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La guerra dei morti - 13 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 13, 2022, 12:10:22 PM11/13/22
to
Quando si scrive un’opera come la mia, che ha la presunzione di
definirsi storica, per quanto abbia, negli ultimi capitoli, abortito la
tipica narrazione piatta e disincantata di questo genere letterario, ci
si pongono molti dubbi. In linea di principio il mio potrebbe essere il
resoconto di un testimone oculare ma, come ho già fatto presente e come
molti di voi avranno ben compreso non ho potuto assistere a tutti gli
avvenimenti che ho descritto. La mia fonte principale, la Cronaca dei
Maghi, ha nei riguardi degli eventi un approccio distaccato, a tal punto
che se mi volessi uniformare a questa forma di narrazione dovrei
obbligatoriamente limitarmi a copiare pedissequamente le informazioni
qui riportate. Forse questo sarebbe, dal punto di vista storiografico,
il metodo migliore da seguire, ma il mio antico retaggio di retore mi
impedisce di intraprendere una simile strada. La ragione è molto
semplice: chi afferma di seguire, in ogni occasione, i dettami
dell’oggettività e del vero mente spudoratamente, e cosa ancora più
grave, è ben consapevole di farlo. Nessuno ha il dono dell’ubiquità
senza contare che nessuno, per quanto onesto possa essere, si può
definire del tutto sincero e distaccato. Un altro aspetto da non
dimenticare è il contesto in cui gli eventi si sono svolti: una
narrazione a tratti priva di dialoghi, piatta e impersonale
rischierebbe, a mio avviso, di far perdere al lettore l’atmosfera degli
eventi. Quello che ho cercato di fare è ricostruire verosimilmente
questa atmosfera attenendomi contemporaneamente ai fatti: pensieri,
parole, sentimenti di molti dei protagonisti sono stati, dunque, da me
artificialmente ricostruiti, lascio giudicare al lettore se questa mia
operazione sia effettivamente riuscita. Ma torniamo agli eventi …

Il guerriero non morto, ancora irritato per quel che era successo sotto
le mura di Milasia, domandò:
“Perché ti sei intromesso nel nostro scontro? Non avevamo, forse,
ricevuto istruzioni precise dal nostro padrone sulla distruzione della
città e l’uccisione di quel mago, o hai forse intenzione di opporti ai
suoi disegni?”
“Niente affatto, è stato lui stesso a ordinarmelo,” rispose. “anche se
non ha ritenuto necessario comunicarmi le ragioni di una simile
decisione, ma lo scopriremo presto.”
Entrambi, infatti, erano stati convocati alla presenza di Remigio e si
affrettarono a raggiungere il suo covo grazie alle loro non comuni
capacità. Esso si trovava all’interno di una vecchia torre ormai
semidiroccata, che rappresentava lo scenario perfetto, a ripensarci, per
un condottiero dei morti come lui Allo sguardo inesperto e non avvezzo
alle arti magiche quel luogo, posto al centro di un’arida piana, avrebbe
dato l’impressione di un territorio desolato, invece, decine di occhi
attenti osservavano costantemente ogni loro gesto: creature d’incubo,
evocate da chissà quale recesso infernale vegliavano sulla sorte del
negromante ed erano una chiara testimonianza della paura che lo animava.
I due non ebbero, però, problemi a raggiungerlo: dopotutto erano ben
noti ai guardiani del loro padrone, anche se la presenza di queste
creature li inquietò ugualmente. Esseri tanto potenti non andavano certo
presi alla leggera, e anche loro, nonostante fossero non morti,
provavano nei confronti di queste creature infernali un salutare
rispetto. Giunti infine dinnanzi a lui gli resero omaggio e attesero in
silenzio che il negromante prestasse loro attenzione.
“Dunque avete fallito!” esordì senza preamboli Remigio.
“Ma tenuto conto delle capacità del vostro avversario ciò era inevitabile.”
I due parvero storditi di fronte alla reazione del loro padrone: non
solo si era dimostrato insolitamente generoso ma, nonostante la
sconfitta, appariva di umore eccellente.
“Fallimenti come questo,” continuò. “possono essere comunque utili
perché si può trarre da essi importanti ammaestramenti, dico bene
druido?” domandò a uno dei membri spettrali della sua corte, il quale,
tirato in causa, preferì non rispondere.
Il negromante, osservando la sua reazione, non poté trattenere un sorriso:
“Pare che il nostro amico qui presente ritenga la mia compagnia
ripugnante o forse abbiamo trovato qualcuno in grado di turbarlo
maggiormente.” facendo un chiaro riferimento al Ladro d’Anime.
“Ora basta con le facezie,” concluse infine Remigio. “veniamo a
discutere della ragione per cui siete qui.”
I due, sempre più curiosi, attesero in silenzio.
“Pare che questo mago faccia uso di una strana forma di magia naturale.”
Quella rivelazione lasciò entrambi interdetti: anche loro conoscevano
marginalmente questa forma di arcana conoscenza e dalla loro espressione
era chiaro che dubitavano della veridicità di quella rivelazione.
“Posso capire le vostre perplessità. Sappiate, però che ho buone ragioni
per ritenere fondata questa informazione.”
L’essere incappucciato, meglio noto come il Signore delle Illusioni
accettò senza riserve quell’affermazione. In fondo Remigio non aveva
ragioni per mentire e comprese anche le implicazioni di quella notizia:
prima non conoscevano molto del loro avversario, il che era un male; al
contrario, invece, era molto probabile che lui fosse a conoscenza dei
loro poteri e delle loro abilità. La situazione di svantaggio era,
all’apparenza, riequilibrata e ora non dovevano far altro che
approfittarne, cosa che Remigio pareva essere in grado di fare. Il suo
compagno, più ottuso, espresse, invece, tutta la sua irritazione:
“Queste sono tutte sciocchezze, conosco la magia naturale e qui non si
tratta di far crescere fiori sui prati o di curare animali”
“Taci, sciocco, non sai di cosa parli!”
Ma egli, furente per essere stato privato di quello che riteneva una sua
preda, continuò:
“Se tu mi avessi lasciato concludere il lavoro invece di coinvolgermi in
chiacchiere oziose sarei riuscito…”
Con un gesto secco della mano Remigio interruppe le sue proteste e
d’improvviso ogni fibra del suo essere venne sconvolta da un indicibile
dolore, esperienza che non aveva mai sperimentato neppure quando era in
vita. Era come se indossasse una sorta di cilicio ardente che gli
procurava sofferenza a ogni movimento. Non riuscendo a trovare sollievo
e non sopportando oltre quel tormento dovette piegarsi di fronte a un
potere superiore al suo chiedendo perdono.
Remigio non lo guardò nemmeno, ma il dolore cessò d’un tratto come era
giunto.
“Anche se coalizzaste i vostri poteri,” continuò. “non riuscireste a mai
ad avere la meglio su di lui.” mentre diceva queste parole si chiese se
lui ne sarebbe stato in grado.
Poi enunciò in dettaglio i particolari di quella che doveva essere una
trappola senza possibilità di scampo. Ora solo un piccolo aspetto
rimaneva in sospeso: come attirare il mago in quella trappola e quando
il Signore delle Illusioni osò porre quel quesito, invece di irritarsi
Remigio sembrò compiaciuto.
“Con questo,” rispose, e con un coltello affilato si recise di netto
l’indice della mano sinistra senza provare, all’apparenza, alcun dolore.
Il suo padrone pareva conoscere tutte le risposte, pensò il Signore
delle Illusioni, e per una persona metodica come lui quello era il
miglior auspicio che ci potesse essere.
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