Il giorno sabato 2 novembre 2019 20:57:33 UTC+1, steve ha scritto:
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> Aggiungo al mio post il fatto che in Scn non sempre LRH ci fece seguire il solo concetto dell'osservazione o dell' obnosi; che è sempre osservazione seppur dell'ovvio.
Stavo riflettendo su questo concetto di "ovvio". Ovvio per chi? Che cosa significa?
Se ci limitiamo all'esempio fatto da Leonardo qualche post più su, quello sul Fair Witness di Heinlein, l'ovvio è ovviamente ovvio. Questo lato della casa ora è bianco. Ma quando si osserva una interazione umana? O anche solo una persona che sta facendo qualcosa?
Ciò che ho notato in parecchi scientologist - attivi o anche ex non descientologizzati - è che avrebbero la pretesa (arroganza?) di "aver capito tutto" di una persona da un'osservazione breve e/o parziale. Il fatto è che non è possibile dare giudizi, magari supernegativi o superpositivi, su una persona senza essere andati oltre la semplice "obnosi" (osservazione "dell'ovvio").
Gli esercizi di Hubbard sono del tipo "vai fuori e osserva". Tu esci e osservi Tizio che beve un caffè. Caio che ha un cane al guinzaglio. Sempronio che fa il clown. Se tu cominciassi a dare giudizi (a fare speculazioni) su quelle persone, sul loro carattere (o, dio non voglia, sulla loro collocazione sulla "scala del tono" hubbardiana) saresti già passato a uno step successivo, che non è più l'osservazione dell'ovvio
(-> dell'evidente, del visibile). Saresti invece passato a piedi pari al PREGIUDIZIO. Cioè un giudizio che non è basato sulla conoscenza reale, ma su ciò che tu pensi che sia reale in base a ciò che tu hai nella testa, non a quello che realmente è.
Se uno beve un caffè, significa che ama il caffè? Magari no. Se uno ha al guinzaglio un cane, significa che quel cane è suo? Che ama gli animali? Se uno fa il clown, significa che è una persona leggera e spensierata?
Eppure alcuni hanno la presunzione (arroganza?) di "aver capito tutto". E su questa non-comprensione, non-conoscenza, basano poi le loro AZIONI. Convinti di aver compreso e di avere acquisito conoscenza.
All'università ho fatto la specialistica in antropologia culturale, che è una disciplina meravigliosa. Alla base di ogni studio etno-antropologico c'è la "osservazione partecipante". Osservi con "occhio esterno" ma partecipi a quanto osservi con un "occhio interno", come se fossi in tutto e per tutto immerso nella situazione che stai osservando. Osservi "il loro mondo con i loro occhi", come diceva Malinowski. E da ciò che osservi partecipando, ricavi un senso che poi traduci per gli altri.
L'"obnosi" hubbardiana non funzionerebbe mai, perché ciò che appare "ovvio" per te, magari non lo è assolutamente per loro. Il tuo "ovvio" (vedo qualcuno che fa l'occhiolino, tanto per citare Geertz) non è "l'ovvio" altrui. Per realmente comprendere il significato di quell'occhiolino non ti puoi limitare alla "obnosi" che, spesso e volentieri, si traduce semplicemente nella conferma di un tuo pregiudizio, più che nella reale conoscenza.
Posto che alla base della conoscenza c'è sempre l'osservazione, ma è solo il primo, piccolo passo in un cammino lungo e tortuoso. E - soprattutto - faticoso.
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> L'approfondimento della conoscenza, se lo si può definire tale, veniva solamente concentrato su reali o presunte parole malcomprese.
> L'idea di fondo era che, più parole venivano approfondite nelle svariate definizioni e chiarite, e più si sarebbe divenuti dei "super-letterati" dando ad intendere che ci si specializzava.
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> Ed in effetti, ai profani, un auditor in classe che ci "scannerizzava" alla ricerca delle parole malcomprese tramite E-meter, poteva veramente apparire come uno specialista in materia!
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> In realtà, maggiore era lo sforzo nel comprendere sempre più definizioni, minore poi diveniva la comprensione concettuale completa circa l'interezza di senso nel suo complesso, vuoi che si trattasse di un intero corso, di un libro, ecc.
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> Ed il risultato era che si finiva di perdere il concetto d'insieme di un testo, un corso, ecc e si finiva per.."guardare il dito, anziché la luna".
> E, come scrisse J. Atack.."..venivano creati dei buddha strabici"..
Già.
Il dizionario tecnico definisce "conoscenza" in questo modo:
<<1. con conoscenza intendiamo credenza sicura, cioè informazione, istruzione conosciute; spiegazione, istruzione, abilità pratica. Con
conoscenza intendiamo dati, fattori e qualsiasi cosa possa essere pensata o
percepita. (FOT, pag. 76) 2. la conoscenza è più dei dati; è anche l’abilità a trarre conclusioni. (DAB, vol. Il, pag. 69) 3. un intero gruppo o suddivisione di un intero gruppo di dati o speculazioni o conclusioni su dati o metodi di acquisire dati. (Scn 0-8, pag. 67)>>
Dato? <<1. una unità di conoscenza, qualcosa di conosciuto. Plurale: dati.
(BTB 4 Mar 65) 2. qualsiasi cosa della quale una persona potrebbe divenire
consapevole, sia che esistesse già, sia che l'abbia creata lei stessa. (Scn 8-8008, pag. 6) 3. una sapienza inventata, non una vera. (COHA, pag. 15) 4. qualsiasi cosa derivi da un postulato. (PDC 14) 5. un facsimile theta di un’azione fisica. (Scn 0-8, pag. 78) 6. un facsimile di stati d’essere, stati di non essere, di azione o inazione, conclusioni o supposizioni nell’universo fisico o in qualsiasi altro universo. (Scn 0-8, pag. 67)>>
Ecc.
Come hai scritto tu, <<E quando per sapere si intendono i "dati tecnici".. c'è da chiamare un azzeccagarbugli per venirne a capo..>>
Buona domenica