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La guerra dei morti - 3 Capitolo

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Ladro d'Anime

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Nov 5, 2022, 2:21:58 PM11/5/22
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Urla, incendi, distruzione: Milasia bruciava. La città capitale di un
impero era caduta.
Centinaia di cadaveri giacevano per le strade orribilmente straziati.
Pochi istanti e le vittime divenivano carnefici infliggendo la propria
condizione a coloro che erano ancora vivi, uccidendoli, divorandoli e
strappandone le carni. Un macabro ciclo che avrebbe avuto fine soltanto
con l’interrompersi dell’ultimo palpito di vita in città.
Balar corse per strade e vicoli nel tentativo di raggiungere la propria
casa, ma quando lo fece…
Morti: sua moglie, i figli, i servitori. In risposta al suo arrivo già
tentavano di alzarsi, guardandolo bramosi con occhi spenti. Preso dalla
disperazione gridò per denunciare agli dei quell’ingiustizia…
“Sta bene generale?” chiese la sentinella a guardia della sua tenda.
“Sì, scusami Moric, ho avuto un incubo.”
“Ah, questo è certo, come è certo che deve aver svegliato mezzo
accampamento.”
Un po’ contrito Balar iniziò a vestirsi, indossando la tunica e la
pesante corazza con i segni del suo grado e uscì per ispezionare il campo.
In quei giorni appariva assai teso e preoccupato. Certo, non era raro
che egli lo fosse, ma la tensione che lo attanagliava era quasi
palpabile anche da parte dei suoi stessi collaboratori. Da qualche
giorno era giunta notizia della terribile sconfitta patita a est e il re
e la sua corte lo incoraggiavano in maniera sempre più pressante a
portare a termine la missione. I più ritenevano che queste esortazioni
riguardassero la guerra contro Alaysia, la quale, effettivamente, era
durata ben più del previsto. Gli Alaysiani si erano dimostrati avversari
temibili e la loro superiore conoscenza del territorio, unita alla
particolare conformazione dello stesso, quasi completamento ricoperto da
boschi e foreste, aveva impedito una rapida avanzata delle truppe
milasiane. Ora, però, la campagna era quasi del tutto vinta e sola la
capitale, ormai posta sotto assedio, opponeva resistenza agli invasori.
Le preoccupazioni del generale erano dettate, però, non solo dalla
situazione contingente. Il Ladro d’Anime, a dispetto di ogni ottimistica
previsione di Nicia, non si era fatto vedere e Balar poteva anche
intuirne le ragioni. La guerra in atto, caratterizzata da piccole
scaramucce e battaglie isolate, non poteva certo attirare un mago
abituato ad assistere a scontri di ben altra entità.
Balar, per un attimo, irrise il primo consigliere. Egli, probabilmente,
aveva escogitato il suo piano d’invasione osservando una mappa. E in
effetti il regno di Alaysia era ben poca cosa paragonato al suo potente
vicino, ma gli Alaysiani avevano avuto il buon senso di non affrontare
le truppe di Balar in campo aperto. Nonostante tutto, il generale
trovava divertente una tale insipienza da parte di una persona così
abile e astuta in questioni politiche.
L’assedio alla capitale rappresentava ora l’unica occasione per poter
contattare il Ladro d’Anime. Ma se avesse fallito? Si chiedeva di
continuo. Il suo regno sarebbe stato di sicuro sconfitto e già questa
prospettiva bastava ad atterrirlo: rivisse per un attimo l’incubo che
l’aveva sconvolto e iniziò vedere orde di morti scorazzare per Milasia e
massacrarne gli abitanti. Che ne sarebbe stato allora, della sua
famiglia? E che fine avrebbe fatto lui? Forse, in quel caso, avrebbe
comunque trovato una morte prematura per mano del boia reale.
Infine si decise a scacciare questi nefasti presagi: in fondo il modo
migliore per determinare il proprio destino era approntare al meglio i
preparativi per l’assalto finale alla capitale. Doveva fare in modo che
fosse un attacco massiccio, insomma una di quelle grandi battaglie che
erano mancate del tutto in quel conflitto. Avvertì uno dei tanti
portaordini presenti nel suo quartier generale affinché contattasse
tutti gli alti ufficiali del suo esercito per quella sera.
Poche ore dopo il tramonto, dunque, tutti gli ufficiali erano riuniti
nella sua tenda. I più giovani, di fresca nomina, non poterono che
meravigliarsi della sobrietà in cui viveva il generale. L’arredamento,
infatti, a eccezione di un ampio tavolo e alcuni scranni collocati lì
per l’occasione, comprendeva soltanto uno spartano giaciglio e un paio
di soprammobili oltre alle armi. La tenda, con ogni probabilità, era
stata progettata per ospitare la presenza ben più invadente di qualche
grande nobile o del re in persona, essendo ampia a sufficienza da
contenere tutti i convenuti, ma per le esigenze del generale era del
tutto superflua.
Balar, senza alcun preambolo, prese la parola:
"Benvenuti signori, mi sembra siate più o meno tutti presenti"
Gli ufficiali non risposero, si limitarono a scutarsi l'uno con l'altro
e ad assentire con il capo.
"Domani mattina, quando il sole sarà alto, attaccheremo Alaysia: il
punto forte delle loro difese è a nord dove un terrapieno si aggiunge
alle mura cittadine."
A questo punto si interruppe, soffermando lo sguardo verso un'ombra
all'ingresso della tenda: il misterioso visitatore indossava una tunica
scura, molto lisa come se fosse stata indossata a lungo, ma ancora
riconoscibile come quella usata di solito dai druidi. Un cappuccio
copriva completamente il viso dello sconosciuto, nascondendone i
lineamenti e solo un sorriso sarcastico lo connotava, quasi volesse
irridere i presenti o il mondo intero.
I convenuti, allarmati, misero mano alle spade temendo che fosse un
assassino venuto a uccidere il generale o qualcuno di loro, ma Balar
ordinò di riporre le armi: egli aveva riconosciuto quello strano visitatore.
“Erano anni che non ci vedevamo mago.”esordì il generale.
“Tu dici? Io, invece, in questo periodo ti ho osservato spesso,
nell’esercizio delle tue funzioni, per così dire. E adesso non so se
considerarmi lusingato o disgustato per questa pagliacciata che avete
organizzato in mio onore.”
Nessuno degli altri ufficiali sapeva a cosa si riferisse il mago e
osservavano il nuovo arrivato con un misto di stupore e indignazione. Un
giovane tenente, con il volto arrossato dalla rabbia, intervenne:
“Chi è costui, generale? Chi lo ha fatto entrare? E come si permette di
rivolgerle la parola in questo modo?”
“Ebbene, signori.” disse il generale. “Vi presento il Ladro d’Anime.”
A questo annuncio seguirono subito espressioni di meraviglia
accompagnate da improvvisi e incontenibili pruriti al basso ventre,
gesti scaramantici volti a esorcizzare la sua presenza

Tra i soldati non poteva certo essere popolare un personaggio simile...

“Anch’io sono lieto di conoscervi signori. Dovete scusare i miei modi,
ma ultimamente ho avuto a che fare più con i morti che con i vivi. Per
me rappresenta già una novità non dover abbassare lo sguardo per
osservare un uomo negli occhi.”
Poi si rivolse direttamente a Balar dicendo:
“Direi, generale, che questa riunione non ha più motivo di essere, dal
momento che domani non ci sarà nessun attacco, dico bene?”
“Per favore” intervenne il generale. “Abbiate la compiacenza di
lasciarmi, devo parlare con il mago a quattr’occhi.”
Molti protestarono a quell’ordine, ma lo sguardo deciso di Balar tacitò
subito ogni opposizione e borbottando gli ufficiali uscirono dalla tenda.
“Bene, adesso che siamo soli possiamo parlare con tranquillità: il mio
re mi ha incaricato di contattarti per affidarti un’importante missione.
Un esercito di non morti guidato da un potente stregone di nome Remigio
minaccia i nostri territori orientali. Noi non siamo in grado di
fermarli...”
“...e quindi volete il mio aiuto.” lo interruppe il mago.
“Sì, è così.” gli rispose il generale.
“Remigio...” rifletté ad alta voce il Ladro d’Anime. “...senza dubbio un
avversario potente e pericoloso… se anche accettassi quale sarà il mio
compenso? Oro e altre scempiaggini simili non mi interessano, sappiatelo.”
“Qualsiasi cosa tu voglia, o meglio, qualsiasi cosa il mio re sia in
grado di darti.”
“O voglia darmi.” lo interruppe nuovamente lui.
Balar non seppe dare una risposta a queste ultime parole. Attese,
dunque, in silenzio che il mago prendesse una decisione: egli non era
una persona religiosa, ma in quel momento fece appello dentro di sé a
tutti gli dei che conosceva perché lo spingessero ad accettare.
Infine il Ladro d’Anime sorrise beffardo, almeno così gli sembrò dal
momento che Balar poteva distinguere ben poco del suo volto, e disse:
“Accetto. Del mio compenso parleremo in seguito.”
Poi, in tono distratto, aggiunse:
“Se non altro sarà un gradito diversivo: erano anni che non facevo più
una buona azione...da quando... vediamo un po’… da quando mi venne
chiesto di guarire un bambino.”
“E ci riuscisti?” gli domandò il generale.
“Certamente.” rispose il mago alzando le spalle. “Ero molto giovane
allora e la mia conoscenza della dottrina nera ancora incerta. Fui
costretto a fare ricorso alla forza vitale di un cavallo per guarire il
piccolo: per somma sfortuna la famiglia del bambino era molto povera e
l’animale rappresentava il loro unico bene. Ricordo ancora le parole di
sua madre. Mi disse che era ancora abbastanza giovane per sfornare altri
figli, ma che lei e suo marito non potevano assolutamente fare a meno di
un cavallo per lavorare i campi.
L’espressione del generale denotava apertamente stupore e irritazione.
“E tu che facesti?”
“Beh, visto che ci teneva tanto feci in modo che partorisse un puledro.”
“Che cosa hai fatto?” sbottò il generale incredulo. “Quindi l’hai uccisa.”
“In realtà non l’ho mai saputo: immagino abbia avuto, quanto meno, un
parto difficile.”
E accompagnò queste parole con una risata carica di sadismo. Il generale
guardò il mago come se si trattasse di un pazzo, ma se si fosse preso la
briga di ascoltare e andare al di là delle apparenze, avrebbe notato
anche l’amarezza contenuta in quella risata.
“Lasciamo perdere.” concluse il generale. “Dimmi, invece, cosa ti ha
spinto a raggiungere il mio accampamento qui ad Alaysia?”
“Vedo che non hai perso l’abitudine a fare troppe domande: comunque,
avevo alcuni sospetti sulle vostre intenzioni. Solo un idiota avrebbe
intrapreso una così inutile campagna militare in un momento simile… e il
tuo re e il suo primo consigliere sono molte cose, ma non sono certo
stupidi. Per inciso, voi non siete stati i primi a cercare di
ingaggiarmi, ma avete avuto l’indubbio onore di riuscirci.”
Queste parole fecero affiorare tutta una serie di interrogativi in
Balar: egli si chiedeva quali fossero le reali intenzioni del mago e
soprattutto cosa avrebbe chiesto in cambio del suo aiuto.
L’irruzione di un messaggero, però, riscosse bruscamente il generale
dalle sue riflessioni. Il messo proveniva dalla capitale e portava un
dispaccio da parte del re. Rotto il sigillo di ceralacca, il generale
lesse attentamente il messaggio e il suo volto si scurì.
“Brutte notizie?” domandò il mago.
“Purtroppo sì” rispose Balar. “I non morti di Remigio hanno invaso le
province centrali e sono a pochi giorni di marcia da Milasia.”
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