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Aquisgrana e Chienti. LA VALENTINEIDE

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Piero F.

unread,
Aug 9, 2005, 3:20:34 PM8/9/05
to
L'ormai lontano 2 aprile 2005, Franco Valentini, presidente del "Comitato
per lo
studio della presenza dei Carolingi in Val di Chienti", scriveva con la
solita iattanza:

> Mi si critica strumentalmente su Illig, ma non si dice niente sul
> Nanselrath come già avevo fatto osservare la volta scorsa.
> Non si dice niente sulle varie "traslazioni", sul Capitolare de Villis,
> niente sui terremoti con scansione appenninica ad Aquisgrana, niente
> sulla prova architettonica di Theodulf, del Notker, del Widukind,
> niente sulla assenza totale di chiese prima del 1000 ad Aachen, niente
> sull'ORNAT dello Jedin , niente sulla tomba di Ottone III ad Aquisgrana
> che ad Aachen non c'è, ma si insiste nella squalifica di Illig per
> ridicolizzare la tesi della Aquisgrana in Italia.
> Si vede che non si hanno argomenti da contrapporre.

Non abbiamo argomenti da contrapporre???
Secondo voi si doveva rispondere al volo, alla montagna di stupidaggini
(spesso basate su particolari di nessun conto) che avete raccolto nel
corso di parecchi anni?
Mi ci sono voluti mesi di analisi delle fonti primarie - e mi chiedo
ancora chi me l'ha fatto fare - per confutare almeno quelle "34 prove
inconfutabili" che vengono elencate nel vostro sito. Ma delle vostre
fantasticherie non se n'è salvata UNA, sono affogate tutte nel ridicolo,
nella falsità, nell'incompetenza e nell'inettitudine dei vostri "studiosi"
d'accatto.

> Anzi un argomento per la verità è stato portato ed è quello
> del vescovo Claudio che faceva su e giù da Torino al Palatium
> di Aquisgrana ed in primavera prendeva le armi per combattere
> sulla costa i Mori e i Saraceni.

Appunto, da qualche parte bisognava pur iniziare. Ed è emerso
immediatamente che per giustificare ciò che non quadrava nella vostra
ridicola "storia", vi siete inventati una sede vescovile mai esistita nel
villaggio rurale di Pieve Torina, che ha il solo torto di avere
un'assonanza con Torino (ma etimologia completamente diversa). Avete
inventato incursioni di Saraceni sulla costa adriatica, in un'epoca in cui
non se n'erano ancora mai visti, e avete pure la faccia tosta di replicare
che i Saraceni non infestavano certamente il Mare del Nord.
Ma che bella scoperta! Secondo voi, se Claudio fosse stato il vescovo di
Torino, e non di Pieve Torina (!!!) avrebbe avuto il compito di proteggere
le coste del Mare del Nord!
Le coste liguri non esistevano ancora, si vede. Il mare Tirreno è stato
inventato dagli storici tedeschi per depistare verso Aachen chi cercava di
localizzare Aquisgrana...
Tutto nasce, secondo voi, da una lettera del vescovo in cui accenna ai
suoi frequenti viaggi ad Aquisgrana, giusto? Ebbene, ciò che ripetete
continuamente sbandierando quella lettera, E' FALSO, un'altra vostra
stupida invenzione! Claudio non ha mai nominato Aquisgrana, diceva di
andare avanti e indietro per le "vias palatinas", e i Palatia che egli
frequentava erano quelli di Pavia e di Marengo, dove risiedeva Lotario I,
re d'Italia. Per altri particolari rimando alla mia confutazione n. 26.

Ma questo era solo l'inizio. VOI non avete avuto argomenti da
contrapporre, VOI vi siete ritirati in un (finto) sdegnato silenzio, e
vorrei ben vedere cosa potevate replicare, a fronte dell'evidenza delle
mistificazioni e falsificazioni che vi venivano contestate.
Prendiamo la faccenda dell'ORNAT dello Jedin, che ci avete sbattuto in
faccia sprezzantemente, credendo di tapparci la bocca. Sì, ci ha lasciato
senza parole, ma perché troppo occupati a ridere! Questa storiella è già
stata oggetto di una mia confutazione (n. 22), ma la ricapitolo
interamente, perché è troppo divertente.

«... per vendicarsi di papa Formoso che li aveva traditi consacrando
Arnolfo di Carinzia, ne dissotterrarono il corpo sepolto omai da dieci
mesi e celebrarono il famoso "processo cadaverico" in S. Pietro dopo
averlo condotto ad Ornat.
Il processo di Ornat è una solida prova in favore della tesi che
colloca Aquisgrana in Val di Chienti. Infatti da Jedin H., "Storia
della Chiesa", IV, Jaca Book, p.131 e 201 si ricava testualmente:
"L'11 settembre 813 da Ornat l'imperatore Carlo Magno si recò
con il figlio Ludovico e i Grandi del Regno nella Cappella di Aquisgrana
e dopo una preghiera in comune lo incoronò con una corona posta
sull'altare e lo fece proclamare dal popolo "imperator et augustus".
A questo punto è lecito il seguente sillogismo: Ornat era in Italia
perché vi fu condotto il cadavere di Papa Formoso. Carlo Magno incoronò
suo figlio nella Cappella di Aquisgrana, posta nei pressi di Ornat
probabilmente l'attuale Acquaviva Picena). Ergo Aquisgrana era in
Italia.»

E poi chiedete cosa abbiamo da dire sull'Ornat dello Jedin? Abbiamo da
dire che una risata omerica è partita dall'Europa ed è stata udita perfino
in Nuova Zelanda!
Nel libro dello Jedin (che ne è però il curatore, l'autore del saggio in
questione è Eugen Ewig), si legge: "Am 11. September 813 begab sich der
Kaiser im Ornat ... in die Aachener Kapelle." Ora, non occorre avere una
laurea in lingua e letteratura tedesca per sapere cosa significa IM ORNAT.
Non si tratta di una località, né di stato in luogo o moto a luogo che la
riguardi. Significa semplicemente "in pompa magna", essere paludato in
abiti sontuosi e rappresentativi.
E che c'entra invece il tedesco col processo a papa Formoso? La fonte
primaria di quel processo è l'Antapodosis di Liutprando di Cremona, il
quale scrive IN LATINO le seguenti parole: "Formosus e sepulcro extrahere
atque in sedem Romani pontificatus *sacerdotalibus vestimentis indutum*
collocare praecepit." E poi aggiunge: "His expletis, sacratis mox exutum
vestimentis digitisque tribus abscissis, in TIBERIM iactare praecipit".
Dove sarebbe questa menzione di Ornat, ove il cadavere sarebbe stato
condotto, e ove si sarebbe svolto il processo??? Semplice, in una
traduzione tedesca, dove si può leggere che "den toten Pontifex zu
exhumieren und ihn im Ornat vorzuführen"!
Dove, naturalmente, "im Ornat" traduce il latino "sacerdotalibus
vestimentis indutum". Ma no, per voi si tratta di una "gita" fatta fare al
cadavere in qualche salubre località chiamata Ornat, probabilmente
Acquaviva Picena (perchè poi quella? Boh). Ma dico io, posso anche capire
la tremenda cantonata di Ornat, ma per voi che significato avrebbe
riesumare un cadavere, condurlo da Roma in un posto qualsiasi al di là
degli Appennini, per poi riportarlo indietro e processarlo in S. Pietro?!
Non fu processato in S. Pietro a Roma, forse, visto che parlate di
"processo di Ornat"?!? Ma se subito dopo scrivete il contrario!
("celebrarono il famoso "processo cadaverico" in S. Pietro dopo averlo
condotto ad Ornat"). O forse c'era una chiesa di S.Pietro anche ad
"Ornat", con tanto di soglio papale ("in sedem Romani pontificatus")? E
il fiume dove fu poi gettato il cadavere, era un altro Tevere che scorreva
un tempo nel Piceno? E poi ci chiedete se questa o quella interpretazione
della storiografia ufficiale ci sembra logica... Ma vi rendete conto delle
bestialità che dite VOI, proprio nel campo della logica?!?
E non vi basta essere così sconsolatamente incapaci di comprendere ciò che
leggete (in qualsiasi lingua, tedesco o latino è lo stesso), avete anche
la pretesa di raccontare questa barzelletta agli stessi tedeschi, dato che
nella versione in tedesco del sito scrivete «Ludwig der Fromme wurde in
Aquisgrana zum König gekrönt, nicht weit von Ornat. Der Prozess gegen
Papst Formosus wurde 897 in Ornat, bestimmt in Italien, geführt. Also
waren sowohl Ornat als Aquisgrana in Italien.»
Ma avete idea dell'effetto esilarante che ha questa frase su chiunque
conosca appena il tedesco?!? Ma come potete mostrare ancora la faccia,
dopo averla persa in questo modo ignominioso? E andate cercando anche le
*prove* che Acquaviva Picena (!!!) fosse chiamata "Ornat" nel medioevo!
Cercate, cercate, forse troverete anche il Paese dei Balocchi!

Andiamo pure avanti.
Non diciamo niente sulle "traslazioni", eh? Ciò che avevamo da dire
l'avevamo detto subito, ma non avete voluto capirlo...
> Non posso nemmeno credere che, come afferma il prof.
> Enzensberger, la Traslatio del corpo di Carlo sia avvenuta
> nell'ambito della chiesa stessa, da una parte all'altra.
> E che bisogno c'era di dirlo, meno ancora capisco che
> qualcuno abbia scritto dei volumi su questo fatto così poco
> significativo. A mio avviso se c'è stata una "traslatio",
> c'è stato di fatto un trasferimento da Aquisgrana ad
> altra destinazione che per me rimane Aachen.
> Altrimenti perchè l'anno prima Carlo sarebbe stato
> proclamato santo se non per fargli intraprendere un viaggio
> importante ?
> Nel Medioevo solamente i corpi dei santi potevano
> essere trasportati. Era proibito per le salme delle persone
> normali. E c'è pure da aggiungere che le fonti affermano che
> a proclamarlo santo ad Aquisgrana fu l'antipapa (nominato
> dal Barbarossa) Pasquale III che è documentato non mise
> mai piede in Germania.
> Per accomodarla si dice che è stato l'arcivescovo di Colonia
> Rinaldo di Dassel a santificarlo su mandato dell'antipapa. Non
> mi pare un modo serio di fare la storia.

Nel medioevo solo i corpi dei santi potevano essere trasportati?!?
Affermate questo, e poi nella vostra demenziale storiella di Ornat avete
fatto fare perfino un giro turistico alla salma di Formoso! Ma, anche al
di là delle vostre stravaganze, sapete quanti papi e vescovi hanno
cambiato l'ultima dimora, senza essere per niente santi?
Quanto ai santi, Santa Rosa, morta nel 1251 a Viterbo, fu traslata DUE
VOLTE, prima dalla nuda terra alla chiesa di S.Maria del Poggio (1252) e
poi da qui al monastero delle Clarisse (1257). Però fu canonizzata solo
due secoli più avanti! Perché insistete tanto nel fare queste affermazioni
stolte e così facilmente confutabili?
Chiarito che la canonizzazione di Carlo Magno non aveva affatto lo scopo
di fargli "intraprendere un viaggio", prendiamo atto della vostra
ostinazione nel pretendere che la *translatio* (che significa solo
"spostamento") debba intendersi dall'Italia alla Germania, piuttosto che
da un punto all'altro della Cappella Palatina.
La vostra tesi è che il giorno di Natale 1165 il Barbarossa celebrò la
beatificazione di Carlo Magno, in presenza del papa ma in assenza della
salma (tenuta nascosta), e che un anno dopo, il 29 dicembre 1166, la salma
venne portata in Germania, ad Aachen, e lì tumulata (ma non subito, perché
la Cappella che ora la contiene, fu costruita più tardi, proprio per
volontà del Barbarossa).
Ho dedicato a questo argomento le confutazioni n. 1 e n. 18, perciò mi
limito a riassumere i punti salienti.
1) Non è il prof. Enzensberger, ma la Chronica Regia Coloniensis a dire
chiaramente che (29 dicembre 1165) il corpo di Carlo venne estratto da un
sarcofago, mostrato alla folla in tripudio, e poi risepolto nel punto dove
si trova ancora oggi. La cronaca dell'anno 1166, che iniziava il giorno di
Natale (del 1165, per il nostro calendario!) così riporta:
«cum tripudio cleri ac populi extulit de sarcophago ossa karoli Magni
imperatoris, ubi sepultus quieverat annis 352, et quedam regalia xenia in
vasis aureis et palliis sericis tam imperator quam regina eidem
contulerunt ecclesiae».
2) Il diploma rilasciato da Federico Barbarossa nell'occasione (datato 8
gennaio 1166), dice altrettanto chiaramente che la cerimonia si svolse il
29 dicembre 1165 (IIII kal.ianuarii), ma non dice che vi presenziò il
papa: dopo aver nominato sè stesso, la moglie e i figli, dice «cum magna
frequentia principum et copiosa multitudine cleri et populi» Se ci fosse
stato il papa Pasquale III l'avrebbe menzionato, non vi sembra LOGICO,
questo? Invece accenna al consenso dato *precedentemente* dal papa alla
canonizzazione di Carlo Magno: «inducti assensu et auctoritate domini pape
Paschalis et ex consilio principum universorum tam secularium quam
aecclesiasticorum».
3) Gli Annales Aquenses per l'anno 1166 riportano «Facta est translatio
sanctissimi Karoli imperatoris 5. die post natale Domini», e se non sapete
leggere le date, non è colpa degli storici "di parte". Poiché l'anno
iniziava col Natale, il 5° giorno successivo corrisponde ancora al 29
dicembre 1165, la stessa data riportata in tutte le altre fonti! Il 29
dicembre 1166, data della vostra fantomatica traslazione dal Piceno alla
Germania, l'imperatore era a Brescia, bloccato dalla neve col suo
esercito, e non avrebbe raggiunto il Piceno che nella tarda primavera del
1167. Secondo voi la salma di Carlo Magno se la fece a piedi dalle Marche
fino in Germania?
4) Che a voi sembri insignificante una traslazione nell'ambito della
stessa chiesa, lascia il tempo che trova. Testimonia solo la vostra
insipienza. Non sono stati scritti *volumi* su questo fatto, ma è
certamente menzionato in tutti i libri, anche solo per la gran pompa della
cerimonia voluta da Federico Barbarossa. Tutte le traslazioni di questo
tipo sono state registrate storicamente (ne volete una a caso? quella del
vescovo Atto di Pistoia, dal battistero alla cattedrale di fronte, con
cerimonia solenne e lapide commemorativa con bassorilievo).
5) Il diploma dice chiaramente "con l'assenso e per l'autorità del papa".
Il processo di canonizzazione di Carlo Magno è riconosciuto tuttora dalla
Chiesa cattolica, nonostante sia stato presieduto da un antipapa: caso
tuttora unico nella storia.
L'arcivescovo Rainaldo officiò semplicemente la cerimonia, quale titolare
della diocesi di Colonia, dalla quale Aquisgrana dipendeva. Sostenere che,
per gli storici, Rainaldo "santificò" Carlo Magno sostituendosi al papa, è
una menzogna degna dei vostri metodi, e fin qui passi: ma sentire VOI
parlare di "metodo poco serio", o addirittura di "inventarsi la storia"
(parole di Carnevale) è una bestemmia inaccettabile.
Vi siete inventati di tutto e di più, avete mentito spudoratamente, avete
ignorato le PROVE contro la vostra tesi, fornite dalle stesse fonti che
dite di aver consultato: e ci venite a parlare di MODO SERIO ?!?
E' seria, per esempio, l'affermazione «è documentato che Pasquale III non
mise mai piede in Germania»? E di grazia, in cosa consiste questa
"documentazione"? Come si documenta dove uno NON è stato? O storici dei
miei stivali, un metodo SERIO pretende si dica "non è documentato che si
sia recato qualche volta in Germania", che non è proprio la stessa cosa!

Non abbiamo niente da dire nemmeno sul Capiturale de villis?
Ne abbiamo talmente tanto, che dovremmo scrivere un libro sull'argomento.
Ma risulterebbe uguale a quelli che già sono stati pubblicati, e allora a
chi servirebbe? A voi no di certo, visto che non avete capito NULLA
leggendo l'originale, e contestate le interpretazioni degli altri (che
sono fior di specialisti, non certamente paragonabili a pasticcioni
presuntuosi come voi!)
> In una valle che è la perfetta scenografia del Capitolare
> de Villis con ancora dopo il mille i Ministeria, le Curtes,
> le Villae, con un prodotto che non poteva non essere nella
> Val di Chienti: "il vino cotto" A livello europeo tradizionalmente
> lo si fa solamente in questa valle.
> Gli storici tedeschi nel ' 800 hanno litigato sul Capitolare,
> perchè il 30% dei prodotti della terra descritti nel Capitolare
> erano mediterranei, il 15% prodotti sub-tropicali, roba che
> non poteva crescere ad Aachen.
> Anche se non viene nominata Aquisgrana vi è descritta la
> corte dei Franchi, il Palatium e la sua organizzazione con al
> punto 6 la descrizione della prelatura che era indipendente
> dal Papato e non poteva che stare ad Aquisgrana.

A tutto ciò ho dedicato la confutazione n. 27. Ma ricapitolo: il vostro
assunto è che il Palatium di cui si parla nel Capitulare sia UNO, e per la
precisione quello di Aquisgrana. E' un postulato FASULLO, Carlo Magno
aveva un Palatium ogni 50 chilometri. Poi, che il territorio descritto
fosse molto ridotto, e composto da poche villae, tutte localizzabili in
Val di Chienti. BUBBOLE, il territorio descritto era vasto almeno quattro
volte le Marche, e Lotario II in seguito enumerò 43 villae comprese in
esso, che avrebbero dovuto contribuire al mantenimento della Cappella di
Aquisgrana, e sono TUTTE localizzate nel raggio di 100 km. da Aachen.
Infine, sostenete che l'organizzazione territoriale in Ministeria, Curtis
e Villae, sia caratteristica esclusiva del Piceno, e dite di appoggiarvi,
a sostegno di ciò, ai lavori di Delio Pacini.
Se fossi in lui, vi denuncerei per diffamazione. NON SCRIVE AFFATTO una
bestialità del genere, in "I ministeria nel territorio di Fermo" egli
ricostruisce l'organizzazione medievale del Piceno, ma sa bene che
Ministeria, Curtis e Villae erano i mattoni fondamentali di TUTTA l'Europa
carolingia e post-carolingia. Nel Piceno, come nel resto del regno
italico, nella Francia e nella Germania.
Non avete capito nulla del Capitulare, e pazienza. Magari, studiando,
potrete rimediare. Ma poi venite fuori con quelle barzellette tipo "il
vino cotto, che a livello europeo tradizionalmente lo si fa solamente in
questa valle", e allora fate ancora una volta sganasciare dalle risate. In
Italia il vincotto è caratteristico di TUTTE le regioni, era decantato
anche dagli autori classici latini, e all'epoca di Carlo Magno si
produceva anche in Grecia, come testimonia il "Liber de vindemiis" di
Burgundio Pisano.
Altre sonore risate provoca l'affermazione che nel Capitulare siano
descritti prodotti sub-tropicali (che, se fossero tali, non sarebbero
comunque coltivabili nelle Marche: non producete mica agrumi, come la
Sicilia!)
Le percentuali che gettate lì sono un bluff, in realtà non avete mai
consultato né le statistiche di agronomia europea, che vi sbugiardano, né
gli studi specifici sul contenuto di quel Capitulare. Essi sono
abbondantissimi, e qui *veramente* si parla di volumi e volumi (quello di
Barbara Fois Ennas, pubblicato da Giuffré, è uno dei più autorevoli);
ebbene questi studi hanno appurato che il Capitulare de villis descrive la
produzione tipica del clima temperato umido, medio e basso Reno, Champagne
e Borgogna.
Non è escluso che tutto ciò possa essere coltivato anche nelle Marche,
naturalmente.
Manca però un prodotto, fondamentale nell'economia dei tempi: L'OLIO DI
OLIVA, ed è significativo il fatto che l'ulivo non sopravvive al di là
delle Alpi (mentre nel Piceno si coltiva eccome, vanno famose certe vostre
olive...)
Non ve n'eravate accorti? Oppure lo sapevate, ma avete *preferito* tacere
sull'argomento? Sinceramente, non saprei dire se siete più in malafede che
incompetenti, oppure il contrario. Certamente siete entrambe le cose,
quale che ne sia la misura.
E lo dimostra proprio il Capitolo VI, che qui citate a sproposito, ma che
contiene la seguente frase: «nisi nostli aut de familia aut de CAPELLA
nostra».
In una certa occasione, commentando un passo di Alcuino (il famoso "novam
cappellam inter vineta"), il vostro geniale Carnevale affermava:
«Utilizzando una tecnica depistante, ecco come sono riusciti a chiarire
quel che era oscuro! Hanno tolto una "p" a cappellam, facendola diventare
capellam cioè capretta.»
Dunque, per Carnevale con due P si intende un luogo di culto, con una sola
si intende invece una capretta. A parte l'inqualificabile accusa (contro
"ignoti") di aver manomesso un testo per cambiarne il significato, vorrei
sapere allora se nel Cap. 6 del "de villis" Carnevale ritiene che si parli
della capretta di famiglia, oppure se anche in quel caso qualcuno abbia
"grattato via" una P.
Credete, è assolutamente sbalorditivo constatare come certa gente, che
orecchia a malapena il latino, abbia la pretesa di riscrivere la storia
citando documenti di cui non comprende né il senso né la lettera!


> E che dire dei terremoti del 803 -814 -823 -829 ?
> Terremoti con scansione appenninica ?

Già, che dire? Semplicemente che, per l'Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, negli anni tra l'800 e l'840 furono registrati, in Italia,
un terremoto con epicentro nel Lazio (801, citato più volte: Carlo Magno
era a Spoleto), e un altro nell'836, epicentro a Pavia.
Tra l'823 e l'858 sono registrati invece 4 terremoti nella zona del Reno e
della Sassonia, stimati di magnitudo 7 e oltre, dall'Historische
Erdbebenkataloge (personalmente credo la stima assai esagerata: terremoti
di quella potenza non lasciano in piedi alcuna costruzione).
La "scansione appenninica" è una graziosa invenzione lessicale; però non
esiste, per i vulcanologi, alcun concetto di questo tipo: i terremoti
vengono quando vogliono, non esistono frequenze "tipiche" di una certa
zona. Certamente, vi sono luoghi dove i terremoti colpiscono comunque con
maggior frequenza rispetto ad altri, ma quattro terremoti in 26 anni
possono avvenire ovunque.
Contrariamente a quanto andate cianciando, Aachen si trova proprio in una
zona sismica (in una faglia chiamata "il Graben del Reno"), frequentemente
interessata da terremoti di una certa intensità. Negli ultimi 40 anni vi
sono stati registrati due eventi di magnitudo superiore al sei, e quattro
di magnitudo compresa tra 3 e 4. Più di quanti siano avvenuti, in quel
lasso di tempo, nella zona del Piceno dove vorreste collocare Aquisgrana.
Per dettagli, si veda la mia confutazione n. 7, oppure consultate un
vostro conoscente di fiducia, Franco Zavatti dell'Università di Bologna.


Vogliamo parlare delle " prove architettoniche". Benissimo, parliamone
pure.
> il punto dirimente di tutta la faccenda è quello che afferma
> Theodulf. Dice una bugia o dice la verità quando proclama
> che ha costruito una "basilicam miri operis, instar eius quae in
> Aquis est constituta" ?

Non dice né una bugia né una verità, dice semplicemente una cosa DIVERSA
da quella che volete far credere voi. E cioè che voleva costruire un'opera
che fosse MIRABILE come la Cappella di Aquisgrana, e non che volesse farne
una copia identica.
«Teodulfo non copiò la Cappella Palatina di Aquisgrana, ma attualizzò le
tradizioni architettoniche della sua patria, la Spagna settimania. In
questo modo creò un edificio altamente originale e inconsueto. Esso rimase
tuttavia un caso isolato, risultato essenzialmente delle scelte personali
di Teodulfo.»
[prof. Beat Brenk, Università di Roma La Sapienza: "Originalità e
innovazione nell'arte medievale", Einaudi]

> Perché la cappella di Germigny è un pilastro portante
> di questa tesi: è l'unica che è documentata come carolingia,
> per cui dovrebbe esser simile alla cappella palatina di Aachen,
> se Aachen fosse l'Aquisgrana carolingia, ma è strutturalmente
> simile a S.Claudio al Chienti. Tra Germigny e S.Claudio la
> somiglianza è nettissima, mentre una somiglianza con Aachen
> è da escludere. Dal confronto risulta evidente che i due edifici
> non hanno nulla in comune, nè nella pianta nè nell'alzato.
> per trovare le gemelle di Germigny, a livello europeo,
> bisogna venire in Italia e più specificamente nel Piceno.
> Ce ne sono quattro: S.Claudio al Chienti, S.Vittore alle Chiuse,
> S.Maria alle Moie, S.Croce dei Conti a Sassoferrato.

Allora tutti gli esperti di architettura medievale del Ministero dei Beni
Culturali, sono degli incompetenti, perché per loro quelle chiese del
Piceno sono state costruite oltre due secoli dopo Germigny, da architetti
di scuola bizantina venuti dal ravennate. E, sempre secondo loro, tranne
S. Claudio e S. Vittore, esse hanno ben poco in comune.
Per ragioni pratiche, ma anche tecniche, nel medioevo non si poteva
proprio pensare di costruire una chiesa identica all'altra, anche se c'era
la volontà di attenersi a un certo modello.
«L'osservatore medievale si aspetta di trovare in una copia solo alcune
parti del prototipo»
[Richard Krautheimer, "Introduzione a un'iconografia dell'architettura
sacra medievale", in Architettura sacra paleocristiana e medievale,
Bollati-Boringhieri]
Ma prendo atto che le somiglianze e le dissimiglianze sono molto
soggettive, e se uno è convinto che il Duomo di Milano assomiglia a quello
di Orvieto, non ci si può fare niente.
Da parte mia, non vedo somiglianze tra S.Claudio e Germigny, più di quante
ne veda tra Germigny ed Aachen. Comunque avete fornito, sul vostro sito,
le piante e le fotografie di tutte le chiese interessate, TRANNE quella di
Aachen... La gente deve credervi sulla parola, quando dite che è
diversissima da tutte le altre. Ma esiste Internet, per fortuna, e i
confronti si possono fare anche a dispetto vostro.

> niente sulla assenza totale di chiese prima del 1000 ad Aachen

Ma ci state prendendo in giro?!? E cosa dovevamo dire in proposito? Avete
forse DIMOSTRATO che non c'erano chiese ad Aachen prima del Mille? E come
potete dimostrare una cosa del genere, se non avete nemmeno un indizio che
l'attuale Duomo sia stato costruito dopo il Mille? Finché tutte le
EVIDENZE confermano che la Cappella Palatina di Carlo Magno è ed è sempre
stata ad Aachen, in quella città c'era una chiesa almeno dall'anno 804.
Ah, già, dimenticavo questa chicca:
> Poi c'è la sorprendente recensione del prof. Nanselrath
> che ha curato la mostra d'arte carolingia nei Musei Vaticani
> nel 2001, che recita:
> "Vi sono crescenti dubbi che sia stato proprio Carlo Magno
> l'ideatore di questa perfetta scenografia di Aachen. E' più
> probabile che essa sia stata realizzata nel periodo ottoniano
> e attribuita a Carlo Magno"
> Ma è possibile che quello che dice il Nanselrath non vi
> faccia sorgere un sia pur minimo dubbio ? Se vi scandalizzate
> su quanto affermiamo noi, altrettanto dovreste per quello che
> dice il Nanselrath.

No, non ci scandalizziamo per quanto dice questo famoso e autorevole
professore (tanto famoso che sbagliate continuamente a scriverne il
nome...), perché Arnold Nesselrath parla di DUBBI, non enuncia "verità
inconfutabili" con sciocca sicumera, e soprattutto non cambia la geografia
e la storia di cinque secoli. Se anche la perfetta scenografia fosse di
età ottoniana, come ipotizza Nesselrath, siamo sempre prima del Mille, e
soprattutto la Cappella resta ad Aachen, e non fra le erbacce di un prato
del Piceno.
Carnevale invece vuol datare la costruzione di Aachen negli ultimi decenni
del XII secolo, sotto Federico Barbarossa; e non capisco allora perché
continuate a citare Nesselrath, che vi riderebbe in faccia se gli diceste
una simile corbelleria.

> In definitiva noi siamo arcisicuri di una cosa: che la
> chiesa di Aachen non è quella di Carlo Magno; non
> c'è uno straccio di prova che possa attestare questo,
> se non la tomba di Carlo ivi traslata.

Non c'è nemmeno uno straccio di prova che attesti il contrario, meno che
mai qualcosa (non dico una prova, ma un misero indizio) che la chiesa di
Carlo Magno sia a San Claudio. Possiamo anche comprendere i dubbi di
Nesselrath: non ci sono prove per escludere che, dopo la distruzione ad
opera dei Danesi nell'881, la cappella sia stata rimaneggiata da Ottone I
secondo la "perfetta scenografia" che oggi appare.
Ma noi siamo arcisicuri di una cosa: che Aachen è l'antica Aquisgrana, e
abbiamo CENTINAIA di prove nelle fonti di ogni epoca: la presenza della
tomba di Carlo Magno è solo una di esse, e nemmeno la più importante. Sono
prove che non riuscirete proprio mai a smentire, mentre quelle che portate
a sostegno di S. Claudio sono così ridicole che si confutano da sole.

> Nella Valle ci sono chiese identiche a Germigny. Ma ci credete
> voi a Theodulf ? o pensate sia un bugiardo come si è detto ?

Come si è detto, non pensiamo che LUI sia un bugiardo, pensiamo che VOI
siate bugiardi: perché le chiede "identiche" non sono affatto identiche,
perché non è vero che Theodulf affermò di voler costruire Germigny come
una precisa copia di Aquisgrana, e perché continuate a citare Widukind e
Notker come avessero *descritto* la Cappella di Aquisgrana, e nemmeno
questo è vero.

> La descrizione della Cappella di Aquisgrana fatta
> dal Widukind in occasione dell'incoronazione a "re
> dei romani" di Ottone I nel 936 descrive S.Claudio,
> non Aachen.
> Il Notker dice che sopra la Cappella di Aquisgrana vi
> era un "solarium" che permetteva di girare intorno alla
> cupola. Ad Aachen la cupola prende tutto il vano
> sottostante, non c'è un camminamento intorno alla cupola,
> come ancora oggi si può verificare in una delle chiese gemelle
> di Germigny: S.Vittore alle Chiuse, presso le grotte di Frasassi.

Ah, sì? Widukind descrive San Claudio e non Aachen?
Vediamo allora cosa dice testualmente.
«ab eisdem pontificibus ducitur ad solium, ad quod per
cocleas adscendebatur, et erat inter duas marmoreas
mirae pulchritudinis columpnas constructum, unde ipse
omnes videre et ab omnibus ipse videri posset.»

E avete il coraggio di sostenere che Widukind fa una *precisa
descrizione*? Accenna a un trono, a scale a chiocciola, a colonne
marmoree, e ciò BASTA per identificare una chiesa? Ma voi siete nella
malafede più assoluta. Credete che la gente sia proprio imbecille.
E poi, cosa mancherebbe, ad Aachen? Le "cocleas"? Ci sono. Il "solium"?
C'è. La balconata dalla quale si domina il piano sottostante? C'è anche
quella. Le colonne marmoree di rara bellezza? Quelle ad Aachen ci sono, ma
a San Claudio il marmo ve lo sognate! E', ed è sempre stata, una pieve
rurale, costruita con materiali poveri.

E sentiamo cosa ha da dire il Notker, allora. Ci sono solo due frasi, in
tutte le Gesta Karoli, che accennano alle caratteristiche della cappella:
«mansiones omnium cuiusdam dignitatis hominum, quae ita circa palatium
peritissimi Karoli eius dispositione constructae sunt, ut ipse per
cancellos solarii sui cuncta posset videre.» «ascendentesque in solarium,
quod ambit aedem basilicae»
Notker non dice affatto che il solarium girasse intorno alla cupola o
sulla cupola. Aedes basilicae non significa cupola. Dalla sua descrizione
non si intuisce nulla dell'architettura della basilica, si capisce solo
che c'era un solarium, al quale si accedeva "per cancellos".
Nemmeno questo è sufficiente per distinguere Aquisgrana da qualsiasi altra
chiesa.

> E il Notker ? ( nella sua descrizione della Cappella) si è detto
> che è un bugiardo pure lui. Tutto quello che va contro Aachen
> è tutto bugiardo, è tutto falso. E' questa la realtà.

Tutto quello che va contro Aachen è falso? E certo, trovate argomenti
inconsistenti e ridicoli, poi per forza si rivelano falsi... Se non mi
dovessi preoccupare dei falsi, potrei sostenere perfino che Carlo Magno
era talmente santo, che emanava decreti anche dopo morto!
Ma dire che Notker dice il falso non è nemmeno giusto. Mica aveva la
pretesa di fare lo storico, spulciando documenti o magari facendo ricerche
"sul campo".
Notker non è *un bugiardo*, è un narratore di storie dotato di un ottimo
gusto per l'affabulazione. Non c'è dubbio alcuno, visto che le Gesta
Karoli si compongono di raccontini edificanti, leggende riadattate, e
notizie tratte dalla Vita Karoli di Eginardo.
Certo, io non userei le fiabe dei fratelli Grimm per studiare il medioevo
germanico, ma ognuno ha le sue preferenze...
E, se fossi poco serio come voi, strombazzerei ai quattro venti che Notker
non ha mai messo piede ad Aquisgrana, come avete fatto con l'antipapa
Pasquale. Invece dirò che non abbiamo alcuna testimonianza circa il fatto
che il monaco sangallese abbia lasciato l'abbazia, almeno una volta, per
recarsi in qualche altro posto.
Egli stesso ammette di essersi basato sui racconti di tre monaci per
scrivere le Gesta Karoli.
Ma a voi le fantasie di Notker piacciono, perché lasciano spazio
sufficiente alle VOSTRE fantasie. Così si arriva fatalmente al punto gli
allievi superano il maestro:

> Ed infine si dice che la chiesa di Aachen è stata costruita
> da un certo Odo di Metz, quando le fonti affermano (Notker)
> che la cappella palatina di Aquisgrana fu costruita da
> "maestranze di tutti i paesi al di là del mare reclutate"
> da Carlo Magno, molto probabilmente genti arabo-siriache.

Non è un "si dice", l'attribuzione a Odo di Metz della chiesa di Aachen.
Lo dice una lapide, e lo dice soprattutto Eginardo, in una glossa di suo
pugno, a margine di una copia della Vita Karoli. Carnevale riconosce senza
problemi che Odo fu l'architetto di Aachen, ma ne colloca l'esistenza nel
XII secolo, all'epoca del Barbarossa. Chissà come faceva Eginardo a
conoscerlo...
Ma il punto principale è un altro. E' tanta la vostra devozione per il
"balbulo", che nemmeno state attenti a ciò che scrive. Sì, PROBABILMENTE
ci sarebbero state genti arabo-siriache tra le maestranze, se queste
fossero state reclutate *al di là del mare*. Ma Notker non dice questo.
Dice esattamente IL CONTRARIO: erano reclutate da *omnibus cismarinis
regionibus*.
Ora, tradurre "cismarinis" con "al di là del mare" può essere considerata
una svista, un lapsus che può capitare a chiunque. Non sarà una minuscola
crepa, un invisibile forellino, a invalidare una tesi così complessa e
articolata! Giusto, se non fosse che per quel forellino è stato fatto
passare un oceano intero, se non fosse che ci avete fatto "una capa tanta"
sull'origine araba delle costruzioni carolinge, se non aveste gabellato
per architetto arabo un ambasciatore berbero, se non aveste scritto
«Stabili "mercatus" gestiti da orientali esistevano certamente sul
territorio di Aquisgrana».
Tutte cose per cui NON ESISTE ALCUNA FONTE, ma che vi siete inventati
sulla base del fraintendimento di un'affermazione di Notker, ribadita per
giunta, a ogni piè sospinto, per dar forza alla vostra "teoria".
Qui veramente superate la pur vivace fantasia del monaco di Sangallo,
perché nemmeno lui si sarebbe spinto a immaginare un simile scenario, con
mezza Siria trapiantata alla corte di Carlo Magno!
E adesso che sapete di aver preso un ridicolo abbaglio, e di averci
costruito sopra un enorme castello di stupidaggini, cosa farete? Vi
unirete a coloro che danno del bugiardo a Notker? Direte che qualche
storico tedesco ha raschiato la parola "transmarinis" e ci ha riscritto
sopra "cismarinis"? Un consiglio amichevole: cambiate hobby, sarà meglio
per voi e per tutti...

Anche perché non sono finite qui le figuracce che avete fatto, e che
continuate a fare. Per esempio, dopo averci detto che ignorate di
proposito la storiografia ufficiale, e che ricostruite la storia
direttamente dalle fonti primarie, quando vi abbiamo dimostrato che le
fonti sono false, o le avete travisate, ci avete risposto:
> noi proseguiremo per la nostra strada che
> sicuramente perseguirà la via archeologica
> non perdendoci più in discussioni sterili,
> perché siamo convinti che la storia la si fa
> sicuramente con i documenti, ma non "solo"
> con i documenti.

La competenza di Carnevale in archeologia è altrettanto nulla che in
storia, e la riprova la si ha leggendo la sua "interpretazione" degli
scavi di Urbisaglia. Ho sottoposto ad archeologi professionisti, residenti
nel Piceno, le considerazioni sugli "archi a sesto acuto di origine
sassanide", sugli affreschi del criptoportico, e in generale, la "teoria"
secondo la quale la città sarebbe stata edificata nel IX secolo, sulla
nuda terra, e NON su ruderi di una precedente città romana.
Ecco una risposta. E' di Cristina Mori, di Cingoli, professionista nel
settore dei Beni Culturali:
«Il Prof. Carnevale deve sapere che in uno scavo archeologico emergono
delle successioni stratigrafiche ben precise e, oltre alle strutture,
elementi che datano in maniera "assoluta" tipo epigrafi, monete, bolli...
Una città vive e muta nel corso del tempo... non è statica, e
l'archeologia spesso ripropone fedelmente il susseguirsi dei secoli. In
alcuni siti succede questo: incredibili successioni stratigrafiche
ripropongono quasi per intero la storia del luogo in cui viviamo... dalla
preistoria al rinascimento; la storia non la si può inventare...
Il criptoportico è una struttura costituita da "tre bracci di gallerie
divise in due navate, larghe circa 7 metri (24 piedi), mediante una fila
di pilastri rettangolari disposti in posizione assiale a sorreggere una
serie di arcate a tutto sesto".
Si può ben vedere come le arcate a sesto acuto e gli "archi sassanidi"
siano un'invenzione del Carnevale...
Si parla poi delle pitture parietali che per i caratteri stilistici sono
confrontabili con pitture riferibili al terzo stile pompeiano.
"I dati di scavo, la tecnica edilizia adottata nella costruzione del
complesso (opus vittatum mixtum) oltre all'apporto stilistico desunto dal
ricco apparato decorativo orientano verso una datazione compresa tra il 20
e il 40."
Ma questo Carnevale c'è mai stato ad Urbisaglia? Gli consiglierei una
visita nel mese di giugno, durante la campagna di scavo dell'Università di
Macerata...»

So per certo che siete stati ad Urbisaglia, e che organizzate pure gite
collettive, col Carnevale come "guida". E dunque non è per ignoranza
specifica del sito archeologico, che egli sostiene il contrario di quanto
appare evidente a qualsiasi archeologo, ma è proprio per sua volontà di
ignorare le evidenze, per il suo desiderio infantile di modificare la
realtà onde adattarla alle proprie fantasie.
Ma al di là dell'archeologia, campo per voi proibitivo, dove vi fate
ridere in faccia dagli esperti proprio come dagli storici, è
l'affermazione « la storia la si fa sicuramente con i documenti, ma non
"solo" con i documenti», che ci trova parzialmente consenzienti.
Le fonti sono troppo spesso inaffidabili, o comunque discordi tra loro.
L'abbiamo sempre sostenuto, anche quando cantavate il ritornello
«sull'argomento che state trattando dovrebbero essere le fonti a parlare.»
E allora, come si fa la storia, a parte i documenti? Sicuramente non con
la vostra sfrenata fantasia, ma con l'aiuto di altre discipline, delle
quali però siete completamente a digiuno. Una di queste è la filologia,
cioè quella branca della linguistica che permette di individuare il modo
in cui si scriveva in un certo periodo temporale. E, soprattutto, il modo
in cui le parole si trasformano morfologicamente.
Avete fatto scempio di questa disciplina, inventandovi etimologie assurde
sulla base di vaghe assonanze. Risulta perciò veramente INSULTANTE, perché
pronunciata da autentici analfabeti in filologia, una siffatta invettiva:

> Se c'è qualcuno che ha "truffato" in questa
> storia è proprio la storiografia ufficiale quando
> tenta di inventarsi i toponimi ad orecchio

La storiografia si inventa i toponimi?!? Ma se Carnevale si è inventato
cose da far cadere in deliquio qualsiasi linguista! Propone un toponimo
Berta come sostitutivo di Berna, scrive che Niumaga, documentatissima
città romana nella Belgica (è la Nimega olandese), "oggi si chiama
Numana", nel Conero. Ma se Numana si è sempre chiamata così, da 3000 anni!
Carnevale sì che va "a orecchio", ma è stonato come una campana incrinata!
Lasciando da parte la conoscenza della storia e quella della geografia,
come si fa dal puro punto di vista linguistico a supporre una corruzione
di NA in TA, o di GA in NA?
E poi ve ne venite con una storiografia che inventa i toponimi a orecchio?
Questa affermazione meriterebbe altre risate cosmiche, ma è fin troppo
assurda e impudente, e così infastidisce più di quanto diverta.
Si veda la mia confutazione n. 28 per una breve serie di esempi
dell'orecchio "duro" di Carnevale, qui invece andrò in fondo a questa
storia che riguarda Civitanova.

> come è il caso di "Novana" , un'antica città romana sulla Val
> di Chienti che oggi corrisponde a Civitanova nelle Marche.
> Sui documenti medievali è detta "civitas quae Novà vocatur",
> (nel "Liber Jurium di Fermo codice 1030 f 33" Pacini) la città
> che si chiama Novà.

Ma nemmeno la storia della vostra città, conoscete? E vorreste cambiare
quella del mondo?!? Ma quale antica città romana, quale Novana, quella lì
si chiamava Cluana. La "civitas nova" era detta così perchè gli abitanti
di Cluana, dopo aver abbandonato la città devastata dalla guerra gotica,
si erano rifugiati nel Vicus Cluentensis, che poco a poco da "vicus"
divenne una nuova città. E' una storia comune a tante cittadine delle
nostre regioni adriatiche, nulla di speciale. Ma la prima menzione
conosciuta di una Civitas Nova nel Piceno risale a un documento del 1009,
e Ottone III era già morto.
E perché "Novà"? L'accento sulla A (in latino!!!) ce l'avete messo per
mascherare il significato di NUOVA, e far credere ai gonzi che si
trattasse di un'importante città di antica origine chiamata Novà, anziché
un insediamento recente privo di qualsiasi importanza.

> Quando l'imperatore Ottone III mori a Paterno, in Italia,
> le fonti dicono che il corpo prima fu trasportato a Novà
> e poi nella cappella palatina di Aquisgrana per esservi
> sepolto "ante altare".

Per prima cosa dovete specificare cos'è Paterno, secondo voi. Tutti sanno
che il castello di Paterno, dove Ottone morì nel gennaio del 1002, si
trova presso Civita Castellana, nel viterbese. Proprio sulla strada che da
Todi (dove Ottone trascorse il Natale) porta verso Roma (quella dei papi e
dei Cesari, sia chiaro).
Naturalmente per voi Paterno è una località del Piceno. Benissimo, però ce
ne sono ben quattro con questo nome. Una frazioncina di Fabriano, con 50
abitanti; una di Tolentino, un po' più piccola (30 ab.) ma vicinissima ad
Urbisaglia; una località sopra San Severino, e infine un sobborgo di
Ancona. Siccome, quando nominate Paterno, sembrate convinti che il lettore
debba sapere a quale vi riferite, ho immaginato che solo una di queste
località avesse un castello, e ciò ne facesse la sede ideale per la morte
di Ottone. Peccato, però, che NESSUNO dei Paterno nel Piceno abbia mai
avuto un castello, nella propria storia...
Andiamo pure avanti, tanto non risponderete mai.
La Chronica di Thietmar, che dovreste conoscere ormai benissimo, tanto la
citate, dice testualmente: «Deindeque dimissa cum pace magna multitudine
ad civitatem suam [Enrico di Baviera], quae Nova vocatur, corpus cesaris
prosequitur.»
Il che significa che la città in questione era denominata NUOVA (e
certamente non "Novà"), esattamente come tante altre città fondate
ex-novo, in tutta Europa, in quel periodo (compresa Civitanova Marche, ma
anche Cittanova di Calabria). Se non ci fosse una perfetta coerenza nel
tragitto illustrato da Thietmar (coerenza che, naturalmente, voi non
vedete, e preferite infliggere al corpo di Ottone un assurdo giro del
Piceno, della durata di una settimana), se non ci fosse quella, dicevo,
basterebbe la lista delle proprietà di Enrico II, per accertare quale
fosse la SUA "nuova città" in Baviera.

> Poiché per i tedeschi Aquisgrana è sempre stata Aachen, si son
> trovati nella necessità di trasferire questo corpo dall'Italia centrale
> in Germania. Per seppellire Ottone III ad Aachen, la storiografia
> ufficiale ha lavorato di fantasia, rielaborando in forme romanzesche
> i dati storici che sono perfettamente compatibili con Aquisgrana in
> Val di Chienti.

Forme romanzesche??? Ma avete riletto cosa avete scritto VOI, a partire
dal fantomatico agguato di Cancelli?!? Ma secondo voi, che ci faceva a
Todi l'imperatore, che proveniva da Ravenna? Voleva marciare contro Roma
(Urbisaglia, per voi, naturalmente). Ma che senso avrebbero allora i suoi
movimenti, Ravenna-Todi-Somaregia-Cancelli, che portano dritto a Fabriano?
Se siete convinti che voleva andare ad Urbisaglia, perché passare da
Fabriano? Impegni contingenti? E cosa gli impediva di fermarsi
direttamente a Fabriano venendo da Ravenna, anziché passare per Todi? Ma
abbiate un po' di cervello, che diamine!

> Infatti fanno partire un drappello di cavalieri sassoni dal
> centro-Italia con questa mummia issata su un cavallo,
> attraversano l'Italia continuamente attaccati dai romani,
> (non si capisce il perché) attraversano le Alpi e consegnano
> il corpo di Ottone III ad Enrico di Baviera (futuro imperatore
> Enrico II) a Newburg (città nuova), il quale Enrico poi gli da
> sepoltura ad Aachen. Questo si che è il classico "arrampicarsi
> sugli specchi" !!

Se vi piace di più il romanzo che ha scritto Carnevale, pazienza, tutti i
gusti son gusti. Ma questa versione è ESATTAMENTE quella che scrive
Thietmar, e se dite (infatti l'avete proprio detto) che è lacunosa,
confusionaria, imprecisa, allora è inutile che facciate tanto strepito
sull'attenersi alle fonti. Gli storiografi non si sono inventati proprio
niente. Semplicemente conoscono la storia - e la filologia - infinitamente
meglio di voi. Non è colpa di nessuno se NEUBURG (e non NEWBURG,
commistione di inglese e tedesco che rivela fino in fondo la vostra
inadeguatezza) si traduce in latino "civitas quae Nova vocatur",
esattamente come Civitanova. Ma essendo il corteo già passato da Verona
(chiamata Berna, ma non è una novità per chi conosce le fonti germaniche),
e poi da Polling (Pollingun), cosa poteva avere a che fare Civitanova
Marche con questo itinerario?
E se vi sembra inverosimile tanto viaggio per una salma, potete spiegare
come e perché le viscere di Ottone furono portate ad Augusta?!?
L'imperatore muore nel Piceno, viene seppellito nel Piceno, ma prima di
seppellirlo viene mummificato e le viscere portate in Germania, in una
città che per lui non rappresentava niente. Se sembra logico a voi...

> La realtà è che il corpo (mummia) di Ottone III è stato
> sepolto a S.Claudio "ante altare" (come erano usi i sassoni
> seppellire i loro re). Infatti nel 1926, durante lavori di
> ristrutturazione, rimossi ben tre pavimenti, è stata ritrovata
> una mummia con spada e stivali, con capelli biondo-rossicci.
> E' stata esposta per una settimana nella chiesa e poi
> tumulata sotto il pavimento insieme ad altre ossa.
> Lo vogliamo fare un bel DNA (se per caso ritroviamo quel
> cadavere) con le visceri di Ottone III conservate ad Ausburg ?
> Io comincio a lanciare la sfida.

Ma sfidate pure chi vi pare. La realtà è che questa è un'autentica bufala,
della quale mi sono occupato nella confutazione n. 25. Non temo la prova
del DNA, temo piuttosto che non troverete mai più quelle ossa (perché di
"mummia" non poteva trattarsi, altrimenti la vedremmo oggi in una teca,
altro che gettarla in una fossa comune).
Di chiunque fossero quelle ossa, non era un reperto importante, altrimenti
non avrebbe fatto quella fine ingloriosa. E di chiunque fossero, non erano
di Ottone III. Citate una testimonianza secondo la quale attorno al
teschio giacevano capelli lunghissimi ("sembrava una ragazza"!), ma Ottone
III notoriamente portava i capelli corti, all'uso dei greci e dei romani.
Sarei poi curioso di vedere gli stivali usati da Ottone III, evidentemente
un precursore in tal campo. Sono stati salvati almeno quelli, o è andato
tutto nella fossa comune?

Un'altra disciplina fondamentale per lo studio della storia è la
"diplomatica", ma siccome per vostra ammissione non ne capite nulla,
adesso sostenete che la storia non si fa solo coi documenti.
Va bene, però Carnevale ci si balocca ugualmente, prendendo colossali
cantonate perché non è capace di leggerli, e sostenendo che sono "prove" a
favore della sua teoria. E allora dobbiamo andare in fondo anche a questa
faccenda...
> Prendiamo poi i documenti: ne abbiamo presentati 3 e la
> Diplomatica li ha fatti a fettine. Posso capire il primo (dove si dice
> che Carlo passò tutto l'inverno del 801 in Italia......)
> Si è detto che non esiste confronti tra il Kurze e il Balzani o
> Gregorio di Catino. Se io mi dovessi rifare alla mia esperienza
> di esegesi biblica, tenderei a dare più credito ad un signore che
> sta a ridosso degli avvenimenti (un Padre della Chiesa)
> nei confronti di un esegeta moderno

E chi sarebbe il Padre della Chiesa? Gregorio di Catino?!? Oppure il
riferimento ai Padri della Chiesa vale genericamente come testimonianza
più attendibile di avvenimenti storici? Non credo vi rendiate nemmeno
conto dell'enormità delle sciocchezze che dite. I Padri della Chiesa sono
considerati attendibili non certo in materia di storia, bensì di
DOTTRINA! E nemmeno al 100%, giacché il parere della Chiesa è il seguente:
«non in tutto i Padri della Chiesa sono strumenti sicuri delle verità
rivelate. Prescindendo dalle dottrine che rientrano nel dominio della
ragione, pure in ciò che riguarda la fede e la morale molte espressioni e
detti loro valgono solo come punti di passaggio, non già come formulazione
definitiva della dottrina. Più di una volta infatti hanno corretto se
stessi, e, non di rado, solo dopo un severo esame e vivaci dispute sono
giunti a una più esatta esposizione della dottrina tramandata. Quindi,
secondo il detto di S. Agostino, "bisogna pesare le loro voci e non
contarle".»
Prescindendo da questo, Gregorio di Catino scriveva fatti avvenuti secoli
prima, di cui ben poco sapeva, e ai suoi tempi quando non si sapeva si
inventava (proprio come state facendo voi!). A giustificazione degli
antichi, ma non vostra, c'è da dire che ancora non esistevano le ponderose
raccolte di documenti che oggi possiamo consultare comodamente online, o
nelle biblioteche. Quindi, fidarsi di chi scrive "a ridosso degli
avvenimenti" sta benissimo quando l'autore è contemporaneo (pur con
qualche riserva), ma se si tratta di secoli precedenti, o anche solo di
qualche decennio, come nel caso di Liutprando di Cremona, l'attendibilità
scende drasticamente. Occorre confrontare tra loro più fonti, e
soprattutto verificare documenti legali, notarili, diplomi, ecc., e ne
consegue che ne sappiamo molto più noi, OGGI, di Gregorio di Catino.
Certo che con queste convinzioni non ci stupisce più di tanto, che abbiate
fatto strame della storia...
Ma veniamo ai tre documenti per cui lamentate la "disonestà" degli
storici.
Il primo lo avete citato come prova della presenza di Carlo Magno ad
Aquisgrana nel febbraio dell'801, quando si trovava sicuramente in Italia.
Ergo, Aquisgrana era altrettanto sicuramente in Italia. Nella confutazione
n. 17, c'è la dimostrazione (attraverso l'indizione dell'anno) che il
documento è datato 881, e il Carlo che lo emana è Carlo III, "il grosso".
Avete risposto che "potete capire", ed è già un passo avanti...
Ma poi ve ne benite fuori con questa sconcertante lagnanza:
> Di Diplomatica non ne capisco, ma quello che mi
> sconcerta e parlo da uomo della strada, è che gli altri
> due documenti presentati, sono considerati copie (e fin
> qui non ci sarebbe niente di male) ma false.
> Vorrei conoscere quei falsari che, qualche secolo fa, non
> si sa per quale arcana ragione, posizionano Aquisgrana nel
> centro-Italia e in alcuni documenti in nostro possesso
> proprio in Val di Chienti !
> Non li poteva posizionare invece a Corteolona, a
> Pavia ? sarebbe stato molto più logico. Era la capitale d'Italia,
> la capitale di Ludovico II. Capisco un cittadino italico che
> avesse falsato in questo modo per dare lustro alla capitale d'Italia.
> Perchè invece li ha posizionati in una valle che ancora oggi è
> ignorata da tutti, tanto che molti la confondono con la valle del
> Chianti, se non perché questa è la verità ? Non vedo altro criterio
> che quello della verità.

Quindi, secondo voi, i documenti avevano il recondito scopo di collocare
Aquisgrana in un luogo piuttosto che in un altro?!? E se quindi qualcuno
falsificava un documento, lo faceva per attribuire una diversa
collocazione ad Aquisgrana? Assolutamente fantastico!!! Che intelligenza
sopraffina! Intelligentissima anche la conclusione, e cioè che se nei
documenti Aquisgrana è stata posizionata nel Centro Italia, e precisamente
in Val di Chienti, ciò risponde al criterio di "verità", in quanto non ci
sarebbero secondi fini. Giusto, se i documenti venivano emessi per
stabilire dov'era Aquisgrana, quali secondi fini ci sarebbero per metterla
in Val di Chienti?
Ma non vi passa per la mente che nessun falsario, in nessuna epoca,
avrebbe mai potuto immaginare che un giorno qualcuno avrebbe avuto un'idea
così balzana come la vostra, di trapiantare Aquisgrana in una regione così
tranquilla e ai margini della storia, come il Piceno?
Ma credete davvero che il motivo per cui certi documenti sono dichiarati
falsi, consista nel negare la vera ubicazione di Aquisgrana?
No, non possiamo farvi conoscere falsari che ambivano ad "appropriarsi" di
Aquisgrana, ci spiace. Ma possiamo farvi conoscere falsari che ambivano a
farsi riconoscere la proprietà di terre e castelli, che dicevano avute in
donazione in passato da precedenti sovrani, e dunque "fabbricavano" i
relativi documenti.
E tutto ciò che emergerebbe, anche considerando veri quei documenti falsi,
è che in un paio di occasioni gli imperatori carolingi emisero dei diplomi
da Aquisgrana, in anni in cui essi si trovavano in Italia. Ciò deporrebbe
a favore di una generica collocazione di Aquisgrana in Italia, ma a questo
punto OVUNQUE, anche a Pavia o a Corteolona, e la sicura ubicazione nel
centro della penisola, o addirittura in Val di Chienti, è frutto della
vostra fervida fantasia.
Comunque, i documenti sono stati falsificati per ALTRI motivi, ben più
concreti e venali dello sciocco campanilismo per l'ubicazione di
Aquisgrana.
Ma a voi solo quello interessa, evidentemente, perché siete stati capaci
di scrivere corbellerie come queste:
> Chi conosce la fonte di questo documento sa però che
> manca qualcosa e quel qualcosa è che il 2 aprile 866
> Ludovico (II) scendendo da Ravenna e diretto verso
> Pescara si ferma ad "Aquisgrani Palatio Regio", identificato
> subito dal Boemer con Aachen, poi accortosi
> dell'assurdità, specifica che si tratta di un falso !
> Altro commento illuminante del Bohmer è quello di
> Carlo III il Grosso che il 15 febbraio 881 è a Roma,
> il 26 febbraio è ad "Aquis Palatii", (impropriamente
> indicato dal Bohmer con Aachen anche questa volta),
> quindi a Piacenza e poi il 6 marzo a Trento. Anche
> questo secondo documento per il Bohmer è un falso
>. Ha pensato giustamente che non si può ragionevolmente
> arrivare in 11 giorni in pieno inverno da Roma ad Aachen;
> minimo ce ne sarebbero voluti 40 ! Ammesso che fosse
> stato possibile valicare le Alpi !

In pieno inverno si transitavano molti passi, in quell'epoca, e
soprattutto attraverso il Moncenisio i Franchi andavano e venivano
tranquillamente in tutte le stagioni. Liutprando di Cremona (Antapodosis,
II, 64) ci riferisce che nel 922 il re di Borgogna Rodolfo II vi passò con
tutto l'esercito, in pieno gennaio, per impadronirsi del trono d'Italia.
Ma ciò è un dettaglio insignificante. Il fatto è che con queste insulse
lagnanze fornite l'ennesima prova della vostra disonestà intellettuale.
Prima di tutto, pur ammettendo che di diplomatica non ne capite, vi
permettete di attribuire ad altri (Böhmer), gli stessi ragionamenti
puerili che fareste voi. Sono tante le ragioni per cui il documento di
Ludovico II, datato 866, è stato dichiarato falso, e il fatto che sia
apparentemente emesso da Aquisgrana è solo un indizio. Così come è un
indizio la datazione "povera", dove non viene menzionato l'anno, ma solo
l'indizione. Non è la prassi della cancelleria di Aquisgrana, che d'altra
parte non emise mai altri diplomi di Ludovico II.
Ma poco importa: ciò che veramente conta, è che il documento contiene
vistosi anacronismi, facendo riferimento a luoghi e persone POSTERIORI a
Ludovico II. Più falso di così, si muore!
Quanto al secondo documento, è sempre lo stesso che avete tentato di
gabellare come diploma di Carlo Magno dell'801! Ma con quale coraggio, con
quale faccia tosta, citate lo stesso documento, prima come "prova" della
presenza di Carlo Magno ad Aquisgrana nell'801, e poi della presenza di
Carlo il Grosso nell'881 ???
Pazienza se per l'801 si trattasse solo di una svista, per quanto
grossolana e squalificante, ma se sapevate che era di Carlo III, allora
questa è pura DISONESTA', senza alcuna attenuante!
Comunque la vostra ironia sui procedimenti di Böhmer ve la dovete
rimangiare ancora una volta, perché anche qui i motivi della falsità vanno
al di là dell'impossibilità di essere ad Aquisgrana in quel periodo. Si
tratta, ovviamente, di cessione di terre e benefici vari all'abbazia di
Farfa, ma i furbi monaci che, molto dopo la morte di Carlo il Grosso,
confezionarono il documento, hanno lasciato tracce della contraffazione,
sia nell'intitolazione che nella data. Siccome di diplomatica non ne
capite, non starò a dilungarmi. Questo è il "datum" di quel documento:
Data IIII kal. mar. anno Christo propitio imperii domni Karoli perpetui
augusti anno I unctionis suae, indictione XIIII; actum Aquis Palatii; in
dei nomine feliciter amen.
"Aquis Palatii" non era mai usato nei documenti ufficiali, in data era
sempre "Aquisgrani Palatio (regio)". Confrontate pure altre emissioni di
quella cancelleria, se ne trovate una compatibile con questa, fate un
fischio.

Dunque, vi chiedete come mai, quando trovate un documento che proverebbe
l'ubicazione picena di Aquisgrana attraverso la presenza del suo autore in
Italia, esso risulta sempre falso. A parte il fatto che non proverebbe
comunque nulla riguardo al Piceno, di tali documenti ne avete portati DUE
di numero (e avete cercato truffaldinamente di farli credere tre), perciò
non mi sembra il caso di lagnarsi per una "persecuzione". Non avete
parlato mai, invece, delle altre decine di documenti falsi, apparentemente
emessi da Aquisgrana, che non prendete in considerazione perché gli
imperatori non erano in Italia in quegli anni, ma che sono stati
ugualmente smascherati dai diplomatisti, e non certo per far dispetto a
voi.
Inoltre ce ne sono altrettanti VERI, dei quali parimenti non vi curate.
Essi provano la presenza ad Aquisgrana degli imperatori, in periodi in cui
essi NON ERANO IN ITALIA. Poco male, avranno fatto "una scappata" per
firmare un documento, e poi saranno tornati in Germania. Insomma, a voi
sembra assurdo (e in verità lo è) che un personaggio che si trovava in
Italia, facesse un viaggio fino ad Aachen per emettere un diploma, e poi
tornasse qui a continuare quello che stava facendo. Ma non vi sembra
assurdo il contrario, a quanto pare.
Per esempio, dov'era Lotario I nell'833 ? Il 17 aprile emana un diploma da
Pavia, poi il 7 ottobre da Soissons, il 9 dicembre da Aquisgrana (actum
AQUISGRANI palatio regio), e il 18 dicembre da Magonza. In nove giorni è
andato e tornato dal Piceno?
Se dipendesse da voi, visto come ragionate (e come CREDETE che ragionino
gli altri) il diploma del 9 dicembre 833 sarebbe un falso. Ma non lo è,
viene conservato ad Arezzo e ha passato tutte le analisi dei diplomatisti.
Se fosse falso, lo avrebbero riconosciuto senza remore, come per tanti
altri documenti, indipendentemente dal fatto che è una prova
inequivocabile della vicinanza tra Aquisgrana e Magonza.

Ma perché sempre Aquisgrana, quando c'è di mezzo un falso? Non è
certamente per caso che veniva scelta la sede degli imperatori come luogo
di emissione. I falsari non potevano sapere dove si trovavano, in una
certa data, i sovrani cui intendevano attribuire i documenti fasulli. Ma
ad Aquisgrana sicuramente c'erano stati, prima o poi, e dunque era
credibile che da lì avessero emesso leggi e diplomi. Come ho già detto,
non c'era molta diffusione delle notizie storiche, e si riteneva che
nessuno potesse controllare gli spostamenti effettivi degli imperatori. Av
evano ragione, ma non potevano sapere che un giorno i posteri avrebbero
potuto farlo...
Ci sono falsi anche molto grossolani, tipo documenti emessi da regnanti
che erano già morti a quella data. Ne ho trovato uno del re franco
Dagoberto I, datato 16 aprile 640: era morto il 19 gennaio 639!
Sempre in età merovingica, c'è un diploma attribuito a Sigeberto II, che è
così datato:
Data Aquisgrani, Idibus Maii, anno dominicae incarnationis 653
Sigisbertus Francorum rex; Cumbertus archiepiscopus Coloniensis; Ramaclus
episcopus Traiectensis; Martinus dux Austriae Mosellnicae ac Moselant.

Il documento è palesemente falso, e LO SO. Non solo perché è pubblicato
nella "diplomatica spuria" dei MGH, ma perché Aquisgrana all'epoca era
solo una "villa" nelle terre della famiglia Pipinide, perché Colonia non
era ancora un'archidiocesi, e perché quel sistema di datazione è un
anacronismo.
Ma lo cito perché chiarisce il meccanismo per cui Aquisgrana è sempre al
centro di queste vicende di documenti falsi. I falsari in questione, molto
probabilmente di età carolingia, erano talmente ignoranti da non sapere
nulla delle origini di Aquisgrana come sede regale, e presumevano che
anche i merovingi vi avessero il loro Palatium oltre un secolo prima di
Carlo Magno. E lo cito perché dimostra la stupida vanità di affidarsi
ciecamente ai documenti, ignorando (o peggio, canzonando come fate voi)
gli studi dei diplomatisti.
Infatti, se io fossi disonesto quanto voi, ve l'avrei sbattuto sotto il
naso, quale prova che Aquisgrana era frequentata dai re merovingi molto
prima che nascesse la "vostra Aquisgrana" nel Piceno (sempreché non
sosteniate che pure loro venivano a passare le vacanze in Italia...)
Comunque non ho bisogno di documenti falsi per dimostrare la balordaggine
della vostra teoria: mi bastano e avanzano le centinaia di prove vere che
ho raccolto.

Le "prove" che portate voi sono invece tutte fasulle, ottenute traducendo
dal latino con svarioni imperdonabili (è il caso di "cismarinis"), oppure
con truffaldina volontà di alterare il significato: ed è il caso del brano
di Pier Damiani, «ex phiscali possessione in Firmensis monarchiae partibus
reconpensavit» che significa "parti dei possedimenti fiscali monarchici
nel Fermano" ma dal quale avete estratto un nominativo *firmensis
monarchia* per spacciare la bufala che quella di Ottone III si chiamasse
MONARCHIA DI FERMO, e avesse il suo centro nel Piceno.
Non mi convincerete mai che si è trattato di una svista. Con questa
locuzione rimaneggiata, da voi ripetuta fino alla nausea in ogni occasione
(e che esiste solo in quel testo e in quella forma, lo sapete benissimo),
avete sbandierato di possedere le PROVE di quante affermate. Questa è una
vera e propria TRUFFA, cosciente e volontaria.
La seguente è un po' meno grave, vi lascio il beneficio del dubbio se si
tratti di ignoranza o malafede:
> Altro punto toccato è quello del direttore spirituale
> di Carlo. Qui di seguito riporto un pezzo di latino
> medievale dalla Cronaca Veneziana del diacono
> Giovanni per riaffermare che Carlo aveva il padre
> spirituale in Italia e che perse il posto perché andava
> troppo spesso in Francia:
>" Karolus imperator spiritalem patrem eum habere
> optaret....Fortunatus quidam patriarcha,
> cum non dedule in sua vellet, megere sede, sed
> contra Veneticorum voluntatem sepissime Franciam
> repeteba...pepulerunt illum a sede et in loco eius
> ordinaverunt Johannem".
> Il Patriarca di Grado Fortunato non divenne mai
> Patriarca di Venezia perché andava troppo spesso
> ad Aquisgrana in Francia a curare l'anima di Carlo
> e i Veneti lo cacciarono e misero al suo posto Giovanni !

L'ignoranza è comunque certificata dall'affermazione che Fortunato non
divenne mai Patriarca di Venezia, carica che venne istituita nel 1451,
proprio trasferendo la sede di Grado nella Serenissima! Ma è certificata
anche dall'accenno alla "cura dell'anima di Carlo, ad Aquisgrana". Se
invece di estrapolare frasi dal contesto, leggeste veramente le cronache
dell'epoca, e cercaste di capirle, vedreste che si trattava di una
questione politica, altro che "cura dell'anima".
Non è il caso di ricapitolare qui le intricate vicende di Venezia e dei
due patriarcati rivali, di Grado e di Aquileia, già oggetto di un mio
saggio specifico. Basti sapere che il decennio 800-810 vide una continua
conflittualità tra Venezia e i Franchi, dato che questi ultimi ambivano a
strappare i possedimenti lagunari all'influenza bizantina, per unirli al
regno d'Italia, di cui Pipino era titolare. Il pretesto fu un dissidio
nato tra i dogi e i patriarchi di Grado: Fortunato, minacciato dai
Veneziani, si rifugiò a Selz, dove si stava tenendo un placito imperiale,
e richiese la protezione dei Franchi. Carlo Magno colse al volo
l'occasione, e prese sotto la sua protezione Fortunato, nominandolo suo
consigliere spirituale, inviandogli il Pallio (803), e concedendo
esenzioni fiscali al patriarcato, più altri benefici. Ciò avrebbe dovuto
mantenere in soggezione i Veneziani; tuttavia essi si ribellarono
all'ingerenza franca, iniziando una guerriglia che ebbe fine solo
nell'810, alla morte di Pipino. Nel momento di maggior pericolo, Fortunato
fuggì in Francia (non si precisa dove), e fu dichiarato decaduto dai
Veneziani, che nominarono al suo posto Giovanni, abate di Sant'Ilario. Il
pretesto descritto in cronaca è giusto un pretesto: se Fortunato non fosse
fuggito in Francia, "contro la volontà dei Veneziani", costoro gli
avrebbero fatto fare la fine del suo predecessore, gettato nel vuoto dalla
sommità di una torre.
La Cronaca Veneziana di Andrea Dandolo specifica però che Carlo Magno
ricompensò Fortunato della perdita di Grado, nominandolo vescovo di Pola,
e che nell'818 «essendosi poscia il Patriarca pacificato co' Veneziani,
l'Abbate Giovanni era ritornato al suo Monastero, finché (...) avendo
tenuto il luogo di Sant'Ilario portossi ad abitar in esso con la compagnia
de' suoi Monaci.»
Fortunato riprese perciò il titolo di Patriarca, che tenne fino alla morte
(825). E' considerato uno dei più grandi Patriarchi nella storia di Grado.
Ignoravate tutto ciò? Allora non vi potete permettere di trarre
conclusioni da una singola frase fuori contesto. Lo sapevate, invece?
Allora siete in malafede, e state tentando di ingannare il prossimo con
una "storia" fasulla.

Così come fasulla, fantasiosa e ridicola è la vostra storia dell'invasione
pacifica dei Franchi nel Piceno, alla quale ho dedicato la lunghissima
confutazione n. 30.

> la nostra tesi sul come si è arrivati a popolare queste zone
> da parte dei Franchi: guerra gotico-bizantina, abbazia di
> Farfa, vescovado di Fermo, profughi dall'Aquitania e l'esilio
> di Carlo Martello.
> Nella "guerra gotico-bizantina" di Procopio da Cesarea
> si dice che i Goti si lamentavano che dove si liberavano i
> loro insediamenti nel Piceno, a causa della guerra, questi
> venivano subito occupati dai Franchi.

Non è vero. Procopio non ha mai scritto questo. Ha scritto che i Franchi
(o meglio gli Alamanni con qualche elemento Franco, ma Procopio non era
capace di distinguerli) tentavano di impadronirsi dell'Italia,
approfittando delle difficoltà degli Ostrogoti, soccombenti contro i
Bizantini. Ma non vi riuscirono mai, perché i Bizantini di Narsete li
sterminarono, e questo è un FATTO indiscutibile. E nemmeno potete
ipotizzare che parte dei Franchi sconfitti rimasero nel Piceno,
insediandovisi, perché è noto che dopo la disastrosa sconfitta presso
Fano, gli invasori tentarono di fuggire verso il Brennero, ma furono
annientati da una terribile pestilenza prima ancora di raggiungere il
passo.

> Poi c'è la fondazione dell'abbazia di Farfa nel 685 da
> parte del franco Tommaso di Morienna e per 150 anni
> ebbe abati franchi. Marciano, compagno di Tommaso
> divenne vescovo di Fermo.

Tommaso di Morienna non era un Franco. Era un Gallo-romano nato in Moriana
(Burgundia), e forse fuggito proprio dalla dominazione dei Franchi.
L'abbazia di Farfa in quel periodo ebbe abati di tutte le origini: uno dei
più famosi, Probatus, era un Sabino. Quella degli abati sempre Franchi è
una leggenda diffusa, ma facilmente confutabile, e il fatto che voi la
citiate come "prova", dà la misura della vostra competenza.
Quanto a Marciano, nemmeno questi era un Franco (ma guardateli, questi
nomi!), e non siete in grado di stabilire se il compagno di Tommaso a
Gerusalemme è lo stesso Marciano che figura tra i vescovi di Fermo. E
anche qualora lo fosse, che significato avrebbe un vescovo di Fermo
proveniente dall'abbazia di Farfa? Nessuno. Il vescovo di Fermo contava,
nell'VIII secolo, quanto il due di bastoni a briscola.

> Quando ci fu l'invasione dell'Aquitania da parte dei
> Mori di Spagna, una parte dei profughi franchi venne
> in Italia (l'Imperiale Abbazia di Farfa, Schuster cardinale)
> e molto probabilmente si insediò nel Piceno nelle valli
> (tra cui quella del Chienti) tra la Fermo longobarda e la
> Osimo bizantina. Valli, come già detto ("Il Piceno è un
> deserto" Procopio da Cesarea) spopolate in seguito alla
> guerra gotico-bizantina, e qui venne pure esiliato in
> quel tempo Carlo Martello. ( "Sub custodia ad Aquas
> Grani" A.Hausmann, Aachen, Residenz der Karolinger,
> Mayer Verlag. Aachen 1995. p. 90 )

Non ci fu proprio nessun profugo dall'Aquitania; gli Aquitani non erano
Franchi e anzi li odiavano, e la regione venne invasa dagli Arabi solo nel
732 (quando furono poi fermati a Poitiers): le invasioni precedenti
riguardano la Septimania dei Visigoti, e la Provenza dei franco-burgundi.
Citare il cardinale Schüster è uno dei vostri soliti bluff. Egli scrisse
nel suo libro che l'abbazia di Farfa passò sotto il controllo dei Franchi
DOPO la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno.
Procopio scrisse che il Piceno era un deserto, e ne aveva ben donde. I
suoi bizantini avevano contribuito a renderlo tale. Ma si ripopolò
lentamente, "motu proprio", senza bisogno di inventarsi migrazioni di
massa d'oltralpe (di cui nessuno si accorse, e di cui i duchi di Spoleto e
Camerino, titolari di quelle terre, pare non si curassero...)
Che Carlo Martello fosse stato imprigionato per quattro mesi, risulta da
tutte le fonti dell'epoca. Però nessuna dice DOVE. Che Hausmann ritenga
probabile trattarsi di Aquisgrana, non significa molto. Altri storici sono
disposti a scommettere su Colonia, come luogo di "custodia". Si vedano le
ragioni nella mia confutazione n. 30.
In tutti i casi, omettete di specificare il PERCHE' Hausmann propende per
Aquisgrana, dato che il vostro Piceno è del tutto escluso da queste
deduzioni. Le quali dipendono dalla *vicinanza* di Aquisgrana sia a
Colonia, sia a Jupille, dove risiedevano Pipino e Carlo Martello con la
sua famiglia, e dal fatto che nelle loro terre, i pipinidi annoveravano la
"villa" di Aquisgrana. Io sto con coloro che ritengono Colonia più adatta
a tenere d'occhio il pericoloso pretendente, tanto temuto da Plectrude.
Per voi, invece, Plectrude aveva mandato il più lontano possibile il
figliastro, mettendolo al di fuori dei giochi di potere di Austrasia.
Questa può essere un'opinione rispettabile, ma purtroppo non è sorretta
dai FATTI. Perché i fatti ci dicono che, pochi giorni dopo essere stato
liberato dalla prigionia, Carlo Martello si trovava nelle Ardenne a
combattere contro i Frisoni...

> Infatti per noi tutto comincia con Carlo Martello in
> esilio in Italia. Altrimenti qualcuno ci dovrebbe spiegare
> perché prima di intraprendere la spedizione contro la
> matrigna Plectrude e gli Islamici a Poitiers, lasciò in tutela
> la moglie Rotrude e il figlio Pipino il Breve al re dei
> Longobardi di Pavia Liutprando. E' logica una cosa del
> genere per uno che si dice vivesse nel Nord della Germania ?

No, non è proprio logica. E infatti non è vera. Quindi non posso spiegare
il perché di fatti mai avvenuti, se non nella vostra immaginazione. A
volte mi chiedo come fate ad avere tutta quella sfrenata fantasia,
accompagnata da una disarmante ignoranza della storia.
Parlate di una spedizione contro la matrigna Plectrude *e* gli Islamici a
Poitiers, come se fossero contemporanee. Carlo Martello non combattè
contro Plectrude, ma contro i Neustriani, e contro Frisoni e Aquitani,
loro alleati. Plectrude riconobbe la legittimità di Carlo Martello
*spontaneamente*, nel 716, avendo ormai capito che solo lui poteva tener
testa alla Neustria ribelle.
La battaglia di Poitiers, ovviamente, avvenne nel 732, a 16 anni di
distanza. Intendete forse dire che Carlo Martello lasciò moglie e figli
presso Liutprando per tutto quel lasso di tempo?
In ogni caso, nonostante la dichiarata amicizia, e le numerose profferte
di aiuto, non risulta che Liutprando e Carlo Martello si siano mai
incontrati. Quanto a Rotrude, la prima moglie di Carlo, morì nel 724.
Pipino il Breve andò da Liutprando per la prima volta nel 738, e
l'episodio del "taglio dei capelli", che equivale a prendere qualcuno
sotto la propria protezione, è raccontato da Paolo Diacono nella Historia
Langobardorum (VI, 58)

> E' logico pensare che il fratello di Pipino il Breve,
> Carlomanno, convertitosi, fondi un monastero non
> nel nord Europa, ma a Soratte, in Sabina, ancora
> oggi esistente ?

Sì, è assolutamente logico. Non è logico invece pensare che Carlomanno
fondasse un monastero quando e dove gli paresse, magari vicino a casa sua,
così la domenica venivano a trovarlo i familiari.
Non sappiamo i reali motivi che spinsero il fratello di Pipino ad
abdicare, e a ritirarsi a vita monastica. Di solito questi atti vengono
forzati "manu militari", è difficile che siano veramente spontanei. Ma non
è questo il punto. Ciò che sappiamo, è che Carlomanno abdicò nel 745,
venne a Roma nel 746, e lì si mise a disposizione del papa. Il quale gli
comandò di andare sul monte Soratte, dove già esisteva un eremo, per farne
un monastero benedettino. Comunque Carlomanno non iniziò prima del 747 a
erigere l'abbazia, "ubi per Flaminiam veniens obviam Soractem in agro
Vejetano positum aspexisset Carolusmannus."
Perciò non fu per sua volontà, bensì per quella di papa Zaccaria, che
Carlomanno fondò un monastero proprio sul Soratte e non altrove.


> E siccome i Dignitari di Francia gli fanno troppo
> spesso visita importunandolo, si trasferisce a
> Montecassino. E' possibile che un Dignitario franco
> della Gallia venendo dalla zona di Aachen si scoraggi
> a fare 100 km in più ? O questa deterrenza non sarà
> per i Franchi del Piceno (quelli stessi che poi
> organizzeranno il territorio), già presenti al tempo
> di Pipino il Breve ?

Non esisteva alcuna deterrenza legata alla distanza. Eginardo scrive: «Sed
cum ex Francia multi nobilium ob vota solvenda Romam sollemniter
commearent...», e per prima cosa la Francia non era SOLO la zona di
Aachen, ma qualsiasi luogo al di là delle Alpi (al di là per noi,
ovviamente). Poi questi nobili venivano a Roma per assolvere un voto, non
appositamente al monte Soratte per salutare Carlomanno. Eginardo aggiunge
anche: «et eum velut dominum quondam suum praeterire nollent», non se ne
volevano andare senza passare a salutarlo.
Rovesciando i termini, ma seguendo pure la vostra logica, vi pare
possibile che qualcuno, risiedendo nel Piceno, dovesse approfittare di un
pellegrinaggio votivo a Roma per vedere Carlomanno, e non volesse perdere
quell'occasione? Data la vicinanza, poteva andare a trovarlo quando
voleva, senza bisogno di un'occasione come l'ex-voto di un pellegrinaggio
a Roma, non vi pare? Invece no, Eginardo specifica che la ragione di
queste visite era proprio l'occasione di trovarsi a Roma.
E vi pare possibile che un nobile franco, una volta giunto a Roma, sia
pure provenendo da dove vi pare, trovasse difficoltoso recarsi a
Montecassino? C'erano pellegrini che percorrevano itinerari lunghissimi
attraverso l'Europa, e andavano a piedi, non a cavallo come i nobili! La
ragione per cui a Cassino non ci sarebbe andato più nessuno, è da
ricercarsi nella Regola benedettina, lì applicata con la massima severità,
per cui i monaci non potevano ricevere visite da alcuno.
Comunque questa storiella dei nobili franchi in pellegrinaggio è
raccontata solo da Eginardo, e non da altre fonti. Gli Annales Regni
Francorum, per esempio, ne danno una diversa versione:

DCCXLVI. Tunc Carlomannus Romam perrexit ibique se totondit et in Serapte
monte monasterium aedificavit in honore sancti Silvestri. Ibique aliquod
tempus moram faciens et inde ad sanctum Benedictum in Casinum usque
pervenit et ibi monachus effectus est.

Infatti tutte le fonti moderne si guardano bene dal prendere sul serio
Eginardo, e preferiscono scrivere che Carlomanno aveva troppe
responsabilità "mondane" a Soratte, dato che, essendone il (ri)fondatore,
doveva occuparsi delle necessità pratiche e dei contatti con l'esterno.
Così preferì ritirarsi, come semplice monaco, nella quiete e
nell'isolamento di Cassino. Una seconda abdicazione, parrebbe, visto che
aveva ricevuto un preciso incarico dal papa...

Adesso andiamo pure avanti senza un filo conduttore preciso, ma secondo un
"florilegio" di vostri appelli alla logica (che non è proprio il vostro
forte....)
> E qui vorrei fare alcune considerazioni: è ragionevole
> pensare che quell'uomo di una certa età qual'era Papa
> Leone III andasse spesso a passare il Natale ad Aquisgrana
> con Carlo e si sobbarcasse 30 - 40 giorni di viaggio massacrante
> con la grande incognita del valicamento delle Alpi in inverno?

No, non è per nulla ragionevole. E infatti nemmeno questo è vero.
Leone III andò UNA VOLTA ad Aquisgrana, invitato da Carlo Magno a
celebrarvi il Natale (non vi riuscì nemmeno, come vedremo più sotto). A
meno che non mettiate nel conto anche la fuga di Leone in Germania del
799, per chiedere aiuto a Carlo Magno contro i romani in rivolta. Però i
due rimasero a Paderborn, in Sassonia, dove Carlo stava combattendo i
ribelli sassoni, e prima di Natale il papa era già tornato a Roma.
Due viaggi in cinque anni. Sai che sforzo. Ma Leone era un uomo "di una
certa età", dite. Bene, da particolari delle sue lettere, taluni storici
valutano la sua età, al momento dell'elezione a pontefice, 795, in circa
40 anni. Era dunque più giovane di Carlo Magno!
Ma voi, per riguardo alla sua salute, non vorreste farlo andare più in là
del Piceno: e qui devo rispondere a quell'altro genio cubitale di Enzo
Mancini, che in un suo scritto infarcito di tali e tante idiozie, che ho
perfino pudore di riportarle, sostiene che «ad Aquisgrana arrivò in pieno
inverno papa Leone III a festeggiare il Natale 804 e l'Epifania 805 con
la corte carolingia; nessun accenno alle difficoltà del viaggio o alle
città della Gallia o della Germania.»
Ancora una volta vi mostrate molto peggio che ignoranti, proprio falsi e
disonesti.
Perché non posso credere che citiate testualmente gli Annales Regni
Francorum dell'801, per una delle vostre tante bufale, e non vediate che
all'anno 804 è descritto tutto l'itinerario del papa, sia per l'andata che
per il ritorno! Contate sulla pigrizia dei lettori e sulla loro
(malriposta) fiducia per propinare solo ciò che vi comoda, ignorando
volontariamente le solenni smentite che vengono dalle stesse fonti che
usate!
Nessun accenno a città della Gallia o della Germania?!? E dove si trovano
allora Bourg Saint Maurice, Reims, Quierzy? E quale motivo avrebbe avuto
Leone III di passare dalla Baviera, al ritorno, per raggiungere Ravenna???
E' tutto descritto negli Annales, anno 804. Vi si dice che il Natale fu
celebrato a Quierzy, e che Aquisgrana fu poi raggiunta per l'epifania
dell'805 (lì il papa consacrò la Cappella, appena terminata).
***
Medio Novembrio allatum est ei, Leonem papam natalem Domini cum eo
celebrare velle, ubicumque hoc contingere potuisset. Quem statim misso ad
sanctum Mauricium Carlo filio suo honorifice suscipere iussit. Ipse obviam
illi Remorum civitatem profectus est ibique susceptum primo Carisiacum
villam, ubi natalem Domini celebravit, deinde Aquasgrani perduxit; et
donatum magnis muneribus per Baioariam ire volentem deduci fecit usque
Ravennam.
***
Ma se citaste tutto ciò, come fareste a sostenere spudoratamente che nelle
fonti non esistono PROVE che Aquisgrana fosse ubicata al di là delle Alpi?
Meglio ignorarle, e continuare a imbrogliare i gonzi!

> E a livello di curiosità e non di prova le fonti dicono che il Papa
> e Carlo invece di bere birra, come si converrebbe nel nord
> Europa, brindano con il vino Falerno, vino dell'Italia
> centro-meridionale.

Ma non l'accetto nemmeno come curiosità! Prima di tutto, la birra ancora
non era "tipicamente" tedesca, e nelle fonti carolingie essa è assente.
Una delle prime menzioni di quella bevanda risale al 999. Poi, come
dimostro nella mia confutazione n. 8, il vino era prodotto, allora come
oggi, nella valle del Reno, della Mosella, e perfino tra Aachen e
Maastricht. E di qualità ben più pregiata del "Rosso Piceno".
Quanto al vino Falerno, esso è stato immortalato dagli autori latini
classici come il re dei vini, e non è un caso che le uniche menzioni ad
esso si trovino in narratori come Notker e Angilberto, che ad ogni riga
citavano qualche brano classico, e mai in storici o cronisti.

> Al prof. Enzensberger che ha lodato i suoi colleghi
> italiani che non hanno avuto tentazioni nazionalcampanilistiche
> di questo genere, rispondo che non ci sarebbe stata ragione
> alcuna di averle se nel frattempo non si fosse scoperta una
> Val di Chienti.

Perbacco. Ci vivete da sempre, e l'avete scoperta solo ora?
E non vorreste passare per campanilisti? Se foste calabresi, sareste
capaci di trovare Aquisgrana in qualche valle dell'Aspromonte, se
piemontesi la "perfetta rappresentazione" la vedreste in una valle del
cuneese...
> La Valle del Chienti, ripeto, è uno "scrigno" dove c'è la
> perfetta rappresentazione della zona di Aquisgrana fatta
> nei documenti. ( Si legga tra l'altro la battuta di caccia
> ad Aquisgrana descritta da Angilberto)

Sentite, la Valle del Chienti sarà magari bellissima, un vero "scrigno",
come dite voi, ma non c'è nessuna rappresentazione della zona di
Aquisgrana. La battuta di caccia di Angilberto funzionerebbe benissimo
anche ambientata in Australia, ma il fatto è che gli Annales Regni
Francorum specificano almeno una mezza dozzina di volte che Carlo Magno e
suo figlio Ludovico il Pio, quando stavano ad Aquisgrana, andavano a
caccia NELLE ARDENNE!

[802] Imperator [Carlo Magno] aestatis tempore in Arduenna venatibus
operam dedit...
[804] Dimissoque exercitu primo Aquasgrani, deinde Arduennam petit; et
venationibus indulgens Aquasgrani reversus est.
[809] His ita gestis imperator de Arduenna Aquas reversus mense Novembrio
concilium habuit ...
[819] Imperator [Ludovico il Pio] conventu dimisso primo Cruciniacum,
deinde Bingiam veniens secunda aqua Confluentem usque per Rhenum
navigavit, inde Arduennam venandi gratia proficiscitur; venatorio quoque
exercitio more solemni ibidem exacto Aquasgrani ad hiemandum revertitur.
[821] ...Aquasgrani reversus est. Et post paucos dies per Arduennam iter
faciens Treveros ac Mettis venit...
[822] Peracto conventu, quod Attiniaci habebatur, domnus imperator venandi
gratia Arduennam petiit...
[823] ...ac deinde in Arduenna transigens peracta autumnali venatione ad
Kal. Novembr., sicut condixerat, Compendium venit. [Compendium= Compiègne]

Contenti? Abbiamo trovato "qualche argomento da contrapporre"?
Voglio proprio vedere come farete a continuare ad ingannare ancora ingenui
e sprovveduti appassionati di storia medievale, dopo queste dimostrazioni
della vostra assoluta malafede.
Ve l'avevo detto che era meglio non provocarmi, io ne avevo già avuto
abbastanza di precedenti scontri con millantatori, visionari, ciarlatani.
Tutti quanti, esattamente come voi, si atteggiano a "spiriti liberi",
fuori dal coro, e per giunta perseguitati dalla "mafia accademica". E
suscitando così simpatia e fiducia in certa gente che vi crede "genii
ribelli", ma che se vedesse chiaramente come vedo io la vostra impostura,
vi tirerebbe uova marce e pomodori ad ogni vostra uscita.
Se qualcuno di voi volesse riacquistare un minimo di stima, non avrebbe
che da confessare di essere stato a propria volta ingannato e circuito, ma
che ora ha riacquistato cognizione delle sciocchezze e delle falsità che
per un certo tempo ha sostenuto. Proprio come un'abiura medievale.

Dubito assai che qualcuno di voi lo farà. Continuate pure così, allora.
Buon pro vi faccia. Ma verrà il giorno in cui vi tireranno davvero le uova
che meritate...

Con il minimo di cordialità,
Piero Fiorili


Piero F.

unread,
Aug 9, 2005, 3:36:11 PM8/9/05
to
Cari amici, e lurker occasioni o abituali, so benissimo di aver esagerato
in lunghezza (ho battuto il mio record precedente, un articolo da 75 kb su
Guernica ;-)) ma quello che tenevo sul gozzo dovevo proprio sputarlo...

Chi di voi ha seguito con interesse l'itinerario completo delle
"cappelle", troverà qualche argomento nuovo, che in quel frangente non era
stato affrontato. Faccia allora uno sforzo, e si legga anche questa
Valentineide :-)

Chi ha seguito occasionalmente e a sprazzi, vi troverà un tale concentrato
di accuse, tutte provate fino all'ultima, che renderà superfluo recuperare
le "cappelle" non lette. La Valentineide ne è una specie di sommario (o
meglio, visto i soggetti con cui ho a che fare, un SOMARIO :-P)

Chi infine si era già stufato di questa storia, è esentato dallo scaricare
e leggere quegli 83 kb. Basta che mi creda sulla parola: i valdichientisti
sono dei ciarlatani senza pudore e senza vergogna :-)

Saluti,
--
Piero F.


guardrail

unread,
Aug 9, 2005, 4:28:50 PM8/9/05
to

"Piero F." > ha scritto nel messaggio

> Cari amici, e lurker occasioni o abituali, so benissimo di aver esagerato
> in lunghezza (ho battuto il mio record precedente, un articolo da 75 kb su
> Guernica ;-)) ma quello che tenevo sul gozzo dovevo proprio sputarlo...

Nessuna esagerazione caro Piero: è stata proprio una "goduria" di
lezione che non leggevo da anni. Una lezione affatto "sputata", bensì
piena di "verve", con il piglio di un professionista e profondo conosci
tore sia del Medioevo, sia dei "modi" su come ci si DEVE accostare
alla storia. Carnevale & e "compagni di merende" credono di poter
prendere "per il culo" sia la storia che gli appassionati di storia.

> Chi di voi ha seguito con interesse l'itinerario completo delle
> "cappelle", troverà qualche argomento nuovo, che in quel frangente non era
> stato affrontato. Faccia allora uno sforzo, e si legga anche questa
> Valentineide :-)

Già fatto. Vorrei essere il primo a ringraziarti. E' stato un lavoro che a
mio avviso dovrebbe rimanere " in bella evidenza" in tutti quei siti ove
hanno avuto "l'ardire" di ospitare il fregnacciaro che ha collocato
Aquisgrana
in Val di Chienti come i bambini costruiscono i castelli di sabbia sulla
spiaggia. Carnevale ha giocato con la cera Pongo, non con le fonti.

> Chi ha seguito occasionalmente e a sprazzi, vi troverà un tale concentrato
> di accuse, tutte provate fino all'ultima, che renderà superfluo recuperare
> le "cappelle" non lette. La Valentineide ne è una specie di sommario (o
> meglio, visto i soggetti con cui ho a che fare, un SOMARIO :-P)

Ben detto.

> Chi infine si era già stufato di questa storia, è esentato dallo scaricare
> e leggere quegli 83 kb. Basta che mi creda sulla parola: i valdichientisti
> sono dei ciarlatani senza pudore e senza vergogna :-)

Te l'appoggio e sottoscrivo.

> Saluti,
> --
> Piero F.

Buone vacanze caro Piero.
Ciao
Guardrail

Piero F.

unread,
Aug 10, 2005, 9:32:46 AM8/10/05
to

"guardrail" ha scritto

> Vorrei essere il primo a ringraziarti. E' stato un lavoro che a
> mio avviso dovrebbe rimanere " in bella evidenza" in tutti quei siti ove
> hanno avuto "l'ardire" di ospitare il fregnacciaro

Sei il primo, infatti, ma mi sa che resterai anche l'unico :-)
Ci dev'essere qualcuno che briga a favore dei fregnacciari, perché la
Valentineide è apparsa su pochi server (soprattutto manca in Mynewsgate!)
e rischia di passare inosservata. Temo che dovrò ripubblicarla, proprio
dal sito di Mynewsgate, se vogliamo che abbia diffusione...
Comunque grazie a te per i sempre puntuali apprezzamenti :-)

> Buone vacanze caro Piero.
> Ciao
> Guardrail

Grazie. Prima di partire comunque mi farò sentire ancora!
Ciao,
--
Piero F.
>
>


Piero F.

unread,
Aug 10, 2005, 3:35:35 PM8/10/05
to
L'ormai lontano 2 aprile 2005, Franco Valentini, presidente
del "Comitato per lo studio della presenza dei Carolingi in Val di
Chienti", scriveva con la solita iattanza:

> Mi si critica strumentalmente su Illig, ma non si dice niente sul
> Nanselrath come già avevo fatto osservare la volta scorsa.

> Non si dice niente sulle varie "traslazioni",sul Capitolare de Villis,


> niente sui terremoti con scansione appenninica ad Aquisgrana, niente
> sulla prova architettonica di Theodulf, del Notker, del Widukind,
> niente sulla assenza totale di chiese prima del 1000 ad Aachen, niente

> sull'ORNAT dello Jedin, niente sulla tomba di Ottone III ad Aquisgrana

condotto, e ove si sarebbe svolto il processo? Semplice, in una


traduzione tedesca, dove si può leggere che "den toten Pontifex zu
exhumieren und ihn im Ornat vorzuführen"!
Dove, naturalmente, "im Ornat" traduce il latino "sacerdotalibus
vestimentis indutum". Ma no, per voi si tratta di una "gita" fatta fare
al cadavere in qualche salubre località chiamata Ornat, probabilmente
Acquaviva Picena (perchè poi quella? Boh). Ma dico io, posso anche
capire la tremenda cantonata di Ornat, ma per voi che significato
avrebbe riesumare un cadavere, condurlo da Roma in un posto qualsiasi
al di là degli Appennini, per poi riportarlo indietro e processarlo in
S. Pietro?!

Forse non fu processato in S. Pietro a Roma, visto che parlate di

comunque coltivabili nelle Marche: non producete mica agrumi, come in


Sicilia!)
Le percentuali che gettate lì sono un bluff, in realtà non avete mai
consultato né le statistiche di agronomia europea, che vi sbugiardano,
né gli studi specifici sul contenuto di quel Capitulare. Essi sono
abbondantissimi, e qui *veramente* si parla di volumi e volumi (quello
di Barbara Fois Ennas, pubblicato da Giuffré, è uno dei più autorevoli);
ebbene questi studi hanno appurato che il Capitulare de villis descrive
la produzione tipica del clima temperato umido, medio e basso Reno,
Champagne e Borgogna.
Non è escluso che tutto ciò possa essere coltivato anche nelle Marche,
naturalmente.
Manca però un prodotto, fondamentale nell'economia dei tempi: L'OLIO DI
OLIVA, ed è significativo il fatto che l'ulivo non sopravvive al di là
delle Alpi (mentre nel Piceno si coltiva eccome, vanno famose certe
vostre olive...)
Non ve n'eravate accorti? Oppure lo sapevate, ma avete *preferito*
tacere sull'argomento? Sinceramente, non saprei dire se siete più in
malafede che incompetenti, oppure il contrario. Certamente siete
entrambe le cose, quale che ne sia la misura.
E lo dimostra proprio il Capitolo VI, che qui citate a sproposito, ma
che contiene la seguente frase: «nisi nostli aut de familia aut de
CAPELLA nostra».
In una certa occasione, commentando un passo di Alcuino (il

famoso "novam capellam inter vineta"), il vostro geniale Carnevale


Vogliamo parlare delle " prove architettoniche"? Benissimo, parliamone

Karoli si compongono di raccontini edificanti, antiche leggende

riadattate, e notizie tratte dalla Vita Karoli di Eginardo.
Certo, io non userei le fiabe dei fratelli Grimm per studiare il
medioevo germanico, ma ognuno ha le sue preferenze...
E, se fossi poco serio come voi, strombazzerei ai quattro venti che
Notker non ha mai messo piede ad Aquisgrana, come avete fatto con
l'antipapa Pasquale. Invece dirò che non abbiamo alcuna testimonianza
circa il fatto che il monaco sangallese abbia lasciato l'abbazia,
almeno una volta, per recarsi in qualche altro posto.
Egli stesso ammette di essersi basato sui racconti di tre monaci per
scrivere le Gesta Karoli.
Ma a voi le fantasie di Notker piacciono, perché lasciano spazio

sufficiente alle VOSTRE fantasie. Così si arriva fatalmente al punto in
cui gli allievi superano il maestro:

> Ed infine si dice che la chiesa di Aachen è stata costruita
> da un certo Odo di Metz, quando le fonti affermano (Notker)
> che la cappella palatina di Aquisgrana fu costruita da
> "maestranze di tutti i paesi al di là del mare reclutate"
> da Carlo Magno, molto probabilmente genti arabo-siriache.

L'attribuzione a Odo di Metz della chiesa di Aachen non è un "si dice".


Lo dice una lapide, e lo dice soprattutto Eginardo, in una glossa di suo
pugno, a margine di una copia della Vita Karoli. Carnevale riconosce
senza problemi che Odo fu l'architetto di Aachen, ma ne colloca
l'esistenza nel XII secolo, all'epoca del Barbarossa. Chissà come
faceva Eginardo a conoscerlo...
Ma il punto principale è un altro. E' tanta la vostra devozione per il
"balbulo", che nemmeno state attenti a ciò che scrive. Sì, PROBABILMENTE
ci sarebbero state genti arabo-siriache tra le maestranze, se queste
fossero state reclutate *al di là del mare*. Ma Notker non dice questo.
Dice esattamente IL CONTRARIO: erano reclutate da *omnibus cismarinis
regionibus*.
Ora, tradurre "cismarinis" con "al di là del mare" può essere
considerata una svista, un lapsus che può capitare a chiunque. Non sarà
una minuscola crepa, un invisibile forellino, a invalidare una tesi
così complessa e articolata! Giusto, se non fosse che per quel
forellino è stato fatto passare un oceano intero, se non fosse che ci
avete fatto "una capa tanta" sull'origine araba delle costruzioni
carolinge, se non aveste gabellato per architetto arabo un ambasciatore

berbero, se non aveste scritto «stabili "mercatus" gestiti da orientali
esistevano *certamente* sul territorio di Aquisgrana».

Ecco una risposta. E' di Cristina Mori, da Cingoli, professionista nel

E poi ve ne uscite con una storiografia che inventa i toponimi a

Per prima cosa dovete specificare dov'è Paterno, secondo voi. Tutti

sanno che il castello di Paterno, dove Ottone morì nel gennaio del
1002, si trova presso Civita Castellana, nel viterbese. Proprio sulla
strada che da Todi (dove Ottone trascorse il Natale) porta verso Roma
(quella dei papi e dei Cesari, sia chiaro).
Naturalmente per voi Paterno è una località del Piceno. Benissimo, però
ce ne sono ben quattro con questo nome. Una frazioncina di Fabriano,
con 50 abitanti; una di Tolentino, un po' più piccola (30 ab.) ma
vicinissima ad Urbisaglia; una località sopra San Severino, e infine un
sobborgo di Ancona. Siccome, quando nominate Paterno, sembrate convinti
che il lettore debba sapere a quale vi riferite, ho immaginato che solo
una di queste località avesse un castello, e ciò ne facesse la sede
ideale per la morte di Ottone. Peccato, però, che NESSUNO dei Paterno
nel Piceno abbia mai avuto un castello, nella propria storia...
Andiamo pure avanti, tanto non risponderete mai.
La Chronica di Thietmar, che dovreste conoscere ormai benissimo, tanto
la citate, dice testualmente:

«Deindeque dimissa cum pace magna multitudine ad civitatem suam [di

Enrico di Baviera], quae Nova vocatur, corpus cesaris prosequitur.»
Il che significa che la città in questione era denominata NUOVA (e
certamente non "Novà"), esattamente come tante altre città fondate

ex-novo, in tutta Europa, in quel periodo (compresa Civitanova Marche).

niente. Semplicemente conoscono la storia -e la filologia- infinitamente

Prescindendo da questo, Gregorio di Catino scriveva di fatti avvenuti

secoli prima, di cui ben poco sapeva, e ai suoi tempi quando non si
sapeva si inventava (proprio come state facendo voi!).
A giustificazione degli antichi, ma non vostra, c'è da dire che ancora
non esistevano le ponderose raccolte di documenti che oggi possiamo

consultare comodamente online, o nelle biblioteche pubbliche. Quindi,

fidarsi di chi scrive "a ridosso degli avvenimenti" sta benissimo
quando l'autore è contemporaneo (pur con qualche riserva), ma se si
tratta di secoli precedenti, o anche solo di qualche decennio, come nel
caso di Liutprando di Cremona, l'attendibilità scende drasticamente.
Occorre confrontare tra loro più fonti, e soprattutto verificare
documenti legali, notarili, diplomi, ecc., e ne consegue che ne
sappiamo molto più noi, OGGI, di Gregorio di Catino.
Certo che con queste convinzioni non ci stupisce più di tanto, che

abbiate fatto simile strame della storia...

Quanto al successivo documento, è sempre lo stesso che avete tentato di

fasulli. Ma ad Aquisgrana quei sovrani c'erano sicuramente stati, prima

o poi, e dunque era credibile che da lì avessero emesso leggi e
diplomi. Come ho già detto, non c'era molta diffusione delle notizie
storiche, e si riteneva che nessuno potesse controllare gli spostamenti

effettivi degli imperatori. Avevano ragione, ma non potevano sapere che

un giorno i posteri avrebbero potuto farlo...
Ci sono falsi anche molto grossolani, tipo documenti emessi da regnanti
che erano già morti a quella data. Ne ho trovato uno del re franco
Dagoberto I, datato 16 aprile 640: era morto il 19 gennaio 639!
Sempre in età merovingica, c'è un diploma attribuito a Sigeberto II,
che è così datato:
Data Aquisgrani, Idibus Maii, anno dominicae incarnationis 653
Sigisbertus Francorum rex; Cumbertus archiepiscopus Coloniensis;
Ramaclus episcopus Traiectensis; Martinus dux Austriae Mosellnicae ac
Moselant.

Il documento è palesemente falso, e LO SO. Non solo perché è pubblicato
nella "diplomatica spuria" dei MGH, ma perché Aquisgrana all'epoca era
solo una "villa" nelle terre della famiglia Pipinide, perché Colonia non
era ancora un'archidiocesi, e perché quel sistema di datazione è un
anacronismo.
Ma lo cito perché chiarisce il meccanismo per cui Aquisgrana è sempre al
centro di queste vicende di documenti falsi. I falsari in questione,
molto probabilmente di età carolingia, erano talmente ignoranti da non
sapere nulla delle origini di Aquisgrana come sede regale, e
presumevano che anche i merovingi vi avessero il loro Palatium oltre un

secolo prima di Carlo Magno. E lo cito anche perché dimostra la stupida

vanità di affidarsi ciecamente ai documenti, ignorando (o peggio,
canzonando come fate voi) gli studi dei diplomatisti.
Infatti, se io fossi disonesto quanto voi, ve l'avrei sbattuto sotto il
naso, quale prova che Aquisgrana era frequentata dai re merovingi molto
prima che nascesse la "vostra Aquisgrana" nel Piceno (sempreché non
sosteniate che pure loro venivano a passare le vacanze in Italia...)
Comunque non ho bisogno di documenti falsi per dimostrare la
balordaggine della vostra teoria: mi bastano e avanzano le centinaia di
prove vere che ho raccolto.

Le "prove" che portate voi sono invece tutte fasulle, ottenute
traducendo dal latino con svarioni imperdonabili (è il caso
di "cismarinis"), oppure con truffaldina volontà di alterare il
significato: ed è il caso del brano di Pier Damiani, «ex phiscali
possessione in Firmensis monarchiae partibus reconpensavit» che
significa "parti dei possedimenti fiscali monarchici nel Fermano" ma

dal quale avete estratto un arbitrario nominativo *firmensis

riguardano la Septimania dei Visigoti, e la Provenza dei francoburgundi.


Citare il cardinale Schüster è uno dei vostri soliti bluff. Egli scrisse
nel suo libro che l'abbazia di Farfa passò sotto il controllo dei
Franchi DOPO la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno.

Procopio scriveva che il Piceno era un deserto, e ne aveva ben donde. I


suoi bizantini avevano contribuito a renderlo tale. Ma si ripopolò
lentamente, "motu proprio", senza bisogno di inventarsi migrazioni di
massa d'oltralpe (di cui nessuno si accorse, e di cui i duchi di
Spoleto e Camerino, titolari di quelle terre, pare non si curassero...)
Che Carlo Martello fosse stato imprigionato per quattro mesi, risulta da
tutte le fonti dell'epoca. Però nessuna dice DOVE. Che Hausmann ritenga
probabile trattarsi di Aquisgrana, non significa molto. Altri storici
sono disposti a scommettere su Colonia, come luogo di "custodia". Si

vedano le ragioni di ciò nella mia confutazione n. 30.

fondatore, doveva occuparsi delle necessità pratiche e dei contatti con

l'esterno. Così preferì ritirarsi, come semplice monaco, nella quiete e
nell'isolamento di Cassino. Una seconda abdicazione, parrebbe, visto che
aveva ricevuto un preciso incarico dal papa...

Adesso andiamo pure avanti senza un filo conduttore preciso, ma secondo
un "florilegio" di vostri appelli alla logica (che non è proprio il
vostro forte....)
> E qui vorrei fare alcune considerazioni: è ragionevole
> pensare che quell'uomo di una certa età qual'era Papa
> Leone III andasse spesso a passare il Natale ad Aquisgrana
> con Carlo e si sobbarcasse 30 - 40 giorni di viaggio massacrante
> con la grande incognita del valicamento delle Alpi in inverno?

No, non è per nulla ragionevole. E infatti nemmeno questo è vero.
Leone III andò UNA VOLTA ad Aquisgrana, invitato da Carlo Magno a
celebrarvi il Natale (non vi riuscì nemmeno, come vedremo più sotto). A
meno che non mettiate nel conto anche la fuga di Leone in Germania del
799, per chiedere aiuto a Carlo Magno contro i romani in rivolta. Però i
due rimasero a Paderborn, in Sassonia, dove Carlo stava combattendo i
ribelli sassoni, e prima di Natale il papa era già tornato a Roma.
Due viaggi in cinque anni. Sai che sforzo. Ma Leone era un uomo "di una
certa età", dite. Bene, da particolari delle sue lettere, taluni storici

valutano la sua età, al momento dell'elezione a pontefice (795), in
circa 40 anni. Era dunque più giovane di Carlo Magno, che ancora
scorrazzava per mezza Europa!


Ma voi, per riguardo alla sua salute, non vorreste farlo andare più in
là del Piceno: e qui devo rispondere a quell'altro genio cubitale di
Enzo Mancini, che in un suo scritto infarcito di tali e tante idiozie,
che ho perfino pudore di riportarle, sostiene che «ad Aquisgrana
arrivò in pieno inverno papa Leone III a festeggiare il Natale 804 e
l'Epifania 805 con la corte carolingia; nessun accenno alle difficoltà
del viaggio o alle città della Gallia o della Germania.»

Ancora una volta vi mostrate molto peggio che ignoranti, proprio falsi
e disonesti. Perché non posso credere che citiate testualmente gli
Annales Regni Francorum dell'801, per una delle vostre tante bufale, e
non vediate che all'anno 804 è descritto tutto l'itinerario del papa,
sia per l'andata che per il ritorno! Contate sulla pigrizia dei lettori
e sulla loro (malriposta) fiducia per propinare solo ciò che vi comoda,
ignorando volontariamente le solenni smentite che vengono dalle stesse
fonti che usate!
Nessun accenno a città della Gallia o della Germania?!? E dove si
trovano allora Bourg Saint Maurice, Reims, Quierzy? E quale motivo
avrebbe avuto Leone III di passare dalla Baviera, al ritorno, per
raggiungere Ravenna???

E' tutto descritto negli Annales, anni 804 e 805. Vi si dice che il

Natale fu celebrato a Quierzy, e che Aquisgrana fu poi raggiunta per
l'epifania dell'805 (lì il papa consacrò la Cappella, appena terminata).
***
Medio Novembrio allatum est ei, Leonem papam natalem Domini cum eo
celebrare velle, ubicumque hoc contingere potuisset. Quem statim misso
ad sanctum Mauricium Carlo filio suo honorifice suscipere iussit. Ipse
obviam illi Remorum civitatem profectus est ibique susceptum primo
Carisiacum villam, ubi natalem Domini celebravit, deinde Aquasgrani
perduxit; et donatum magnis muneribus per Baioariam ire volentem deduci
fecit usque Ravennam.
***
Ma se citaste tutto ciò, come fareste a sostenere spudoratamente che
nelle fonti non esistono PROVE che Aquisgrana fosse ubicata al di là
delle Alpi? Meglio ignorarle, e continuare a imbrogliare i gonzi!

> E a livello di curiosità e non di prova le fonti dicono che il Papa
> e Carlo invece di bere birra, come si converrebbe nel nord
> Europa, brindano con il vino Falerno, vino dell'Italia
> centro-meridionale.

Ma non l'accetto nemmeno a livello di curiosità! Prima di tutto, la

impostura, vi lancerebbero uova marce e pomodori ad ogni vostra uscita.

andmancini [ at ] hotmail [ dot ] it

unread,
Nov 28, 2011, 4:07:07 AM11/28/11
to
Mi sono, fortunatamente, imbattuto in questo articolo,
mentre stavo cercando in rete argomenti relativi alla
(pseudo)scoperta della vera Aquisgrana in Val di Chienti.
Benché siano passati molti anni da questo articolo, ho
pensato comunque di scrivere queste righe nella speranza che
lei, signor Piero Fiorili, le leggesse, per farle sapere
innanzitutto che personalmente ho apprezzato il suo lavoro.
Mi piacerebbe sapere come si sia imbattuto con i
"valdichientisti".

Inoltre volevo dirle che questi signori non solo continuano
ancora oggi a portare avanti le loro "teorie", ma il loro
seguito è anche cresciuto nel corso degli anni: hanno
rinnovato il loro sito, continuano a pubblicare libri e
organizzano incontri per promuoverli. Il prossimo sabato, 3
dicembre 1011, è previsto un incontro organizzato con
l'appoggio del comune di Civitanova Marche ed al quale
parteciperanno, pare, anche docenti universitari(non so di
che materie o quanto autorevoli). Non solo, pare che abbiano
anche un importante sostegno istitutzionale, per lo meno
nella brochure messa nella home page del loro sito compaiono
i loghi, oltre del comune di Civitanova, della regione
Marche, del pontificio comitato di scienze storiche e della
pontificia Università lateranense.

Infine volevo dirle che il modo in cui lei descrive il loro
atteggiamento: presuntuosi e sprezzanti nei confronti del
duro lavoro accademico è esattamente come appaiono ai miei
occhi. Io li conosco bene poiché mio padre, nato e
cresciuto in Val di Chienti come me, crede purtroppo nelle
loro fantasticherie, compra i loro libri e li considera
"geni ribelli" (probabilmente perché quella accozzaglia di
leggende e luoghi locali intrecciati alla storia carolingia
stuzzica la sua fantasia e l'attaccamento al suolo natio,
per non dire che dà semplicemente licenza ad un certo
campanilismo). Egli ha assunto le teorie dei valdichientisti
come fossero dogmi di fede e non c'è modo di farlo
desistere da quelle credenze.

Comunque non sono le scarse capacità critiche di mio padre
in campo storico a preoccuparmi, quanto invece il fatto che
questi signori ottengono il beneplacito delle istituzioni
locali, occupano luoghi pubblici per le loro conferenze,
vendono libri (non credo molti) sfuttando l'ignoranza delle
persone e, ciò che è peggio, credono, o vogliono far
credere, che il loro lavoro miri alla riscoperta della
storia locale, quando invece producono l'effetto di
dissimularla.
--
Andrea M
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