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dall'Anvgd di Gorizia: Il libro sulle Foibe di Pirjevec è uno strumento di lotta ideologica volta a frenare il processo di riavvicinamento tra italiani e sloveni.

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Pytheas

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Mar 28, 2010, 4:00:37 PM3/28/10
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE
VENEZIA GIULIA E DALMAZIA
Comitato provinciale di Gorizia

COMUNICATO STAMPA

Il libro sulle Foibe di Pirjevec è uno strumento di lotta ideologica volta a
frenare il processo di riavvicinamento tra italiani e sloveni.

Dopo decenni di reciproche accuse, forti tensioni e dolorose
strumentalizzazioni, le componenti maggioritarie e più illuminate della
maggioranza di lingua italiana e della minoranza di lingua slovena a Gorizia
hanno avviato un dialogo nato sulla reciproca comprensione e sulla
condivisione della verità e delle vicende storiche vissute da ciascuno.
C'è chi in questi decenni ha tratto evidentemente giovamento
dalle divisioni etniche tra componenti che per secoli hanno convissuto
pacificamente e proficuamente su questi territori. Ragioni ideologiche hanno
creato e successivamente alimentato fratture tra italiani e sloveni. E
com'era
assai prevedibile vi sono forze, nei reciproci estremismi alimentati da un
eccesso nazionalistico, che mal tollerano questa avviata pacificazione. Ecco
come si giustificano provocazioni dall'una come dall'altra parte. Una di
queste provocazioni, che hanno lo scopo di scongiurare questa pacificazione,
rallentando il dialogo ed allontanando italiani da sloveni, è il libro sulle
foibe di Joze Pirjevec presentato dall'ANPI - chissà perché non siamo
meravigliati da ciò - a Gorizia, non a caso in occasione dell'anniversario
delle grandi manifestazioni di piazza del 1946, in occasione delle quali i
goriziana sciamarono tutti nelle strade e nelle piazze, in una grande
cornice tricolore.
La militanza politica di Joze Pirjevec in un partito ex
comunista sloveno erede ideologico dei "titini" è del resto facilmente
riscontrabile. Come sono facilmente reperibili anche diverse informazioni su
Pirjevec che rendono evidente in quale misura egli usi la storia come
strumento di affermazione ideologica. Un suo libro s'intitola "Trst je nas"
("Trieste è nostra"), usando il grido dei titini che occuparono l'Istria e
la Venezia Giulia. In un altro suo libro (Vojna in mir na Primorskem),
invece usa la definizione di "Primorskem", cioè di "Litorale sloveno", per
indicare la Venezia Giulia. Com'è noto il termine ed il concetto di
"litorale sloveno" sono storicamente falsi, rilevato che gli Sloveni prima
del 1945 non avevano mail abitavato, e non nelle aree costiere, tranne la
modesta minoranza di Trieste. La nozione di "Primorskem" è infatti una
creazione dell'ideologia nazionalista slovena per giustificare la propria
occupazione di territori, come Capodistria (in cui Pirjevec insegna),
letteralmente da sempre italiani.
Insomma, Pirjevec parla di "liberazione" (?) dell'Istria,
territorio a maggioranza italiana sino al 1945 e del "cosiddetto "Litorale
sloveno" (anch'esso territorio a maggioranza italiana sino al 1945),
rivendica il ruolo storico positivo dei combattenti titini del IX corpus (i
massacratori delle foibe ed i responsabili dell'esodo) ed invita i politici
croati e sloveni a non disputare sugli eventi del 1945, poiché l'Italia
potrebbe trarne vantaggio.
E' lecito dire che un simile intervento e tali parole
manifestano le preoccupazioni ideologiche e politiche di Pirjevec nel suo
occuparsi di storia?
Il prof. Giuseppe Parlato, ritenuto sia da destra che da sinistra uno
storico obiettivo e profondo conoscitore delle storia del confine orientale,
commenta in questo modo il libro di Pirjevec: "Pensavamo che la questione
delle foibe, dell'esodo e di tutto quello che era successo tra il 1943 e il
1947 nella Venezia Giulia, nell'Istria, a Fiume e in Dalmazia fosse avviata
su una buona strada: la storia prevale sulla politica; il metodo degli
studi, rigoroso e serio, prescinde dalle passioni e dalle ideologie; si
riconosce la necessità di fare entrare quelle vicende nell'ambito di una
memoria pubblica. Lo pensiamo ancora, anche se il volume scritto e curato
per Einaudi dallo storico sloveno Joze Pirjevec fa davvero pensare il
contrario, spostando indietro nel tempo il clima, l'approccio, le
interpretazioni del fenomeno.
Questo "storico" sloveno pretende di ricostruire il passato operando
dei drastici tagli nella propria analisi, per cui egli omette tutti gli
accadimenti storici che infrangerebbero la sua tesi. Tale sua arbitraria
selezione del materiale, consistente nell'espungere i dati contrari alla sua
ricostruzione, risulta sistematica nel corso della trattazione, che parte
sin dall'Ottocento.
Egli così non parla dell'alleanza fra governo austriaco e nazionalisti
slavi nella persecuzione anti-italiana del periodo 1868-1918; non parla
delle violenze anti-italiane degli Slavi durante il dominio austriaco, della
chiusura di scuole, giornali, centri culturali, delle espulsioni di massa di
Italiani, dei cognomi italiani slavizzati, dell'immigrazione massiccia di
Slavi dalle zone rurali del Balcani promossa dal regime asburgico per
sommergere gli Italiani, dei favori concessi a Sloveni e Croati
dall'amministrazione
asburgica nelle attività lavorative e nelle assunzioni ecc. La verità è che
il governo austriaco si prefisse, secondo il verbale del Consiglio della
Corona asburgica riunitosi nel 1868, di "germanizzare e slavizzare il
Tirolo, il Litorale [ovvero la Venezia Giulia] e la Dalmazia, con la massima
energia e senza riguardo alcuno": ciò avvenne in stretta alleanza con gli
Slavi del sud, che da sempre odiavano ed invidiavano gli Italiani per il
loro ben maggiore livello culturale, economico e sociale. Anziché ricordare
tutto ciò, il Pirjevec si sofferma unicamente sul nazionalismo italiano
dell'800,
che però non perseguitò in alcun modo gli Slavi, né avrebbe potuto farlo,
essendo questi ultimi sotto l'amministrazione dell'impero asburgico,
nettamente filo-slavo ed anti-italiano.
In questo modo, questo "storico" sloveno giunge ad un vero
capovolgimento della realtà storica, facendo dei perseguitati (gli Italiani)
dei persecutori, e dei persecutori (gli Slavi) dei perseguitati. La
slavizzazione forzata della Dalmazia, le cui città erano, da sempre,
interamente italiane è completamente dimenticata.
Similmente, nel proseguimento della sua analisi il Pirjevec non parla
del terrorismo slavo in Venezia Giulia posteriore al primo conflitto
mondiale, che fu guidato, organizzato, finanziato dal governo di Belgrado.
Gli scontri che vi furono in questa regione fra Italiani e Slavi negli anni
'20 furono provocati dal terrorismo slavo, promosso da Belgrado. Anche qui
il nostro "storico" tace sulle origini dei contrasti, e sulle attività
terroristiche slave, limitandosi a parlare delle reazioni italiane.
Allo stesso modo, il Pirjevec ricorda l'occupazione italiana di parte
della Jugoslavia nella seconda guerra mondiale, senza però dire che era
stata la Jugoslavia stessa a dichiarare guerra all'Italia, sottoscrivendo
un'alleanza
politica e militare con il Regno Unito, in cambio della promessa di ottenere
la Venezia Giulia, inclusa Trieste. Ancora, il Pirjevec non ricorda che
l'occupazione
italiana, lungi dall'essere oppressiva, all'inizio fu accolta positivamente
dalle popolazioni slave, e che si giunse a violenti scontri armati in
seguito all'inizio dell'azione di guerriglia dei comunisti locali, insorti
dopo l'inizio della guerra fra Germania ed URSS. Le origini della guerra
italo-jugoslava, e le crudeltà e violenze della guerriglia anti-italiana,
sono quindi passate sotto silenzio da questo "storico", in modo da poter
presentare le foibe quale una "resa dei conti" con "fascisti", una sorta di
vendetta per l'operato italiano nei Balcani.
Infine, l'opera del Pirjevec giunge, dopo tale preparazione, all'argomento
prefisso: le foibe e l'esodo di 350.000 Italiani dalla Venezia Giulia.
Questo "storico" nega che tutto ciò abbia avuto connotazioni di pulizia
etnica, e sostiene che le stragi colpirono quasi esclusivamente fascisti e
furono vendette. In quanto ai 350.000 Italiani che fuggirono dalle terre
avite e dai propri beni, egli dichiara che erano "indottrinati dal
nazionalismo e dal fascismo a sentirsi razza eletta" e pertanto incapaci
d'accettare
di essere governati da slavi e comunisti. E' facile osservare che soltanto
una piccola parte delle vittime delle foibe erano fascisti, e che la grande
maggioranza non aveva mai avuto a che fare con la politica, ed ancor meno si
era resa responsabile di violenze. Similmente, non ha senso alcuno, ed uno
storico dovrebbe capirlo, sostenere che l'intera popolazione italiana
dell'Istria
fosse compattamente fascista, e pretendere di spiegare la loro rapidissima
fuga di massa dalle terre in cui vivevano da sempre, dalle loro attività e
dalle loro proprietà.
Il discorso di Pirjevec è reso ancora più insostenibile dal fatto che
esistono incontestabili documentazioni e testimonianze sulla natura
pianificata ed organizzata della pulizia etnica compiuta dagli Slavi, e che
predisposta da Tito stesso sulla base di un piano preciso. Già negli anni
'30
un Serbo, Cubrilovic, redasse un manuale, detto appunto "manuale
Cubrilovic",
in cui veniva spiegato nel dettaglio come condurre un'operazione di pulizia
etnica. Cubrilovic divenne poi uno stretto collaboratore di Tito, ed ebbe
modo di applicare le sue teorie nelle diverse stragi e cacciate di
popolazione che il regime comunista compì: a danno di Italiani in Venezia
Giulia, di Tedeschi in Carinzia, di Ungheresi nel "triangolo magiaro", di
Bulgari in Dobrugia. Inoltre, M. Gilas, che fu per molti anni il braccio
destro di Tito, confessò anni più tardi di essere stato inviato in Venezia
Giulia con l'incarico di cacciare gli Italiani. Soprattutto, le violenze, le
persecuzioni, le angherie contro gli abitanti dell'Istria e della Dalmazia
che avevano la sola colpa di essere Italiani sono ben attestate, e furono
esse la causa dell'esodo di massa.
Oltre agli errori storici, numerosi e gravi, dell'opera di Pirjevic, e
tali da togliere ogni valore alle ipotesi di fondo, si deve ancora
aggiungere che il testo è stato scritto con intenti chiaramente politici, ed
è accompagnato da commenti, osservazioni ed interpretazioni
inequivocabilmente ideologici.
Commenta ancora il Parlato: "la lettura ci fa ripiombare in piena
«guerra fredda»: da un lato ci sono «le simpatie del proletariato per la
causa della Jugoslavia» e dall'altro «le forze borghesi triestine». Gli
antifascisti del Cln che contestano Tito sono preda di «una barriera
psicologica (che) impediva agli antifascisti "borghesi" di collaborare con
gli "slavi" per costituire un fronte unico contro i nazisti». Anche l'esodo
che vide la fuga disperata lasciando i propri beni ha per protagonisti,
secondo l'autore, italiani «indottrinati dal nazionalismo e dal fascismo a
sentirsi razza eletta». [.] Un particolare rivelativo è costituito dalla
ricostruzione dell'eccidio di Porzûs. Pirjevec ricorre al vecchio
armamentario togliattiano per gettare discredito sulla brigata Osoppo: era
filofascista, anzi, filonazista, era responsabile di «maneggi», doppi e
tripli giochi. Alla fine, l'eliminazione dei partigiani anticomunisti (che
avvenne, come l'autore ricorda con eleganza, «a rate») viene definita un
episodio «marginale» avvenuto all'insaputa del IX corpus jugoslavo. L'autore
evidentemente dimentica che dal novembre 1944 all'eccidio (febbraio 1945) si
realizza da parte titina una vera e propria persecuzione e
snazionalizzazione contro gli italiani, con la connivenza delle formazioni
del Pci, come testimoniano molti documenti inglesi: per cui Porzûs non è
affatto un episodio marginale, ma è la conclusione di un percorso mirato
all'eliminazione
dell'unica formazione che non voleva accettare l'annessione del Friuli alla
Jugoslavia." Si ha quindi nell'opera di Pirjevic una visione manichea ed
ideologica delle vicende storiche, con una contrapposizione fra gli Slavi,
considerati quali comunisti e proposti in maniera positiva, e gli Italiani,
giudicati tutti come fascisti e valutati del tutto negativamente.

Il Presidente
Rodolfo Ziberna

trigno

unread,
Apr 5, 2010, 2:49:46 AM4/5/10
to
Pytheas ha scritto:

> ASSOCIAZIONE NAZIONALE
> VENEZIA GIULIA E DALMAZIA
> Comitato provinciale di Gorizia
>
> COMUNICATO STAMPA
>
> Il libro sulle Foibe di Pirjevec è uno strumento di lotta ideologica
> volta a
> frenare il processo di riavvicinamento tra italiani e sloveni.

Il processo di riavvicinamento tra italiani e sloveni è messo ogni anno
in crisi dai COMIZI ULTRAS che si ascoltano in occasione del 10 febbraio
da alcuni politici triestini del PDL e da alcune associazioni che
organizzano "commemorazioni" con FORZA NUOVA e similaria... Comizi in
cui si urlano slogan come "Istria, Fiume e Dalmazia, né Slovenia, né
Croazia" o "Sc'iavi merde"...
Un po' difficile pensare ad un riavvicinamento tra italiani e sloveni
dopo che la massima carica dello Stato ha parlato di "odio slavo" o di
"annessionismo slavo" (si ricorda a tutti che fu l'Italia ad invadere la
Jugoslavia e ad annetterne 1/4 del territorio in accordo con i criminali
nazisti, non viceversa).
Di queste cose parla Pirjevec nel suo libro, cose che evidentemente
fanno schiumare molti di rabbia, perché finalmente c'è qualcuno che ha
il coraggio di dire la verità.

Grigio

unread,
Jul 27, 2012, 3:56:37 PM7/27/12
to
Sono d'accordo.
Perché poi Pirjevec non parla di ciò che è avvenuto sotto il dominio asburgico?
Mi pare MOLTO interessante per capire ciò che è poi avvenuto dopo.

http://patriottismo.forumcommunity.net/?t=42882887.
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