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Pensiero saittiano del 5 Febbraio 2007

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unread,
Feb 8, 2007, 3:04:47 AM2/8/07
to
Follonica, 5 Febbraio 2007

Pensiero saittiano del giorno.

Ieri da un messaggio inviato sul mio sito interattivo a: http://arcano.byethost9.com
ho capito che quando ironicamente mi autodefinivo 'filosofo
autodidatta' propugnando e sostenendo la mia filosofia di vita, in
realtà non dicevo nulla di nuovo, ma dato che io non conosco la
cultura filosofica, pensavo dire cose assolutamente sconvolgenti...
Nel messaggio prima citato sono stato paragonato a Diogene ed
Antistene, quindi come loro, molta gente addurrà che io 'predichi bene
e razzoli male', dato che difatto uso la tecnologia informatica (ed
Internet per esprimermi), uso le comodità della casa, ecc. Infatti io
vivo una vita abbastanza comoda, anche se la MASSA la vive molto più
comoda di me, però io non sono dipendente dalle comodità come i
PECORONI della MASSA! Quando ho la possibilità di fare qualcosa in
maniera più facile, la faccio, ma non mi sento incapace a farla in
altri modi...
Stessa cosa per quanto riguarda il piacere... Io non cerco nessun tipo
di piacere, neppure quello sessuale, ma tuttavia che se a una donna
prude la TOPA e vuole che la TROMBI, ciò non significa che io non lo
faccia... In ogni caso lo faccio per lei!
Ho capito che io sono fondamentalmente un 'cinico'(I cinici
dell'Antica Grecia erano coloro che si richiamarono all'insegnamento
di Antistene. Conducevano una vita sciolta da qualsiasi vincolo
familiare o politico, al di fuori di tutte le convenzioni sociali: una
vita, insomma, simile a quella dei cani, che sono appunto liberi da
qualsiasi legame, e pienamente autosufficienti) dato che anche se ho
molti agi dovuti al fatto che faccio parte della società, sarei
perfettamente capace di farne a meno... Dopotutto penso che siano
anche molto diversi i tempi...
Legato al fatto di non volere vincoli familiari o affettivi in genere
è anche la mia ricerca di amicizie o relazioni in cui loro non
cerchino altro profitto che trarre felicità dal fatto che io sia
contento di stare insieme a loro... Purtroppo gli amici sono vicini a
te solo se tu fai a loro favori più o meno grandi, mentre le donne
stanno con te se tu le riempi di regali e/o le TROMBI spesso (meglio
se tu hai il CAZZO grosso) e/o sei bello e/o hai la bella macchina e/o
balli bene... Oltretutto sono pronte a cambiare quando un uomo ha una
qualità in più alle tue o ti supera in qualche campo... Ma io non
voglio certo avere donne o amici tanto deboli intellettualmente dal
far dipendere la propria felicità da chi hanno accanto!

Sotto riporterò alcuni passaggi repereti in Rete riguardo ai 'cinici'e
che sembra quasi siano stati scritti dal Saitta (quando qualche
BURATTINO ROSSO osa dire che io spari CAZZATE :) :

L'autarchia

Per i cinici l'obiettivo unico e fondamentale della vita era il
raggiungimento della virtù morale. Questa virtù si raggiungeva
eliminando tutto il superfluo e mantenendo l'essenziale. Il superfluo
erano gli agi e le comodità derivanti dall'incivilimento, l'essenziale
la vita secondo natura, ovvero un ritorno alla vita animale (da qui il
paragone con l'esistenza randagia e istintiva dei cani).

Dunque il cinico è per eccellenza l'archetipo del contestatore,
dell'anarchico. Egli non crede che la civiltà, con le sue strutture
giuridiche, religiose e sociali, possa in qualche modo essere di
giovamento all'uomo.
Il cinico afferma che l'uomo ha già in sé tutto l'occorrente per
vivere (l'autarchia), ogni sovrastruttura che non sia istintiva e
naturale, cioè ogni aspetto dell'uomo che non sia già dato alla
nascita, non può servire da fondamento a nessuna etica (forti analogie
con il mito del buon selvaggio di Rousseau).

2. Diogene di Sinope

La figura più nota attribuita al cinismo fu, come già accennato,
Diogene di Sinope.

Vissuto ad Atene dal 413 al 323 a.C., egli era il perfetto prototipo
del cinico. La leggenda vuole che abitasse in una botte e girasse per
Atene con una lanterna dicendo che cercava l'uomo. L'unica cosa che
possedeva era un mantello logoro e una ciotola per bere.

Seguendo la filosofia del cinismo, egli preferiva l'esempio pratico
alla teoria. Vivendo con il minimo di "comfort" possibile, eliminando
ogni cosa che non ritenesse necessaria, conduceva una vita da randagio
e derelitto, ai margini della società.
Di ciò non se ne curava. Sapeva che l'insegnamento ultimo della vita
di Socrate era proprio questa ricerca dell'essenziale a scapito di
qualsiasi altra considerazione.

Diogene aveva trovato l'essenziale nella vita stessa. Vivere gli
bastava, nient'altro. Si dice che, avendo visto un cane abbeverarsi
direttamente da una pozzanghera, abbia gettato via anche la ciotola
che possedeva, perché si era accorto che non era più necessaria.

Questo e molti altri aneddoti ci sono pervenuti sul suo conto. Tra
questi la leggendaria visita che gli recò Alessandro Magno. Trovatolo
disteso per terra, il conquistatore gli domandò di cosa avesse
bisogno, egli avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio. Diogene gli
rispose di spostarsi perché gli faceva ombra.


3. La vita come esempio

Il cinismo non lasciò nulla di scritto. Era contro l'essenza stessa
del suo insegnamento. Tutto ciò che era incivilimento non interessava,
tanto meno la scrittura, prodotto più alto della civiltà. Ai cinici
non interessavano nemmeno l'indagine naturale, la logica, la scienza
dei numeri, la politica, l'impegno civile. Forse gli animali ne
facevano uso? Era necessario, tutto questo, per la sopravvivenza?

Ciò che interessava loro, o almeno a Diogene, era la messa in atto
dell'insegnamento, vivere secondo ciò che si predicava. Se Socrate
aveva messo sopra ogni cosa la ricerca attorno sé stessi, Diogene
riteneva superflua ogni altra necessità, soprattutto l'affanno delle
convenzioni e degli orpelli sociali.

Dunque il cinismo si proponeva più come modo di vivere che come
dottrina e dogma, non vi era nulla di accademico ed aulico, solo
l'imperturbabile capacità di vivere seguendo l'istinto naturale alla
sopravvivenza.


"La virtù è sufficiente, da sola, per il raggiungimento della
felicità, e non ha bisogno di niente altro. La virtù è propria delle
opere, e non ha bisogno né di molti discorsi né di nozioni. Il
sapiente è autosufficiente: tutte le cose degli altri sono sue. Il
sapiente non si regola secondo le leggi stabilite dalle comunità
politiche, ma secondo la legge della virtù". (Diogene Laerzio Vl, 10)

"la musica, la geometria, l'astronomia e le altre discipline di questo
genere devono essere trascurate, perché inutili e non necessarie".
(Diogene Laerzio Vl, 73)

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