I Centri Sociali del Nord Est e ADL Cobas hanno lanciato la mobilitazione per bloccare il Porto di Venezia il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale contro il genocidio che Israele sta commettendo a Gaza e in sostegno alla Global Sumud Flotilla. Una mobilitazione che si è allargata a una composizione sociale e politica molto variegata. In vista dell’iniziativa, pubblichiamo una breve inchiesta che fa il punto sui grandi interessi economici, legati al commercio con Israele, che attraversano Porto Marghera.
Lo sappiamo da tempo, Israele sta commettendo un vero e proprio genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. In meno di due anni, lo stato sionista ha ucciso direttamente circa 65.000 persone, di cui oltre 18.000 bambini e bambine. Diverse ricerche accademiche hanno però stimato che le vite palestinesi indirettamente spezzate dal conflitto siano centinaia di migliaia. Inoltre, sono centinaia i civili morti di fame, a causa della carestia scientificamente creata dall’assedio israeliano, e 2500 i caduti sotto il tiro al bersaglio dell’IDF mentre tentavano di procurarsi cibo nei “centri di aiuto”. I giornalisti assassinati sono oltre 200 e i bombardamenti non hanno risparmiato nessun tipo di infrastruttura necessaria alla riproduzione della vita umana.
Negli ultimi anni, Stati Uniti e Germania sono stati di gran lunga i principali paesi esportatori di armi a Israele. L’Italia è al terzo posto ma con volumi di molto inferiori. Ad ogni modo, ad agosto, la Germania ha dichiarato lo stop alla vendita di armi a Israele. La veridicità di questo impegno è poco chiara, ma – se rispettato – esso consegnerebbe all’Italia il dubbio onore di passare al secondo posto. Gli equipaggiamenti militari che armano il genocidio sono transitati e transitano anche nei nostri porti. Inoltre, soprattutto in tempi di guerra, la distinzione tra merci a uso civile e merci necessarie allo sforzo bellico è estremamente labile e arbitraria. Di fronte al genocidio, c’è bisogno di sanzioni economiche contro Israele, ben oltre le armi in senso stretto.
Come già segnalato da Seize the Time, a Porto Marghera – situato in un crocevia strategico tra Germania e Israele – transitano regolarmente navi commerciali da e per i porti israeliani di Haifa e Ashdod. Molte sono navi cargo di tipo Hazard A (Major), ovvero quelle che possono trasportare armi ed esplosivi. Un ruolo prominente è ricoperto dalla Mediterranean Shipping Company (MSC) dell’italiano Gianluigi Aponte e della israelo-svizzera Rafaela Aponte-Diamant. A Marghera, assieme alla società maltese Mariner, MSC gestisce il Terminal Intermodale di Venezia (TIV). Il colosso con sede a Ginevra è diventato oggetto di proteste in diversi paesi del mondo a causa della sua stretta collaborazione con Israele. Infatti, MSC continua dichiaratamente a rifornire Israele di armi e ha firmato un Vessel Sharing Agreement con la compagnia di navigazione israeliana ZIM.
MSC è emersa vincitrice dalle perturbazioni della logistica globale causate dalla pandemia del COVID-19, che avevano fatto schizzare in alto i prezzi delle spedizioni marittime. Nel 2022, la società svizzera ha superato la danese Maersk, trasformandosi nella più grande società al mondo di gestione di linee cargo, con una flotta di 900 imbarcazioni. Inoltre, dopo l’attacco di Trump a Panama – paese accusato di non tutelare gli interessi americani rispetto a quelli cinesi nella gestione del Canale – MSC è entrata a far parte del consorzio Terminal Investment Limited (a guida BlackRock). Quest’ultimo ha comprato dalla società CK Hutchison (Hong Kong) la gestione dei principali porti dell’istmo, nonché di altri terminali in tutto il mondo. MSC sta così diventando non solo la più grande shipping company esistente ma anche il più grande operatore globale di porti, salvo interventi delle autorità di regolamentazione.
Essendo una società a gestione familiare, MSC non pubblica né rapporti annuali né dati sui propri profitti. D’altronde, la Svizzera non avrà accessi al mare, ma ha leggi convenienti per le persone riservate. Certo è che questi due anni di guerra sono stati particolarmente lucrativi per i coniugi Aponte. Se nel 2022, come verificabile su Forbes, Gianluigi Aponte possedeva un patrimonio di 16,8 miliardi di dollari, ora ne possiede 38,7 miliardi, come anche Rafaela Aponte-Diamant. Un vertiginoso aumento del 130%! Tanto per dimostrare che, ancora una volta, dalle guerre non ci guadagnano i popoli.
Insomma, in un’epoca di crisi della globalizzazione, in cui ci si potrebbe aspettare che i tempi siano duri per le multinazionali di spedizioni a lunghissimo raggio, MSC ha saputo volgere a proprio favore i conflitti in corso. Si tratta di una sorta di ritorno alle origini della containerizzazione. Infatti, la diffusione della “scatola” d’acciaio – il mattone fondamentale della contro-rivoluzione logistica che ha reso possibile la globalizzazione, aggirando ostacoli geopolitici e resistenze operaie – affonda le proprie radici nella guerra degli Stati Uniti contro il Vietnam. Tuttavia – da Marsiglia al Pireo, dal Sudafrica alla California – lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini, si stanno mobilitando per fermare i flussi dell’escalation militare. Anche in Italia, è ora di mobilitarsi per bloccare il business del genocidio.
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