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La guerra dei morti - 6 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 8, 2022, 12:54:06 PM11/8/22
to
La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di una nuova vita, forse
migliore o forse peggiore, ma sicuramente diversa. Una vita che
trascende i semplici limiti umani e che va al di là dei cinque sensi a
noi noti. Una vita nella quale concetti come il dove e il quando non
hanno significato. Con questi presupposti si potrà ben comprendere lo
smarrimento, o forse sarebbe più corretto parlare di senso di
limitatezza che colse Apophis il Sommo al suo risveglio. Egli non era
nuovo a simili evocazioni: Remigio lo aveva convocato spesso per
apprendere da lui i suoi segreti, incantesimi innominabili che egli
stesso non aveva osato tramandare per la loro pericolosità, ma che era
stato costretto a rivelare spinto dai negromantici poteri di quello
stregone. Mai, però, prima di allora, aveva osato richiamare in vita il
suo corpo, limitandosi a evocarne lo spirito. Ora che ritornava in
possesso delle sue spoglie mortali non poté far altro che constatarne la
limitatezza. L’abilità degli imbalsamatori aveva potuto fare ben poco
per arrestare l’implacabile morso del tempo che le spezie e i profumi di
cui era stato cosparso aveva soltanto mitigato.
Per la prima volta in migliaia di anni lui, che era stato uno dei più
grandi stregoni mai vissuti, si sentiva vulnerabile rinchiuso in
quell’involucro scricchiolante che una volta era stato il suo corpo. Non
poteva vedere, né sentire, né toccare alcunché: i suoi sensi erano muti,
anche se poteva odiare.
Come osava quel miserabile che con orgoglio si definiva un mago
infliggergli una simile umiliazione?
Si aggrappò spasmodicamente all'odio per non cedere al fiume di
disperazione che l’avvolgeva. Fece, dunque, ricorso ai suoi poteri,
sforzandosi di dipanare la nebbia che obnubilava la sua memoria e
cercando al contempo un modo per migliorare la sua condizione. In
passato aveva avuto al suo servizio centinaia di Golem a cui aveva
donato una vista e una voce artificiale. Sfruttando il medesimo
principio, diede alle sue orbite vuote ricoperte di pezzi di giada una
nuova luce. Il sole o meglio il suo chiarore, verdastro come le sue
pupille, lo salutò ricordandogli ancora una volta che ormai non
apparteneva più a quel luogo, a quel piano dell’esistenza. Poi fu la
volta della voce, che, dopo migliaia di anni, scaturì innaturale dalla
sua gola riarsa:
“Che tu sia maledetto, Remigio, che vuoi ancora da me?”
Il mago, che aveva osservato con interesse i cambiamenti del suo corpo,
disse:
“Notevole, veramente notevole, ma dopotutto non dovrei stupirmi, mi
trovo di fronte nientemeno che al terribile Apophis.”
Apophis il Sommo, noto anche come il Re stregone, tiranneggiò su un
vasto impero per circa un migliaio di anni. La sua crudeltà e il suo
potere erano leggendari. Nonostante ciò egli trovò la morte in modo
abbastanza banale per mano di un eunuco, il quale, soffrendo per la sua
condizione e attribuendone a lui la causa, orchestrò una terribile
vendetta ai suoi danni. Apophis era al tempo perennemente circondato da
incantesimi apotropaici che gli davano una protezione pressoché completa
da attacchi convenzionali e magici. Questa protezione non era, però,
assoluta, come ebbe modo di constatare l’eunuco stesso rovesciandogli
addosso consapevolmente una coppa di vino. Osservando, dunque, la
bevanda che imbrattava i suoi vestiti ebbe finalmente la prova di quello
che in precedenza aveva solamente sospettato: lo scudo difensivo dello
stregone era inefficace contro i liquidi. Per ucciderlo, dunque,
utilizzò una buona quantità di acido contenuto, con sommo spregio, ma
forse anche con una sorta di simbologia fallica, in un ampio pitale.
Nel viso e nel collo di Apophis erano ancora visibili con chiarezza le
tracce dell’acido che rendevano ancor più miseri e allo stesso tempo
terrificanti, i resti del suo corpo.
“Vedo che ricordi ancora molto bene la tua arcana scienza.” continuò
Remigio.
“Mi pare ovvio,” osservò con ironia Apophis. “altrimenti di che utilità
potrei esserti?”
“Molto bene, ti chiederai per quale motivo ho evocato il tuo corpo...”
Apophis attese con impazienza che Remigio concludesse il suo discorso.
“In questo momento un mago, conosciuto con l’appellativo di Ladro
d’Anime, sta viaggiando verso Milasia per sfidarmi. Devi ucciderlo e con
lui i suoi compagni.”
“Non conosco il nome di questo mago.” rispose Apophis, poi aggiunse, con
evidente disprezzo:
“Deve appartenere sicuramente alla nuova generazione di fattucchieri,
come te del resto.”
Remigio parve assorto nei suoi pensieri al punto di non avvedersi di
quella provocazione.
Apophis, notando quella distrazione, non perse tempo: alimentò, dunque,
il suo potere con tutto l’odio che aveva accumulato fino a quel momento,
riuscendo quasi subito a liberarsi dalle catene magiche che gli erano
state imposte. Il volto sfigurato dell'antico stregone si accese di una
violenta fiammata verdastra, che rivolse contro l'apparentemente
sorpreso negromante.
La disattenzione di Remigio era, però, consapevole: egli voleva valutare
di persona la potenza di Apophis e per poco... per poco non ne pagò il
prezzo. Barcollando di fronte a quell’attacco dovette retrocedere di
parecchi passi prima di riacquistare il controllo della situazione.
Pieno di rabbia per aver manifestato una simile debolezza, stava per
replicare a sua volta, ma, all’ultimo istante si dominò, limitandosi a
riacquistare il controllo sullo stregone.
“Molto bene.” disse infine. “Sono colpito, in tutti i sensi. Ora so che
riuscirai a sconfiggere quel mago.”
Apophis, il cui odio non era affatto scemato da quello sfogo, cercò di
non mostrare delusione per la sconfitta subita e disse in tono di sfida:
“E se io non accettassi? Dubito che potresti uccidermi una seconda volta…”
“Apophis, Apophis tu mi deludi... Uno stregone della tua fama dovrebbe
sapere che ci sono cose peggiori della morte, inoltre, dovresti anche
essere consapevole del fatto che non mi mancano i mezzi per costringerti.”
“Dici bene Remigio.” gli rispose di rimando. “Ma io so cosa mi attende
dopo la morte, tu lo sai? Ci sono cose, attraversata quella soglia, che
nemmeno tu sei preparato ad affrontare… augurati che allora io non sia
nei paraggi.”
Detto questo magicamente si dissolse lasciando Remigio ai suoi oscuri
pensieri.
Se tutto fosse andato secondo i piani i due maghi si sarebbero eliminati
a vicenda: Apophis era ormai diventato instabile e ribelle, oltretutto
la sua utilità come fonte di conoscenza era assai scemata. La sua
memoria mostrava, dopo tutti quegli anni, molte lacune, ma, da un certo
punto di vista, ciò rappresentava anche una fortuna, dal momento che
dubitava fortemente che sarebbe stato alla sua altezza in condizioni
normali. D’altra parte se il Ladro d’Anime avesse avuto la meglio,
avrebbe almeno potuto osservarne il modus operandi. Egli ignorava,
infatti, di quali poteri fosse dotato e chissà, forse avrebbe potuto
apprendere anche qualcosa di nuovo.
(Ho ricostruito questo episodio grazie alla Cronaca dei Maghi)
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