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Ecco chi e' GILBERTO PARIS LIPPI

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Giuseppe Pezzotti

unread,
Jan 28, 2006, 8:46:22 AM1/28/06
to
In una lettera apparsa sul quotidiano triestino “Il Piccolo”
(25.2.2000) il responsabile provinciale della sezione triestina
di Forza Nuova, Fabio Bellani, definì “evidente mistificazione”
quanto scritto dallo stesso quotidiano in occasione della
manifestazione di contestazione della trasmissione “Circus” di
Michele Santoro (presente a Trieste, ricordiamo, per dibattere
del “caso Haider”), ossia l’avere rilevato la presenza di “Terza
posizione”. Che “non esiste più da 20 anni”, scrive Bellani, il
che è anche vero, però se Forza Nuova non desidera essere confusa
con Terza posizione dovrebbe evitare di scrivere, come invece fa
in certi suoi bollettini e documenti “Forza Nuova per la Terza
posizione”. Ma cos’era Terza Posizione?
Scrive Gianni Flamini: [2] ... Francesco Mangiameli, Roberto
Fiore, Gabriele Adinolfi (...) stavano fondando una nuova
organizzazione e dando alle stampe un giornale. Si sarebbero
chiamati entrambi “Terza posizione”. Era il 1979, e Flamini
cita un brano dei loro scritti: “Terza posizione rimuove le
stagnanti acque della rassegnazione e si manifesta come polo per
tutti coloro che vogliono disegnare con noi il futuro del nostro
sistema. Dobbiamo considerarci naturali alleati dell’Islam, a cui
non può non andare la nostra stima”. Il 14.12.1979, in una sede
romana del movimento vengono arrestati tre esponenti di Terza
posizione, colti nel bel mezzo del trasporto di una cassa piena
di bombe a mano. Nella perquisizione successiva la DIGOS troverà
divise da carabiniere e guardia di finanza, documenti rubati e
falsi, fucili ed esplosivi vari. Su possibili legami tra Terza
posizione ed i terroristi dei NAR indagò all’epoca il giudice
Mario Amato, che fu assassinato da Gilberto Cavallini, dei NAR,
il 23.6.1980.
Ancora, Flamini [3] a proposito di questo omicidio: « Da
qualche settimana (si parla dell’aprile del 1980, n.d.r.) viene
dipanandosi nel carcere di Regina Coeli una tetra storia di
denunce, ritrattazioni e ricatti che ha come protagonista un
detenuto marchigiano, Marco Mario Massimi, arrivato alla soglia
dei quarant’anni provvisto di un solido passaporto di
avventuriero e falsario, oltre che di attivismo neofascista. A
metà aprile il detenuto Massimi ha mandato un circospetto
messaggio al giudice Mario Amato (...) per avvertirlo che è
disposto a raccontargli qualche storia sepolta nell’archivio
delle imprese criminali dei NAR (...), Massimi ha parlato di vari
misfatti e anche di un omicidio (...) di Antonio Leandri (...)
ucciso per sbaglio perché scambiato per l’avvocato missino
Giorgio Arcangeli, odiato come spia dagli affiliati ai famosi
Nuclei». Secondo Massimi ... quel delitto (...) era stato
deciso durante un incontro al quale erano presenti anche due
professori. Che sarebbero stati il criminologo Aldo Semerari
(psichiatra forense, massone, diplomatico del Sovrano Ordine di
Malta e “da sempre agente dei servizi d’informazione militare”) e
Paolo Signorelli (detto il “professore”, era “noto anche per
l’abitudine di arricchire le sue lezioni di storia e filosofia
con discorsi sul fascismo, sul nazismo, sulla purezza della razza
e sulle prospettive di un nuovo fascismo in Italia”; fu tra i
fondatori di “Lotta popolare” nel 1976 e poi della rivista
“Costruiamo l’azione” nel 1978; arrestato nel ‘79, divise per un
mese la propria cella con il leader dei NAR Valerio Fioravanti).
Dalla ricostruzione di Flamini appare che le rivelazioni di
Massimi, invece di rimanere riservate, si propalarono e Massimi
aveva fatto presto ad accorgersene, se non altro per via
dell’agitato valzer di avvocati di destra che si era subito
ritrovato intorno. Tutti interessati a difenderlo. Tra essi
Nicola Madia, Francesco Caroleo Grimaldi e Antonio De Nardellis,
i quali si sarebbero ritrovati, assieme a Semerari e Signorelli,
la sera del 13 aprile 1980, perché c’era “un grave stato di
pericolo” per il professor Semerari, almeno stando a quanto
risulterebbe dalle intercettazioni delle telefonate fatte da
Madia. In seguito, a richiesta degli inquirenti sul perché di
quel raduno, dopo negazioni e tergiversamenti, qualcuno dei
convocati ammetterà che la riunione (...) serviva soltanto per
studiare eventuali misure perfettamente legali contro il giudice
Amato, per esempio presentando una querela contro di lui.
Querela che non verrà mai presentata, ma nel frattempo Massimi
aveva ritrattato le sue dichiarazioni ed aveva anche denunciato
il giudice Amato per abuso di potere.
Quaranta giorni dopo il giudice Amato cadrà ucciso
nell’agguato tesogli dai NAR. Semerari invece verrà ritrovato
cadavere a Napoli il 1° aprile 1982 ed il suo omicidio verrà
attribuito alla camorra.
Torniamo a Terza Posizione. Dopo le perquisizioni del ‘79
Fiore e Adinolfi lasciano l’organizzazione in mano a Giorgio
Vale, ed in questo modo avviene il salto di qualità: l’attività
deliquenziale non è più sporadica (...) Vale (...) perfettamente
a suo agio nel ruolo di capo legionario organizza campi
paramilitari dove allena gli altri terroristi... [4]. Gli
“ideologi” Fiore e Adinolfi invece fuggono nel settembre del 1980,
secondo le accuse di Valerio Fioravanti, all’estero, con la
“cassa” del movimento... Dopo quasi vent’anni di “esilio” a
Londra Fiore ricomincerà a costruire un altro gruppo di estrema
destra, Forza Nuova appunto, che si avvarrà di contatti con molti
altri movimenti simili che stanno nascendo un po’ qua e un po’ là
in Europa. Altra sorte avrà Mangiameli, che sarà ritrovato
cadavere a Roma l’11.9.1980, ucciso dai fratelli Valerio e
Cristiano Fioravanti e Giorgio Vale dei NAR, perché avrebbe
tenuto per sè il denaro che questi gli avevano affidato con
l’incarico di organizzare l’evasione del terrorista Concutelli.
Ancora Cingolani: «nel corso degli anni, delle ricostruzioni,
delle confessioni di alcuni pentiti, l’omicido di Francesco
Mangiameli assume tuttavia altri significati; secondo alcuni
testi e secondo i giudici di Bologna (...) il vero movente
dell’omicidio (...) andrebbe ricercato nel fatto che Mangiameli
era venuto a conoscenza di particolare inconfessabili e di oscuri
rapporti tra Valerio Fioravanti e la P2; del connubio cioè che
secondo la sentenza di primo grado dei giudici di Bologna è
responsabile dell’ideazione e dell’esecuzione della strage del 2
agosto (...) Valerio Fioravanti aveva conosciuto Mangiameli (...)
agli inizi del 1980 ed era stato proprio Roberto Fiore a
presentarglielo. In quel periodo vi era una sorta di
“corteggiamento” di Terza Posizione nei confronti del capo
militare dei NAR e del suo gruppo... ». Ed ecco uno stralcio del
volantino scritto da Francesca Mambro per la rivendicazione
dell’omicidio di Mangiameli: « ... abbiamo giustiziato il
demenziale profittatore Francesco Mangiameli degno compare di
quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi, rappresentanti
della vigliaccheria cronica... ».
A proposito di Fiore e Adinolfi affermerà Valerio
Fioravanti: « I capi di Terza posizione erano abili perché non
dicevano ai giovani militanti occorre fare questa o quella
rapina, ma nel corso di una riunione esponevano l’esigenza di
avere del denaro per delle iniziative e facevano in modo che i
ragazzi volontariamente proponessero un piano di rapina. In
questo modo, molti ragazzi erano stati mandati allo sbaraglio e
poi arrestati ».

DAL LIBANO A LONDRA E DI NUOVO IN ITALIA.

Scrive Silvio Maranzana [5]: « Due terroristi dei NAR stanno
orchestrando da Londra lo sbarco in Italia di un nuovo movimento
fascista ». L’articolo ricostruisce l’attività di Fiore e del suo
camerata, il cantautore Massimo Morsello (conosciuto nel’ambiente
come il “De Gregori di destra”) latitanti nella compiacente
Londra, dove sono diventati “imprenditori di successo”, titolari
della “Meeting point”, un’azienda che organizza concerti e
turismo scolastico, soggiorni e prevendite di biglietti per
partite. Così pure, scrive Maranzana, secondo la polizia inglese
i Nostri avrebbero organizzato attraverso la società “Trust of
St. Michael the Archangel” delle vendite di beneficienza per
raccogliere fondi “destinati a fondare in Spagna un villaggio
fascista”. Un progetto per un villaggio spagnolo “dove i
nazionalisti di tutta Europa possano vivere nel nuovo ordine”
appare anche, prosegue Maranzana, nel bollettino interno
dell’organizzazione “neonazista” “Third position international”,
tanto per riprendere le solite sigle. All’idea di questo
“villaggio” « Morsello se la ride. “Una città nera? Magari si
potesse costruire, me ne andrei là di corsa. Purtroppo però sono
tutte invenzioni di un giornalista” ». Però nel novembre 1999 il
quotidiano “Liberazione” riprenderà un articolo dello spagnolo
“El paìs” nel quale si legge che “il gruppo neonazista britannico
Terza posizione internazionale” (toh! coincidenza? n.d.r.) “si
appresta a ricostruire un villaggio abbandonato che ha comprato
interamente due anni fa (...) nella regione di Valencia”.
Quanto alla permanenza a Londra dei due condannati per
associazione sovversiva in Italia, troviamo che il quotidiano “Il
Manifesto” del 5.11.1998 riprende un articolo dell’inglese
“Guardian”, il quale avrebbe sostenuto “sulla base di nuove
informazioni di un’ex agente della CIA in Europa” che Fiore e
Morsello sarebbero stati “reclutati” in Libano nei primi anni ‘80
(si erano lì rifugiati subito dopo essere scappati dall’Italia)
dal servizio segreto inglese M16 e che per questo motivo la Gran
Bretagna non concesse mai la loro estradizione all’Italia.
Michael Schmidt [6] riferisce che la rivista inglese
“Searchlight” (giugno e luglio 1989) sostenne più precisamente
che il M16 riteneva sufficientemente importante quello che
Fiore sa sui campi di addestramento di Al Fatah in Libano, per
permettergli di gestire anche tre ditte a Londra .
Il Libano coi suoi campi paramilitari è un leit-motiv anche
per alcuni triestini che furono coinvolti nei primi anni ‘80 nel
corso delle inchieste sui NAR: i fratelli Livio e Ciro Lai,
Gilberto Paris Lippi, Fausto Biloslavo ed Antonio Azzano. Questi
ultimi tre il 1° luglio 1981 vengono arrestati per ordine della
magistratura di Bologna per reticenza e falsa testimonianza in
merito a loro soggiorni nel Libano, in campeggi paramilitari dei
falangisti. Due giorni dopo viene precisato che l’inchiesta si
colloca nel quadro delle indagini sulla strage del 2 agosto alla
stazione ferroriaria [7].
Gilberto Paris Lippi, negli anni ‘70 militante del Fronte
della Gioventù, diventerà negli anni ‘90 esponente di spicco di
A.N. arrivando a ricoprire la carica di vicepresidente della
Provincia di Trieste e poi di consigliere regionale.
Biloslavo (sulla cui figura ci dilunghiamo un po’ perché lo
ritroveremo anche più avanti in altre occasioni pubbliche)
diventerà poi reporter di guerra per conto dell’agenzia
Albatross, fondata assieme a Giovanni Micalessin ed Almerigo
Grilz (questi, che fu negli anni ‘70 dirigente del Fronte della
Gioventù e poi del M.S.I., rimase ucciso in Mozambico nel 1987
mentre seguiva i guerriglieri anticomunisti della Renamo,
finanziati dal governo razzista sudafricano); negli anni ‘80 andò
più volte in Afghanistan; nel 1987 fu arrestato ed imprigionato
per alcuni mesi dalle autorità afghane perché sospettato di
contatti coi guerriglieri; ritornò ancora una volta a Kabul e fu
investito da un camion, restando vivo per miracolo. Si recò anche
diverse volte nella ex Jugoslavia: nel 1993, durante un reportage
nell’entroterra dalmata, rivelò [8] l’esistenza di
un’esplosiva missiva di un generale italiano (...) da poco in
pensione (che) consigliava i serbi su come conquistare Zara...,
ed anche che in Krajina un ex mercenario serbo stava
addestrando la “brigata Garibaldi” composta da uno sparuto gruppo
di italiani. Questa notizia fu “smentita” sulle pagine del
“Piccolo” dove il giornalista Paolo Rumiz scrisse di “bombe”,
complotti e disinformazione per “tirare l’Italia nella trappola
balcanica” accusando direttamente ed indirettamente il
sottoscritto, l’Indipendente, altri giornalisti oltre a politici
vari, dall’ex senatore Arduino Agnelli all’ex sindaco di Trieste
Giulio Staffieri. La polemica innescata sfociò in una querela
da parte di Biloslavo che la ritirò tre anni dopo a fronte della
pubblicazione sul “Piccolo” del testo dal quale abbiamo tratto i
brani sopra evidenziati. Biloslavo è inoltre uno dei giornalisti
“specializzati” sull’argomento “foibe”, ha pubblicato diversi
articoli (sul “Borghese”, su “Epoca”, “Il Giornale Nuovo” ed
altri) sugli “infoibatori titini” che ancora si troverebbero in
Slovenia e Croazia. Fu lui a lanciare la campagna contro gli
“infoibatori” che percepiscono le pensioni italiane, raccolta poi
dal P.M. romano Pititto. Ha anche scritto degli articoli in cui
riprendeva le (sbagliate) ricostruzioni storiche di Marco Pirina,
dando ad esse una patente di legittimità. Pubblicò nel 1985
un’intervista che sostenne di avere fatto telefonicamente al
partigiano fiumano Oskar Piskulic, indagato per l’uccisione di
tre persone nel corso dell’insurrezione di Fiume, e rese
testimonianza al P.M. Pititto, che conduceva l’inchiesta, in
merito a questo suo colloquio con Piskulic. Però in altra sede
Piskulic ha negato di avere concesso interviste a Biloslavo,
telefoniche o di persona che fossero.
Biloslavo in seguito fece le seguenti dichiarazioni
(pubblicate sul “Piccolo” del 27.11.97) in merito alla comparsa
del suo nome tra quelli degli otto triestini che sarebbero stati
frequentatori di una campo falangista libanese secondo quanto
scritto da Giuseppe De Lutiis [9]: « E’ non solo falso, ma
ridicolo e difatti nessun organo inquirente mi ha mai chiesto
informazioni. Io a Beirut ci sono stato per alcune settimane tra
il ‘78 ed il ‘79, ospite a casa di alcuni amici cristiano-
maroniti. (...) non ho mai saputo della partecipazione di
estremisti di destra triestini a campi di addestramento...».
Ma
questa affermazione è in netta contraddizione con quanto scritto
dalla stampa dell’epoca e poi riportato da Tonel: sul “Piccolo”
[10] infatti leggiamo che “ sono stati interrogati ieri nel
carcere di San Giovanni in Monte a Bologna i tre triestini
arrestati il 2 luglio scorso... ”. Quindi non corrisponderebbe al
vero che “nessun organo inquirente” abbia chiesto “informazioni”
a Biloslavo. Ricordiamo anche che l’avvocato dei tre era quel
Marcantonio Bezicheri che fu a suo tempo difensore di Freda e che
ritroveremo anche più avanti.
Torniamo ai fondatori di Forza Nuova. Massimo Morsello che,
secondo Gianni Barbacetto [11] si autodefinisce “fascista,
cattolico, latitante e cantautore politicamente scorretto” è
rientrato in Italia nella primavera del ‘99 grazie alla legge
Simeone perché gravemente ammalato (si parlò di cancro in fase
terminale). Ma dopo qualche mese Morsello pare avere riacquistato
la salute, difatti va in giro a fare concerti e comizi ed è
intervenuto pure ad una manifestazione a Trieste nel maggio
scorso.
Nello stesso articolo Barbacetto ricostruisce così la “genesi”
di Forza Nuova, nata all’inizio come una sorta di movimento
d’opinione all’interno della Fiamma tricolore, dove coagulava i
militanti attorno al proprio bollettino, il “Foglio di lotta”
(che esce tuttora).
Nel 1997 lo stesso Rauti decise di mettere fine a questa
fronda impedendo la diffusione del “Foglio” e “richiamando i
camerati alla disciplina”. Ma a quel punto ci fu la scissione
vera e propria e “Fiore e Morsello, da Londra, indicarono la
data - il 29 settembre, San Michele Arcangelo, protettore della
Guardia di Ferro di Codreanu, il leader del fascismo romeno - in
cui, gettate alle ortiche le vecchie prudenze rautiane, sarebbe
finalmente nata una forza nuova ”. In contemporanea si formò,
attorno ad un gruppo di giornalisti di estrema destra (Mario
Consoli, Piero Sella, Sergio Gozzoli, fondatori del giornale
“Uomo Nuovo”) un gruppo che, avendo un rapporto privilegiato con
Le Pen, cercava di costruire un “Fronte nazionale” anche in
Italia.
Parte del nucleo dirigente di Forza Nuova è stato coinvolto
nell’inchiesta sugli Hammerskin italiani, facenti parte di quella
rete neonazista internazionale fondata una decina d’anni fa in
Texas e poi diffusasi in Europa, presentantesi come “l’elite
dell’elite” degli skinheads. Il loro simbolo sono due martelli in
marcia (quelli che appaiono nel film “The wall” dei Pink Floyd),
e si ritengono “ nuovi cavalieri di un medioevo postmoderno,
crociati schierati in difesa dell’Europa bianca ”.
Anche Fiore fu coinvolto nell’inchiesta sugli “Hammerskin”,
accusato di esserne il finanziatore e fu per questo motivo che
dovette rinviare di un anno il suo rientro in Italia. Sia il
leader milanese degli Hammerskin, Duilio Canu, che quello di
Padova, Alessandro Ambrosino, diventarono poi dirigenti locali di
Forza Nuova. Altro dirigente di Forza Nuova è quel Maurizio Boccacci
che fu
per anni leader del “Movimento Politico”, associazione
dell’estrema destra che alla fine degli anni ‘80 costituì [12]
il punto di riferimento e di organizzazione di centinaia di
estremisti di destra a Roma ... nata nel 1985 sulle ceneri di
Terza Posizione. (Toh! chi si rivede). Anche il simbolo è
simile. E la struttura semiclandestina è composta di giovani
disposti a colpire comunque. Frequentano le palestre, conoscono
il karatè ed il full-contact. (...) Il leader si chiama Maurizio
Boccacci, 35 anni, che è passato dalle file di Avanguardia
Nazionale di Stefano Delle Chiaie, al FUAN di via Siena, la
scuola di Paolo Signorelli (ve lo ricordate? n.d.r.) dove sono
cresciuti anche il giovane Alibrandi, Francesca Mambro e Giusva
Fioravanti. Le sedi (...) sono piene di materiale di propaganda
neonazista, stendardi e gagliardetti, magliette con le
riproduzioni di Hitler, anfibi con le punte di metallo e,
naturalmente, le armi per la battaglia contro i negri e gli ebrei
. L’articolo prosegue con un elenco dei pestaggi compiuti dai
naziskin del Movimento Politico. Nel 1992 fece scalpore la
notizia che una sede del Movimento Politico fu presa d’assalto da
un gruppo di gio



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