Il Pretore nella sentenza citata scrive
"omissis...fondamentalmente quindi l'affermazione la Ludes non è
riconosciuta nel sistema universitario svizzero corrisponde alla
realtà"
"pure vero che è che i titoli di studio rilasciati dalla Ludes non
sono equipollenti a quelli delle università italiane"
Questo per essere chiari e smascherare la furbizia dei dirigenti della
università Ludes che omettono di dare queste informazioni nel sito
internet.
Sul terzo paragrafo quello che recita" i titoli non hanno valore
legale nemmeno in Svizzera" il Pretore ha erroneamente giudicato in
diritto .
Sul punto infatti scrive l'avv. Fabia Giannini Giurista del
Dipartimento dell'Educazione del Cantone Ticino, su precisa domanda
" se il diploma di fisioterapia e la laurea in osteopatia rilasciate
dalla Università Ludes hanno valore legale in Svizzera" risponde "
alcune nazioni attribuiscono un valore legale ai titoli
accademici,cioè lo stato si fa garante della loro qualità e del loro
valore.In Svizzera,data la struttura confederale, non esiste il
concetto di valore legale dei titoli,salvo quelli legati ad un esame
di stato,come per esempio medicina.Non è il caso invece della
fisioterapia e dell'osteopatia...
Dal che si evince che i titoli accademici rilasciati dalla Ludes non
hanno valore
legale in Svizzera e che percio anche la terza parte del messaggio
incriminato corrisponde alla verità.
Da considerare che tale risposta è pervenuta in data successiva a
quella della sentenza del Pretore è per questo costituisce fatto
giuridico nuovo rispetto alla situazione di fatto e di diritto a
conoscenza del Pretore al momento della causa.
Tale sentenza quindi è stata appellata alla Corte di Cassazione e
Revisone Penale,e tale ricorso ne sospende l'esecuzione , ESSA QUINDI
NON E'DEFINITIVA E LA PENA E' SOSPESA E NON E' ESECUTIVA.
L'avv.Massimo Silvestri quindi per il principio della presunzione di
innocenza DEVE ESSERE CONSIDERATO INNOCENTE.
L'omissione nel messaggio di queste informazioni ,lascia intendere
invece che la condanna sia definitiva e per questo arreca un
irreparabile pregiudizio all'onore e alla reputazione del'avv.Massimo
Silvestri,che ha deciso di presentare denuncia penale per diffamazione
ai danni dell'autore del presente messaggio e della Università Ludes
che lo ha pubblicato sul proprio sito internet.
Inoltre anche il Politecnico di Studi Aziendali di lugano,indicato
falsamente come condannato ha deciso di presentare una denuncia penale
per diffamazione e calunnia contro l'autore del presente messaggio.
La denuncia è stata presentata alla Procura della Repubblica di Milano
e a quella di Lugano.
Quest'ultima ha già aperto un fascicolo d'indagine per accertare ed
identificare il mittente del messaggio diffamatorio.
Che per la suddetta universita' rappresenta......
http://www.unipsa.ch/informazioni_universita/index.html
M.
--
"Ho perso le parole" (Ligabue)
"Mi restano un po' di parolacce" (Smith)
Inoltre con delibera del 5 dicembre 2007 ,notificata il 4 marzo 2008,
il Garante ha sospeso la procedura IP20 e la relativa delibera
n.16880 del 24 maggio 2007,nella quale si contestava la
inottemperanza
al provvedimento annullato.
leggete il dispositivo della sentenza del TAR
http://www.unipsa.ch/documenti/news/Tar.pdf
Eroico minchione, quel giorno al TAR non c'eri........
Statte bbuo'
e allora mica vince chi si fà vedere..vince il ricorso chi ha
ragione ed io ho vinto anche senza farmi vedere perchè ho ragione
respirone lungggooooooo superminchione e beccati questo
TAR DEL LAZIO : IL NOSTRO SITO INTERNET NON E' INGANNEVOLE
Il Tribunale Amministrativo del Lazio, con sentenza n.14210 del 7
novembre 2007 depositata il 31 dicembre 2007 , ha accolto il
ricorso della nostra università Politecnico di Lugano ed ha
Ma non c'eri.......
:)
RACCOMANDATA
Lodevole
Corte di Cassazione e revisione penale, tramite la
Pretura penale
6500 BELLINZONA
Lugano, 19 febbraio 2008
FN/la documento1
RICORSO PER CASSAZIONE
che presenta Massimo SILVESTRI, Via Ferri 14a, Lugano
(patrocinato dall'avv. Francesco NAEF, Via Nassa 21, 6901 Lugano)
contro la sentenza del Giudice della Pretura penale 9 gennaio 2008
nell'inc. 10.2007.227
invocando i titoli di cassazione di cui agli art 288 lett. a, 288
lett. b, e 288 lett. c CPP
****
IN ORDINE
1. I dispositivi della sentenza impugnata sono stati oralmente
notificati al ricorrente in data 9.1.2008; la dichiarazione di ricorso
presentata in data 10.1.2008 è dunque tempestiva.
La motivazione scritta della medesima sentenza è invece stata
notificata allo scrivente patrocinatore in data 30.1.2008; la
presente motivazione del ricorso di data odierna è quindi tempestiva.
NEL MERITO
2. Con decreto di accusa 25.5.2007 la Sostituta Procuratore Pubblico
ha messo in stato di accusa innanzi alla Pretura penale Massimo
Silvestri, per titolo di diffamazione, per avere a Pazzallo, celato
sotto gli pseudonimi di "silmax" "equalizer" e "msfirm", ed
inserendosi mediante connessione internet il 15.5.2006 sul forum di
www.welfareitalia.it, il 18.5.2006 su quelli di www.futurimedici.com,
www.studenti.it, forum.quotidiano.net, www.politicaonline.net,
www.guidamaturità, www.newland.it, universando.com, e tesine.net, il
22.5.2006 su quello clarence.net e www.diario.it, il 23.5.2006 su
quello www.network54.com, ed in data 28.5.2006 sul forum virgilio
community, comunicato il seguente messaggio:
"La Ludes non è riconosciuta nel sistema universitario svizzero, i
titoli non hanno valore legale nemmeno in Svizzera e non sono
equipollenti a quelli delle università italiane".
Vista l'opposizione dell'accusato, l'incarto è stato trasmesso alla
Pretura penale per la celebrazione del dibattimento.
3. Nell'ambito degli atti preparatori del dibattimento, il Giudice ha
ordinato (su richiesta della parte civile) l'audizione quale testimone
del Commissario capo del Compartimento di Polizia postale della
Lombardia Fabiola Treffiletti, citando le parti al dibattimento del
9.1.2008.
4. Al dibattimento l'accusa non ha partecipato ma ha inviato un plico
di nuova documentazione; nuovi documenti sono stati prodotti anche
dalla parte civile e dalla difesa.
La difesa ha poi eccepito (cfr. verbale dibattimento, p. 2-3) che la
testimone Trefiletti (risultata esser vice-questore) era, quale
funzionario pubblico, tenuta al segreto d'indagine e d'ufficio (non
essendo stato notificato all'accusato il decreto di chiusura indagini
ex art. 415 CPP italiano), e non poteva rispondere, se non commettendo
un reato: la sua testimonianza sarebbe dunque stata pure un mezzo di
prova illecito. Il Giudice ha respinto l'eccezione ritenendola tardiva
(perché il nome del teste era noto da mesi, sentenza impugnata, p. 8
consid. 11), e perché dalla documentazione agli atti risulterebbe
avvenuta la notifica del citato decreto di chiusura indagini
(comportante, come riferito dalla testimone, lo svincolo dal segreto),
l'accusato non avendo provato di non averlo ricevuto (cfr. verbale
dibattimento, p. 2-3).
Espletate le ulteriori formalità dibattimentali, il Giudice ha
rifiutato al ricorrente la prova della verità, e lo ha ritenuto
colpevole di diffamazione (art. 173 CPS), per i fatti compiuti nelle
circostanze descritte nel decreto d'accusa sopraccitato, condannandolo
a pena pecuniaria, multa e pagamento di tasse e spese.
La tassa di giustizia di CHF 495.- è stata poi aumentata di CHF 600.-
perché l'accusato ha chiesto la motivazione scritta della sentenza.
5. È contro tutti i dispositivi di tale sentenza che, accertando in
maniera arbitraria i fatti, incorrendo in vizi essenziali di
procedura, ed applicando male il diritto, viola gli art. 6 e 10 CEDU,
8, 9, 16, 29, 32 Cost, 173 CP, 112 LTF, 113 e 123 CPP, è diretta la
presente impugnazione.
6. In primo luogo il ricorrente invoca il titolo di cassazione
dell'art. 288 lett. b CPP, per essere il Giudice incorso in vizi
essenziali di procedura in relazione all'audizione della teste
Trefiletti (art. 123 CPP), e per avere posto a fondamento della
sentenza tale deposizione illecita in spregio all'art. 113 CPP.
a) È innanzitutto a torto che il Giudice ha rimproverato alla difesa
di aver sollevato la questione tardivamente, cioè al dibattimento.
Prima del dibattimento non si poteva sapere se la teste sarebbe stata
coperta o meno dal segreto, visto che questo è legato, come si vedrà
in seguito, allo stadio delle indagini. È dunque solo al dibattimento
che la difesa ha potuto costatare che la teste era ancora tenuta al
segreto, visto che non era stato ancora notificato al ricorrente il
decreto di chiusura indagini ex art. 415bis CPPit.
Nessuna tardività dunque.
b) Per l'art. 123 CPP, se la persona citata come testimone
è un membro di un'autorità o un pubblico funzionario, deve esser
avvertita dell'obbligo di chiedere alla competente autorità il
permesso di deporre sui fatti che conosce in virtù della sua carica.
Nel caso in esame, non è seriamente contestabile che la dott.
Trefiletti sia un pubblico funzionario, quale vice-questore della
Polizia di Stato italiana, e che essa sia stata sentita in relazione a
fatti che conosceva in virtù della sua carica. È proprio perché è un
funzionario di polizia - e non una bella lavanderina - che è stata
sentita sull'esito degli accertamenti della polizia italiana, e che il
Giudice ha dato tanto peso alla sua testimonianza. Del resto si è
comportata anche esteriormente da funzionario, non indicando la sua
dimora (ma quella dell'autorità di cui fa parte), e rispondendo
facendo capo ad un incarto d'indagine.
Dal verbale d'udienza dibattimentale non risulta però che essa sia
stata destinataria dell'avvertimento di cui all'art. 123 CPP.
La sua audizione è quindi nulla ed inutilizzabile. Non poteva il
Giudice porla a fondamento della sua sentenza
c) Ma anche a prescindere da ciò, la sentenza impugnata
soffre di un grave vizio di procedura, poiché si fonda su di una prova
illegale, la deposizione Trefiletti.
Per l'art. 329 CPPit, infatti, gli atti d'indagine compiuti dal
pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal
segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza, e
comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari. La
rivelazione del segreto è punita dall'art. 326 CPit. con la reclusione
da sei mesi a tre anni.
Come riferito dalla stessa teste (cfr. verbale del dibattimento, p. 2;
cfr. anche il fax dello studio legale Baiuccio prodotto dalla parte
civile al dibattimento) è la notifica all'accusato della chiusura
indagini ex art. 415bis CPPit che svincola il funzionario dal
segreto.
Ora, nel caso in esame, agli atti non vi è la prova di tale notifica.
Neppure l'allegato al fax dello studio Baiuccio precitato fornisce
tale prova, visto che la nota manoscritta fa riferimento di una
notifica in corso, non effettuata. E infatti, ad oggi, il qui
ricorrente non ha ricevuto proprio nulla. Non poteva quindi il Giudice
accertare l'avvenuto svincolo, poiché non vi era la minima prova
dell'avvenuta notifica di chiusura indagini. Il suo accertamento è su
tale punto arbitrario (DTF 129 I 8).
La funzionaria Trefiletti era dunque tenuta al segreto, e la sua
deposizione risulta quindi illegale. Quale prova illegale non poteva
essere utilizzata dal Giudice.
7. In secondo luogo, il ricorrente invoca il titolo di cassazione
dell'art. 288 lett. c CPP, per avere il Giudice arbitrariamente
accertato che il ricorrente sarebbe l'autore dei fatti contestati con
il decreto d'accusa in questione, violando altresì il principio in
dubio pro reo.
a) Nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove il
giudice di merito dispone di un ampio potere di apprezzamento, che può
essere sindacato da codesta CCRP unicamente sotto il ristretto profilo
dell'arbitrio. Per costante giurisprudenza, un accertamento dei fatti
o un apprezzamento delle prove è arbitrario solo quando il giudice ha
manifestamente disatteso il senso e la rilevanza di un mezzo
probatorio, ha omesso, senza fondati motivi, di tenere conto di una
prova importante, idonea a influire sulla decisione presa, oppure
quando, sulla base degli elementi raccolti, egli ha fatto delle
deduzioni insostenibili (DTF 129 I 8). La valutazione delle prove è in
particolare arbitraria quando siano considerate unilateralmente le
singole prove (DTF 112 Ia 369 consid. 3), oppure quando gli
accertamenti di fatto sono manifestamente erronei, contraddicono
palesemente la situazione effettiva, sono fondati su una svista
manifesta o contrastano in modo evidente con il sentimento di
giustizia e l'equità (DTF 129 I 49 c. 4), oppure ancora quando non si
fondano su alcuna prova agli atti (UHLMANN, Das Willkürverbot, Berna
2005, n. 66)
Quanto alla presunzione d'innocenza, garantita dagli art. 32 cpv. 1
Cost., 6 n. 2 CEDU e 14 n. 2 Patto ONU II, nonché il principio in
dubio pro reo, quale suo corollario, concernono sia la ripartizione
dell'onere probatorio che la valutazione delle prove. In quanto regole
sull'onere probatorio tali garanzie costituzionali impongono alla
pubblica accusa di provare la colpevolezza dell'imputato e non a
questi di dimostrare la sua innocenza. Nella valutazione delle prove
dette garanzie implicano che il giudice penale non può dichiararsi
convinto di una ricostruzione dei fatti sfavorevole all'imputato
quando, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio,
sussistono dubbi che i fatti si siano verificati in quel modo; il
principio è violato ove il giudice condanni l'accusato, nonostante che
una valutazione oggettiva delle risultanze probatorie implichi la
sussistenza di manifesti, rilevanti e insopprimibili dubbi sulla sua
colpevolezza (DTF 127 I 38 c. 2a, 124 IV 86 c. 2a).
Nel caso di specie il Giudice ha ammesso di non disporre di prove del
fatto che il ricorrente fosse l'autore del messaggio incriminato
(circostanza appunto sempre contestata dal ricorrente), ma ha ritenuto
che numerosi convergenti indizi portassero a ritenerlo. Tale
apprezzamento è arbitrario poiché il Giudice si è fondato su indizi
totalmente irrilevanti, rispettivamente inesistenti, rispettivamente
in contrasto cogli atti, rispettivamente si è manifestamente sbagliato
sul loro significato, rispettivamente non ha tenuto conto di
circostanze rilevanti risultanti dall'incarto, rispettivamente ha
accertato circostanze che non risultano minimamente dagli atti.
b) In primis, il Giudice ha ravvisato un indizio della colpevolezza
del ricorrente nel fatto che gli pseudonimi utilizzati in rete
dall'autore del messaggio incriminato ("maxsilver", "silmax" e
"msfirm") avessero delle assonanze col nome del ricorrente (sentenza
impugnata, c. 10, p. 7).
Tale affermazione non è seriamente sostenibile. Proprio perché è uno
pseudonimo e non un passaporto biometrico, l'uso di un nickname non
fornisce ovviamente nessuna indicazione circa l'identità di chi si
cela dietro lo stesso.
Che un nickname possa nascondere chiunque risulta peraltro
manifestamente dal doc. A9 (allegato alla denuncia AI1), che il
Giudice ha senza alcun motivo totalmente disatteso: in tale documento
stampato il 28.5.2006 viene infatti riportato un messaggio del
22.5.2006 di un certo "maxsilver", che dice peste e corna
dell'università privata diretta dal ricorrente, trattandolo in maniera
sprezzante di "capo bidello". Di certo, dietro tale messaggio non
c'era dunque il ricorrente.
c) Sempre nel medesimo solco argomentativo, il Giudice ha ritenuto
pure rilevante che il messaggio incriminato fosse stato postato da un
autore con lo pseudonimo "jolelda", simile al nome della madre del
ricorrente.
Tale affermazione non è seriamente sostenibile per i motivi indicati
al punto precedente, ma anche perché completamente sbagliata e senza
alcun riscontro negli atti.
In nessun punto del decreto di accusa si indica quale autore del
messaggio incriminato un nickname "jolelda". D'altra parte, il
messaggio incriminato ("La Ludes non è riconosciuta nel sistema
universitario svizzero, i titoli non hanno valore legale nemmeno in
Svizzera e non sono equipollenti a quelli delle università italiane")
è stato stampato e risulta agli atti nei doc. A1-A15 allegati alla
denuncia AI1). Ma in nessuno di tali documenti risulta in nickname
"jolelda": unicamente "equalizer", "msfirm", "maxsilver", "equalizer
marcello sergi", "silmax", "equalizer", "svizzerotto". Né il Giudice
ha speso una parola per motivare la sua affermazione insostenibile.
d) Il Giudice sembra poi ritenere indizio di colpevolezza il fatto che
il ricorrente, in sede d'interrogatorio innanzi alla sost PP, si sia
rifiutato di rispondere (sentenza impugnata, c. 10, p. 7-8).
Tale circostanza è però del tutto irrilevante. L'imputato ha infatti
il diritto di non rispondere, deducibile dall'art. 14 n. 3 lett. g
Patto Onu II, dall'art. 6 n. 1 CEDU e dall'art. 32 Cost (DTF 131 IV 36
c. 3.1), ed il fatto che si rifiuti di rispondere non deve comportare
per questi conseguenza alcuna, né può essere utilizzato per ritenere
provato un fatto (DTF 121 II 273 c. 3a con rif.; TOPHINKE, Das
Grundrecht der Unschuldvermutung, Berna 2000, p. 280).
Non poteva dunque il Giudice trarre alcuna conclusione dal silenzio
tenuto dal ricorrente innanzi la sost PP, senza violare la presunzione
d'innocenza ed incorrere in arbitrio.
e) Il Giudice ha inoltre ritenuto indizio importante il fatto che
"equalizer" si riconduca a max.s...@tin.it, e che un messaggio sia
partito da questo utente il 20.9.2006 (sentenza impugnata, c. 10, p.
8).
Ma come già osservato (cfr. supra n. 7b) non ha nessun senso affermare
che un nickname sia riconducibile a qualcuno. In altre parole, nella
rete internet, vi possono essere stati 2, 7, 100 "equalizer": il
nickname non è una caratteristica unica ed irripetibile, non è un
passaporto biometrico. A tal proposito il Giudice ha totalmente
disatteso una circostanza rilevante: in quei giorni di maggio (e
quindi prima ancora che il ricorrente sapesse delle iniziative
giudiziarie contro di lui intraprese dalla LUDES, in data 7.6.2006,
cfr. doc. V allegato all'AI1) erano presenti in rete dei messaggi
provenienti da un "equalizer", che certo non poteva essere il
ricorrente, visto che lo beffeggiavano trattandolo di capo bidello, ed
incensando invece l'attività della LUDES, definita "prestigiosa
università privata l'unica riconosciuta ed accreditata nel Cantone
Ticino" (cfr. la stampa del messaggio "Politecnico di Lugano
condannato"18.5.2006 prodotta al dibattimento).
E si è pure contraddetto, visto che ha affermato che il "nominativo
equalizer" portava ad un e-mail diverso: msf...@hotmail.com (sentenza
impugnata, c. 10 p. 8).
Ma soprattutto, l'affermazione del Giudice risulta insostenibile
perché fondata su di una svista manifesta. Come si evince infatti
dall'annesso 11 dell'AI 8, il messaggio inviato il 20.9.2006 non è
quello oggetto del decreto di accusa. Il Giudice ha fatto quindi
evidentemente confusione tra messaggi dell'autunno 2006 non ritenuti
diffamatori dalla sost PP, e quello oggetto del decreto di accusa,
risalente al maggio 2006. Il riferimento ai messaggi dell'autunno 2006
era perciò totalmente inconcludente.
f) Il Giudice fonda poi la sua convinzione sulla sentenza di misure
cautelari 12.10.2006 del Pretore di Lugano (sentenza impugnata, c. 10
p. 8).
Ma dimentica - in maniera insostenibile - che tale sentenza è stata
emanata in una procedura cautelare, e quindi ove non è richiesta la
prova ma solo la verosimiglianza dei fatti allegati, e soprattutto che
contro tale sentenza è pendente appello (cfr. decreto effetto
sospensivo 4.11.2006 del Presidente della ICCA, prodotto al
dibattimento).
Oltre a ciò, al Giudice è manifestamente sfuggito che i documenti sui
quali il Pretore civile ha fondato il suo giudizio di verosimiglianza
sono privi di alcun valore probatorio. Ad esempio dal doc. L (che è il
doc. E allegato all'AI1) non emerge che cliccando su "silmax" si apra
una pagina che mostra il profilo del ricorrente; non è dato sapere chi
abbia cliccato cosa, ma se la pagina risultante è quella allegata al
doc. E di denuncia, non mostra il profilo del ricorrente, la data di
nascita essendo sbagliata (non 3.6.1958 bensì 13.6.1958). Inoltre dal
doc. N (cioè G allegato all'AI1) non risulta certo che cliccando su
"equalizer" appaia la mail msf...@hotmail.com; tale documento è solo
un pezzo di carta prodotto dalla LUDES su cui ignoti hanno scritto una
frase in tal senso. Infine, anche dal doc. O (cioé doc. H allegato
all'AI1) non risulta proprio un bel nulla: non indica in nessun modo
che il nickname "msfirm" corrisponda in qualche modo all'e-mail
msf...@hotmail.com, e potrebbe essere stato compilato da chiunque. Del
resto, a voler vedere il profilo indicato, questo non corrisponde
minimamente al ricorrente (agente di commercio, che parla arabo,
americano ed austriaco, residente a Como).
g) Per il Giudice sarebbe poi un indizio di colpevolezza il fatto che
la polizia postale italiana avrebbe accertato che i messaggi
diffamatori contro la LUDES provenivano da un IP 62.48.115.112 di
proprietà di Ticinocom, e che tale IP risultava essere quello del
computer dell'ISSEA SA di Massimo Silvestri (sentenza impugnata, c. 10
p. 8).
Anche tale accertamento è però insostenibile.
Innanzitutto, non è dato sapere (dalla lettura dello scritto 26 agosto
2006 della Polizia italiana citato dal Giudice) quale messaggio
sarebbe provenuto e quando, dall'IP in questione. Anche in tale
occasione è inspiegabilmente sfuggito al Giudice che agli atti vi sono
diversi messaggi, e solo uno (risalente al mese di maggio 2006) è
oggetto del procedimento penale svizzero. L'accertamento del Giudice
che sembra fare di ogni erba un fascio è perciò fondato sul nulla.
Oltre a ciò, il Giudice non per nulla considerato che l'accertamento
della polizia cantonale circa la titolarità dell'IP in questione (doc.
2 della documentazione prodotta dall'accusa al dibattimento) si
riferisce ad un solo giorno: il 11.7.2006. Anche e si tratta di IP
statico, tale accertamento non è però di nessuna rilevanza, poiché
nessuno dei messaggi incriminati dal decreto di accusa è del
11.7.2006, ed il fatto che tale IP fosse assegnato a qualcuno in tale
data non fornisce alcuna indicazione su chi ne fosse titolare 5, 10 o
30 giorni prima , e 5, 14 o 37 giorni dopo: infatti, la Polizia
postale italiana aveva richiesto di conoscere la titolarità dell'IP in
questione per tutto il periodo 9.5.2006-11.7.2006 (doc. 1 della
documentazione prodotta dall'accusa al dibattimento), informazione non
contenuta nel doc. 2 precitato.
Infine, al Giudice é comunque sfuggito che l'informazione contenuta
nel citato doc. 2 è comunque irrilevante, perché non indica che l'IP
in questione corrisponda ad un computer personale del ricorrente.
Viene indicata piuttosto come titolare la ISSEA SA, che come il
Giudice ha accertato ha comunque un altro dipendente oltre il
ricorrente (sentenza impugnata, c. 13 p. 10).
h) Il Giudice ha poi affermato che dal doc. AI8 annesso 12
risulterebbe che la diffusone del messaggio incriminato è stata
effettuata utilizzando gli usersname jol...@libero.it,
avvocatob...@libero.it, utente virgilio news...@virgilio.it
(soprannome equalizer), max.s...@libero.it e max.s...@tin.it
(sentenza impugnata, c. 3, p. 4).
Anche in tal caso il Giudice si è fondato su un elemento di nessun
valore, confuso e contraddittorio.
Salta agli occhi (ma purtroppo non a quelli del Giudice) che il doc.
in questione è una relazione di un incaricato della LUDES, non si sa
bene con quale mandato (visto che al primo paragrafo si fa riferimento
ad un incarico allegato che invece non è allegato), allestita in due
giorni (incarico 11.4.2007 - relazione 13.4.2007), e sulla base di
documentazione fornita dalla LUDES. Il suo valore probante è perciò
pressoché nullo.
Oltre a ciò, la relazione in questione non indica in alcun modo a
quale messaggio si riferisca; anzi, sembra fare riferimento a messaggi
del maggio-giugno 2005 (doc. citato, p.2), e quindi di 1 anno
precedenti quello oggetto del decreto di accusa (maggio 2006). Si
riferiva quindi manifestamente ad altro.
Infine, la relazione citata non precisa in alcun modo quali
accertamenti tecnici avrebbero permesso di accertare la colpevolezza
del ricorrente.
i) Infine, il Giudice ha dato grande rilevanza alla testimonianza
Trefiletti (sentenza impugnata, c. 11 p. 8-9).
Nella denegata ipotesi in cui questa sia utilizzabile, essa appare
invece come totalmente irrilevante.
Innanzitutto gli accertamenti del Giudice secondo cui la Trefiletti
avrebbe individuato gli IP di inserimento dei messaggi, la casella
elettronica utilizzata per la loro divulgazione, e meglio IP
62.48.115.112 di ticinocom e jol...@libero.it, max.s...@libero.it,
msfirm.@........... , e g.mascetti@........, non trovano riscontro
alcuno negli atti, e tantomeno nel verbale di udienza dibattimentale.
Dal verbale non risulta minimamente il tenore della deposizione della
teste Trefiletti, che mai era stata sentita in precedenza: ciò deve
andare a scapito della parte gravata dall'onere della prova, cioè
pubblica accusa e parte civile, che avrebbero potuto pretendere la
verbalizzazione della deposizione, almeno per le circostanze che
dovevano provare.
Gli accertamenti del Giudice su tal punto sono quindi privi di
qualsiasi fondamento probatorio, e dunque arbitrari.
Ma anche nella denegata ipotesi in cui dovesse fare stato quanto
riferito dal Giudice in sentenza, la deposizione Trefiletti sarebbe
comunque irrilevante, perché non indica in nessun modo quale fosse il
tenore dei messaggi ai quali si riferiva: non vi è insomma alcun
indizio che la teste si riferisse al messaggio La Ludes non è
riconosciuta nel sistema universitario svizzero, i titoli non hanno
valore legale nemmeno in Svizzera e non sono equipollenti a quelli
delle università italiane".
Infine, il Giudice neppure afferma che la teste avrebbe accertato che
il ricorrente avrebbe inviato un messaggio identico a quello oggetto
del decreto di accusa, da S.Margherita Ligure il 26.5.2006. Ed in
effetti, il decreto di accusa non cita alcun messaggio incriminato in
tale data.
l) In conclusione, il Giudice ha fondato il suo giudizio di
colpevolezza sul nulla, invocando indizi inesistenti o inconcludenti,
tralasciando di considerare elementi rilevanti, e facendo una gran
confusione tra diversi messaggi, disattendendo che solo uno era
oggetto dell'accusa.
Non poteva, senza arbitrio, condannare il ricorrente.
8. Infine, in via subordinata e nella denegata ipotesi in cui codesta
Corte dovesse respingere le censure precedenti, il ricorrente invoca
il titolo di cassazione dell'art. 288 lett. a CPP, per avere il
Giudice violato l'art. 173 CP ( e di riflesso l'art. 10 CEDU e 16
Cost) sotto diversi punti di vista.
a) Si rende colpevole di diffamazione ai sensi dell'art. 173 CP
chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rende sospetta una
persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere
alla reputazione di lei, come pure chiunque divulga una tale accusa o
un tale sospetto. Tale norma deve d'altra parte essere interpretate in
modo conforme alla Costituzione ed alla CEDU (DTF 118 IV 153 c. 4c), e
quindi alla libertà di espressione.
L'onore protetto dagli 173 segg. CP é il diritto di ognuno di non
essere considerato una persona da disprezzare (DTF 132 IV 112 c. 2.1).
Tali articoli proteggono solo l'onore personale, la reputazione ed il
sentimento di essere uomo d'onore, di comportarsi secondo le regole e
gli usi riconosciuti; sfuggono alla protezione penale quelle
espressioni che, senza far apparire spregevole la persona attaccata,
offuscano la reputazione di cui quest'ultima gode nell'ambito
professionale o politico o l'opinione che essa ha di sé stessa (DTF
119 IV 44; sentenza del Tribunale federale 6S.504/2005 del 28.2.2006,
c. 2.1; Rep. 1995, n. 9; CORBOZ, Les infractions en droit suisse,
Berna 2002, ad art. 173 CP n. 9).
Tali principi valgono anche per la persona giuridica, che è dunque
lesa nel suo onore unicamente ove si affermi che la sua attività o i
suoi scopi siano disprezzabili secondo la concezione della morale
generalmente riconosciuta, ad esempio se viene assimilata ad
un'organizzazione criminale, ad un partito politico che la storia ha
reso disprezzabile, o se viene descritta come simpatizzante del regime
nazista (sentenza del Tribunale federale 6S.504/2005 del 28.2.2006, c.
2.1; CORBOZ, op.cit., ad art. 173 CP n. 28).
Se l'allegazione sia tale da nuocere alla reputazione di una persona è
una questione da decidere non secondo il senso che possono averle dato
quelli che l'hanno sentita, ma secondo il senso che essa ha in base ad
un'interpretazione oggettiva, ovvero secondo il senso che, nelle
circostanze concrete, le attribuisce l'uditore o il lettore non
prevenuto (DTF 128 IV 53 c. 1a). Si tratta di una questione di diritto
e non di fatto, che può quindi essere esaminata liberamente da codesta
Corte (DTF 131 IV 160 c. 3.3.3).
b) A torto il Giudice della Pretura penale ha ritenuto che il
messaggio incriminato sia lesivo dell'onore dell'associazione LUDES;
non poteva quindi condannare il ricorrente, neppure nell'assurda
ipotesi in cui egli possa essere ritenuto autore del messaggio in
questione.
aa) Non vi è dubbio che la frase "La Ludes non è riconosciuta nel
sistema universitario svizzero" non leda l'onore dell'associazione
citata, né ne renda moralmente disprezzabile l'attività o gli scopi.
In Svizzera vi sono università private che, in virtù della libertà
economica e della scienza, svolgono legittimamente l'attività
d'insegnamento senza bisogno di autorizzazione alcuna (sentenza TF 2P.
88 e 97/2006 c. 3.1), e senza necessità di essere accreditate dalla
Conferenza universitaria svizzera. Non si vede come il fatto di non
essere accreditata possa rendere disprezzabile l'attività della LUDES.
Del resto, lo stesso Giudice ammette che l'affermazione in questione è
vera (sentenza impugnata, p. 13, c. 17); inoltre, l'affermazione è già
stata proferita dal Tribunale federale (sentenza 2P.117/2002 del
9.12.2002 c. B; sentenza 2P.88 e 97/2006 c. 3.6), dal capo
dell'ufficio Studi universitari del Dipartimento dell'educazione (cfr.
e-mail 15.5.2006 Mauro Martinoni-Jole Elda Amato, prodotto al
dibattimento), dal Console italiano a Lugano (cfr. lettera 30.9.2005
Consolato d'Italia- avv. Massimo Silvestri, prodotta al dibattimento),
e dall'Organo di accreditamento e di garanzia della qualità delle
istituzioni universitarie svizzere (cfr. lettera OAQ-Jole Elda Amato
12.7.2006, prodotta al dibattimento), senza che la LUDES abbia gridato
allo scandalo, o che dette persone siano state condannate per
diffamazione.
bb) Anche l'affermazione che i suoi titoli "non sono equipollenti a
quelli delle università italiane" non rende moralmente disprezzabile
l'attività della LUDES. Trattandosi di titoli che non sono rilasciati
da un'università riconosciuta nel sistema universitario svizzero, la
loro non equivalenza con titoli universitari riconosciuti italiani è
un'ovvietà; ciò non significa ancora che significhi, per il lettore
medio, che l'attività della LUDES sia da disprezzare. Del resto, lo
stesso Giudice ammette che l'affermazione in questione è vera
(sentenza impugnata, p. 13, c. 17); inoltre, l'affermazione è già
stata proferita dal Tribunale federale (DTF 128 I 19 c. 5, ove si
accerta che la LUDES neppure contesta la circostanza della non
equipollenza dei suoi titoli con quelli delle università statali o
accreditate svizzere o dell'UE; sentenza 2P.117/2002 del 9.12.2002 c.
B), e dal capo dell'ufficio Studi universitari del Dipartimento
dell'educazione (cfr. e-mail 15.5.2006 Mauro Martinoni-Jole Elda
Amato, prodotto al dibattimento), senza che la LUDES abbia gridato
allo scandalo, o che dette persone siano state condannate per
diffamazione.
cc) Infine, neanche l'affermazione "i titoli non hanno valore legale
nemmeno in Svizzera" lede l'onore della LUDES. L'affermazione secondo
cui i titoli non hanno valore legale non significa infatti
assolutamente nulla, per il semplice motivo che in Svizzera non esiste
il concetto di valore legale (cfr. la circolare Formazione
universitaria offerta da enti privati edita dall'Ufficio degli studi
universitari, allegata all'e-mail 15.5.2006 Mauro Martinoni-Jole Elda
Amato, prodotto al dibattimento), nemmeno quale garanzia della qualità
e valore dei titoli accademici (cfr. lettera Divisione formazione
professionale-Amato Jole Elda 12.7.2006, prodotto al dibattimento). In
altre parole, nessun titolo ha in Svizzera "valore legale"; neppure le
lauree in diritto rilasciate dall'Università di Ginevra, o quelle in
arabo antico dell'Università di Berna.
Che tale affermazione faccia intendere che i titoli della LUDES sono
carta straccia (come sostiene il Giudice, cfr. sentenza impugnata, p.
11, c. 15) non è quindi assolutamente vero.
Ad ogni modo, anche se così fosse, si tratterebbe eventualmente di un
giudizio poco lusinghiero sulla qualità professionale dell'attività
svolta dalla LUDES e sui suoi titoli; non certo di un'affermazione
sulla spregevolezza e ripugnanza morale della stessa.
dd) Né è seriamente sostenibile l'opinione del Giudice, quando afferma
che visto nel suo complesso il messaggio farebbe fatalmente dedurre a
chiunque che la LUDES inganna i propri studenti, fornendo loro
prestazioni che non corrispondono alle loro aspettative e non danno
alcuna seria base per esercitare la professione scelta, truffandoli
(sentenza impugnata, p. 11, c. 15).
Non c'è la minima traccia nel messaggio incriminato ad un inganno
perpetrato dalla LUDES, né al fatto che le sue prestazioni non
corrisponderebbero alle aspettative degli studenti, né all'utilità
professionale dei diplomi professionali rilasciati. Del resto, tutto
il messaggio è chiaramente rivolto all'attività e titoli accademici
(non a quelli professionali), come ricorda il titolo del messaggio
stesso ("UNIVERSITÀ LUDES LUGANO NON RICONOSCIUTA", cfr. doc. A1
allegato all'AI1), ed il richiamo appunto al sistema universitario
svizzero ed all'equivalenza con titoli universitari italiani.
Non solo quindi non si fa esplicita menzione ad un'ipotesi di truffa,
ma non la si suggerisce neppure in maniera nascosta. La truffa
presuppone un inganno, che nessun elemento del messaggio suggerisce
possa esistere; né sulla qualità dei titoli né sul corrispettivo
economico richiesto. L'inganno deve essere altresì astuto, ed in
nessun modo il messaggio incriminato insinua che la LUDES
utilizzerebbe macchinazioni per ingannare gli studenti, o per
dissuaderli dal controllare le affermazioni da questa fatte al momento
dell'iscrizione, l'equivalenza dei titoli con quelli universitari
statali italiani, o la congruità della retta richiesta. Di accuse di
agire truffaldino non vi è nemmeno l'ombra.
Ognuno (e quindi anche la LUDES) deve sopportare le critiche (persino
infondate) dirette alla sua attività professionale, senza che in ciò
si possa ravvedere una diffamazione (sentenza TF 6S.159/2005 del
16.11.2005 c. 2).
Altrimenti il Tribunale federale avrebbe rilevato gli estremi della
diffamazione nelle accuse di offrire in vendita merce a prezzi
eccessivamente cari (DTF 103 IV 157 c. 3), o in quella di avere
commesso un errore dell'arte medica (DTF 105 IV 111 c. 3), o in quella
ad un dirigente di avere subito perdite in borsa (sentenza 6S.159/2005
del 16.11.2005 c. 4.1), o in quella ad un gerente di un ristorante su
di un battello di trascurare a tal punto la manutenzione dello stesso
da rischiare l'affondamento (sentenza 6S.504/2005 del 28.2.2006 c.
2.2).
9. Ma oltre a ciò, la condanna per diffamazione viola l'art. 173 CP
anche per un altro motivo.
a) Secondo giurisprudenza costante infatti, l'affermazione lesiva
dell'onore secondo l'art. 173 CP deve vertere su una circostanza di
fatto, non su un semplice giudizio di valore. Una critica, una
valutazione o un apprezzamento negativo non bastano (DTF 119 IV 27 c.
2c; sentenza CCRP 17.2002.24 del 8.10.2003 c. 4; CORBOZ, op.cit., ad
art. 173 CP n.35).
Un fatto - al contrario del giudizio di valore - è per definizione una
circostanza del presente o passato, costatabile esteriormente e che
può essere scientificamente oggetto di prova (DTF 118 IV 41 c. 3;
STRATENWERTH/WOHLERS, StGB-Handkommentar, Berna 2007, ad art. 173 CP
n. 8).
b) Nel caso in esame, come visto in precedenza, la prima e l'ultima
parte del messaggio incriminato non ledono l'onore della LUDES; il
Giudice della Pretura penale sembra avere ravvisato il fulcro della
pretesa diffamazione nella parte del messaggio incriminato che nega
valore legale in Svizzera ai titoli LUDES (sentenza impugnata, p. 11
c. 15, e p. 13 c. 17).
Ma tale messaggio è appunto un macroscopico giudizio di valore: un
giudizio sul valore legale dei titoli LUDES. Non un'affermazione di
fatto.
Che non si tratti di un'affermazione di fatto - secondo i criteri
distintivi testè citati - è del resto confermato dall'impossibilità di
provarne la verità. Visto che il concetto stesso di valore legale in
Svizzera non esiste (come visto in precedenza), come avrebbe mai
potuto il ricorrente fornire la prova che i titoli LUDES non hanno
tale valore?
Trattandosi di un semplice giudizio di valore l'ipotesi di
diffamazione è esclusa.
10. Quand'anche le censure di cui ai punti precedenti non dovessero
portare codesta Corte ad assolvere il ricorrente, la sua condanna
violerebbe comunque l'art. 173 n. 3 CP, poiché il Giudice non lo ha
ammesso alla prova della verità e della buona fede.
a) Per l'art. 173 n. 2 CP il colpevole non incorre in alcuna pena se
prova di avere detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto
seri motivi di considerarle vere in buona fede.
Conformemente all'art. 173 n. 3 CP, la prova liberatoria può essere
esclusa solo se, cumulativamente, l'autore ha agito principalmente per
fare della maldicenza, e senza motivi sufficienti (d'interesse
pubblico o privato), fermo restando che l'ammissione alla prova delle
verità costituisce la regola. L'autore va perciò ammesso alla prova
della verità nel caso in cui ha agito per motivi sufficienti
quand'anche si sia prefisso anzitutto di fare maldicenza, come pure
nel caso in cui, pur non avendo un valido motivo per proferire
l'affermazione lesiva, non abbia avuto l'intenzione di fare
prevalentemente della maldicenza. Sapere per quale motivo l'au¬tore ha
agito è una questione di fatto, mentre invece sapere se l'autore ha
avuto motivo d'interesse pubblico o comunque sufficiente per proferire
o divulgare una determinata affermazione è una questione di diritto,
che codesta Corte esamina con pieno potere cognitivo (DTF 132 IV 112
c. 3.1; sentenza CCRP 17.2001.00025 del 8 febbraio 2002, c. 4)
b) Nel caso di specie, il Giudice ha escluso la prova della verità/
buona fede unicamente dopo aver considerato che il ricorrente aveva
agito coll'intento di fare della maldicenza. Il Giudice non si è
neanche posto il quesito a sapere se la divulgazione del messaggio
incriminato potesse essere giustificata dall'interesse pubblico o da
altro motivo sufficiente (sentenza impugnata, p. 12 c. 16).
Con ciò ha dunque violato l'art. 173 n. 3 CP.
c) Se il Giudice avesse esaminato il quesito dell'interesse pubblico,
avrebbe necessariamente dovuto ammetterne l'esistenza, e consentire
dunque al ricorrente la prova della verità.
Infatti, risulta innanzitutto dalla stessa delibera del Consiglio di
Stato 14.2.2006 (prodotta al dibattimento) che vi è interesse pubblico
a conoscere la validità dei titoli rilasciati dalla LUDES, ed a
chiarire che tal delibera non rappresenta un'autorizzazione
all'attività di formazione universitaria e rilascio di titoli
accademici, né accreditamento nel sistema universitario svizzero (cfr.
dispositivi n. 3 e 4).
A maggior ragione vi era interesse pubblico, considerato che, come
risulta dalla stampa del sito internet della LUDES al 13.4.2006
(prodotta in sede dibattimentale), essa si vantava di essere
un'università "legalmente autorizzata ai sensi dell'art. 14 della
legge cantonale sull'università", non solo lasciando intendere, ma
addirittura affermando testualmente che conseguenza della citata
delibera del CdS sarebbe l'autorizzazione "allo svolgimento
dell'attività d'insegnamento e all'attribuzione di titoli accademici".
Del resto, è stato recentemente confermato dal Tribunale federale che
vi era nel 2006 interesse pubblico ad evitare rischi di confusione nel
pubblico circa lo status della LUDES, proprio perché il suo sito
internet menzionava locuzioni quali "legalmente autorizzata": vi era
quindi evidente e prevalente interesse pubblico ad evitare che la
delibera del CdS fosse utilizzata dalla LUDES od anche solo
interpretata come un riconoscimento cantonale all'esercizio di
un'attività formativa universitaria ed al rilascio di titoli
accademici, o come una decisione di accreditamento (sentenza 2P.88 e
97/2006 del 30.3.2007 c. 3.5-3.6).
11. La decisione impugnata viola perciò anche l'art. 173 n. 2 CP,
poiché se il Giudice avesse ammesso il ricorrente alla prova della
verità, avrebbe dovuto costare la verità del messaggio incriminato ed
assolvere il ricorrente.
Come già visto in precedenza (cfr. supra, n. 8b/aa e 8b/bb), la prima
parte e l'ultima del messaggio sono vere, come del resto accertato dal
Giudice stesso (sentenza impugnata, c. 17).
Quanto alla parte centrale del messaggio (quella sul valore legale),
trattandosi di giudizio di valore (cfr. supra n. 9b) non poteva né
doveva esserne provata la verità.
P.Q.M
si chiede piaccia giudicare
1. Il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è annullata in tutti i
dispositivi, e modificata nel senso che l'imputato è assolto.
2. Protestate spese e ripetibili.
Con ogni ossequio
Avv. Francesco NAEF
Allegati:
Doc A: Sentenza impugnata con busta d'intimazione
Questa sentenza sul sito della concorrenza e' vera?
O me lo vuoi dire di persona alla Marconi?
Ma ti conosco bene? ;)
M.
Ma hai risposto se e' vera....
Ci vediamo allora, stammi bene nel frattempo. :D
> TAR DEL LAZIO : IL NOSTRO SITO INTERNET NON E' INGANNEVOLE
Scusi la domanda, ma vedo che spesso č stato chiesto se Massimo
Silvestri abbia davvero il titolo di "avvocato", cosě come si intende in
Italia (dato che scrive su gruppi italiani).
Sarebbe utile sapere dove si sia laureato in giurisprudenza il Silvestri.
Dove avrebbe svolto il praticantato ?
Presso quale Corte d'Appello avrebbe svolto l'esame di Stato ?
Presso quale circondario si sarebbe poi iscritto ?
Credo che senza avere tali risposte, i messaggi inerenti tale Massimo
Silvestri resteranno sempre molto dubbi...
B.
contento ???
Non risulti:
http://www.ordineavvocatimilano.it/html/contenitore.asp?pagina=albo.asp&idmenu=2&idvoce=4&bott=ok
> contento ???
CVD
Prepara la cravatta..... :)
M.
leggete il dispositivo della sentenza del TAR e la delibera
dell’Autorità Garante
http://www.unipsa.ch/documenti/news/Tar.pdf
http://www.unipsa.net/it/documenti/news/delibera30aprile2008.pdf
> Non risulti:
>
> http://www.ordineavvocatimilano.it/html/contenitore.asp?pagina=albo.asp&idmenu=2&idvoce=4&bott=ok
>
>
>> contento ???
>
> CVD
>
> Prepara la cravatta..... :)
>
> M.
ahah fantastico :D hai ragione, è anche qua....
Ma c'è gente veramente con problemi psichiatrici, mi contattassero
almeno, gli consiglierei qualche mio collega veramente bravo....