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La Chiesa di San Giorgio Maggiore
Immagine:
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Fu costruita tra il IV e il V secolo per volere di San Severo, celebre
vescovo di Napoli
Il complesso monumentale, originariamente paleocristiano, si trova in
piazzetta Crocelle ai Mannesi, lungo via Duomo, dove sorse tra la fine del
IV e gli inizi del V secolo e, insieme alla Basilica San Giovanni Maggiore
Pignatelli e Santa Maria Maggiore, conosciuta anche come la Chiesa della
Pietrasanta, si può considerare uno dei primi edifici religiosi costruiti a
Napoli.
La chiesa era inizialmente conosciuta come “della Severiana” perché la sua
edificazione fu voluta da San Severo, vescovo di Napoli dal 363 al 409,
famoso per la sua grande opera di evangelizzazione della città, per aver
combattuto l’Arianesimo e per alcuni miracoli a lui attribuiti, anche quando
era in vita, come quello in cui si racconta che una donna, rimasta vedova,
si era recata dal vescovo per chiedergli aiuto perché un finto creditore del
marito voleva da lei una grossa somma in denaro e questi, allora, aveva
condotto l’impostore sulla tomba del defunto che, miracolosamente, era
apparso ad entrambi raccontando la verità.
Nel IX secolo la chiesa fu poi dedicata a San Giorgio, soldato valoroso e
martire illustre, patrono della milizia cristiana, sempre rappresentato in
atto di sconfiggere un dragone con la sua lancia e, per questo, simbolo di
una potente protezione contro le tentazioni del demonio.
Immagini:
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L’ingresso attuale corrisponde a quello che era originariamente l’abside:
questo perché nel 1640 la chiesa subì un incendio e, quando fu ricostruita,
Cosimo Fanzago volle invertirne gli estremi. Nei primi tempi la costruzione
del nuovo edificio proseguì spedita sotto la protezione del Cardinale
Filomarino, ma alcuni avvenimenti quali la rivolta di Masaniello e la peste
del 1656 ne impedirono la prosecuzione.
La pianta, inizialmente a tre navate, nel corso del 1800 subì la
decurtazione di una per consentire la costruzione di via Duomo che,
originariamente, altro non era che un anello che congiungeva via dell’Anticaglia
con il Decumano Superiore e via dei Tribunali con il Decumano Maggiore. La
navata principale è caratterizzata da tre cupole, una centrale piuttosto
ampia e con un catino elevato che raggiunge 45 m di altezza, mentre le altre
sono più schiacciate e, per questo, dette “a scodella”.
Immagini:
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Al suo interno, precisamente sotto la mensa dell’altare maggiore, sono
custodite le spoglie di San Severo, ritrovate nelle Catacombe della Sanità e
traslate nella chiesa nel corso del IX secolo. Addossata al terzo pilastro
destro, inoltre, vi è una cattedra in marmo attribuita sempre al Santo,
anche se ricerche successive attestano che sia stata costruita in epoca
medievale con materiali di spoglio. Sempre internamente si possono ammirare
tavole in stile bizantino e un crocifisso ligneo del 1200, nonché gli
affreschi giovanili di Francesco Solimena che ritraggono “Sant’Antonio da
Padova”, “San Nicola di Bari” e “Il Calvario”; le tele di Francesco Peresi
raffiguranti “L’Arcangelo Raffaele e Tobiolo” e “La Conversione di San
Disma”, e un grande affresco di Aniello Falcone del 1645 che rappresenta
San Giorgio su un cavallo bianco imbizzarrito che affronta e uccide il drago
liberando una donna. L’affresco è stato rinvenuto in tempi recenti alle
spalle di una delle due tele di Alessio d’Elia nel corso del restauro del
coro.
Immagine:
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Esiste, inoltre, un filo che lega San Severo al “santo” più importante della
città di Napoli, San Gennaro, i cui resti si trovano nella Cappella a lui
dedicata all’interno del Duomo, non molto distanti quindi dalla chiesa di
San Giorgio Maggiore. Questo anello di congiunzione sarebbe rappresentato
dal fatto che uno dei primi affreschi raffiguranti il patrono della città
partenopea fosse stato ritrovato nello studio di San Severo per poi essere
trasferito, in un secondo momento, alle Catacombe di San Gennaro. Non è
quindi un caso che Jorit Agoch, lo street artist napoletano-olandese, abbia
realizzato proprio accanto alla chiesa un murales che ritrae il volto del
Patrono di Napoli, utilizzando i tratti somatici di un operaio 35enne
napoletano.
Marina Indulgenza