L'enigma del Gesù diventa un concerto, 8 ottobre 2011

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Gino Di Ruberto [GMAIL]

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Oct 6, 2011, 2:16:10 PM10/6/11
to InfoNapoli Newsletter
da Il Mattino del 6 ottobre 2011
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=165494&sez=NAPOLI

L'enigma del Gesù diventa un concerto
Sabato sarà eseguita la musica


di Pietro Treccagnoli
NAPOLI - La musica scolpita sulla facciata del Gesù Nuovo entra chiesa. L’«Enigma»
del pentagramma di pietra diventa un concerto che sarà eseguito dopodomani
(8 ottobre - alle 20,30) all’interno del tempio barocco. Sarà così possibile
ascoltare dal vivo le misteriose note che lo storico dell’arte Vincenzo de
Pasquale ha rintracciato sul bugnato, ricostruendo la melodia racchiusa
nella successione di lettere aramaiche.

ASCOLTA LA MELODIA
http://www.ilmattino.it/video.php?id=12397

A suonare sarà l’organista ungherese Lòrànt Rez, a cantare il soprano
(sempre magiaro) Anikò Kòròdi. Sì, perché, la novità rispetto al
sensazionale annuncio di qualche mese fa, è la scoperta del testo della
musica che De Pasquale ha decifrato sempre da un muro di Palazzo
Sanseverino, che nel Cinquecento fu trasformato nella chiesa del Gesù Nuovo.
Si tratta del Salmo 23 al quale l’appassionato studioso del Rinascimento
napoletano è arrivato analizzando i segni sul bugnato di una parete laterale
dell’edificio religioso di piazza del Gesù che attualmente è all’interno del
cortile della scuola Salvator Rosa.

Anche qui è stato usato l’alfabeto aramaico: oltre al testo, sono stati
rintracciati i nomi di Novello da San Lucano, l’architetto dell’edificio, e
Roberto di Sanseverino, il nobile proprietario del palazzo. Siamo nella
seconda metà del Quattrocento, in piena età aragonese e umanistica, nella
quale dilagavano le febbri esoteriche, tutte ribollenti di simboli arcaici e
misteriosi. Ma come mai è stata scoperta solo adesso? «Il muro era stato
occultato per molto tempo» spiega De Pasquale. «E ora che è tornato a
parlare ci dice più di quanto non dica lo stesso bugnato della facciata».

Si tratterebbe di una «sinossi criptografata». «In sostanza» continua lo
storico «è il riassunto di quanto leggiamo non solo musicalmente guardando
il Gesù Nuovo». Come un segugio tra gli archivi napoletani e quelli
ungheresi, perché Novello visse e lavorò molto nel paese danubiano (dove
morì), De Pasquale, partendo da pochi indizi, ha trovato tracce delle note
di Novello (che è l’autore della musica) anche in Bach e il Liszt, entrambi
affascinati dalla matematica e dalle sequenze esoteriche. Le vie delle sette
note sono infinite. «E probabilmente» continua De Pasquale «lo stesso
Mozart, quando da giovane venne a Napoli, avrà visto e ricostruito la
melodia napoletana scolpita nella pietra nera del bugnato».

È senza dubbio un Enigma, a prescindere da come la si possa pensare. Siamo
in un campo dove l’intuizione deve fare sempre il passo più lungo della
gamba, perché la criptografia, per sua natura, cela, protegge e depista. In
questo lavoro certosino, allo storico dell’arte sono stati di supporto le
conoscenze matematiche di Assunta Amato, quelle architettoniche di Tullio
Pojero e quelle legali di Silvano Gravina. Centrale in questo viaggio a
ritroso nel tempo è, ovviamente Novello di San Lucano, architetto,
matematico, madrigalista e musicista.

È lui il personaggio chiave anche del libro che De Pasquale annuncia per il
prossimo novembre, intitolato «L’Enigma del Gesù». «Novello era figlio
naturale di Roberto di Sanseverino» racconta. «Dopo la costruzione del
palazzo, fu spedito in Ungheria, sotto la tutela dell’ordine domenicano.
Lavorò e visse tra Buda, Visegrad, Veszprem e poi si trasferì in
Transilvania, che allora faceva parte dell’Ungheria. Qui morì nel 1516 a
Balgrad, che dal 1918 fa parte della Romania e altro non è che l’antica
città romana di Alba Iulia».

Ma nel suo saggio, l’autore prova a ricostruire lo scenario che ha da sfondo
alla vicenda. «Nelle biblioteche italiane ed europee ho scovato documenti di
natura molto diversa» aggiunge «come, ad esempio, le ricette di pietanze
molto elaborate che venivano preparate alla tavola dei Sanseverino». Segno
che in una società di bon vivants, com’era quella dell’aristocrazia e della
ricca borghesia napoletana ai tempi della dinastia d’Aragona, c’era sempre
bisogno di una ricercatezza nel cibo per la mente e in quella per il corpo.


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