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Sua Maestà la regina Maria Sofia

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Rafminimi

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Mar 12, 2013, 7:20:24 PM3/12/13
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La memoria e lo stile.

Intervista ad una grande Donna del passato: Sua Maestà la regina Maria Sofia

Nel novembre del 1924 il giornalista del "Corriere della Sera" Giovanni
Ansaldo si recò a Monaco per intervistare Maria Sofia di Baviera, l'ultima
regina di Napoli. Il marito, quel Francesco II di Borbone, al quale con un
gravissimo atto di pirateria era stato sottratto tanti anni prima un
legittimo regno, era ormai da tempo passato a miglior vita e Maria Sofia
viveva gli ultimi scampoli della sua lunga e travagliata esistenza (era nata
nel 1841), in un vecchio ma imponente palazzo adagiato sulla Ludwigstrasse,
ospite di un nipote, figlio del duca Carlo Teodoro di Baviera. Il giovane
giornalista si trovò di fronte una vecchia signora (aveva già 83 anni) che,
però, malgrado le tante vicissitudini, niente aveva perso della sua regalità
e del suo innato charme. Maria Sofia era ancora lucidissima e ricordava
perfettamente il suo fin troppo breve ma felice periodo napoletano quando
per tutti era "la regina". Nel corso dell'intervista non vengono risparmiati
giudizi taglienti riguardo ai Savoia che a quel tempo, è bene ricordare,
erano ancora saldamente seduti sul trono d'Italia. Ad un certo punto Maria
Sofia diventa persino profetica quando esclama: "Il modo in cui loro hanno
trattato noi è di brutto augurio. Dio non voglia che un giorno, anch'essi,
non abbiano da difendere, dall'esilio, i loro patrimoni personali".
Profezia, ahimé, veritiera solo in parte. I Savoia, infatti, nel momento
della fuga, furono molto più astuti e previdenti provvedendo in anticipo a
spostare nei capienti forzieri svizzeri il loro inestimabile tesoro. Quel
tesoro che era stato largamente rimpinguato grazie alle ruberie e ai furti
perpetrati a Napoli e nel meridione tutto. Il giornalista resta rapito dalla
determinazione e dall'energia della vecchia regina che di lì a qualche mese
renderà l'anima a Dio, tanto che non riesce più ad articolare domande. Alla
fine, in maniera alquanto impacciata e goffa, si congeda dalla regina e si
reca in albergo a scrivere il suo pezzo. Quell'incontro, però, rimarrà
impresso a lungo nella sua mente e nel suo cuore. Anche perché incontrare
una persona di così elevato spessore e di così forte tempra, non era di
certo cosa usuale. Maria Sofia, infatti, fino all'ultimo istante della sua
vita, era rimasta e si sentiva regina. La regina di un Regno che era stato
grande e che, proprio sull'esempio mirabile di cotanta donna, vorrebbe
ardentemente tornare ad esserlo.

INTERVISTA ALLA REGINA MARIA SOFIA DI GIOVANNI ANSALDO, APPARSA SUL CORRIERE
DELLA SERA NEL NOVEMBRE 1924
(Ansaldo omise una parte - da "Voi lo vedete, sono povera." a "i loro
patrimoni personali..." - che pubblicò sul "Tempo" il 12 febbraio 1950)

Maria Sofia di Baviera, regina di Napoli, vedova di Francesco II di Borbone.
Non solo vive ancora, ma regna. Duchessa di Castro per il volgo dei maitres
d'hotel e dei fattorini, imperatrice dell'anima per me.
Amo in lei la bellezza e la dignità della tragedia.
I re ci saranno sempre, trionferanno delle teorie e delle rivoluzioni,
perché la tragedia è necessaria, ed essi soli ne sono i personaggi.
I poveri uomini hanno bisogno di esseri viventi, affrancati per nascita
dalle miserie della promiscuitá sentimentale e da certe convenzioni verso
l'uguaglianza, da certi livellamenti del dolore, da certi ménagements della
rispettabilità.
Giorni fa, Maria Sofia, rovistava in certe vecchie casse, da anni non
aperte.
Ne trasse fuori due poveri acquerelli, due vedutine del Vesuvio, dolcemente
velate da un languore di esilio, che aveva tremato nella mano del
dilettante. Il suo fido Barcellona, che le era accanto, le trovò belle.
"Ti pare?" replicó la regina, socchiudendo gli occhi e guardando in
prospettiva i due acquerelli. "Ti pare? Le dipinse il mio re. No, il mio re,
tu lo vedi, non fu imbecille... Come dicono."

E rise. La vecchia regina di ottantatré anni ride ancora, dolcemente o con
un secco convulso, e un`onda di sangue le monta ancora giovanilmente dal
cuore alle tempie, fino alla radice dei capelli bianchi ; ride ancor oggi
come nella casa paterna di Possenhofen, nella reggia di Napoli, nelle
casematte di Gaeta, ai tempi dei suoi diciott'anni.
I grandi sdegnosi sono propensi al riso: è, in essi, una attitudine di di
difesa contro la vita. Diversamente da sua sorella Elisabetta d'Austria,
Maria Sofia cercò la felicità. Lo dice: "Noi, le cinque figlie del duca Max,
ci chiamavano da giovani die Wittelsbacher Schwestern, le sorelle
Wittelsbach. Portavamo tutte e cinque le treccie nere, ricondotte a giro
appena al di sopra delle orecchie e sulla fronte, al modo delle contadine
dello Oberbayern.
Poi tutte pigliammo il volo: Elisabetta diventò imperatrice d'Austria, Elena
diventò principessa di Thurn und Taxis, Matilde sposò Luigi conte di Trani,
Carlotta il duca di Alençon: ma di tutte e cinque, io era quella più
predisposta dalla natura a godermi la vita" Il suo disegno è stato dunque
una lenta e faticosa conquista, la sua indifferenza è una corona ben più
gloriosa di quella monarchia normanna.
Le angustie di questi ultimi anni, le peripezie di una vecchiaia appena
agiata, non le hanno tolto il suo riso, che ancor oggi vela il suo viso di
porpora, la porpora della sua intima e vincitrice regalità, che le avventure
del mondo e degli uomini non possono offendere. Maria Sofia vive a Monaco.
Ospite del nipote, il figlio del duca Carlo Teodoro.
Il vecchio palazzo costruito dal duca Max sulla Ludwigstrasse accoglie,
nell'ala sinistra, la sede della Deutsche Bank; nell'ala destra, la regina
di Napoli. Accomodamenti inevitabili.
I giovani principi Wittelsbach, le nuove generazioni, si sono fabbricate
altre dimore, a Bad Kreut, a Berchtesgaden, a Tegernsee: essi si portano
dietro la servitù valida: hanno lasciato alla vecchia regina due servitori
che indossavano con estremo decoro la livrea dei Wittelsbach,
bianco-azzurra, e che introducono con dignità nell'anticamera nuda, con
poche poltrone in raso giallo, ma senza - se Dio vuole - tutto il bric a
brac degli appartamenti privati del poveri e banali re con regno.
Due vecchi servitori pensionati, due cameriere, il segretario: ecco la corte
di Maria Sofia. II segretario è un catanese, il Signor Barcellona: da più di
vent`anni al servizio della regina. E racconta, con devozione ingenua e
onesta di impiegato.
Il conte de La Tour, il barone Carbonelli, il conte di San Martino, gli
ultimi gentiluomini che circondarono la vecchia Maria Sofia prima della
guerra, tutti morti.
"Io solo li sostituisco" fa il signor Barcellona con una infinita
discrezione.
"Il patrimonio di Sua Maestà era tutto investito in fondi austriaci. Voi
capite le conseguenze. La regina possedeva anche una bella villa sul
boulevard Maillot, a Parigi. Fu lì che, anzi, ci sorprese la guerra. Oh,
tutte le avventure per rispedire in Germania la servitù tedesca!... La
regina ha la cittadinanza italiana, è italiana. La Pubblica Sicurezza
francese fu allora molto gentile, per il passaporto. Io dissi: Ma capite
bene, signori: non vorrete che una vecchia regina venga personalmente al
commissariato! Capirono, e mandarono un delegato. Poi capitò il moratorium
degli interessi: eravamo già qui a Monaco. Ma i Wittelsbach aiutavano ancora
la regina: c'era sul trono il principe reggente. Leopoldo, quello stesso che
la condusse all'altare, per procura di Franceschiello. Molti italiani,
molti, visitò la regina nei campi di prigionieri. La regina parla
correntemente italiano, appena qualche termine francese, ma di rado: e
quelli se ne meravigliavano.
E lei spiegava così: "Sono una signora, che conosce bene Napoli". Oppure:
"Sono una signora, che imparò da giovane a parlare italiano".
Poi diceva: "Povera gente! Si stupiscono di trovarmi cosi simile a loro,
perché domando se hanno avuta tutta la loro razione di broda!". Regalò ai
campi di prigionieri tutti i suoi libri italiani.
Ai tempi della "repubblica dei consigli", la regina era alloggiata al
Kaiserhof, sullo Stachus. Gli spartachisti si difendevano dalle barricate
erette proprio di fronte all'hotel, sulla Karlsplatz.
II proprietarlo diceva: "Ma Maestá, io declino tutte le responsabilità".
La regina rideva, e diceva: "Mio caro, assolutamente no. Io non scenderò in
cantina. Voglio vedere se almeno i rivoluzionari di oggi tirano meglio di
quelli dei tempi miei". E osservò sempre dal suo appartamento tutte le fasi
della lotta.
Il generale Epp, che comandava le truppe del governo, le piacque molto
perché montava bene a cavallo. Poi partimmo per Parigi, boulevard Maillot,
dove passammo due anni: dall'ottobre `20 all'ottobre `22. Ora, la bella casa
di boulevard Maillot è venduta. Si congedarono gli ultimi tre servitori
italiani. Quest'inverno la regina avrebbe voluto anche svernare a Parigi:
abbiamo scritto a qualche buon albergo, non dei primi: ma che prezzi! Cento
franchi al giorno. La regina, voi capirete, deve fissare almeno tre o
quattro camere. Per quest'anno bisognerá rinunciarvi. Come per i giornali.
Un tempo, noi ricevevamo una ventina di giornali, parecchi, anche giornali
italiani: ma come si fa, adesso, con questa valuta? La regina riceve ancora
qualche giornale italiano, ma così sapete... cosi, quando c`è qualche cosa
di interessante...
Il segretario non vuol pronunciare le parole proprie: "di seconda mano". Ha
ragione. I re non possono accettare nulla di seconda mano: né il trono, né
il giornale. Io rifletto: quanto sarebbe bello e nobile se i più grandi
giornali italiani inviassero una copia in omaggio a una vecchia Signora di
ottantadue anni, che fu... Ma sì. Neanche da pensarci. Saremmo accusati di
borbonismo latente.
"È così con la posta. Quanta posta, un tempo, signore! La regina faceva
molta beneficenza, pagava delle piccole pensioni. Una la vuol pagare anche
adesso, al vecchio Giovanni Tagliaferri, di Caserta, che fu con lei a Gaeta:
è quello che si ricorda ancora adesso più cose di quando la regina era
giovane, e guidava sei cavalli, con salda mano, per i viali di Capodimonte.
Ma anche la posta, a poco a poco... Fu molto triste quando dovette
sospendere il sussidio all'ospizio dei piccoli vetrai italiani, alla Plaine
Saint-Denis, vicino a Parigi.
Fu suor Maria d'Ajutolo che ora è morta anche lei, che l'aveva portata a
vedere cos'era la miseria di quella gente. Suor Maria d'Ajutolo era una
donna energica, che quando parlava degli orrori della Plaine Saint-Denis, o
di qualche altro affare del genere, piantava gli occhi in faccia alla
regina, e diceva: "C'è da vergognarsi, Maestà ".
E la regina replicava fermamente convinta: "Si, c'è da vergognarsi, suor
Maria". Quando le dissi che ormai non si poteva più fare quella spesa del
sussidio, la regina era seduta di là al suo tavolo da lavoro, e ripeté due o
tre volte, guardando così, nel vuoto: "C'è da vergognarsi, Maestà". Poi
aggiunse: "Nessuno mi parlò mai cosi bene come suor Maria ".
Ne aveva infatti una stima grande. Adesso, la regina scrive più a poca
gente. In Italia ha ancora qualche amico dei tempi lontani: come la duchessa
Della Regina, che è anche contessa di Macchia, di Napoli. Per il 4 di
ottobre, che è il compleanno della regina, e per il nome di Maria, la
duchessa manda sempre a chiedere che cosa la regina gradirebbe di più. E
sapete, cosa indico sempre, io? Una cassettina di maccheroni, con un po' di
cacio e di conserva, tanto almeno da poter fare un po' di pasta asciutta.
E la duchessa manda sempre tutto puntualmente. La duchessa è vecchierella
pure lei, conobbe la regina a Caserta, non la rivide mai più, da quei
giorni. Ma fa il pacco ancora lei, io conosco la calligrafia. Bisogna
scrivere sull'indirizzo: "Liebesgaben ".
Allora alla frontiera non aprono il pacco, la dogana tedesca non apre i
pacchi di strenne". "Liebesgaben", "dono d'amore". Voi siete una grande
anima, duchessa "vecchierella". Voi scrivete con mano tremante la parola
straniera, la parola misteriosa, la parola che deve aprire le frontiere
lontane all'omaggio per la regina della vostra gioventù. "Liebesgaben",
"dono d'amore..."
"La regina, quando riceve i pacchi della duchessa, con su scritto
Liebesgaben, è tutta contenta. Manda a chiamare un vecchio napoletano, qui
di Monaco (a Parigi, c'erano i Tagliaferri, zio e nipote) e si fa fare delle
buonissime paste asciutte, che fa assaggiare a quanta più gente può.
L'ultima volta, invitò a pranzo il Nunzio pontificio, monsignor Pacelli: ma
un pranzo così in confidenza, si capisce: il Nunzio è molto intelligente e
conosce le condizioni della regina. Del resto, poche visite. il Kronprinz
Rupprecht, che viene ad essere nipote d'acquisto della regina, quando viene
a Monaco da Berchtesgaden è sempre impegnato in cerimonie ufficiali di leghe
militari, o altro: fa un salto qui a palazzo, ma pochi minuti.
La regina ebbe anche, tempo fa, la visita di una principessa italiana, che
ora è entrata nella nostra Casa: la principessa Bona. Viene ad essere sua
pronipote d'acquisto, perché il principe Corrado suo marito è figlio d'una
figlia dell'imperatrice Elisabetta".
Il signor Barcellona si orienta nelle parentele wittelsbachiane- asburghesi
con la sicurezza di un pipistrello in una caverna. "E poi, pochi altri
amici. Tutte le sere alle cinque, viene la sorella della regina, la duchessa
di Trani. Matilde che abita all`hotel Vierjahreszeiten, sulla
Maximilianstrasse. A prendere il the. Allora io faccio un po' di lettura dei
giornali, perché la duchessa di Trani, per quanto meno vecchia della regina,
non può leggere facilmente, senza occhiali, come la regina.
La duchessa di Trani ha ottant'anni. La regina dice che i loro discorsi sono
tetri come quel verso di Schiller nella ballata di Rodolfo di Asburgo: "Als
dächt'er vergangener Zeiten" (come se pensasse a tempi passati) ma lo dice
senza rimpianti. Poi io riaccompagno sempre la duchessa di Trani all'hotel,
che è piuttosto distante, e per lo scuro potrebbe succederle qualche
disgrazia".

Rodolfo di Asburgo, quando i tempi passati lo riafferrano, e lo fanno
piangere, siede al banchetto palatino, in mezzo alla sua corte, e può
nascondere le lacrime "nel manto dalle purpuree pieghe". Maria Sofia non ha
che la porpora del suo viso, che la protegge dalle ingiurie del volgo, dalle
curiosità e dalle compassioni, meglio del manto imperiale "des Mantels
purpurnen Falten".

In piedi accanto al suo tavolo da lavoro, dritta come il fusto di un giovane
pino, la regina riceve. Sotto la frangia dei capelli bianchi, e l'arco
grande e perfetto delle sopracciglia, gli occhi guardano il nuovo venuto, e
insieme guardano lontano: Si sente di essere in margine a quella vita
superba; ospiti, episodio. La bocca sottile si dà, sì, pena e per essere
buona e benevola, ma non può sorridere col facile e banale incoraggiamento
degli charmeurs.
La regina che resiste così tenacemente alla morte ha nel viso qualche cosa
di quei bambini, per i quali si ha paura che muoiano presto: questo timore,
questa ritrosia dinnanzi alla vita è uguale oggi sul suo viso, come nel
ritratto che di lei diciassettenne Piloty dipinse, prima che andasse sposa.
Per questo suo ansioso e disdegnoso viso, Maria Sofia è salva dalla oscena
vecchiaia, è contemporanea di tutte le generazioni sopravvenute: è la donna
senza età dell'antico poema ellenico, che colpita dalla sciagura della sua
casa, tuttavia non disperando della giustizia degli dei, lieta e orgogliosa
della propria bellezza che non può essere tolta ai poveri uomini, loda i
disegni del fato.
Il tono con cui essa chiede al visitatore il nome, i maggiori, la patria, è
schiettamente omerico. La regina crede nella bontà del sangue e nella
importanza di una ascendenza almeno pulita. Essa chiede anche gli anni, e
dice i suoi, senza alcuna vanesia senile. "Ho ottantatré anni. Uno di più
dell'onorevole Giolitti. Sono molto vecchia."
La regina tace. Io cerco furiosamente nel mio cervello le domande da farle,
le questioni, gli argomenti. Niente. Quella sua ultima frase mi fa l'effetto
di una saracinesca, calata di colpo su una vetrina dove io volevo piluccare
colla mia curiosità. "Sono molto vecchia": sottinteso: "Le parole tue sien
conte". Alzo la testa: la regina è immobile. Non riesco a vedere e a pensare
altro che i due oggetti posati sul tavolo: un lavoro di tricot bianco, e un
giornale. Finisco per chiedere alla regina quali giornali legga.
"Vi dirò. Io stessa leggo tutti i giorni Les Journal des Débats e Le Figaro.
La mia politica estera la dirige un po' il signor Gauvain, che io considero
il primo articolista politico di Europa, il più informato, indipendente e
sistematico. Il Figaro lo leggo per la parte mondana. È l'unico giornale del
mondo che dia bene i matrimoni, le morti, le villeggiature del mio parentado
e delle mie relazioni, e in genere della buona società: una cosa molto più
importante di quanto voi credete. Poi il Figaro è l'unico di cui mi fido per
le recensioni letterarie. Io compro i libri di cui dice bene, gli altri li
trascuro senz'altro".
"E di giornali tedeschi?."
"Così, le Münchener, per quello che succede in città. Ma Monaco è triste,
sapete. Questi monachesi hanno perduto la testa". La regina abbassa la voce,
e ripete più volte: "perduto la testa". "Il Signor von Kahn è un uomo assai
devoto alla monarchia: ma non ha testa, no, no." La regina accenna ancora di
no, col capo, con indulgenza, con compatimento. "Io conosco come sono gli
uomini devoti, ma senza testa".
Quando la regina sa che ho visitato anche la Ruhr, mi domanda se è vero che
truppe francesi commettano tante atrocità. Io rispondo ciò che so.
"Ma io lo pensai sempre! Non può essere che i francesi si mettano a fare di
proposito ciò che raccontano questi giornali" dice la regina sfogliando un
numero del Münchener. "Sono contenta che voi mi diate delle informazioni
moderate e imparziali. Questa storia delle atrocità francesi nella Ruhr è
come quell'altra delle atrocità tedesche nel Belgio. Tutto uguale, tutto
così uguale, signore! E la "vergogna nera"? Anche lì si sarà esagerato.
Purtroppo chissà quante ragazze bianche, tedesche come francesi, vorranno
andare col negro! Ma certo, è cosi..."
Una pausa, piena di povera umanità. La regina socchiude gli occhi come per
non vedere quanto sono menzogneri e lubrici gli uomini. "Mon cher monsieur,
le monde c'est fou. Non c'è modo di guarirlo. Ogni generazione ripete gli
errori delle generazioni precedenti, prendendoli per clamorose novità".


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