Un saluto ai lettori di "InfoNapoli Newsletter".
Tutti conosciamo la bellissima canzone "Furtunato" cantata da Pino Daniele e
contenuta nell'album "Terra mia" uscito nel 1977:
https://www.youtube.com/watch?v=fg6MpSVg9qc
La canzone è una tipica espressione del primo stile di Pino Daniele, cioè
quello in età più giovanile.
E' dedicata a un personaggio della Napoli di alcuni decenni fa: Fortunato
Bisaccia, noto "tarallaro" che girava per la città.
Ma chi era Fortunato?
Ecco alcune informazioni:
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1° articolo da
http://www.viedelgusto.it/napoli-e-i-sui-straordinari-taralli-sugna-e-pepe-cantati-dal-grande-pino-daniele/
Napoli e i suoi straordinari taralli sugna e pepe cantati dal grande Pino
Daniele
· 5 gennaio 2015
“Furtunato tene ‘a robba bella, ‘nzogna ‘nzò!” A questo pittoresco
personaggio e ai taralli tipici napoletani, Pino Daniele ha dedicato una
straordinaria canzone dal titolo Furtunato contenuta nell’album Terra Mia
del 1977.
Chi, tra i napoletani più longevi non ricorda il motto urlato in tutta
Napoli da Fortunato Bisaccia, il famoso “tarallaro” in attività dal
dopoguerra fino alla fine degli anni ’80, che percorreva le strade della
città col suo carretto. Furtunato fu certamente l’ultimo venditore girovago
di taralli, sempre allegro e gioviale girava per i vicoli gridando:
“Furtunato tene a robba bella ‘nzogna ‘nzò”. Il cantautore partenopeo lo
descrive come l’anima della città.
I taralli ’nzogna e pepe di Napoli hanno alle spalle una storia risalente
alla fine del Settecento: fu in quell’epoca che i fornai partenopei, per
utilizzare i ritagli dell’impasto del pane avanzato – e quindi con il
lievito, a differenza di tutti gli altri tipi di taralli –, cominciarono ad
aggiungervi il pepe e la sugna, a dargli la forma di una ciambellina e a
cuocerli nel forno a legna, insieme alle pagnotte. Venduti per pochi
spiccioli, sfamarono per anni le fasce più povere della società – la loro
consistenza particolarmente calorica provocava infatti un immediato senso di
sazietà.
Più tardi, qualcuno – ma non sappiamo di chi sia il merito – vi unì le
mandorle e i taralli diventarono una presenza fissa nel menu delle osterie,
accompagnati da un buon bicchiere di vino rosso. Nel tempo, invece, si sono
trasformati in un vero e proprio street food, grazie alla figura del
“tarallaro”, che batteva la città palmo a palmo con la sua cesta (la
cosiddetta “sporta” in dialetto) piena di taralli appena sfornati. Oggi li
ritroviamo nei chioschi del lungomare, a Mergellina, dove gli ambulanti li
vendono non più con il vino ma con la birra ghiacciata.
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2° articolo da
http://www.spaccanapolionline.com/fortunato-re-taralli-nzogn-e-pepe/
Fortunato, il re dei taralli ‘nzogn e pepe
“Saluta e ffemmene/ a’ncoppa ‘e barcune/ viecchie, giuvene e guagliune/ ce
sta chi dice ca è l’anema ‘e chesta città”. Così Pino Daniele nella sua
celebre canzone “Fortunato”, tratta dall’album Terra Mia del 1977, celebra
uno dei personaggi più popolari della cultura napoletana. Fortunato Bisaccia
era il suo nome ma tutti lo conoscevano come Fortunato o’ Tarallaro. Si
perché questo ometto piccolo e grassoccio, dalle gambe arcuate e dal volto
segnato dalle rughe, è stato uno dei venditori ambulanti più noti della
città partenopea e che racchiude l’essenza, la storia e lo spirito di
adattamento di un popolo in difficoltà. A pensarci bene, i taralli, questo
delizioso impasto di farina, sugna, pepe, ricoperto di mandorle nella parte
superiore, sono il tipico esempio di prodotti realizzati a basso costo con
un alto apporto calorico. Sono figli della fame, della miseria e della
grande creatività dei napoletani in un’epoca in cui vi era la necessità di
utilizzare tutte le risorse alimentari di cui si disponeva. Matilde Serao
nella sua opera “Il ventre di Napoli” traccia un quadro straordinariamente
drammatico della vita dei quartieri popolari nelle vicinanze del porto. Un
ventre brulicante di persone affamate e disperate che alla fine del ‘700 si
inventarono il tarallo per sopperire alla mancanza di cibo. Presero i
ritagli di pasta avanzati dalla produzione del pane, vi aggiunsero la sugna,
il pepe (più tardi arriveranno le mandorle) e crearono il cibo per
eccellenza dei poveri garantendosi le energie necessarie per affrontare le
difficoltà quotidiane.
“Furtunat’ tene a’ rrobba bella ‘nzogna‘nzogn”, andava urlando Fortunato per
le strade di Napoli a cavallo tra gli anni ’70 e ‘80. Con il suo piccolo
carretto costruito con le sue stesse mani montando una cesta di vimini su un
vecchio carrozzino da neonato, Fortunato richiamava l’attenzione per vendere
i taralli tra via Toledo, Piazza Carità, vico Giovanni Brombeis, via Conte
di Ruvo e piazza Dante. Prodotti conservati con cura e dedizione come se in
quella vecchia carrozzina ci fosse davvero una creatura. Fortunato avvolgeva
i suoi taralli in una coperta di lana per trattenere il calore e la
fragranza e vagava per la città. Le sue grida si diffondevano attraverso i
vicoli di Napoli e regalava un sorriso a tutti i passanti. Eppure non aveva
avuto una vita facile. Orfano di madre, reduce di guerra, non aveva mai
perso il buon umore e la straordinaria vitalità dei napoletani.
Di lui ne ha parlato anche l’attore Massimo Andrei che, in una bellissima
biografia edita da Tullio Pironti, ricorda Fortunato come il volto buono di
Napoli, un uomo integro ed onesto che nonostante le mille difficoltà non era
mai sceso a compromessi con la criminalità e che, spingendo quel suo
carretto, raccontava storie, aneddoti, fatti di una Napoli che ieri, come
oggi, alza la testa e va dritta per la sua strada.
Oggi la figura del tarallaro non esiste più, si è spenta con Fortunato
venuto a mancare nel 1995. Esiste però ancora il buon gusto del tarallo
napoletano. Da genere di prima necessità, è diventato uno sfizio da
acquistare nei chioschetti a Mergellina e sgranocchiare sul lungomare. La
tradizione vuole che si mangino bagnati con l’acqua di mare. Abbandonata
questa usanza, oggi il tarallo si accompagna con il vino ma anche con la
birra il cui matrimonio sembra funzionare in molti pub della città. L’unica
regola è consumarlo ben caldo così da dare la possibilità alla sugna di
liberare tutto il suo aroma e alle mandorle tutto il loro sapore.
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3° articolo da
http://www.unisob.na.it/inchiostro/?idrt=1837
Un libro di Andrei
Fortunato, il volto di una Napoli pulita
"Fortunato tene 'a robba bella, 'nzogna 'nzo!". Chi, tra i napoletani più
longevi non ricorda queste parole. Erano il motto urlato in tutta Napoli da
Fortunato Bisaccia, famoso "tarallaro" in attività dal dopoguerra fino alla
fine degli anni '80, che percorreva le strade della città col suo carretto.
Dopo la canzone a lui dedicata da Pino Daniele e l'omaggio di Luciano De
Crescenzo sulla copertina del libro fotografico "La Napoli di Bellavista",
oggi Fortunato viene ricordato da una biografia scritta dall'attore Massimo
Andrei, edita da Tullio Pironti. Andrei ha recitato con Vincenzo Salemme, è
autore di premiate opere teatrali, di drammi radiofonici e programmi
televisivi. Ha già scritto per Pironti "Le vecchie vergini" con Peppe Barra
ed è regista del film "Mater Natura", col quale ha vinto il premio della
Settimana Internazionale della Critica a Cannes.
"Nella Napoli dell'immondizia e della violenza noi artisti abbiamo il dovere
di mandare messaggi positivi - dice Massimo Andrei -. Per me la figura di
Fortunato è uno di questi". Un esempio da seguire, come lo stesso autore lo
definisce. "Volevo riportare a galla un rappresentante della napoletanità
pura in un momento in cui vengono mostrati i napoletani peggiori, come nel
caso dei programmi di Maria De Filippi".
Spentosi nel 1995, Fortunato non ha avuto una vita facile. Orfano di madre,
reduce di guerra, padre di famiglia con un lavoro da ambulante. "E' sempre
vissuto sul fondo della strada - sottolinea Andrei -. Ma lavorando sodo non
è mai finito nelle grinfie della criminalità".
Anche Tullio Pironti ricorda Fortunato con affetto: "C'incontravamo spesso a
piazza Dante. Dedicargli un libro oggi, dopo aver pubblicato 'Munnezzopoli'
di Paolo Chiariello, significa mostrare a tutti l'altro volto di Napoli".
Marco Perillo
[25.2.2008 - 15.43]
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