2° articolo da
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Museo archeologico di Napoli, a spasso nella Magna Grecia
(ansa)
Dopo 20 anni riaprono le splendide sale con i pavimenti romani
provenienti da Pompei, Ercolano e Stabiae: esposti 400 capolavori da
tutto il Sud
di PAOLO DE LUCA
12 luglio 2019
"Guardate dove mettete i piedi". Non è un consiglio, ma un invito.
Nulla è lasciato al caso nei duemila metri quadri di sale espositive
appena riaperte al Mann. Neppure il pavimento. Che risplende dei
mosaici che un tempo decoravano gli antichi edifici di Pompei,
Ercolano, Capri, Stabiae. Si trovano al Museo archeologico nazionale
dall'Ottocento e da ieri, pur essendo di età romana, fungono da
corollario spettacolare alla nuova sezione, appena riaperta, dedicata
alla Magna Grecia.
"Era dal 1996 - dichiara il direttore Paolo Giulierini - che
quest'area attendeva di essere restituita al pubblico. È un unicum
mondiale nell'archeologia museale: i visitatori potranno letteralmente
camminare nella storia". Quattordici sale, 400 reperti. Provengono
quasi tutti dai depositi del Mann. "Rappresentano appena il trenta per
cento - aggiunge Giulierini - del patrimonio lì custodito, giusto per
dare un'idea della ricchezza di questo luogo".
Presentazione con 32 immagini:
Pitture, ori, mosaici, vasi: ecco i tesori della Magna Grecia
conservati al MANN
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Effettivamente, la sezione è straordinaria: un progetto allestitivo,
con la direzione scientifica della giovane funzionaria Marialucia
Giacco, che racconta le radici storiche dell'Italia meridionale.
Reperti dall'ottavo al terzo secolo avanti Cristo testimoniano la
colonizzazione greca d'Occidente, la conseguente contaminazione con le
popolazioni locali, fino alla conquista romana. Un viaggio dalle
statuette votive degli insediamenti di Ischia e Cuma, all'affresco
tombale delle cosiddette "Danzatrici", fino ai ricchi vasi apuli e
alle decorazioni di Cuma.
Le stanze, dalla 144 alla 130, iniziano e confluiscono nel Salone
della Meridiana. L'accesso è contingentato a un massimo di 200 persone
alla volta. Si entra con appositi copriscarpe, distribuiti
all'ingresso. Dalla settimana prossima, la visita sarà possibile solo
prenotandosi in biglietteria e pagando con un sovrapprezzo di 1,50
euro. "Sono spese necessarie al mantenimento costante della sezione -
chiarisce Giulierini - il numero chiuso è dovuto a motivi di
sicurezza, per preservare l'integrità delle tessere musive".
L'esposizione è dedicata all'archeologo Enzo Lippollis della Sapienza,
scomparso l'anno scorso. Il catalago è edito da Electa. Dopo i primi
ambienti sulla religione, si passa a quelli che raccontano il concetto
"sociale" di simposio. Splendide le terrecotte architettoniche da
Metaponto (quinto secolo a.C.), o i numerosi crateri a figure nere,
alcuni di grandi artisti del mondo antico. Come il vaso del pittore
Licurgo, sull'incontro di Oreste con Ifigenia in Tauride. Curiosa
anche il plastico in scala (uno dei cinque custoditi al Mann) del
Tempio di Nettuno a Paestum, ricreato in sughero e legno nel 1822 da
Domenico Padiglione. Ricchissimo, poi, il materiale proveniente da
Ruvo, in Puglia.
Gli oggetti spaziano tra, coppe, "rhyton" (calici), terrecotte
(quinto, quarto secolo a.C.), ma anche elmi e pettorali in bronzo
(quinto a.C.). Imperdibile la sala dedicata alla Tomba delle
Danzatrici (quinto secolo avanti Cristo), "rivale" in bellezza a
quella pestana del Tuffatore. Le lastre in tufo, con pittura su
intonaco, rappresentano otto donne "intrecciate", che danzano attorno
al defunto (a simboleggiare il passaggio dalla vita alla morte). Ai
loro piedi, un pavimento-mosaico dal belvedere della Villa dei Papiri
a Ercolano. E ancora, orecchini, collane, anelli e collier d'oro
(oltre a un'aristocratica corona con foglie d'oro), dalle oreficerie
di Cuma e Canosa. Dulcis in fundo, i reperti di Cales (Calvi Risorta)
e le lastre dipinte da Nola. "Questo itinerario - conclude Giulierini
- è come un portale della conoscenza, che da Napoli conduce a tutti i
tesori del Mezzogiorno, così come era nel disegno borbonico di re
Carlo".