Al Museo Madre in esposizione le opere di Ugo Marano, 16 marzo - 31 maggio 2023

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Mar 18, 2023, 11:02:34 AM3/18/23
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Da:
https://ecampania.it/event/al-madre-in-esposizione-le-opere-di-ugo-marano/





Al Madre in esposizione le opere di Ugo Marano


Le stanze dell’utopia sarà aperta al pubblico fino al 31 maggio 2023

Il Madre, museo d’arte contemporanea della Regione Campania, presenta
Ugo Marano Le stanze dell’utopia, a cura di Stefania Zuliani e
Antonello Tolve. La mostra sarà aperta al pubblico dal 16 marzo al 31
maggio 2023.

La mostra, fortemente voluta anche dal Presidente della Regione
Campania Vincenzo De Luca, propone oltre quaranta opere, tra cui una –
Papà non c’è (1987) – mai esposta al di fuori della casa-studio di
Capriglia: sculture, installazioni, disegni, dipinti e libri d’artista
dalla fine degli anni Sessanta al 2010 danno vita ad un vero e proprio
racconto del lavoro di Marano, declinato attraverso le linee guida che
hanno orientato la sua attività. Un percorso di arte e di pensiero che
ha riconosciuto nell’utopia la sua forza e il suo movente, non
strutturato secondo ordine cronologico né in base ad una selezione per
tecniche e materie, ma scandito in sette sezioni, in sette idee di
Casa, Corpo, Tempo, Arte, Scrittura, Natura, Legame.

Il lavoro di Ugo Marano testimonia uno stretto legame con la natura,
matrice stessa del suo agire artistico, la cui energia metamorfica non
viene rappresentata tal quale, ma tradotta e restituita nella sua
vitalità. Non c’è una tecnica privilegiata per questa traduzione di
energia, per la messa in concetto e quindi per la messa in forma della
continua metamorfosi naturale. Nel 1969 Marano ha scelto ad esempio la
ceramica (arte regina) per ricreare l’orizzonte instabile del mare
dando vita al primo antipavimento, e tante volte nel corso degli anni
ha continuato ad affidare alla ceramica il suo racconto marino: la
musicale sequenza di Onde (1981) qui esposta ne è prova lampante.

La ceramica diviene testimonianza anche del rapporto dell’artista con
il territorio e con alcuni elementi della sua tradizione: sono
ricorrenti, infatti, opere che rimandano all’esperienza dei Vasai di
Cetara e a Rufoli, terra di argille pregiate dove la cottura della
terracotta è un’arte e un rito collettivo, come racconta il Museo
Città Creativa di Ogliara che proprio in Marano ha avuto il suo
ispiratore. In mostra sono presenti alcune opere che rimandano alla
sua ricerca condotta sul vaso, parte di una ben più ampia serie che
l’artista ha realizzato agli inizi degli anni 2000.

Altro elemento ricorrente, ben riconoscibile nel percorso espositivo,
è la sedia, emblema di una visione dell’arte che non tende ad ottenere
un facile risultato ma a elaborare senza sosta nuove strategie di vita
e di pensiero: e del resto «i conti con le idee si fanno da una sedia
scomoda. Le poltrone rendono le idee soffici: è l’inganno della
poltrona».

La scrittura, il segno che diviene disegno e parola sulla pagina
bianca o sulla superficie dell’opera, accompagna tutto il percorso di
Ugo Marano. L’esercizio della scrittura ha per l’artista un valore
almeno duplice, rappresentando sia il momento di analisi delle ragioni
e delle procedure che conducono all’opera sia lo spazio di
un’invenzione libera, giocosa, a volte ironica ma sempre poetica. Due
momenti che non si escludono a vicenda e che spesso convivono nello
stesso testo: gli scritti dell’artista, è stato Filiberto Menna a
sottolinearlo presentando nel 1972 il lavoro di Marano alla galleria
Schneider di Roma, offrono certo «la chiave per capire più in
profondità i disegni e le sculture», ma aprono anche a più ampi
orizzonti di senso, creando scenari visionari o restituendo tracce di
incontri ed esperienze di vita.

Che si sviluppi nelle pagine spesso quadrate e minute dei tanti libri
realizzati in edizioni artigianali e volutamente povere, fogli
fotocopiati e piegati con cura, dove alla copertina segue talvolta una
pagina d’amore e non di tipografico rispetto, o che s’incida con
pazienza nella materia, come accade nell’opera Papà non c’è (1987),
abbraccio di parole e di umile terra che tuttora accoglie i visitatori
della casa studio di Capriglia, la scrittura è per Marano l’occasione
di un dialogo necessario.


Nel suo appartato procedere, la ricerca di Ugo Marano non ha mai
rinunciato alla condivisione dell’esperienza e del pensiero. Le sue
due case sono state nel corso degli anni crocevia di incontri e
fabbriche di connessioni, cantieri di idee che hanno costruito legami,
connessioni, partecipazioni. Lo Psicocesso(1978), realizzato nei
grandi spazi dello studio di Capriglia è, in questo senso, opera
esemplare. Si tratta di un dispositivo di relazione che insieme
all’artista ha messo alla prova numerosi ma sempre scelti partecipanti
(tra gli altri, Tomaso Binga e Filiberto Menna) chiamati a mettere in
gioco se stessi in un momento da sempre privato: una sfida, una
forzatura che rompe gli schemi e costringe ad una rischiosa comunione.
A chi si avvicina alla sua opera Marano richiede un’assunzione di
responsabilità, proponendo un lavoro di lenta cucitura e
contestualmente uno sforzo di congiunzione di cui Ego strumento è
insieme immagine e risultato, persino manifesto, grazie alle
riflessioni che vi si avvolgono in sinuosa scrittura.

Gino Di Ruberto [GMAIL]

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Apr 26, 2023, 1:59:40 AM4/26/23
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da
https://www.madrenapoli.it/mostre/ugo-marano-stanze-utopia/

Mostra
Ugo Marano. Le stanze dell’utopia
A cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani
16.03 — 31.05.2023
Opening 15.03.2023

11.00 – 19.30

Orari e biglietti
https://www.madrenapoli.it/visita/

Il Madre presenta Ugo Marano Le stanze dell’utopia, a cura di Stefania
Zuliani e Antonello Tolve.
connessioni, partecipazioni. Lo Psicocesso (1978), realizzato nei
grandi spazi dello studio di Capriglia è, in questo senso, opera
esemplare. Si tratta di un dispositivo di relazione che insieme
all’artista ha messo alla prova numerosi ma sempre scelti partecipanti
(tra gli altri, Tomaso Binga e Filiberto Menna) chiamati a mettere in
gioco se stessi in un momento da sempre privato: una sfida, una
forzatura che rompe gli schemi e costringe ad una rischiosa comunione.
A chi si avvicina alla sua opera Marano richiede un’assunzione di
responsabilità, proponendo un lavoro di lenta cucitura e
contestualmente uno sforzo di congiunzione di cui Ego strumento è
insieme immagine e risultato, persino manifesto, grazie alle
riflessioni che vi si avvolgono in sinuosa scrittura.

Approfondimento
Galleria
Nel corso della sua vita di pensatore e di creatore dell’arte Ugo
Marano (Capriglia di Pellezzano, 9 febbraio 1943 | Cetara, 15 ottobre
2011) non ha mai rinunciato alla radicalità dell’utopia, «concepita
come semplice realtà quotidiana», come forza di trasformazione, come
legame fra le persone con la natura, che della sua ricerca è sempre
stata modello e riferimento.

Attraverso materie e linguaggi differenti, di volta in volta scelti
seguendo ragioni intime e occasioni esistenziali, l’artista – amava
definirsi radical concettuale utopico – ha tracciato un percorso che
muovendosi fuori dagli itinerari più frequentati ed esposti, ha
mantenuto salda la fiducia nella capacità dell’arte di intervenire
poeticamente nella vita modificandone gli orizzonti privati e le
prospettive collettive.

Rivoluzionario e paziente, il gesto obliquo di Ugo Marano ha
ridisegnato lo spazio dell’abitare, la dimensione della città e del
paesaggio mantenendo intatta l’attenzione rispettosa ai processi
naturali o mostrando una precoce sensibilità per quei temi (oggi
pressanti) dell’ecologia, che è etimologicamente discorso della
dimora.

Proprio la casa, intesa come luogo di accoglienza e di amicizia, come
spazio della relazione e della creazione, ha avuto un ruolo
determinante nella sua ricerca: le stanze che dalla roccia si sporgono
sul mare dell’abitazione condivisa con Stefania e con i figli a
Cetara, e ancor più le antiche sale della villa di Capriglia, sulle
colline salernitane, dove Marano ha creato un atelier in cui hanno
trovato occasione di incontro e di dialogo architetti, artisti,
critici, poeti e pensatori, hanno nel corso degli anni accolto con
complicità il lavoro dell’artista, di cui ancora testimoniano la
presenza con opere e installazioni site-specific.

Profondamente coerente pur nel continuo mutare dei linguaggi e delle
forme, l’opera di Marano è frutto di una consapevole intenzione
progettuale sempre messa alla prova di un sapere delle mani
costantemente coltivato. Dopo gli studi all’Accademia del Disegno
presso la Reverenda Fabbrica di San Pietro a Città del Vaticano e
all’Accademia del Mosaico a Ravenna, l’artista ha approfondito la
conoscenza della ceramica, cui si avvicina già alla fine degli anni
Sessanta guardando con interesse alla tradizione della ceramica di
Vietri sul Mare, della quale ha raccolto e reinterpretato l’eredità
dando vita all’esperienza del Museo Vivo (1971) e poi animando il
gruppo dei Vasai di Cetara negli anni Novanta. Accanto alla ricerca
sulla ceramica, il suo lavoro ha affrontato tempestivamente le istanze
di rinnovamento che hanno segnato la scena artistica italiana e
internazionale fra gli anni Sessanta e Settanta, periodo in cui
utilizza la lamiera di ferro per sculture che non si sottraggono alla
corrosione del tempo partecipando ai turbamenti della vita naturale.
In questo giro d’anni partecipa alla Quadriennale di Roma (1975) e
alla Biennale di Venezia (1975) e alla Triennale di Milano (1979). Nei
decenni successivi l’artista ha proseguito la riflessione sui luoghi
di produzione dell’arte creando il progetto della Fabbrica felice e
ispirando il Museo Città Creativa, istituito a Rufoli di Ogliara nel
1996, anno in cui realizza a Salerno la Fontana Felice, esempio di un
interesse per l’arte pubblica che lo porterà alla fine degli anni
Novanta a rileggere il paesaggio e le storie del Parco del Cilento e
del Vallo di Diano in collaborazione con l’economista Pasquale
Persico. Esperienze diverse delle quali l’artista stesso ha confermato
l’irrinunciabile respiro utopico nei suoi tanti scritti, al confine
tra poesia e teoria.
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