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San Valentino 2012

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solania

unread,
Feb 13, 2012, 8:11:20 PM2/13/12
to

solania

unread,
Feb 16, 2012, 11:00:56 AM2/16/12
to
Il 14/02/2012 02:11, solania ha scritto:
> http://www.innamorati-di-maria.it/riflessioni_educazione_sessuale_sposi.htm

Fuori, un cielo pieno di stelle, aspettava solo di tornare ad essere
quello che era sempre stato fin dall'inizio.
La celeste meta di tutti i desideri umani.

solania

unread,
Mar 1, 2012, 6:45:25 AM3/1/12
to
DIO
C'è un "assoluto" in un mondo che crede di non averne alcuno. Un
assoluto che si rivela nel fatto che nessuno desidera o osa prendersela
con esso. Nessuno si sogna di "decostruirlo". Un valore assoluto che è
apparso dentro la storia sovrastando tutte le opposizioni. Un valore che
irresistibilmente si impone. Il crollo dei falsi assoluti che
costituivano le ideologie sociali e politiche, in par...ticolare il
marxismo, ha sgomberato il terreno e favorito l'avvento diretto di
questo vero assoluto. Dopo i nostri disastri filosofici e ideologici è
diventato di buon gusto farsi beffa di ogni assoluto, e soprattutto di
quelli che sono apparsi dentro la storia. Ci si crede perfettamente a
proprio agio all'interno di un nichilismo senza obblighi né sanzioni. Ma
un unica eccezione all'efficacia della decostruzione relativista suona
come una diagnosi infausta per l'intera impresa. Questo assoluto è LA
PREOCCUPAZIONE PER LE VITTIME. Esso può sostenere ogni assalto. E'
l'unico principio invulnerabile a ogni forma di scetticismo. Le prime
manifestazioni della "preoccupazione per le vittime" precedono
l'Illuminismo e la nascita della scienza moderna di molti secoli, ed
erano prima di tutto religiose, come le opere di carità degli ordini
monastici che portarono alla creazione spontanea o invenzione di quelli
che chiamiamo OSPEDALI. La medesima cosa è vera per i moderni ospedali
la cui ispirazione fondamentale appare essere sempre la sollecitudine
verso chi è bisognoso di aiuto. Paradossalmente è stato Nietzsche ad
aver scoperto l'elemento più caratteristico del nostro mondo, la
preoccupazione per le vittime, e a riportarla alla sua vera origine :
l'abbandono della violenza religiosa attuata da giudaismo e
cristianesimo. Per quest'unica ragione, Nietzsche, dovrebbe essere
considerato il più grande pensatore religioso del XIX secolo.

solania

unread,
Mar 5, 2012, 8:35:34 PM3/5/12
to
“Ma dobbiamo ritornare al Desiderio per capire l'importanza di tutto ciò
nella vita umana, altrimenti è impossibile capirlo !”

Il professore restò in silenzio ma l'espressione degli occhi non tradiva
nessuna stanchezza per l'argomento.

“Facciamo un breve riassunto di quello che ci siamo già detti :Abbiamo
già detto che il Logos è preceduto da qualcosa. Questo “qualcosa” lei
dice che è il Dionisiaco, l'ebrezza, l'irrazionale e invece io dico che
è il Desiderio che, certo ha una origine altrettanto misteriosa, ma
tanto irrazionale non è, per nulla!
E' questa la prima differenza fondamentale tra noi.


Le faccio un esempio”

Il professore continuava a guardarlo fissamente.

“Fingiamo che lei sia un filosofo famoso in tutto il mondo. Ora io
l'ammiro e vorrei essere come lei. E immaginiamo anche che io ci riesca.
Che mi avvicini molto, quantomeno.
E fino a qui saremmo ancora in quel desiderio di Essere, positivo,
autorealizzante, di potenziamento di sé di cui abbiamo già parlato e su
cui siamo d'accordo”
“Si” disse sommessamente
“Ora compare un editore famoso, il più grande editore del mondo,
diciamo, ma potrebbe essere qualunque altra cosa; una bella donna, un
primo premio, qualunque cosa che SOLO UNO dei due possa avere.
Ecco che in questo preciso momento lei da mio modello diventa mio
rivale. L'amore e l'ammirazione che prima avevo per lei si trasforma
immediatamente in competizione, odio e rancore, se il premio se lo
aggiudica lei invece di aggiudicarmelo io”
E' cosi che il desiderio umano mostra l'altro suo volto; quello
competitivo fino alla violenza.
Ed è dal “contagio” di questa violenza, dalla “peste” che si scatena tra
gli uomini che sorge la necessità di un “capro espiatorio” che li
liberi, temporaneamente, nonché l'autentico significato della tragedia,
che rappresenta tutto ciò, seppur nascostamente.


E qui dovremmo introdurre l'altro grande tema conseguente, anche questo,
al fraintendimento di cosa sia in realtà, il desiderio.
Ma ne accenneremo solo
Sto parlando di quello che è il vero e proprio scacco del desiderio :
Il risentimento !
Anche qui è geniale. Coglie cioè il fatto che detto risentimento non è
altro che il rovescio della medaglia della “volontà di potenza”. Ogni
tanto lei stesso la chiama “volontà di potenza reattiva”. Anche lei
capisce quindi benissimo che il risentimento è quello “scacco” come
anch'io lo chiamo.
Ma lei fa solo l'errore di non “UNIVERSALIZZARLO” mai , di vedere il
“risentimento” solo in alcuni e non in tutti come nella realtà è !!
Il cristianesimo vede l’amore, lo spendersi per gli altri e non l'avaro
essere solo per se stessi, come l’unica arma in grado di controbattere
al risentimento imperante ma che avvelena TUTTI, ripeto, non solo molti.
Il cristianesimo non ha generato il risentimento se non come figlio
illegittimo per impedire che la violenza dilagasse, ma non ne è stato di
certo generato.
Ma di questo parleremo un altra volta.

Ora cerchiamo di concludere questo tema della violenza e dell'autentica
differenza tra Dioniso e Cristo .

solania

unread,
Mar 6, 2012, 9:44:31 AM3/6/12
to


IL DESIDERIO



Facciamo un passo indietro.
Siamo così sicuri di sapere cos'è una mente umana ?
A giudicare da ciò che potremmo sentirci rispondere dai più parrebbe di sì

Va per la maggiore che sia una specie di strumento atto al "Problem
Solving", la capacità, cioè, di risolvere i problemi.

Certo, a giudicare da come vanno le cose nel mondo non parrebbe proprio.
Infatti, di fronte ai problemi maggiori, quella mente parrebbe incepparsi
e ripiegare sui propri piccoli problemi quotidiani
"Una vogliuzza oggi, una domani,...basta la salute !"
Diceva un tempo il buon Nietzsche che, addirittura, alcuni annoverano come
secondo solo a San Paolo come Teologo, lungi dall'opinione della vulgata
che lo vede invece come colui che ha parlato e scritto solo
dell'"Anticristo"
Ma di questo riparleremo in seguito.
"Una vogliuzza oggi, una domani...." si diceva.
Non è propriamente un pensare grandioso, ma alla fine questa grande
macchina della mente umana si arena ai primi scogli e ripiega su di un
quieto
vivere che assomiglia più ad un allenamento alla futura morte che ad una
vita
eterna che, stante questi parametri, sarebbe un inferno mortalmente noioso.

E chi non crede che nell'accontentarsi stia veramente "chi gode" ?

"Il desiderio...nasce e matura dal rinnovamento della mente"
Ma poi, anche questo "desiderio", che cos'è ?

Facile rispondono i più:
"Mangiare, bere, dormire, qualche bella donna e tanti soldi per nutrire il
cerchio all'infinito."
Sbagliato !
Quello non è il "desiderio".
Quelli sono i BISOGNI
Son due cose diverse.
I bisogni, una volta che li hai appagati, sei sazio, il desiderio no !
Quello, appena lo appaghi è dispettoso, subito salta su qualcos'altro, poi
qualcos'altro, poi ancora su qualcos'altro, all'infinito, senza essere mai
pago.
Del resto l'etimologia stessa ti mette sull'avviso:
De-siderio,...siderale...i desideri son come le stelle; non finiscono mai.
Ma non solo
Come insegnava il buon Oscar Wilde, altro misconosciuto gran convertito al
cattolicesimo ed indegnamente ricordato solo come icona gay, Oscar Wilde
ci ricordava saggiamente che:
"Due cose possono deludere un uomo
La prima, avere un desiderio, e non riuscire ad appagarlo.
La seconda:
Avere un desiderio e riuscire ad appagarlo"
Arguto, no !?

Ma allora, che accidenti è questo dispettoso desiderio ?
A SAPERLO !!?!

Si dice, ad esempio, che Dio sia una costruzione della mente umana che lo
desidera eccetera
eccetera...quasi che il "desiderio" fosse qualcosa di ben conosciuto,
definito e appurato quando è esattamente il contrario, cioè è la cosa più
misteriosa della psiche.
Freud ne coglie la genesi nell'"Edipo", cioè in quel oramai seppur
ingiustamente famoso desiderio per la propria madre, smentito poi dalla
Melanie Klein che
lo cogli fin dal "Pre-edipico", cioè quando il bambino è ancora nella fase
gestativa nel corpo della madre; anche se il più geniale è forse Lacan
che proprio non ne coglie nessuna genesi e lo lascia nel mistero come
"Significante" e basta

Questo per citare i professionisti delle profondità umane.
Ma anche i filosofi non è che se la cavino molto meglio.

Platone ne parla come della forza misteriosa che genera l'anelito
all'amore come ricongiungimento delle
due metà dell'anima anelanti a ridiventare una cosa sola ; immagine che
riduce l'eros ad una specie di "incesto" in un passato mitico e
ancestrale.
Ma niente di più che fantasie, quelle sì costruzione della sola mente
umana

Bene, siamo però ancora al punto di partenza !

Ma prestiamo attenzione un attimo a questo stralcio di un'intervista ad
un antropologo :

È vero, gli intellettuali hanno sempre riconosciuto l'esistenza di un
desiderio imitato, ma la maggior parte di loro, specialmente quando pensa
al proprio desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur
sempre un desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel
desiderio non esiste. È proprio questa dimensione sociale,
inter-individuale,
del desiderio che crea conflitti -- conflitti suscettibili di estendersi a
tutta quanta la comunità, conflitti che hanno la tendenza a diventare
contagiosi.
Più gente c'è che desidera lo stesso oggetto, più ce ne sarà: è una
moltitudine che si moltiplica all'infinito, come avviene nelle borse
finanziarie, straordinario microcosmo del puro desiderio. Perciò le
società umane sono minacciate da una violenza radicalmente diversa da
quella tipicamente animale.

Allora, cominciamo con il fare una prima precisazione:
Il Desiderio, a differenza del bisogno che abbiamo appena visto, di certo
sappiamo solo che è una forza che ci porta, ci costringe sempre ad andar
FUORI DI NOI per appagarlo
Su questo non ci son dubbi.
Basta che vi riflettiamo un attimo, guardando noi stessi, e c'accorgeremo
che è così.
A volte son le risposte più elementari le più difficili da scoprire.
Ecco quindi spiegato il primo assunto implicito in quel brano di René
Girard
""...è proprio questa dimensione sociale, inter-individuale del
desiderio...ecc"

Il secondo aspetto fondamentale di quel brano è

"...la maggior parte di loro, specialmente quando pensa al proprio
desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur sempre un
desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel desiderio non
esiste."
Qui, Girard, si riferisce casualmente agli intellettuali, ma il discorso è
lo stesso in tutti gli uomini:
Iniziamo a spiegarlo:
Innazitutto "mimesi"
Cosa significa?
IMITAZIONE
Quindi cosa afferma l'autore ?
Che non esiste un desiderio "autentico", nel senso che sia veramente e
SOLO nostro, ma in realtà è sempre MEDIATO
Da chi ?
Da un MODELLO che, coscienti o meno che ne siamo, IMITIAMO

Va dato atto a Freud di essere andato molto vicino a comprendere questo,
ma poi, mentre in un primo momento aveva colto esattamente come stavano
le cose, e che cioè il figlio IMITASSE (solo) il padre, poi, nel voler dare
un connotato scientifico-biologico alla sua teoria conia quel concetto di
LIBIDO che lo porterà completamente fuori strada privilegiando l'"oggetto
mediato", la madre, rispetto al ben più fondamentale oggetto mediatore, il
padre.

Ma torniamo a noi
Possiamo cominciare a riassumere i primi concetti fondamentali per
comprendere il "desiderio" attraverso lo studioso che, non per nulla, è
stato annoverato, ancora vivente, tra i "40 Immortali" del'"Académie
Francaise", riconoscimento al cui confronto anche il Premio Nobel diventa
una quisquiglia

Il Desiderio è lo "strumento" che ci "PORTA FUORI" di noi stessi e
attraverso il quale, per IMITAZIONE, desideriamo qualunque cosa che ci
indichi il MODELLO
Restando nell'esempio di Freud, il padre, che se quello c'avesse pur
indicato un cammello e non la madre, per noi sarebbe rimasta la stessa
cosa.
Anche se sarebbe stato molto più difficile trovare un mito greco all'uopo,
sicuramente !!
Comunque, a parte gli scherzi, ma neanche poi tanto, si potrebbe già
aprire una piccola parentesi che richiuderemo subito, ma che per ora
prenderemo solo come una curiosità
Non siamo solo noi cristiani che imitiamo qualcuno, Cristo, nella
fattispecie, ma TUTTI imitiamo sempre e comunque qualcuno, anche se non ce
ne accorgiamo.
E già qui, permettetemi di complimentarmi con me stesso che se penso a
tutti coloro che imitano calciatori e veline, top manager e simili,
rischio di
montarmi la testa.
Ma lasciamo perdere

Quindi, dicevamo, ripetendo, il desiderio ci porta fuori di noi ed
imitando, desideriamo.
Ma perché IMITIAMO , innanzitutto ?
Semplice, perché pensiamo, a cominciare da nostro padre, che colui che
imitiamo sia un PORTATORE DI ESSERE superiore al nostro.
Cioè, in altre parole, AMMIRIAMO sempre qualcuno che riteniamo più
COMPLETO di noi, più REALIZZATO e quindi, più felice.
Chi non ricorda quando, adolescente, nell'ansia di crescere, guardavamo
ammirati i ragazzi più grandi e non desideravamo altro di essere anche noi
come loro
La mia è stata la generazione dei Beatles.
Chi di noi non avrebbe voluto essere Paul Mc Cartney o Ringo Star.
Tutti, almeno per un attimo, suppongo
E quelli prima di noi Elvis Presley
E quelli dopo chissà chi altro.
Tutta l'idolatria giovanile di qualunque epoca per i divi del rock o del
cinema è dovuta a questa spinta interiore che chiamiamo desiderio.
I mediatori son sempre gli altri, i coetanei o quelli un po' più grandi.
Mai quelli più piccoli, statene certi.
Proprio perché, per dirla scherzosamente, in quei "PORTATORI SANI DI
ESSERE" confluiva il desiderio di intere generazioni.



DECADENZA



ESSERE, ESSERE QUALCUNO, DIVENTARE QUALCUNO, è anche poi,
purtroppo, su questa spinta in sè pregevolissima, che si innesta la
PUBBLICITA
tanto brava ad illudere che attraverso l'acquisizione di questo o
quell'altro oggetto,
questa ansia possa venir appagata.
Auto, gioielli, tutte le cose, anche le più inutili, son sempre
accompagnati nella pubblicità, da esagerazioni fantasmagoriche, musiche
squillanti,
modelli e modelle, letteralmente nella loro doppia valenza, atte ad
illuderti che se possiederai quell'oggetto sarai come quell'uomo o quella
donna tanto chic e che quindi nessuno potrà resistere al tuo trabordante
ESSERE.
Falso.
Ma tutti ci cascano, caschiamo o ci siamo cascati.
La stragrande maggioranza c'è ancora dentro fino al collo.
Questo spiega meglio di altro perché le Chiese alla domenica pomeriggio
son deserte e gli Outlet e Supermercati stracolmi di gente
disperatamente gaia
perché vittima di un ingranaggio che gli ha disorientato il cervello come
a quelle balene che di tanto in tanto si spiaggiano nei posti più strani..
Chissà, forse anche le balene saranno felici quando si arenano.
Infatti hanno lo stesso comportamento degli uomini che provi di
allontanare da un Discount.
Ci tornano immediatamente !!


Alcuni mesi fà scrivevo queste righe nel mio Blog , che qui riporto al
fine di chiarire ulteriormente questoaspetto DETERIORE del "Desiderio di
essere":

Una società che ha rifiutato l'ontologico illudendosi di poterne fare a meno
e che basti l'"avere" ontico senza neppure lontanamente essere in grado di
porre rimedio a questa istanza inconscia dell'uomo, può solo, con le sue
ridicole leggi, porre sempre più divieti o ancor più demenzialmente
toglierli tutti con lo stesso identico risultato:
Stare a guardare l'ingrossarsi delle fila di chi compensa con la droga
questa irrefrenabile spinta del "desiderio" a quel'"Essere" che nella sua
espressione inferiore è l'irrazionale droga ma che può essere superata solo
nel SOVRArazionale e non certo nella piattezza della ragione nichilista e
"calcolante" che, a quelli, del calcolo, oramai, non glene strafrega niente
ed è per questo che i ridicoli esperti che "calcolano" i danni son patetici.
Dimostrerebbero d'essere più intelligenti se si dedicassero a convincere
gli arabi della bontà del prosciutto di Parma nei tortellini !!

Ma chi è competente di "sovrarazionale" ?
Quegli sciocchi che riducono l'uomo al suo linguaggio ?
Scordatevelo !
Quelli ancor fermi alle banalità dello sciocco romantico Freud ?
Meno che mai, e neppure ci provano, almeno
Psicofarmaci che stanno all'Extasy come i cioccolatini Ferrero ai Lindt ?
Sarà faaaaaaacileeeeee !!
Chi allora ?
NESSUNO

Solo quando i MODELLI, le figure AMMIREVOLI non saranno più calciatore,
veline, velisti e velocisti ma UOMINI VERI, allora ne riparleremo, ma ora
siam lontani anni luce e solo se troveranno MODELLI che destino la loro
AMMIRAZIONE potranno trovare nel IMITARLI la forza per andare oltre.

A volte si trovano
MUCCIOLI era uno di questi.
Ma è stato stroncato da un fantozzi/fautore della legge che di "super-io"
capiranno, ma non d'altro.

Ma il problema resterebbe perché, una volta allontanati da tali modelli e
tornando in questa società, se nel frattempo non saranno diventati "modelli
a se stessi" e per gli altri, ripiomberanno nel vortice, ma non per caso o
per sfortuna, ma solo perché quel mondo piatto li avrà fagocitati nuovamente
stritolandoli, asfissiandoli con la sua sistematica, razionale, logica,
lucida pazzia.

...ed anche quest'altro:

Lungi dall'essere il vero desiderio,
libidinosamente e originariamente materno,
e la sublimazione la frustrante e frustrata sua elevazione,
è vero il contrario,
che il desiderio è quel desiderio di
"ESSERE" ,
primariamente ammirato nel paterno,
e la sua realizzazione materiale, in verità,
ne è solo l'"abbassamento".

Ecco perché il desiderio è sempre appagato solo temporaneamente,
e non perché ogni sostituto del materno
è pur sempre e solo una sua "brutta copia",
ma perché il desiderio è qualcosa
di infinitamente più grande
di ogni oggetto materiale..





Ma come siamo arrivati a questo ?

Perché siamo arrivati così in basso ?

Da dove si origina questa DECADENZA ?

Ecco quello che dicevo quest'inverno, sempre nel mio Blog, all'inizio di
quella crisi economica in cui siamo tutt'ora immersi



C'è una crisi economica in atto che, nella peggiore delle ipotesi si
risolverà nel giro di qualche anno.
Ma tutto questo è irrisorio stante l'ALTRA crisi, ben più profonda e
radicale che serviranno generazioni per venirne a capo, ed è quella che, ben
occultata dal benessere economico, traspare nella DECADENZA del tutto,
Uomo in primis.

Pare strano che persone, seppur non stupide, riescano solo a partorire
"abortini" di realtà quale che l'attuale degrado sociale sia causato dalla
televisione, quella di Berlusconi, ovviamente, stante il mistero della sua
generalizzazione all'intero pianeta che, parrebbe quindi, la forza di
rincretinimento dell'ideologia batterle tutte.

Una sofisticata analisi della genesi di detta "decadenza" la si può trovare
in un libro di Nikolaj Berdjaev, "Nuovo Medioevo",

("Medioevo" inteso nella sua eccezione positiva, non in quella banale di
derivazione Illuminista)

definito "Impressionante" dal critico dell'Espresso, poiché... "Queste
riflessioni pubblicate

per la prima volta nel 1923 sembrano scritte ieri, dense come sono di
quell'impasto di
rifulgente ossessione per la modernità e senso della fine che fa il nostro
pane quotidiano"

"L'avvenire è cupo. Non possiamo più credere alle teorie del progresso che
hanno sedotto il XIX secolo, in virtù delle quali il futuro prossimo
dovrebbe sempre essere migliore, più bello, più gradevole del passato che se
ne va
[...]
La modernità che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all'epoca
del Rinascimento.
Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento.
[...]
L'umanesimo non ha rafforzato l'uomo, lo ha debilitato. Questa è la
paradossale conclusione della storia moderna. Attraverso la propria
autoaffermazione, l'uomo si è perduto invece di trovarsi. L'uomo moderno è
entrato nella modernità pieno di fiducia in se stesso e nella propria forza
creativa: tutto, all'alba di questa epoca, gli sembrava dipendere dalla
propria arte, alla quale non vedeva né limiti né frontiere. Ora ne esce,
per entrare in un'epoca inesplorata, prostrato nelle sue energie e con la
fede a pezzi - la fede che nutriva nelle proprie forze e nella potenza della
propria arte -, minacciato dal pericolo di perdere per sempre il nucleo
della propria personalità."

Proseguendo poi per sommi capi, dal Rinascimento in cui l'Uomo era ancora
pieno di quello spirito che gli proveniva dal Medioevo, arriviamo via via
sempre più "in riserva" all'epoca della Riforma e di quell'Illuminismo che è
stato più volte argomento di altri miei post e che qui si amalgama alla
perfezione con quanto esprime questo autore:

"La rivolta e la protesta, inerenti alla Riforma, hanno generato
quell'evoluzione della storia moderna che si è conclusa con i "lumi" del
XVIII secolo, con il razionalismo, con la rivoluzione, fino ai suoi effetti
estremi: il positivismo, il socialismo e l'anarchismo.
I "lumi" non sono che un pallido riflesso del Rinascimento, un'ultima forma
dell'autoaffermazione umanista. Ma non vi è più, in essi, lo spirito
creativo: il Rinascimento si è inaridito.
[...]
I "lumi" sono il castigo temporale del Rinascimento, il prezzo da pagare per
i peccati dell'orgoglio umanista, di questa autoaffermazione che ha tradito
le forme divine dell'uomo
[...]
Il Rinascimento ha esaurito le proprie forze creative, dando origine a un
VIOLENTO movimento storico nel quale non vi sarà più posto per una creazione
possente. La rivoluzione francese, il positivismo e il socialismo del XIX
secolo sono le conseguenze dell'umanesimo rinascimentale e, al tempo stesso,
i sintomi dell'inaridimento del suo potere creativo
[...]
Due uomini, che dominano il pensiero dei tempi nuovi, Friederich Nietzsche e
Karl Marx, hanno rappresentato con geniale intensità, queste due forme
della autonegazione e dell'autodistruzione dell'umanesimo. In Nietzsche
l'umanesimo rinuncia a se stesso e si distrugge nella sua forma
INDIVIDUALISTA; in Marx nella sua forma COLLETTIVISTA. L'individualismo
ASTRATTO e il collettivismo ASTRATTO sono prodotti da una medesima causa, la
separazione dell'uomo dalle basi divine dell'esistenza, la sua scissione dal
CONCRETO
[...]
La morale di Nietzsche non ammette il valore della personalità umana; essa
rompe con l'umano, PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL'UOMO, ,
in nome dei suoi fini sovraumani, in nome di ciò che è futuro e lontano,
in nome del
sublime.
L'individualismo superomistico sostituisce in Nietzsche il Dio perduto.
[...]
La morale di Marx non ammette il valore della personalità umana; anche lui
rompe con l'umano e PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL'UOMO, in nome del
collettivismo, in nome dello stato futuro, dello stato socialista
La collettività sostituisce in Marx il Dio perduto.


Queste poche note giusto per rendervi partecipi dell'attualità delle
risposte di questo libro alla crisi umana della nostra epoca che, come si
diceva, è ben più profonda e di difficilissima soluzione di quella economica
che la occulta sovrastandola stante il materialismo ottuso dei molti.

Ma ora , dopo questa digressione storica, facciamo un passo indietro
tornando al brano di René Girard, dal quale eravamo partitianche per
spiegare meglio, contemporaneamente, queste due affermazioni su Marx e
Nietzsche
IL CAPRO E L'AGNELLO



È vero, gli intellettuali hanno sempre riconosciuto l'esistenza di un
desiderio imitato, ma la maggior parte di loro, specialmente quando pensa al
proprio desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur
sempre un desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel desiderio
non esiste. È proprio questa dimensione sociale, inter-individuale, del
desiderio che crea conflitti -- conflitti suscettibili di estendersi a tutta
quanta la comunità, conflitti che hanno la tendenza a diventare contagiosi.
Più gente c'è che desidera lo stesso oggetto, più ce ne sarà: è una
moltitudine che si moltiplica all'infinito, come avviene nelle borse
finanziarie, straordinario microcosmo del puro desiderio. Perciò le società
umane sono minacciate da una violenza radicalmente diversa da quella
tipicamente animale.



Perchè Girard parla di "conflitti" come conseguenza di questa modalità di
esprimersi del desiderio che, riassumiamo, ci porta "fuori di noi"
nell'"imitazione" di "modelli" che riteniamo..."portatori sani di essere" ?

Ma perché, nel preciso momento che ci indicano COSA desiderare, sorge
IMMEDIATAMENTE la COMPETIZIONE con il modello stesso per appropriarsi
dell'oggetto, da questo momento, comunemente desiderato, ma,
contemporaneamente UNICO.

Ecco, quindi, l'inevitabile "conflitto" per l'attribuzione dell'ambita
"preda"
"Prima io!"..."No, l'ho vista prima io !..."No, ma io non ne posso fare a
meno"...."Neanch'io!"..."La voglio !"..."La voglio anch'io!"
E duelli, botte, lotte, conflitti, guerre...ecco cosa intende Girard quando
parla di "CONTAGIO"


E qui inizia la lunga storia della VIOLENZA, autentica condanna di quel
Peccato Originale, sua manifestazione concreta, che è così INSCINDIBILMENTE
COLLEGATA con il Desiderio e della quale dovremo parlare ora per giungere a
spiegare il primo, il "desiderio" evitando il secondo, la"violenza",
depurandolo, in altri termini, dalla sua "ombra".


Una minuscola premessa introduttiva:

Violenza e Autorealizzazione.
Ombra e Luce di ogni uomo.


L'uomo, come fosse veramente stato cacciato da un luogo perfetto, nasce
immerso nella violenza e tutta la vita cerca disperatamente di tornare alla
pace.

Violenta è la natura in cui "è-stato-gettato"

Per difendersi da questo l'uomo si associa, si mette insieme agli altri
uomini per difendersene, costruire piccole tribù dove "l'unione fa la
forza".

Ma ecco che quella violenza lasciata fuori dall'uscio, torna dentro dalla
finestra.

L'uomo desidera, ma desiderando attraverso SEMPRE un mediatore, si reinnesca
la violenza del conflitto.

Questo fin dagli albori della civiltà, di TUTTE le civiltà, con buona pace
del "multiculturalismo", che se la violenza è trasversale a tutti gli uomini
non si capisce che senso abbia, nella ricerca della "pace", prediligere
l'osservazione verticale delle culture e delle loro particolarità, ma
tant'è,
e questa è poi la lacuna antropologica alla base del "Relativismo"
Un gigante dai piedi d'argilla.

Ma non divaghiamo. Torniamo alla violenza primigenia

Eravamo al punto che la violenza, non doma, ora assilla la comunità umana
dal interno. Violenza fuori, nella natura, violenza dentro, nella comunità.

La vendetta genera vendetta e non è una soluzione, anzi, è IL problema.

Bisogna appagare la sete di vendetta che periodicamente si genera nella
comunità senza innescare una spirale distruttiva di vendette e
controvendette infinite.

Nasce il CAPRO ESPIATORIO



Prendiamo dalla pagina che Wikipedia dedica a René Girard un estratto
sintetico di questo FONDAMENTALE punto:



Se due individui, imitandosi, desiderano la stessa cosa, può benissimo
aggiungersi un terzo, un quarto. e il conflitto dei primi si allarga. La
violenza è essa stessa imitativa e si può quindi assistere ad un processo a
catena. L'oggetto della contesa passa in secondo piano e il conflitto
mimetico si trasforma in antagonismo generalizzato. Ma quando la violenza
non può scaricarsi sul nemico che l'ha eccitata, si sfoga, come ognuno di
noi ben sa, su un bersaglio sostitutivo. In particolare, la violenza, che
fino ad ora ha continuato a consumarsi in micro-conflitti, può anche
focalizzarsi su una sola vittima arbitraria. Allora la folla si raccoglie
unanime attorno alla vittima e la distrugge. L'eliminazione (espulsione o
uccisione) della vittima fa sfogare la frenesia violenta da cui ciascuno era
posseduto fino a poco prima e ciò ha sul gruppo un impatto emotivo
incalcolabile. La vittima appare ora contemporaneamente come l'origine della
crisi e come la responsabile del miracolo della pace ritrovata. Essa diviene
sacra ai loro occhi, proprio perché prodigiosamente capace di scatenare la
crisi come di ripristinare la pace, ha cioè potere di vita e di morte sul
gruppo: è il dio. Questa è secondo Girard la genesi del religioso



Girard mostra che l'origine della cultura non è economica (Marx), né
sessuale (Freud), ma religiosa, come aveva intuito Émile Durkheim.




IL MALE SI EVOLVE



Ma la partita tra Violenza e Amore, Male e Bene, Diavolo e Dio non è certo
terminata qui, anzi, si evolve, cambia sempre aspetto, si raffina sempre
più invisibilmente:

Cristo rivela la VIOLENZA umana e come combatterla dentro di noi.
Oggi, però, proprio perché più SCOPERTA quest'ultima deve essere più
sofisticata nel mascherarsi.
In altri termini assistiamo a un RAFFINAMENTO del MALE.

L'Italia è quel meraviglioso paese che ha abolito per prima la pena di
morte ed ora lotta per liberare da ciò il resto del mondo.

Ma la Violenza è creativa, geniale.
Smascherarla è difficile
I COLPEVOLI, ad esempio, li tratta benissimo.
Ma la Violenza gioca con gli uomini, li inganna.

Se una persona è veramente INNOCENTE deve aver paura.

Essa, oggi, è GENEROSA coi COLPEVOLI
e SPIETATA con gli INNOCENTI

La Violenza, se non riesce ad orientarsi verso i colpevoli si orienta
verso gli innocenti.
E' molto logica.
Usa il linguaggio, mica è stupida !

Dice: "Io interpreto mia figlia"
Non dice "IO VOGLIO COSI'"

Quello che appare e che viene detto
non sono la stessa cosa.

Questo breve articolo, sempre tratto dal mio Blog, si riferisce ovviamente
al recente caso di Eluana Englaro e fa riferimento a quanto affermato da
quel padre, ma è emblematico di questa evoluzione della violenza verso i
più deboli in assoluto, e i più indifesi, bambini e vecchi

"C'è una mentalità che, esasperando e perfino deformando il concetto di
soggettività, riconosce come titolare di diritti solo chi si presenta con
PIENA O ALMENO INCIPIENTE AUTONOMIA ed ESCE DA CONDIZIONI

DI TOTALE DIPENDENZA DAGL'ALTRI.
Si deve pure accennare a quella logica che tende ad identificare la
dignità personale con la capacità di comunicazione verbale ed esplicita
e, in ogni
caso, sperimentabile. E' chiaro che, CON TALI PRESUPPOSTI, non c'è spazio
nel mondo per chi, come il NASCITURO o il MORENTE, è un soggetto
STRUTTURALMENTE DEBOLE, sembra totalmente assoggettato alla mercé
di altre persone e da loro radicalmente DIPENDENTE e sa comunicare solo
mediante il muto linguaggio di una profonda simbiosi di AFFETTI.
E' quindi la

F-O-R-Z-A

a farsi criterio di scelte e di azioni nei rapporti interpersonali e nella
convivenza sociale.
Ma questo è l'esatto contrario di quanto ha voluto storicamente lo stato
di diritto, come comunità nella quale alle ragioni della forza si
sostituisce
la forza della ragione."

Giovanni Paolo II
Lettera Enciclica
"Evangelium Vitae"
LA VERITA' SFIORATA



A questo punto credo che saremo già tutti convinti dell'abilità e delle
nuove forme di violenza.
Torniamo allora a quel Nietzsche a cui accennavamo all'inizio
Paradossalmente, in realtà, è quello che più di tutti s'avvicina a capire
la rivoluzione portata da Cristo

Il mito di Dioniso racconta dell'uccisione di quel dio, , che è un
bambino, attraverso lo "sparagmòs", la vittima fatta a pezzi, e
l'"omofagia",
la vittima divorata cruda, ad opera dei Titani, a cui segue la reazione di
Giove che uccide i Titani e fa resuscitare il bambino.

Per inciso va ricordato che conseguentemente, Giove, dai brandelli dei
Titani fa gli uomini che son quindi contemporaneamente VIOLENTI, causa
la natura titanica, e DIVINI causa il dio che avevano appena divorato.

Quindi nel mito di Dioniso è presente il momento della morte violenta
seguita da resurrezione, proprio come nella storia di Gesù, che per
Nietzsche non è storia ma mito, questo va da sè.

Ma i due casi, quello di Dioniso e quello di Cristo, non sono affatto
simili. Il fatto che si tratti in entrambi i casi di "martirio", cioè di
vittime uccise dalla VIOLENZA umana, può trarre in inganno, ma la
differenza c'è ed è essenziale.

Nel caso di Dioniso si ACCETTA la violenza della vita nei suoi
meccanismi vittimari; nel caso di Gesù la si RIFIUTA

"Dioniso contro il Crocifisso; eccovi l'antitesi. Non è una differenza in
base al martirio - solo esso ha un ALTRO SENSO. La vita stessa, la sua
eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la
distruzione, il bisogno di annientamento... Nell'altro caso il dolore, il
Crocifisso in quanto INNOCENTE" valgono come OBIEZIONE contro
la vita, come formula della sua condanna."

"La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie - è
dura, è piena di auto superamento, perché abbisogna del SACRIFICIO
dell'uomo.

E questo pseudo umanesimo che si chiama cristianesimo vuol giungere a
far sì che NESSUNO VENGA SACRIFICATO"


Ora, che conclusioni si traggono da tutto questo ?
Che Nietzsche ha colto perfettamente il NUCLEO psicologico dell'Uomo, la
VIOLENZA di cui sono impregnati, ma lo sviluppa BANALMENTE, non
facendo altro che ricoprire solamente con parole nuove e altisonanti
quello , che in realtà, è sempre stato fatto da tutti e dappertutto e
non facendo
altro che perpetuare le radici di tutte le guerre.

Cristo, viceversa, RIVOLUZIONA autenticamente il tutto e se, evitando la
malafede di crociate e inquisizioni, lo si guarda con occhi attenti, se ne
coglierà molto facilmente l'autentica natura pacifista.




AUTOREALIZZAZIONE




Abbiamo dovuto fare questo lungo excursus sulla violenza perché senza
di questo non avremmo mai potuto chiarire la vera natura del desiderio
Emmanuel Levinas, il grande filosofo lituano di origine ebraica,
afferma sinteticamente che IL DESIDERIO E' IL BENE stesso
Potremmo anche, un po' forse forzando il concetto, che
IL DESIDERIO E' LA CARITA' stessa,
se è vero, come è vero, che ci "porta fuori da noi stessi" per
cercare l'Altro, dal quale, in ultima istanza, desideriamo solo "essere
amati".
Ovvio, quindi, stante queste premesse, che per chiarire il desiderio-bene
non si potesse fare a meno di illustrare innanzitutto il suo antagonista
violenza-male

Ecco che ora possiamo cominciare a trarre le prime conclusioni partendo
da quel'"archetipo" dell'Ecumenismo che è stato San Francesco.

Francesco, quindi, ora possiamo cominciare a comprenderlo meglio,
lungi dal "sacrificarsi" rinunciando ai suoi beni è stato semplicemente
una persona che aveva capito tutto.
Si libera di quei be-ni, che son pur sempre be-ghe, per sì farsi sacro
(sacri-ficere), ma per star benissimo, mica malissimo come credono gli
stolti !!
Ecco da dove nasce la misteriosa "letizia" francescana
Nel riconoscimento che l'istanza più profonda dell'uomo, quel desiderio
che abbiamo studiato fin'ora, può venir appagato SOLO nell'Essere che,
liberandosi dall'Avere, leggero, VOLA!!

Il grande scrittore irlandese C.S. Lewis diceva che come chi, arrivando
all'Inferno s'accorgerà d'esserci sempre stato, così chi, come Francesco ,
arrivando in Paradiso si sarà accorto di esserci sempre stato.
Ma non come premio
Solo come prosecuzione
E non per rinuncia
Ma per acquisizione
Libera, della più autentica Libertà


La Santità è il desiderio più proprio dell'uomo perchè, fatto ad immagine
e somiglianza di Dio e come Questi può solo sentirsi appagato nell'Amore.

Lo Spirito Santo stà al Desiderio
come la corrente elettrica alla spina

Ricapitolando, quindi, abbiamo iniziato con il "desiderio di unità" per
"necessità", stante l'imperante "violenza".
Liberati SOLO da Cristo possiamo ora parlare del desiderio di unità,

SOLO ORA, autentico, libero, vero

Dal desiderio di unità per RICEVERE protezione al desiderio di unità per
DARE protezione
Solo un essere intrinsecamente PRIVO di violenza ce lo poteva donare
Un gabbiano che stava ai pesci come Cristo agli uomini
Uno di un'altra razza, di un altro pianeta, di un altro mondo.
Da dove venisse ognuno è libero di scatenare la propria immaginazione, ma
non mi si dica che era solo un uomo, sebbene fosse anche COME uno di noi.
Sarebbe come confondere Shakespeare con un pazzo solo perché entrambi
dotati di fantasia ma, mentre Shakespeare era un genio che coniugava
fantasia e realtà generando così immaginazione; il pazzo coniuga fantasia e
sogno,generando così, viceversa, dei mostri

A questo punto dovremo allora cominciare a parlare di AUTOREALIZZAZIONE,
anche se in realtà non è mai un "auto" ma sempre un ETERO-realizzazione
Ci stiamo quindi sempre più avvicinando a quel "NOI" dal quale eravamo
partiti, quel "desiderio di unità" che, a questo punto, diventa OVVIO,
nella sua intrinseca semplicità.

Dobbiamo solo precisare preventivamente, per poter poi dedurre a come si
giunga dal'"autorealizzazione" alla "eterorealizzazione", delle quattro
dimensioni antropologiche dell'uomo:

Dovremo quindi premettere alcune considerazioni sulla RELAZIONALITA'


Freud, con la sua nota affermazione che "...abbiamo bisogno degli altri",
nonché con il Transfert, vero e proprio perno della psicoanalisi, dimostra
l'indubbio primato della RELAZIONE nella vita dell'uomo

Tale "relazionalita", "intersoggettività", non è tanto da ascriversi a un
bisogno o ad un desiderio ma è parte STRUTTURANTE di fondo dell'essere
umano stesso.
Non c'è possibilità di scelta.
E' così e basta.

RELAZIONALITA', si diceva, innanzitutto, quindi :

A) CON SE STESSI;
L'uomo nello stesso tempo è corpo e ha un corpo: questa duplice qualità
fonda le sue relazioni (peculiari rispetto agli animali) con il mondo e la
storia: il fatto di "essere" corpo pone l'uomo in relazione di immanenza
con il mondo, così che l'uomo non può pensare né agire senza dipendere
dal suo corpo e dalla materia; il fatto di "avere" un corpo pone l'uomo in
relazione di trascendenza con il mondo, così che l'uomo non si esaurisce
semplicemente nella sua corporeità e in una serie di rapporti materiali, ma
mantiene la coscienza e la libertà che ne regolano l'agire. E'
attraverso il suo
corpo che l'uomo entra in relazione con gli altri uomini e con la natura.
L'integrazione della corporeità nella definizione di "persona umana",
conduce coerentemente ad ammettere che la persona è essenzialmente
relazionata al "mondo", nella sua duplice eccezione di "società" e di
"natura". Il discorso sulla corporeità è perciò, in ultima analisi, il
fondamento di quanto ora diremo circa i rapporti interumani e i rapporti
con la natura.

Quindi, dal primo tipo di "relazionalità" passiamo al secondo:

B) L'UOMO IN RELAZIONE CON GLI ALTRI UOMINI:
Lévinas ben sintetizza: "l'apertura al Tu è costitutiva dell'Io" ; la
persona umana, cioè, non può realizzarsi che nell'alterità, nel darsi
agli altri e nel ricevere dagli altri.
La soggettività umana è essenzialmente intersoggettività.
Nell'incontro con gli altri uomini, l'uomo si trova di fronte ad un "tu"
personale come lui, di cui non può disporre come dispone delle cose.
La realtà del "tu" è situata oltre i rapporti di utilità o di mezzo per
l'auto-realizzazione del"io"
L'alterità del "tu", non è di subordinazione ma di comunione: L'altro,
con la sua dignità di persona, pone un divieto alla libertà del'"io": un
"no" che può essere superato solo con il "si" della accettazione dell'altro
come valore intangibile, non a motivo di sue particolari qualità ma
semplicemente della sua dignità di persona. Il rapporto con l'altro
domanda, in una parola, "rispetto" : il contrario del rispetto è la
"strumentalizzazione".
L'apertura di ogni uomo agli altri non si esaurisce, però, nei rapporti
interpersonali: ogni persona appartiene alla comunità UMANA. Questa
appartenenza si manifesta in un'esperienza che nello svolgimento dei
secoli è diventata sempre più cosciente e che, al tempo nostro, ha assunto
notevole importanza: l'esperienza di comunione di coscienza, pensiero e
libertà, di convinzione e, soprattutto, di comune destino di tutta l'umanità
del mondo.
Un'esperienza tanto radicale nell'essere umano che ripetuti terribili
conflitti e guerre lungo il corso della storia non l'hanno potuto
distruggere. Oggi, tale esperienza è espressa col termine solidarietà
designante la RADICE ONTOLOGICA della comunità umana, ossia il vincolo
ontologico che unisce ogni uomo con tutta l'umanità. Si tratta, pertanto,
di una dimensione fondamentale dell'essere umano, dalla quale scaturisce
l'impegno a tutti comune di collaborare al bene della comunità umana e al
progresso delle sue strutture.
La comunità umana non è una persona collettiva sopraindividuale: se così
fosse, ogni persona perderebbe la sua specificità (coscienza e libertà)
per assommarla in una "superpersona" e sacrificarla ad essa; il
fondamento di
ogni comunità adeguata alla dignità umana resta l'essere personale
dell'uomo; il "collettivismo" non è conforme alla dignità della persona
umana.
D'altra parte però la comunità umana non è neanche semplicemente la somma
numerica delle persone che la compongono, ma "una realtà qualitativamente
nuova" in rapporto ad essa, perché nella comunità le persone sono unite
proprio come persone, ossia come comunità di coscienza e di libertà, e non
per un legame che sia esterno a esse.
In conclusione di questo punto, quindi, possiamo dire che il senso non
riposa semplicemente in se stessi, non è solo auto-realizzazione, ma
riposa negli altri, è etero-realizzazione.
Questa non va' però intesa nel senso del Potere, che di Giulio Cesare o
Napoleone ricordiamo a malapena il nome e svogliatamente le gesta, ma nel
senso di "servizio", che di Dante e Shakespeare siam ancora allievi e lo
saremo durevolmente.

Vi è poi un terzo tipo di "relazionalità":

C) L'UOMO IN RELAZIONE CON LA NATURA.

Infine il quarto

D) L'UOMO IN RELAZIONE CON DIO

Ma su questi ultimi due, al momento, soprassediamo, non foss'altro per
ovvi motivi di spazio

Quindi, riassumiamo così:

L'AUTOREALIZZAZIONE è IL tema che, più o meno consapevolmente,
c'accomuna tutti.

Questa società ti fà credere che tu la possa trovare nel lavoro e nel
denaro che conseguentemente guadagni e con il quale ti puoi cavare tutti gli
hobby e i capricci.

E' sempre la logica dove si diceva:
"L'ideologia capitalistica da un lato, con il suo bisogno di consumatori
accaniti, non lascia altro spazio che al lavoro per guadagnare denaro da
spendere poi in divertimenti, e l'efficienza in questi due campi la
chiamano "realizzazione".

A fare il paio poi con questo tema del'"autorealizzazione" c'è quello
del AUTENTICITA' quando, stante l'ottusità dilagante, della VERITA' non è
consentito dire.

Autenticità, ovvero, pura autorefenzialità, sentimentalismo
soggettivistico, pulsionalità momentanea e relativa transitorietà volubile
che sfocia infine in quella coazione a ripetere dove il vuoto interiore è
riempito da amanti, puttane e divorzi a ripetizione.

Questa lunga premessa per dire cosa ?
Che la AUTENTICA AUTOREALIZZAZIONE si compie solo in quel

MISTERO che è la RE-LA-ZIO-NEeeeeeeee !!!!!!

Questa , lungi dall'essere una PRESCRIZIONE etica ha invece, viceversa,
solo una valenza di REALIZZAZIONE ESISTENZIALE autentica e ben
PIU' GRANDE di quella borghese del "self-made-man"

Inoltre, nell'allontanamento da quell'economicismo dilagante, questa
autorealizzazione non ha proprio ben nulla a chè fare con lo SCAMBIO
del "do ut des", ti do se tu mi dai, in quella "partita doppia" che paiono i
moderni matrimoni, ma nel DONO

L'AMORE NON E' SCAMBIO MA UN DONO.

"Io ti ho scelta come occasione di dono" dovrebbe dire un uomo che si
richiami a quei "cavalli di razza", per dirla alla Montanelli, e non ai
ronzini.

Ho dato il massimo ?
Posso darti la totalità di me ?
Quando un'Amore nasce contiene una tensione all'immortalità, al "per
sempre", che se solo ci ricordassimo del nostro "primo amore" non
dimenticheremmo più; perché solo nella UNIONE, TOTALITA' ed

ETRNITA' si comprendono le categorie metafisiche dell'Amore

Ma se la vita E' UN POSSESSO, tutte queste categorie si perdono
irrimediabilmente.
E allora diventerà più chiaro l'abisso che separa tutto ciò dalle
tristezze di eutanasie e simili amenità

Quando non si capisce che la VITA AUTENTICA stà nel DONO e nella
RELAZIONE, allora...rien ne va plus.......



Ecco che qui l'Amore coniugale sfocia in quel "dono di sé" , elevato
all'ennesima potenza nel "consacrato" , che si esprime nell'uso esclusivo
dell'avverbio "TU" , e in quel "NOI" che
come diceva quel grandissimo psichiatra di Ludwig Binswanger, l'Amore non
usa mai l'IO, e già anche nel solo linguaggio traspare

Ecco dunque la conclusione di questo lungo discorso, in fondo, solo per
spiegare questo passaggio dove risiede tutto il "desiderio di unità"
Dal IO, attraverso il TU, per giungere infine al NOI DELL'AMORE




IL LINGUAGGIO DELL'AMORE





Nel'"essere-insieme-nell'amore", il Dasein incontra se stesso ("gioca
con se stesso") nella sua totalità e nella sua pienezza. Non ci
meraviglieremo quindi se Binswanger afferma che l'unico linguaggio che
compete all'amore è il silenzio. Che cos'è infatti il linguaggio ?

Il linguaggio è sempre un medium, un vestito del pensiero, specificazione,
dettaglio, scelta. Esso è volto a dimostrare, persuadere, difendere,
accusare.
Esso articola, specifica, precisa.

"Il linguaggio - dice Binswanger - non è luce, ma rischiaramento... La
dualità nell'amore non abbisogna di alcun rischiaramento, poiché, in sé e
per sé, è già essa stessa luce. Essa non ha bisogno di alcuna
dimostrazione, ne può in alcun modo essere dimostrata.
Essa è Dasein interamente svelato, e non ha bisogno di essere rivestito,
come appunto fa il linguaggio..."

E altrove :

"La dualità nell'amore è pura esaltazione, pienezza inarticolata,
indeterminata, indivisa, quindi ineffabilità, immobilità silenziosa, senza
quasi respiro, un'immobilità che in nessun modo significa negazione o
privazione, bensì il supremo e più positivo, anche se muto, compimento di
tutto il Dasein"

L'amore non è ricerca di una verità, ma è "verità" esso stesso, quindi,
anche se indifeso contro al giudizio, è, nel suo fondo, inattaccabile.

L'amore è trasparenza immediata, rivelazione diretta del Dasein a se
stesso, evidenza, quindi indimostrabile. Esso non può essere "detto", ma
solo vissuto,.
Ogni linguaggio, dice Binswanger, trasforma il Tu dell'amore
nell'accusativo "lui", per cui l'ineffabile dualità di me e di te si
spacca nel solito fatale dualismo di oggetto e oggetto.


Non inprigionabile nella dimensione spaziali e temporali, l'amore è un
puro "venirsi incontro", un puro e muto linguaggio da cuore a cuore che
non abbisogna del medium della comunicazione verbale a suo sostegno
e quale suo interprete, perché esso è sincerità totale. In quanto "verità",
l'amore non è neppure collocabile in un quadro etico, non ha quindi
bisogno di
apologie : esso non è un dovere da compiere, né un fine da perseguire, né
un valore da difendere. L'amore è, insomma, "docta ignorantia".


"L'immotivazione dell'amore, che alla ragione appare come
irragionevolezza, è proprio il suo fondo, la sua "ragione" e la sua
"giustificazione"
Parlando di "muto linguaggio da cuore a cuore", intendiamo sottolineare
un non piccolo merito dell'antropologia di Binswanger. Egli ha recuperato
alla sua meditazione sull'uomo il valore del "cuore", un valore del tutto
assente in quel MITSEIN heideggeriano che lo stesso Binswanger chiama
"neutrale", appunto per la mancanza in esso di un Tu amante. Egli
descrive la "patria" dell'amore come "la patria del cuore". Certo, qui
il concetto
di "cuore" non è solo quello che ricorre presso Agostino e Pascal, cioè
idea comprensiva di tutto ciò che nell'uomo vi è di più centrale, di più
sorgivo, di più prescientifico e indefinibile, né è semplicemente quello del
parlare comune.
Per Binswanger, il "cuore" non sta mai ad indicare una proprietà o una
funzione dell'uomo, né una sua singola azione, né un rapporto mondano, ma
allude sempre a un modo fondamentale di essere-uomo, e precisamente
esprime l'apertura del Dasein al "noi" della dualità amante.

"Nell'essere-insieme-nell'amore il Dasein si scopre come "cuore" e il
"da" del Dasein (il "ci" dell'esser-ci) si dischiude come la patria del
cuore" Lo stesso incontro amoroso viene descritto come un "venir dal
cuore" e un "andare al cuore".

Siccome tuttavia essere-uomo non è solo amore, ma anche CURA (in forza di
quel rapporto dialettico tra amore e CURA che Binswanger chiama sistole e
diastole dell'essere-nel-mondo), ad ogni contemplazione silenziosa
dell'amato è immanente il bisogno di darsi una forma esterna. Ecco perchè
il Tu della dualità amante tende a diventare Tu espresso, cioè linguaggio.


Il linguaggio che l'amore sopporta come il più capace di coglierne e di
convogliarne l'eidos, è quello meno specificante e più allusivo, il
linguaggio della musica e della poesia. Se nelle GRUNDFORMEN Binswanger
cede spesso e volentieri la parola ai poeti non è solo perché essi dicono
meglio le cose, ma perché la forza dell'immaginazione poetica è ciò che si
"commisura" meglio alla sovratemporalità e alla sovraspazialità dell'amore.
Se quindi certe pagine delle GRUNDFORMEN possono avere l'andamento un po'
disarticolato di un'ontologia dell'amore, Binswanger ci avverte che in
ogni lirica autenticamente amorosa si cela un frammento di un'ONTOLOGIA
DELL'AMORE.


Certo, poesia e musica rompono anch'esse quel "sacro silenzio" che è il
vero linguaggio dell'amore, ma a quello si avvicinano perchè non
specificano nulla, alludono ma non significano.

"La loro "patria" ontologica è nella trascendenza esaltante della pura
"immaginatio". Solo esse possono "alludere alla totalità del Dasein"


"Esse sono trascendentale "immaginatio", quindi non finalizzata, non
problematica, prescindente da ogni individuazione, sgorgante dalla
totalità dell'essere e volta alla totalità dell'essere"

Con le belle parole di P. Valery, Binswanger ama chiamare musica e poesia
"les enfants de mon silence"


Ma anche la quotidianità conosce il lirismo del linguaggio amoroso, sia
pure non così eletto come quello dei poeti. Questo dialogo tra amanti è
"sacro" perchè ex corde sonat e purché rientri, poi, in quell'immobilità
silenziosa del cuore da cui proviene. In questo dialogo, gli amanti
esperimentano la NOVITA' NELLA RIPETIZIONE : "Non esiste nessun altro modo
di essere in cui la ripetizione e novità siano una cosa sola come
nell'essere-insieme-nell'amore"


La forma dell'amore è ogni volta nuova, e ciò denuncia la sua
sovratemporalità. Il dialogo tra amanti, in quanto forma dell'amore, è
senza un tema specifico e senza uno scopo preciso (non è socratico,
sofistico, politico, economico...). Sua caratteristica è quella
autenticità che viene dalla sincerità del cuore, e l'atmosfera che esso
sa creare.
Strttamente parlando, esso non ha contenuti : non ciò che tu dici conta,
ma il fatto che sei tu a dirlo!


Ma nel Tu divenuto parola espressa, il dialogo non si apre solo al mondo
poetico (nel quale il tema è sempre e solo il NOSTRO AMORE) ma anche al
mondo della PREOCCUPAZIONE. E' in quest'orizzonte che l'amore si fa
"storia", destino mondano. L'essere-insieme-nell'amore esce dall'istante
eterno e rientra nel tempo e nello spazio della CURA. Ora l'amore si
tematizza, si esplora, si interpreta, s'interroga, si preoccupa. Ora
passato e futuro gravano sul presente. Ma anche a questo dialogo inerisce
pur sempre un po' di quella "esaltazione", di quella "immaginatio" che
definiscono l'amore, poiché in esse si inquadra e si fonda.

L'amore diventa così "opera", realtà forgiante .

In conclusione si è voluto dimostrare, con questo piccola "tesi", che il
Desiderio ha sì bisogno della Grazia e di Cristo, ma più che per
"convertire"
per far sì che l'uomo possa andare nella "giusta direzione".


Verrebbe quasi da pensare, giunti a questo punto, che questo "Desiderio"
sia il rovescio della medaglia di quel "Peccato Originale" con il quale
nasciamo e, come quest'ultimo ci porta verso il basso, quello ci porti verso
l'alto.


La spinta verso la Luce di quell'Ombra che ci portiamo anch'essa dentro di
noi.
Verso quelle "stelle", come dice la sua etimologia, per le quali siamo nati.





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