Alfredo Quarchioni
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to Giudici Tributari Umbria e Centro Italia
ORDINANZA
LA COMMSSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PERUGIA Sez. III
Riunita con l’intervento dei signori:
Dott. Massimo
Zanetti
Presidente
Prof. Alfredo Quarchioni
Giudice relatore
Rag. Alberto
Nardini
Giudice.
Nel giudizio di appello n. 618/2008 R.G.A. promosso dalla Centro
Società Cooperativa a r.l. nei confronti della Agenzia delle Entrate
Ufficio di Terni, avverso la sentenza pronunciata dalla Commissione
Tributaria Provinciale di Terni in data 19.6.2008,
Considerato in fatto
Con ricorso depositato in data 5.3.2008 la Centro Italia soc. coop. a
r.l. adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Terni al fine di
vedere riconosciuto il credito di imposta dichiarato nel modello unico
2005 per l’anno 2004 portato in compensazione.
L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Terni si costituiva in giudizio
ribadendo la legittimità del proprio operato e la Commissione adita,
con sentenza del 19.6.2008, respingeva il ricorso compensando tra le
parti le spese processuali.
Avverso la sentenza ha proposto appello la società suddetta
provvedendo direttamente alla notificazione del ricorso alla Agenzia
delle Entrate che si è costituita in giudizio chiedendo la conferma
della sentenza appellata.
Alla udienza odierna questa Commissione ha invitato il difensore della
ricorrente a provare l’avvenuto deposito di copia dell’appello presso
la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Terni ma il
difensore non è stato in grado di ottemperare.
La causa è stata quindi discussa e poi trattenuta in decisione..
Ritenuto in diritto
L’art. 53, secondo comma, D.Lgs 31.12.1992 n. 546 - come modificato
dall’art. 3-bis, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203
(Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in
materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005 n. 248 – dispone
testualmente: “Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale
giudiziario, l'appellante deve, a pena d'inammissibilità, depositare
copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della commissione
tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata”.
Il tenore letterale della disposizione (“a pena di inammissibilità”)
impone di dichiarare, anche d’ufficio, l’appello inammissibile se al
momento della decisione non risulta provato il deposito di copia
dell’atto di appello presso la segreteria della Commissione Tributaria
Provinciale nel caso in cui la parte abbia provveduto direttamente
alla notificazione del ricorso e non anche quando vi abbia provveduto
mediante ufficiale giudiziario. Ed effettivamente la giurisprudenza è
consolidata in questa interpretazione.
In verità nell’ambito di un giudizio di legittimità costituzionale
della disposizione suddetta, che aveva tratto origine da una ordinanza
della Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia (Sezione di
Caltanisetta del 9/7/2007) alla quale tuttavia gli atti vennero poi
restituiti dalla Corte Costituzionale (ordinanza n. 199/2008) per la
sopravvenuta modificazione del quadro normativo di riferimento in
punto di riparto di giurisdizione, l’Avvocatura dello Stato, nel
chiedere la dichiarazione di non fondatezza della questione, prospettò
altra interpretazione: a dire di detta Avvocatura, benché il testo
della disposizione utilizzi l’espressione “a pena di inammissibilità”,
si tratterebbe in realtà di mera improcedibilità, cosicché la parte
potrebbe provvedere al deposito di copia dell’appello presso la
segreteria della Commissione Tributaria Provinciale in ogni tempo,
dandone ovviamente prova nel giudizio di appello, fino al momento del
trattenimento della causa in decisione da parte della Commissione
Tributaria Regionale.
Questa interpretazione, però, che contrasta con la giurisprudenza
tributaria consolidata, non può essere condivisa: non lo consente il
chiaro tenore letterale della norma e comunque non risolve il
problema nella stragrande maggioranza dei casi considerato che
generalmente è soltanto al momento della decisione che viene rilevata
l’omissione del deposito di copia dell’appello presso la Cancelleria
della Commissione Tributaria Provinciale, quando ormai sono scaduti i
termini per la produzione di documenti e quindi anche del documento
che dovrebbe provare l’avvenuto deposito.
Ora, nel caso in esame, poiché non vi è prova del deposito dell’atto
di appello presso la segreteria della Commissione Tributaria
Provinciale che ha pronunciato la sentenza impugnata (e peraltro
sembra pacifico che tale adempimento non sia stato effettuato)
l’appello, avendo la società ricorrente provveduto alla notificazione
direttamente e non per il tramite dell’ufficiale giudiziario,
dovrebbe, in base alla disposizione citata, essere dichiarato
inammissibile.
Sennonché questa Commissione Tributaria Regionale dubita, per i motivi
appresso esposti, della legittimità costituzionale di detta
disposizione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
nella parte in cui commina l’inammissibilità dell’appello; la
questione di legittimità costituzionale è inoltre sicuramente
rilevante dal momento che dalla sua risoluzione deriva la possibilità
o meno di esaminare l’impugnazione nel merito.
Violazione dell’art. 3 della Costituzione
Il contrasto della disposizione con l’art. 3 della Costituzione deriva
dalla irragionevolezza della stessa considerato che una sanzione così
grave e definitiva, quale l’inammissibilità della impugnazione, può
trovare ragione nella tutela di interessi pubblici particolarmente
rilevanti e soprattutto nella esigenza di certezza delle situazioni
giuridiche (per questa ragione è prevista l’inammissibilità della
impugnazione per il mancato rispetto dei termini a tal fine assegnati
sia nell’ambito del processo civile che di quello penale o
amministrativo) e non anche nello scopo di mera agevolazione
dell’attività degli uffici giudiziari (tanto vero che nel processo
civile non è imposto alle parti l’onere di depositare nella
Cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata la
copia dell’atto di impugnazione né comunque di darne comunicazione).
A dare avviso della impugnazione alla Cancelleria del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata provvedere in realtà nel processo
civile l’ufficiale giudiziario e non la parte (art. 123 disposizioni
di attuazione del codice di procedura civile) ma dall’eventuale
violazione di tale onere non deriva affatto l’inammissibilità della
impugnazione.
Ora, anche nell’ambito del processo tributario il deposito della copia
dell’atto di appello presso la segreteria della Commissione Tributaria
Provinciale è diretto esclusivamente ad agevolare la conoscenza da
parte di detta segreteria della pendenza della impugnazione al solo
fine evidentemente di non rilasciare copie esecutive del provvedimento
impugnato.
Ma si tratta appunto di una mera agevolazione dal momento che la
conoscenza della pendenza del giudizio può essere acquisita anche
diversamente, per esempio tramite informazione diretta prima di
rilasciare una copia del provvedimento emesso o comunque nel momento
in cui la segreteria della Commissione Tributaria Regionale, essendo
stato depositato l’atto di appello, richiede alla segreteria della
Commissione Tributaria Provinciale la trasmissione del fascicolo del
processo (art. 53, ultimo comma, D.Lgs n. 546/1992).
Sembra allora irragionevole, per agevolare una conoscenza che può
essere raggiunta anche diversamente senza particolari difficoltà,
imporre alla parte un onere ulteriore e soprattutto sanzionare
l’inosservanza di tale onere con l’inammissibilità della impugnazione.
Ma la irragionevolezza appare ancora più manifesta qualora si
consideri che nell’ambito del medesimo processo tributario non viene
comminata la inammissibilità per il caso in cui, essendo stata
richiesta la notificazione per il tramite dell’ufficiale giudiziario,
questi per una ragione qualsiasi non abbia provveduto a dare avviso
della presentazione dell’atto di appello alla segreteria della
Commissione Tributaria Provinciale benché, sia nel caso di omissione
da parte dell’ufficiale giudiziario sia nel caso di omissione da parte
dell’appellante che abbia provveduto direttamente alla notificazione,
viene comunque leso in uguale misura l’interesse alla immediata
conoscenza della presentazione dell’atto di appello da parte della
segreteria della Commissione Tributaria Provinciale.
Né varrebbe osservare che l’omissione da parte dell’ufficiale
giudiziario è tuttavia sanzionata sul pianto disciplinare ed
eventualmente risarcitorio perché si tratta di sanzioni che agiscono
su piani diversi e che comunque per la parte interessata non sono
affatto rilevanti.
Questa disparità di conseguenze è dunque particolarmente sintomatica
della irragionevolezza della disposizione in questione.
Violazione dell’art. 24 della Costituzione
In un processo in cui al fine di agevolare l’accesso alla giustizia
tributaria è prevista la possibilità di presentare il ricorso anche
senza assistenza tecnica nella controversie di valore inferiore a
cinque milioni, di utilizzare il servizio postale per le comunicazioni
e notificazioni, nonché la trattazione in camera di consiglio in
mancanza di espressa richiesta, male si inserisce l’onere ulteriore di
depositare una copia dell’atto di appello presso la segreteria della
Commissione Tributaria Provinciale e soprattutto la comminazione della
inammissibilità dell’appello per l’inosservanza di tale onere che,
peraltro è diretto soltanto a consentire una conoscenza della
impugnazione comunque acquisibile anche diversamente da parte della
segreteria della Commissione Tributaria Provinciale. Il che rende più
oneroso senza ragione il ricorso alla giustizia tributaria; donde la
violazione dell’art. 24 della Costituzione.
Per le argomentazioni esposte questa Commissione Tributaria Regionale
ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale prospettata.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale, Sez. III
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87,
solleva di ufficio perché rilevante e non manifestamente infondata –
per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione – la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, D.Lgs
31.12.1992 n. 546 - come modificato dall’art. dell'art. 3-bis, comma
7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n.
248, limitatamente all’inciso “, a pena d'inammissibilità,”;
sospende il presente giudizio;
ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale
con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al
punto seguente:
dispone che, a cura della segreteria della Commissione, la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del
Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del
Parlamento.
Perugia
26.3.2009 Il
Presidente
(dott. Massimo Zanetti)