A Brindisi con Monsignor Scala
Leggendo il nostro giomale del mese di marzo 2005 ho trovato un
"trafiletto" a firma del concittadino Giulio Scala, nel quale, con molto
affetto, ricorda la nobile figura del sacerdote fiumano don Severino Scala
al quale il Pontefice conferí il titolo di Monsignore. Nelle ultime righe,
poi, lo scrivente chiede, "c'é qualcuno che lo ha conosciuto?"
"Certamente" rispondo, "direi, tutti i fiumani". Per me, la sua richiesta, é
stata un piacevole invito ad aggiungere ancora qualche ricordo.
Mio padre, Luciano Stocchi, fu l'ultimo Direttore Amministrativo
italiano a Fiume del Cimitero Monumentale di Cosala, subito dopo il
collocamento in pensione del Signor Mirate.
Mio padre era un buon amico di don Severino Scala, col quale
intratteneva anche rapporti di lavoro. Ci vedevamo spesso e fu lui ad
affibbiarmi il soprannome di "mulo de Bonaroti", che mi accompagna ancora.
Questo succedeva a Fiume. Poi, come ben si sa, arrivó quel brutto giomo del
nostro doloroso esodo che ci ha divisi, chi da una parte, chi dall'altra,
destinati nei vari Centri di Raccolta Profughi, sparsi nelle varie cittá
d'Italia, o emigrati in Paesi lontani.
Mio padre venne comandato a Bari dove riprese a lavorare e, qui, lo
raggiunse parte della famiglia. lo, venni destinato a Brindisi e solo dopo
la costituzione delle Regioni, chiesi ed ottenni il trasferimento a Bari.
A Brindisi, almeno cosi mi venne riferito, entrarono in funzione due o
tre Centri di Raccolta Profughi. Sempre, nel Rione Casale, c'erano un
collegio (giá sede prowisoria, nel periodo della seconda guerra mondiale,
dell'Accademia Navale di Livomo) e l'Istituto Tecnico Náutico "Camaro" dove
trovarono ospitalitá molti studenti fiumani e giuliano-dalmati che, nelle
rispettive cittá di provenienza, avevano giá iniziato gñi studi nautici.-
A Brindisi, in preparazione del "Radunetto dei fiumani" pensai di
invitare il nostro Monsignore Severino Scala per celebrare la Messa. II
quale, in memoria dei vecchi rapporti di amicizia e per la serietá
dell'incontro, accettó subito. Oltre al presule, avevo invitato anche i
nostri concittadini fiumani residenti a Napoli e provincia.
II gruppo di fiumani accompagnati dagli amici Dr. Mario Stelli,
Presidente del Comitato Giuliano di Napoli e dal CommendatoreAntenore Bacci,
Presidente delle Lega
Fiumana di Napoli, avevano raggiunto Bari, di buon mattino, prima sosta
prima di avviarsi verso Brindisi.
Nella periferia della cittá, c'é un rione popolare chiamato "Commenda"
dove all'inizio degli anni '60, sorse l'unica chiesa rionale, relativamente
moderna, che prese il nome di San Vito perché all'intemo della chiesa c'é la
statua del Patrono della nostra amata Fiume che sul palmo della mano destra
tiene la "Torre civica" disegnata, se non vado errato, dal concittadino
Signor Milocco.
E proprio davanti a questa chiesa abbiamo incontrato il nostro
Monsignore Severino Scala proveniente da Taranto, dove, all'epoca, aveva
alcuni parenti. Entrati nella chiesa con il gonfalone di Fiume in testa, il
parroco che era stato preavvisato, si mise a disposizione del nostro
Monsignore, dotándolo anche dei paramenti sacri. A parer mio, Monsignor
Scala é stato il primo ed único sacerdote fiumano a dir Messa in questa
chiesa di San Vito, davanti alia statua del nostro Patrono.
Conservo ancora l'omelia pronunciata in quell'occasione:
"E' veramente bello e piacevole, come dice il salmista, di ritrovarci
insieme, tra fratelli, tra concittadini di Fiume, sempre olocausta, in una
ricorrenza cosí grande, come quella del "Corpus Domini", unita alla festa
dei Santi Patroni: Vito, Modesto e Crescenzia della terra di San Vito in
Fiume.
Vito, giovincello, orfano di madre, figlio di un padre snaturato e
generato da grazia, per opera della sua nutrice Crescenzia e il tutore
Modesto, deve scappare dalla sua
Sicilia dove ha ricevuto, per predicare, la fede del Suo Cristo, trova il
martirio proprio a Roma, durante l'era dei martiri, sotto l'Imperatore
Diocleziano, insieme a Modesto e Crescenzia.
I cristiani, attraverso i secoli, hanno sempre onorato i martiri come
Vito, Tarcisio, Lucia, Agnese, Cecilia, Agata che, per sfüggire agli orrori
delle persecuzioni andarono verso nord fondando paesi e villaggi che furono
chiamati con i loro nomi. Agli estremi confini d'Italia, nacque Flumen
Sancti Viti, presso il Camaro, che l'Italia chiude e i suoi termini bagna.
Per brevitá, la terra di San Vito é stata chiamata Fiume, ma la
dedizione del Santo giovinetto é rimasta e ne siamo orgogliosi eredi" .-
Sergio Stocchi