Nel villaggio minuscolo la gente prima saluta la novita', il ritorno alla
tradizione, il recupero della funzione, una inversione dell'esodo verso le
citta', poi comincia qualche contrasto.
Poi non diro' di piu', perche' il film, anche se abbastanza lineare, salvo
un richiamo temporale con il quale il film apre e al quale ritorna alla
fine, non ha molti sussulti, salvo una svolta tragica, inevitabile nella
struttura della sceneggiatura, ma non priva di significato, anzi.
Ma non diro' di piu' perche' il lento procedere di questo film ha un suo
preciso ritmo, che sa di ancestrale, che sembra seguire le stagioni e che è
solo la prima delle molte metafore, abbastanza esplicite che il film
percorre.
A partire dal titolo, il divenire della natura come atto ciclico, a quelle
piu' attuali, piu' interiori, sulla diversita', sulla accettazione, sul
rispetto della tradizione e sulla elaborazione del passato e tante altre
riflessioni, sempre molto chiare, ben spiegate nel loro primo significato e
nel loro secondo, in quello riflesso, passivo, del saper accettare ma
dell'essere accettati, nei valori non vuoti della solidarieta', del fronte
comune, della vicinanza nei problemi.
Giorgio Diritti, che lo firma, ha una bella mano e una solidissima
preparazione, l'unico appunto che gli si puo' fare e di essere forse
qualche volta un po' scolare nei montaggi un po' scontati o in certi tagli
di luce che rimandano alla tradizione del genere (l'albero degli zoccoli),
e di osare molto poco.
Ma riesce bene in tutto quello che fa, nelle lente panoramiche della valle,
nei momenti di azione (favolosa la ripresa della processione o della
ricerca delle pecore) e anche in un paio di momenti con la steadycam che
rompono un po con l'armonia generale del film ma che non sono fuori posto.
Mi ricorda nei momenti piu' lirici i bei film di Piovani, uno al cui
confronto una natura morta sembra die hard 4, una misurata ed eloquente
lentezza, capace di far parlare l'immagine, di lasciare il tempo al
dettaglio di diventare il motore della narrazione.
Oppure un film visto a venezia l'anno scorso del cinese Liu Jie su un
magistrato che trasportava la giustizia a dorso di mulo. I due film hanno
in comune la ricerca e la valorizzazione della tradizione, la cultura
contadina, l'autonomia culturale e quasi anche politica dei piccoli
enclavi, codici dettati dalle necessita', dalla condizione.
Un gran bel film, che fa pensare non solo ai temi che solleva, ma allo
stato del cinema italiano, e fa sentire in colpa per averne pensato o detto
male, che fa pensare al contrasto tra questo cinema di plastica che invade
le sale e queste minuscole produzioni che vanno cercate col vaglino e che
funzionano col passaparola, da orecchio di appassionato a orecchio.
E questo faccio ora, ve lo raccomando caldamente, se avete spento il
cervello l'ultima volta che siete stati al cinema, non mentite a me e a voi
stessi, era spento anche prima ed e' rimasto spento dopo.
Negli altri casi non perdetelo.
http://www.ilventofailsuogiro.com/
> In un piccolo villaggio delle Alpi Occitane (monviso) arriva un francese,
> un ex professore che ha abbandonato la cattedra per tornare alla terra.
> Porta con se la famiglia, moglie e tre figli, e le sue capre.
>
> Nel villaggio minuscolo la gente prima saluta la novita', il ritorno alla
> tradizione, il recupero della funzione, una inversione dell'esodo verso le
> citta', poi comincia qualche contrasto.
Mi ricorda vagamente Mosquito Coast.
--
Aramesh
Wish I was in Tijuana
Eating barbecued iguana
> Mi ricorda vagamente Mosquito Coast.
Non lo ricordo proprio...
> Mi ricorda nei momenti piu' lirici i bei film di Piovani,
Piavoli, forse.
Ma dunque, una volta tanto, il caldo consiglio del sindaco per un film
italiano è giustificato?
--
Joe
«La Chiesa è per definizione antiinterventista»
Harrison Ford prendeva raccattava famiglia e burattini e andava credo in
Amazzonia a portare il ghiaccio agli indigeni.
Insomma ammetto che siamo molto sul vago.
A me ricorda, anche dal titolo, un film di Kiarostami. Quello in cui un
regista voleva girare (penso) la cerimonia di un funerale, in una
località sperduta. E il film era tutto il girovagare del protagonista tra
i viottoli del paesino, e chiacchierare con i suoi abitanti.
> Viale del Ring, angolo di Sirk. Aramesh e AP a colloquio:
>> On Fri, 13 Jul 2007 23:25:53 +0200, ArAmesh wrote:
>>
>>> Mi ricorda vagamente Mosquito Coast.
>>
>> Non lo ricordo proprio...
>
> Harrison Ford prendeva raccattava famiglia e burattini e andava credo in
> Amazzonia a portare il ghiaccio agli indigeni.
Se lo ricordo bene, cominciava bene, poi arrivava il disastro.
Questo film e' piu' presente nei nostri tempi e nella nostra cultura, sul
tema della tolleranza (c'e' un piccolissimo ma ricco monologo sul
"tollerare") e della diversita.
Piuttosto che Wier viene in mente l'Herzog delle formiche verdi, ma qui non
c'e' uno scontro tra la societa' attuale e quella aborigena, piuttosto tra
culture diverse.
> Ma dunque, una volta tanto, il caldo consiglio del sindaco per un film
> italiano è giustificato?
Lo e' sempre.
> Viale del Ring, angolo di Sirk. Aramesh e AP a colloquio:
>
> > In un piccolo villaggio delle Alpi Occitane (monviso) arriva un francese,
> > un ex professore che ha abbandonato la cattedra per tornare alla terra.
> > Porta con se la famiglia, moglie e tre figli, e le sue capre.
> >
> > Nel villaggio minuscolo la gente prima saluta la novita', il ritorno alla
> > tradizione, il recupero della funzione, una inversione dell'esodo verso le
> > citta', poi comincia qualche contrasto.
>
> Mi ricorda vagamente Mosquito Coast.
Mentre lo vedevo, il riferimento a Weir e alle sue parabole
sull'impossibilita' di raggiungere il proprio sogno e di miscelare due
culture diverse, mi e' effettivamente emerso nella memoria.
Ma e' un altro tipo di film - Weir e' spettacolare e a volte
dimostrativo (e non lo dico come una critica, beninteso), questo Diritti
e' piu' della scuola di Olmi. Eppure (lo dico subito perche' quando
avevo sentito nominare Olmi mi era subito partito il sospetto: e alla
fine questo film l'ho visto sentendomi un po' in dovere) riesce a
creare, con mezzi poverissimi e con un taglio apparentemente
documentaristico, una storia che si fa seguire, che appassiona, che
angoscia, che commuove, e che ha anche quel paio di momenti thriller.
Un film bellissimo, ribadisco, e sono contento di leggere che il Persy
e' riuscito a goderselo dopo la mia insistenza. Davvero da non perdere.
Annoto con soddisfazione che all'eroico cinema Mexico, l'altro giorno,
mi han detto che sta andando alla grande. Io ci sono andato mercoledi' e
allo spettacolo delle otto c'era un centinaio di spettatori, col
cervello e il cuore ben accesi.
--
UFV:Il vento fa il suo giro/Children of the Damned(DVD)
Breakfast on Pluto - http://www.albertofarina.tk
> A me ricorda, anche dal titolo, un film di Kiarostami. Quello in cui un
> regista voleva girare (penso) la cerimonia di un funerale, in una
> località sperduta. E il film era tutto il girovagare del protagonista tra
> i viottoli del paesino, e chiacchierare con i suoi abitanti.
Ecco, e' quello che temevo di trovare e che questo film, assolutamente,
non e', grazie al cielo (e al vento).