, che accompagnarono la proposta di Balar con parole di
disapprovazione. Abelardo, invece, e un gruppuscolo di consiglieri che
faceva capo a lui taceva. Il suo sguardo era meditabondo, ma un sorriso
divertito faceva capolino sulla sua bocca:
“Vedo che la tua lingua è sempre più tagliente generale,” gli disse
sovrano. “Forse la tua prolungata permanenza negli accampamenti
contribuisce a irruvidire i tuoi modi. Per Aban, giuro che se le tue
capacità non mi fossero così utili ti pensionerei in qualche contrada di
provincia seduta stante!”
“Devo dire che non mi dispiacerebbe un po’ di riposo,” rispose il
generale la cui rabbia esplose ormai senza ritegno. “Inoltre, la vostra
maestà è troppo gentile: mi rendo conto che esistono anche modi un po’
più cruenti per pensionare una voce scomoda. Aggiungo che, se la mia
lingua non vi è gradita, la vostra maestà potrà pascersi di lingue ben
più melliflue e, mi perdonerà, insistentemente rivolte verso una certa
parte del vostro corpo che non è cortese nominare.”
“Ora basta! Un’altra parola e seguirò alla lettera i tuoi consigli !”
calmatosi il re riprese:
“Il nostro buon Nicia ha proposto un’idea interessante. Ammetto di
essere dubbioso a riguardo, ma in mancanza di serie alternative…”
Il generale avrebbe voluto replicare alle parole del re, ma lo sguardo,
ora severo, di Abelardo lo trattene.
“Come dicevo, Nicia mi ha riferito che in gioventù hai conosciuto un
mago potente.”
“Sì maestà.” disse con un brivido il generale ricordando quella
sgradevole occasione.
“Perché mai me lo chiedete?”
Ma comprese subito dove voleva andare a parare il sovrano: egli,
istigato da quel farabutto di Nicia, intendeva chiedere l’aiuto del
Ladro d’Anime contro lo stregone Remigio.
“Dimmi… che persona è questo mago? Credi che sarebbe disposto ad
aiutarci contro lo stregone del nemico?”
“Francamente, maestà, ne dubito molto: quando ci siamo incontrati mi è
parso una persona estremamente restia a schierarsi con chiunque se non
con se stesso.”
“Potremmo rendere allettante la nostra offerta,” intervenne Nicia.
“Siamo disposti a offrigli quello che vuole in cambio del suo aiuto.”
“Certo!” aggiunse il re. “Sono pronto a qualsiasi sacrificio per
ottenere una vittoria definitiva sul nemico.”
“Ma maestà, se anche fosse disposto ad aiutarci, in che modo potremmo
contattarlo?”
A queste parole Nicia sorrise:
“A ciò dovrebbe pensare lei, generale. Si dice che questo mago appaia
solo durante le battaglie e noi contribuiremo a dargliene una.”
“Ma… è un perfetto suicidio attaccare quell’armata di morti: i rapporti
parlano di migliaia e migliaia di corpi putrescenti a servizio del nemico.”
“No!” aggiunse Nicia. “Lei dovrà invadere il regno di Alaysia.”
Il generale rimase senza parole: il regno di Alaysia era sempre stato un
paese pacifico e si era mantenuto, nonostante il diffondersi dei
conflitti nel continente, ostinatamente neutrale. Attaccarlo senza
motivo era una cosa ripugnante e contraria a ogni convenzione, oltre a
essere un atto del tutto scellerato dal punto di vista militare.
Ora capiva gli intenti di Nicia. Se si fosse rifiutato egli avrebbe
avuto la scusa che tanto cercava per accusarlo di fronte al re e se
avesse accettato ottenendo un fallimento sarebbe caduto in disgrazia
agli occhi del suo volubile sovrano. Doveva ammetterlo: la missione era
un vero capolavoro di doppiogiochismo. E se fosse riuscito a convincere
il mago, si chiese? Nicia si sarebbe preso il merito di aver proposto
l’idea, concluse con un ironico sorriso, ed egli avrebbe avuto la
responsabilità di aver guidato un attacco contro una nazione neutrale.
Non aveva altra scelta, ogni stilla del suo essere gridava per il
ribrezzo, ma doveva accettare, ne andava non solo della sua vita, ma
anche di quella della sua famiglia e dei suoi amici.
“Accetto la missione, maestà.”
“Bene, Balar, ora inizia ad apprestare i preparativi per la prossima
campagna d’invasione.”disse il monarca visibilmente sollevato.
“Come vostra maestà desidera.” E dopo essersi congedato dal re con un
triplice inchino, come il protocollo esigeva, uscì dalla sala.
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