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La leggenda di Kunta Kinte

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Theo Gattler

unread,
Sep 2, 2014, 10:41:34 AM9/2/14
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La leggenda di Kunta Kinte
(Cargo Cult, Burning dwarf entertainmentᅵ, Lupus in Bufala), Scritto da:
Uriel , Sunday , 01 Jul 2007


Esistono dei luoghi comuni che sono duri a morire, specialmente nella
mente dei settantisti. Per il settantista ci sono sempre due fazioni,
"A" e "B", una delle quali ha ragione e l'altra ha torto. Ma se anche la
fazione che ha ragione avesse dei torti, sarebbe sempre... colpa di
quella che ha torto.

Uno degli esempi di questa dialettica e' quella della schiavitu' dei
negri negli USA (molto buffamente, il maggior numero di schiavi fini'
nel sudamerica, che veniva spopolato e riempito nuovamente di gente
presa dall'africa e da altri posti.)(1)

La tesi dei settantisti fu la seguente: tutte le colpe sono dei bianchi,
tutti i costi furono dei neri, solo i bianchi si arricchirono, i neri ci
rimisero e basta.

A sostegno di questa cosa usci' un libro, negli anni 70, dove si narrava
l'immaginaria storia di un certo Mandinko di nome Kunta Kinte (Borghezio
sa inventare nomi africani migliori, ma Alex Haley non conosceva
Borghezio) , il quale racconta di quale vita felice conducesse nel suo
villaggio (un pelo arcaico, si', ma e' tutto folklore) quando
improvvisamente arrivarono i bianchi a rapirlo per farlo schiavo.

Questo evento, il rapimento, e' la summa di tutta una leggenda creata
negli anni 70 da un movimento di personaggi "radicali", i quali volevano
dire alcune cose, fra le quali "la colpa e' tutta dei bianchi".

Peccato che le cose non stessero esattamente cosi'.

Nessun nero fu rapito dai bianchi in africa per essere portato nel nuovo
mondo. Essi furono comprati.

Essi furono comprati significa che esisteva ed era fiorente un mercato
degli schiavi in tutta l'Africa, mercato che era in grado di soddisfare
la richiesta interna PIU' la richiesta enorme del mondo colonlaie.

I neri che partivano dall'africa per le americhe erano gia' schiavi,
schiavi per via delle leggi che vigevano nella totalita' delle nazioni
africane dell'epoca. I bianchi andavano a comprare gli schiavi nei
mercati ove essi venivano venduti: la riduzione in schiavitu' e la
cattura dello schiavo NON erano affare dei bianchi.

Non ci fu, insomma, nessun Kunta Kinte catturato e rapito da una
pattuglia di bianchi in giro per l'africa, Kunta Kinte fu ridotto in
schiavitu' dai suoi connazionali (per questioni di guerre tribali, per
questioni di casta, per questioni di debiti, per millanta ragioni insite
nelle culture tribali locali) e poi, semmai venduto ai negrieri bianchi.

Il suo destino sarebbe stato migliore se anziche' venire venduto ad un
negriero africano? Non si sa, la cosa certa e' che il PIL delle colonie
fosse superiore al PIL africano se ragioniamo nel breve termine.

Nel lungo termine, Kunta Kinte ci ha guadagnato: se osservassimo i
discendenti di Ubongo Malingo (nome idiota quanto Kunta Kinte) ,
catturato lo stesso giorno di Kunta Kinte e venduto allo stesso mercato
di schiavi, probabilmente non otterremmo nessuno che abbia potuto
emanciparsi, studiare, diventare uno scrittore di successo.

Indubbiamente, il sistema schiavista americano era un sistema infame,
quanto tutti i sistemi schiavisti. Era un sistema basato sulla razza,
esattamente come lo era il sistema schiavistico africano, con la
differenza che anziche' di razza si parlava di tribu'.

Allo stesso modo, un discorso di risarcimenti e' piuttosto fumoso: e'
vero che gli schiavisti bianchi ci hanno guadagnato, ma e' vero che gli
schiavisti neri , in Africa, ci hanno guadagnato.

In poche parole, non e' impossibile che i discendenti del vicino di casa
di Kunta Kinte abbiano in tasca i soldi derivati dalla vendita di Kunta
Kinte al mercato.

Ora, tutto questo di per se' non e' una novita'. Che non ci siano mai
state razzie di schiavi in Africa, ma solo acquisti di schiavi, e'
testimoniato dai brogliacci delle compagnie coloniali come quella
olandese ,francese, inglese, svedese. Del resto attribuire solo alla
domanda di schiavi la paternita' del fenomeno e' assurdo: non ci furono
(o furono pochissimi in percentuale) schiavi dall' India, nonostante
fosse una colonia inglese, non ce ne furono dall'indocina e da tutte le
altre colonie.

Lo schiavismo si concentro' laddove c'era offerta di schiavi, e non
soltanto a seconda della domanda. Fu l'offerta, e non la domanda, a
concentrare lo schiavismo sull'africa.

La novita' consiste nel fatto che, come capita spesso, sfruttatori e
sfruttati, non stanno sempre divisi perfettamente fra due barricate.

E' possibile fare un'analisi di mercato dal punto di vista della
domanda/offerta?

Cosa sarebbe successo, cioe', se sui mercati africani degli schiavi non
ci fosse stata un'offerta di milioni e milioni di schiavi africani?

Il "what if" nella storia e' abbastanza difficile, ma possiamo fare due
ipotesi:

Una crescita del valore della manodopera agricola nel sul degli USA,
con conseguente immigrazione dall'europa o da altre zone del mondo, come
successe coi cinesi ai tempi della corsa verso il West.
Un afflusso di schiavi da altre zone del mondo, ammesso di trovarne
, e ammesso di poterli usare senza sanguinose rivolte


Una delle domande cui si risponde poco riguardo allo schiavismo
americano e' "perche' ci furono cosi' poche rivolte".

Uno schiavismo tutto sommato piu' tenue, come quello Romano, causava
rivolte su rivolte. L'intera storia di roma ne e' costellata, da quella
di Spartacus a quella di Heliopolis; in Sicilia vi fu una rivolta di
schiavi che duro' 40 anni di fila, per tutto il medioevo le classi
servili si ribellavano e si rivoltavano in continuazione, unendosi ai
moti ereticali.

Solo negli USA fu possibile portare milioni di africani con un numero di
rivolte limitatissimo e sporadico, con un carattere di limitatezza
eccezionale.

La ragione di questa quiescenza e' molto semplice: gli africani venivano
comprati quando GIA' schiavi, cioe' con vincoli culturali che li
sottomettevano essi stessi alla schiavitu'.

Tale cultura non era presente in altri luoghi; e' vero che anche in
India esistono le caste e in tutto l'oriente esisteva la schiavitu',
c'e' pero' da dire che non esistevano I MERCATI degli schiavi, e quindi
non esisteva un business gia' formato e strutturato.

In Cina, Indocina, India e altri luoghi sarebb stato DAVVERO necessario
andare a rapire la gente e ridurla in schiavitu', secondo meccanismi
sociali e culturali che NON erano propri di quelle culture, cui
probabilmente quei popoli NON si sarebbero assoggettati o avrebbero
cercato di ribellarsi, vedi alla voce "Boxer".

Diversa era la questione dell'Africa.

L'africano che arrivava negli USA pensava gia' a se' stesso come
schiavo, lo era gia' in patria, lo era secondo le proprie usanze e
secondo la propria cultura. Una catena culturale posta nella madre
patria, che permise di ammassare milioni di schiavi senza avere un
centesimi delle rivolte romane, e faccio notare che i romani reprimevano
le rivolte in maniera -assai piu' crudele-.

Per questa ragione non si ribellava: era gia' convinto di essere uno
schiavo, ed era gia' impregnato della cultura che lo voleva schiavo.
Kunta Kinte era gia' stato fatto schiavo dalla sua gente, e quel che e'
peggio , pensava che le cose dovessero andare cosi'. Finire in mano ai
bianchi era solo una logica conseguenza, una conseguenza dell'essere
schiavo.

Questo e' il motivo per il quale rifiuto di porre attenzione a tutte
quelle dialettiche tipo black panther, o roba simile, per le quali se i
negri sono negri allora e' tutta colpa dei bianchi.

I bianchi hanno sicuramente approfittato del fatto che i negri fossero
negri; essere negri, pero', era un lavoro tutto loro.

Lavoro che svolgevano con entusiasmo e dedizione.


Uriel


(1)altrettanto buffamente non ci sono movimenti come quello di M.L.King
in sudamerica, dove il meltpot ha raggiunto livelli mai visti in alcun
altro luogo. Con ogni probabilita' il movimento pro-black statunitense
deve essere considerato un effetto collaterale di una cattiva
integrazione, e non un fenomeno storico a se'.

--
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