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La guerra dei morti - 17 Capitolo

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Ladro d'Anime

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Dec 4, 2022, 7:11:27 AM12/4/22
to

Il Signore delle Illusioni, mentre accadeva tutto questo, si vide
affidare un incarico diverso dal suo padrone: al comando di una nuova
armata spettrale avrebbe dovuto piegare una volta per tutte la
resistenza di Milasia. Di natura tortuosa e infida riteneva, però,
volgare e banale un attacco alla città, dove, con ogni probabilità,
sarebbe bastato il semplice strapotere del numero per travolgere i
difensori. Egli amava l’arte dell’intrigo e per questa ragione ogni sua
azione era pervasa di intricati e oscuri maneggi con i quali irretiva i
suoi nemici prima di annientarli definitivamente. La vittima designata
del suo piano fu questa volta un personaggio all’apparenza
insospettabile, un semplice soldato. Un certo Arbil, militare assegnato
alla porta orientale, da alcune notti faceva sogni strani che lo
facevano svegliare urlante e madido di sudore.
Vedeva una enigmatica figura incappucciata: era ovunque, davanti a lui,
dietro di lui e ripeteva una sola ossessiva litania
“Uccidili!”
Mentre udiva quella parola, assisteva ad agghiaccianti scene di torture
nelle quali i suoi nemici perivano tra i tormenti.

Dovete sapere che da giovane Arbil, ancora immaturo e imberbe, in uno
dei tanti episodi sanguinosi che avevano sconvolto Milasia, venne
violentato da alcuni militari. Per quanto egli avesse cercato di
rimuovere gran parte di quegli avvenimenti, conservò il vivido e
disgustoso ricordo delle loro barbe unte e fetide di vino e birra. Per
lui, dunque, le quotidiane abluzioni e il rito tipicamente militaresco
del radersi matutino non erano certo un peso, ma un utopico tentativo di
riappropriarsi di quella purezza che quei rozzi soldati gli avevano
brutalmente tolto. Qualcuno potrebbe a ragione domandarsi come una mente
assennata, turbata da un trauma simile, possa aver bramato così tanto
l’ingresso nell’esercito. Sull’assennatezza della mente in questione è
lecito nutrire seri dubbi, ma è probabile, tuttavia, che egli non si sia
affatto presentato volontariamente, ma sia stato arruolato a forza come
è logico aspettarsi in tempo di guerra. In periodi di crisi non si può
essere molto selettivi in fatto di reclute e Arbil, d’altra parte, non
nascose affatto le sue turbe a commilitoni e ufficiali: soprattutto
nelle campagne belliche in cui fu coinvolto ebbe modo di manifestare
chiaramente la sua natura infliggendo a giovani donne e a inermi
fanciulli le stesse sevizie che aveva subito da giovane. I suoi
compagni, che avevano assistito ai suoi discutibili divertimenti, lo
disprezzavano e lo schivavano, alimentando in tal modo l’odio di Arbil
nei loro confronti.

Una sera, sopraffatto dalla stanchezza per quei continui incubi, si
addormentò sul posto di guardia e il suo comandante, che non lo poteva
soffrire, fu ben lieto di assegnargli l’ingrato compito della pulizia
delle latrine. Adirato con il suo superiore e con il mondo in generale
iniziò a desiderare con intensità la sua morte. Come se quello fosse
stato un silenzioso richiamo, il suo persecutore notturno apparve
improvvisamente dinnanzi a lui.
“Desideri davvero che muoia?” domandò.
Arbil, troppo sorpreso per rispondere, rimase muto.
“D’accordo” concluse il Signore delle Illusioni. “Come prova della mia
buona fede lo ucciderò per te, ora osserva.”
Dicendo questo gli tese una mano e un’immagine sfocata apparve appena al
di sopra della suo palmo: era il suo comandante che dormiva tranquillo
nel suo alloggio. Improvvisamente, però, iniziò ad agitarsi come turbato
da terribili incubi: i suoi movimenti e le sue urla si fecero sempre più
convulse finché, all’improvviso, smise di contorcersi.
“Ecco fatto.” gli disse. “Ti ho dimostrato che non mento. Tu, invece,
che hai intenzione di fare? Guardati attorno: tutti ti deridono e ti
disprezzano e sono proprio quelli che da piccolo ti hanno fatto del male.”
Arbil iniziò a piagnucolare.
Dopo una breve pausa, con tono rassicurante e suadente continuò:
“Lo so , Arbil, che non volevi fare quelle brutte cose a tutti quei
bambini. Ti sentivi solo e credevi che saresti stato accettato se ti
fossi comportato come loro, come quei rozzi e villosi uomini che ti
hanno corrotto, non è vero?”
Arbil annuì in silenzio.
“Se farai quello che dico ti prometto non solo che avrai la tua
vendetta, ma ti restituirò anche quella glabra purezza a cui tanto brami.”
Arbil , sopraffatto dalla gioia, riuscì a balbettare:
“Davvero potresti?”
“Certo, sono un potente incantatore, come ti ho già dimostrato.”
“Quando dovrò uccidere?” domandò impaziente Arbil.
“Presto” si limitò a rispondere l’incantatore.
Per suggellare quel patto gli fece segno di avvicinarsi e un po’
titubante Arbil si diresse verso di lui.
“Tieni, mangia” porgendogli quello che all’apparenza sembrava una galletta.
“Questo rafforzerà in tuo braccio e darà certezza ai tuoi propositi.”
Il sapore di quel cibo lo meravigliò: si aspettava il sentore salato e
farinoso tipico del pane o dei suoi surrogati, ma invece assaporò con
inaspettato piacere una dolcezza mai conosciuta prima. Con questo
rituale il patto tra i due venne definitivamente stilato e Arbil,
animato da una nuova forza era più che mai bramoso di eseguire gli
ordini del suo spettrale padrone. Ora coloro che in passato si erano
approfittati del piccolo Arbil avrebbero pagato. Sì, avrebbero pagato
per aver abusato di lui, che allora era così liscio e puro.
Nei progetti del Signore delle Illusioni questo suo nuovo strumento
rappresentava la soluzione ideale per la conquista della città, ma il
suo compagno si era opposto con fermezza a questa opzione preferendo un
assalto diretto. Ora, invece, che non divideva il comando con nessuno,
poteva agire nella maniera a lui più congeniale.
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