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E con questa abbiamo chiuso!
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 3 della discussione
Della serie: Meglio tacere e dare l'impressione di essere mbecilli, piuttosto che aprire la bocca e togliere ogni dubbio"
NO PIAZZA, NO LIBERTA'
grillo
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Roma | 9 aprile 2007
Berlusconi: il buon nome dell'Italia viene prima di ogni polemica
Silvio Berlusconi
Chiavi politica italiana
"Vorrei ricordare a tutti che le ragioni umanitarie, il prestigio e il buon nome dell'Italia vengono prima di ogni polemica politica e che perciò vicende come questa vanno trattate con senso di responsabilità e massima coesione. Confrontiamoci anche duramente ma in modo da non recare nocumento all'immagine internazionale dell Italia". E' quanto ha dichiarato il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
"La tragica vicenda di Adjmal - prosegue Silvio Berlusconi - non ci può lasciare indifferenti e impone a tutti i Paesi impegnati nelle operazioni di pace di intensificare gli sforzi per la salvaguardia di coloro che operano in situazioni di così elevato rischio. Ma le giuste sollecitazioni al massimo impegno - conclude il comunicato dell'ex premier - non dovrebbero mai trasmodare nella esasperazione della polemica sterile e senza costrutto tra maggioranza e opposizione".
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Un'Autorità inutile
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Pensavo che l’Autorità Garante della Privacy fosse un ente inutile. Ora ne sono sicuro. Il dubbio mi era rimasto perché avevo incrociato uno dei commissari, Giuseppe Fortunato, in un dibattito radiofonico (presso RadioRadio). Lui parlava di privacy e dei portentosi interventi dell’Autorità, al che io gli feci presente che a me era stato spiato il computer e nessuno s’era fatto sentire. “Ma lei deve subito farcelo presente”, fu la risposta. Guardi che è scritto su tutti i giornali. Non importa, disse, deve essere lei a segnalarlo. Me ne sono ricordato quando il Corriere della Sera ha avuto l’amabilità di pubblicare la mia foto indicandomi quale parente di Bernardo Provenzano, impegnato a riciclare i denari faticosamente guadagnati dal congiunto, e dato che pochi giorni prima il buon Pizzetti, presidente dell’Autorità, s’era sbracciato per sostenere che certe foto di Sircana davvero non si devono pubblicare, mi sono detto: diamogli fiducia, segnaliamo il caso.
Ho ricevuto indietro una nota di tono pilatesco. A parte il burocratese e l’oggettivo insulto all’intelligenza di chi pretende di ricordarmi che posso querelare o denunciare per calunnia (grazie, lo sapevo di mio), la cosa rilevante è che il Garante non trova ragione per intervenire. Una parentela non fa parte della privacy, una parentela fasulla non colpisce la mia privacy, un atto d’inchiesta penale non si sa se è segreto (lo stabilisce la legge). Eppure a me sembra che annunciarne una con un capomafia mi metta gravemente in pericolo, mentre nel caso di Sircana, quando il Pizzetti intervenne non richiesto, era difficile pensare che si organizzassero gruppi armati di travestiti intenti ad una vendetta trasversale perché non fu accettata la prestazione e pagato l’obolo richiesto.
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Candidati “antimafiosi”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Dissento radicalmente dall’unanime decisione della commissione parlamentare antimafia di precludere la candidatura a chi sia stato rinviato a giudizio per gravi reati. Spero che i partiti politici, recuperando un po’di civiltà del diritto, non ne tengano alcun conto. Chi ha commesso dei crimini, specie se legati alle associazioni mafiose, dovrebbe stare in galera e neanche dovrebbe porsi il problema della candidatura. L’inciviltà di quella decisione parlamentare sta proprio nell’arrendersi innanzi all’assenza di giustizia, sperando di rimediare con l’ipocrita direttiva sui candidati (tanto le cosche appoggiano i gruppi compiacenti, mica candidano i capi in consiglio comunale).
Data la cronica ed intollerabile lentezza della giustizia italiana se si rispettasse quella decisione si consegnerebbe ai giudici dell’udienza preliminare il diritto di stabilire chi può essere eletto e chi no. Le primarie in tribunale. E rientrerebbe nella categoria dei non presentabili anche chi, magari in dieci anni, è già stato assolto due volte ma deve rassegnarsi ad attendere l’ulteriore ricorso dell’accusa in cassazione. L’unanimità, poi, si è raggiunta perché la regola dovrebbe valere per le elezioni amministrative, ovvero per organismi passibili di scioglimento, per infiltrazioni mafiose, senza che vi siano pronunciamenti giudiziari. Ma, oltre a smarrire il confine delle responsabilità istituzionali, quell’unanimità è resa paradossale dal comprendere dei condannati. Come si può sostenere che un rinviato a giudizio non può fare il consigliere comunale, ma un condannato può sedere in commissione antimafia?
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Dalla Sme a Telecom. Un filo rosso di nome Prodi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Il caso Telecom fa venire in mente il caso Sme. Si, proprio quello su cui la magistratura milanese si è tanto accanita. E sempre nel tentativo di condannare Silvio Berlusconi per essersi posto di traverso, su sollecitazione di Bettino Craxi, alla svendita della società alimentare decisa dall'allora Presidente dell'Iri in favore di Carlo De Benedetti. Il ricordo di quella vicenda non serve a sollecitare il Cavaliere a non ripetere l'errore di allora accogliendo l'invito di una parte della sinistra ad infilare Mediaset in una cordata italiana per bloccare l'operazione di Marco Tronchetti Provera con At ed American Movil . Il leader della Cdl è stato sufficientemente scottato per rinnovare i fasti ed i nefasti della vicenda Sme. E poi, quella stessa sinistra che lo vorrebbe in campo è pronta ad insorgere contro il suo strapotere rendendo così impossibile l'operazione. Ritirare in ballo la storia antica della Sme serve invece a prendere coscienza di una circostanza su cui troppo spesso si sorvola. Il Presidente dell'Iri che voleva svendere a favore di De Benedetti era Romano Prodi. Quello stesso Prodi che era Presidente del Consiglio nel 1998 quando Telecom, anche allora presieduta da Guido Rossi , incominciò a subire le conseguenze di una privatizzazione fatta con i piedi entrando in una sarabanda in cui compaiono buona parte dei nomi presenti nella vicenda attuale.
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Canone Rai e tvfonini
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
La Rai può chidere il canone anche per il videocitofono e per il tvfonino grazie all'ambiguità della legge
di Dimitri Buffa
A volte le interrogazioni parlamentari prevedono il futuro. E a volte le previsioni non sono rosee quando si parla del canone Rai e della possibilità di chiederlo a tutti gli utenti dei famosi tv fonini per ora solo di Tre e della Tim, presto di tutti gli altri operatori. Fatto sta che proprio partendo da una recente indagine dell’Aduc, l’associazione dei consumatori vicina all’ambiente politico dei radicali, la deputata della Rosa nel Pugno Donatella Poretti, ha mosso alla grande il problema chiedendo lumi in materia ai ministeri dell’Economia e delle Finanze e a quello delle Comunicazioni. Senza peraltro ricevere a tutt’oggi una risposta precisa su quali apparecchi comportino per i loro possessori il pagamento del canone. Che è per l’appunto una tassa fascista inventata nel 1938, l’anno delle leggi razziali, che obbliga coloro che ne usufruiscono a pagare il ben poco popolare balzello. Il regio decreto legge del 21 febbraio 1938 numero 246 prevede all’articolo 1 che “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto.
La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente”.
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Rc e il seggio per la Giuliani
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Dimitri Buffa
L uigi Malabarba per cedere il proprio posto al senato alla mamma di Carlo Giuliani (l'estremista cui è stata persino dedicata un aula del nostro Parlamento, ndr), Haidi, alla fine si è accontentato di 120 mila euro in contanti prelevati dai fondi messi a disposizione del partito di Bertinotti dall’amministrazione del Senato. La richiesta pattuita in un primo momento parlava di 3500 euro netti al mese da qui alla fine della legislatura. E includeva anche il pagamento di un debito previdenziale di Malabarba con l’Inps. Poi, come succede spesso tra comunisti che lottano per l’ideale, una volta accettate dal Senato le dimissioni di Malabarba lo scorso 11 ottobre 2006, il tesoriere del Prc al Senato, Sergio Boccaduri, non ne ha voluto sapere di tenere fede al “gentleman’s agreement” di inizio legislatura. Così Malabarba è ricorso agli avvocati come un odiato capitalista qualsiasi. E a quel punto i suoi compagni, per evitare guai peggiori, hanno deciso per il metodo della transazione incontrandosi a metà strada sulla cifra di 120 mila euro in contanti. Di questo psicodramma interno alla sinistra radicale ne parlò per la prima volta “L’Espresso”.
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Il grande fratello prodiano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Il modello del " professore" è quello di un Iri riveduto e corretto ma perennemente al centro dell'economia nazionale
di Marco Taradash
Spento il fax di Palazzo Chigi, entra in scena il Garante per le Comunicazioni. L’obiettivo è lo stesso: impedire a Tronchetti Provera di farsi gli affari suoi, rientrando dal debito enorme contratto al momento dell’acquisto e mai sanato, e garantire al giro di banche che affiancano il presidente del Consiglio di mantenere il controllo su una società- la più grande azienda italiana, quasi centomila dipendenti - la cui proprietà è privata ma i cui favori sono sempre stati pubblici (nel senso del potere). Non voglio entrare nel merito della batracomiomachia che impegna campioni della finanza abituati da sempre alle logiche feudali di un sistema economico lontano anni luce dall’idea di mercato che ne hanno i liberali (destinati, come nel poema satirico di Leopardi, a fare sempre una brutta fine) . L’Italia, lo sappiamo, resta in fondo a tutte le classifiche internazionali sulla libertà di mercato e concorrenza. Incide il fisco, poi il fisco, poi il fisco, poi il pessimo uso che l’amministrazione pubblica fa dei soldi dei contribuenti (vedi alla voce scuola, giustizia, università, infrastrutture, previdenza, assistenza sociale, famiglia, trasporti), i vincoli sindacali e corporativi al mercato del lavoro, la corruzione, la criminalità organizzata, la scarsa credibilità del sistema bancario, l’eccesso di regolamentazione, il debito pubblico accumulato negli anni del consociativismo. E’ così che nel 2006 siamo finiti al posto n. 42 nel mondo nell’indice redatto ogni anno dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal, con la prospettiva di scendere ancora più in basso nell’anno in corso per l’ulteriore aumento della pressione fiscale e dei cento e passa aggravi contributivi e burocratici imposti dal Governo Prodi. Che si fa bello, per giunta, del successo della lotta all’evasione fiscale sebbene il condonatore Tremonti avesse recuperato nel 2005 ben 2,6 miliardi di euro in più di quanto abbia fatto il vampiro Visco nel 2006 (19, 4 contro 16,8).
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Le tasse di Prodi bloccano i consumi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Vincenzo Merlo
Il dato, inequivocabile e preoccupante, è stato fornito il 4 aprile: la crescita dei consumi delle famiglie italiane è in rapida frenata. Nel 1° bimestre dell'anno la media degli acquisti di beni e servizi registra infatti un +0.7% contro il +2.7% dello stesso periodo 2006. E' quanto evidenziato dalla Confcommercio, la massima organizzazione degli esercenti italiani, che ha contestualmente presentato un nuovo strumento di indagine congiunturale, l'Indice dei Consumi (ICC). In particolare, secondo lo studio, i consumi sono cresciuti dell'1.7% per i servizi e solamente dello 0.3% per i beni. La dinamica dei prezzi si è attestata, nello stesso periodo, al +1.6%. L'andamento dei consumi prospettato dalla Confcommercio conferma quanto già evidenziato nella recente relazione di Bankitalia, secondo cui «nell'ultimo trimestre del 2006 i consumi hanno decelerato al di sotto dell'1% su base annua», aggiungendo inoltre che «nei primi mesi del 2007 non si prospettano significativi mutamenti di tendenza».
La spiegazione della frenata dei consumi degli ultimi mesi va ricondotta alla eccessiva pressione fiscale, arrivata ormai ai massimi storici soprattutto a causa della Finanziaria da 35 miliardi di euro imposta dal governo Prodi. L'allarme è arrivato sempre da Bankitalia: «La pressione fiscale supera quella media dell'area euro e si colloca in prossimità dei valori massimi degli ultimi decenni». Secondo le previsioni, nell'anno in corso si attesterà al 42.8%. Il peso del prelievo fiscale risulta gravoso sia per le famiglie che per le imprese. A tale riguardo il presidente di Confindustria ha evidenziato come il fisco italiano sia quello che più di ogni altro penalizza le imprese; un poco invidiabile primato che il nostro Paese raggiungerà verosimilmente nell'anno in corso, scavalcando la Germania che ha approvato invece una riduzione del 9% della pressione fiscale sulle imprese.
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Occhio alle amministrative
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Francesco Natale
Il tam-tam batte strade, piazze e palazzi: siamo in netta ripresa. La CdL, nonostante le ambiguità udicine, è data in netta maggioranza nel Paese. Come da più parti evidenziato, le elezioni amministrative rivestiranno il ruolo di cartina di tornasole per il primo anno di governo Prodi. Vedremo veramente se le robuste iniezioni di «felicità prodiana» hanno davvero convinto gli italiani, o se, come noi crediamo, si riveleranno un'amara medicina i cui effetti collaterali negativi sopravanzano di gran lunga l'efficacia curativa.
Quindi, tutto piano, liscio e definito? No. Non precisamente. In primo luogo sappiamo che in politica può sempre accadere di tutto: mai dare alcunché per scontato. Pena: cocenti delusioni. In secondo luogo dobbiamo riconoscere che l'esecutivo sta facendo di tutto per armare di qualche freccia spendibile le altrimenti vuotissime faretre dei propri candidati sul territorio. Ieri, ad esempio, è stato raggiunto misteriosamente un significativo accordo con i sindacati per rinnovare il contratto degli statali ed aumentare di conseguenza il loro stipendio di 101 Euro (fonte: RaiNews), cominciando ad intaccare, con tutta probabilità, il famoso «tesoretto» per reperire le risorse alla bisogna (da fonte ufficiosa apprendiamo che l'impegno di spesa potrebbe ammontare a 18 miliardi di Euro. Notizia non confermata).
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Mentre il mondo corre Prodi fa frenare il Paese
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di David Consiglio
«Un anno perso». Questo è il titolo ideale per sintetizzare al massimo i primi dodici mesi del governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi. Il primo giro di boa del Professore, anche secondo l'opinione di molti opinionisti e critici di sinistra, è stato molto deludente. Sotto tutti i profili: dalla politica economica a quella sociale, dalle scelte di politica estera ai diritti civili, dalle riforme al lavoro e via discorrendo, il bilancio è in profondo rosso. L'Italia, il suo sistema produttivo, economico e sociale, ha perso un intero anno a causa della impossibilità da parte dell'Unione di esprimere un esecutivo serio e in grado di governare davvero. In questi 365 giorni il Professore e la sua variegata maggioranza si sono occupati principalmente dei fatti loro, dei loro problemi e dei loro interessi di bottega.
Il Paese è stato abbandonato, lasciato allo sbando in balia degli umori dei vari componenti della coalizione che sostiene il gabinetto Prodi. Quello appena passato, nei fatti, è stato un anno di immobilismo totale, sotto tutti i punti di vista. Anche le istituzioni più importanti, vedi le due Camere, sono state paralizzate a causa del timore dell'Unione di incorrere in minoranza visti gli esigui numeri soprattutto al Senato. La cosa più grave, oltre alla mancanza di iniziativa, è stata la smania distruttiva che ha pervaso tutto il centrosinistra che, accecato da una inspiegabile ed incomprensibile voglia di vendetta politica nei confronti del precedente governo, ha malamente demolito una serie di ottimi provvedimenti varati da Berlusconi nella legislatura precedente.
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La disgregazione del sistema-Paese
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Raffaele Iannuzzi
Il sistema-Paese si sta disgregando. Tre fattori causano questa disgregazione: primo, la pressione fiscale complessiva a dir poco vertiginosa, che riduce drasticamente la capacità di spesa delle famiglie; secondo, l'uso delle risorse pubbliche per costruire e rafforzare un consenso clientelare; terzo, l'ideologia radical-libertaria dominante nella compagine governativa.
Sul primo punto bastano i fatti, i numeri, le dichiarazioni di Padoa-Schioppa, che contraddicino apertamente le indicazioni del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e vanno in direzione opposta alla realtà delle entrate nelle casse dello Stato. Nel 2006 le entrate sono aumentate di 38 miliardi di euro in più del previsto, osserva Pelanda su Il Giornale, quasi il 2.5% del Pil: molti soldi, tanto che ragione, scienza economica e buon senso vorrebbero che la pressione fiscale complessiva diminuisse proporzionalmente. Invece no: il governo la aumenta di quasi il 2%. Perché? Ovvio, perché continua così la retorica della tassazione dei redditi alti - quando invece sono i redditi medio-bassi ad essere vulnerati - che alimenta l'adesione dei comunisti al governo. Questo esecutivo è sostenuto dall'incestuoso legame tra le banche e le piazze. Il caso Telecom insegna, se mai ve ne fosse stato bisogno. I comunisti predicano l'italianità e la dominante strategica di Telecom, Prodi va a cercar man forte da Bazoli e indaga sulle intenzioni dei suoi amici tedeschi. Come al solito.
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Riprendono i negoziati per l'adesione della Turchia all'Ue
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Alexandra Javarone
Lo scorso 29 marzo sono state ufficialmente riaperte le trattative per l'adesione della Turchia all'Europa. I negoziati, interrottisi proprio a causa dell'accanito rifiuto di Ankara di aprire porti ed aereoporti alle merci cipriote, sono stati riavviati anche e soprattutto grazie al placet di Cipro. Era chiaro che quella di dicembre sarebbe stata un'interuzione solo temporanea, com'è altrettanto ovvio che la ripesa delle trattative non sarebbe mai potuta avvenire senza l'assenso della piccola isola di Cipro (membro dell'Ue dal 2004 ed occupata dai militari turchi dal 1974).
La Commissione europea spera di poter proccedere con ritrmo serrato così da poter presto affrontare anche questioni quali politica economica e sistema fiscale turco per poi finalmente toccare anche i punti congelati a dicembre. Il ministro delgi Estari tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha espresso, dal canto suo, laconica soddisfazione «Today is an important step forward on the road to accession», ma la questione cipriota resta, comunque, uno dei temi più controvversi dell'allargamanto all'Unione.
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Le armi spuntate dell'Onu
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Conferenze di pace, embargo, tribunali penali, Caschi blu
di Anna Bono
Più che di una riforma, l'ONU avrebbe forse bisogno, per il bene di chi la finanzia e di chi affida la propria sicurezza nelle mani dei funzionari del Palazzo di Vetro, di essere commissariata e sottoposta a seria verifica dei costi e ricavi delle sue attività. Senza andare indietro nel tempo, basta riflettere sul risultato delle iniziative più recenti per rendersi conto dell'inadeguatezza del massimo organismo internazionale a risolvere praticamente qualsiasi tipo di emergenza: dalle catastrofi naturali, come lo tsunami del 2004 che devastò le coste asiatiche, a quelle imputabili all'azione dell'uomo, come la crisi del Darfur in Sudan, la più grave emergenza umanitaria attualmente in corso in Africa. Proprio in questo continente le Nazioni Unite non fanno che accumulare fallimenti e sconfitte.
Embargo e diffide, ad esempio, così come non servirono a piegare Saddam Hussein e l'Iraq, non sono valsi neanche a indurre Robert Gabriel Mugabe, primo e unico presidente dello Zimbabwe dall'indipendenza raggiunta nel 1980, ad accogliere le richieste di democrazia e di buon governo. Per conquistare il potere Mugabe ha sterminato decine di migliaia di Ndebele, l'etnia antagonista di quella Shona alla quale Mugabe appartiene; alcuni anni fa ha distrutto l'economia nazionale con una pseudo-riforma agraria; nel 2005 ha spianato dalla mattina alla sera le sterminate bidonvilles delle principali città lasciando centinaia di migliaia di persone senza casa e senza lavoro. Ha appena annunciato la propria candidatura alle elezioni presidenziali del 2008. Ha compiuto 83 anni. Di questo passo sarà la morte, non l'ONU a liberare lo Zimbabwe dal suo tiranno.
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La scimitarra saudita luccica
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Gabriele Cazzulini
Nei tempi antichi l'atto di segnare i confini spettava soltanto alle spade dei sovrani a cavallo. Era un atto profondamente simbolico per esprimere la sovranità di un potere senza limiti che possedeva e manipolava il suo territorio definendone la superficie. Oggi quella spada si è trasformata in un'influenza più dispersa, che può assumere forme variabili ma non meno incisive. Ora la scimitarra con cui Abdul Aziz lanciò il jihad per conquistare il Neged, il nucleo della futura Arabia Saudita, torna a luccicare sulla bandiera verde.
Nel gioco di equilibri dinamici del Medioriente l'Arabia Saudita sta abilmente dispiegando un'iniziativa diplomatica sui principali punti di tensione. Dopo due anni di laceranti conflitti interni, l'Arabia Saudita è riuscita nell'arduo compito di far siglare un accordo di pacificazione tra le due opposte sponde della Palestina, Fatah ed Hamas. L'accordo per la formazione di un governo di «unità» nazionale ha stracciato gli sforzi dell'attivissima diplomazia egiziana, ora impelagata nella nuova crisi del potere di Mubarak e sempre percepita come lunga mano dell'America. Una volta formato il nuovo governo palestinese che invoca la rimozione dell'embargo finanziario internazionale, la conferenza della Lega Araba a Riad ha proposto la riapertura dei negoziati di pace con Israele - questa volta formando un fronte compatto che ha allineato i paesi arabi sulla Palestina.
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Pechino apre i suoi laogai agli avvocati
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
I prigionieri politici rinchiusi nei gulag cinesi da oggi avranno maggiori diritti la decisione partita a livello regionale rivoluziona il codice penale
di Vincenzo Faccioli Pintozzi
Seppur strumentale, è una decisione che può cambiare per sempre il diritto penale cinese. Far entrare gli avvocati all’interno dei famigerati laogai, i “campi di rieducazione tramite il lavoro”, può scuotere per sempre il sistema detentivo della Terra di Mezzo e la sua concezione dei diritti umani.
Il primo passo in questa direzione l’ha fatto il governo della provincia centrale di Chongqing, che ha deciso di permettere agli avvocati di patrocinare le cause di coloro che sono rinchiusi nei laogai. Una decisione a dir poco rivoluzionaria, non soltanto in Cina ma in tutti quei Paesi che, rifacendosi a un’estrema ideologia, hanno introdotto nel loro sistema punitivo i lavori forzati. Diversi analisti sociali cinesi dicono che la mossa ha un doppio valore: permettere ai carcerati di far sentire la loro voce ma anche gettare uno sguardo sulla reale situazione dei campi, che sin dall’inizio il governo centrale ha avvolto in una nuvola di riserbo. La storica decisione è stata presa dall’amministrazione per la giustizia provinciale che ha pubblicato sul proprio sito internet l’annuncio definitivo controfirmato dall’ufficio per la pubblica sicurezza. Fra le novità introdotte sono previsti gli incontri fra avvocati e detenuti, la possibilità di ottenere dalle autorità dei dettagli sui casi ed offrire opinioni legali agli arrestati sulle procedure da seguire. Secondo il governo, la nuove regole aiuteranno a far vedere i laogai per quello che sono, sistemi di rieducazione. Inoltre, daranno agli avvocati un ruolo più attivo nella procedura penale cinese. I “campi di rieducazione tramite il lavoro” sono stati introdotti in Cina da Mao nel 1957, che prese a modello i gulag siberiani. Servono a punire i criminali minori, come vandali e piccoli ladri, ma anche a tenere rinchiusi attivisti per i diritti umani e la democrazia, e tutti coloro che non rispettano le politiche repressive del governo. Sono centinaia i vescovi ed i sacerdoti che, per non aver voluto rinnegare il Papa, sono stati rinchiusi in questi campi, sparsi per tutta la Cina. Per essere gettati dentro i laogai non serve un processo. La detenzione fino ad un massimo di tre anni è a totale discrezione delle forze di polizia locale, che in nome della stabilità sociale possono decidere l’imprigionamento di soggetti considerati pericolosi. All’interno dei campi sono in vigore leggi non scritte e regolamenti interni che, in pratica, permettono la sopravvivenza solo ai più forti. Il funzionamento dei campi è poco conosciuto, perché non vi sono leggi pubbliche che ne regolano l’amministrazione. Non è conosciuto neanche il numero di coloro che vi sono detenuti, secondo stime governative sarebbero 300mila ma fonti non ufficiali parlano addirittura di quattro milioni di prigionieri. Vi sono inoltre molte prove sull'uso "commerciale" dei laogai, la cui popolazione carceraria viene utilizzata come manodopera nelle industrie, soprattutto quelle ad alta pericolosità. Introdurre la legge in questi campi servirà forse a salvare la vita a molti di coloro che, lì dentro, non dovrebbero nemmeno esserci.
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Scoppia l’appaltopoli fiorentina
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
I magistrati ipotizzano che a Campi Bisenzio sia nato un comitato d’affari tra aziende, coop e politici • Possibili infiltrazioni mafiose • Imbarazzo tra i Ds
di Irene Trentin
L’appaltopoli toscana si allarga a macchia d’olio. E ora, dopo aver travolto la sinistra e parte della Margherita di Campi Bisenzio, con 26 arresti tra imprenditori e dipendenti comunali, punta i riflettori sul settore appalti pubblici di Prato e Firenze.
Un vero e proprio “comitato d’affari”, per i magistrati fiorentini, che coinvolgerebbe importanti aziende della Toscana, come Margheri, Targetti, il consorzio Etruria, e alcune cooperative, che avrebbero preso accordi con le amministrazioni locali, aprendo la strada a infiltrazioni mafiose. A finire nell’occhio del ciclone anche la società di rifiuti Quadrifoglio, l’azienda per le reti fognarie Publiacqua, e l’Asl 10 del capoluogo. Pesanti le accuse: truffa, turbativa d’asta e associazione per delinquere. Tra gli inquisiti, l’ex presidente degli edili della Provincia di Firenze, Vincenzo Aveni, il dirigente della Cesaf (il consorzio per le costruzioni edili stradali di Firenze) Mario Vescovi, Mario e Marco Margheri, titolari dell’onomimo gruppo imprenditoriale di costruzioni, e l’architetto Marco Cherubini, dirigente del settore lavori pubblici di Campi Bisenzio.
E il caso diventa politico, mettendo in imbarazzo la Quercia nella sua roccaforte toscana. In Procura, intanto, continuano a sfilare come persone informate dei fatti gli amministratori di Campi Bisenzio, comune a ovest di Firenze, anche se finora non sono emerse responsabilità penali: l’assessore ds ai Lavori pubblici, Monia Monni, l’ex sindaco e consigliere regionale ds, Adriano Chini e l’attuale sindaco Fiorella Alunni, anche lei diessina. L’inchiesta dei carabinieri segue due filoni: quello più esteso degli appalti truccati e quello del Regolamento urbanistico comunale (Ruc) di Campi Bisenzio. Secondo le accuse, il Ruc avrebbe illegittimamente elevato gli indici di fabbricazione rispetto a quelli previsti dal Piano strutturale, con la conseguenza di una richiesta incontrollata di licenze edilizie e una corsa tra grosse aziende per l’acquisto di terreni, un tempo agricoli, lievitati da 4 a 400 euro al metro quadrato. Con il rischio di portare la popolazione in pochi anni da 38mila a 70mila abitanti. Il lavoro della magistratura è diretto a verificare eventuali responsabilità politiche. Per Verdi, Rifondazione comunista e opposizione sono talmente chiare da chiedere lo scioglimento del consiglio comunale e il commissariamento. I Verdi hanno presentato un esposto al presidente della Repubblica, per chiedere le dimissioni del sindaco. «Abbiamo più volte chiesto di correggere alcune anomalie del Ruc - dice Paolo Di Giovamapaolo, segretario dei Verdi di Campi Bisenzio - ma ci hanno risposto che c’erano degli accordi già presi tra i proprietari dei terreni e la precedente amministrazione». Sulla stessa posizione anche il deputato Riccardo Migliori, vicecapogruppo di Alleanza nazionale alla Camera, che ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno. Il primo cittadino risponde alle accuse, ribadendo la totale estraneità ai fatti e ricordando che la legge individua nel dirigente di settore l’unico responsabile del procedimento amministrativo. «Sono a disposizione della magistratura affinché venga fatta piena luce - spiega il sindaco-. Nel frattempo, abbiamo deciso di istituire un’authority per la gestione degli appalti. B
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Marrazzo nelle mani dei partiti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Il governatore del Lazio sotto assedio tra assessori da sostituire e nomine da fare, applicando il più classico dei manuali Cencelli
di Gianluca Cicinelli
Da presidente dei cittadini a ostaggio delle manovre dei partiti che lo sostengono. Accade a Piero Marrazzo e alla regione Lazio, dove le pulizie di primavera annunciano un vortice nella redistribuzione degli assessorati. La verifica politica nella giunta regionale è iniziata subito dopo l’insediamento, non accenna a fermarsi e adesso si trasforma in un vero rimpasto.
Critiche aspre al governatore da parte dello Sdi, arrivato a minacciare l’appoggio esterno alla giunta, ritirando l’assessore al Welfare, Alessandra Mandarelli. Soltanto due settimane fa si era dimesso l’assessore agli Affari istituzionali, Regino Brachetti, Udeur, perchè il potente assessore alle Risorse umane Marco Di Stefano, primo eletto nella Lista Marrazzo dopo essere stato capogruppo Udc in Campidoglio, era passato all’Udeur di cui ora è vicesegretario nazionale, squilibrando il manuale Cencelli della giunta. Al posto di Brachetti il presidente ha nominato Daniele Fichera, Lista civica Marrazzo, ma è solo l’inizio. Nel frattempo il congresso regionale della Margherita ha nominato segretario regionale il rutelliano capogruppo dei Dl alla Pisana Mario Di Carlo, ma anche il nuovo segretario romano Riccardo Milana fa capo al vicepremier, così adesso i popolari chiedono un assessorato “riparatore”. A chi obietta che ormai nella giunta della Pisana ci sono solo posti in piedi, risponde la logica implacabile della partitocrazia: basta spostare l’attuale assessore Dl alla Mobilità Fabio Ciani alla guida dell’ Autorità portuale di Civitavecchia ed ecco che d’incanto si libera un assessorato da distribuire ai seguaci regionali di Franco Marini, magari spostando un Ds sulla poltrona di Ciani in cambio dell’assessorato alla cultura che la Quercia, che pure concorreva per Civitavecchia, detiene con Giulia Rodano. «Quell’Authority vale almeno due assessorati», sussurrano nei corridoi della Pisana alcuni consiglieri in prima fila nella costruzione del Partito democratico, versante Quercia, ma i Dl hanno alzato le barricate e il sussurro è rimasto un rammarico. C’è infine un altro problema, questo almeno è politico, grande come un’autostrada nell’intricato mosaico della giunta regionale. Rifondazione, in giunta con l’assessore al Bilancio Luigi Nieri, e i Verdi, all’Ambiente con Filiberto Zaratti, sono contrari ad allargare la via Pontina trasformandola in autostrada a otto corsie, quattro delle quali a pagamento. Troppo forte il danno ambientale e numerose le proteste dei cittadini dei paesi interessati, al punto che i due partiti minacciano di uscire dalla giunta se il progetto non verrà modificato con un impatto sostenibile per il territorio. I soliti maligni affermano che c’è una strana coincidenza temporale tra il periodo in cui la divergenza è diventata un’insidia seria per la giunta e quello in cui ha iniziato a circolare la voce che l’assessore al Bilancio Luigi Nieri potrebbe essere spostato al posto di Presidente del consiglio regionale, oggi occupato da Massimo Pineschi della Lista civica Marrazzo. Nieri è considerato da alleati e avversari un ottimo assessore, ma su di lui si sono abbattute le critiche dello Sdi, indispettito per il suo netto rifiuto all’ipotesi di un allargamento della giunta all’Udc. Se Nieri dovesse presiedere il consiglio della Pisana gli strateghi del centrosinistra hanno gi
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Riscatti boomerang
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Magdi Allam
Mors tua vita mea. È questa, all'indomani della barbara decapitazione del giornalista afghano Adjmal Nashkbandi, la sensazione netta che serpeggia tra gli italiani circa la cinica logica perseguita dall'insieme della classe politica, dai governi di destra e di sinistra, per ottenere il rilascio dei nostri connazionali sequestrati dai terroristi islamici.
Ormai l'Italia si contraddistingue come il Paese occidentale che, più di altri, è pronto a cedere al ricatto, sia che si tratti di un riscatto in denaro sia che si tratti di esercitare pressioni per ottenere la scarcerazione di terroristi, pur di aver salva la vita dei propri ostaggi. E il fatto che non siamo gli unici, dato che perfino la Gran Bretagna è scesa a patti con Ahmadinejad per ottenere il rilascio di suoi 15 marinai, non deve farci sentire sollevati, ma all'opposto deve accrescere la comune preoccupazione per la grave deriva etica e politica in cui versa l'Occidente.
Finora l'Italia, per ottenere la liberazione dei nostri talvolta improvvidi connazionali sequestrati, ha pagato dei riscatti sempre più consistenti. Un fiume di denaro che ha visto concordi governo e opposizione nell'autorizzarlo e nel negarlo pubblicamente, in una delle rare e non esaltanti manifestazioni di unità nazionale. Ebbene ciò che ora non consente più di riproporre quest'approccio spregiudicato, è stata la decapitazione dell'autista dell'inviato de la Repubblica Daniele Mastrogiacomo, Sayed Agha, e del suo interprete Adjmal. Due cadaveri di troppo che non è proprio possibile occultare e tacere. Che vengono pianti dalla vedova e dai cinque figlioletti di Sayed e dai familiari di Adjmal. Due vite spezzate in una trama che ruota intorno all'Italia, di natura terroristico-politica, in cui Sayed e Adjmal hanno finito per essere brutalmente immolati come vittime sacrificali. Ecco perché ora l'Italia non può tirarsi indietro.
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Caso Mastrogiacomo. Tutti uomini d'onore. Berlusconi fa un piacere a Napolitano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Alessandro Corneli
Tutti uomini d’onore. I fatti si riducono a ben poco. Sequestro del giornalista Mastrogiacomo in Afghanistan. Il governo italiano, come è naturale e doveroso, si mobilita per ottenerne la liberazione ma, a dire del presidente del Consiglio e del ministro degli esteri, non tratta. Si affida all’ong Amergency di Gino Strada e preme sul governo afgano di Karzai in quanto la richiesta dei talebani è la liberazione di cinque dei loro compagni custodititi nelle prigioni afgane. E’ naturale che l’Italia non abbia le chiavi di quelle prigioni: ce l’ha Karzai. Dunque deve decidere lui E decide per lo scambio: Mastrogiacomo torna in Italia, giusto in tempo perché il Governo possa ottenere dal Senato il voto che rifinanzia le nostre missioni all’estero.
Ci sono però delle complicazioni. Il 5 marzo, insieme a Daniele Mastrogiacomo, erano stati rapiti anche Adjmal Nashkbandi, 25 anni, giornalista e interprete, e l'autista, Sayed Hagha.
Il 16 marzo, i telebani annunziano l’uccisione dell’autista, sgozzato. La primitiva richiesta – ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan, cambia: adesso si vuole la liberazione di tre guerriglieri talebani in cambio di quella di Mastrogiacomo e di Adjmal.
Il 19 marzo Mastrogiacomo viene liberato, in cambio di 5 e non 3 prigionieri, ma non Adjmal. Dice il governo italiano: “La sua liberazione era nei patti”. I talebani vogliono che si liberino altri prigionieri e il leader talebano Dadullah chiede a Karzai la liberazione dell'ex portavoce dei talebani, Mohammed Hanif.
Il governo italiano dice di essersi interessato, ma Karzai, il 6 aprile, dice che trattative con i talebani per il rilascio di rapiti non si verificheranno mai più. Con Mastrogiacomo è stata fatta un’ceccezione.
L’8 aprile, un giorno prima della scadenza dell’ultimatum, Adjmal Nashkbandi viene decapitato.
Il governo italiano si scioglie in lacrime: “Si tratta di un tributo di sangue assurdo, dopo quello terribile di Sayed Hagha, pagato da un operatore dell'informazione che lavorava insieme a Daniele Mastrogiacomo, il giornalista liberato dopo le lunghe trattative condotte dal governo afgano. Alla famiglia di Naskhbandi va la solidarietà del governo e dell'intero Paese, con la richiesta che i suoi assassini e quelli di Hagha vengano assicurati alla giustizia”.
Non è finita: il governo afgano ha messo in carcere il collaboratore di Emergency, Rahmatulah Hanefi, che ha avuto un ruolo importante nella liberazione di Mastrogiacomo. Secondo alcuni, il governo afgano lo sospetta di collusione con i talebani.
Insorge Gino Strada, che accusa tutti: i talebani, Karzai, Prodi. In particolare: “Questo governo ha distrutto in pochi mesi la dignità internazionale del nostro Paese. Prima ancora delle commissioni parlamentari d'inchiesta farebbe bene a dimettersi. Non si tratta di sciacallaggio o di strumentali speculazioni, si tratta solo di prendere atto della propria inadeguatezza e di lasciare il campo”.
Perché si fa largo la convinzione che Prodi e D’Alema abbiano cinicamente esercitato enormi pressioni su Karzai affinché liberasse dei talebani con i quali lo stesso governo afgano e la coalizione internazionale combattono pur di avere libero Mastrogiacomo.
Karzai sostanzialmente conferma, ma si trova nella spiacevolissima situazione di avere contribuito a liberare uno straniero (Mastrogiacomo) ma di non avere fatto nulla per un connazionale, l’interprete (l’autista è dimenticato).
Il governo ita
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Afghanistan: ottimo Berlusconi, ma il problema di Prodi è proprio Strada
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Carlo Panella
Bene ha fatto il leader del centrodestra ha fermare l'eccesso di polemiche che stavano montando sul ''groviglio afghano'': il comunicato di Berlusconi che antepone le necessità di avere di mira le ragioni umanitarie e la coesione nazionale, più che le polemiche politiche, gli fa onore.
Il problema per Prodi è però proprio questo: nel momento in cui il leader dell'opposizione dà la prova di sapere usare di senso della misura e soprattutto di senso dello Stato, Gino Strada, il mediatore che lui, proprio lui, ha scelto per risolvere il rapimento di Daniele Mastrogiacomo, lo attacca senza peli sulla lingua.
Gino Strada pretende la liberazione immediata di Ramatullah Hanefi, suo fiduciario in Afghanistan e uomo decisivo per la liberazione di Mastrogiacono. Ma Hanefi è accusato dal servizio segreto afghano, dagli uomini di fiducia di Karzai, di essere addirittura l'artefice, il mandante, l'organizzatore del rapimento di Mastrogiacomo, del suo autista e del suo interprete Adjmal Nashkbandi, sgozzato ieri.
Su questo si sviluppa ora il braccio di ferro tra Emergency e il governo Prodi. Gino Strada pretende -e non si può dargli torto- che il governo italiano si batta per la liberazione di Hanefi. Prodi, dunque, non sa come cavarsi le castagne dal fuoco, perché questa pratesa di Emergency cozza contro le accuse durissime e gravissime che gli uomini di fiducia di Karzai -leader di un governo sovrano e amico-hanno elevato pubblicamente, con una conferenza stampa, contro lo stesso Hanefi. Da qui le accuse di Strada a Prodi di comportarsi ''come Ponzio e Pilaro''. Da qui le polemiche.
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Riscattare la politica estera
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Gli attacchi di Gino Strada al governo Prodi sono feroci, e la rivelazione che sono stati uomini di Emergency a consegnare i due milioni per il riscatto di Torsello è devastante. Ne emerge un quadro d’incoerenza politica, dilettantismo, uso disinvolto delle istituzioni e, ancor di più, dei contatti non istituzionali. Ma è un errore credere che la faccenda possa essere risolta scaricando tutte le colpe sul governo attuale, che, di suo, ne ha molte. E’ giunto al pettine il nodo della nostra condotta nel caso dei sequestri e, più in generale, dei rapporti con il nemico in zone di guerra. E’ un nodo sul quale battiamo da molto tempo, e che solo ora sembra essere divenuto evidente.
Il governo Prodi ha trattato (malissimo), ma anche il governo Berlusconi trattò (meglio, o, se preferite, con più fortuna). Ho scritto e riscritto che si doveva porre un freno, si doveva dire, magari dopo avere risolto il caso specifico, che mai più avremmo trattato e pagato. Non lo si è fatto, e nel caso Mastrogiacomo siamo giunti al disonore nazionale di trattare e cedere per la vita di un nostro giornalista, lasciando altri due esseri umani nelle mani dei loro massacratori. Una vergogna.
Dice Prodi che su cose del genere non si deve speculare. Certo che no, ma proprio perché sono fatti gravissimi qualcuno deve pur assumersi delle responsabilità. Se lui non lo fa è lui che specula. Dice D’Alema che se l’opposizione insiste ad attaccare il governo allora si toglie il segreto anche sugli altri sequestri. Bel senso dello Stato! E che cosa pensa di scoprire? Quel che sappiamo già, che si è trattato. Al più potranno venire fuori altri nomi, al più smetteremo anche di considerare Calipari una vittima ed un eroe (quale è).
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Prodi fa catenaccio: non vuol svelare i segreti su Kabul
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
Dopo l'omicidio dell'interprete riesplode il caso Mastrogiacomo. Il premier si rifiuta di riferire in Parlamento. Gino Strada: "Per Torsello pagò 2 milioni di dollari". Appello di Berlusconi: "Non danneggiamo il Paese"
Roma - Sono state fatte «illazioni assurde e strumentalizzazioni politiche». Le trattative per liberare i tre ostaggi dei talebani sono state condotte «in modo corretto e in stretto accordo con il governo afghano». Mentre le sorti del mediatore di Emergency Ramatullah Hanefi «sono nelle mani del governo guidato» da Hamid Karzai. L’assassinio di Adjmal Naskhbandi ha riportato Palazzo Chigi al centro delle polemiche. Quelle scontate dell’opposizione, stemperate da Silvio Berlusconi. Ma soprattutto quelle di una parte amica come Emergency e il suo fondatore Gino Strada, che ha accusato Romano Prodi di non impegnarsi per la liberazione di Hanefi, trattenuto dalle autorità di Kabul.
«Tentativi provocatori», che non fanno altro che rendere «più difficile» la liberazione del suo collaboratore, ha contrattaccato Palazzo Chigi che ha anche dato la sua versione di come sono andate le cose sulla mancata liberazione dell’interprete: «Doveva tornare libero assieme a Daniele Mastrogiacomo nell’ambito di un’intesa raggiunta dallo stesso governo afghano con i talebani». Liquidata anche la citazione del caso Gabriele Torsello, la cui liberazione è stata evocata da Strada: le trattative furono condotte con secondo una prassi «non ancora modificata» rispetto al precedente governo».
Sul fronte politico le repliche sono venute direttamente da Romano Prodi, che ha definito «follie» le richieste di impeachment, ma ha anche respinto la richiesta di riferire in Parlamento («non si risponde a richieste sporadiche che vengono fatte»). L’invito di Berlusconi a moderare i toni e a far prevalere le ragioni umanitarie e quelle dell’interesse nazionale è stato accolto dall’entourage di Prodi con sollievo («Finalmente, erano due giorni che chiedevamo di fermare le polemiche e correggere il tiro», è la frase di fonti vicine al premier riportata dalle agenzie di stampa).
Ma per il governo rimane aperto un problema a sinistra. Con Gino Strada, che continua a contare sul sostegno della sinistra radicale, ma il cui mito è stato per la prima volta messo in discussione anche nella maggioranza. In particolare dalla Rosa nel Pugno. Le accuse più gravi sono venute dal ministro Emma Bonino, che lo conosce. «Lo avevo seguito da Commissario europeo, anche in Kurdistan, e penso che abbia un atteggiamento così ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualunque illazione». Da una parte il «lavoro umanitario», dall’altra «un comportamento nettamente politico». Per questo «scientemente o incoscientemente, che sarebbe ancora peggio, finisce per giocare un ruolo ambiguo, tra torturati e torturatori».
Nessuna sorpresa per Daniele Capezzone, che critica la gestione di tutta crisi degli ostaggi. «Il problema - spiega l’esponente radicale - non è solo Gino Strada, di cui alcuni ingenui scoprono soltanto oggi caratteristiche e relazioni. Il problema è soprattutto chi ha affidato a Strada le chiavi della macchina, cioè la gestione mediatica e politica dell’intera vicenda».
Chi invece non ha nessun dubbio, nemmeno dopo le parole di Karzai su Strada ed Emergency e dopo le parole di Strada su Prodi e il governo, è Rifondazione comunista
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Parigi: «Per i nostri ostaggi non vogliamo adottare comportamenti all’italiana»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Aumenta l’apprensione per il destino dei due cooperanti francesi - un uomo e una donna, membri dell’organizzazione non governativa Terre d’enfance, dei quali non sono stare rese note le generalità - sequestrati il 3 aprile scorso dai talebani in Afghanistan in compagnia dei loro accompagnatori locali. Sulle prime Parigi ha preferito trattare questo grave problema in un clima di riservatezza (circostanza dimostrata tra l’altro dal segreto sulle generalità dei malcapitati), come se la pubblicità potesse pregiudicare la soluzione del problema. Adesso, però, la preoccupazione è evidente, mentre le fonti del ministero degli Esteri si limitano a ripetere che tutto viene fatto per salvare la vita degli ostaggi. «Noi siamo pienamente mobilitati. Attraverso la nostra ambasciata, ci teniamo in costante contatto con le autorità afghane», ha detto ieri Jean-Baptiste Mattei, portavoce del Quai d’Orsay. Certo, la notizia dello sgozzamento dell’interprete di Mastrogiacomo ha creato un clima d’angoscia: adesso si teme il peggio.
A Parigi non mancano le perplessità sulle conseguenze delle scelte compiute dal governo italiano. L’agenzia France Presse riprende la dichiarazione di un anonimo «responsabile afghano», secondo cui «il governo di Kabul ha accettato di liberare alcuni prigionieri talebani per salvare il giornalista italiano dopo l’esecuzione del suo autista, ma in seguito i talebani hanno ucciso l’interprete Nashkbandi allo scopo di costringere Kabul ad accettare nuove richieste per ottenere il rilascio dei francesi». Per ora i talebani non hanno fatto conoscere le loro richieste, ma si teme che il comportamento del governo italiano nel «caso Mastrogiacomo» provochi una sorta di escalation delle rivendicazioni da parte dei sequestratori.
Gli osservatori francesi ricordano le critiche rivolte dagli Usa e dalla Gran Bretagna all’Italia per le condizioni in cui la liberazione del giornalista di Repubblica vennero negoziate con i terroristi. L’atmosfera critica nei confronti del governo di Roma è testimoniata dalla dichiarazione di uno dei massimi esperti francesi di questioni strategiche: Dominique Moisi, dell’Ifri (Istituto francese di relazioni internazionali). «Il governo di Parigi non vuole adottare un comportamento all’italiana», è la tagliente affermazione di Moisi.
Alberto Toscano
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Genova, altre minacce di morte a Bagnasco
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
A Genova scritte firmate falce e martello nei confronti del presidente Cei, "colpevole" di aver ribadito il no della Chiesa alle coppie di fatto. Sui muri messaggi anche con la stella a cinque punte. Il questore ligure minimizza, l’arcivescovo si dice sereno. La "vicinanza" di tutto l’episcopato
Una «sentenza». Una sentenza di morte. Sale di livello la gravità dell’attacco a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei, «colpevole» di aver ribadito la linea della Chiesa contraria ai Dico. La prima scritta, «Bagnasco vergogna», comparsa una settimana fa sul portone del duomo di San Lorenzo a Genova, aveva indignato. E già erano scattate le prime misure di sicurezza per l’arcivescovo. Ora i muri imbrattati si moltiplicano: «Bagnasco a morte». Oppure: «Attento, ancora fischia il vento». Slogan presi in prestito dalla resistenza, minacce che stavolta sono anche firmate. Con la stella a cinque punte delle Br, e con un inquietante quanto esplicito riferimento alla P38, l’arma dei delitti degli anni di piombo. È l’ora della paura. Del timore che non si tratti più solo del gesto di qualche vandalo.
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Università e scandali, Bologna si laurea in concorsi truffa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
L'ateneo emiliano protagonista di un episodio di nepotismo nelle carriere dei docenti: un professore accusato di minacce per la nomina alla moglie. E spuntano altre 12 gare pubbliche truccate dai baroni
Come tutti i neologismi, è brutto. Eppure il termine «cattedropoli » ha già avuto l'onore, dal ’95, di essere inserito negli Annali del Lessico Contemporaneo Italiano, edizioni Esedra (Padova), subito dopo «cappuccinaro », ovvero l’occupazione principale del travet ministeriale, e poco prima del bossiano «celodurismo ». In realtà, la consolidata pratica - quasi una prassi - di manipolare i concorsi alle cattedre universitarie al fine di assegnarle a parenti, o in assenza di questi ad amici rigorosamente fidati, è qualcosa di ancor più datato. Era il 13 gennaio ’69, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Messina. «L’università è l’ultimo feudo che trascina la sua esistenza assolutamente e arbitrariamente dominato da nuclei di novelli baroni - denunciò pubblicamente l’allora procuratore generale della Corte d’Appello, Aldo Cavallari -. Si distribuiscono cattedre, e quando non bastano, si creano al solo scopo di favorire il neo-privilegiato».
E risale a quasi vent’anni fa, al 1988, il padre di tutti i concorsi tarocchi, quello per 16 cattedre di Otorinolaringoiatria, tutte assegnate ad altrettanti tra figli illustri e amici fidati. Tra i condannati, nel ’95, il luminare napoletano Giovanni Motta (tra i vincitori anche suo figlio Gaetano) che ebbe un anno e otto mesi in una tornata di condanne poi confermate in Appello il 1° dicembre 2000 e in Cassazione il 5 novembre 2001. Ironia della sorte: il 20 marzo 2002 il concorso fu annullato dal Consiglio di Stato, mafigli illustri e amici fidati rimasero ai loro incarichi per difficoltà nelle notifiche degli annullamenti stessi.
Quanto detto fin qui è tanto per dare un quadro storico del problema, dato che quello geografico non conosce confini. I «padrinati » governano e spadroneggiano infatti quasi sempre indisturbati, protetti di volta in volta dalla politica di ogni colore, spesso dalle massonerie, ma soprattutto e sempre dalla paura e dall’impotenza dei candidati peones, quelli privi di lignaggio. Un malvezzo diffuso dal Nord al Sud, isole comprese. Ma che ha i suoi fronti più avanzati - autentici fronti del porto, dove vige la legge del più forte - a Bari, Firenze e Bologna.
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Ahmadinejad legalizza i "gulag" iraniani
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Carcere per le donne senza velo islamico
Giro di vite del regime iraniano: tolleranza zero contro chi non rispetta i canoni dell'abbigliamento islamico. Pasdaran, esercito, forze dell'ordine e servizi segreti potranno avere centri di detenzione non controllati dalla magistratura
Teheran - La «buona novella nucleare» di Mahmoud Ahmadinejad, che ha annunciato ufficialmente l'inizio dell'arricchimento dell'uranio su scala industriale, interessa molto di più l'opinione pubblica internazionale che non quella iraniana, alle prese con i problemi ritenuti molto più seri come il razionamento della benzina e la prossima campagna della polizia contro le donne che non rispetteranno il codice d'abbigliamento islamico.
Il generale Radan, comandante della polizia di Teheran, ha annunciato che a partire dal primo giorno del secondo mese del nuovo anno persiano, il prossimo 21 aprile, «le forze dell'ordine non tollereranno più il mancato rispetto per il codice d'abbigliamento islamico da parte delle donne. Chiunque trasgredirà - ha aggiunto Radan - sarà arrestata e rinviata a giudizio». Rimangono in carcere anche le due femministe arrestate il 4 aprile mentre raccoglievano firme in un parco della capitale a favore della campagna per la parità dei diritti tra i sessi. Nahid Keshavarz e Mahboubeh Hosseinzadeh sono state accusate, secondo quanto riferisce ad Aki il loro difensore Nasrin Sotudeh, di «azione contro la sicurezza dello Stato e propaganda contro la Repubblica Islamica». «Non riesco a capire - dice la giurista Mehranghiz Kar, attivista per i Diritti Umani - come rivendicare il diritto a chiedere il divorzio o il riconoscimento del diritto delle madri ad avere la podestà sui figli possa rappresentare una minaccia per la Repubblica Islamica».
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Massimo Teodori: Connivenze e ambiguità
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Lo abbiamo scritto a più riprese: è Gino Strada il grumo torbido che fa bassa demagogia, inquina la lotta al terrorismo e degrada l'immagine italiana nel mondo. Ma ora c'è qualcosa di ben più grave: è l'evidente legame intessuto di connivenze e ricatti sotterranei tra il sedicente operatore umanitario e il governo della Repubblica.
Basta leggere le arroganti parole rivolte a Prodi e Karzai, accusati di essere i veri responsabili degli assassinii dei due collaboratori di Mastrogiacomo, per capire qual è il gioco del medico bifronte. Ma il ricatto che Strada tenta di mettere in atto nei confronti del governo italiano può avere corso solo perché i nostri massimi responsabili politici sono in condizione di essere ricattati. Non ci può essere ricatto se non c'è qualche vicenda oscura che accomuna ricattatore e ricattato.
Sia ben chiaro: anche noi riteniamo che occorra fare il possibile per salvare qualsiasi vita umana per cui siamo stati soddisfatti della liberazione del giornalista di Repubblica. La responsabilità del governo non è di avere trattato attraverso i canali disponibili, ma di avere abdicato alle sue prerogative di rappresentante di uno Stato di diritto a favore di un personaggio le cui ambiguità non si finisce mai di scoprire.
La verità è che, dando carta bianca a Strada - così come sembra sia accaduto anche con Torsello -, il governo italiano si è consegnato agli interessi terroristici dei talebani e ai loro istinti sanguinari. Ancora peggio, è caduto o è sembrato cadere nelle manovre di persone di Emergency ritenute dai servizi segreti afghani (che dovrebbero intendersene) conniventi con i tagliagole.
Del resto Strada non ha mai nascosto da che parte politica sta, qual è il suo giudizio sulla nostra presenza militare in Afghanistan e sui nostri rapporti con l'alleato americano, pubblicamente definito un terrorista alla stregua di Osama Bin Laden.
Oggi quel che va messo sotto accusa è la responsabilità del governo per un'abdicazione non degna di uno Stato di diritto. È probabile che gli inglesi, gli israeliani ed altre autorità occidentali si adoperino per salvare le vite dei loro cittadini, soprattutto se in divisa. Ma nessun governo si mette nelle mani di un demagogo non indifferente al fascino rivoluzionario di chi combatte i nostri militari per ammazzarli.
Prodi e i suoi portavoce vorrebbero accusare l'opposizione di strumentalizzazione. Si tratta di una meschina operazione volta a ribaltare i termini della questione: i responsabili di un pasticciaccio brutto impastato di menzogne e finito nel sangue che accusano coloro che esigono chiarezza. Ed è proprio questo il compito del Parlamento in un Paese democratico: la verità, tutta la verità nella sede delegata al controllo istituzionale. E se le cose stanno come ormai appaiono, sarà l'opinione pubblica a giudicarle.
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Fiamma Nirenstein: I visionari della pace
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Basta unire i puntini e il disegno si mostra; appare una realtà conturbante ma indispensabile da guardare senza l’involucro concettuale dorato di questa Pasqua. Dentro l’uovo mediorientale c’è tutt’altro che il sorriso del gatto coi topi inglesi stampato sulla faccia di Ahmadinejad, tutt’altro che il «piano di pace» saudita, che la riducibilità della Siria, degli Hezbollah e di Hamas. C’è invece la politica occidentale che galleggia in trucioli sulla schiuma dell’ondata jihadista, abbagliata dalla speranza. Dunque, componiamo il disegno.
Portata a casa l’umiliazione dell’Occidente ottenuta con il rapimento e la liberazione-regalo per gli amici inglesi, Ahmadinejad torna alle cose serie: a Natanz, ha annunciato ieri, siamo in grado di produrre carburante nucleare «su scala industriale», ovvero abbiamo espanso il programma vietato dall’Onu con due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. «Entriamo nella fase della produzione di massa», ha comunicato il presidente iraniano, senza specificare il numero delle centrifughe che entrano in azione. Si parla di 3000 approntate a Natanz, un bel po’ di più delle 164 di cui si sapeva fino ad oggi, molto meno delle decine di migliaia atte a produrre la bomba atomica, cosa che secondo Amos Yadlin, capo dei servizi militari israeliani, non si realizzerà prima del 2010. La spalla nella parte del buono, il consueto Ali Larjani, capo negoziatore nucleare, ha detto che ora, forte delle sue centrifughe nuove, l’Iran potrà negoziare faccia a faccia con l’Occidente.
Domenica Hassan Nasrallah aveva annunciato che finché il Libano non è in grado di difendersi da solo, egli terrà gli Hezbollah in armi per difendere il Paese «contro gli attacchi di Israele». È la reazione dura a un incontro fra Nabih Berri, il presidente filosiriano del Parlamento, che tiene per la riforma che consentirebbe all’opposizione (ovvero agli Hezbollah) il diritto di veto, e Saad Hariri, che rappresenta all’incontro la coalizione governativa guidata da Fuad Seniora, e dice di no alle dimissioni e alle concessioni. L’incontro fallisce. Nasrallah quindi nel suo discorso dice che il Paese non è garantito e che Hezbollah lo difenderà. Già dal primo dicembre, il Segretario generale del movimento sciita ha lanciato manifestazioni e scontri di piazza per far dimettere Seniora minacciando una guerra civile come quella che ebbe luogo dal ’75 al ’90.
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Ma che brutto spettacolo questa vicenda Telecom
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Si direbbe la rappresentazione di come è ridotto il Paese e della classe dirigente che ne è al vertice. Nell’intervista, concessa al direttore di 24 Ore, il premier ironizza: «Che bel capitalismo, complimenti! E dicono ancora: è il mercato, bellezza!». Il che la dice lunga sulla cultura politica ed economica di chi ci sta governando. Sperare che costoro se ne stiano fuori da questioni che riguardano il mercato è illusione. Nelle loro pance ci sono tentazioni dirigiste e stataliste, e nostalgia dell’Iri. Nicola Rossi, l’ex consigliere di D’Alema, che li conosce bene, in una intervista alla Stampa testimonia: quando difendono l’italianità delle imprese nascondono la voglia di averle in dominio.
Leggiamo l’intervista a Repubblica di uno dei grandi protagonisti di questa infelice vicenda, il professor Guido Rossi. A dimostrazione che non abbiamo tesi preconcette, non esitiamo a dire che parte delle sue tesi le troviamo veritiere. Per esempio: «Al conflitto d’interessi di Tronchetti si sono mescolate le grandi manovre del risiko bancario, le eterne tentazioni di commistione della politica». Sottoscriviamo. E però, il professore sbinaria un po’ quando parla di «capitalismo selvaggio del primo Novecento», addirittura di «Chicago degli anni Venti». Ammesso che sia così, se ne accorge adesso? Ma lui, in quel capitalismo non c’è stato dentro fino al collo? Presidente della Consob, avvocato di grandi imprese, mallevadore di grossi interessi, persino commissario del mondo del calcio, e poi infine garante di Tronchetti.
E ora, che fa il professore? Si dimette e lancia accuse. Non le precisa, però, e rimane nel vago. Dice (sic): «Questo è un Paese disperante, dove ormai o si muove la magistratura oppure non succede nulla». Che cosa c’è da rivolgersi alla magistratura? Lo dica, se ne assuma la responsabilità, non alimenti il mistero. Su una cosa siamo d’accordo, e lo diciamo da osservatori di fede liberale: il capitalismo italiano sta vivendo un'epoca di grande debolezza. Non ci sono più gli Agnelli, i Pirelli, gli Ansaldo del primo Novecento, e neppure i Costa, i Valletta, i Pesenti, i Borghi del secondo Novecento. È un pezzo che il nostro capitalismo vola basso.
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Mogadiscio, mille morti in quattro giorni di scontri
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
È di 1.086 morti e 4.334 feriti il bilancio definitivo dei quattro giorni di scontri fra l'esercito etiopico e le truppe islamiche sostenute dai miliziani del clan Hawiye, che a fine marzo hanno insanguinato le strade di Mogadiscio. Lo ha riferito Hussein Aden Korgab, portavoce degli Hawiye, il clan dominante nella Somalia centro-meridionale, in particolare nella capitale. Secondo alcuni testimoni, i combattimenti erano iniziati quando uomini armati non meglio identificati avevano attaccato l'ex ministero della Difesa, ora quartier generale dell'esercito etiopico. Agli spari degli insorti, gli etiopici avevano risposto con colpi d'artiglieria pesante, proseguendo l'attacco su vasta scala anche con l'ausilio di elicotteri d'assalto.
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D’Alema asfalta il passato coloniale in Libia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Gheddafi riceve il ministro degli Esteri, che gli promette la ricostruzione dell’ex via Balbia per far dimenticare l’occupazione italiana
Si è discusso anche di Irak, Palestina e del prossimo vertice tra Europa e Africa
Una strada che attraverserà tutta la Libia, come «compensazione» per i danni del colonialismo italiano. Andrà da Ras Jdir ad Assalum e sarà il concreto risarcimento offerto dal nostro governo a Muhammar Gheddafi, per «voltare pagina» con un passato che crea ancora forti attriti tra i due Paesi.
La realizzazione del tratto libico della litoranea che porterà dall’Egitto all’Algeria sembra più vicina, dopo l’incontro di domenica sera a Tripoli tra il leader della Jamahiriya e Massimo D’Alema. Il vicepremier e ministro degli Esteri si trova in Libia per vacanza da alcuni giorni con la famiglia e, dopo un’escursione nel deserto, è stato ricevuto dal Colonnello sotto la tenda della caserma Bab al Azizia. Un incontro informale, che la Farnesina definisce «molto cordiale e amichevole» e nel quale, riferisce l’agenzia ufficiale libica Jana, il titolare della Farnesina ha «aggiornato Gheddafi sulle misure adottate dal governo italiano per arrivare alla messa in atto dei punti ancora non applicati della dichiarazione congiunta italo-libica e della grande iniziativa che è la costruzione della strada».
Nelle prossime settimane potrebbe essere creata una commissione congiunta italo-libica, sotto la responsabilità dei due ministri degli Esteri, per studiare tutti gli interventi necessari. E, fa sapere la Farnesina, l’intesa «da parte italiana sarà sottoposta all’esame del Parlamento».
Nel colloquio tra il Colonnello e D’Alema si è parlato anche di Irak e Palestina e del quarto vertice europeo-africano in preparazione a Lisbona. D’Alema ha riaffermato «il pieno sostegno dell’Italia ai vincoli tra l’Ue e l’Unione Africana», per il rafforzamento di «una cooperazione equa» tra i due blocchi. L’incontro, per il ministro, è stato nel complesso «molto positivo».
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Fatwa in Pakistan contro una ministra paracadutista
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Islamabd. Un tribunale islamico, creato illegalmente a Islamabad, ha lanciato una fatwa per imporre le dimissioni della ministra del Turismo per aver posato «in maniera oscena» in alcune foto con paracadutisti francesi. Lo ha reso noto ieri un leader islamico. Ad essere colpita dal decreto religioso del tribunale islamico di Lal Masjid (Moschea rossa), la cui creazione è stata annunciata venerdì, è stata Nilofar Bakthiar. «I mufti hanno adottato il decreto sulla base di alcune foto nelle quali appariva ritratta in modo osceno con dei paracadutisti a Parigi», ha spiegato il fratello dell’imam della moschea, Abdul Rashid Ghazi. Le tre foto incriminate, pubblicate dal quotidiano in lingua urdu Khabrain, mostrano la titolare del dicastero del Turismo in tenuta da paracadutista, mentre si prepara a un volo in parapendio, mentre abbraccia un altro paracadutista e in un volo in tandem. «Non mi vergogno per niente di quello che ho fatto», ha detto Nilofar Bakhtiar alla stampa, aggiungendo di «aver paura solo di Dio». Ha spiegato peraltro di aver partecipato all’esercitazione per raccogliere fondi per i bambini rimasti coinvolti nel terremoto dell’ottobre 2005. Il viceministro dell’Informazione, Tariq Azeem, ha condannato la fatwa.
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Iran: uranio arricchito su scala industriale
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il 9 aprile, primo anniversario del primo riuscito esperimento iraniano per l’arricchimento dell’uranio, non poteva passare in sordina. Per quella data, già consacrata a festa nazionale dell’energia atomica, il presidente Mahmoud Ahmadinejad aveva promesso l’apertura di un nuovo capitolo della sfida nucleare. La promessa è stata mantenuta. Il presidente e il responsabile del Consiglio di Sicurezza Nazionale Alì Larijani - presentatisi uno dopo l’altro al centro di ricerca di Natanz - hanno annunciato l’entrata in attività di 3mila centrifughe a cascata e l’avvio delle operazioni d’arricchimento su scala industriale. «È un grande onore annunciare che il nostro Paese entra da oggi nel club delle nazioni nucleari ed è in grado di produrre combustibile nucleare su scala industriale - ha detto il presidente ricordando che - il cammino è senza ritorno e il popolo iraniano difenderà i suoi diritti fino alla fine». Larijani ha ricordato che l’Iran offrirà garanzie sugli obiettivi pacifici del proprio programma solo quando l’Occidente lo accetterà come un dato di fatto. «Non siamo disposti a rinunciare ai nostri diritti - ha ribadito il capo dei negoziatori minacciando di applicare le raccomandazioni del parlamento di Teheran e impedire qualsiasi controllo internazionale -. Se continueranno a fare pressioni per le pacifiche attività nucleari dovremo seguire gli ordini del Parlamento e riconsiderare la nostra partecipazione all’Npt».
I tecnici del laboratorio di Natanz - secondo Larijani - hanno già immesso l’esafluoruro di uranio destinato all’arricchimento nelle tremila centrifughe collegate a cascata. Per produrre combustibile necessario ad alimentare una centrale atomica e ottenere energia ad uso civile, come sostengono di voler fare gli iraniani, basterà bloccare l’arricchimento al livello del cinque per cento. Per ottenere il componente di un ordigno nucleare, vero obiettivo secondo Washington degli sforzi di Teheran, le centrifughe dovranno girare fino al raggiungimento di livelli intorno al 90 per cento. Per molti esperti l’entrata dell’Iran nel club nucleare resta, comunque, soltanto teorica. Le tremila centrifughe utilizzate a Natanz registrano insormontabili problemi tecnici e solo l’allestimento di cinquantamila unità in linea garantirà un’autentica produzione industriale. Ma per il Dipartimento di Stato di Washington il passo avanti di Teheran apre un nuovo atto della sfida e giustifica le sanzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’efficacia delle sanzioni resta comunque tutta da verificare. Il generale dei pasdaran Mohammed Baqer Zolqadr, un viceministro dell’Interno coinvolto nei piani di riarmo e di sviluppo nucleare del Paese, ha annunciato di aver beffato il divieto di viaggio impostogli dalle sanzioni e di essere appena rientrato dalla Russia.
Gian Micalessin
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La polizia ha sventato un possibile attentato suicida a Casablanca
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
All'alba un aspirante kamikaze si è fatto saltare in aria in un appartamento dopo che le forze di sicurezza marocchine avevano ucciso il suo compagno, anche lui imbottito di esplosivo. In un comunicato la polizia ha reso noto che i due sono stati inseguiti all'alba dagli agenti nel quartiere di el Fida. Erano ricercati nell'ambito delle indagini per un attentato contro un internet cafè di Casablanca avvenuto l'11 marzo, in cui il capo di un gruppo di kamikaze si era fatto saltare in aria prima che gli agenti lo arrestassero. Da allora ci sono stati 31 arresti e la polizia ritiene che in città vi fossero altri 11 kamikaze pronti a colpire.
Il kamikaze che si è fatto esplodere stamani in un appartamento a Casablanca è il fratello di Abdulfattah al Runghi, l'attentatore suicida che l'11 marzo scorso si era fatto esplodere in un internet caffè nella stessa città, provocando il ferimento di quattro persone. Lo ha detto il corrispondente in Marocco dell'emittente araba al Jazeera citando fonti della sicurezza. Stamani, a distanza di un mese dell'espolosione avvenuta in un internet caffè, due attentatori suicidi sono rimasti uccisi ed un terzo "con addosso una cintura di sicurezza" è riuscito a sfuggire alla cattura dopo una movimentata operazione delle forze della sicurezza marocchina. Secondo la tv araba, stamani, le forze dell'ordine avevano circondato un appartamento nel quartiere di al Farah, "in cui, secondo informazioni dell'intelligence, c'erano tre kamikaze in procinto di compiere un'attentato terroristico". Vistisi circondati, uno dei kamikaze si sarebbe fatto esplodere, un'altro sarebbe rimasto ucciso dalla polizia mentre il terzo attentatore con addosso una cintura esplosiva sarebbe riuscito a fuggire e sarebbe tutt'ora in corso una caccia all'uomo. Secondo informazioni raccolte da fonti della sicurezza, "i tre erano già pronti per compiere un attentato suicida".
IL GIORNALE
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In soli 11 mesi rovinate le relazioni con gli alleati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Il Governo Prodi si presenta sulla scena internazionale con l’ambizione di mettere fine all’era dell’unilateralismo interventista americano e israeliano per fare del multilateralismo diplomatico lo strumento di risoluzione dei principali conflitti mondiali: dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Palestina al Libano. Stampella logica della dottrina multilaterale è il principio dell’equidistanza, che prescrive di porsi con identica attitudine verso ciascuna delle parti in causa. Fin qui, però, porre sullo stesso piano Hamas e lo Stato democratico di Israele o Hezbollah e il premier Siniora ha solo portato maggiore disordine nelle relazioni internazionali. Paese “amico di tutti e di nessuno” nel mondo asiatico, l’Italia è diventata per gli alleati Nato un partner imprevedibile e George W. Bush, a quasi un anno dall’elezione, non sembra aver nessuna intenzione di ricevere ufficialmente Romano Prodi. Ma se il Governo italiano, partito con l’idea di favorire il riavvicinamento tra l’Occidente cristiano e l’Oriente musulmano, si trova in questo limbo imbarazzante è per colpa di una serie di errori politici dettati talvolta da imprudenza, talaltra da superbia e quasi sempre dall’ansia di prestazione di cui soffre da sempre la sinistra: l’ansia di fare qualcosa di meglio e di diverso da Berlusconi.
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Si preoccupano di Telecom per continuare a lucrare
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Passata la breve pausa pasquale, non c’è dubbio che le prime pagine dei giornali torneranno a riempirsi degli argomenti di sempre: l’Udc fuori o dentro... Prodi resiste o non resiste? Ma soprattutto si riprenderà a parlare dell’affare Telecom.
Alle persone normali, quelle impegnate nella battaglia quotidiana per sopravvivere alle difficoltà e alle pastoie burocratiche che lo Stato ci infligge, la questione oggettivamente interessa abbastanza poco. Da anni queste persone telefonano, inviano e-mail e fax senza più bisogno della telefonia di Stato e della stessa non sentono più il bisogno.
Si interessano a Telecom solo per curiosità e al massimo si domandano perché mai una nazione intera si dovrebbe preoccupare per un’azienda che ha 30-40 miliardi di debiti e che è famosa ormai più per le prestazioni televisive della moglie dell’ex presidente che non per questioni oggettive di importanza economica. In effetti, semplificando padanamente, la questione la si potrebbe risolvere qua.
In Italia, la telefonia mobile (almeno quella per fortuna) è da anni in regime di effettiva concorrenza, con la conseguente riduzione di costi (le famiglie spendono molto perché i figli sono sempre attaccati al telefonino, ma il costo allo scatto è crollato rispetto a dieci anni fa). La telefonia fissa è sempre più in crisi e io personalmente non metterei un centesimo sulla possibilità che fra qualche lustro ci saranno ancora in giro doppini telefonici o altro per trasmettere informazioni e che il tutto, invece, non avverrà esclusivamente via etere. Telecom però ha rappresentato e rappresenta l’essenza dell’economia di Stato e della connivenza tra politica e finanza. Qualche anno fa l’allora presidente del consiglio Massimo D’Alema sponsorizzò una cordata di “imprenditori” (senza soldi, ma “coraggiosi”) che, con l’aiuto o meglio la complicità di banche “amiche”, comprarono l’azienda per poi semplicemente rivenderla, dopo poco tempo, con una plusvalenza (guadagno) di svariate migliaia di miliardi delle vecchie lire. Il gioco lo si sarebbe voluto ripetere già l’anno passato (nel caso Rovati che tutti ricorderemo) pensando addirittura di far riacquistare la rete fissa dallo Stato (cioè dal contribuente padano) ringraziando così la gentile disponibilità di Tronchetti Provera e portandosi in casa l’ennesimo bidone pubblico. Il tutto ovviamente non gratis, poiché solo i puri di cuore (o gli stupidi) possono pensare che tutti questi avvenimenti non abbiano lasciato per strada copiose “provvigioni” a tutti i protagonisti. Del resto anche i puri di cuore si saranno domandati come molti “manager” della finanza rossa abbiano anche loro potuto accumulare milioni di euro su conti cifrati nei paradisi fiscali.
L’arrivo di acquirenti stranieri ovviamente scombina questa consolidata regia rendendo impossibile manovrare con la stessa facilità imprenditori che non conoscono i costumi italiani. E allora giù sproloqui sulla italianità delle aziende strategiche, giù rigurgiti patriottici sulla importanza del controllo nazionale dei settori strategici. Sarà difficile spiegare al cittadino normale, quello di cui sopra, perché la stessa attenzione non sia stata prestata quando si è cercato di costituire un polo bancario padano, ma si è preferita la calata dei nord-europei a mettere le mani sui nostri risparmi; o perché l’area liberal dei cattocomunisti abbia salutato con entusiasmo la possibilità di acquisto da parte degli spagnoli della rete autostradale italiana. Forse ci s
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Ma cosa ha combinato il Governo in Afghanistan?
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Le parole di Gino Strada hanno fatto venire allo scoperto il modo alquanto ambiguo e superficiale con cui l’Esecutivo ha affrontato prima il rapimento del fotoreporter Gabriele Torsello e poi del giornalista Daniele Mastrogiacomo e hanno dato il via ad una serie di richieste di chiarimento da parte della Casa delle Libertà, anche se in serata Silvio Berlusconi ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche.
Il più duro è Roberto Calderoli, secondo il quale «dopo le dichiarazioni di Gino Strada e le parole di Karzai (che aveva parlato di pressioni da parte del Premier italiano, ndr) ce n’è abbastanza per mettere Prodi in stato d’accusa. Quindi noi chiediamo l’impeachment per Prodi e l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’intera vicenda Mastrogiacomo». «Alla luce di quanto sta emergendo intorno al rapimento e alla liberazione di Daniele Mastrogiacomo - ha aggiunto il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord - il minimo che si possa fare per avere chiarezza è l’istituzione immediata di una commissione parlamentare d’inchiesta che, in tempi rapidissimi, faccia luce su questa torbida vicenda di morti decapitati, di terroristi liberati e di faccendieri, in cui è sicuramente coinvolto il nostro Governo». «Come testimoniano sia il presidente afgano Karzai che Gino Strada - ha proseguito l’esponente leghista - il presidente del Consiglio, in prima persona, ha disposto una trattativa per la liberazione di pericolosi criminali, per cui il Governo ha trattato in maniera discriminatoria gli ostaggi salvando quello che per lui era di serie A, e politicamente vicino, lasciando invece al loro tragico destino quelli di serie B, finiti con la testa mozzata, ovvero l’autista prima e l’interprete poi, e per le operazioni di cui sopra ha utilizzato non gli strumenti istituzionali che aveva a disposizione, ma un’associazione e il relativo personale che, a detta dei servizi segreti afgani, svolge incarichi tutt’altro che umanitari».
Già oggi «la Lega presenterà una proposta di legge per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare sul caso Mastrogiacomo» ha annunciato il capogruppo della Lega Nord, Roberto Maroni, secondo cui «le parole di Gino Strada gettano altre ombre su questa tragica vicenda e rendono ancora più urgente e necessario un completo chiarimento che si può ottenere solo con una commissione di inchiesta che accerti le responsabilità». «Per accelerare l’iter della proposta di legge - rivela Maroni - chiederò un incontro urgente al presidente della Camera Fausto Bertinotti e ai capigruppo di maggioranza e opposizione».
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Nuove regole per tutti i guidatori europei e novità in arrivo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
A richiederlo è proprio l'Unione europea per migliorare le condizioni di sicurezza dei conducenti e garantire leale concorrenza tra le imprese di trasporto.
Il Regolamento europeo n. 561/2006 sui tempi di guida e di riposo, che entrerà in vigore l'11 aprile prossimo, è il piatto forte del processo di cambiamento, iniziato a gennaio 2007 con l'installazione sui nuovi veicoli del cronotachigrafo digitale. Delle novità sui turni dei professionisti e sull'uso del dispositivo di controllo parla diffusamente Tuttotrasporti.
Le nuove norme sui tempi di guida-risposo, si spiega, si applicano in generale ai trasporti merci su strada effettuati con autocarri di massa complessiva superiore alle 3,5 tonnellate e ai trasporti di persone su mezzi che, compreso il conducente, possono portare più di nove persone. E' tuttavia prevista una serie di deroghe che riguardano, ad esempio, i veicoli speciali adibiti al trasporto di denaro o valori.
Novità anche sul fronte delle incombenze legate all'uso del cronotachigrafo digitale. Con il supporto di tabelle ed esempi concreti sull'applicazione di tali normative e sulle sanzioni amministrative previste per le irregolarità riscontrate tramite strumenti di controllo.
AFFARI ITALIANI
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Scioperi. Al via una raffica di proteste. Tutte le date
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Finita la tregua per le vacanze di Pasqua, riprendono gli scioperi nei trasporti. Saranno interessati i collegamenti ferroviari e aerei.Venerdì 13 aprile toccherà ai ferrovieri e ai piloti di Meridina. Mercoledì 18 incrocerà le braccia il personale di terra dell'Alitalia e il 23 ancora voli a rischio per quattro ore di scioperi dei lavoratori dell'Enac, l'ente nazionale per l'aviazione civile.
VENERDI' - Venerdì è previsto uno sciopero nazionale di otto ore, dalle 9 alle 17, del personale ferroviario aderente a tutte le sigle sindacali. I sindacati hanno invitato i lavoratori a una partecipazione totale "per richiamare l'attenzione del governo - ha rilevato la Uiltrasporti - sui tagli ai servizi sociali che l'impresa si appresta a fare", sulla "mancanza di definizione del piano d'impresa e di regole per la liberalizzazione del trasporto ferroviario, sul mancato avvio del confronto per il rinnovo del contratto". Obiettivo dello sciopero, secondo la Cisl, è "una concreta e coerente azione di rilancio a tutto campo" delle Ferrovie. "I problemi - come hanno detto i rappresentanti dell'Ugl - si risolvono solo con un tavolo di concertazione tra governo, sindacati e azienda". Venerdì si fermeranno per 24 ore anche i piloti di Meridiana aderenti all'Anpac.
MERCOLEDI' 18 APRILE - Disagi anche nel traffico aereo. Il 18 aprile sono previste le prime 24 ore di sciopero delle 48 proclamate dai sindacati dei lavoratori di terra dell'Alitalia. Lo stop era stato indetto in un primo momento per venerdì, in concomitanza con il fermo dei ferrovieri, ma è stato fatto poi slittare a mercoledì 18. I dipendenti chiedono il rinnovo del contratto scaduto 4 anni anni fa. In particolare, i dipendenti vogliono il riallineamento salariale medio di 180 euro sulle retribuzioni sino a fine anno. La protesta potrebbe essere però revocata - spiegano i sindacalisti - "a condizione che l'azienda, all'incontro di mercoledì prossimo, si presenti con risposte concrete".
LUNEDI' 23 APRILE - Infine, lunedì 23 aprile, è previsto uno stop di quattro ore dei lavoratori dell'Enac aderenti alla Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl TA mentre il 3 maggio, si fermeranno per 4 ore i lavoratori del trasporto aereo di Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt e Ugl.
AFFARI ITALIANI
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Mastella: "Se ci sarà il referendum, si rischia la crisi di governo"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Mastella lancia anche un altro avvertimento: «Chi gioca al nostro interno, sappia che al gioco ci sarà una risposta molto dura»
«Lo dichiaro con molta obiettività. Se c’è il referendum, prima ci sarà la crisi». Lo dice a Napoli, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, rispondendo alle domande dei giornalisti, prima dell’inaugurazione del nuovo ingresso del palazzo di giustizia.
«Lo dico con chiarezza - ribadisce riferendosi alla riforma della legge elettorale - quando si andrà al referendum noi non ci saremo. Il rischio è la crisi di governo se c’è il referendum. Questo senza nessun timore di smentita». Mastella lancia anche un altro avvertimento: «chi gioca al nostro interno, sappia che al gioco ci sarà una risposta molto dura. Fare il ministro della giustizia mi soddisfa anche, però prima viene la logica del mio partito e la governabilità».
E aggiunge: «una volta garantita la governabilità, io credo che tutto il resto sia noia». «L’idea di alcuni, che siccome le cose non vanno, si metta in piedi un meccanismo referendario... rispetto a questa brutalità si risponde con uguale determinazione», conclude.
LA STAMPA
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Irak. Donna kamikaze contro centro reclute polizia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Un attacco suicida contro un centro di reclutamento della polizia a Muqdadiya, a nord-est di Bagdad, ha ucciso almeno 14 persone e ne ha ferite una ventina. Lo ha detto la polizia irachena. Secondo fonti del ministero degli Interni, l'attentato è stato commesso da una donna, che si è fatta esplodere davanti ad un posto di polizia nella città a maggioranza sunnita. La polizia ha detto che i feriti sono 23, tra cui tre civili.
Martedì a Bagdad tre soldati americani sono morti per l'esplosione di una bomba. L'ordigno era stato piazzato ai lati della strada ed è saltato in aria al passaggio della pattuglia.
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Mogadiscio, mille morti in quattro giorni di scontri
>>Da: andreavisconti
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È di 1.086 morti e 4.334 feriti il bilancio definitivo dei quattro giorni di scontri fra l'esercito etiopico e le truppe islamiche sostenute dai miliziani del clan Hawiye, che a fine marzo hanno insanguinato le strade di Mogadiscio. Lo ha riferito Hussein Aden Korgab, portavoce degli Hawiye, il clan dominante nella Somalia centro-meridionale, in particolare nella capitale. Secondo alcuni testimoni, i combattimenti erano iniziati quando uomini armati non meglio identificati avevano attaccato l'ex ministero della Difesa, ora quartier generale dell'esercito etiopico. Agli spari degli insorti, gli etiopici avevano risposto con colpi d'artiglieria pesante, proseguendo l'attacco su vasta scala anche con l'ausilio di elicotteri d'assalto.
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D’Alema asfalta il passato coloniale in Libia
>>Da: andreavisconti
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Gheddafi riceve il ministro degli Esteri, che gli promette la ricostruzione dell’ex via Balbia per far dimenticare l’occupazione italiana
Si è discusso anche di Irak, Palestina e del prossimo vertice tra Europa e Africa
Una strada che attraverserà tutta la Libia, come «compensazione» per i danni del colonialismo italiano. Andrà da Ras Jdir ad Assalum e sarà il concreto risarcimento offerto dal nostro governo a Muhammar Gheddafi, per «voltare pagina» con un passato che crea ancora forti attriti tra i due Paesi.
La realizzazione del tratto libico della litoranea che porterà dall’Egitto all’Algeria sembra più vicina, dopo l’incontro di domenica sera a Tripoli tra il leader della Jamahiriya e Massimo D’Alema. Il vicepremier e ministro degli Esteri si trova in Libia per vacanza da alcuni giorni con la famiglia e, dopo un’escursione nel deserto, è stato ricevuto dal Colonnello sotto la tenda della caserma Bab al Azizia. Un incontro informale, che la Farnesina definisce «molto cordiale e amichevole» e nel quale, riferisce l’agenzia ufficiale libica Jana, il titolare della Farnesina ha «aggiornato Gheddafi sulle misure adottate dal governo italiano per arrivare alla messa in atto dei punti ancora non applicati della dichiarazione congiunta italo-libica e della grande iniziativa che è la costruzione della strada».
Nelle prossime settimane potrebbe essere creata una commissione congiunta italo-libica, sotto la responsabilità dei due ministri degli Esteri, per studiare tutti gli interventi necessari. E, fa sapere la Farnesina, l’intesa «da parte italiana sarà sottoposta all’esame del Parlamento».
Nel colloquio tra il Colonnello e D’Alema si è parlato anche di Irak e Palestina e del quarto vertice europeo-africano in preparazione a Lisbona. D’Alema ha riaffermato «il pieno sostegno dell’Italia ai vincoli tra l’Ue e l’Unione Africana», per il rafforzamento di «una cooperazione equa» tra i due blocchi. L’incontro, per il ministro, è stato nel complesso «molto positivo».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Gli accordi tra Italia e Libia sono stati presi dal primo governo Prodi il 4 luglio 1998. Nel marzo 2006, dopo gli incidenti davanti dal consolato italiano di Bengasi, l’allora premier Silvio Berlusconi ha assicurato la costruzione della strada di 1.700 chilometri, del costo di circa 3 miliardi di euro. Nell’agosto 2006, in un colloquio telefonico con il nuovo premier Romano Prodi, Gheddafi ha rinnovato la richiesta. A novembre D’Alema ha incontrato il Colonnello, insieme al ministro degli Interni Giuliano Amato, al margine della conferenza internazionale sull’immigrazione di Tripoli. È iniziato allora il processo per ricucire le relazioni deteriorate tra i due Paesi: l’ambasciata della Jamahiriya a Roma è da tempo chiusa al pubblico, ufficialmente per lavori di ristrutturazione, sono stati smantellati i consolati nella capitale e a Milano e fioccano le proteste di imprenditori e semplici cittadini che non sanno come ottenere il visto per la Libia. Da ricordare che proprio D’Alema a dicembre 1999, è stato il primo capo di governo occidentale a recarsi da Gheddafi dopo le sanzioni imposte nel 1992 dall’Onu per l’attentato terroristico di Lockerbie.
La ricostruzione dell’antica via Balbia, superstrada che univa Tripoli a Bengasi durante il governatorato di Italo Balbo sulla Libia, è il «grande gesto» che Gheddafi chiede da anni all’Italia, come una delle condizioni per il superamento delle questioni pendenti tra i due Paesi. L’Italia si è impegnata anche alla bonifica dei campi minati e alla costruzione di un centro specialistico a Bengasi per le protesi alle vittime delle mine. Il governo di Tripoli, invece, ha garantito che avrebbe concesso agli espulsi italiani dalla Libia i visti per rientrare nel Paese.
Il dossier Libia per l’Italia è delicatissimo: il Paese nordafricano è il nostro maggior fornitore di idrocarburi e dalle sue coste partono verso la Sicilia migliaia di immigrati illegali.
Anna Maria Greco
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Fatwa in Pakistan contro una ministra paracadutista
>>Da: andreavisconti
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Islamabd. Un tribunale islamico, creato illegalmente a Islamabad, ha lanciato una fatwa per imporre le dimissioni della ministra del Turismo per aver posato «in maniera oscena» in alcune foto con paracadutisti francesi. Lo ha reso noto ieri un leader islamico. Ad essere colpita dal decreto religioso del tribunale islamico di Lal Masjid (Moschea rossa), la cui creazione è stata annunciata venerdì, è stata Nilofar Bakthiar. «I mufti hanno adottato il decreto sulla base di alcune foto nelle quali appariva ritratta in modo osceno con dei paracadutisti a Parigi», ha spiegato il fratello dell’imam della moschea, Abdul Rashid Ghazi. Le tre foto incriminate, pubblicate dal quotidiano in lingua urdu Khabrain, mostrano la titolare del dicastero del Turismo in tenuta da paracadutista, mentre si prepara a un volo in parapendio, mentre abbraccia un altro paracadutista e in un volo in tandem. «Non mi vergogno per niente di quello che ho fatto», ha detto Nilofar Bakhtiar alla stampa, aggiungendo di «aver paura solo di Dio». Ha spiegato peraltro di aver partecipato all’esercitazione per raccogliere fondi per i bambini rimasti coinvolti nel terremoto dell’ottobre 2005. Il viceministro dell’Informazione, Tariq Azeem, ha condannato la fatwa.
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Iran: uranio arricchito su scala industriale
>>Da: andreavisconti
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Il 9 aprile, primo anniversario del primo riuscito esperimento iraniano per l’arricchimento dell’uranio, non poteva passare in sordina. Per quella data, già consacrata a festa nazionale dell’energia atomica, il presidente Mahmoud Ahmadinejad aveva promesso l’apertura di un nuovo capitolo della sfida nucleare. La promessa è stata mantenuta. Il presidente e il responsabile del Consiglio di Sicurezza Nazionale Alì Larijani - presentatisi uno dopo l’altro al centro di ricerca di Natanz - hanno annunciato l’entrata in attività di 3mila centrifughe a cascata e l’avvio delle operazioni d’arricchimento su scala industriale. «È un grande onore annunciare che il nostro Paese entra da oggi nel club delle nazioni nucleari ed è in grado di produrre combustibile nucleare su scala industriale - ha detto il presidente ricordando che - il cammino è senza ritorno e il popolo iraniano difenderà i suoi diritti fino alla fine». Larijani ha ricordato che l’Iran offrirà garanzie sugli obiettivi pacifici del proprio programma solo quando l’Occidente lo accetterà come un dato di fatto. «Non siamo disposti a rinunciare ai nostri diritti - ha ribadito il capo dei negoziatori minacciando di applicare le raccomandazioni del parlamento di Teheran e impedire qualsiasi controllo internazionale -. Se continueranno a fare pressioni per le pacifiche attività nucleari dovremo seguire gli ordini del Parlamento e riconsiderare la nostra partecipazione all’Npt».
I tecnici del laboratorio di Natanz - secondo Larijani - hanno già immesso l’esafluoruro di uranio destinato all’arricchimento nelle tremila centrifughe collegate a cascata. Per produrre combustibile necessario ad alimentare una centrale atomica e ottenere energia ad uso civile, come sostengono di voler fare gli iraniani, basterà bloccare l’arricchimento al livello del cinque per cento. Per ottenere il componente di un ordigno nucleare, vero obiettivo secondo Washington degli sforzi di Teheran, le centrifughe dovranno girare fino al raggiungimento di livelli intorno al 90 per cento. Per molti esperti l’entrata dell’Iran nel club nucleare resta, comunque, soltanto teorica. Le tremila centrifughe utilizzate a Natanz registrano insormontabili problemi tecnici e solo l’allestimento di cinquantamila unità in linea garantirà un’autentica produzione industriale. Ma per il Dipartimento di Stato di Washington il passo avanti di Teheran apre un nuovo atto della sfida e giustifica le sanzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’efficacia delle sanzioni resta comunque tutta da verificare. Il generale dei pasdaran Mohammed Baqer Zolqadr, un viceministro dell’Interno coinvolto nei piani di riarmo e di sviluppo nucleare del Paese, ha annunciato di aver beffato il divieto di viaggio impostogli dalle sanzioni e di essere appena rientrato dalla Russia.
Gian Micalessin
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La polizia ha sventato un possibile attentato suicida a Casablanca
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
All'alba un aspirante kamikaze si è fatto saltare in aria in un appartamento dopo che le forze di sicurezza marocchine avevano ucciso il suo compagno, anche lui imbottito di esplosivo. In un comunicato la polizia ha reso noto che i due sono stati inseguiti all'alba dagli agenti nel quartiere di el Fida. Erano ricercati nell'ambito delle indagini per un attentato contro un internet cafè di Casablanca avvenuto l'11 marzo, in cui il capo di un gruppo di kamikaze si era fatto saltare in aria prima che gli agenti lo arrestassero. Da allora ci sono stati 31 arresti e la polizia ritiene che in città vi fossero altri 11 kamikaze pronti a colpire.
Il kamikaze che si è fatto esplodere stamani in un appartamento a Casablanca è il fratello di Abdulfattah al Runghi, l'attentatore suicida che l'11 marzo scorso si era fatto esplodere in un internet caffè nella stessa città, provocando il ferimento di quattro persone. Lo ha detto il corrispondente in Marocco dell'emittente araba al Jazeera citando fonti della sicurezza. Stamani, a distanza di un mese dell'espolosione avvenuta in un internet caffè, due attentatori suicidi sono rimasti uccisi ed un terzo "con addosso una cintura di sicurezza" è riuscito a sfuggire alla cattura dopo una movimentata operazione delle forze della sicurezza marocchina. Secondo la tv araba, stamani, le forze dell'ordine avevano circondato un appartamento nel quartiere di al Farah, "in cui, secondo informazioni dell'intelligence, c'erano tre kamikaze in procinto di compiere un'attentato terroristico". Vistisi circondati, uno dei kamikaze si sarebbe fatto esplodere, un'altro sarebbe rimasto ucciso dalla polizia mentre il terzo attentatore con addosso una cintura esplosiva sarebbe riuscito a fuggire e sarebbe tutt'ora in corso una caccia all'uomo. Secondo informazioni raccolte da fonti della sicurezza, "i tre erano già pronti per compiere un attentato suicida".
IL GIORNALE
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In soli 11 mesi rovinate le relazioni con gli alleati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Il Governo Prodi si presenta sulla scena internazionale con l’ambizione di mettere fine all’era dell’unilateralismo interventista americano e israeliano per fare del multilateralismo diplomatico lo strumento di risoluzione dei principali conflitti mondiali: dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Palestina al Libano. Stampella logica della dottrina multilaterale è il principio dell’equidistanza, che prescrive di porsi con identica attitudine verso ciascuna delle parti in causa. Fin qui, però, porre sullo stesso piano Hamas e lo Stato democratico di Israele o Hezbollah e il premier Siniora ha solo portato maggiore disordine nelle relazioni internazionali. Paese “amico di tutti e di nessuno” nel mondo asiatico, l’Italia è diventata per gli alleati Nato un partner imprevedibile e George W. Bush, a quasi un anno dall’elezione, non sembra aver nessuna intenzione di ricevere ufficialmente Romano Prodi. Ma se il Governo italiano, partito con l’idea di favorire il riavvicinamento tra l’Occidente cristiano e l’Oriente musulmano, si trova in questo limbo imbarazzante è per colpa di una serie di errori politici dettati talvolta da imprudenza, talaltra da superbia e quasi sempre dall’ansia di prestazione di cui soffre da sempre la sinistra: l’ansia di fare qualcosa di meglio e di diverso da Berlusconi.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
A PASSEGGIO CON HEZBOLLAH AL TAVOLO CON DADULLAH
Il mondo comincia a interrogarsi sulla dottrina italiana dell’equidistanza il 15 agosto scorso, quando fotografi e cameramen libanesi immortalano Massimo D’Alema mentre passeggia a braccetto del deputato di Hezbollah, Hussein Haji Hassan, sulle macerie prodotte dai caccia israeliani. L’atteggiamento informale ed estremamente confidenziale del ministro degli Esteri nei confronti del rappresentante di un movimento armato che attacca civili e predica la distruzione di Israele provoca roventi polemiche. Contemporaneamente, però, l’Italia mantiene un analogo atteggiamento verso Hamas (il premier Haniyeh fu tra i primi a telefonare a Prodi per congratularsi della vittoria elettorale). Israele e Usa rifiutano di dialogare con entrambe le fazioni perché usano metodi terroristi ma per D’Alema (Corriere della Sera, 30 agosto 2006) «Hamas ed Hezbollah non sono al Qaeda» perché «oltre alle note responsabilità di azioni terroristiche, hanno anche snodi politici e si occupano di assistenza». Incurante delle critiche e delle perplessità internazionali, l’Italia porta la dottrina dell’equivicinanza all’estreme conseguenze proponendo, nello sconcerto generale, di far sedere i talebani del tagliagole Dadullah al tavolo della Conferenza Internazionale di pace per l’Afghanistan.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
RATISBONA: SOLO PRODI NON DIFENDE IL PAPA
Nel contesto fallimentare della politica estera italiana ci sono episodi vistosi e assai discussi ed altri che sarebbe sbagliato definire minori perché, pur avendo avuto un’eco mediatica effettivamente più blanda, appaiono ugualmente significativi sul cammino di progressivo allontanamento del Governo Prodi dal nucleo delle democrazie occidentali. In questo senso va letto il testardo silenzio del presidente del Consiglio all’indomani del discorso di Benedetto XVI all’Università di Ratisbona. Di fronte alla violenta sollevazione del mondo musulmano e alle minacce di Al Qaeda, Romano Prodi non si espose per difendere il Papa e pochi giorni dopo, a una domanda sui rischi che avrebbe potuto correre il Pontefice nel viaggio in Turchia, rispose con secchezza sconcertante: «Che cosa vuole che ne sappia, io, della sicurezza del Papa in Turchia? Vedranno le sue guardie...».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
CINA: VIA L’EMBARGO SULLE ARMI AL REGIME
Anche se fu sommersa dallo scoppio concomitante del caso Rovati-Telecom, merita una rimenzione la promessa fatta da Prodi alle autorità di Pechino durante la missione dello scorso settembre in Cina. Il presidente del Consiglio italiano, che all’Onu sostiene la moratoria internazionale della pena di morte, promise al regime comunista, che figura in cima alle liste nere di Amnesty International per via del numero di esecuzioni capitali, che Roma si sarebbe impegnata per far decadere l’embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina decretato dopo la spietata repressione dei moti di Piazza Tienanmen.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
DA VICENZA A KABUL: I FIORI NEI CANNONI
La schizofrenia militar-pacifista del Governo dell’Unione viene impietosamente smascherata dal caso Vicenza. L’Esecutivo dà l’ok all’ampliamento della base americana ma non ci tiene ad assumersene pubblicamente la responsabilità e i partiti dell’estrema sinistra sedicenti pacifisti rispondono aizzando i movimenti a una protesta di piazza che dopo pochi giorni innescherà la crisi di Governo. La stessa ipocrisia copre tutte le decisioni assunte dall’Esecutivo sulle missioni militari: l’Italia invia i propri soldati in Libano e li mantiene a Kabul ma con armamenti e regole di ingaggio da vigili urbani.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
OMAR, CALIPARI, MASTROGIACOMO: GELO USA
È sui rapporti con l’America, Paese che ha liberato l’Italia dal fascismo e che l’ha ricostruita con i fondi del Piano Marshall, che la politica estera del Governo Prodi sembra aver prodotto gli effetti più vistosi. Dopo la bella estate dei “Bye bye Condy”, infatti, Palazzo Chigi è riuscito a compromettere le relazioni con la Casa Bianca con una serie incredibile di incidenti diplomatici e di incomprensioni politiche. Washington non ha gradito la gestione del caso Abu Omar, con gli agenti Cia messi alla sbarra e il tentennamento di Palazzo Chigi sul segreto di Stato, e ha ingaggiato con Roma un imbarazzante braccio di ferro anche sull’omicidio Calipari. Parallelamente, l’amministrazione Bush ha vissuto con molto fastidio il tira-e-molla sulla base di Vicenza e ripetutamente mostrato delusione per l’atteggiamento italiano in Afghanistan: prima lamentando il mancato contributo dei nostri militari nelle operazioni belliche della Nato e poi sconfessando su tutta la linea la trattativa per la liberazione del reporter Daniele Mastrogiacomo. Concessioni pericolose e canali di dialogo inadeguati, ritengono gli americani, mentre dall’Italia Fassino propone di ospitare i tagliagole talebani al tavolo della pace e Gino Strada rivela ogni particolare delle trattative.
ALESSANDRO MONTANARI
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Si preoccupano di Telecom per continuare a lucrare
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Passata la breve pausa pasquale, non c’è dubbio che le prime pagine dei giornali torneranno a riempirsi degli argomenti di sempre: l’Udc fuori o dentro... Prodi resiste o non resiste? Ma soprattutto si riprenderà a parlare dell’affare Telecom.
Alle persone normali, quelle impegnate nella battaglia quotidiana per sopravvivere alle difficoltà e alle pastoie burocratiche che lo Stato ci infligge, la questione oggettivamente interessa abbastanza poco. Da anni queste persone telefonano, inviano e-mail e fax senza più bisogno della telefonia di Stato e della stessa non sentono più il bisogno.
Si interessano a Telecom solo per curiosità e al massimo si domandano perché mai una nazione intera si dovrebbe preoccupare per un’azienda che ha 30-40 miliardi di debiti e che è famosa ormai più per le prestazioni televisive della moglie dell’ex presidente che non per questioni oggettive di importanza economica. In effetti, semplificando padanamente, la questione la si potrebbe risolvere qua.
In Italia, la telefonia mobile (almeno quella per fortuna) è da anni in regime di effettiva concorrenza, con la conseguente riduzione di costi (le famiglie spendono molto perché i figli sono sempre attaccati al telefonino, ma il costo allo scatto è crollato rispetto a dieci anni fa). La telefonia fissa è sempre più in crisi e io personalmente non metterei un centesimo sulla possibilità che fra qualche lustro ci saranno ancora in giro doppini telefonici o altro per trasmettere informazioni e che il tutto, invece, non avverrà esclusivamente via etere. Telecom però ha rappresentato e rappresenta l’essenza dell’economia di Stato e della connivenza tra politica e finanza. Qualche anno fa l’allora presidente del consiglio Massimo D’Alema sponsorizzò una cordata di “imprenditori” (senza soldi, ma “coraggiosi”) che, con l’aiuto o meglio la complicità di banche “amiche”, comprarono l’azienda per poi semplicemente rivenderla, dopo poco tempo, con una plusvalenza (guadagno) di svariate migliaia di miliardi delle vecchie lire. Il gioco lo si sarebbe voluto ripetere già l’anno passato (nel caso Rovati che tutti ricorderemo) pensando addirittura di far riacquistare la rete fissa dallo Stato (cioè dal contribuente padano) ringraziando così la gentile disponibilità di Tronchetti Provera e portandosi in casa l’ennesimo bidone pubblico. Il tutto ovviamente non gratis, poiché solo i puri di cuore (o gli stupidi) possono pensare che tutti questi avvenimenti non abbiano lasciato per strada copiose “provvigioni” a tutti i protagonisti. Del resto anche i puri di cuore si saranno domandati come molti “manager” della finanza rossa abbiano anche loro potuto accumulare milioni di euro su conti cifrati nei paradisi fiscali.
L’arrivo di acquirenti stranieri ovviamente scombina questa consolidata regia rendendo impossibile manovrare con la stessa facilità imprenditori che non conoscono i costumi italiani. E allora giù sproloqui sulla italianità delle aziende strategiche, giù rigurgiti patriottici sulla importanza del controllo nazionale dei settori strategici. Sarà difficile spiegare al cittadino normale, quello di cui sopra, perché la stessa attenzione non sia stata prestata quando si è cercato di costituire un polo bancario padano, ma si è preferita la calata dei nord-europei a mettere le mani sui nostri risparmi; o perché l’area liberal dei cattocomunisti abbia salutato con entusiasmo la possibilità di acquisto da parte degli spagnoli della rete autostradale italiana. Forse ci s
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Evidentemente no. Per farla breve i centrosinistri dividono il mondo in categorie semplici ed essenziali: gli americani non vanno bene, tutti gli altri sì. Le aziende degli amici, o di quelli che possono essere controllati, vanno tutelate, le altre chissenefrega.
La Lega ha sempre difeso l’importanza dell’attaccamento territoriale delle imprese. Ma non è contraria al libero mercato. Il problema non è di chi ci mette i soldi, ma delle regole che si devono rispettare e del ritorno per il territorio e per i cittadini che le imprese economiche possono avere. L’improvviso patriottismo dei nostri attuali governanti ci lascia perplessi, perché sono gli stessi governanti che non hanno mosso un dito quando la Lega, da sola, ha condotto la battaglia per i dazi e le quote di importazione, non certo perché pensasse di poter fermare l’avanzata cinese o indiana, ma perché un conto è far finta che il problema non esista - e se le aziende chiudono chissene importa - un altro è gestire con progressività la legittima crescita economica dei Paesi emergenti mantenendo in vita le aziende essenziali all’occupazione e al nostro reale benessere. Allo stesso modo ci lasciano perplessi l’assoluto disinteresse per le nostre aziende, che vengono criminalizzate e costrette a chiudere per l’eccesso d’imposizione fiscale e la criminalizzazione del lavoro da una parte, mentre dall’altra ci si scopre improvvisamente difensori della necessità di mantenere le imprese sul nostro territorio. I Bertinotti e compagni, che si scoprono filo-imprenditoriali, sono gli stessi che vogliono mettere in galera i piccoli imprenditori che non riescono a pagare un mese di dichiarazione Iva, o che vogliono far chiudere i negozi che in cinque anni (!) non emettono tre scontrini fiscali. Sono gli stessi che hanno preso a bastonate gli allevatori perché il latte tedesco è più buono di quello italiano, gli stessi che hanno aumentato l’imposizione fiscale a imprese e dipendenti in cambio di una riduzione del cuneo fiscale che esiste solo nel loro cervello, ma che nessuno nelle fabbriche ha ancora visto.
Con questo non voglio dire che il fatto che stranieri si impossessino della Telecom mi lasci totalmente indifferente, ma voglio semplicemente dire che la Telecom è solo una frazione infinitesimale del Paese reale, fatto da gente che continua a sopravvivere nonostante la cultura politica anti-industriale, a pagare le tasse, a fare occupazione, in definitiva a tenere in piedi questo Stato, compresi i suoi inetti governanti. Voglio solo dire che questa levata di scudi è dovuta soltanto alla preoccupazione di perdere potenziali affari in un prossimo futuro. Il fatto che Telecom o altri escano dalla sfera di controllo romana aggiunge solo un po’ di disprezzo al tanto che avevo già nei confronti di questa gente.
Per fortuna la Padania, con i suoi padani e le sue imprese vere, è lontana da Roma. E l’Italia vista da qui diventa sempre più piccolina.
Dario Galli
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Ma cosa ha combinato il Governo in Afghanistan?
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Le parole di Gino Strada hanno fatto venire allo scoperto il modo alquanto ambiguo e superficiale con cui l’Esecutivo ha affrontato prima il rapimento del fotoreporter Gabriele Torsello e poi del giornalista Daniele Mastrogiacomo e hanno dato il via ad una serie di richieste di chiarimento da parte della Casa delle Libertà, anche se in serata Silvio Berlusconi ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche.
Il più duro è Roberto Calderoli, secondo il quale «dopo le dichiarazioni di Gino Strada e le parole di Karzai (che aveva parlato di pressioni da parte del Premier italiano, ndr) ce n’è abbastanza per mettere Prodi in stato d’accusa. Quindi noi chiediamo l’impeachment per Prodi e l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’intera vicenda Mastrogiacomo». «Alla luce di quanto sta emergendo intorno al rapimento e alla liberazione di Daniele Mastrogiacomo - ha aggiunto il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord - il minimo che si possa fare per avere chiarezza è l’istituzione immediata di una commissione parlamentare d’inchiesta che, in tempi rapidissimi, faccia luce su questa torbida vicenda di morti decapitati, di terroristi liberati e di faccendieri, in cui è sicuramente coinvolto il nostro Governo». «Come testimoniano sia il presidente afgano Karzai che Gino Strada - ha proseguito l’esponente leghista - il presidente del Consiglio, in prima persona, ha disposto una trattativa per la liberazione di pericolosi criminali, per cui il Governo ha trattato in maniera discriminatoria gli ostaggi salvando quello che per lui era di serie A, e politicamente vicino, lasciando invece al loro tragico destino quelli di serie B, finiti con la testa mozzata, ovvero l’autista prima e l’interprete poi, e per le operazioni di cui sopra ha utilizzato non gli strumenti istituzionali che aveva a disposizione, ma un’associazione e il relativo personale che, a detta dei servizi segreti afgani, svolge incarichi tutt’altro che umanitari».
Già oggi «la Lega presenterà una proposta di legge per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare sul caso Mastrogiacomo» ha annunciato il capogruppo della Lega Nord, Roberto Maroni, secondo cui «le parole di Gino Strada gettano altre ombre su questa tragica vicenda e rendono ancora più urgente e necessario un completo chiarimento che si può ottenere solo con una commissione di inchiesta che accerti le responsabilità». «Per accelerare l’iter della proposta di legge - rivela Maroni - chiederò un incontro urgente al presidente della Camera Fausto Bertinotti e ai capigruppo di maggioranza e opposizione».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Dalla Cdl arrivano, con toni anche duri, richieste di dimissioni e di chiarimenti in aula fino a quando scende in campo direttamente il leader azzurro che cerca di placare la vis polemica dei suoi: «La tragica vicenda di Adjmal non ci può lasciare indifferenti. Ma le giuste sollecitazioni al massimo impegno non dovrebbero mai trasmodare nella esasperazione della polemica sterile e senza costrutto tra maggioranza e opposizione - spiega Berlusconi -. Vorrei ricordare a tutti che le ragioni umanitarie, il prestigio e il buon nome dell’Italia vengono prima di ogni polemica politica e che perciò vicende come questa vanno trattate con senso di responsabilità e massima coesione. Confrontiamoci anche duramente ma in modo da non recare nocumento all’immagine internazionale dell’Italia».
Le parole del Cavaliere vengono accolte con sollievo da Romano Prodi che aveva definito una «follia» la richiesta di Calderoli, rifiutando di andare alle Camere dietro la pressione di «sporadiche richieste» . Secondo il Premier queste polemiche sono frutto di «illazioni assurde e strumentalizzazioni politiche», «le trattative per la liberazione degli ostaggi sono state condotte in modo corretto e in stretto accordo con il governo afghano». Scuse che non smuovono la Lega che, tramite i senatori Ettore Pirovano e Piergiorgio Stiffoni, accusa l’Esecutivo di praticare «la peggiore politica estera degli ultimi 60 anni».
IGOR IEZZI
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Nuove regole per tutti i guidatori europei e novità in arrivo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
A richiederlo è proprio l'Unione europea per migliorare le condizioni di sicurezza dei conducenti e garantire leale concorrenza tra le imprese di trasporto.
Il Regolamento europeo n. 561/2006 sui tempi di guida e di riposo, che entrerà in vigore l'11 aprile prossimo, è il piatto forte del processo di cambiamento, iniziato a gennaio 2007 con l'installazione sui nuovi veicoli del cronotachigrafo digitale. Delle novità sui turni dei professionisti e sull'uso del dispositivo di controllo parla diffusamente Tuttotrasporti.
Le nuove norme sui tempi di guida-risposo, si spiega, si applicano in generale ai trasporti merci su strada effettuati con autocarri di massa complessiva superiore alle 3,5 tonnellate e ai trasporti di persone su mezzi che, compreso il conducente, possono portare più di nove persone. E' tuttavia prevista una serie di deroghe che riguardano, ad esempio, i veicoli speciali adibiti al trasporto di denaro o valori.
Novità anche sul fronte delle incombenze legate all'uso del cronotachigrafo digitale. Con il supporto di tabelle ed esempi concreti sull'applicazione di tali normative e sulle sanzioni amministrative previste per le irregolarità riscontrate tramite strumenti di controllo.
AFFARI ITALIANI
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Scioperi. Al via una raffica di proteste. Tutte le date
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Finita la tregua per le vacanze di Pasqua, riprendono gli scioperi nei trasporti. Saranno interessati i collegamenti ferroviari e aerei.Venerdì 13 aprile toccherà ai ferrovieri e ai piloti di Meridina. Mercoledì 18 incrocerà le braccia il personale di terra dell'Alitalia e il 23 ancora voli a rischio per quattro ore di scioperi dei lavoratori dell'Enac, l'ente nazionale per l'aviazione civile.
VENERDI' - Venerdì è previsto uno sciopero nazionale di otto ore, dalle 9 alle 17, del personale ferroviario aderente a tutte le sigle sindacali. I sindacati hanno invitato i lavoratori a una partecipazione totale "per richiamare l'attenzione del governo - ha rilevato la Uiltrasporti - sui tagli ai servizi sociali che l'impresa si appresta a fare", sulla "mancanza di definizione del piano d'impresa e di regole per la liberalizzazione del trasporto ferroviario, sul mancato avvio del confronto per il rinnovo del contratto". Obiettivo dello sciopero, secondo la Cisl, è "una concreta e coerente azione di rilancio a tutto campo" delle Ferrovie. "I problemi - come hanno detto i rappresentanti dell'Ugl - si risolvono solo con un tavolo di concertazione tra governo, sindacati e azienda". Venerdì si fermeranno per 24 ore anche i piloti di Meridiana aderenti all'Anpac.
MERCOLEDI' 18 APRILE - Disagi anche nel traffico aereo. Il 18 aprile sono previste le prime 24 ore di sciopero delle 48 proclamate dai sindacati dei lavoratori di terra dell'Alitalia. Lo stop era stato indetto in un primo momento per venerdì, in concomitanza con il fermo dei ferrovieri, ma è stato fatto poi slittare a mercoledì 18. I dipendenti chiedono il rinnovo del contratto scaduto 4 anni anni fa. In particolare, i dipendenti vogliono il riallineamento salariale medio di 180 euro sulle retribuzioni sino a fine anno. La protesta potrebbe essere però revocata - spiegano i sindacalisti - "a condizione che l'azienda, all'incontro di mercoledì prossimo, si presenti con risposte concrete".
LUNEDI' 23 APRILE - Infine, lunedì 23 aprile, è previsto uno stop di quattro ore dei lavoratori dell'Enac aderenti alla Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl TA mentre il 3 maggio, si fermeranno per 4 ore i lavoratori del trasporto aereo di Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt e Ugl.
AFFARI ITALIANI
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Mastella: "Se ci sarà il referendum, si rischia la crisi di governo"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Mastella lancia anche un altro avvertimento: «Chi gioca al nostro interno, sappia che al gioco ci sarà una risposta molto dura»
«Lo dichiaro con molta obiettività. Se c’è il referendum, prima ci sarà la crisi». Lo dice a Napoli, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, rispondendo alle domande dei giornalisti, prima dell’inaugurazione del nuovo ingresso del palazzo di giustizia.
«Lo dico con chiarezza - ribadisce riferendosi alla riforma della legge elettorale - quando si andrà al referendum noi non ci saremo. Il rischio è la crisi di governo se c’è il referendum. Questo senza nessun timore di smentita». Mastella lancia anche un altro avvertimento: «chi gioca al nostro interno, sappia che al gioco ci sarà una risposta molto dura. Fare il ministro della giustizia mi soddisfa anche, però prima viene la logica del mio partito e la governabilità».
E aggiunge: «una volta garantita la governabilità, io credo che tutto il resto sia noia». «L’idea di alcuni, che siccome le cose non vanno, si metta in piedi un meccanismo referendario... rispetto a questa brutalità si risponde con uguale determinazione», conclude.
LA STAMPA
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Legge elettorale, il Professore: no a colpi di maggioranza
Prodi: «Così referendum inevitabile» Il premier: «Il comitato insiste».
Ma Guzzetta: «Non vogliamo imporre niente, ma i partiti si accordino».
ROMA — La settimana che si apre oggi sarà decisiva per capire se il tentativo di modificare le legge elettorale sarà coronato da successo, dopo la sollecitazione del Presidente Giorgio Napolitano «ad andare avanti spediti».
Domani il leghista Roberto Calderoli dovrebbe riunire i «nanetti» dei due schieramenti e presentare ufficialmente il progetto di legge che si richiama al Tatarellum in vigore per le Regionali.
Giovedì Romano Prodi e il ministro per le Riforme Vannino Chiti ultimeranno le consultazioni, incontrando Rosa nel pugno, Italia dei valori, Rifondazione comunista e Ulivo, e avranno così il quadro completo. Un quadro sul quale si addensa il referendum per il quale il 24 comincerà la raccolta delle firme. Ed è appunto il tema del referendum a provocare una nuova ondata polemica tra il presidente del Consiglio e il costituzionalista Giovanni Guzzetta che guida il comitato promotore. Il giorno di Pasqua Romano Prodi se ne esce con un'affermazione che suscita una reazione indispettita di Guzzetta. «Credo che i promotori del referendum — afferma il capo del governo — stiano lavorando perché diventi inevitabile, però lo vedremo nei prossimi giorni». A una prima lettura, queste parole possono ingenerare il sospetto che Prodi sia contro la consultazione, benché tra i promotori figuri tra gli altri il ministro Arturo Parisi che partecipa all'inner circle del Professore. Ed è appunto per evitare che un'interpretazione del genere si diffonda che Franco Monaco, un altro prodiano di strettissima osservanza, offre una chiave di lettura con l'intento di rassicurare i referendari e disinnescare una querelle che rischia di provocare contraccolpi nel campo del centrosinistra.
Monaco esorta tutti «a tenere i nervi saldi ed evitare polemiche fuori luogo». «Del porcellum — aggiunge — abbiamo detto giustamente tutto il male possibile. Dunque va cambiato radicalmente. Con tre obiettivi: restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti, ridurre la frammentazione, propiziare maggioranze certe che assicurino governi stabili». Ed ecco perché, guardando al mondo dei Guzzetta e dei Segni, Monaco rileva che «al momento non si intravedono soluzioni a questi problemi, se matureranno tanto meglio. Altrimenti il referendum diventa utile oltre che inevitabile. Ciascuno faccia la sua parte senza reciproci anatemi». La parola d'ordine, conclude Monaco, «è il dialogo tra le forze politiche e i promotori del referendum». Tuttavia nonostante questa messa a punto, Guzzetta obietta: «Le affermazioni di Prodi sono ingenerose. Non siamo in condizioni né vogliamo impedire alcunché al Parlamento. Aggiungo, se mi è consentito di parafrasare Esopo, che "superior stabat Parlamentum". E quindi saremo i primi a rallegrarci se le Camere riusciranno a varare una legge». Guzzetta, insomma, insiste nel sostenere che «a questo punto il problema è capire se c'è una convergenza su un testo perché delle due l'una: o c'è un accordo e allora sarebbe il caso che gli italiani lo potessero valutare, oppure, se non c'è, è del tutto inopportuno prendersela con i referendari».
Il momento, dunque, è cruciale. Nota Prodi: «Stiamo lavorando a questa riforma con difficoltà molto forti. È chiaro che i diversi partiti presen
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Irak. Donna kamikaze contro centro reclute polizia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Un attacco suicida contro un centro di reclutamento della polizia a Muqdadiya, a nord-est di Bagdad, ha ucciso almeno 14 persone e ne ha ferite una ventina. Lo ha detto la polizia irachena. Secondo fonti del ministero degli Interni, l'attentato è stato commesso da una donna, che si è fatta esplodere davanti ad un posto di polizia nella città a maggioranza sunnita. La polizia ha detto che i feriti sono 23, tra cui tre civili.
Martedì a Bagdad tre soldati americani sono morti per l'esplosione di una bomba. L'ordigno era stato piazzato ai lati della strada ed è saltato in aria al passaggio della pattuglia.
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L'uomo di pezza: Non vado in Parlmento
>>Da: er Drago
Messaggio 3 della discussione
PRODI: NON VADO IN PARLAMENTO
«Abbiamo chiesto a Karzai, cioè al legittimo responsabile della politica afghana di liberare i prigionieri -aggiunge Prodi- poi la vicenda è stata tecnicamente gestita in loco e il governo italiano ha solo potuto ringraziare per la liberazione di Mastrogiacomo». A chi gli chiede poi se intenderà, come chiede la Cdl, riferire in Parlamento sulla vicenda, Prodi replica che «non si risponde a richieste sporadiche che vengono fatte. Certamente noi siamo un libro aperto e vorrei che fosse altrettanto per tutti gli altri casi in cui ci si è trovati di fronte alla necessità di salvare una vita umana». Quanto alla proposta di impeachment, rilanciata dalla Lega, viene derubricata a «follia che per fortuna si sta un po' acquietando».
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 2 della discussione
Figuriamoci se l'avesse fatto. Lui non sa mai niente, lui.
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 3 della discussione
E' la risposta di chi teme il Parlamento. Se le parole dette le udissimo solo noi o Berlusconi il delinquente potrebbe dormire fra sei guanciali.
Purtroppo per lui si è attirato addosso l'attenzione di tutti i giornali del mondo.
I quali sapranno ben valutare sia la sua coda di paglia che l'inziativa di un partito come la Lega Nord.
Così come la Lega è stata in grado di salvare molte volte le chiappe del centrodestra quando il governo era messo in crisi da Fini e Casini, così ora non si farà certamente moderare da un affarista spregiudicato come Berlusconi, il quale pensa di sfruttare per interessi di Mediaset una autorevolezza che non è più quella di una volta.
Dall'estero ci chiedono di cambiare governo e all'interno nessuno sopporta più questi mascalzano, neppure quelli che li hanno votati.
La tigre è di carta e chi volesse aiutarla sparirà insieme a quella, rimettendoci in un giorno tutti i meriti che in precedenza aveva acquisito in anni.
Prodi ha i giorni contati se non addirittura le ore, e lui lo sa.
NO PIAZZA, NO LIBERTA'
grillo
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Addormentati per la tristezza.
>>Da: Nicomede1
Messaggio 1 della discussione
62. Addormentati per la tristezza. [Lc 22.45-46] [Mt 26.40-41] [Mc 14.37-38] “Poi, alzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò addormentati, a motivo della tristezza”.
Questo si legge nel Vangelo di Luca, quando Gesù nell’orto detto Getsèmani (1), tornando dall’aver pregato il Padre, trova i tre apostoli addormentati (2).
Se Luca avesse scritto “a motivo della stanchezza”, la cosa sarebbe risultata del tutto normale; ma che la tristezza faccia addormentare è cosa alquanto singolare e poco plausibile. Come si spiega allora tale inusitata espressione?
Proviamo a leggere il testo originale greco. Troviamo che Luca ha usato la parola “lùpes” (3), la quale significa anche tristezza, ma ancora: dispiacere, mestizia, sconforto, dolore, depressione ed altro; insomma evidenzia una condizione di abbattimento spirituale, che può essere prodotta da offese morali e/o fisiche.
Del resto, gli altri due Vangeli sinottici (4) si riferiscono a questo episodio rilevando semplicemente che i tre discepoli si sono addormentati, e lasciando intendere che siano stati vinti dalla stanchezza a causa dell’ora tarda. Ed in realtà il fisico di un uomo depresso non produce adrenalina (5) in quantità tale da tenerlo sveglio anche se stanco. Ed è cosa plausibile quindi che siano stati sopraffatti dalla stanchezza, aggravata da uno stato di depressione dovuto all’incertezza del momento. Nico [09.04. 2007] (1) Era un frantoio situato sul monte degli Ulivi.
(2) Si tratta di Pietro, Giacomo e Giovanni.
(3) Parola greca, qui espressa con la grafia italiana.
(4) Vengono chiamati sinottici i Vangeli di Matteo, Marco e Luca in quanto risultano strutturati in modo tale da renderli quasi sovrapponibili tra loro.
(5) Ormone prodotto dalle ghiandole surrenali che induce eccitamento del sistema nervoso simpatico, aumento della pressione arteriosa etc.
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Insieme per Proteggere Milano:Lavorate con noi!
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Mi è arivata ora.
Andrea
Alla Cortese Attenzione delle<o:p></o:p>
Associazioni, Comitati,<o:p></o:p>
Circoli, Federazioni, <o:p></o:p> Società, Club e Consulte<o:p></o:p> Cittadini<o:p></o:p> <o:p></o:p>A MEZZO MAIL<o:p></o:p> <o:p></o:p>Milano, 10 aprile 2007 <o:p></o:p> <o:p></o:p>
Cari Amici,<o:p></o:p>
Associazioni, Comitati, Circoli, Federazioni, Società, Club, Consulte, singoli cittadini che avete condiviso i valori di legalità e sicurezza, che siete scesi in strada, lo scorso 26 marzo, per chiedere più attenzione per Milano: a voi, come promotori della manifestazione per la sicurezza - grazie alla spinta di molti milanesi ora divenuta una rete di cittadini chiamata “Insieme per proteggere Milano” - torniamo a chiedere un decisivo contributo.<o:p></o:p>
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Abbiamo manifestato per dire “BASTA!”<o:p></o:p>
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Basta alla prostituzione.<o:p></o:p>
Basta allo spaccio di droga.<o:p></o:p>
Basta alla violenza sulle donne.<o:p></o:p>
Basta ai maltrattamenti dei bambini. <o:p></o:p>
Basta truffe agli anziani.<o:p></o:p>
Basta alle occupazioni abusive delle strade, delle case, dei palazzi.<o:p></o:p>
Basta alle rapine nei negozi e nelle botteghe.<o:p></o:p>
Basta alle sopraffazioni da parte di immigrati irregolari. <o:p></o:p>
Basta al degrado.<o:p></o:p>
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E abbiamo chiesto pene certe, norme più severe e strumenti idonei di programmazione economica e politica a tutti i livelli istituzionali.<o:p></o:p>
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Non lasciamo che la nostra voce si affievolisca: dobbiamo continuare a lavorare in modo propositivo. <o:p></o:p>
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La nostra mobilitazione ha già prodotto i primi risultati. Abbiamo ottenuto due precisi impegni da parte del Governo italiano entro fine maggio:<o:p></o:p>
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1) la definizione di un Patto Locale per la Sicurezza, supportato da risorse finanziare e organizzative adeguate;<o:p></o:p>
2) l’avvio di un gruppo di lavoro che dovrà portare innovazioni legislative e normative necessarie per contrastare illegalità e degrado.<o:p></o:p>
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Abbiamo accolto l’invito lanciato dal Sindaco Moratti la sera del 26 marzo. “Insieme per pr
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Provo a inserirla in altro modo:
Alla Cortese Attenzione delle
Associazioni, Comitati,
Circoli, Federazioni,
Società, Club e Consulte
Cittadini
A MEZZO MAIL
Milano, 10 aprile 2007
Cari Amici,
Associazioni, Comitati, Circoli, Federazioni, Società, Club, Consulte, singoli cittadini che avete condiviso i valori di legalità e sicurezza, che siete scesi in strada, lo scorso 26 marzo, per chiedere più attenzione per Milano: a voi, come promotori della manifestazione per la sicurezza - grazie alla spinta di molti milanesi ora divenuta una rete di cittadini chiamata “Insieme per proteggere Milano” - torniamo a chiedere un decisivo contributo.
Abbiamo manifestato per dire “BASTA!”
Basta alla prostituzione.
Basta allo spaccio di droga.
Basta alla violenza sulle donne.
Basta ai maltrattamenti dei bambini.
Basta truffe agli anziani.
Basta alle occupazioni abusive delle strade, delle case, dei palazzi.
Basta alle rapine nei negozi e nelle botteghe.
Basta alle sopraffazioni da parte di immigrati irregolari.
Basta al degrado.
E abbiamo chiesto pene certe, norme più severe e strumenti idonei di programmazione economica e politica a tutti i livelli istituzionali.
Non lasciamo che la nostra voce si affievolisca: dobbiamo continuare a lavorare in modo propositivo.
La nostra mobilitazione ha già prodotto i primi risultati. Abbiamo ottenuto due precisi impegni da parte del Governo italiano entro fine maggio:
1) la definizione di un Patto Locale per la Sicurezza, supportato da risorse finanziare e organizzative adeguate;
2) l’avvio di un gruppo di lavoro che dovrà portare innovazioni legislative e normative necessarie per contrastare illegalità e degrado.
Abbiamo accolto l’invito lanciato dal Sindaco Moratti la sera del 26 marzo. “Insieme per proteggere Milano” sta già lavorando con le categorie che rappresenta per raccogliere stimoli, contributi e suggerimenti per il Comune e il Governo Nazionale.
Rispetto a tutti questi temi chiediamo anche il vostro contributo. Inviateci le vostre proposte, scrivendo a in...@26marzo2007.com oppure contattando il nostro numero verde 800 91 34 29.
Comitato Promotore
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 3 della discussione
Grazie, sono andato a controllare la posta elettronica e ho trovato pari messaggio.
Al quale ho dato immediatamente una prima risposta, credo che faccia piacere agli organizzatori controllare il gradimento del pubblico.
Anche questa situazione dovrebbe suggerire di ripensare e rilanciare La Clessidra.
Non si può più stare fermi ad aspettare Godot!!!
NO PIAZZA, NO LIBERTA'
grillo
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La mappatura degli orchi.
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 2 della discussione
10 aprile 2007
Le mamme single potranno conoscere precedenti penali dei nuovi partner
Gb: sarà possibile sapere dove vivono pedofili
Presto in tre zone del Regno Unito chi vuole potrà sapere se nelle vicinanze abita una persona con precedenti per pedofilia
LONDRA (GRAN BRETAGNA) - Alla fine sembra aver vinto vinto lei, la mamma di Sarah Payne che più di ogni altra persona si è battuta affinché a ogni genitore in Gran Bretagna sia data la possibilità di sapere se in prossimità dei propri figli abitano pedofili.
Negli Usa si chiama la legge di Megan - dal caso di Megan Kanga, violentata e uccisa da un pedofilo nel New Jersey nel 1994. Nel Regno Unito è già stata battezzata la legge di Sarah, perché il caso della bimba bionda e sorridente, sottratta alla famiglia nel 2000 a soli otto anni mentre giocava con i fratelli in un campo dietro la casa dei nonni e poi uccisa, non è mai stato dimenticato. Nei prossimi mesi, in tre zone della Gran Bretagna, chi vuole potrà sapere dalla polizia se vicino a casa o nei pressi della scuola dei figli, così come dei parchi dove giocano, vivono persone incriminate di reati a sfondo sessuale contro minori e successivamente incluse nel registro nazionale dei pedofili. Le mamme single, inoltre, avranno il diritto di verificare i precedenti penali di nuovi partner.
Le autorità non rilasceranno nomi o indirizzi precisi, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti. Al termine di una revisione di un anno delle leggi sulla pedofilia i cui riscontri verranno ufficialmente resi noti il mese prossimo, il ministero degli Interni avrebbe deciso che come sistema quello americano non funziona e ha optato per una versione più misurata: dare a singoli individui la possibilità di sapere se e quanti pedofili abitano nella zona. D'altronde il datore di lavoro è già in grado di effettuare le stesse verifiche sulla fedina penale di nuovi dipendenti. Si tratta di un esperimento che verrà studiato attentamente perché, se avrà successo, potrebbe esteso al resto del paese. ''E' importante trovare il giusto equilibrio tra la necessità di proteggere la comunità dai pedofili e introdurre misure che sembrano dure ma in realtà spingono i pedofili alla clandestinità e aumentano i rischi per i bambini'', ha sottolineato il deputato laburista Martin Salter. Dan Norris, deputato di Wandsyke, nel Somerset, che sarà una delle tre zone pilota, ha precisato che ''i dettagli non sono ancora stati finalizzati'' e che verrà presa ogni precauzione affinché la legge di Sarah abbia l'effetto desiderato.
E' impossibile dimenticare, infatti, la campagna intrapresa dal News of the World e dal Sun, le due testate tabloid del gruppo Murdoch, subito dopo l'omicidio di Sarah Payne. I due giornali cominciarono a pubblicare in prima pagina fotografie e nomi di pedofili noti alle autorità, con il risultato che in alcuni punti del paese partì una vera e propria caccia al mostro, con tanto di gruppi di vigilantes in giro per le strade. Tra l'isterismo collettivo a Portsmouth venne imbrattata con scritte minatorie la porta dello studio di un pediatra. Un errore di lettura: i vigilantes credevano che sulla targa ci fosse scritto pedofilo. Per Marin Narey, l'amministratore delegato di Barnardo's, ente benefico per la protezione del minore, l'introduzione della ''legge di Sarah'' non è necessariamente il modo migliore per proteggere i bambini in quanto ''un pedofilo che si sottrae ai controlli e scappa è molto più
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Finisce il lungo sonno dei preti.
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 1 della discussione
Quando la Chiesa chiama, l’Italia scende in piazza
di Vera Capperucci e Daniele Federici
Siamo ormai al capolinea. Per quanti sforzi intellettuali, pensatori e teologi provino a compiere per spiegare l’evoluzione del rapporto tra politica e religione, scoprendo sempre nuovi tratti di atipicità nella storia del nostro paese, l’Italia resta un paese cattolico che, quando la Chiesa chiama, scende in piazza.
In una prospettiva storica si tratta di un esito quasi scontato nelle premesse. Se si limita l’analisi anche al solo pontificato wojtyliano non si può non constatare come la fine dell’unità politica dei cattolici abbia determinato due conseguenze strettamente correlate: da un lato la Chiesa stessa ha ripreso a scendere in campo in prima persona, intervenendo direttamente nelle questioni interne ed internazionali; dall’altro i movimenti laici, attraverso un’importante azione di formazione pastorale, sono riusciti ad arrivare anche dove la struttura ecclesiastica non era in grado.
La combinazione di questi due elementi, Chiesa che «scende dal pulpito» e crescita dei movimenti, ha impedito che venisse persa la dimensione di massa dell’essere cattolici. Mentre, cioè, nel più lungo periodo si sarebbe esaurita l’espressione politica di quella dimensione di massa, non si sarebbe persa quella identitaria. E il riferimento al dato identitario, valorizzato nella elezione al soglio pontificio di Benedetto XVI, rischia ora di rivelarsi, rispetto alla diversificazione politica, estremamente pericoloso. Esso, infatti, è in grado di mettere in crisi i presupposti sui quali una parte del mondo cattolico, della stessa classe politica cattolica, ha scelto la militanza nelle formazioni di centrosinistra: un compromesso di tipo «concordatario», in una pastorale che concede sempre meno al relativismo culturale e religioso, rende infatti più difficile riconoscere l’esistenza e la tutela di valori sui quali un cattolico non tratta, non cede. Non può farlo se crede nell’insegnamento del Vangelo.
Questo forse la sinistra non lo sa, o finge di non saperlo; la destra, soprattutto quella moderata lo sa, ma lo sanno soprattutto i cattolici e la Chiesa. E lo sanno al punto tale da decidere di utilizzare la piazza per difendere uno di questi valori, quello che costituisce la cellula primaria della formazione e della crescita di ciascun individuo: la famiglia. L’appuntamento, deciso dal Forum delle associazioni cattoliche il 26 marzo, è il 12 maggio a Roma, in piazza san Giovanni, non a caso località simbolo degli ormai celebri concerti del 1 maggio e delle ultime mobilitazioni contro la Finanziaria. Circa 100.000 persone, queste le cifre previste alla vigilia, parteciperanno al Family day, «manifestazione» - secondo Giovanni Giacobbe, presidente del Forum delle famiglie - «laica, di promozione della famiglia», lontana da intenti di spettacolarizzazione, ma finalizzata a chiedere a pretendere politiche che siano concretamente a sostegno delle famiglie. La decisione è arrivata a conclusione di un confronto piuttosto lungo che nelle ultime settimane ha visto le diverse anime dell’associazionismo cattolico confrontarsi sul significato che la mobilitazione avrebbe dovuto assumere tanto nei confronti del mondo politico, quanto nei confronti della Chiesa stessa. In un primo momento, infatti, la manifestazione, concepita come momento di protesta per il ddl del governo sui Dico, avrebbe dovuto svolgersi il 15 marzo sul modello della mobilitazione promo
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Emergency lascia Kabul
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
I 38 operatori dello staff internazionale trasferiti a Dubai. Accuse a Karzai: "Fa di tutto per farci andar via".
Tutti gli operatori stranieri di Emergency in Afghanistan, italiani compresi, hanno lasciato questa mattina il Paese. Su un volo dell'Onu si sono imbarcati 30 italiani e 8 persone di varie nazionalità, diretti a Dubai: restano negli ospedali solo dipendenti e volontari afghani. La decisione è stata presa per protesta dopo la cattura da parte dei servizi segreti afghani di Rahmatullah Hanefi, capo del personale dell'associazione di Gino Strada, mediatore per la liberazione del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, accusato dai servizi di essere legato ai talebani.
Motivi di sicurezza Il vicepresidente di Emergency Carlo Garbagnati ha spiegato che lo staff internazionale è "stato trasferito temporaneamente a Dubai, in attesa di nuove decisioni da parte del direttivo" dell'associazione umanitaria fondata da Gino Strada. Il motivo del trasferimento, ha ribadito Garbagnati, è la mancanza di "condizioni di sicurezza" e "l'assenza di una significativa reazione e azione del governo", come era stato chiesto nei giorni scorsi. Il vicepresidente ha poi precisato che gli ospedali di Emergency in Afghanistan comunque funzionano con personale locale, anche se "con qualche limitazione".
"Karzai fa di tutto per farci andar via" Il governo afgano «sta ricorrendo a ogni mezzo» perché Emergency lasci il Paese. Ed è nelle «vergognose affermazioni» del responsabile dei servizi di sicurezza afgani, che «ha definito Emergency una organizzazione che fiancheggia i terroristi» la motivazione del «ritiro temporaneo» dello staff internazionale. Lo afferma Emergency in un "messaggio al popolo afgano", diffuso anche in inglese e nelle lingue locali. «Se in futuro le strutture di Emergency non saranno più in grado di fornire gli stessi servizi, sappiano i cittadini afgani - prosegue il messaggio - che la responsabilità è interamente del loro governo che ha gettato accuse infamanti sulla nostra organizzazione, mettendo a rischio la sicurezza dei nostri pazienti, del nostro staff afgano e internazionale».
Gino Strada: "Nulla da dire" "Non ho nulla da dire, sono impegnato". Gino Strada non dice altro, ma è evidente dal tono della voce che la decisione di trasferire il personale internazionale di Emergency a Dubai non è stata presa a cuor leggero. Tanto che, secondo quanto si apprende, lo stesso Strada sarebbe in partenza per Dubai per incontrare i suoi uomini e prendere con loro le decisioni future. Il suo pensiero comunque è chiaro, e lo ha ribadito anche oggi a Peacereporter, l'agenzia telematica, "voce" di Emergency: "Quando il governo del paese in cui lavori si pone come nemico, non ci sono le condizioni di sicurezza". La decisione di lasciare temporaneamente l'Afghanistan era stata attentamente valutata nei giorni scorsi ma solo ieri sera tardi presa definitivamente. Lo stesso aereo dell'Onu, con cui il personale ha raggiunto Dubai, e stato prenotato ieri sera a Kabul. Si è voluto però aspettare fino all'ultimo un segnale da parte del governo italiano. Ma quando è stato chiaro che il segnale non sarebbe arrivato si e deciso di andar via.
Indagini dei Ros per identificare i rapitori Attraverso il video diffuso ieri sera dal Tg1, girato dai talebani il 16 marzo scorso, gli investigatori del Ros di carabinieri potrebbero identificare i rapitori di Daniele Mastrogiacomo. I pm dell'antiterrorismo della procura c
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Bertinotti "convoca" Prodi: la verità in Parlamento
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Il presidente della Camera: "Giovedì esecutivo in aula. Sui sequestri apprezzai la linea di Berlusconi". Dopo aver detto "non ho nulla da dire", il premier costretto a chiarire i misteri afghani.
Il governo riferirà in Parlamento sulla gestione del sequestro Mastrogiacomo. Sul finire di un’altra giornata di polemiche tra maggioranza e opposizione, con il centrodestra a invocare da più parti un «chiarimento parlamentare», è Fausto Bertinotti a chiudere in qualche modo la querelle. Perché, spiega il presidente della Camera rimandando comunque ogni decisione ufficiale alla capigruppo di oggi, «c’è una richiesta generalizzata dell’opposizione» di cui «si dovrà tenere conto». Eppoi, prima ancora di questo, «penso che le aule parlamentari abbiano sempre da guadagnare dalla massima trasparenza». Insomma, dice Bertinotti durante la presentazione del suo libro La città degli uomini, «penso che ci orienteremo a favore di un dibattito con la presenza del governo in Aula» in tempi brevi, «forse già giovedì». Una discussione, auspica, di «grande compostezza». Anche perché, aggiunge il leader del Prc, «la questione della liberazione degli ostaggi è uno dei pochi casi in cui voglio vedere la continuità dell’azione di governo». «Quando ero un leader dell’opposizione - conclude - ho apprezzato come il governo Berlusconi si è rapportato a questi casi. Allo stesso modo mi sono sentito rappresentato dall’esecutivo Prodi in questo sequestro».
E proprio un dibattito parlamentare aveva chiesto fin dalle prime ore della mattina l’opposizione. Con Forza Italia a sottolineare la «necessità» che il ministro degli Esteri Massimo D’Alema riferisse «al più presto» in Aula. In una nota congiunta, Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto dicono di giudicare «inadeguata alla delicatezza della materia» una commissione parlamentare d’inchiesta, ma non rinunciano a criticare il governo per «una scelta di principio che presenta aspetti da chiarire». Secondo coordinatore e vicecoordinatore azzurri, il punto è soprattutto uno: lo «scambio tra Mastrogiacomo e i capi talebani», perché «lo Stato italiano a partire dal rapimento di Aldo Moro e dopo un dibattito drammatico che divise l’Italia» ha sempre «seguito il principio di non eseguire scambi fra rapito e prigionieri facenti parte di gruppi terroristi». Insomma, si è «totalmente modificato la teoria e la prassi seguite fin qui da tutti i governi». E di questo il governo «deve darne conto» al Parlamento. Per l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu l’esecutivo «deve chiarire almeno tre circostanze gravissime e senza precedenti». Che sono «l’affidamento a trattativa privata della liberazione di Mastrogiacomo, lo scambio dell’ostaggio con terroristi e la sovraesposizione del governo amico dell’Afghanistan e in particolare del presidente Karzai». Ragioni per le quali il capogruppo di Forza Italia al Senato Renato Schifani ha inviato una lettera a Franco Marini chiedendo la convocazione della capigruppo anche di Palazzo Madama per «concordare e calendarizzare» una seduta «destinata al dibattito parlamentare sulla vicenda Mastrogiacomo alla presenza del ministro degli Esteri». Identica al richiesta di An, con il presidente dei senatori Altero Matteoli che chiede «chiarimenti» all’esecutivo per «aver nominato Gino Strada ministro degli Esteri ad acta per la gestione del rapimento» e «aver accantonato la nostra intelligence». Scelte, dice Maurizio Gasparri, di un «dilettantismo senza pari» sulla quale, gli fa eco il capogruppo
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Caso Mastrogiacomo, al Tg1 l’esecuzione dell’autista afghano
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
I tre ostaggi sono accucciati, con le mani legate dietro la schiena e una benda rossa sugli occhi. Daniele Mastrogiacomo, l’inviato di Repubblica rapito nella provincia di Helmand si trova a fianco del suo interprete, Adjmal Naqshbandi, ancora vivo. Meno di due metri più in là, in una tunica bianca, si vede Sayed Agha, l’autista del giornalista di Repubblica, che fra pochi secondi verrà decapitato. Alle spalle un nugolo di talebani mascherati e armati di kalashnikov, che puntano alla nuca del giornalista italiano. Il video è stato ripreso, venerdì 16 marzo e mandato in onda ieri sera al Tg1 della venti. Per scelta del direttore del telegiornale Rai Gianni Riotta, d’accordo con azienda e redazione, non è stata mostrata la barbara scena del taglio della testa. Però si vede bene il boia, il suo coltellaccio ed il povero Sayed Agha ribaltato nella polvere per la mattanza. «Vogliamo che l’opinione pubblica rifletta su come si vive in Afghanistan», ha spiegato Riotta.
I circa quattro minuti di video, girato dai talebani, iniziano con dei tagliagole sorridenti ed armati fino ai denti che salgono su un pick up, i fuoristrada scoperti, mezzo di trasporto preferito dei seguaci di mullah Omar. Una colonna dei talebani si sta muovendo in mezzo al deserto e molti non si preoccupano di mascherarsi e quindi di venire un domani riconosciuti. Alcuni ridono avvolti nei pathoo, le tipiche coperte afghane che servono per coprirsi, ma pure da asciugamano e tovaglia. Uno dei fuoristrada ha i finestrini oscurati e probabilmente trasporta gli ostaggi. La meta della colonna talebana è un misero villaggio della provincia di Helmand con le case basse e le mura di cinta costruite in terra e paglia.
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Ferrero: pronti a cancellare la Bossi-Fini
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Il ministro della Solidarietà sociale annuncia il provvedimento in Consiglio dei ministri venerdi. Nei Cpt solo i clandestini che non si fanno identificare. In dieci anni sono arrivati in Italia due milioni di stranieri. Le perplessità della Ue, Frattini: "L'immigrato che si sponsorizza da solo non dà garanzie"
La sinistra è pronta a smontare un altro pilastro delle riforme attuate dal governo Berlusconi: la Bossi-Fini. La legge, che ha posto un freno all'immigrazione incontrollata, dettando per la prima volta regole certe sugli ingressi, sta per essere cancellata. «Spero che venerdì in Cdm arrivi il testo del disegno di legge sull'immigrazione» ovvero la riforma della Bossi-Fini. A dirlo è il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero intervistato questa mattina su Raiutile. «Siamo in fase di limatura del testo - ha spiegato il ministro - e credo che al massimo la prossima settimana sarà pronto». Insomma, per Ferrero «al novanta per cento lo presenteremo venerdì in Cdm, ma c'è un 10% di possibilità che slitti alla prossima settimana». Per quanto riguarda i contenuti del disegno di legge Ferrero ha spiegato che, rispetto alle anticipazioni uscite su alcuni organi di stampa, «non ci saranno stravolgimenti». Ormai, ha detto il ministro, «l'accordo è stato trovato» e ha come perno il ruolo dei Cpt. «Lì - ha detto il ministro - devono andare solo gli immigrati che si rifiutano di farsi identificare. Gli altri andranno nei centri di identificazione. Quando si governa - ha aggiunto Ferrero - si ha il dovere di fare la battaglia politica, ma poi anche di trovare l'accordo». Se l'accordo all'interno del Governo c'è, bisogna vedere se terrà anche in Parlamento. «Mi pare - ha risposto su questo il ministro - che il punto di forza del disegno di legge sia il fatto che nasce dopo un lungo periodo di ascolto della società civile. Dalla Caritas a Confindustria, passando per gli enti locali e per i sindacati, tutti ci hanno detto cose simili fra loro. Il disegno di legge traduce in norme quanto ci è stato chiesto da chi si occupa di questi settori». Per questo il ministro ha risposto «sì» quando gli è stato chiesto se ci sarà la possibilità di convergenze bipartisan. «Penso a parti del mondo cattolico, all'Udc, ad alcuni elementi di An. Insomma - ha concluso Ferrero - spero si possa fare un discorso di merito».
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Casini al congresso per stravincere ma rischia il posto al voto di maggio
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Sotto il vessillo di forza trionfante, sicura di sé e della propria linea, sola contro tutti a presidiare il centro, si nasconde in realtà un partito insicuro, logorato da una lunga marcia ancora senza sbocchi, che non può tornare indietro ed è costretto a raddoppiar la scommessa. Venerdì alla Nuova Fiera di Roma, nell’Udc a congresso sino a domenica, non ci saranno colpi di scena, né regolamento di conti e tanto meno scissioni. È vero, Carlo Giovanardi si presenta come candidato alternativo alla segreteria, e la sua mozione raccoglierà i voti dei dissidenti decisi a venire allo scoperto. Ma resteranno ugualmente minoranza - Giovanardi spera di raccogliere il 10% - e Lorenzo Cesa sarà massicciamente confermato segretario. Così come sarà confermata la linea della via solitaria - né con Prodi né con Berlusconi - perché la scommessa fatta quando erano ancora al governo è di quelle totalizzanti, come per i giocatori che puntano sul numero ritardatario e son costretti ogni volta ad alzare la posta. Ma è questo che ha fatto l’Udc: cercare un centrodestra senza Berlusconi. E poiché il Cavaliere gode ottima salute, non ha la minima intenzione di darsi al giardinaggio e va bene come leader a tutti gli altri alleati, l’alternativa a Canossa è il tiremm innanz dell’eroico Amatore Sciesa.
Ma questo è quanto persegue Pier Ferdinando Casini, padre-padrone dell’Udc che nemmeno Giovanardi è disposto ad abbandonare finché non lo veda trasmigrare con armi e bagagli nell’Unione. Paradossalmente, Casini appare arroccato su una linea che da presidente della Camera aveva affidato a Marco Follini - «la mente e il braccio» li chiamavano - che perse la segreteria per «rigidità» e «soverchia intransigenza» nel perseguire il parricidio di Berlusconi mentre la Cdl governava. Ora son tutti all’opposizione, Casini impone a Cesa la linea di Follini, il quale però è passato al centrosinistra. Nessuno al congresso rimprovererà ovviamente a Casini alcunché, sul passato prossimo e sul presente. Altrettanto fuori dalla realtà, sarebbe aspettarsi che Totò Cuffaro, governatore della Sicilia e gran collettore di voti per l’Udc, rinunci alla carica di vicesegretario e vada alla tribuna per sparare a zero sulla linea Casini-Cesa. A Cuffaro non piace ovviamente, fa il governatore sinché dura la benedizione di Berlusconi, dunque sta zitto purché Casini non irrompa sul paniere siciliano. Insomma, al congresso tuoneranno Giovanardi, Emerenzio Barbieri e pochi altri, non la gran massa degli scontenti.
Sarà un congresso tranquillo e sorridente. Vi domandate perché le tensioni e i timori non esplodano? Perché questo è un partito postdemocristiano, pronto a osannare Casini se domani Berlusconi si chiudesse in convento, ma altrettanto pronto a mangiarselo vivo se li portasse alla bancarotta. Il redde rationem è soltanto rinviato, i conti nell’Udc non si fanno alla Nuova Fiera di Roma ma sui risultati delle prossime amministrative. Potrebbe essere lì, la bancarotta di Casini e Cesa. Perché l’Udc è un partito che vive di assessori e consiglieri, «sta nel territorio» come suol dirsi. E perdere il sindaco di Verona, veder dimezzato il numero degli eletti negli enti locali, sarebbe insopportabile. Tanto da rinunciare al numero ritardatario e anche al padre-padrone.
Gianni Pennacchi
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Pensioni. Cisl preoccupata: riforma già in ritardo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il segretario generale aggiunto Baretta: "Il governo non vuole affrontare il tema prima del voto"
Roma - La festa per il contratto degli statali è già finita. E dopo avere incassato l’aumento, i sindacati cominciano a temere per le sorti della concertazione, in particolare per il tavolo sulle pensioni. A preoccupare è il sempre più probabile rinvio delle scelte che - sostiene il segretario generale aggiunto della Cisl Pier Paolo Baretta - non può che essere spiegato alla luce della prossima scadenza elettorale.
Non è presto per preoccuparsi?
«Io vedo due problemi. Innanzitutto la discussione è stata avviata senza le risorse. E continuiamo a discutere senza avere chiaro questo aspetto, come è già successo al tavolo per gli ammortizzatori e a quello per il Sud. E la situazione sta diventando sempre più pesante. Perché la discussione, a queste condizioni, rischia di essere truccata».
Il governo è orientato a rinviare il confronto sulle pensioni. E a fare concessioni su altri capitoli, come quello degli ammortizzatori sociali. Non c’è il vostro consenso?
«Nessun problema se si parte dagli ammortizzatori. Però il governo continua a non rendere esplicita la propria opinione sui temi più delicati della previdenza, cioè lo scalone e i coefficienti, sui quali la nostra posizione è chiara».
E se Prodi stesse aspettando il Dpef e la finanziaria per scoprire le carte?
«Deve essere chiaro che sulle pensioni non si deve fare cassa. E su questo abbiamo registrato le rassicurazioni del premier e del ministro del Lavoro Damiano. Ma se continuano questi ritardi arriveremo a ridosso della manovra. Perché ora ci sono le elezioni amministrative e tutto fa pensare che il governo non voglia affrontare il tema delle pensioni prima del voto».
Temete una nuova offensiva dei «rigoristi», in particolare del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa?
«Più che temere vedo e constato. Ad esempio osservo la fatica fatta per arrivare ad una positiva conclusione del contratto del pubblico impiego. Fino a poco prima non c’era disponibilità di risorse e poi il ministro dell’Economia ha assicurato che non ci saranno ricadute sul bilancio pubblico. Capiremo in futuro come. Per noi resta inaccettabile non rendere disponibili delle risorse che sono state accumulate».
Intende dire altre risorse oltre ai circa 2,5 miliardi del «tesoretto»?
«Le risorse non sono poche. Il tesoretto si aggira sui 10 miliardi, 2-3 per il sociale. Ma vorrei ricordare che con l’aumento dei contributi contenuto nella finanziaria abbiamo assicurato entrate strutturali per 4 miliardi di euro circa. In più il governo aveva calcolato sei miliardi dal Tfr da destinare alle infrastrutture».
Tornando alle pensioni, la Cisl rimane disponibile a sostituire lo «scalone» con un aumento graduale dell’età pensionabile?
«In generale l’aumento dell’età non è un tabù, ma ritoccare i coefficienti per noi rimane un errore perché significherebbe scaricare sulle giovani generazioni i limiti delle riforme attuali. Inoltre i coefficienti producono qualche effetto dal 2015-2020 in avanti. Quindi abbiamo tutto il tempo per una discussione seria».
Antonio Signorini
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Parentopoli, quegli atenei a conduzione familiare
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Alla Sapienza di Roma il rettore Renato Guarini lavora insieme con le due figlie
Se al Sud Italia la famiglia conta molto, forse a Bari conta più che altrove. E se poi si va a curiosare dentro all’Università... be' bisogna ammettere che le preoccupazioni dei vescovi non hanno proprio motivo di esistere. Qui, nel secondo ateneo più grande del Mezzogiorno, dopo quello di Napoli, la famiglia conta, eccome. E soprattutto sa contare, con una spiccata predilezione per le moltiplicazioni: delle cattedre. Dando così anima, ma soprattutto corpo, a una Parentopoli accademica che non ha forse uguali in Italia e che fino a qualche anno fa era rimasta indenne, sotto il vestito buono di concorsi, fatti apparentemente a norma di legge. Ma una legge probabilmente sbagliata, tra i cui paletti è facile fare slalom: organizzando combine, scambiandosi favori, aprendo spazi davanti ai propri ascari e chiudendoli invece per ostacolare gli altri, quelli senza pedigree, magari facendo arrivare loro anche proposte dissuasive. Quelle, come diceva don Vito Corleone, «che non si possono rifiutare».
Il risultato è una mappa dell’insegnamento che soprattutto in certe facoltà baresi sembra essere diventata, nel corso degli anni, proprietà privata di pochi casati i cui esponenti occupano interi corridoi, se non piani. Come a Economia e commercio, dove regnano i Girone, i Dell’Atti, i Tatarano, ma soprattutto i Massari. A portare il cognome Girone, oltre al capofamiglia Giovanni, ex rettore per due mandati (in tutto sei anni), sono i suoi tre figli Francesco, Gianluca e Raffaella, a cui si aggiungono però anche la moglie Giulia Sallustio e il genero Francesco Campobasso. Stessa facoltà, altra famiglia, con Angelo, Antonio, Gabriele e Vittorio Dell’Atti. Anche se il record indiscusso è sempre quello dei Massari, quasi una squadra di calcio che schiera (in piedi) Fabrizio, Antonella e Manuela, oltre a Giansiro, Gilberto e Lanfranco (accosciati). Numeri da far impallidire i Tatarano, che si limitano al professor Giovanni e ai figli Marco e Maria Chiara.
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La Sicilia verso le urne mette in scena prove di inciucio tra Ulivo e centristi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Cdl compatta a Palermo ma in molte altre città sinistra e Udc hanno lo stesso candidato
Raggiungono la parità Orlando e Cammarata, i due candidati sindaco a Palermo, almeno per quanto riguarda il numero delle liste cosidette «apparentate». Sono 14 quelle che sostengono il candidato della Cdl, Diego Cammarata, e altrettante quelle del centrosinistra che appoggiano Leoluca Orlando.
Altre tre, nate negli ultimi giorni, sostengono altri due sindaci. Si tratta di due liste - Italia di Mezzo e Salviamo Palermo - create dai folliniani locali che candidano Andrea Piraino, attuale direttore dell’Associazione Comuni d’Italia, e della lista storica dei separatisti «Movimento politico dei siciliani» che puntano su Massimo Costa. Il quadro non è ancora definitivo perché c’è tempo sino a domani, un mese prima del giorno delle elezioni, che in Sicilia si svolgono 15 giorni prima delle nazionali. Il 12 e il 13 in Sicilia, il 26 e 27 nel resto d’Italia. La scheda elettorale sarà lunga almeno un metro ed elencherà 1600 candidati. Ma le elezioni siciliane saranno un test non solo perché avvengono prima delle nazionali, ma perché serviranno a fare una radiografia dei rapporti dentro il centrodestra, tra Udc e Cdl. E serviranno a verificare se e di quale portata è «l’inciucio» che in alcuni comuni tra i più importanti è alle viste tra Udc e sinistra. Salvo Palermo, infatti, dove lo schieramento sembra compatto, e Cuffaro si è dato da fare in ogni modo per sostenere la candidatura dell’azzurro Cammarata, appoggiato anche dall’Mpa di Raffaele Lombardo (che schiera ben 4 liste di sostegno al sindaco uscente), alcuni comuni importanti stanno ad evidenziare che non tutto va per il suo verso.
A Barcellona, collegio elettorale del senatore di An Domenico Nania, i candidati a sindaco sono tre: Candeloro Nania (cugino del parlamentare), sostenuto da Mpa, An e Fi. Carmelo Saia, uno dei due candidati della sinistra, che conta sui voti di Margherita, Udeur, Idv, Sdi e Udc. Infine è in corsa anche Renato Saia, candidato di Ds, Rifondazione e Verdi.
Anche a Lipari, isola che fronteggia Barcellona, ed è caposaldo elettorale del deputato udc Gianpiero D’Alia, il sindaco uscente, Mariano Bruno, è sostenuto soltanto da Fi. L’Udc schiera un suo candidato, Marco Giorgianni, sostenuto da Udeur, Sdi e Idv, mentre l’Ulivo presenta Riccardo Gullo, ex-sindaco di Salina.
A Cefalù, dove il sindaco uscente dopo due legislature è l’azzurra Simona Vicari, Fi candida da sola un suo sindaco, come pure la Margherita, mentre l’alleanza Udc-Ds è esplicita attorno al nome di Giuseppe Guercio. La rottura tra l’Udc da una parte, Fi e An dall’altra è nei fatti quasi in ogni comune dove si andrà alle urne e in alcuni diventa addiritture alleanza tra Udc e Ds. E già nel centrodestra si avvertono le prime avvisaglie di un possibile strappo: «Non è detto che la presidenza della Regione debba sempre essere di Cuffaro», ha dichiarato giorni fa Giuseppe Castiglione, eurodeputato e vicecoordinatore regionale di Fi.
Marianna Bartoccelli
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Fassino scopre gli italiani morti nei gulag
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il segretario Ds annuncia un viaggio a San Pietroburgo per ricordare i connazionali vittime delle purghe di Stalin. L’ennesimo ripensamento tardivo. Su foibe e Resistenza gli strappi di Violante e D’Alema: «Sul comunismo ha ragione il Papa»
Fare i conti con la storia, dice Piero Fassino. È un conto che dura da anni quello dei diessini con la loro storia, con l’ombra del Pci in cui sono cresciuti tutti gli attuali leader della Quercia. Un tragitto faticoso, lacerante che parte dalla Bolognina dell’89, la svolta da cui nacque la prima figurazione politica del post-comunismo, e si allunga verso l’orizzonte incerto del partito democratico. Ed è parlando di questa nuova tappa nel percorso di affrancamento dall’eredità comunista che Fassino è tornato a fare quel conto, annunciando un ennesimo viaggio simbolico: «I conti con la storia vanno fatti sempre con coerenza - ha detto il segretario dei Ds ospite del forum di Repubblica.it -. Noi li abbiamo fatti e proprio per questo a fine giugno sarò a San Pietroburgo per rendere omaggio agli italiani vittime dei gulag staliniani». Furono migliaia gli italiani vittime del Terrore staliniano che finirono fucilati o internati nei Gulag. Sulla loro storia, anche dopo il ’56, calò il silenzio in Italia, complice il Pci. Ma se il viaggio di Fassino non avrà la violenza di uno strappo, sarà almeno una sosta di un percorso che lentamente e tardivamente cerca di arrivare al termine. E che ha visto in passato lo stesso Fassino regista del revisionismo interno al partito. Nel 2003 fu attaccato duramente dal Manifesto, lui e il vignettista Staino, per aver mosso contro un altro mito del passato, la Cuba di Castro. Anche allora, sostenendo alla Camera il voto dei Ds sulla mozione contro le «inammissibili» condanne agli oppositori del regime castrista, Fassino usò quell’espressione, «fare i conti». «Perché Cuba ha rappresentato per un certo periodo una speranza - spiegò Fassino in Aula -, è stata un punto di riferimento in un’America latina caratterizzata da colossali ingiustizie». Ma, concluse, «essa ha rappresentato una speranza che presto si è rivelata vana. Noi vogliamo che a Cuba ci sia democrazia e libertà».
Niente però al confronto di D’Alema che, da premier nel 1998, si convertì per davvero: «Sul comunismo aveva ragione il Papa, l’ideologia crea vuoto spirituale». E nemmeno di Walter Veltroni, che a Trieste nel febbraio 2005, primo leader della della sinistra in visita nei luoghi delle foibe e degli eccidi titini, si abbandonò ad un giudizio ancora impensabile per un ex deputato del Pci: «Il comunismo ha prodotto un immenso dolore», disse. «Il comunismo reale era odioso e nemico, i leader sovietici mi facevano pena» spiegò allora Veltroni, con qualche decennio di ritardo sulla storia.
Il 10 dello stesso mese, che da allora sarebbe diventato il «Giorno del ricordo», anche Fassino prese la gomma per cancellare capitoli interi di ortodossia comunista: «Le foibe - disse - sono una pagina dolorosa della storia italiana, troppo a lungo negata e colpevolmente rimossa». Anche una altro membro del Politburo diessino, Luciano Violante, ebbe a riconoscere che «il Pci ha gravi responsabilità» sulla tragedia dei profughi istriani. Ed era stato sempre Violante, dieci anni prima, a toccare un altro nervo scoperto squadernando per primo l’agiografia della Resistenza divisa, incrollabilmente, in buoni e cattivi. Quando da presidente della Camera disse che i «vinti di Salò andavano capiti», distingue
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Ciad e Sudan sull’orlo della guerra
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Tornano a farsi incandescenti i rapporti tra Sudan e Ciad, due Paesi da anni in bilico tra pace e guerra che, all’indomani degli scontri avvenuti in una zona di confine, sono tornati a scambiarsi roventi accuse e minacce
Khartum - Tornano a farsi incandescenti i rapporti tra Sudan e Ciad, due Paesi africani da anni in bilico tra pace e guerra che, all’indomani degli scontri avvenuti in una zona di confine, sono tornati a scambiarsi roventi accuse e minacce.
Un portavoce militare che ha chiesto di restare anonimo ha detto che il governo di Khartum è pronto a rispondere a quella che ha definito un’aggressione armata, in cui almeno 17 soldati sudanesi sono rimasti uccisi. «Prenderemo in esame ogni opzione, politica, diplomatica e militare», ha affermato.
Le autorità di N’Djamena hanno ammesso che reparti del suo esercito sono entrati nella regione sudanese del Darfur, ma solo per inseguire un gruppo di ribelli che, dopo una serie di razzie in Ciad, hanno riguadagnato le loro basi in Sudan.
Il ministro per le Comunicazioni, Moussa Doumgor, ha inoltre accusato le forze sudanesi di essere intervenute a protezione delle retroguardie dei ribelli del Cnt (Concordia nazionale del Ciad).
Khartum sostiene invece di avere respinto un attacco nella zona di Khour Baranga, nel Darfur occidentale. Negli scontri, secondo un portavoce, ci sarebbero state «ingenti perdite» tra i civili. L’incidente aggrava ulteriormente i pessimi rapporti tra i due Paesi. Non solo rimette in discussione gli accordi per la pacificazione della frontiera comune raggiunti con la mediazione di Libia e Eritrea, ma aggiunge un ulteriore elemento destabilizzante alla già grave crisi del Darfur.
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Usa: ok alla Corea del Nord per vendere armi all’Etiopia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La deroga al regime comunista dell’Asse del Male ha consentito alle forze etiopiche di sconfiggere i fondamentalisti in Somalia
Per alcuni giorni del gennaio scorso le milizie integraliste somale ispirate da Al Qaida sono state sotto il tiro contemporaneo di armi americane e nord-coreane. Una combinazione che non solo non ha precedenti in assoluto, ma che rappresenta una contraddizione con i rapporti ufficiali fra i due Paesi, ufficialmente tesissimi. Il regime di Pyongyang è parte integrante dell’Asse del Male delineato in un famoso discorso di Bush subito dopo l’attacco terroristico contro le Torri Gemelle di Manhattan ed è da allora sottoposto a un embargo molto stretto, che evidentemente include gli armamenti che costituiscono fra l’altro pressoché l’unico articolo di esportazione nord-coreano.
Per oltre cinque anni il Paese asiatico ha capeggiato assieme all’Iran la lista delle nazioni rette da dittature che Washington intende abbattere, e lo proclama. A diverse riprese si è parlato di una possibile azione militare Usa nella forma di bombardamenti aerei sugli impianti nucleari in cui Pyongyang lavorava, o lavora, per dotarsi dell’arma atomica. Solo nelle ultime settimane si è delineata, anche se sottovoce, una qualche forma di distensione fra Corea del Nord e Stati Uniti, avversata peraltro da alcuni fra i più autorevoli strateghi «neoconservatori», a cominciare da John Bolton, vicesegretario di Stato e poi ambasciatore all’Onu.
E inconciliabili apparivano il progetto americano di «cambio di regime» e l’ambizione nord-coreana di trattative bilaterali (Washington e Pyongyang non hanno mai avuto rapporti diplomatici e truppe americane si trovano da oltre cinquant’anni nella Corea del Sud) che dovrebbero culminare nella stipulazione di un trattato di «non aggressione», che comporterebbe il riconoscimento e la rinuncia di Washington, appunto, al cambio di regime.
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Teheran: «Pronti a installare 50.000 centrifughe a Natanz»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Ma Mosca tenta di frenare l’escalation nucleare ed esorta tutti a «evitare reazioni basate sull’emotività»
L’Iran continua a premere sull’acceleratore per il suo programma nucleare. Dopo l’annuncio che l’attività di arricchimento dell’uranio è ormai «su scala industriale», il responsabile del programma atomico di Teheran, Gholam Reza Aghazadeh, ha fatto sapere che ora l’obiettivo è installare 50mila centrifughe nella centrale di Natanz. Un numero ben superiore alle 3mila di cui si è parlato finora, e che peraltro già potrebbero consentire alla Repubblica islamica di dotarsi dell’atomica entro un anno.
Il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha avvertito che in nessuna circostanza Teheran accetterà di sospendere il suo programma nucleare, e ha esortato le potenze mondiali ad accettare «la nuova realtà» dell’arricchimento dell’uranio su scala industriale.
Su questi proclami trionfalistici è arrivata però la frenata della Russia, partner dell’Iran nei suoi progetti atomici e preoccupata da una possibile escalation nel braccio di ferro con l’Onu. «Non siamo a conoscenza di recenti svolte tecnologiche nel programma nucleare iraniano in grado di modificare il carattere del lavoro nel campo dell’arricchimento», ha affermato Mikhail Kamynin, un portavoce del ministero degli Esteri di Mosca. Kamynin ha esortato tutti a evitare reazioni «basate sull’emotività e su un sensazionalismo che non trova necessariamente riscontro nei fatti».
L’Unione europea denuncia che per l’ennesima volta l’Iran ha disatteso le richieste avanzate dalle Nazioni Unite. Le nuove dichiarazioni del regime degli ayatollah sono «preoccupanti», secondo la presidenza di turno tedesca, specie «di fronte alle richieste contenute nelle risoluzioni 1737 e 1747». «La presidenza dell’Ue», si legge in una nota, «rinnova il suo urgente appello all’Iran perché vada incontro alle richieste della comunità internazionale, così che sia possibile tornare al tavolo nel negoziato e trovare soluzione alla crisi sul programma nucleare iraniano». Preoccupazione anche in Francia, dove le dichiarazioni iraniane sono state definite dal ministro degli Esteri, Phillippe Douste-Blazy come un «cattivo segno».
Un contributo ad accertare i fatti potrebbe arrivare dai due ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), arrivati in Iran per una visita di una settimana durante la quale dovrebbero ispezionare anche la centrale di Natanz e quindi verificare di prima mano i progressi nell’arricchimento dell’uranio proclamati da Teheran.
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Marchio d’infamia per i prof dissidenti in Iran
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Comincia nella stessa università dove il 16 dicembre dell’anno scorso Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano, fu fischiato, insultato, sfottuto dagli studenti, la persecuzione organizzata anche dei professori. Infatti da ora in poi anche loro verranno esaminati nel loro comportamento da una commissione che se non li troverà confacenti nel pensiero e nelle azioni alle norme islamiche della Repubblica, li marcherà prima con una stella, poi con due, poi con tre.La prima stella serve da ammonimento o a non rinnovo dell’incarico nel caso non si sia assunti con contratto a tempo indeterminato, la seconda comporterà la riduzione dei mezzi a disposizione per studi e ricerche, la terza porterà al licenziamento o al prepensionamento. Per gli studenti di molte università questa procedura è già in voga da tempo (anche se le punizioni sono ovviamente altre, fino all’espulsione): «stellato» si dice in slang giovanile per indicare uno studente indipendente e critico e quindi già marchiato.
In gennaio, nel corso di un’offensiva contro le teste calde democratiche delle Università, Mohammed Mehdi Zahedi, il ministro della Scienza, Ricerca e Tecnologia agli studenti dell’Università di Ahvaz annunciò che i postgraduati sarebbero stati segnati con una stella accanto ai loro nomi per motivi disciplinari. E aggiunse: «Allora, dovranno stare attenti che questo non si ripeta, o avranno dei problemi».
Un Paese come l’Iran khomeinista, e adesso ancora più estremo data la gestione di Amadinejad, non deve spiegare di quali problemi si tratta: gli arresti, le botte, le detenzioni per chi non è o non è ritenuto fedele al regime sono comuni e spaventose, a volte gestite dalle Guardie Rivoluzionarie, a volte dalle strutture repressive dello Stato. Il sistema delle stelle è diffuso da quando, raccontavamo, all’università di Amir Kabir, conosciuto come il vecchio Politecnico, Ahmadinejad, chiamatovi da una petizione firmata da 16mila universitari, cercò di domare la folla accademica. Ma gli studenti accolsero il presidente tenendo alla rovescia le sue foto e gridandogli «abbasso il dittatore». Da allora, è stata una pioggia di stelle, sono state chiuse organizzazioni studentesche come quella di Bu Ali Sina, sono stati ammoniti direttori di bollettini come quello dell’università di Shahrud, nella stessa università 11 studenti sono stati ammoniti, altri sospesi all’università Azad, altri a quella di Shiraz. Ma le università, rifugio dell’opposizone moderna, che cinque anni e mezzo fa con grandi sacrifici dettero vita a manifestazioni contro il regime finite nella repressione e nel sangue, seguitano ad essere la punta di un’opposizione crescente contro il Presidente. Il fatto che adesso il regime abbia deciso di stellare anche i professori ci parla di una insicurezza per altro già avvertita alla liberazione dei marinai britannici.
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L'olocausto sovietico: 60 milioni di morti
>>Da: andreavisconti
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Il "modello staliniano": nei gulag furono annientati "nemici di classe" e dissidenti politici dal 1917 fino al 1960
Gulag è un acronimo che in russo sta per «Direzione principale dei campi di lavoro correttivi»: erano stati istituiti dagli zar, ma fu Lenin a annunciare - già nel 1917, subito dopo la presa del potere - che tutti i «nemici di classe», sarebbero stati trattati alla stregua dei peggiori criminali, anche in assenza di prove: ex nobili, imprenditori e grandi proprietari terrieri prigionieri, funzionari corrotti, ma soprattutto nemici politici; e tali venivano considerati anche i semplici dissidenti. Nel 1931-32 i Gulag, situati nel gelo siberiano, avevano circa 200mila prigionieri; nel 1935 erano saliti a circa un milione, e dopo la Grande Purga staliniana del 1937 erano quasi due milioni. Presunti corrotti e presunti sabotatori vennero trovati e incarcerati in massa per giustificare la cattiva pianificazione, la sottoproduzione, i cattivi raccolti e gli innumerevoli progetti falliti del sistema sovietico. Si era scoperto ben presto che i Gulag potevano fornire un’immensa forza lavoro a bassissimo costo per sostenere il faticoso sviluppo dell’economia sovietica.
Durante gli anni Trenta il terrore staliniano colpì anche le comunità straniere - per quanto comuniste - che vivevano in Unione Sovietica. Secondo le recenti ricerche del Centro Studi Memorial di Mosca, sospettati, nella maggior parte dei casi, di attività antisovietica e di spionaggio, alcune centinaia di italiani, per lo più emigrati politici e giunti in Urss negli anni Venti, per sfuggire al fascismo, incantati dal miraggio del paradiso comunista, «morirono fucilati dopo processi sommari e lunghe sofferenze nei campi di lavoro forzato». La popolazione dei Gulag calò molto durante la Seconda Guerra Mondiale, perché centinaia di migliaia di prigionieri furono mandati d’autorità a morire in prima linea. In compenso, nei campi la mortalità aumentò paurosamente nel 1942-43, per stenti, fame e malattie.
All’inizio degli anni Cinquanta i detenuti dei Gulag erano circa due milioni e mezzo, soltanto in minima parte disertori e criminali. Molti erano russi prigionieri di guerra, accusati di tradimento e di cooperazione con il nemico, perché costretti dai nazisti a lavorare per loro.Molti altri venivano da territori annessi all’Urss dopo la guerra. Una sorte particolarmente iniqua toccò ai discendenti degli italiani che vivevano a Kerc’, in Crimea: 150 famiglie deportate in Kazakistan del Nord e in Siberia, originari di famiglie pugliesi che si erano trasferite in Russia all’inizio dell’Ottocento. Anche i superstiti soldati italiani dell’Armir, accusati strumentalmente di reati comuni, passarono dalla giurisdizione militare a quella del Gulag. Il destino più crudele toccò a quei disgraziati che passarono direttamente dai lager nazisti ai Gulag sovietici. Il tasso di mortalità nei Gulag raggiungeva in molti campi anche l’80 per cento nei primi mesi, a causa delle assurde quote di produzione assegnate ai prigionieri - soprattutto in miniera e nei boschi - della fame, del freddo e della mancanza di cure. Basti pensare che il valore nutrizionale di una razione giornaliera (principalmente da pane di bassa qualità) era intorno alle 1.200 calorie, mentre la necessità minima per chi svolge un lavoro pesante è compresa tra le 3.100-3.900 calorie.
Dopo il XX Congresso del Pcus, nel 1956, in cui Krusciov denunciò i crimini di Stalin, anche le vittime ita
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Grandi manovre delle banche e "soluzione politica" per la rete
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Nel bilancio della vicenda Telecom Italia, attenzione andrà rivolta anche al mondo intorno a Mediobanca, sia al cuore dell'istituto di piazzetta Cuccia sia agli ambienti finanziar-imprenditorial-giornalistici che (con autonomia) si riferiscono alla merchant bank. Nella prima fase quando Romano Prodi e Giovanni Bazoli, più o meno in sintonia, iniziano le manovre facendo saltare la fusione tra Abertise Autostrade, che toglie ai Benetton munizioni per intervenire in Olimpia, il «mondo» Mediobanca lascia Unicredit abbastanza isolata a reagire alle prepotenze prodiane.
Anche la risposta alle forzature del cosiddetto piano Rovati è cauta: l'unica vera iniziativa consiste nel contribuire a scegliere Guido Rossi come schermo per Tronchetti rispetto a conseguenze peggiori. Poi però lo «schermo Rossi» diventa più o meno copertura per far saltare le «mosse industriali» di Tronchetti (come l'alleanza con Telefonica) e per costringere la Pirelli a cedere a un prezzo che avrebbe messo fuori gioco Tronchetti stesso, che si ribella a un destino alla «Gardini» e cerca acquirenti stranieri, incontrandosi alla fine con America Movil e At punto il mondo Mediobanca (compreso il cuore manageriale) sembra più interessato a difendere Rossi che lo storico socio Pirelli. La soluzione mediobanchesca proposta pare innanzi tutto quella simil-Iri del fronte bancario allargato.
Anche se ora emergono opzioni sia verso Deutsche Telecom sia verso Telefonica. Si lascia così a un manager d'ingegno edi coraggio come Corrado Passera la facoltà di collocarsi al centro di tutte le possibili soluzioni (sia quella del fronte delle banche, sia l'intesa con At sia persino un accordino con Mediaset), uno spazio enorme. Eugenio Scalfari, oggi in fase ultraprodiana e dunque filo Intesa San Paolo, schernisce piazzetta Cuccia secondo lui ormai interessata solo a business dai ritorni a breve, incapace di disegni ambiziosi. Destinata così ad avvelenare i rapporti anche con un partner storico come Pirelli. Sono evidenti i guasti provocati dall'eliminazione di Vincenzo Maranghi, i limiti di autonomia di due banchieri mediobancheschi di grande levatura come Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Evidenti le difficoltà di Cesare Geronzi, personalità che potrebbe dare un indirizzo più vigoroso al mondo Mediobanca. Chiare le incertezze di un personaggio chiave come Antoine Bernheim. Da qui la tendenza a sostituire nella gestione delle iniziative giuristi a uomini d'impresa: i Guido Rossi preferiti a figure del passato come Cesare Romiti oEnrico Bondi.
Al disegno strategico, alla capacità di iniziativa fulminante del vecchio Enrico Cuccia (anche verso il mondo politico) si sostituisce l'infinita mediazione. Questa deriva produce un guasto nel centro della finanza italiana, perché assegna a Intesa San Paolo un ruolo da lord protettore, alla fine nocivo per l'Italia. Unadelle fortune della Spagna poggia sulla durissima concorrenza tra Santander e Bilbao, e questa concorrenza, nel suo insieme, produce l'effetto sistema che Scalfari vorrebbe assegnare a un ruolo simil- Gazprom di Intesa San Paolo. Nella vicenda un ruolo particolare lo gioca Alessandro Profumo che non sa decidersi né ad assumere un ruolo centrale nel sistema Mediobanca né a togliersi di mezzo se constata di non avere la vocazione per svolgere un ruolo di concorrente strategico della banca bazoliana.
Lodovico Festa
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Montezemolo contro il premier? È una commedia tra le parti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
«La polemica Montezemolo-Prodi? Una gran bella commedia delle parti». Gian Carlo Sangalli, segretario generale della Cna (la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) fatica a trattenere la sua disapprovazione per il comportamento di chi, nonostante tutto, ha beneficiato delle ultime politiche del Governo a scapito dei meno fortunati: «Ci siamo già dimenticati dell’ultima legge Finanziaria che ha dimostrato un forte interesse nel “dare” alla grande impresa e nel “prendere” alla piccola?».
Sangalli, a voi piccoli gli oneri e ai grandi gli onori?
«Vorrei ricordare un dato tanto per cominciare: in Italia il 95% delle imprese non raggiunge i 10 dipendenti, soltanto lo 0,2% supera i 250. Dunque, se ci sono meriti da distribuire facciamolo pro-quota. E facciamolo quindi nei confronti di quelle realtà che, in anni di difficoltà e recessione, si sono ristrutturate a proprie spese, senza l’aiuto di nessuno. La Pmi, a differenza della grande impresa, ha aumentato l’occupazione; si è riconvertita nei vari distretti industriali e oggi partecipa da protagonista alla ripresa competitiva del Paese. Montezemolo ha i titoli per parlare soltanto di quel 0,2% di imprese che rappresenta, non certo per le altre».
Dopo le lacrime e il sangue della Finanziaria, cosa si attende?
«La piccola impresa con la Finanziaria ha pagato un contributo altissimo, ottenendo praticamente nulla in cambio dal punto di vista delle politiche pubbliche. Ora è il momento di ricevere: la “Fase 2”, tanto annunciata, deve diventare una fase di riforme, di sostegno alle reti di imprese, di sostegno all’innovazione dei piccoli, di sostegno al credito e di sostegno alla competitività del sistema Italia che è costituito - soprattutto - dai piccoli. Ricordiamolo sempre».
Invece l’attenzione è sempre rivolta ai “grandi”. È giusto puntare sulle grandi dimensioni?
«Io non ho nulla contro la grande impresa, ci mancherebbe. Anzi, un Paese sano deve possedere grandi imprese che si affermino nella competizione internazionale. Al limite nutro qualche riserva su quel tipo di capitalismo italiano che nel corso degli anni ha preferito rifugiarsi nei settori di monopolio, nelle public utilities, nelle autostrade... Mentre avrebbe dovuto partecipare al grande confronto sulle tecnologie e sui settori ad alta competitività. Insomma: abbiamo bisogno di tutti gli attori, grandi e piccoli. Ma non possono essere solo questi ultimi a pagare».
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Telecom, italianità in mano a Prodi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sulla vicenda Telecom la tentazione di partecipare alla rissa mediatica è forte. Tu sei statalista! Tu sei iperliberista! Tu prima eri statalista ora sei iperliberista! Tu eri iperliberista e ora sei statalista! E via così. Come cantava Baccini qualche anno fa: “Questo dargli addosso è tipico italiano”. Pare abbastanza per non partecipare alla rissa.
Tentando invece di fare delle riflessioni un po’ più alte, può valere la pena di cercare di inquadrare meglio i termini della questione. Il mondo in cui viviamo, che ci piaccia o no, è caratterizzato, e tutto lascia supporre che lo sarà ancora per del tempo, dai seguenti fattori (in ordine alfabetico): democrazia; capitalismo; globalizzazione; informazione; tecnologia.
Negli ultimi venti anni l’affermarsi di questi fattori, che si influenzano mutualmente, ha prodotto un fatto assolutamente nuovo nella storia.
Il venir meno del conflitto militare come strumento per l’affermazione dell’interesse nazionale nelle relazioni tra i Paesi maggiormente sviluppati.
Il fatto, positivo in senso assoluto, ha però provocato il trasferimento del terreno di scontro sul piano economico. In soldoni, ogni Paese cerca di imporre i propri prodotti e le proprie aziende al resto del mondo. In tal modo, accresce il benessere dei propri cittadini ed esporta modelli culturali e sociali.
Per ottenere l’obiettivo i Paesi più avanzati hanno compreso che l’interesse nazionale va declinato in senso economico e che l’interesse nazionale economico, come la politica estera, dovrebbe essere condiviso e supportato a livello bipartisan. Rinunciare all’interesse nazionale economico vuol dire accettare un destino di declino e colonizzazione economica.
Due esempi recenti di difesa dell’interesse nazionale economico da parte di due Paesi molto diversi tra loro servirà a chiarire meglio. La Francia, patria del mercantilismo e dei campioni nazionali, e gli Stati Uniti, patria dell’utilitarismo e del turbocapitalismo. Entrambi hanno reagito allo stesso modo in difesa del proprio interesse nazionale economico.
In Francia il sistema politico si è opposto con successo alle avances di Enel nei confronti di Suez, essendo il settore energetico interesse nazionale economico del Paese. Negli Stati Uniti il sistema politico ha impedito la vendita di alcuni importanti porti commerciali alla DB, gruppo dell’emirato di Dubai, essendo il sistema infrastrutturale dei trasporti interesse nazionale economico del Paese.
In entrambi i casi il sistema politico ha messo in campo le forze a disposizione per difendere l’interesse nazionale.
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COME SONO CADUTI IN BASSO...
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Secondo un sondaggio effettuato da GfK Eurisko per Repubblica i cittadini hanno perso la fiducia in Prodi. E credono che non durerà
I sondaggi non lasciano scampo al Governo Prodi. Lo dice La Repubblica che, ieri, ha pubblicato un sondaggio realizzato da GfK Eurisko. Più della metà degli italiani pensa che cadrà prima della fine della legislatura. Ma non basta: alla domanda «Finora il governo Prodi ha mantenuto le promesse fatte in campana elettorale?», il 62,7 per cento risponde di no, mentre appena il 19,8 per cento dice di sì.
Mai come oggi, dunque, il futuro del Professore è incerto. Nelle precedenti rilevazioni i cittadini si erano dichiarati più ottimisti: lo scorso luglio, ad esempio, il 44 per cento vedeva un Governo Prodi fino alla fine della legislatura, mentre a settembre il numero era già sceso al 33 per cento. Lo stesso sondaggio, condotto a maggio 2002 durante il Governo Berlusconi, rivelava che solo il 17 per cento degli intervistati era convinto che l’Esecutivo cadesse prima della fine della legislatura, mentre il 51 per cento credeva che durasse l’intera legislatura. È tempo di magra. E non è solo GfK Eurisko a registrare il brutto andazzo. Anche secondo Ekma la fiducia nell’Esecutivo è ai minimi storici: il presidente del Consiglio, al pari dei suoi ministri, perde consensi. Il Professore, in quanto a fiducia, si attesta al 30 per cento, ritornando a toccare, dopo gennaio, il dato più basso finora avuto durante il suo mandato.
La disfatta è tutto merito del Governo e dei suoi errori: tanto per citarne qualcuno, prima la vicenda dell’indulto voluto e disconosciuto dal centrosinistra, poi la vicenda Telecom con dichiarazioni contrastanti e fughe di notizie, per proseguire con la Finanziaria e il caso Sircana.
Errori, appunto, che hanno scontentato gli elettori. Se lo scorso luglio il giudizio dell’operato del Governo era valutato positivamente dal 44 e dal 37 per cento (rispettamente secondo Ispo e Ekma), oggi per Ispo siamo scesi al 41 e per Ekma al 32 per cento.
Valgono, come test, i commenti pubblicati sul sito www.clandestinoweb.com: «Questo sondaggio - scrive Davide commentando lo scivolone del Prof - non mi sorprende più di tanto. Che quest’accozzaglia di Governo avrebbe avuto vita difficile e breve, lo si era capito sin dal risultato delle elezioni politiche, che hanno visto primeggiare lo schieramento di centrosinistra per un solo pugno di voti. Purtuttavia ritengo che i suoi mali abbiano tutt’altra origine, di tipo genetico: come avrebbero potuto pensare di governare i sinistrorsi, loro, risultato di un coacervo di ideali, filosofie, tradizioni assolutamente incompatibili tra loro e uniti nel solo odio contro Berlusconi?».
Un Paese - dichiarano i naviganti a www.clandestinoweb.com - «si governa con l’amore verso il suo popolo. Avendo tale sentimento negativo costituito, la sola forza propulsiva della coalizione di centrosinistra è ovvio che, col tempo, sarebbero emerse tutte le sue contraddizioni interne e la sua inettitudine a governare, tant’è vero che se il Governo Prodi spegne la sua prima candelina, lo deve, ancora una volta (dopo la legge elettorale) al tanto odiato centrodestra, che con Follini (alias Harry Potter) prima e Casini dopo, hanno permesso a quest’Esecutivo di arrivare sin dove sono oggi».
Il popolo della rete dà, di Prodi, un giudizio negativo: «Chi semina vento raccoglie tempesta: “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”, tuonava da un palco un grintoso Pr
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La Br Balzerani non andava scarcerata La Cassazione: «Non si è ravveduta»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
E’ stato sbagliato scarcerare Barbara Balzerani, la Br condannata a diversi ergastoli, primo fra tutti quello per la strage di via Fani e il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, in libertà condizionata dallo scorso 12 dicembre. Lo dice la Procura della Cassazione che, in un parere scritto dal pg Francesco Salzano, chiede ai giudici della Prima sezione penale, che dovranno decidere il prossimo 24 aprile, di annullare con rinvio il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Roma, dello scorso 12 dicembre. Nel 1995 la Balzerani ha ottenuto il permesso per il lavoro esterno. Poi la scarcerazione che tanto polemiche ha sollevato. E contro la quale ha fatto ricorso in Cassazione il pg Gianni Malerba, sostenendo che la ex brigatista non si è mai «ravveduta» e che, negli anni, ha assunto solo un «opportunistico atteggiamento di abbandono della sua posizione di irriducibile». Negli ultimi anni Barbara Balzerani ha pubblicato anche due libri: “Compagna Luna” e “La sirena delle cinque”. Tra due settimane la Suprema Corte deciderà se confermare la decisione del Tribunale di Sorveglianza, o riaprire le porte del carcere per la “primula rossa” del terrorismo.
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L'onorevole va due volte in pensione
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Vitalizio irrinunciabile a duemila exparlamentari; molti lo cumulano con l'assegno di vecchiaia
Ci sono anche due volti noti del mondo del pallone, Giancarlo Abete e Guido Rossi, fra i beneficiari del vitalizio regalato dallo Stato agli ex parlamentari. Il neo presidente della Figc riceve 6.590 euro al mese per i suoi 13 anni a Montecitorio, mentre l’ex Commissario straordinario della Figc riceve ogni mese 3.108 euro per i suoi 5 anni trascorsi al Senato dall’87 al ’92. E pensare che il 76enne ex presidente di Telecom Italia non ama incassare pensioni. Preferisce gestirsele direttamente tanto è vero che citò la Cassa Forense per riavere in contanti tutti i contributi che vi aveva versato come avvocato. E nel 2003 la Cassazione gli dette ragione: la Cassa gli rimborsò parecchi milioni di euro, ma cambiò poi le regole per evitare che altri legali lo imitassero. Sono circa 2 mila gli ex parlamentari e poco più di mille gli eredi di deputati e senatori che ricevono gratis da Camera e Senato un vitalizio, variabile da 3 mila 108 (più di 6 volte la pensione sociale) a 9 mila 947 euro al mese a seconda della durata in carica. Costo annuo per l’Erario: 187 milioni di euro (127 pagati dalla Camera e 60 dal Senato). Il vitalizio non può essere rifiutato. Unica alternativa è quella seguita dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, già ministro dei Beni Culturali, che con un nobile gesto ha devoluto in beneficenza alle popolazioni africane l’assegno di 9.014 euro mensili. Ma quanti seguiranno il suo esempio? Se il vitalizio può essere in qualche modo giustificato come segno di riconoscenza dello Stato per chi ha rappresentato la Nazione, sedendo sui banchi di Montecitorio o di palazzo Madama senza avere altre forme di pensione, fa invece discutere l’entità dell’assegno anche per chi è rimasto poco tempo in carica e la sua cumulabilità con altri redditi.
Da 37 anni c’è poi un’altra anomalia che nessun politico intende correggere: i dipendenti pubblici e privati eletti deputati, senatori, europarlamentari, governatori di Regioni e sindaci di grandi città - grazie all’art. 31 dello Statuto dei lavoratori - possono conservare il posto di lavoro mettendosi in aspettativa con il diritto di vedersi accreditare i contributi figurativi dall'Inpdap, dall'Inps o dall'Inpgi.
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Il “compleanno” del governo visto da Amadori, Campi e Brunetta
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Consensi in caduta libera, opinione pubblica sempre più delusa. Non è certo un bilancio positivo quello che il governo di Romano Prodi può tracciare a un anno dalle elezioni politiche che ad aprile scorso hanno sancito la vittoria dell’Unione. Le scelte fatte in politica estera, le decisioni sui provvedimenti economici, le riforme che stentano a decollare hanno determinato una debacle nell’indice di gradimento. Un sondaggio condotto da Eurisko per il quotidiano La Repubblica fotografa la situazione: il 59 per cento degli intervistati crede che Romano Prodi non riuscirà a tagliare il traguardo dei cinque anni di governo. Addirittura, tra gli elettori di centrosinistra, il dato è impietoso: il 38,3 per cento pensa a una caduta anticipata del governo; solo il 34,9 per cento è ottimista sulla tenuta dell’esecutivo per tutto il mandato. Qualche giorno fa, sulla Stampa, Luca Ricolfi ha “festeggiato” il compleanno del governo con una critica a 360 gradi: “La durata dell’esecutivo è del tutto aleatoria: può durare tutta la legislatura, come cadere la prossima settimana”. Per molti aspetti, spiega l’editorialista, il bilancio annuale “è tragico”. Pertanto la domanda che si pone è: “Visto che non hanno il coraggio di fare le riforme, perché non provano semplicemente a fare il meno possibile?”. Il VELINO ha raccolto il parere sulla situazione di tre “addetti ai lavori”: il sociologo Alessandro Amadori, Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche dell’Università di Perugia e Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia.
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Fortino italiano e guerra talebana
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Tra un mese arrivano gli elicotteri Mangusta, ma con pochi uomini
Fasi finali dell’Operazione “Achille”. L’offensiva scatenata il 6 marzo scorso da 4.500 militari alleati e da un migliaio di soldati governativi afghani sembra avere dato buoni risultati, strappando ai talebani il controllo di gran parte dei distretti caduti nelle loro mani. Secondo il generale olandese Ton van Loon, che comanda il settore sud, in un mese di operazioni sono stati uccisi o catturati numerosi leader talebani e un migliaio di guerriglieri, in quasi 250 scontri. L’ultimo si è registrato l’8 aprile a Sangin, dove centinaia di talebani sono stati colti di sorpresa dall’improvviso elisbarco notturno di un migliaio di soldati anglo-americani e sono stati costretti a ripiegare su Musa Qala, ancora in mano loro. Il successo dell’operazione non ha però eliminato le capacità nemiche, soprattutto nelle azioni terroristiche. Ieri sei soldati canadesi e uno di nazionalità non precisata sono morti, dopo che i loro veicoli sono stati colpiti da ordigni stradali vicino a Kandahar, dove una sentinella americana di guardia all’aeroporto è stato ferita da talebani che tentavano di infiltrarsi nella base aerea che ospita jet ed elicotteri alleati. Del resto la vitalità del jihad è confermata dagli attacchi ad alcuni campi americani condotti nelle ultime due settimane con centinaia di guerriglieri: azioni che confermano l’avvio dell’attesa offensiva talebana di primavera.
Un comunicato del comando sud della Nato diffuso il 5 aprile scorso conferma le notizie a suo tempo pubblicate dal Foglio sul coinvolgimento delle truppe italiane nell’Operazione “Achille”. L’11 marzo sono intervenute nelle operazioni a Delaram, cittadina della provincia meridionale di Nimroz (la stessa dove sono stati sequestrati i due cooperanti francesi) al confine con Farah. Secondo le fonti militari quell’operazione venne coordinata con il Comando regionale ovest coinvolgendo le forze speciali italiane che controllano con gli alleati la fascia di confine tra le regioni ovest e sud. Vale la pena ricordare che in quei giorni il governo italiano cercò di attribuire l’impegno nell’operazione solo alle truppe spagnole, poste comunque sotto il comando italiano, mentre l’unico comunicato ufficiale della Difesa riferiva, il 9 marzo, dell’inaugurazione di una scuola femminile realizzata a Herat con fondi italiani. Dopo le indicazioni fornite dal Consiglio supremo di Difesa il prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe autorizzare l’invio di rinforzi a Herat. Oltre ai due velivoli teleguidati da sorveglianza Predator, promessi da tempo ma ancora in Italia, dovrebbero partire per l’Afghanistan occidentale quattro o cinque elicotteri da combattimento A-129 Mangusta, una dozzina di mezzi tra blindati Puma e veicoli protetti Lince e un paio di plotoni di fanti. Nel complesso il contingente schierato a Herat subirà un incremento di quasi 200 effettivi, dei quali solo 50 destinati a rinforzare le unità di manovra mentre gli altri sono tecnici e specialisti dei velivoli dell’Esercito e dell’Aeronautica.
IL FOGLIO
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Via dall’irresponsabile Strada
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sostenere il governo afghano di Hamid Karzai e rilanciare una politica comune europea per la gestione dei rapimenti nei vari fronti di guerra. Gianni Vernetti, sottosegretario agli Esteri, spiega al Foglio che l’unico modo per superare le “dichiarazioni inaccettabili” di Gino Strada è considerare l’impegno a lungo termine che l’Italia ha preso in Afghanistan e lavorare su questo, ricordandosi in futuro che “gli strumenti istituzionali, come i servizi segreti, dovrebbero essere favoriti”. Vernetti è molto duro nei confronti di Strada – “un irresponsabile” – ben più di quanto lo sia stato il governo che, in una nota di Palazzo Chigi, ha concesso al capo di Emergency quel che da giorni chiede a gran voce: il riconoscimento del “ruolo importante” nella gestione del caso Mastrogiacomo svolto dal suo mediatore, Rahmatullah Hanefi, arrestato dai servizi segreti afghani. Vernetti dice che il canale di Strada “è stato molto utile” per giungere alla liberazione del giornalista di Repubblica, ma che ora la gestione delle conseguenze di questa trattativa deve tornare nei binari istituzionali, dando credito “a Karzai che non guida certo un governo di assassini come molti vogliono far credere”.
La Farnesina ora deve affrontare due problemi: uno esterno e uno interno. Il primo riguarda i rapporti con gli altri alleati. Dopo lo scambio con i talebani che ha portato alla liberazione di Mastrogiacomo, sono stati sequestrati tredici afghani e due francesi, la cui sorte – secondo il mullah Dadullah – non sarà molto diversa da quella dell’autista e dell’interprete del reporter di Repubblica, a meno che non siano liberati almeno tre capi talebani. Ieri il Monde chiedeva l’intervento regolatorio della comunità internazionale per evitare che la liberazione dell’ostaggio italiano si possa trasformare in un precedente tragico per tutti gli alleati in Afghanistan. Nei drammatici giorni della trattativa, quando già l’autista di Mastrogiacomo era stato decapitato, Germania e Olanda avevano criticato la strategia del governo italiano, sostenendo la linea della fermezza. Per superare il “momento di difficoltà con i nostri alleati” – come lo definisce Vernetti – è necessario definire una linea comune. E’ quello che ha detto nei giorni scorsi il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, il quale ha chiesto di stabilire in sede Nato le regole da seguire nei casi di rapimento, in modo da adottare, almeno a livello europeo, una strategia omogenea.
Quest’aspetto – le regole – è collegato anche con il fronte interno. Per tutta la giornata di ieri molte voci del centrodestra – la più dura è stata quella di Roberto Calderoli della Lega – hanno chiesto l’impeachment per Romano Prodi e una spiegazione in Parlamento delle modalità delle trattative che hanno portato al caos con gli ostaggi in Afghanistan. Il premier ha risposto che “strumentalizzare simili tragedie serve soltanto ad alimentare nuove divisioni e a istigare a un odio che è nemico di quella pace per la quale stiamo lavorando”, sottolineando che ora la decisione di rilasciare il mediatore di Emergency spetta soltanto al governo afghano. In serata le parole del leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, hanno messo un freno alle richieste del centrodestra: prima di tutto viene il prestigio dell’Italia, ha detto il Cav., e la coesione, le “polemiche sterili” un’altra volta. Il governo ha accolto con soddisfazione le dichiarazioni di Berlusconi, in linea con quanto detto anche nella nota di Palazzo Chigi: “Nessu
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Pasticcio disumanitario
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Ora si lamentano e dicono “sciacalli” coloro che chiedono conto del loro comportamento. Ma a che titolo si lamentano? Trattative opache per il rilascio degli ostaggi sono state condotte anche dal governo Berlusconi, quello che avrebbe avuto scarso senso dello stato, ma la centrale operativa del negoziato ha sempre lavorato sotto la regia dei nostri servizi di sicurezza e tra i risultati non ci furono gole tagliate, prezzi esosi fino al parossismo e polemiche omertose rotte dalle grida vendicative di un Gino Strada e dagli imbarazzi delle tribù di sinistra. Qui lo stato fa senso, abdica, mette tutto nelle mani di un ammiratore dei talebani, che con essi convive nella zona grigia e che stima i mullah in armi contro l’occidente più di quanto non stimi l’Italia e i suoi alleati. Qui la determinazione del bottino è nelle mani dei banditi, che sbertucciano con richieste al rialzo incontrollabili il potere di Karzai e la diplomazia spregiudicata e cinica di D’Alema e di Prodi, si fanno consegnare cinque capi militari dopo aver sgozzato un rapito e riservandosi, nella disattenzione generale, di sgozzarne un altro nei giorni di Pasqua. Dobbiamo credere a Strada, il nostro improvvisato ministro degli Esteri e capo dei servizi, che ha sostituito sul campo impedendone l’azione con il viatico del governo, e pensare che Ramatullah Hanefi, il mediatore del mediatore, sia incolpevole di quanto gli attribuiscono obliquamente, e per ora senza capi di imputazione chiari, i servizi di Kabul. Compiendo ancora una volta un gesto devastante per il potere di difesa dei nostri e degli alleati in Afghanistan, mentre due francesi sono nelle loro mani, il cosiddetto mediatore ha rivelato che il suo uomo aveva portato fiumi di denaro ai vari Dadullah per la liberazione di Gabriele Torsello e ha accusato lui, non noi, Prodi e Karzai di essere responsabili della morte per decapitazione di Adjmal Nasqbandi, l’interprete. E tutto nasce di qui, tutto questo ignobile pasticcio disumanitario nasce dal fatto che a Strada riesce impossibile, per via del suo pacifismo ideologico e farlocco, capire che i tagliagole sono i talebani, del cui potere ha bisogno per vantare la sua bontà e le sue opere di bardo umanitario. E da questa ambiguità nel rapporto con il nemico, fissato al livello di una mediazione compromessa dall’ideologia, viene il sangue versato, di lì viene la cupa sfortuna in cui ci ha cacciato e si è cacciato questo governo incapace quando ha deciso che anche la politica estera e di sicurezza si può fare in piazza o in strada, come fosse una manifestazione in Campidoglio. Se ne vadano, invece di lamentarsi, dopo avere rimediato per sé e per il paese che dovrebbero rappresentare una reputazione non combattente di piccolo meretricio politico e di disonore militare.
IL FOGLIO
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Algeria, autobomba davanti al palazzo di governo: almeno 10 morti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Oggi è l'11 aprile..
La violenta deflagrazione nel centro di Algeri. Decine i feriti. Altre due esplosioni nei quartieri di Dar al Beida e Bab al Suwar
Un attentato ha colpito questa mattina il centro di Algeri, dopo che è stata avvertita una forte esplosione proveniente dal palazzo governativo.
Secondo quanto riferisce l'inviato della tv araba 'al-Jazeera', a esplodere sarebbe stata un'autobomba posta proprio davanti all'entrata del palazzo di governo.
Ci sarebbero decine di feriti tra le persone presenti sul posto al momento dell'esplosione. La deflagrazione è stata molto forte e l'eco è stato avvertita a distanza di chilometri dalla piazza del governo.
Dopo la prima autobomba, ne sono esplose simultaneamente altre due nei quartieri di Dar al Beida e Bab al Suwar, nella parte orientale della capitale. In particolare il secondo attentato avrebbe preso di mira una stazione di polizia a Bab al Suwar, a poca distanza dall'aeroporto internazionale di Algeri.
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MSN NON FUNZIONA TANTO PER CAMBIARE
>>Da: Il Moro
Messaggio 2 della discussione
Sempre i soliti problemi.
E' tutto il giorno che provo ad entrare!
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Quando i certificati diventano troppo facili
>>Da: Il Moro
Messaggio 1 della discussione
Fonte: Ichino Corrierone del 10 Ap.
I medici hanno il certificato facile? La pratica di 'coprire' i lavoratori assenteisti, malati immaginari del XXI secolo, con una certificazione compiacente di patologie inesistenti o assai meno gravi è realtà o si tratta soltanto di luoghi comuni e illazioni?
A scontrarsi all'arma bianca su questi temi sono la Federazione che rappresenta i medici italiani e il quotidiano Corriere della Sera . L'editorialista Pietro Ichino, noto fustigatore dei malcostumi della Pubblica Amministrazione, denuncia infatti oggi sulle pagine del giornale milanese con toni veementi quella che definisce la cultura del 'certificato medico facile', che a suo dire incoraggia e protegge l'assenteismo di migliaia di lavoratori. Affermazioni pesanti e destinate a fare rumore.
L'articolo di Ichino arriva dopo che Amedeo Bianco, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), aveva scritto a Paolo Mieli, Direttore del Corriere della Sera, per protestare dopo un accenno abbastanza frettoloso alla questione contenuto in un precedente articolo apparso sul quotidiano ("…o di fronte allo scandalo dei milioni di giornate di malattia di nullafacenti sani come pesci, certificate da medici irresponsabili, forti dell’immancabile copertura del loro Ordine Professionale").
"Queste affermazioni di indiscutibile impatto mediatico", scriveva in quel caso Bianco, "sono in realtà fondate non su evidenze ma su pregiudizi e scarsa conoscenza dei fenomeni citati. I medici curanti formulano delle diagnosi e delle prognosi cliniche che sono verificate e diventano attestazioni di inidoneità al lavoro attraverso visite fiscali o per iniziativa diretta dell’INPS o per segnalazione dei datori di lavoro. Agli Ordini Professionali non compete su tale materia alcuna funzione salvo quella di sanzionare gli eventuali casi dimostrati di inadempienza deontologica in una certificazione inappropriata che, vale la pena ricordare, può costituire anche il reato penale di falso ideologico".
Chissà come reagirà ora la FNOMCeO dopo che nel nuovo articolo Pietro Ichino scrive cose come: "Di fronte a una crisi improvvisa di emicrania o di lombalgia anche il medico curante ha scarse possibilità di verifica. Ma in moltissimi casi la mala fede del medico è evidentissima. Uno di questi, il più clamoroso per dimensioni, è quello degli 800 certificati di un giorno di malattia rilasciati a Fiumicino il 2 giugno 2003 ad altrettanti assistenti di volo dell'Alitalia, che intendevano così bloccare i voli senza preavviso, nel corso di una vertenza sindacale", oppure: "L'Ordine non ha mosso un dito neppure nel caso del professor M. di un liceo di Milano, denunciato dal Corriere il 16 ottobre scorso, che da anni per centinaia di volte si è fatto certificare infermo regolarmente nelle giornate di lunedì, di venerdì, o di ponte tra due festività, e sempre al paesello natale in Sicilia; o nel caso del sig. A. di Parma, cui il medico certifica per tre volte di seguito 30 giorni di lombosciatalgia, senza disporre alcun accertamento diagnostico, né tanto meno alcuna terapia; o nel caso del sig. D. di Roma, che il giorno stesso in cui gli viene comunicato il trasferimento a un ufficio a lui sgradito è colto da «depressione del tono dell'umore», per la quale il medico di famiglia arriva a prescrivere complessivamente sei mesi di astensione dal lavoro, ma non una visita specialistica, e neppure alcuna cura appr
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I conti dei Ds con la storia: gulag sì ma «staliniani»
>>Da: andreavisconti
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«I conti con la storia vanno fatti sempre con coerenza. Noi li abbiamo fatti e proprio per questo sarò a San Pietroburgo a fine giugno per rendere omaggio agli italiani vittime dei gulag staliniani» ha detto di recente il segretario dei Ds Piero Fassino. Il Giornale ha pubblicato mercoledì 11 aprile 2007 questa dichiarazione. Noi vogliamo sottolinearne il significato e l’ampiezza velleitaria. I gulag sono comunque l’autentica spina dorsale del regime sovietico: non solo quantitativamente ma soprattutto dal punto di vista ideologico e ideale. Essi sono la realtà vera e criminale del comunismo. Qual è la loro storia che coinvolse anche antifascisti italiani tra gli 85 milioni di vittime dello stalinismo e della dottrina dell’onnipotenza statuale?
La loro origine nasce nell’arcipelago delle isole Solovki, nel Mar Bianco a circa 160 chilometri dal Circolo polare artico. All’inizio del XV secolo sull’arcipelago sorse un monastero ortodosso; secondo la tradizione, il primo monaco Savvatij giunse sulle isole verso il 1435; a lui si unì lo starec German, e insieme crearono la prima fondazione sul lago ai piedi del mondo Sekira. Il fiorente monastero, avamposto di civiltà verso l’Artico glaciale, venne poi trasformato dal potere sovietico nel suo contrario, in lager «ideale», in cui mettere a punto un sofisticato e tragicamente efficace sistema concentrazionario, ben presto allargato a tutta l’Urss.
Certo, ci sono libri già famosi come quelli del Premio Nobel Aleksandr Solzenicyn e Vladimir Bukovskij che costituiscono l’ossatura del dissenso antisovietico: ma la storia dei gulag è lunga e martoriata tanto da costituire un capitolo enorme pari alla storia drammatica di un Paese gestito con la violenza da Lenin a Kruscev e dal loro cinismo.
I gulag sono prima di tutto il luogo del lavoro forzato in cui veniva utilizzato, senza retribuzione, il lavoro dei dissidenti e dei cittadini incarcerati senza processo, ma comunque imprigionati senza libertà di pensiero o di azione. I gulag contano in modo essenziale sul lavoro, non pagato, per la costruzione di opere pubbliche gigantesche il cui costo non grava sul bilancio dello Stato sovietico, ma sugli stessi lavoratori. È un fatto storico e sociale che, paragonato ai bilanci della borghesia dal ’700 all’800, rappresenta un vero esproprio di massa che equivale a un prelievo senza costo, ma con enorme prezzo di vite umane sacrificate alla dittatura carceraria del comunismo.
Massimo Caprara
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Sarkozy critica la Chiesa sui gay
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Per Nicolas Sarkozy è «scioccante» la posizione della Chiesa sulla omosessualità. In un’intervista a Libération, il candidato conservatore alla prossime elezioni presidenziali francesi ribadisce che le preferenze sessuali degli individui sono qualcosa di innato. «Io sono nato eterosessuale, ma non mi sono mai interrogato sulla scelta della mia sessualità. Ed è questo il motivo per cui considero “scioccante” la posizione della Chiesa, la quale dice che “l’omosessualità è peccato”». «Una persona - ha aggiunto - non deve scegliere una identità... Una persona ha l’identità che ha». Sarkozy ha poi detto che in linea di principio è contrario ai matrimoni gay.
IL GIORNALE
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La Balena rosa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il Partito democratico nasce senza programmi ma già si scatena la lotta per il potere: tutti contro tutti
Il profilo programmatico del Partito Democratico continua ad essere confuso. Come pure il meccanismo con cui storie politiche diverse dovrebbero fondersi. E le contraddizioni, al solito, vengono esorcizzate con l’enfasi di un nuovismo che piace solo ad alcuni o con il pragmatismo che non convince tutti. O, ancora, con le mozioni degli affetti su una nuova missione talmente indefinita da non scaldare i cuori.
Una cosa, però, è certa e su questo non ci sono dubbi: lì dentro, in quel partito che ancora deve nascere tutti vogliono comandare. Tant’è che dei discorsi dedicati in questi giorni al Partito democratico dall’uomo che potrebbe essere considerato l’ostetrico della nuova creatura, Piero Fassino, ciò che è rimasto impresso nella memoria di tutti è la sua voglia di diventarne il primo presidente, o il primo segretario, o il primo coordinatore. Insomma, le sue ambizioni. «Ci sono tanti che aspirano - ama ripetere in questi giorni il leader della Quercia - e io non ho certo meno titoli. Anzi, forse di più». Fassino addirittura è tornato ad introdurre un argomento che è stato un pezzo di storia Dc, quello del «doppio incarico», cioè l’avversione ad un vertice che faccia coincidere la figura del premier con quella del leader del partito: «Le due persone possono coincidere oppure no», ha spiegato.
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Studentessa 20enne stuprata dal branco all'uscita di una discoteca
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Stuprata all'uscita della discoteca, in pieno centro a Trieste. La vittima della brutale violenza è una diciannovenne straniera che per motivi di studio vive a Trieste, lontano dalla sua famiglia. Sulla vicenda sono state avviate indagini da parte della Squadra Mobile giuliana, che ha raccolto la testimonianza della vittima.
Al momento gli investigatori mantengono il massimo riserbo e, per motivi di indagine, sui contorni della vicenda poco trapela. Il fatto sarebbe avvenuto la vigilia di Pasqua. La ragazza era uscita da casa assieme a una compagna di istituto e tutte e due sono andate in una discoteca situata vicino a Piazza dell'Unità. Si sono fermate fino a tardi e tutto faceva prevedere una serata assolutamente tranquilla. Ma poi al divertimento sono seguiti momenti terribili. Tutto sarebbe avvenuto all'uscita della discoteca.
Una delle ragazze, dopo aver lasciato l'amica, sarebbe stata trascinata in un androne e violentata. Un'aggressione brutale cui la ragazza non ha potuto sottrarsi. Nè, a quell'ora della notte e nonostante si trovasse in pieno centro, è riuscita a trovare aiuto. Quando è stata soccorsa e accompagnata all' ospedale era sotto choc. Sarebbe stata comunque in grado di fornire alcune indicazioni agli investigatori, che ora stanno lavorando al caso. L'aggressore, che pare non fosse solo, sarebbe uno straniero.
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Gli 007 danno l’allarme terrorismo, ma il governo si contorce su Strada
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
I servizi segreti italiani chiedono al Parlamento d’interessarsi al nuovo pericolo terrorista che riguarda, fra l’altro, i nostri soldati stanziati in Libano e Afghanistan. Ma è probabile che oggi, a Montecitorio, i deputati si perderanno dentro i miasmi afghani discutendo in modo ossessivo di Gino Strada e della sua Emergency. L’ong ieri ha tolto i suoi primi tendoni dall’Afghanistan, incalzata dai sospetti di Hamid Karzai per certi presunti rapporti con i talebani (e su questi legami, dopo l’arresto del “mediatore” Rahmatullah Hanefi, i servizi di Kabul hanno pochi dubbi). Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema si presenterà in mattinata alla Camera, e lo farà senza poter riferire la sua delusione nei confronti dell’ong incaricata di liberare Daniele Mastrogiacomo. Il titolare della Farnesina ringrazia Emergency – “ha fatto il proprio lavoro” – aggiungendo però che l’arresto di Hanefi è legittimo. E’ chiaro che un’irritazione tardiva permea i riformisti della maggioranza obbligati a spiegare il profilo di una trattativa colorata di sangue. Da ultimo quello dell’interprete del giornalista di Repubblica, il cui corpo è stato sepolto ieri. Oltretutto D’Alema deve difendere, ma con la faccia grigia, una scelta prodiana alla quale non ha saputo opporsi. Su quel che accadrà nei prossimi giorni a Kabul non si può sapere. Bastava però leggere il Monde di due giorni fa per notare il terrore con il quale, dopo le vicissitudini che hanno costretto Karzai a bloccare ogni negoziato coi tagliagole, i francesi osservano la sorte dei loro connazionali rapiti in Afghanistan due settimane fa. Il governo italiano dovrà tenerne conto e forse tornerà a promettere la stesura di un protocollo per la gestione comune dei rapimenti di cittadini occidentali. Sul fronte interno, la linea difensiva di Palazzo Chigi è sempre la stessa e ha trovato un interprete nel senatore dei Ds Massimo Brutti, che ha presentato un disegno di legge per l’istituzione d’una commissione di inchiesta bicamerale sui sequestri degli italiani in territorio straniero. E’ quel che chiede anche la Lega di Umberto Bossi. Ed è ciò che vuole evitare Silvio Berlusconi, “l’unico dirigente del Polo con la testa sulle spalle”, ironizzano fonti diessine. Il Cav. sa che un’indagine parlamentare illuminerebbe la pratica di pagamento dei riscatti sempre seguita dai governi italiani, e tenuta segreta per ovvi motivi. Lo ha ammesso l’ex ministro della Difesa, Antonio Martino: “Il governo Berlusconi ha sempre negato d’aver pagato riscatti, che poi questo possa essere avvenuto non mi sento di escluderlo”. Il presidente dei deputati forzisti, Elio Vito, ha detto che per far luce basta il Copaco. Sulla posizione berlusconiana è Gianfranco Fini di An, l’ex ministro degli Esteri cercherà di schivare la disputa e al suo posto parlerà in Aula il capogruppo Ignazio La Russa. I delusi dell’opposizione – e non sono pochi fra i dirigenti di Forza Italia e di An – lamentano un “giannilettismo di ritorno” che impedisce al centrodestra di affondare il colpo nel momento in cui l’Unione si contorce e si divide nuovamente. Questa volta accade intorno al ruolo di Gino Strada, difeso dalla sinistra massimalista anche quando attacca l’esecutivo, e indirettamente citato dal ministro Clemente Mastella perché Palazzo Chigi intenda: “Al di là delle benemerenze, sia lo stato a occuparsi di queste vicende”. Di fronte alla foga del gruppo Verdi-Comunisti-Rifondazione, i dalemiani come Nicola Latorre preferiscono rilanciare la
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Destra pompiera
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
C’ è qualcosa di ragionevole e anche di surreale nel ritegno dell’opposizione
D’accordo, è imbarazzante litigare in pubblico su un negoziato con i talebani in cui tutto o quasi è andato storto, finito con la morte per decapitazione di due ostaggi, con l’arresto del mediatore scelto dal governo, con le grida belluine e le accuse sanguinose dell’Ong preposta alla trattativa in esclusiva, con l’umiliazione vanamente negata dei servizi di intelligence, con una crisi diplomatica transatlantica e l’isolamento dell’Italia in Europa, mentre imperversa la grande festa talebana e due ostaggi francesi sono nelle mani dei tagliagole, per non parlare delle difficoltà operative che una gestione politica condizionata dai pacifisti frappone alla tutela difensiva del nostro contingente a Kabul e a Herat. D’accordo, il senso dello stato e dell’onore nazionale viene prima di ogni altra cosa, come ha detto un Cav. insolitamente formale nel governare l’arte della politica, malgrado il fatto che l’avvocatura dello stato abbia ripetuto con argomenti giuridici inoppugnabili che la procura di Milano si è comportata assai male, violando codici e protocolli di relazione con gli altri poteri dello stato democratico, e sia emerso con ogni evidenza che lo smantellamento del Sismi e il tentativo ridicolo di devastare anche la stazione italiana della Cia sono opera di settori ideologizzati della magistratura, sicuri di sé e per giunta in buona fede nell’opera di demolizione di quel che resta delle prerogative dell’esecutivo nella lotta al terrorismo, e a un terrorismo che ci minaccia sempre più da vicino in un paese pieno di salafiti in libera circolazione e in assoluta autonomia operativa. Va bene, abbiamo capito, dopo che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto davanti a Romano Prodi: “La Bundesrepublik non si lascia ricattare da nessuno”, in mezzo all’affanno del negoziato Mastrogiacomo, infierire e rivoltolare il coltello nella piaga è disumano, disumanitario. D’accordo, sì, la destra prima o poi una prova di serietà bipartisan nella difesa della comune idea di dignità nazionale doveva pur darla, specie dopo il voto a capocchia sul rifinanziamento della missione a Kabul. Ma questa destra pompiera dovrebbe riflettere sul fatto che, quando si deve parlare e riaffermare con una certa solennità i principi guida che devono informare il ruolo di governo e il senso dello stato, anche il tacere rischia di avere un sapore rassegnato se non complice. La sinistra grida sempre e troppo, e ancora circolano dei dementi che credono Berlusconi un pericolo per la democrazia e la dignità delle istituzioni, dopo cinque anni di regolare governo e una regolare alternanza, e se fosse accaduto quel che è accaduto a parti rovesciate avremmo avuto una campagna di delegittimazione e di denigrazione del Cav. e dei suoi ministri senza precedenti, data l’occasione. E’ dunque bene offrire una lezione di stile. Ma non abbiamo esagerato ancora una volta?
IL FOGLIO
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Dipendenti e spesa pubblica
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Il contratto per il pubblico impiego è stato rinnovato, gli aumenti di stipendio sono stati concessi, ma niente altro è cambiato e le tante chiacchiere sulla produttività sono rimaste tali. Se il problema fosse solo il governo Prodi e la sua condotta non ci resterebbe che aggiungere un ulteriore motivo a quelli che ce ne fanno auspicare la crisi. Ma non è così.
Dal 2001 al 2005, governante il centro destra, la retribuzione dei dipendenti pubblici è aumentata, mediamente, del 4,1%, mentre nel settore industriale i salari sono cresciuti del 2,7 e nei servizi del 2,1. A fronte di questi aumenti, che sono, naturalmente, anche aumenti della spesa pubblica, non si è registrato alcun miglioramento, o anche solo l’introduzione di un qualche criterio di diversa valutazione. In altre parole, i due governi, formalmente contrapposti, si comportano nello stesso modo. La ragione, se si vuole, è banale: il nostro è un Paese dove si vota sempre e non si governa mai.
I dati citati possono far credere ad un privilegio in capo ai dipendenti pubblici. Non è così. Il privilegio c’è, ma riguarda quanti approfittano dell’inefficienza per lavorare poco, magari niente, facendo crescere le malattie e sommandole alle ferie. Il privilegio relativo ai mancati controlli, insomma, è tale solo per i lavativi. Che non sono pochi. Ma poi ci sono quelli che lavorano, e che sono la maggioranza, i quali continuano ad essere sottopagati. Pensate ad un insegnante che fa il suo dovere, pensate ad un infermiere che passa la giornata in corsia, ed avrete pensato a figure professionali di alto livello con retribuzioni di scarsa consistenza. Se la politica avesse capacità del proprio ruolo dovrebbe far leva su questi ultimi per punire i primi, così facendo crescere la produttività e liberando risorse con cui premiare i meritevoli. Ma per una politica incapace di entrare all’interno delle realtà lavorative è più facile pagare il consenso e l’omertà un tanto al chilo, perpetrando il mito mendace dei derelitti salvati con il posto fisso.
Così procedendo, però, i falsi derelitti stanno creando un esercito di schiavi destinati a pagare i debiti del presente e del passato, composto dai propri stessi figli. Così procedendo, inoltre, si crea un’irresponsabilità di massa, e quando i nodi verranno al pettine né l’impiegato che presta servizio al bar né l’assistente di volo Alitalia con certificato medico incorporato si sentiranno colpevoli di nulla, ma tutti saranno pronti a prendersela con il “sistema” (che non si sa cosa sia) e con chi ci governa (che tanto fa lo stesso del predecessore e del successore).
In quel contratto degli statali c’è, insomma, il dna di un Paese che scivola giù, ma crede d’essere al parco giochi.
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Ignoranti nella rete
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Qualcuno avverta il governo che la rete di telecomunicazioni è aperta e regolata in modo da favorire la concorrenza e tutelare la sicurezza nazionale fin dalla fine degli anni ottanta. Suggerisco, anche a molti commentatori, un collettivo corso di recupero per evitar d’accattare figure terribili, come in questi giorni. La proprietà della rete può essere in capo al pubblico od al privato, all’autoctono od allo straniero, le regole per l’accesso saranno sempre le stesse. Sono norme europee, ed il guaio italiano è che già non le conoscono al governo ed in Parlamento, ma nemmeno presso le Autorità di controllo.
Oggi tutti a dire che si deve fare la società delle reti, ma sono gli stessi che non danno applicazione alle direttive europee e, come la stessa Agcom ha indicato, se voglio fare l’operatore mobile virtuale mi dicono di andare a fare l’accordo con uno dei gestori esistenti. Il che significa che non hanno capito niente: la rete aperta serve a tutelare la competizione, quindi il consumatore, ma loro hanno in testa di tutelare il potere della rete, che in parte non esiste, ed in parte si concreta nel mercato degli acquisti. Messa così la società delle reti sarebbe un passo indietro proprio perché nascerebbe al fine di difendere il passato dall’innovazione e far prevalere lo statalismo sulla regolazione. Andare avanti, invece, significa prima di ogni altra cosa far rispettare le regole che già ci sono e, poi, dare applicazione a quelle che prevedono nuove aperture, con ciò stesso facendo divenire la rete fissa una struttura d’appoggio, utile ma non unica e decisiva.
Ascoltando le tante corbellerie che si dicono si ha la conferma del ritardo non solo imprenditoriale e politico, ma anche culturale del ceto dirigente italiano. Invece di proporre nuove leggi, per dare più poteri ad Autorità che non sanno usare neanche quelli attuali, si dovrebbe spostare l’intero problema in una dimensione europea, approfittando del fatto che le normative già esistono e puntando a creare utilizzatori di rete che si candidino ad essere predatori e non prede, nei mercati mondiali. Dai molti errori commessi (da Prodi e da D’Alema, perché la storia delle privatizzazioni si deve raccontarla tutta) si potrebbe trarre lezione. Ma l’impressione è che parli solo chi non studia la materia.
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I conti nella ex Cdl
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Casini sfodera l’orgoglio dc, il Cav. moderato sta al gioco, An e Lega lucidano il pallottoliere
da IL FOGLIO
Nell’opposizione c’è chi sta celebrando il secondo congresso nazionale in tre anni, terzo nella sua breve storia – l’Udc, ieri, oggi e domani – c’è chi il congresso cerca faticosamente di realizzarlo malgrado la scarsa convenienza – la Lega di Umberto Bossi – e chi, Alleanza nazionale, evita la questione dal 2002 come un cattivo pensiero; ma forse con qualche ragione per prendere tempo.
Infine c’è Forza Italia che, con una certa enfasi alternata a lunghi silenzi, cerca di rimpannucciarsi periodicamente rimescolando circoli, club e organigrammi regionali. Da ultimo è in voga il lavoro della operosa Michela Brambilla, che ha sovrastato le inani promesse del motore azzurro per fare concorrenza virtuosa alla rete di Marcello Dell’Utri. Ovvio che i casiniani costruiscano un’automagnificazione politica sulla loro regolarità: riunirsi, contarsi, dividersi a cielo aperto e aggiornare la linea sono tutti segnali di buona salute. E il segretario Lorenzo Cesa è contento di metterla in vetrina nel corso di un’assise concepita per fare dell’Udc un partito speciale, meno isolato e corteggiabile dai moderati di destra e di sinistra. Silvio Berlusconi, invitato di rango e molto applaudito, ieri ha fatto la sua parte: “Non vedo motivi per cui non dovremmo stare insieme. La posizione dell’Udc è nel centrodestra contro la sinistra. Questa affermazione del segretario Cesa è stata fondamentale e centrale”. Del resto la stessa cosa ha fatto un altro ospite gradito, Francesco Rutelli: “Esistono la possibilità e il dovere di un dialogo civile e costruttivo con l’Udc di Casini”. Un corteggiamento che consente oggi alla classe dirigente neodc di conquistare uno spazio più ampio rispetto ai propri dividendi elettorali. Casini si piazza al centro e conta di non muoversi più da lì. Aspetta che i moderati dei due poli inseguano la sua scommessa.
Quanto agli altri partiti della ex Cdl, An ha concluso da non molto i congressi regionali previsti dalla recente riforma dello statuto. La maggiore democrazia periferica – coordinatori eletti dal basso e non più dalla oligarchia finiana – non ha mutato le coordinate geografiche interne.
Gianfranco Fini si muove sulla superficie d’un partito privo di dibattito, come lamenta Francesco Storace, titolare del solo gruppo d’opposizione uscito dall’ombra, escluso dall’esecutivo e mortificato dal rifiuto di convocare un congresso dopo cinque anni di ricombinazioni nelle alleanze. Due estati fa, con la baruffa referendaria sulla fecondazione e le insoddisfazioni dirigenziali intercettate in una caffetteria romana, l’appuntamento nazionale pareva inevitabile. Ma Fini è stato abile nel maneggiare il fuoco circostante e ora non gli conviene offrire a Storace il palcoscenico per minacciare una scissione in stile correntone nero. Al momento giusto la cosa avverrà. Ma il momento giusto Fini vuole concordarlo con Silvio Berlusconi prima delle europee del 2009. Obiettivo: fondere o federare An e FI sotto le insegne del Ppe. In questo senso finiani e storaciani aspirano, con opposte intenzioni, allo stesso obiettivo. Ammette Maurizio Gasparri: “Dobbiamo prendere l’iniziativa, però serve che Fini convinca prima Berlusconi. Se ratifichiamo da soli il nuovo corso rischiamo di essere smentiti dal Cavaliere, facendo la figura di quelli che cantano la serenata a una ragazza che neppure si affaccia al
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All’Onu il lupo fa la guardia all’agnello
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
L’Iran sventola l’uranio e diventa vicepresidente della commissione disarmo
da IL FOGLIO
Il 9 aprile, mentre Ahmadinejad annunciava l’arricchimento dell’uranio a “livello industriale”, l’Iran veniva rieletto vicepresidente della commissione per il disarmo e la non proliferazione dell’Onu.
Così Mehdi Danesh-Yazdi, rappresentante della commissione e perfetto alfiere di un mondo al contrario, si produceva in una compiaciuta filippica contro le violazioni americane in tema di disarmo, senza mancare di citare, tra i maggiori pericoli alla sicurezza, la proliferazione della lobby sionista. In ossequio alla sua generosa ambiguità multiculti quando si tratta di Teheran, il Palazzo di vetro non sceglie una strada ma le percorre tutte. Per la cosiddetta linea dura ci sono il Consiglio di sicurezza e l’Agenzia atomica con sanzioni e risoluzioni, per porgere un ramoscello d’ulivo la commissione per il disarmo. Ma quella del 9 aprile non è solo una coincidenza grottesca e paradossale. Gli esempi migliori li fornisce il Consiglio per i diritti umani di Ginevra, creatura dell’ex segretario generale Annan, con l’ambizione di rappresentare una rottura con il passato. Peccato che all’inaugurazione dei lavori del consiglio sia stato invitato il più famigerato tra gli aguzzini iraniani, il procuratore generale di Teheran Saeed Mortazavi. Un rivoluzionario con poche idee, ma chiare riassumibili nel motto: “Non ho bisogno della legge. Io sono la legge”. Con amicizie simili c’è poco da stupirsi che il 26 marzo si sia determinato un altro perverso risultato. Su iniziativa di Azerbaigian, Zimbabwe e Bangladesh, il Consiglio (che nel frattempo accettava la giustificazione della Nigeria sulla liceità della lapidazione nei confronti di chi compie atti sessuali contro natura) ha sancito che gli abusi, le esecuzioni sommarie e le torture che avvengono in Uzbekistan e in Iran non debbano essere monitorati.
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Ossimoro Epifani
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Lamenta lo scarso ruolo dei fondi pensione, ma il sindacato ha le sue colpe
da IL FOGLIO
Si scrive Guglielmo Epifani, ma si legge Ossimoro. Nella lunga intervista a Nunzia Penelope sul Mondo in edicola, il capo della Cgil dopo aver lamentato che si stanno rovesciando i paradigmi fondamentali dell’economia come la produzione di merci a mezzo di merci, sostituita dalla produzione di soldi mediante i soldi, sostiene che in carenza di imprenditori che investano, le banche sono i soggetti in condizione di “salvare le aziende, di fare fusioni, d’aprire il mercato” e che il volano fondamentale dell’economia italiana è costituito dalle banche.
Apre un fuoco di sbarramento contro i fondi di private equity, in particolare nella forma estrema degli hedge fund, in quanto fanno shopping finanziario, intervengono per razionalizzare drasticamente e poi rivendono. Il culmine sui fondi pensione. Il loro obbiettivo per lui è la corretta gestione di medio e lungo periodo con una “finanza positiva”. Questa nozione viene contrapposta a quella in cui il fine di chi investe soldi è solo quello di “fare profitti”. Forse la diffidenza dei lavoratori italiani verso i fondi di previdenza integrativa in cui il sindacato ha un ruolo, dipende dal fatto che a Epifani parrebbe buona cosa che essi non abbiano come fine essenziale il profitto. La banca di Düsseldorf WestLB ha acquistato giovedì (per poi rivendere) il 14 per cento di DaimlerChrysler da investitori istituzionali, presumibilmente fondi pensione, che hanno deciso di uscire dalla società dati i suoi problemi. Finanza positiva per loro, negativa per Daimler.
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Un tesoretto, quattro prese in giro
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Fausto Carioti
Romano Prodi ha appena spiegato, in una lunga lettera al Corriere della Sera, come intende usare il cosiddetto "tesoretto", ovvero la quota di gettito fiscale superiore alle attese che il governo oggi si trova in mano - a detta dei ministri inaspettatamente, e comunque solo grazie all'azione dell'attuale esecutivo - e può spendere per fare un po' di regalini pelosi agli elettori in coincidenza con la campagna elettorale per le amministrative.
In ballo ci sono 10 miliardi di euro, 7,5 dei quali, però, serviranno alla riduzione del deficit. Restano quindi, da usare pronto cassa, 2,5 miliardi. Da dividere in tre parti: «Due di queste tre parti (il 66%)», scrive Prodi, «andranno, in diverse forme, a favore di chi, lavoratore, pensionato o disoccupato, affronta con maggior difficoltà il cammino delle propria esistenza. (...) Il restante terzo (33%) andrà alle imprese e alle politiche per la crescita, lo sviluppo e gli investimenti».
Si tratta di una enorme presa in giro. Primo motivo: perché il "tesoretto" che Prodi adesso vuole utilizzare a fini clientelari è tutto tranne che imprevisto. Come sa chiunque bazzichi un po' i numeri e i bollettini dell'agenzia delle Entrate. Come già si è scritto qui a novembre, «il gettito fiscale è in crescita forte e costante da prima che Visco e Prodi tornassero al governo e da ben prima che varassero la manovra di luglio. (...) Già nei primi tre mesi del 2006, prima delle elezioni, le entrate tributarie erano aumentate del 7,6% e il gettito Iva era cresciuto dell’8%. Mentre il governo Prodi stava nascendo, le entrate fiscali, trainate dalla ripresa dell’economia e dai provvedimenti firmati dal governo Berlusconi, lievitavano con percentuali a due cifre: a maggio il gettito dei tributi complessivi era cresciuto del 16,3% e quello prodotto dall’Iva del 13,6%. A settembre, quando i tecnici del governo si sono seduti per scrivere la Finanziaria, i dati delle entrate fiscali nei primi sette mesi dell’anno (+12,6% il gettito complessivo, +9,4% il gettito Iva) erano già noti».
Siccome si tratta di numeri che tutti gli addetti ai lavori conoscono, pochi giorni fa lo stesso identico ragionamento è apparso in un editoriale di Luca Ricolfi pubblicato sulla Stampa:
Le entrate tributarie, al netto delle una tantum della Finanziaria 2006, erano cresciute in modo imprevisto già nel primo trimestre del 2006, e nel resto dell’anno - ossia dopo l’insediamento del governo Prodi - non sono cresciute a un ritmo più rapido che nel primo trimestre. Se il confronto viene fatto con il 2005, l’accelerazione post-elezioni è minima: da +7,9% a +8,6%. Se il confronto viene fatto con il 2004 (il gettito 2005 ha un profilo temporale anomalo), l’accelerazione post-elezioni è addirittura negativa, nel senso che le entrate rallentano la loro corsa dopo le elezioni (da +11,6% a +7,8%). In breve, l’extra-gettito di cui ora si dà mostra di stupirsi, era perfettamente visibile già a metà dell’anno scorso, ai tempi della due diligence e del Dpef, ed era largamente consolidato in autunno, ai tempi del dibattito sulla Finanziaria.
Se l'esistenza del tesoretto era ampiamente prevista già un anno fa e il governo ha fatto finta di nulla, è solo per motivazioni politiche. Avessero ammesso l'esistenza di un gettito fiscale in forte ripresa, Romano Prodi, Vincenzo Visco e gli altri esponenti del governo e dell'Unione avrebbero dovuto riconoscere che Berlusconi aveva lasciato conti pubblic
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Fascismo islamico all'attacco. Anche nell'Algeria e nel Marocco senza americani
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 6 della discussione
di Carlo Panella
La terribile successione tra gli attentati di Casablanca, Algeri e dentro il parlamento di Baghdad, poi di nuovo, l'attentato fallito a Casablanca, e di nuovo a Kerbala, concatenati un giorno dopo l’altro, obbliga a prendere atto di qualcosa di molto più grave e preoccupante della evidente capacità di coordinamento e di iniziativa dell’arcipelago terrorista di al Qaida.
E’ straordinario, ormai, il livello tecnico militare di cui danno prova gli attentatori: ad Algeri sono riusciti a colpire addirittura la sede ufficiale del capo del governo Abdulaziz Belkacem, nonostante la capitale sia da 16 anni sottoposta ad un ferreo controllo poliziesco e militare, nonostante in quelle stesse ore l’esercito stesse effettuando un rastrellamento a tappeto di santuari terroristi nel paese, nonostante le migliaia di arresti. Il tutto, in un paese che ha avuto 150.000 morti tra il 1991 e il 1998 e che negli ultimi otto anni ha avuto non meno di 400 morti all’anno per iniziative terroristiche. Di più, l’attentato di Algeri dimostra che ormai i terroristi sono riusciti a uscire dalle sacche periferiche in cui erano stati costretti dalla feroce repressione governativa, con epicentro in Cabila, in cui da decenni agisce un forte movimento popolare autonomista berbero, e ormai sono in grado di nuovo di muoversi liberamente dentro lo spazio metropolitano di Algeri. Segno evidente di nuovi legami non solo militari, ma anche politici, con il tessuto delle moschee cittadine, da sempre epicentro del fondamentalismo, anche se da decenni sono sottoposte ad un pesante e occhiuto controllo delle forze di sicurezza.
L’attentato di Baghdad, al di là del numero contenuto delle vittime, segnala anch’esso una clamorosa capacità d’iniziativa, effetto di complicità diffuse e incontrollabili. L’esplosione è infatti avvenuta nella buvette del Parlamento, in piena Zona Verde, sotto un minuzioso controllo militare americano.
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Islam contro Islam, Al Qaeda contro tutti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Anna Bono
Gli ultimi attentati firmati Al Qaeda in Algeria e Marocco confermano il fatto, mai abbastanza ribadito, che quella in corso contro l'Occidente è una guerra che l'integralismo islamico ha iniziato a combattere prima di tutto contro il resto dell'Islam che noi tendiamo a chiamare moderato: ovvero quello ragionevole, moderno, progressivamente orientato a identificarsi con l'Occidente in una visione della storia che guardi al futuro e non più al passato e nella condivisione dei contenuti della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata nel 1948 dall'Assemblea delle Nazioni Unite.
È quindi decisivo per l'esito del conflitto in corso dare tutto il sostegno possibile alle forze che, all'interno di ogni Stato islamico, o comprendente delle comunità musulmane, sono impegnate a tutelare e promuovere il valore della libertà e a ottenere il pieno riconoscimento della dignità della persona umana.
In tal senso, segnali decisamente positivi giungono ormai da anni proprio dal Marocco, che ha riformato il diritto di famiglia introducendo importanti innovazioni e incrinando così le fondamenta della società patriarcale, gerontocratica e autoritaria le cui istituzioni l'Islam ha sacralizzato e sulle quali si sostiene la millenaria soggezione delle donne e dei giovani. A conferma della strada intrapresa dal regno retto da una dinastia la cui origine è fatta risalire al Profeta Maometto, il 2007 si è aperto con una serie di promettenti iniziative. A gennaio è stata lanciata una campagna nazionale di «lotta contro il lavoro domestico delle bambine», conclusasi il 23 febbraio, rivolta contro i fattori culturali e politici che legittimano la discriminazione sessuale. Sempre a gennaio, a Casablanca, si è svolta una importante conferenza nazionale sul tema «Donne e politica: le sfide del 2007», nel corso della quale sono stati riportati tra l'altro gli incoraggianti risultati elettorali registrati a partire dall'introduzione di «quote rosa» nelle liste dei candidati nel 2002.
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I dati sulla produzione industriale smentiscono il trionfalismo prodiano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Emanuela Melchiorre
Il miracolo economico proclamato dal governo Prodi è stato ridimensionato in gennaio ed ora, con i dati di febbraio, minaccia di trasformarsi in recessione. Come si ricorderà, fino all'approvazione della Finanziaria (dicembre 2006) è stato detto e ridetto che l'Italia era sull'orlo del disastro economico e che occorreva risanare la finanza pubblica.
Indaffarato a dimostrare l'indimostrabile, il governo Prodi ha perduto di vista l'incremento delle entrate tributarie, che, se considerato, avrebbe dovuto condurre ad una manovra economica più leggera. A distanza di nemmeno tre mesi il centrosinistra ha parlato di una sorta di miracolo economico, con una ripresa della crescita del Pil del 3% nel 2007 che non è dato sapere come possa verificarsi.
La produzione industriale, dopo il -1,4% di gennaio (ora rivisto in caduta dell'1,7%), presenta in febbraio un ulteriore calo dello 0,5%. Così non soltanto non appare realizzabile l'aumento del Pil previsto dal governo Prodi per il 2007, ma c'è il pericolo che il sistema economico italiano vada in recessione. D'altra parte, l'aumento delle imposte indirette decise con la Finanziaria non potrà, con il passare dei mesi, non avere effetti depressivi sulla domanda. Inoltre, visto che la manovra economica non contiene incentivi per gli investimenti e per l'aumento della produttività del lavoro, non si vede come la produzione industriale possa aumentare.
A ciò si deve aggiungere il fatto che le previsioni riguardanti il contesto internazionale presentano un forte rallentamento. In particolare, la crescita economica degli Stati Uniti scenderà dal 3,5% del 2006 ad appena il 2% nel 2007. È in rallentamento anche l'economia europea, penalizzata dalla politica della Banca Centrale, che continua a mantenere un cambio euro/dollaro che penalizza le esportazioni europee. Il presidente della Banca Centrale minaccia altri aumenti del costo del denaro, con conseguenti ulteriori difficoltà dell'Europa a vendere i suoi prodotti. Il risultato sarà una ulteriore perdita di quote di commercio estero dell'euro-zona in ambito internazionale.
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Nella rossa Toscana aumentano le morti bianche
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Lunedì entra in vigore la legge regionale sulla sicurezza, ma il numero degli infortuni è alto: dalle cave di Carrara al distretto industriale di Prato, dove lavorano migliaia di cinesi
di Alberto Giannoni
Tre morti in un solo giorno. Tre martiri come li ha definiti Romano Prodi. Ma gli incidenti sul lavoro continuano, nonostante le norme e gli appelli.
In Toscana ogni quattro giorni muore un lavoratore. Le morti bianche nel 2006 hanno invertito la tendenza e sono aumentate: 84. Erano state 76 nel 2005, 94 nel 2004, più di 300 nel triennio precedente. Una strage continua, silenziosa. Una carneficina che però non si è meritata girotondi. Le linee dure contro il terribile “primato toscano” sono annunciate puntuali a ogni funerale. Una legge attesa da anni lunedì partirà da un progetto approvato dalla giunta, ma per il Pdci (che ha la presidenza della commissione Lavoro) è un provvedimento inutile. Il numero di incidenti ha toccato il suo massimo nel 2001: furono quasi 80 mila. Da allora un calo lieve fino ai 73 mila (200 al giorno) del 2005. Gli infortuni denunciati nel 2006 sono stati 61 mila. Il costo sociale sfiora i 3 miliardi l’anno. Quando ci sono (in 3 mila aziende su 380 mila), Rls – i rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza – denunciano impotenza e isolamento. Ma non è solo la microimpresa che sfugge a cambiamenti e controlli. L’occupazione langue. Preoccupati di mantenere il posto, sono gli stessi lavoratori che si contengono quando devono chiedere misure adeguate. Anche nei grandi distretti. A Carrara si contano più di 100 piccole cave. Il 2000 fu l’anno degli 11 morti. Ancora oggi mancano i mezzi fuoristrada per salire e fare i controlli. A dicembre un operaio è rimasto schiacciato da un blocco di 40 tonnellate spezzatosi in due. Nella grande siderurgia piombinese le morti superano del 50 per cento la media toscana, le inabilità permanenti del 20. Le imprese appaltatrici della Lucchini erano 29 fino a poco tempo fa. Dal ‘98 le vittime sono state 13. Tredici anni dopo il buon impatto della legge 626, la crisi che attanaglia il tessile pratese ha fatto chiudere un occhio sulla sicurezza. Lo conferma un’indagine commissionata dall’Inail. In provincia, l’incidenza di eventi negativi (30 ogni 1000 addetti) supera la media regionale (25), a sua volta maggiore di quella nazionale (22). A Prato poi gli occupati stranieri sono più di 5000, in gran parte cinesi. Sono anche imprenditori, ma solo una piccola parte è emersa. Il resto è rappresentato da turni e orari massacranti e fabbriche- abitazioni in cui si dorme e si cucina in mezzo ai solventi. Gli infortuni agli extracomunitari sono aumentati del 28 per cento, e sono il 13 per cento del totale. Preoccupa che l’anello debole siano i giovani. Incide la flessibilità dei rapporti contrattuali (uno su tre a termine), così come è normale una certa spavalderia sui rischi. Il problema diventa strutturale se più di un giovane su due crede che gli incidenti siano casuali (il 46 per cento fra gli adulti), e se solo una minoranza ha fiducia nelle norme di sicurezza e sulla loro reale efficacia preventiva. Pochi anche coloro che si sottopongono a viste mediche periodiche, spesso considerate inutili. Una fatalismo che si spiega con la minore professionalità: due giovani su tre non hanno seguito alcuna attività di formazione, a differenza della metà dei loro padri.
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Marrazzo in Cina: missione in limousine
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Spese di viaggio per un milione di euro
di Francesco Lo Dico
La Finanziaria varata dalla regione Lazio alla fine dello scorso marzo prevedeva “minori spese correnti per 750 milioni in tre anni, ricavabili da un’opera di razionalizzazione di contrasto agli sprechi”. Una manovra etica su cui deve aver inciso parecchio il viaggio in Cina del governatore Marrazzo e degli altri ventinove membri che lo hanno seguito nella trasferta orientale dello scorso settembre.
Una dieci giorni costata poco più di un milione di euro.Una cifra adeguata, a giudicare dalle parole del presidente della Regione Lazio, che definì il tour una «missione seria come non se ne vedevano da tempo». Ma soprattutto virtuosa. Perché di ritorno nella Capitale, Marrazzo tenne a precisare che “il codice etico adottato” aveva spinto i missionari regionali a condurre il viaggio “con intelligenza”. «Tutti hanno viaggiato, ad esempio, in classe economica», assicurò. Meno rallegrato dal bilancio della missione Fabio Desideri, capogruppo dc alla Pisana. «Nel Paese dove il costo del lavoro è quaranta volte inferiore al nostro, perché i cittadini hanno gli stessi diritti dei servi della gleba, Marrazzo ha viaggiato in limousine, con delegazione al seguito accomodata su eleganti bus Mercedes », ha tuonato il consigliere del centrodestra, che ha snocciolato dati e particolari sulla base di un documento di cui è faticosamente entrato in possesso. «Il viaggio è costato al contribuente 1 milione, 12mila, 289 euro e 60 centesimi. Un quarto di questa cifra è stato speso per la delegazione: aereo, albergo e spostamenti per trenta persone. Di questi, una quota parte è servita per la limousine con autista a disposizione di Marrazzo, la stessa auto che utilizza Bush e sulla quale ama spostarsi la pop star Madonna, e dei bus Mercedes per la delegazione». Completano lo spesario il viaggio aereo in classe business e la suite, lussi che il governatore ha riservato solo a se stesso. (i delegati si sono accontentati della seconda classe e di camere d’albergo standard). L’aumento delle tasse applicato dall’assessore al Bilancio Luigi Nieri nel 2006 aveva inaugurato insomma una nuova stagione. Quella degli sprechi etici.
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Delegati senegalesi e cinesi per ringiovanire il sindacato
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Un quinto degli iscritti della Cgil è straniero, la Cisl attira i lavoratori della Repubblica popolare e l’Ugl, la forza di destra, istituisce una sigla ad hoc
di Vincenzo Bacarani
Dalle tute blu ai pensionati e dai pensionati agli extracomunitari. La parabola storico-politica dei sindacati italiani sembra già segnata e il futuro di Cgil, Cisl e Uil e delle organizzazioni (come la Ugl) comincia a parlare diverse lingue nel vero senso della parola. Non più le fabbriche (o quantomeno non più come una volta) come avamposto delle rivendicazioni, non più i pensionati (o quantomeno non più tanto) come zoccolo duro di iscritti, ma ecco gli stranieri come forza emergente: sia per numero di tessere sia come nuova classe dirigente. Uno scenario che ridisegna gli equilibri interni nelle diverse confederazioni. Ne sa qualcosa la Cgil, che vede il 20 per cento delle tessere in mano agli stranieri. Non da meno la Cisl: gli ultimi dati appena elaborati dimostrano che se nel 2006 gli extracomunitari iscritti erano 212mila, a inizio 2007 sono saliti a 250mila, un 18 per cento in più in pochi mesi. Oberdan Ciucci, da anni attivo nella confederazione bianca come responsabile del settore immigrati, spiega: «Stiamo assistendo a un rinnovamento totale, una sorta di rivoluzione silenziosa e quello che più colpisce è che gli iscritti extracomunitari sono distribuiti abbastanza equamente in varie categorie. Ne abbiamo molti negli edili, nel settore tessile, nei metalmeccanici, ma anche nel commercio. Noto una grande voglia di partecipazione perché in parecchi scelgono anche di impegnarsi e molti sono delegati territoriali e provinciali in importanti aree industriali». La Cisl è stata – insieme con la Cgil – la più attiva in questo settore. Oggi e domani al Centro Studi di Firenze molti immigrati di seconda generazione (e cioè giovani dai 16 ai 26 anni nati già in Italia o arrivati da noi in tenera età) discuteranno dei problemi incontrati a scuola o sul lavoro. E poi c’è il capitolo cinese, con il sindacato che a maggior ragione dopo gli scontri di Milano, si batte per l’integrazione e contro le sacche di lavoro nero. «Una assoluta novità», spiega Ciucci, «Quest’anno, per la prima volta, abbiamo avuto un notevole numero di iscritti di lavoratori della Repubblica popolare. Loro si stanno aprendo, vogliono comprendere la nostra realtà e, soprattutto, vogliono partecipare».
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Il Fronte cristiano combattente, l'islam e la politica che non c'è
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Fausto Carioti
Volessimo imitare quello che fanno tanti esponenti della sinistra in simili occasioni, apriremmo la cassetta degli attrezzi e ne tireremmo fuori la tesi furbetta del “cui prodest”.
Suonerebbe più o meno così: l’imbecille che ieri a Milano ha tirato alcune molotov contro la sede dell’organizzazione Islamic Relief e ha rivendicato l’attentato come opera del “Fronte cristiano combattente” non è certo un cristiano. Al contrario, è qualcuno che vuole fare apparire le organizzazioni islamiche, anche le più discusse, come vittime. Quindi, basta pensare a “chi giova” l’attentato di ieri, peraltro compiuto in un orario nel quale non era possibile fare del male a nessuno, per capire chi c’è dietro. Ecco, per fortuna non solo non siamo di sinistra, ma siamo anche estranei a simili dietrologie. Il ragionamento che leggerete è di tutt’altra pasta.
Quando non si hanno prove di alcun genere è bene lasciare parlare i fatti. E i fatti, al momento, dicono che ieri mattina, intorno alle 7, alcune bottiglie incendiarie lanciate da mano ignota hanno danneggiato l’entrata dei locali di Islam Relief Italia, associazione di raccolta fondi per la causa musulmana, in via Amadeo 39. Pochi minuti dopo, una sigla sino a quel momento sconosciuta, il Fronte cristiano combattente, ha rivendicato l’attentato. La stessa voce avrebbe minacciato di morte il direttore di Islamic Relief, Paolo “Abdullah” Gonzaga. Gli investigatori parlano di una probabile “matrice razzista” dell’attentato. Quelli di Islamic Relief, come prevedibile, danno la colpa ai quotidiani che nei giorni scorsi hanno raccontato la recente “tournée” durante la quale l’organizzazione ha raccolto fondi e ospitato predicatori estremisti che inneggiavano alla guerra santa.
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L’utile “fesseria”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Nessuno si attendeva nulla dal dibattito parlamentare sui misteri della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. Ed il nulla è puntualmente comparso. Le previsioni della vigilia sono state rispettate alla lettera. L'opposizione ha recitato la sua parte, la maggioranza la sua. Senza conseguenze di alcun genere nei confronti dell'uno e dell'altro schieramento. Ma il dibattito non è stato una “fesseria” come aveva preannunciato il giorno prima il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema. Non perché abbia riservato interventi particolarmente brillanti densi di argomentazioni e di contenuti. Ma per l'esatto contrario. Nella concordata melina da zero a zero giocata dalle due squadre non ha fatto alcuna apparizione il problema del futuro. Quello immediato e quello a più lungo termine. Cioè il futuro gravido di quelle minacce terroristiche che i nostri servizi segreti hanno puntualmente denunciato come concrete ed incombenti e che i dirigenti di tutte le forze politiche hanno tranquillamente ignorato. Che succede se l'offensiva dei fondamentalisti islamici in atto in Medio Oriente e nel Maghreb si sposta anche in Spagna per la “reconquista” dell'Andalusia o in Italia per riportare sotto la barba del Profeta la Sicilia e le coste della penisola? Nessuno risponde a questo interrogativo per la semplice ragione che nessuno se lo vuole porre. Qualcuno lo fa per semplice sottovalutazione. Come se non fosse mai avvenuto nei secoli passati che l'islamismo guerresco sia sbarcato nel Vecchio Continente e le minacce di Al Quaida fossero solo delle sciocchezze di qualche mente malata.
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Romano Prodi e la navigazione a vista
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Claudio Romiti
C'è sempre più un uomo solo al comando del Paese. Un Prodi che, pur di restare seduto sul suo traballante trono; ha accettato in questi mesi qualunque compromesso, pure quello di farsi talebano. D'altro canto, l'essersi ostinati a tenere in piedi un governicchio senza prospettive e senza avere i numeri per superare i prossimi scogli che lo attendono, significa solo prolungare una agonia che verrà duramente scontata dall'intero Paese. Per essere onesti, già all'indomani della sua; investitura erano state espresse da molti autorevoli osservatori forti critiche circa la debolezza cronica di una formula politica che si regge esclusivamente su due aspetti di fondo: l'antiberlusconismo e la spartizione delbottino, ovvero poltrone ed incarichi. Per il resto trovare un minimo comune denominatore politico-programmatico tra le eterogenee forze che compongono l'Unione appare piuttosto arduo. Ciò in parte corrisponde a quanto espresso da parecchi osservatori autorevoli, in quanto per poter vincere con l'attuale formula bipolare è necessario imbarcare tutti.
Ma è anche vero che il senso di responsabilità di chi chiede al Paese un voto di fiducia per governare, proponendo grandi riforme, dovrebbe escludere di stipulare accordi con partiti troppo distanti dalla propria linea ideale. Sotto questo profilo si può pure vincere per un pugno di voti, così come è effettivamente accaduto, collegandosi con le frange più estreme della sinistra, tuttavia dovrebbe esser chiaro che una volta andati al potere con questa gente diventa impossibile operare, principalmente sul fronte della politica estera e su quello delle grandi riforme economiche che richiede la nostra situazione. E dunque, se questo ragionamento era valido qualche mese addietro, proprio non si comprende come possa ribaltarsi adesso, visto che Romano Prodi non può nemmeno più contare sull'iniziale onda emotiva; di una vittoria ottenuta per il classico calcio di mosca.
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Privatizzare non significa liberalizzare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Riccardo Scarpa
Oggi si discute su Telecom, domani si discuterà su Poste Italiane, ieri, oggi e domani le telecomunicazioni restano all’ordine del giorno ed il sistema radiotelevisivo rimane in discussione. La cultura politica, economica e giuridica italiana è affetta da una confusione di fondo, tra due concezioni e fenomeni molto diversi: la privatizzazione e la liberalizzazione. Privatizzare significa passare un’impresa dalla mano pubblica a quella privata; liberalizzare significa, invece, rendere un mercato in condizioni di monopolio od oligopolio, luogo di libera concorrenza. Le due cose non coincidono affatto. Tanto per fare un esempio, la privatizzazione della casa automobilistica Alfa Romeo non liberalizzò il mercato dell’automobile in Italia, ma rafforzò la posizione dominante del gruppo Agnelli, perché quella casa, prima in mano pubblica ma almeno in teoria concorrente della Fiat e della Lancia, venne ceduta agli Agnelli, fondatori della Fiat ed acquirenti anche della Lancia. Per questa confusione fra due realtà e discipline diverse, tutte le volte che le direttive comunitarie impongono la liberalizzazione di alcuni mercati, la prima cosa che i governi italiani pensano di fare è privatizzare le imprese pubbliche del settore.
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La rivoluzione culturale del premier iraniano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Marco Taradash
Ahmadinejad è equanime: dopo aver distribuito stelle di demerito agli studenti che avevano manifestato il loro dissenso nei suoi confronti all’Università di Teheran, ha deciso di estendere il privilegio anche ai professori. Una stella, e sei ammonito; se precario, non avrai il posto. Due stelle e ti tagliano i fondi per la ricerca. Tre stelle e sei licenziato. Alla terza stella invece gli studenti vengono espulsi dall’Università. Il problema peggiore, per gli studenti come per i professori, è che non si sa che fine fanno dopo.
E’ la “rivoluzione culturale” del premier iraniano, scriveva ieri sulla Stampa Farian Sabahi, una nota giornalista e storica iraniana. Ma - va ricordato a Luciano Violante e ai diessini, affinché nella loro “bulimia del ripensamento” non si facciano mancare nulla - la situazione non era diversa quando il presidente della Camera firmava una condiscendente prefazione al libro del “riformatore” Khatami.
La stessa Sabahi spiegava tre anni fa al Manifesto che “in questi anni Khatami ha deluso un po' tutti: nel luglio del 1999 non ha difeso gli studenti, non ha detto una parola per liberare gli intellettuali e i giornalisti finiti in carcere, colpevoli soltanto di avere espresso la loro opinione”. Fra gli altri Mohsen Kadivar, colpevole di aver detto «il governo del clero non è compatibile con la democrazia perché se la gente vota a favore di una determinata misura, non è detto che poi questa misura venga messa in pratica perché a decidere sarà sempre il Rahbar, il leader supremo, vale a dire l'ayatollah Ali Khamenei». Osservava Farian Sabahi che Kadivar, amico e politicamente vicino a Khatami, era stato “invogliato a esprimersi in questi termini per le promesse di riforma del presidente Khatami” e aveva scontato, per essersi espresso in questo modo, nove mesi di carcere.
Ecco il punto. L’Occidente, o almeno una sua parte consistente, fece allora l’errore ottimistico di distinguere fra Kathami e la teocrazia, come se un regime politico che fonda la sua legittimazione sull’interpretazione di un testo sacro fosse compatibile con qualcosa di simile alla democrazia liberale. Oggi non vorremmo che venisse fatto l’errore opposto: che si identificasse in Ahamadinejad il problema dell’Iran e della sua evoluzione militarista e nuclearista. Ahmadinejad si comporta come Hitler, è pericoloso come Hitler, ma non ha gli stessi poteri di Hitler. Liquidarlo, se mai ci si provasse (ma ci si prova?), non sarà sufficiente. Il problema è e resta la teocrazia, il governo degli ayatollah, la shari’a, la strumentalizzazione politica della religione islamica, il virus quaedista che contamina, si estende e si rafforza. Distinguere fra Ahmadijad e la teocrazia è una nuova versione dell’ottimismo occidentale, opposta a quella precedente, ma altrettanto consolatoria e vile.
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Terrorismo islamico la minaccia nucleare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Sul sito islamista Al Firdaws è stato postato un articolo intitolato “Basi religiose per lanciare un attacco nucleare”
di Dimitri Buffa
Nei siti islamisti che si aprono ogni giorno sul web e che vengono periodicamente monitorati dai servizi segreti italiani ed europei da tempo si è aperto un dibattito sulle “basi religiose” per lanciare un attacco nucleare contro l’Occidente. L’ultimo articolo in ordine di apparizione è quello di tale Abu Zarbadi ed è stato pubblicato tre giorni orsono dal website Al Firdaws. Tutte queste cose ovviamente nella 58 esima relazione del Cesis al Parlamento non sono presenti, perché il monitoraggio si ferma alla fine del secondo semestre del 2006, ma entreranno sicuramente nel nuovo rapporto. Già ora però, a leggere tra le righe la allarmatissima relazione in questione, si può capire che questo è quello che ci riserva il futuro: il pericolo di un attacco in grande stile su un obiettivo europeo, l’America è già stata scartata perché troppo blindata anche a livello di intelligence, con armi nucleari sporche. Infatti gli esperti sono concordi nell’analisi che se sui siti islamisti si dibatte delle basi religiose dell’uso delle armi di distruzione di massa, questo è indice che qualcuno queste armi già potrebbe possederle.
E i teorici del terrorismo islamico hanno già sciolto ogni dubbio in materia: l’autore dell’articolo in questione infatti si fa scrupoli anche religiosi di vario tipo, come il Profeta non approverebbe uccisioni indiscriminate anche di infedeli, ma chi gli risponde nel dibattito aperto in rete, come tale Abdal Al Sham, sembra essere giunto a conclusioni diametralmente opposte:” la distinzione tra armi di distruzione di massa e convenzionali, basate sull’estensione di distruzione e morti che le prime causerebbero è teoricamente valida ma praticamente falsa: infatti la somma di morti tra i civili, donne, bambini e vecchi, già provocati dagli Stati Uniti durante la loro crociata decennale contro l’Islam è ormai equivalente a quella di qualunque arma di distruzione di massa..il potere distruttivo delle bombe da una tonnellata gettate sull’Afghanistan è da solo più grande che quello dell’atomica buttata su Hiroshima”.
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Intervista a Scajola e Martino / “Il governo in Afghanistan ha sbagliato”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Raffaella Viglione
Il ministro degli Esteri D’Alema nel passaggio conclusivo del suo intervento alla Camera ha sottolineato il fatto che il governo italiano abbia dato priorità alle ragioni umanitarie, in continuità con quanto fatto dai diversi governi che lo hanno preceduto, e in questo sia stato sostenuto dall’insieme delle forze politiche; ha poi aggiunto che il Paese dovrebbe essere più unito e più solidale, seguendo l’esempio di altri Stati europei.
Il ministro degli Esteri ha anche annunciato l’intenzione di esplorare la possibilità di definire codici di comportamento comuni e di discuterne sia in sede Nazioni Unite sia in sede Nato. D’Alema ha infine rivolto un invito ai nostri connazionali presenti a vario titolo in zone di guerra a essere più responsabili, perché il rapimento di un cittadino italiano comporta danni all’intero Paese. A tal proposito abbiamo sentito il presidente del Copaco, on. Claudio Scajola, e l’on. Antonio Martino, già ministro della Difesa del governo Berlusconi.
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Tra demagogia e cinismo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Raffaele Iannuzzi
La lettera di Romano Prodi al Corriere della Sera è il manifesto della subcultura politica del governo. Nella cornice di un'indifferenza assoluta rispetto alle polemiche furiose di questi giorni, nate a causa delle oscure manovre del governo in Afghanistan in occasione della liberazione di Mastrogiacomo e dell'uccisione barbara dei due afghani implicati nella vicenda, Prodi cerca spazio comunicativo sulle colonne del giornale di Mieli, ulivista di centro e prodiano a giorni alterni. Il presidente del Consiglio scopre l'acqua calda anche stavolta e la rivende come novità di devastante cifra etico-politica: le buste-paga dei lavoratori dipendenti in Italia sono le più basse dell'Europa, escluso il Portogallo. Un autogol politico e comunicativo a 360°: all'indomani di un cospicuo aumento delle buste paga degli statali, Prodi scopre gli operai che languono. Ma, oltre a ciò, è la proposta di politica economica che esprime il ricatto comunista che serra il respiro riformatore di questo governo (dove sono i riformisti? Abbiamo visto Enrico Letta, in televisione, garantire la distanza del governo dall'affaire Telecom, nel più totale rispetto del mercato: c'era dunque bisogno di ripeterlo, giusto? Excusatio non petita, accusatio manifesta, caro Letta...): Prodi la butta in retorica demagogico-operaistica e stuzzica gli appetiti rivendicativi della base veterocomunista, non rendendosi conto che così sta siglando il de profundis della ripresa economica.
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"Molti errori, ma in Iraq si può ancora vincere"
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 6 della discussione
Intervista a Richard Perle di Emiliano Stornelli
Vera e propria autorità in materia di sicurezza e relazioni internazionali, Richard Perle è tra i massimi esponenti dell’American Enterprise Institute, uno dei think tank americani più autorevoli e influenti del momento. Già membro e presidente del Defense Policy Board al Pentagono, è autore di numerose pubblicazioni e collabora con il New York Times, il Washington Post, il Wall Street Journal, il Daily Telegraph e il Jerusalem Post. L’Occidentale ha potuto raccogliere le sue riflessioni sulle questioni internazionali più importanti, con il Medio Oriente e gli Stati Uniti in primo piano.
Partiano da una considerazione sull’Italia. Che pensa della vicenda riguardante il rapimento del reporter Mastrogiacomo e delle sue potenziali conseguenze?
L’Italia ha sempre trattato per la liberazione dei suoi ostaggi sia in Iraq che in Afghanistan, ma questa circostanza è diversa perché in cambio di Mastrogiacomo sono stati rilasciati dei guerriglieri talebani, i quali una volta riprese le armi potranno colpire i soldati degli altri paesi della coalizione guidata dalla Nato. C’è poi il rischio che la richiesta di rilasciare talebani in cambio di ostaggi occidentali possa divenire una prassi abituale. L’attuale governo italiano, con il suo comportamento, ha messo in pericolo la sicurezza delle truppe alleate e ha minato la tenuta del già fragile governo Karzai.
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Telecom, con la Rete di Prodi non si pesca nulla
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Benedetto Della Vedova
Finalmente, il Commissario Europeo per l'informazione e i media Viviane Reding ha chiamato il Ministro Gentiloni e la discussione su Telecom e sulla sua rete fissa è tornata con i piedi per terra. Se il Governo vuole continuare la “guerra allo straniero” dovrà cambiare registro. Malgrado non siano pochi i politici e i commentatori che hanno salutato favorevolmente il “via libera” dell’Ue, da parte della Commissione è arrivato una sonora bocciatura. Il tanto vagheggiato “scorporo” è derubricato ed è divenuto una “separazione funzionale” da negoziare con il gestore, sulla base di una normativa europea che, in materia, non detta alcuna ricetta precisa.
Il tanto auspicato “decreto” è archiviato, perché la controparte negoziale del proprietario della rete è il regolatore (l'Authority per le telecomunicazioni) e non il Governo. Due a zero. E palla al centro. Ma la partita non è finita. Sia pure con altri mezzi, nell’esecutivo si tenterà di tornare a interferire con la trattativa in corso sulla quota di controllo di Olimpia, per determinarne in qualche modo gli esiti. Magari utilizzando come alibi il pur ragionevolissimo “modello inglese”, sponsorizzato, tra gli altri, dal Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Daniele Capezzone.
La questione della rete, oggi, per come viene presentata da alcuni esponenti del governo, è una falsa questione e un puro alibi per l’interventismo del governo. Dieci anni fa, al momento della privatizzazione, la maggioranza (sostanzialmente coincidente con quella attuale) decise che il problema della proprietà e della gestione della rete fissa non esisteva. Fummo in pochi, allora, a suggerire di separare la rete, proprio perché ritenevamo che il processo di privatizzazione di Telecom potesse così più agevolmente integrarsi con quello di liberalizzazione dei servizi telefonici, riducendo la potenziale capacità di interdizione dell’ex monopolista nei confronti dei concorrenti. Ma quella scelta, che allora non fu fatta, non può essere fatta oggi solo perché la rete fissa rischia di andare in mano agli “americani”. Anzi, per ragioni tecnologiche e di mercato questa situazione, così tanto temuta, è assai meno pericolosa di quella che conseguirebbe da una più o meno surrettizia “ri-nazionalizzazzione” della rete.
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Sul tesoretto Prodi sbaglia tre volte
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Oscar Giannino
Sul cosiddetto “tesoretto” fiscale, alfine si è espresso il presidente del Consiglio, Romano Prodi. In breve, cerchiamo di osservare pacatamente perché la sua presa di posizione contravviene a tre punti essenziali, se si guarda alla questione dal punto di vista di chi è liberista e dunque non può che essere contrario all’elevatissima pressione fiscale in atto nel nostro Paese.
Innanzitutto, non c’è – ancora una volta – nessuna cifra indicata. Perché? Semplice, per effetto di un trucco normativo, anche se nessuno ama ricordarlo. Quella stessa sinistra che era stata inflessibile nel sostenere i forti aggravi fiscali disposti a luglio 2006 e con la finanziaria 2007 sotto l’egida della lotta all’evasione, ha preso a puntare i piedi di fronte alla necessità di procedere a una rapida redistribuzione del cosiddetto “tesoretto”. Ma così facendo – e anche Prodi evita di far cifre per la stessa ragiione - dimentica di aver votato una norma – tra gli oltre 1.300 commi della finanziaria – che prescrive testualmente che sarà eventualmente devolvibile alla restituzione solo ciò che risulterà, del totale del gettito, superiore al preventivato ma esclusivamente se e in quanto proveniente da lotta all’evasione e, aggiuntivamente, se sarà considerato dall’amministrazione tributaria come entrata a carattere strutturale nei successivi esercizi, e non irripetibile. Era un comma scritto apposta per impedire in realtà qualunque distoglimento di gettito dal fine – considerato prevalente da parte del ministro dell’Economia – del contenimento del deficit. Resta il fatto che, a un anno di pervicace sottostima dell’andamento delle entrate – i cui primi segni di accrescimento largamente superiore alla ripresa dell’economia datano alla seconda metà del 2005 - ha fatto seguito un’altrettanto inopinata diffusione della convinzione che la lotta all’evasione abbia in realtà portato a segno una spallata “storica”, determinando un’inversione di tendenza del comportamento del contribuente grazie alla maggior durezza dichiarata programmaticamente da Vincenzo Visco. Paradossalmente, i dati dei patrimoni assicurati al fisco e in precedenza evasi danno torto a tale impostazione, visto che nel 2006 sono aumentati del 14% gli accertamenti ma le risorse messe a ruolo sono di circa 4 miliardi di euro inferiore a quelle recuperate nel 2005 del “famigerato” Tremonti, e altrettanto dicasi per il numero di evasori totali accertati, inferiore di alcune centinaia di unità ai circa 7.800 identificati nel 2005.
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Commissione Mitrokhin: è l'ora della verità
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Cristiana Vivenzio
Che cosa succederebbe se in un sistema democratico la libera indagine di studiosi e intellettuali dipendesse esclusivamente dagli esiti della lotta politica? Se l’uso pubblico del passato di un nazione non trovasse un contrappeso nel lavoro degli storici che, quotidianamente, su quel passato indagano in modo rigoroso e scientifico? Sono partiti da queste domande nel novembre scorso cinquanta storici dalle varie appartenenza politiche e dai più differenti orientamenti storiografici, per chiedere ai Presidenti dei due rami del Parlamento di pubblicizzare i documenti della Commissione Mitrokhin e della Commissione stragi, a tutt’oggi soggetti ad una “preventiva acritica secretazione” da parte dell’archivio storico sel Senato.
Gli storici, che allora sottoscrissero un appello inviato ai presidenti Marini e Bertinotti, protestano per aver visto cadere nel nulla le loro richieste e, nel corso di una conferenza stampa tenuta ieri al Senato – alla presenza del vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, del senatore e storico Gaetano Quagliariello e di Piero Craveri, storico contemporaneista che con Quagliariello ha promosso e sottoscritto l’appello – tornano alla carica: “Chiediamo la desecretazione degli atti come gesto di democrazia e di lealtà verso lo stato di diritto di questo paese”. L’escamotage c’è, ha affermato nello specifico Quagliariello: l’art 16 del Regolamento dell’archivio storico del Senato, che darebbe al Presidente Marini lo strumento per rendere accessibili i documenti anche prima della scadenza prefissata “in considerazione del loro valore storico”.
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Forza Italia in piazza per il Natale di Roma
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Forza Italia organizza per il 21 aprile una manifestazione in via della Conciliazione con Silvio Berlusconi ''per affermare la volonta' che la Chiesa e lo Stato vivano in armonia''. Lo annuncia il coordinatore di Forza Italia del Lazio e commissario per la citta' di Roma, Francesco Giro.
''Il 21 aprile insieme a Silvio Berlusconi - afferma Giro - Forza Italia porra' al centro della sua iniziativa politica nazionale la nuova questione romana. Sara' una grande manifestazione pubblica e politica, aperta a tutta la citta' di Roma, in un luogo simbolo, via della Conciliazione, a due passi dal Vaticano, per affermare la nostra volonta' che la Chiesa e lo Stato vivano in armonia, nel rispetto del loro reciproco ruolo e vocazione. Il 21 aprile vogliamo dare da Roma una grande scossa alla politica romana che esprime larga parte della politica italiana''.
Secondo Giro, ''una grande nazione merita di avere una grande capitale in linea con le grandi capitali d'Europa, moderna, sicura e solidale. Oggi Roma non e' ne' una citta' moderna, basti considerare la piaga irrisolta del traffico urbano e delle polveri killer; ne' una citta' sicura, basti leggere i dati allarmanti della diffusione della cocaina e degli omicidi sempre piu' efferati; ne' una citta' solidale, basti contare il numero crescente dei disperati costretti a vivere a migliaia in mezzo alla strada, in baracche di fortuna, in favelas lungo il greto del fiume Tevere''.
''Il 21 aprile insieme a Berlusconi noi racconteremo la storia di una Roma dolente e sofferente ma con l'obiettivo di voltare pagina e di restituire a questa Citta' un volto nuovo, quello di una capitale della solidarieta', del dialogo, dello sviluppo umano oltre che economico''.
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E il cioccolato delle uova di Pasqua..
>>Da: Luna
Messaggio 1 della discussione
avete qualche idea di come usarlo?
Io ne ho ancora moltissimo!
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Nuovi messaggi di oggi
Se vuoi rispondere, visita la bacheca del gruppo.
http://groups.msn.com/Clubazzurrolaclessidrafriends/messageboard
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Telecom, Prodi fa scappare gli americani
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
At&t fa marcia indietro, il nodo della rete telefonica e della sua possibile nazionalizzazione blocca le trattative. Banca Intesa e Colaninno pronti a intervenire. Restano in corsa i messicani di América Móvil. Maratona per il cda
Roma - At&t si ritira dalla corsa del 33% di Olimpia, la cassaforte di Tronchetti Provera che custodisce il 18% di Telecom. Restano per il momento in corsa, invece, i messicani di América Móvil. Anche se pure loro stanno valutando diverse opzioni: restare nell’operazione, con altri partner e non solo con Telefonos de Mexico; oppure, ritirare l’offerta.
Il colpo di scena arriva a metà pomeriggio: una rapida comunicazione alla Pirelli e l’indiscrezione finisce sulla versione online del Wall Street Journal. Alla base del ritiro degli americani «il timore dell’incertezza normativa». Timore espresso nella lettera che Randall Stephenson, capo operativo di At&T, ha inviato ieri a Marco Tronchetti Provera. Il dirigente del colosso statunitense parla espressamente di «regulatory uncertainties» (incertezze regolamentari) che «precludono» la «transazione» tra Olimpia e At&t. Lettera formale al presidente di Pirelli che diventa un atto d’accusa per la politica italiana. L’accoglienza riservata all’At&t dal pianeta della politica nostrana (in modo particolare, del governo), le discussioni sul futuro della rete, l’uso di un decreto legge o di un emendamento per scorporarla, avrebbero convinto gli americani a desistere dall’investimento.
E pensare che per scongiurare fenomeni di “chantage” (questo il termine tecnico utilizzato per definire paletti normativi ostili a operazioni di mercato) si era mossa l’amministrazione americana a diversi livelli. Compresa una visita di Ronald Spogli, ambasciatore americano, a Palazzo Chigi. Incontro nel quale non si sarebbe parlato di Telecom: a detta delle fonti ufficiali.
Curiosa coincidenza. Proprio oggi la commissione Lavori pubblici del Senato mette in discussione il disegno di legge sul riordino delle Authority: cioè, il veicolo legislativo che avrebbe dovuto (o dovrebbe ancora) accogliere l’emendamento del governo orientato a dare maggiori poteri all’Autorità delle Comunicazioni sulla separazione societaria della rete d’infrastrutture Telecom. Vale a dire, lo strumento di «incertezza normativa» a cui fanno riferimento le fonti vicine all’operazione per argomentare la scelta di At&t.
E i titoli Pirelli e Telecom sono stati “congelati” per ribasso nella seduta serale della Borsa. Il titolo Telecom, dopo l’annuncio di At&t, è sceso del 3,5% a quota 2,3 euro. Mentre l’ultimo prezzo della Pirelli è stato di 0,87 euro, con una flessione del 3,5%.
Con la scelta degli americani di At&t è la terza operazione internazionale su Telecom che “salta” da quando Romano Prodi è a Palazzo Chigi. La prima è stata quella che interessava Rupert Murdoch, seguita dal Piano Rovati (che ipotizzava la nazionalizzazione della rete d’infrastrutture) e dal comunicato della presidenza del Consiglio che rivelava le confidenze fatte da Tronchetti Provera a Prodi sui negoziati con General Electric; la seconda è stata quella con Telefonica (naufragata al vertice bilaterale di Ibiza con Zapatero, a favore di Enel-Endesa); la terza è quella con l’At&t.
Da notare che già in
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Orrore in Virginia: carneficina all’università
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Washington - Un altro massacro in un campus americano fa piombare gli Stati Uniti nell’incubo di Columbine, dove nel 1999 due studenti fecero strage in una scuola superiore. A quasi dieci anni di distanza da quella tragedia che sconvolse l’America, un orrore ancora più sanguinoso si ripete in Virginia con una sparatoria che ha provocato 32 vittime, in gran parte studenti.
Tra i morti vi sarebbe anche il presunto responsabile della carneficina che avrebbe aperto il fuoco all’impazzata nei pressi del dormitorio del campus “Virginia Polytechnic Institute” e poi in un’aula dell’università. I feriti sono almeno una trentina, alcuni dei quali hanno tentato di fuggire saltando giù dalle finestre.
Ancora non si conosce il movente della furia inaudita che ha coinvolto il college, situato 400 chilometri a sudovest di Washington, a cui sono iscritti oltre 25mila studenti. Alcuni testimoni hanno riferito di aver udito almeno una quarantina di spari. Secondo una prima ricostruzione dei fatti le sparatorie sono state due, avvenute a distanza di circa tre ore l’una dall’altra. La polizia sta cercando all’interno del campus un secondo uomo, probabilmente un complice del killer, rimasto ucciso nel conflitto a fuoco.
Un portavoce della polizia, Wendell Flinchum, ha confermato che molte delle vittime sono studenti, uccisi a colpi d’arma da fuoco mentre stavano seguendo una lezione, all’interno di un’aula dell’università. «Non sappiamo se l’uomo che ha aperto il fuoco sia o meno uno studente», ha precisato Flinchum.
«Oggi (ieri per chi legge, n.d.r.) la nostra università è stata colpita da una tragedia di proporzioni colossali», ha detto Charles Steiger, presidente della “Virginia Tech University”. Stando a fonti locali nel campus dove è avvenuta la strage, era prevista una cerimonia: genitori e aspiranti matricole erano infatti attesi ieri per una giornata dedicata all’orientamento universitario.
Nell’ultimo mese il campus universitario della Virginia Tech è stato interessato da due allarmi bomba il 2 e 13 aprile scorsi. Il rettorato aveva promesso un premio di 5mila dollari per risalire ai responsabili delle allerte, che si erano rivelate false. Lo stesso istituto era stato oggetto di un’altra sparatoria nell’agosto del 2006, quando un evaso si era rifugiato al suo interno e aveva esploso alcuni colpi che avevano ucciso una persona. Il presidente americano George W. Bush si è detto assalito dall’ «orrore» per la strage.
Intanto il pensiero dell’America sotto shock torna indietro al 20 aprile 1999, data del massacro compiuto nella Columbine High School, vicino a Denver, in Colorado, dove due studenti uccisero 13 persone (dodici studenti e un insegnante) e ferite altre ventuno. Presenti nel campus dell’orrore anche due studenti italiani, Rosario Esposito e Massimiliano Rolandi. «La sparatoria più violenta - hanno raccontato a Repubblica - è avvenuta a pochi metri da qui, a ingegneria. Ci siamo barricati all’interno e per ore non abbiamo potuto fare altro».
LA PADANIA
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«Non sai il Corano»: botte alla figlia
>>Da: andreavisconti
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Faenza - «Un fatto gravissimo che dimostra come in nome della religione certi islamici non esitino ad usare la violenza». Così Mauro Manfredini, consigliere Regionale della Lega Nord Padania commenta quanto accaduto a Faenza, dove una bambina di soli 11 anni è stata ripetutamente aggredita dal padre perché non riusciva ad imparare il Corano a memoria.
La vicenda è emersa solo grazie all’intervento dei carabinieri, arrivati nell’appartamento dove l’uomo viveva con la figlia, arrivata in Italia dal Marocco solo da quattro mesi (gli altri familiari sono ancora nel Paese africano), pochi istanti dopo l’ennesima punizione inferta alla piccola perché non era riuscita a ripetere alcuni versetti del libro sacro dei musulmani a memoria. Ad avvisare le forze dell’ordine è stato lo zio della bambina preoccupato per come la piccola veniva trattata. Davanti ai militari dell’Arma il marocchino, 51 anni, da 15 anni residente in Italia, ha cercato di minimizzare, di sostenere che non era successo niente, i segni sul collo della piccola però lo contraddicevano. I carabinieri così lo hanno portato in caserma e affidato la piccola allo zio e poi accompagnata davanti al Gip. Dopo molte reticenze, la bambina ha raccontato al magistrato il suo incubo domestico: il padre le faceva studiare il Corano e «come ad ogni buon musulmano» imparare i versetti a memoria per poi ripeterli davanti a lui. Quelle parole stampate però lei non riusciva a memorizzarle e questo scatenava la rabbia dell’uomo che per punirla la colpiva con la scopa sulla schiena e con violenti schiaffi. Il racconto è stato poi confermato dai riscontri dei medici del pronto soccorso che hanno evidenziato ematomi in varie parti del corpo, inferti da colpi molto violenti. A quel punto per il padre è scattato l’arresto, misura che solo pochi giorni - dopo due settimane di detenzione in carcere - fa è stata convertita in domiciliare. L’avvocato dell’uomo ha spiegato che il suo assistito «è molto dispiaciuto, ha chiesto in continuazione dei suoi figli», ma per lui è scattato ugualmente il rinvio a giudizio e la piccola è stata affidata temporaneamente allo zio.
«La cosa peggiore - ha commentato ancora il consigliere regionale Manfredini - è che un padre abbia sfogato la propria rabbia su una bambina di appena 11 anni. Questo è il sintomo di un evidente disagio sociale che trova anche all’interno delle mura domestiche esternazioni violente che sempre più spesso hanno come vittime bambini innocenti e donne. Il padre vive in Italia da molti anni: ciò dimostra come l’integrazione non dipenda dal tempo di permanenza sul nostro territorio, ma dalla volontà di una condivisione di valori, che sono il fondamento di un popolo e di una Nazione, quale quella italiana, e che, troppo spesso, persone di religione islamica dimostrano di rifiutare».
«Anche alla luce di questo grave fatto - ha aggiunto la leghista Tiziana Bagnolini, consigliera comunale di Faenza - vorrei invitare coloro che dovranno esprimersi in merito alla possibilità di accordare agli extracomunitari del nostro Comune il voto al referendum consultivo a riflettere attentamente prima di accordare un diritto così importante a chi ripetutamente dimostra di non volersi integrare».
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Piacenza, 52enne insidia undicenne: colto in flagrante
>>Da: andreavisconti
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Lo hanno arrestato in flagranza, uno dei rari casi per questo genere di reato, mentre insidiava un bambino di 11 anni. In manette è finito un uomo di 52 anni, di origini lombarde, dipendente dell’ospedale di Borgonovo (Piacenza) con la pesantissima accusa di violenza sessuale su un minore di 14 anni. In casa, dopo una perquisizione, i carabinieri hanno rinvenuto anche del materiale pedopornografico. È il secondo caso di pedofilia che in poco tempo avviene in provincia di Piacenza: a finire in cella, un paio di settimane fa, era stato un 50enne accusato di abusi sulla figlia di sette anni. Ad accorgersi che qualcosa non andava nella bambina erano state le maestre. Da qui la segnalazione alla polizia e l’arresto.
Nell’ultimo caso, invece, a entrare in azione sono stati i carabinieri. I militari non hanno fornito molti particolari sulla vicenda anche perché oggi è previsto un intervento ufficiale alla presenza anche dei vertici dell’Ausl locale.
I sospetti sull’uomo esistevano da tempo e le voci circolavano. I militari sono intervenuti con discrezione, piazzando alcune telecamere nascoste in un locale nei pressi dell’ingresso, dove lavora l’uomo, per accertarsi se i contatti con i minori avvenissero anche sul luogo di lavoro. L’altro giorno, il lavoro ha dato i suoi frutti. I militari hanno visto dal monitor un bambino che si è avvicinato. I genitori del piccolo hanno affidato al dipendente il piccolo, perché loro dovevano fare visita a un parente ricoverato. A quel punto, l’uomo adesca il bambino con un regalo. Una tecnica che sembra il dipendente dell’Ausl avesse adottato anche in altri casi. I carabinieri decidono di intervenire e piombano si sorpresa nella stanza dove si trovavano l’uomo e il bambino. La scena non lascia spazio a dubbi e per il pedofilo scattano le manette. In casa del dipendente Ausl, poi, da una perquisizione emerge materiale proveniente dall’orrendo mercato della pedopornografia.
GIANFRANCO SALVATORI
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Disabile rapinato e picchiato. E' in fin di vita
>>Da: andreavisconti
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Un disabile è stato massacrato a colpi di pietra da un pregiudicato e da un minorenne che volevano rubargli la pensione. È accaduto la notte scorsa nelle campagne di Piazza Armerina (Enna), dove i carabinieri hanno fermato gli aggressori. La vittima è in gravissime condizioni nell’ospedale «Chiello». Gli indagati sono Giuseppe Gurrera, 28 anni pregiudicato, e A. P., 16 anni, operaio incensurato, entrambi di Piazza Armerina. Le accuse ipotizzate a loro carico sono di tentato omicidio e rapina. La vittima Giuseppe S., 36 anni, affetto da un disturbo psichico, aveva appena riscosso la pensione che percepisce per la sua patologia, quandeo è stato avvicinato -secondo la ricostruzione dei carabinieri- dai due fermati che lo avrebbero portato nelle campagne tra Aidone e Piazza Armerina con l’intento di derubarlo della somma che aveva con sè, circa 500 euro.
Dopo averlo picchiato, lo hanno colpito con un masso alla testa e lo hanno gettato in un dirupo credendolo morto. L’uomo però è stato rinvenuto ancora in vita, anche se le sue condizioni sono definite gravissime dai medici dell’ospedale «Chiello» dove è stato ricoverato in rianimazione.
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Indonesia/ Scoperto uno "squadrone" della Jemaah Islamiya pronto a colpire
>>Da: andreavisconti
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Un gruppo terrroristico affiliato ad Al Qaeda e conosciuto con il nome di "Jemaah Islamiya" ha creato uno "squadrone" il cui compito è quello di attaccare agenti di polizia magistrati e giudici in Indonesia. La notizia è stata riportata da un giornale di Singapore, "The Straits Times", che cita Ansyaad Mbai, un responsabile della divisione antiterrorismo del ministero della Sicurezza di Giacarta. Stando a Mbai, il gruppo terroristico ha preparato una lista di obiettivi 'infedeli' da colpire, tra cui il rettore di un'università cristiana e un funzionario dell'ufficio della procura generale di Giava centrale.
Tutto è stato reso possibile grazie alle operazioni antiterrorismo del mese scorso a Giava, che hanno portato al ritrovamento di documenti sulla nuova struttura della Jemaah e di un vasto arsenale, comprendente anche fucili M-16. Sempre secondo "The Straits Times" la reale forza di questo "squadrone" potrebbe dipendere da una nuova ala militare del gruppo terroristico creata da Abu Dujana, considerato il nuovo leader della Jemaah. L'organizzazione, creata nel 1993 con l'obiettivo di creare un "superstato" islamico nell'Asia sudorientale, è ritenuta responsabile, tra gli altri, dell'attacco a Bali del 12 ottobre del 2002, costato la vita a 202 persone.
AFFARI ITALIANI
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Pd: la querelle su leadership e pantheon, lo stallo nel governo
>>Da: andreavisconti
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Nei piani degli ulivisti, il Partito democratico avrebbe dovuto fornire una spinta riformista al governo Prodi, contribuendo a prevenire sbilanciamenti a sinistra e ad allungare le aspettative di vita dell’esecutivo. In questa fase, però, il dibattito sul Partito democratico sembra piuttosto determinare uno stallo per la maggioranza e per il governo. Ed è tangibile il rischio che i contraccolpi dal processo che dovrà condurre al varo del Pd si avvertano fino a Palazzo Chigi. Pare esserne consapevole il premier Romano Prodi, che da Tokyo provvede a bloccare sul nascere le voci sulla possibile investitura del “delfino” Walter Veltroni chiarendo di non avere “eredi” da designare. Sta di fatto che la querelle sulla leadership futura del Pd - insieme a quella sul “pantheon” della nuova formazione - continua a tenere banco nel dibattito interno al centrosinistra, con incessanti interventi da parte di esponenti del governo e di maggiorenti della Quercia e della Margherita. Dal Giappone, Prodi avverte anche che la costruzione del nuovo soggetto riformista rappresenta “una grande avventura che si misura con il paese non contro i partiti, ma oltre i partiti”. Un’affermazione che nelle sedi di Ds e Dl potrebbe essere stata accolta con più di un mugugno.
Quanto alla Quercia, gli occhi sono comunque puntati soprattutto sulle assise di Firenze, in vista delle quali prende sempre più corpo il distacco della minoranza di sinistra guidata da Fabio Mussi, l’unico esponente del Correntone che parlerà a Firenze. Quelle pronunciate da Mussi saranno con ogni probabilità le parole d’addio alla Quercia, ormai prossima alla fusione con la Margherita nel segno del Pd. Un divorzio destinato a lasciare una scia di veleni. Come fa presagire lo scambio di battute al vetriolo tra maggioranza e minoranza Ds registrato oggi dalle agenzie di stampa. Insomma, il Pd, lungi dall’essere - come qualche tempo fa profetizzava Prodi - una “polizza assicurativa” a tutela del Professore, agita in questo momento la maggioranza e i partiti che la compongono. Oscurando gli altri temi iscritti nell’agenda del governo e del Parlamento. Anche se la politica estera, in particolare la questione Afghanistan (domani al Senato si tornerà a parlare, con esiti non preventivabili, del caso Mastrogiacomo e dell’invio di elicotteri Mangusta a sostegno del contingente italiano), potrebbe riacquistare centralità nelle prossime ore, minacciando ancora una volta la tenuta dell’Unione a Palazzo Madama.
Nicholas D. Leone
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Difesa: anche delfini e leoni marini combattono il terrorismo
>>Da: andreavisconti
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Anche gli animali entrano a pieno ritmo nella lotta al terrorismo. Cento mammiferi marini, di cui 75 delfini e 25 leoni di mare, sono stati dislocati alla base navale di Point Loma (San Diego, California) e vengono addestrati quotidianamente a riconoscere e contrastare possibili minacce terroristiche che provengono dal mare. Di questi già una trentina è operativa e pattuglia le acque della base di Kitsap-Bangor a Washigton, struttura strategica che ospita sottomarini nucleari, navi e laboratori top secret. I mammiferi seguono in principio un corso base che da una parte insegna loro i rudimenti di ciò che dovranno fare. Dall’altra permette agli istruttori di valutare quali sono le attitudini più sviluppate degli animali, in modo che questi ultimi vengano poi indirizzati al meglio nel training specializzato. Dopo anni di esperimenti, la Marina degli Stati Uniti ha appurato che i delfini e i leoni marini possono lavorare insieme sott’acqua con ottimi risultati. Entrambe le specie, che possono nuotare in acque profonde e buie senza problemi, sono in grado di trovare ordigni subacquei nascosti. In presenza di una bomba sottomarina, i primi vi depositano sopra una luce. I secondi, invece, la agganciano con una cima o catena.
I leoni marini e i delfini vivono in una grande struttura nel centro di addestramento. Insieme ai 100 mammiferi lavorano nella struttura militare circa 200 tecnici, istruttori e personale addetto agli animali. Il programma “Sea mammal” della Us Navy è cominciato alla fine degli anni Cinquanta. In un primo momento è proceduto a ritmo costante, ma al culmine della Guerra Fredda ha subito un’accelerazione, tanto che in quel periodo c’erano 150 animali in addestramento. Ma, mentre i leoni marini sono stati introdotti in un secondo tempo, i delfini invece sono stati da subito coinvolti sia nell’addestramento sia nelle operazioni. Per esempio, durante la guerra in Vietnam alcuni di questi mammiferi furono impiegati per proteggere un molo. Uno di loro, che oggi ha quasi 50 anni è ancora vivo ed è considerato a tutti gli effetti un veterano, tanto che si gode la sua “pensione” (in pesci) nella base navale di San Diego.
Dal Vietnam i mammiferi marini sono stati sempre impiegati nelle campagne militari americane, compresa quella in Iraq. A questo proposito, nel 2003 alcuni delfini dislocati nel porto di Umm Qasr, hanno identificato un campo minato subacqueo nascosto e hanno trovato un percorso sicuro per lo sbarco dei marines. Non solo. I mammiferi vengono regolarmente utilizzati anche negli Usa quando ci sono particolari manifestazioni. Nel 1996 furono impiegati a San Diego per pattugliare lo specchio d’acqua davanti alla città durante la convention del partito repubblicano. Se per i militari i delfini e i leoni marini sono fondamentali per alcuni compiti, gli animalisti la pensano diversamente. In particolare le associazioni per i diritti degli animali hanno criticato duramente l’impiego dei mammiferi marini nelle acque di Washington, a loro detta troppo fredde (sei gradi celsius) rispetto a quelle di San Diego. Questa differenza di temperatura potrebbe stressare eccessivamente gli animali. Inoltre, delfini e leoni marini non sono originari di quella zona, che vede invece una vasta popolazione di orche. La paura degli animalisti è che qualche malattia possa essere trasmessa involontariamente a questi ultimi mammiferi.
IL VELINO
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Dichiarazione redditi dei politici
>>Da: felice
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BERLUSCONI E' PAPERONE, PRODI DEPUTATO PIU' 'POVERO'
ROMA - Anche quest'anno Silvio Berlusconi si conferma il più ricco tra i leader politici alla Camera. Per il 2005 il presidente di Forza Italia ha dichiarato 28.033.122 euro. Per il 2004 il suo reddito era di 3.550.391 euro. Il leader più 'povero' è invece il presidente del Consiglio Romano Prodi: ha dichiarato 89.514 euro. E' quanto si evince dalle dichiarazioni dei redditi per il 2005 dei deputati. Fra i leader alla Camera, Berlusconi è seguito da Francesco Nucara (Pri, 289.255), dall'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini (Udc, 214.787), e da Gianfranco Fini (An, 200.677). In fondo alla classifica, Prodi è preceduto solo da Franco Giordano (Prc, penultimo con 129.569 euro) e Francesco Rutelli (Dl, terzultimo con 132.500).
AMATO IL MINISTRO PIU' RICCO, IL PIU' POVERO FERRERO
Il ministro più ricco del governo Prodi è Giuliano Amato, che nella dichiarazione dei redditi per il 2005 ha denunciato oltre 420 mila euro. Per un pagamento di imposte pari a circa 172 mila euro. Il più povero invece è Paolo Ferrero (Prc), che ha dichiarato appena 20.245 euro con un'imposta netta 2.755. Nella top ten dei ministri più facoltosi ci sono anche il responsabile delle Politiche Agricole Paolo De Castro, con 346.369 euro (imposta netta 137.719); e Linda Lanzillotta con 312.638 euro (imposta netta 124.192). La media nello staff del governo Prodi supera di poco i cento mila euro (si oscilla dai 129 mila di Vannino Chiti ai 191 mila di Fabio Mussi). Ma a far compagnia a Ferrero, per reddito più basso, è Cesare Damiano (Ds) che ha denunciato al fisco poco più di 64 mila euro, per un pagamento di 20.378 euro di imposta. Decisamente superiore alla media del governo è la dichiarazione dei redditi del portavoce del governo Silvio Sircana, che ha un reddito imponibile di 254.575 euro (imposta netta 106.128).
89 mila euro Prodi......
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Nuovi messaggi di oggi
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http://groups.msn.com/Clubazzurrolaclessidrafriends/messageboard
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Psichiatra presa a martellate da un paziente
>>Da: andreavisconti
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La sorella dell’eurodeputato Vittorio Agnoletto in ospedale con gravi ferite alla testa
Si è presentato al Centro Psico Sociale dov’era in cura, armato di martello, coltello e cacciavite, con l’intenzione di uccidere la psichiatra che si occupava di lui da una decina d’anni, Maria Giulia Agnoletto, sorella dell’europarlamentare del Prc. È riuscito a ferirla gravemente, colpendola alla testa a martellate, aggredendo anche un altro medico accorso in aiuto della collega. Infine, quando sono giunti gli altri rinforzi, è scappato cercando di far perdere le tracce, ma i carabinieri lo hanno rintracciato e arrestato, incriminandolo per tentato omicidio. È successo lunedì mattina a Cesano Maderno, vicino Milano; protagonista un giovane disoccupato del posto di 39 anni.
«Il paziente, che conosciamo bene, non aveva mai dato problemi, per cui quanto accaduto era per tutti inimmaginabile – ha raccontato il dr. Giuseppe Spata, responsabile dell’Azienda Ospedaliera di Vimercate, da cui dipende il CPS -. Si tratta in ogni caso di un episodio a sé stante e che non ha precedenti nelle nostre strutture disseminate sul territorio, che ogni giorno si occupano di migliaia di persone con disagio mentale».
Verso le 10.30 il giovane si è recato al CPS di via S.Stefano per quello che doveva essere il solito controllo mensile. È giunto però in preda ad una crisi psicotica acuta, soprattutto determinato ad uccidere il suo medico curante. Infatti, non appena si è chiuso la porta dello studio alle spalle, senza pronunciare parole, si è avventato contro la donna colpendola ripetutamente al capo. Le invocazioni d’aiuto della vittima sono state raccolte da una sua collega precipitasi a sua volta nella stanza, ed anche lei è stata più volte colpita a martellate al corpo ed alle braccia dal folle. Quando poi finalmente sono arrivati altri medici e infermieri, il giovane ha deciso di scappare, lasciandosi alle spalle mobili spaccati e vittime sanguinanti. «La dottoressa, semincosciente, è stata caricata in ambulanza e trasportata nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Monza, dove l’hanno sottoposta ad un delicato intervento chirurgico per sanare le fratture craniche riportate – ha spiegato il primario di Psichiatria, Fabio Brambilla -; la prognosi rimane riservata, ma le condizioni della collega vanno per fortuna lentamente migliorando». L’altro medico colpito ha riportato soltanto leggere ferite e si è fatto medicare all’ospedale di Desio.
Michele Perla
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Sperimentazione anti cancro appello in Rete per farla partire
>>Da: andreavisconti
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Il ministero della Salute non dà l’ok e così si rischia di vanificare il lavoro di anni
Per molti malati è l’unica speranza rimasta. Ma qualcuno gliela sta togliendo, anche se tutto era già pronto. La terapia messa a punto dal dottor Silvio Buzzi di Ravenna, approvata e la sperimentazione clinica in via di partenza. Ma il via non è mai stato dato e la cura da un anno si è arenata. In quali ostacoli non si sa. E, come se non bastasse, se si temporeggia ancora tutto va in fumo perché la sostanza che dev’essere utilizzata, il CRM197, un derivato della tossina difterica, scade il prossimo novembre. Una scadenza contestata dai familiari di molti malati di tumore, che sostengono non sia di pochi mesi, ma di una decina d’anni, e insorgono per quest’ingiustizia a colpi di mail indirizzate al ministro della salute Turco. Forti del fatto che la terapia incagliatasi non impiega uno strano ritrovato prodotto da chissà quale strano stregone, ma un medicinale con tutti i crismi, al punto che ha superato i controlli del dicastero della Salute.
Del resto, spiegano coloro che hanno lanciato la protesta, le ricerche del dottor Silvio Buzzi sono state ampiamente riconosciute dal mondo scientifico, tant’è vero che il loro autore le ha pubblicate su importanti numerose riviste quali The Lancet, Cancer Research e Cancer Immunolgy Immunotherapy, pubblicazioni di cui però il ministero della Salute non ha tenuto assolutamente conto. Ci sono voluti, infatti, un’interrogazione parlamentare di Forza Italia e svariati articoli di giornali prima che il dicastero il 7 marzo del 2006 accettasse di avviarne la sperimentazione. Purtroppo si è trattato soltanto di una falsa partenza. E pensare che non mancava nulla: era stato scelto il reparto, l’oncologico dell’ospedale di Empoli diretto dal dottor Gianmaria Fiorentini, e le fiale di CRM19 messe a disposizione dalla Chiron. Tutto bene, quindi, e, invece no. La sperimentazione non è mai partita. «E intanto - si legge nell’appello lanciato da chi confida in questa sperimentazione - ai malati senza speranze e refrattari a tutte le terapie ufficiali che hanno chiesto di utilizzare il CRM197 per uso compassionevole, è stato risposto che il CRM197 non è un farmaco e non può essere autorizzato il suo utilizzo sull’uomo senza studi approfonditi». «Peccato - controbattono i promotori della protesta via mail - che questa sostanza sia ormai in commercio da 15 anni e utilizzata come vettore per i vaccini».
Marisa De Moliner
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La catena di Sant’Antonio all’epoca del web
>>Da: andreavisconti
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Ogni giorno computer intasati da finte raccolte benefiche e annunci «spam»
Tra Viagra in offerta speciale, promozioni di casinò che promettono vincite milionarie, pornografia di vario genere, chiunque utilizzi per lavoro la posta elettronica deve fare i conti con lo «spam», i messaggi indesiderati che inondano ogni giorno le e-mail di tutto il mondo. Ci sono filtri che possono arginare il fenomeno: gli indirizzi dei mittenti dei messaggi spazzatura sono ormai «segnati» come untori, riconosciuti ed eliminati preventivamente da molti software per la gestione della posta e dai client web. Ma non c’è sistema che tenga quando a fare da untori sono amici o colleghi, pronti loro malgrado a diffondere come un virus le migliaia di bufale che girano per internet sotto forma di catene di Sant’Antonio digitali, con storie più o meno strazianti al seguito.
A chi non è mai capitato di ricevere messaggi che invitano a salvare la vita a bambini ustionati o colpiti da rare e misteriose malattie semplicemente inoltrando la e-mail agli indirizzi della propria rubrica? E per quanto sia incredibile, nel 2007 c’è ancora chi crede che ci siano società di software e provider internet che pagano un tot di centesimi per ogni messaggio inoltrato dai familiari del bimbo malato di turno.
Sadismo, più che beneficenza. Non si comprende perché mai Microsoft, per fare un esempio, contattata dai genitori di una ragazzina con la leucemia, invece di concedere le poche migliaia di dollari necessari al viaggio della speranza, ovviamente dando pubblicità alla notizia per ottenerne un ritorno d’immagine, dia vita a una specie di lotteria: «Bene, fate girare l’appello e per ogni e-mail che viene inoltrata vi daremo un po’ di soldi».
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Le Regioni rosse sperperano Guerra sul decreto salva debiti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il provvedimento dovrebbe tappare i buchi della spesa sanitaria La Cdl insorge: «Danneggiati quelli che sanno gestire i fondi»
Il governo vuole cancellare i debiti delle regioni per decreto ma il centrodestra non ci sta. È guerra nelle commissioni Bilancio e Sanità del Senato. Un braccio di ferro che è proseguito ieri sera e stamattina e che avrà come probabile conseguenza l’arrivo in aula del decreto ripiana debiti senza un relatore perché non si farà in tempo ad affrontare tutti gli emendamenti. Nel provvedimento si prevede lo stanziamento di 3 miliardi di euro per ripianare il deficit sanitario di alcune regioni, soprattutto quello di Lazio e Campania che hanno cumulato deficit stellari. Una decisione contro la quale hanno alzato le barricate la Lega, che ha presentato il 90 per cento degli emendamenti, e tutto il centrodestra. La Lega vorrebbe che almeno il 20 per cento delle risorse stanziate andasse alla regioni «virtuose» come Veneto, Lombardia e Basilicata che hanno fatto il proprio dovere: ipotesi subito esclusa dal relatore in commissione Bilancio, Raffaele Tecce. «Cambiare ora le cifre destinate alle Regioni comporterebbe come conseguenza anche la necessità di cambiare anche i piani di rientro già approvati».
Gli assessori alla Sanità del Veneto Flavio Tosi e della Lombardia Bresciani denunciano: «I cittadini devono sapere che con i loro soldi si pagano le auto blu, le feste e quant’altro a Marrazzo e i corsi per le veline, quasi un milione di euro, a Bassolino». Sbalordito il senatore di An Augello: «Il governo è favorevole alla proposta di privare tutti i fornitori della sanità della possibilità di recuperare gli importi che sono loro dovuti dalle Regioni facendo ricorso ad azioni esecutive. Persino le azioni esecutive già intraprese non potranno essere concluse, un’iniziativa contraria alla Costituzione».
IL GIORNALE
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Intercettazioni, arriva il bavaglio alla stampa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sì della Camera al disegno di legge che prevede supermulte per la pubblicazione delle registrazioni. Resta anche il carcere
Niente carcere per i giornalisti, assicura il Guardasigilli Clemente Mastella. Ma l’aula della Camera stabilisce multe fino a 100mila euro per chi pubblica le intercettazioni e non elimina l’arresto dal codice penale. Il disegno di legge viene approvato all’unanimità (447 sì e 7 astenuti) e passa al Senato. Per il ministro è «un grande ed esaltante momento di attività parlamentare».
Viene contenuta la pressione di An e Fi che volevano un più severo giro di vite (la prima, una pena detentiva fino a 6 mesi e la seconda, una sanzione da 50mila a 300mila euro), mentre passa un emendamento degli azzurri che stabilisce il controllo della Corte dei conti sulle spese per le intercettazioni delle Procure italiane.
L’accordo tra maggioranza e opposizione si raggiunge prima di portare all’assemblea il disegno di legge Mastella, nel comitato dei 9 della Commissione Giustizia di Montecitorio: aumento delle sanzioni pecuniarie per i giornalisti, ma no alle pene detentive. Soprattutto l’estrema sinistra protestava contro una Cdl che «imbavaglia» i giornalisti, ma alla fine l’aula approva un emendamento del governo che prevede multe salate per chi pubblica stralci di intercettazioni telefoniche lecite, o comunque atti di procedimento penale coperti da segreto (fino alla conclusione delle indagini preliminari): da 10mila a 100mila euro. Si modifica, così, l'articolo 684 del codice penale che stabiliva un'ammenda fino a 258 euro. La parte della norma sulla pena detentiva non viene modificata e prevede l'arresto fino a 30 giorni. Il Guardasigilli sostiene, però, che la posizione sua e del governo è contro il carcere per i giornalisti e che le nuove norme non vogliono imporre la «museruola» alla stampa. Mastella appoggia la norma sul controllo contabile sull'operato delle procure, che non riguarderà «l'attività giurisdizionale e le modalità di investigazione».
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Cessione Italtel, una procura setaccia gli affari di Prodi
>>Da: andreavisconti
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I Pm di Bolzano passano al setaccio la vendita a Siemens nel 1994 e sequestrano le fatture delle consulenze al Professore, ai tempi presidente dell'Iri. Una "soffiata" di Visco e il presidente del Consiglio scoprì di essere finito nella rete. Dalla Sme alla Cirio vendite in saldo
Gianmarco Chiocchi e Gianluigi Nuzzi
Nell’indagine della Procura di Bolzano per corruzione, concussione e riciclaggio sulla vendita che nel 1994 Stet (gruppo Iri) fece di Italtel, gioiello delle telecomunicazioni, ai tedeschi di Siemens, con Goldman Sachs come advisor, gli inquirenti compiono ora accertamenti sulle attività del presidente del Consiglio Romano Prodi. Gli inquirenti altoatesini hanno avviato numerose verifiche sugli affari compiuti dai Prodi, sulle compravendite immobiliari della moglie, Flavia Franzoni. E, soprattutto, sulla loro attività professionale, a iniziare dalle consulenze ricevute negli anni ’90 da Goldman Sachs.
La polizia giudiziaria ha quindi compiuto diverse attività. È andata una prima volta a Bologna, nello studio di Piero Gnudi, commercialista storico del professore, per acquisire documenti e fatture pagate ai Prodi da Goldman Sachs. È tornata una seconda volta a Bologna per prendere altre fatture dei Prodi presso gli uffici giudiziari e atti relativi a una inchiesta archiviata sulla cessione Cirio-Bertolli-De Rica. Nel frattempo sui Prodi sono stati compiuti accertamenti patrimoniali, finanziari e tributari su delega della Procura di Bolzano. Al vaglio le attività di numerosi soggetti: Romano Prodi, la moglie Flavia, alcune immobiliari partecipate da quest’ultima e da fiduciarie, la fondazione Il Mulino. I rapporti con Goldman Sachs sono ritenuti rilevanti per comprendere le dinamiche della vicenda.
Tra il 1990 e il 1995 la banca d’affari pagò alla società dei Prodi, la Ase Analisi e Studi Economici srl, oltre 2 miliardi e 622 milioni, rivelandosi così il committente privilegiato dei Prodi. Prima di General Electric e Pacific Telesis International. Proprio in quegli anni si sviluppa la battaglia su Italtel. Nel 1992 inizia infatti la lotta per il controllo dell’azienda telefonica: Siemens, At&t, Ericsson e Alcatel cercano di aggiudicarsi il gruppo italiano. Nel maggio ’93 Prodi arriva all’Iri (che controlla Stet che a sua volta controlla Italtel) e interrompe le consulenze con Goldman Sachs per riprenderle nel settembre del ’94 quando lascia la presidenza. Ma i rapporti restano saldi: la banca è talmente soddisfatta di Prodi per i primi cinque mesi del 1993 da assegnarli un bonus speciale di 910 milioni. Un bonus che corrisponde a oltre un anno di compensi medi finora percepiti. Coincidenza vuole che Goldman Sachs, pochi mesi dopo, nell’inverno del 1993, riesce a scalzare Schroeders, come banca d’affari che per Siemens segue Italtel. Un affare da 2.500 miliardi.
Negli stessi mesi viene stilato un documento Siemens, sequestrato in Germania, dal quale emerge che Prodi, nella veste di presidente dell’Iri, era a favore di Siemens rispetto ad Alcatel. Si arriva così al 12 maggio 1994 quando viene firmato il memorandum d’intesa tra Siemens Ag e Stet per acquisire Italtel. Nemmeno tre mesi dopo Prodi lascia l’Iri. Alla domanda se vi siano politici indagati, sia il Pm Guido Rispoli, sia il pr
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Telecom, richiamo degli Usa: nell'economia italiana il governo ha troppo potere
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
di Fabrizio Ravoni L’ambasciatore americano Spogli: "Le regole non sono uguali per tutti". Dopo la rinuncia di At&t interviene anche l'Ue: "Non ci devono essere barriere nel mercato". Pistorio nuovo presidente. Tronchetti Provera: "Pirelli venderà ma solo a un prezzo giusto"
Roma - Il giorno dopo il ritiro dell’At&t, sul caso Telecom scende in campo l’ambasciatore degli Stati Uniti. Senza troppi giri di parole, Ronald Spogli osserva che fra Usa e Italia c’è «una grandissima differenza sul concetto di presenza del governo negli affari dell’economia. Qui c’è una lunga tradizione di presenza molto forte del governo». In America, invece, «viviamo in una società in cui il governo stabilisce regole, però lascia che i settori si sviluppino nella maniera giusta».
Come a dire: è stata la massiccia presenza del governo nella trattativa a convincere At&t a ritirare l’offerta per acquisire il 33% di Olimpia. E precisa: «Sarà molto importante per gli italiani determinare se questo è il sistema che vogliono per il futuro». In più, l’ambasciatore Usa ricorda che gli investimenti Usa in Italia sono più bassi di quelli realizzati in Francia, Spagna e Germania. Fenomeno determinato da diversi motivi. Ma fra questi - osserva Spogli - «c’è il non capire se le regole siano uguali per tutti».
Insomma, è proprio il mancato rispetto delle regole che avrebbe spinto At&t a uscire ancora una volta dal mercato italiano. E l’Unione europea mette il dito nella piaga. «È importante - sottolinea il portavoce del commissario europeo Viviane Reding - che il sistema delle regole italiane sia in linea con quello europeo. E che non ci sia un uso scorretto delle leggi». Insomma - sostiene Bruxelles - «crediamo che il mercato italiano delle telecomunicazioni dovrebbe essere aperto a tutto il mondo».
Alla base delle critiche dell’ambasciatore americano e della Commissione europea il fuoco di fila del governo e della maggioranza sulla rete d’infrastrutture Telecom. Più di un ministro ha chiesto un decreto per scorporare la rete da Telecom. Poi, la maggioranza ha (o avrebbe) optato per un emendamento da presentare al disegno di legge fermo in Parlamento per autorizzare maggiori poteri all’Authority delle comunicazioni per verificare lo scorporo effettivo. Per gli americani e per l’Unione europea questo dibattito rappresenta una modifica delle regole a partita iniziata. Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, spiega che «non c’è stata alcuna ingerenza da parte del governo».
Roberto Pinza, viceministro all’Economia, osserva che «l’At&t è un colosso e non decide di interrompere l’operazione Telecom se glielo chiede un ministro». A dir la verità l’ha chiesto l’intero governo. E ora si aggiunge anche il presidente della Camera. Fausto Bertinotti, indirettamente, rilancia il Piano Rovati. Se la rete delle comunicazioni è unica - dice - il suo monopolio dev’essere pubblico. E per rafforzare le posizioni del presidente della Camera, il gruppo di Rifondazione comunista in un’interrogazione a Prodi chiede che la rete Telecom diventi pubblica.
Musica per le orecchie del presidente del Consiglio. Da Tokio afferma che «non esiste un progetto del governo» per scorporare Telecom. E non poteva dire il
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Codice fiscale, si cambia: troppi immigrati omonimi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Forse rimarrà la familiare bicromia bianco-verde, e quei dati impressi in rilievo. Ma del codice fiscale, almeno di quello concepito alla fine degli anni ’70 sotto forma di tesserino cartaceo prima, e poi con le misure e la rigidità della carta di credito, non resterà altro. È il nuovo che avanza: cinesi, rumeni, arabi, e più in generale tutti gli immigrati regolari, stanno imponendo una profonda revisione al vecchio codice, strumento perfetto per gli italiani in virtù degli 8.103 validi per altrettanti Comuni. Il problema, sotto forma di molti casi di omonimia, si pone invece con gli stranieri, per i quali è previsto solo un codice Paese che aumenta le possibilità di persone con lo stesso nome e nate nello stesso anno. «Cominciano ad esserci troppo omonimie - ha spiegato il presidente di Sogei, Gilberto Ricci - della necessità di una revisione ne abbiamo già parlato con Visco». Non solo. Una modifica del documento con cui vengono fotografati i nostri rapporti con il Fisco, è resa inevitabile anche a causa della necessità di trascrizione di alfabeti diversi da quello occidentale (cinese e arabo, per esempio) e, in prospettiva, per risolvere la questione del doppio cognome.
Ma la metamorfosi del codice fiscale (un processo comunque lento, che sarà completato in una ventina d’anni), non sarà l’unica. Mutuando il modello francese, anche l’Italia si sta attrezzando per poter costruire la famiglia fiscale. Con l’obiettivo di abbinare la posizione fiscale del singolo con quella degli altri componenti il nucleo familiare, in modo da stabilire l’effettiva capacità contributiva. I tempi? «Entro l’anno avremo i primi risultati», ha annunciato l’amministratore delegato di Sogei, Valerio Zappalà.
Altre due novità riguardano inoltre i ritocchi previsti agli studi di settore, ovvero la base su cui calcolare l’imponibile dei lavoratori autonomi, e uno strumento informatico - «Domus» - che sarà dato in dotazione alla Guardia di finanza per stanare l’evasione derivante dalle compravendite immobiliari.
Infine, Ricci ha sottolineato che «diversi miliardi di euro» potranno essere risparmiati dal primo luglio 2007 attraverso la revisione del sistema delle prescrizioni specialistiche e farmaceutiche fatte da tutti i medici italiani, che devono essere comunicate al ministero dell'Economia. Il sistema andrà a regime entro fine 2008.
IL GIORNALE
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Tratta di immigrati, 31 fermi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Gli arrestati appartengono a due cellule criminali con basi in Egitto
ed in Libia e ramificate in Calabria, in Sicilia ed in Lombardia
Un’imponente operazione, condotta dalla Polizia di Stato di Crotone e Catanzaro coordinate dal Servizio Centrale Operativo (Sco), della Direzione Centrale Anticrimine (Dac) della Polizia di Stato, ha consentito di disarticolare una agguerrita organizzazione criminale transnazionale, dedita alla tratta di esseri umani. La Polizia ha eseguito 31 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi nei confronti di altrettanti trafficanti di uomini a Crotone, Milano, Perugia, Agrigento, Caltanissetta, Isernia e Cosenza, ritenuti responsabili di aver organizzato viaggi illegali di migliaia di clandestini dal Nord Africa verso le coste siciliane.
Le indagini condotte dagli uomini della squadra mobile di Crotone e Catanzaro, hanno consentito di accertare che l’organizzazione criminale, ricevuto il carico umano, agevolava le fughe dei clandestini dai Centri di accoglienza di Isola Capo Rizzato (Kr) e Caltanissetta. Dopo la fuga i clandestini venivano presi in carico da altri trafficanti e segregati, in condizioni di vera e propria schiavitù, sino al pagamento del riscatto. I parenti delle vittime, in Italia o nei paesi di origine, erano costretti a pagare la libertà dei congiunti versando 500 euro a persona.
Gli arrestati appartengono a due cellule criminali, composte da cittadini eritrei e marocchini, con basi operative in Egitto ed in Libia, e ramificate principalmente in Calabria, in Sicilia ed in Lombardia. Sono almeno 10 gli sbarchi attribuiti nell’ultimo anno al sodalizio malavitoso e migliaia le persone «trafficate». Ingente il volume d’affari dei mercanti di uomini. L’operazione di oggi prende il nome da Harig che nell’idioma magrebino significa «superare clandestinamente la frontiera».
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Ahmadinejad: "Taglieremo la mano di chi offende"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Ricorrendo a una delle metafore che gli sono tanto care, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha minacciato di «tagliare la mano che offenderà» il suo Paese. «Il nostro esercito ha una missione difensiva e non offensiva» ha detto durante un discorso pronunciato nel giorno della festa delle forze armate, «ma è assolutamente pronto ad affrontare qualunque aggressore e a tagliargli la mano».
Mente i soldati sfilavano davanti al palco in cui Ahmadinajad stava in mezzo ai più alti gradi delle forze armate iraniane, il presidente si lanciava nell’ennesima filippica contro le sanzioni decise dall’Onu. «Credono di paralizzarci con il loro embargo» ha detto, «ma noi siamo riusciti a produrre da soli tutto quello di cui abbiamo bisogno in fatto di armamenti».
Nonostante il braccio di ferro nucleare che oppone l’Iran alla comunità internazionale, il regime degli ayatollah vuole avere buoni rapporti con tutti, tranne che con Israele di cui si rifiuta di riconoscere l’esistenza. «Il nostro popolo tende una mano amica a tutte le genti. Vogliamo avere relazioni amichevoli ed eque con tutti, tranne che con il regime sionista».
LA STAMPA
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Francia. Arriva la laurea per i clown
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Fare il clown è un mestiere serio e richiede una laurea. Lo ha stabilito il ministero dell'Educazione francese, che ha autorizzato il rilascio di un diploma universitario per esercitare questa professione. "La domanda per esercitare il mestiere di clown è molto ampia - ha dichiarato Marie-Therese Maurer, presidente dell'Università di Lione in una intervista a Le Monde - sopratutto per coloro che intendono praticare questo lavoro negli ospedali, nelle Case di Riposo e nelle scuole".
Il corso di laurea avrà la durata di un anno e si svolgerà per sei mesi all'Università di Lione e per il tempo restante alla Casa delle arti del Circo e dei clown a Bourg-Saint-Andeol. Oltre alla formazione pratica, gli studenti seguiranno un corso di gestione, produzione e amministrazione degli spettacoli. "L'idea - ha spiegato Jacquel Bonniel dell'Università di Lione- è di aiutare i giovani a trovare un altro lavoro nel caso in cui rinunciassero a fare i clowns". Al primo corso, che avrà inizio a fine anno, sono gia' iscritti una quindicina di studenti.
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Armi iraniane per i talebani
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Le forze della coalizione in Afghanistan hanno intercettato e sequestrato mortai ed esplosivi al plastico C-4 fabbricati in Iran e destinati ai talebani. Lo ha annunciato il generale Peter Pace, capo di stato maggiore interforze americano. Le armi sono state intercettate nei pressi di Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, ma secondo il generale Pace non c'è alcuna prova del coinvolgimento del governo iraniano. "Al momento non è chiaro quale entità iraniana sia responsabile in Afghanistan, ma abbiamo intercettato armi destinate ai talebani che sono state fabbricate in Iran", ha dichiarato il generale Pace.
AFFARI ITALIANI
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I retroscena del mancato accordo con AT&T
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
“Incertezze su alcuni elementi della regolazione". E' stata questa la ragione, messa nero su bianco, per cui gli americani di AT hanno interrotto l'offerta avanzata per rilevare da Pirelli il 33 per cento di Olimpia che controlla Telecom Italia. Ma le incertezze regolatorie non sono state le sole motivazioni ad aver indotto il colosso Usa delle tlc a rivedere le proprie posizioni. A influire sul cambiamento di rotta, secondo le indiscrezioni che provengono da fonti finanziarie, sono stati anche alcuni aspetti dei negoziati che negli scorsi giorni hanno visto i consulenti delle parti trattare al fine di delineare l'assetto futuro della governance di Olimpia, e quindi di Telecom Italia. Gli advisor degli americani hanno notato fin da subito che un ruolo sempre più crescente assumevano i report di Intesa Sanpaolo, destinata a rilevare il restante 33 per cento di Olimpia con una newco aperta ad altri interlocutori italiani, finanziari e industriali. Una posizione che ha fatto del gruppo creditizio presieduto da Giovanni Bazoli il king maker delle trattative negli scorsi giorni, successive all'offerta tex-mex. Innanzitutto è stato prospettato il progetto secondo cui l'istituto bancario non pagasse lo stesso prezzo della cordata AT Movil (ossia 2,82 euro per azione), bensì un prezzo più basso la cui differenza sarebbe stata scaricata sulla cordata. Altrettante perplessità tra gli statunitensi avrebbero sortito le ipotesi di governance suggerite dal partner bancario. Il consiglio di amministrazione di Telecom sarebbe stato dotato di un comitato esecutivo di sette componenti. Dei quali, 3 nominati dai tre soci di Olimpia, quindi uno a testa. Il resto dei membri, compreso presidente, vicepresidente e amministratore delegato, sarebbero stati designati all'unanimità. In caso di possibile stallo, per un eventuale veto della newco promossa da Intesa Sanpaolo, la bozza di accordo prevedeva che AT e America Movil avrebbero espresso solo l'amministratore delegato, mentre Intesa avrebbe scelto presidente e vicepresidente. Prefigurando in questo modo una maggioranza di controllo non chiara all'interno dello strategico, e operativo, comitato esecutivo di Telecom, per chi invece avrebbe detenuto il 66 per cento di Olimpia.
Remo Urbino
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Prodi vuole nazionalizzare
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Da giorni, da quando è stato dato l'annuncio delle trattative tra Pirelli e At Movil, non passa ora che non vi sia una dichiarazione degli esponenti della sinistra per chiedere un intervento di legge sulla rete di Telecom Italia. E ora che gli americani si sono ritirati, quel mondo politico insisterà, perché per questi signori il problema non è lo straniero, ma la gestione degli investimenti sulla rete. S'invocano decreti e disegni di legge per separarla o scorporarla, escludendo a parole una rinazionalizzazione precedentemente proposta da Palazzo Chigi con la scandalosa vicenda del "piano Rovati". Come sappiamo, allora, le cose andarono male e la merchant bank di Palazzo Chigi non riuscì nel tentativo di togliere la proprietà della rete a una società privata e quotata in Borsa.
L'approssimazione politica e l'ignoranza specifica impediscono anche di capire il vero significato del recente voto del Parlamento Europeo con il quale si chiede l'abbassamento e poi l'azzeramento delle tariffe di roaming: la rete è una sola ed è europea. Questa è la ragione per cui non si dovrebbe pagare diversamente a seconda che una telefonata la si riceva a Catania o a Lione. Ed è assurdo che mentre questo avviene in Europa, in Italia si discuta sul valore strategico della rete nazionale, un concetto fuorviante ed antiquato.
La persistenza e la costante volontà del governo Prodi, nel tentare di scorporare la rete Telecom, questa volta, però, ha incuriosito (e forse preoccupato) la commissaria europea Viviane Reding, responsabile per la società dell'informazione e i media e, quindi, del settore delle telecomunicazioni. Possiamo immaginare la confusione nel gabinetto della commissaria, poco abituata alle contraddittorie esternazioni degli esponenti di governo e della maggioranza di centro-sinistra. Noi siamo purtroppo quotidianamente sommersi da dichiarazioni di questo o di quel ministro in contrasto con quelle di un suo qualsiasi collega di governo o di un qualche leader della variegata maggioranza che li sostiene. Ma a Bruxelles no. Tant'è che è giunta una telefonata della Reding al ministro Gentiloni per avere chiarimenti. Una cortesia, quella della commissaria, fatta direttamente al ministro, con lo scopo d'informarlo dell'esistenza delle norme comunitarie che regolano il settore delle telecomunicazioni. Immaginiamo che per prima cosa da Bruxelles sia giunta la notizia che non spetta al governo decidere sulle sorti della rete Telecom, meno che mai con decreto. Esiste, infatti, un "Pacchetto Telecom", in vigore già dal 2002, formato da 5 direttive, che dispone il quadro normativo di riferimento dentro al quale le Autorità per le telecomunicazioni svolgono le loro funzioni, nel rispetto dei princìpi di indipendenza e autonomia. Quel pacchetto, poi, è figlio del libro verde delle telecomunicazioni e delle prime direttive sulla rete aperta, datate fine anni Ottanta.
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CHI SE NE FREGA DELLE AMMINISTRATIVE?
>>Da: grillo_pensante
Messaggio 6 della discussione
Se a qualcuno interessa saperlo ecco qui sotto i comuni che vanno al rinnovo, ovvio che se trovate un casino di Comuni della stessa provincia vuole dire che lì si vota pure per la provincia, sarebbe una cosa intuitiva, ma non si sa mai.
Se qualcuno ha familiarità con vacanzieri in Sardegna è pregato di passagli l'elenco, che magari poi lo mette pure nel suo sito politico, ditegli che non si preoccupi per la spesa, glielo regaliamo...
grillo
ALESSANDRIA ACQUI TERME
AGRIGENTO AGRIGENTO
AGRIGENTO ARAGONA
AGRIGENTO BIVONA
AGRIGENTO CAMPOBELLO DI LICATA
AGRIGENTO CASTELTERMINI
AGRIGENTO CATTOLICA ERACLEA
AGRIGENTO COMITINI
AGRIGENTO FAVARA
AGRIGENTO LAMPEDUSA E LINOSA
AGRIGENTO MONTALLEGRO
AGRIGENTO RACALMUTO
AGRIGENTO RAFFADALI
AGRIGENTO RAVANUSA
AGRIGENTO SAN GIOVANNI GEMINI
AGRIGENTO SANTA ELISABETTA
AGRIGENTO SANTA MARGHERITA DI BELICE
AGRIGENTO VILLAFRANCA SICULA
ALESSANDRIA ALESSANDRIA
ALESSANDRIA ALICE BEL COLLE
ALESSANDRIA CAREZZANO
ALESSANDRIA CARROSIO
ALESSANDRIA MORANO SUL PO
ALESSANDRIA POMARO MONFERRATO
ALESSANDRIA ROSIGNANO MONFERRATO
ALESSANDRIA SERRAVALLE SCRIVIA
ANCONA CORINALDO
ANCONA FABRIANO
ANCONA JESI
ANCONA ROSORA
AOSTA ARNAD
AOSTA ISSIME
AOSTA VALSAVARENCHE
AREZZO ANGHIARI
AREZZO MONTEMIGNAIO
ASCOLI PICENO ACQUAVIVA PICENA
ASCOLI PICENO RIPATRANSONE
ASTI ASTI
ASTI CAPRIGLIO
ASTI CASTAGNOLE MONFERRATO
ASTI CERRETO D'ASTI
ASTI MONTEGROSSO D'ASTI
ASTI TONCO
ASTI VESIME
ASTI VILLANOVA D'ASTI
AVELLINO ALTAVILLA IRPINA
AVELLINO ANDRETTA
AVELLINO ATRIPALDA
AVELLINO CAPRIGLIA IRPINA
AVELLINO CHIANCHE
AVELLINO FLUMERI
AVELLINO LAURO
AVELLINO MONTEFORTE IRPINO
AVELLINO MONTEMARANO
AVELLINO PRATA DI PRINCIPATO ULTRA
AVELLINO SOLOFRA
BARI ALBEROBELLO
BARI CASTELLANA GROTTE
BARI GIOVINAZZO
BARI SANNICANDRO DI BARI
BARI SANTERAMO IN COLLE
BARI TURI
BARLETTA-ANDRIA-TRANI CANOSA DI PUGLIA
BARLETTA-ANDRIA-TRANI MINERVINO MURGE
BARLETTA-ANDRIA-TRANI SAN FERDINANDO DI PUGLIA
BELLUNO AURONZO DI CADORE
BELLUNO CENCENIGHE AGORDINO
BELLUNO CESIOMAGGIORE
BELLUNO CORTINA D'AMPEZZO
BELLUNO FALCADE
BELLUNO FELTRE
BELLUNO LAMON
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BELLUNO SAN GREGORIO NELLE ALPI
BELLUNO TAMBRE
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BENEVENTO CAMPOLATTARO
BENEVENTO GUARDIA SANFRAMONDI
BENEVENTO LIMATOLA
BENEVENTO MOLINARA
BENEVENTO PONTELANDOLFO
BENEVENTO PUGLIANELLO
BENEVENTO REINO
BENEVENTO SAN SALVATORE TELESINO
BENEVENTO SASSINORO
BENEVENTO VITULANO
BERGAMO ALBANO SANT'ALESSANDRO
BERGAMO ARZAGO D'ADDA
BERGAMO AVERARA
BERGAMO BLELLO
BERGAMO BREMBATE DI SOPRA
BERGAMO CALUSCO D'ADDA
BERGAMO CAPRIATE SAN GERVASIO
BERGAMO CISANO BERGAMASCO
BERGAMO CURNO
BERGAMO GANDINO
BERGAMO LEFFE
BERGAMO MAPELLO
BERGAMO MEZZOLDO
BERGAMO MOZZO
BERGAMO NEMBRO
BERGAMO OLTRE IL COLLE
BERGAMO SOVERE
BERGAMO URGNANO
BERGAMO VILLONGO
BIELLA VALLANZENGO
BOLOGNA BUDRIO
BOLOGNA PORRETTA TERME
BRESCIA ACQUAFREDDA
BRESCIA CAZZAGO SAN MARTINO
BRESCIA DARFO BOARIO TERME
BRESCIA DESENZANO DEL GARDA
BRESCIA GOTTOLENGO
BRESCIA ODOLO
BRESCIA PASPARDO
BRESCIA PROVAGLIO VAL SABBIA
BRESCIA ROVATO
BRINDISI ERCHIE
BRINDISI FASANO
BRINDISI LATIANO
BRINDISI MESAGNE
BRINDISI SAN MICHELE SALENTINO
BRI
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Lettere dal carcere
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Raffaele Iannuzzi
«Sono uno dei pericolosi terroristi, oggi per vostra fortuna, rinchiuso in un carcere di "alta sicurezza" a Monza. Il mio nome è Davide Rotondi. Scrivo per dire che sono francamente stupito di vedere solo oggi il dito puntato su Gino Strada ed i suoi collaboratori, per avere contatti "particolari" con i Taleban. Dico questo perché non capisco come possa essere sfuggito alla solerte dottoressa Boccassini della Procura Di Milano l'evidente collegamento di Emergency ed il suo fondatore con il sottoscritto, stabilendo con gran gioia l'ennesima prova di collegamenti internazionali atti a sostenere l'impianto accusatorio. Sono stato io, infatti, nel lontano 1998 ad invitare (ovviamente in un incontro clandestino mediante telefonate criptate e contro-pedinamenti ineccepibili) gli esponenti veneti di spicco del gruppo Emergency, a tenere una conferenza all'interno dell'ospedale civile di Abano Terme di fronte ad oltre 100 lavoratori della sanità. Oggetto dell'incontro era fare proseliti e spiegare le tecniche ed il tipo di armi usate dal gruppo (bisturi, aghi, per sutura, etc.) nei luoghi caldi ove operava. Un dibattito interessante che spiegava, inoltre, l'utilizzo e la costruzione di sofisticati strumenti tecnologici ad alto impatto distruttivo (quali protesi, arti artificiali, carrozzine, ecc...) ai neofiti terroristi e complici presenti».
«Ancor più strano appare, in questo contesto, che sia sfuggito il collegamento e l'attività di "propaganda armata", fatta dal sottoscritto con la complicità di una radio popolare, Radio Gamma 5, in cui una sera ebbe luogo un incontro che vide la partecipazione di oltre 150 cittadini e la diretta radio che coinvolse migliaia di ascoltatori sintonizzati, tutti ad ascoltare con attenzione la portavoce di Emergency che ci raccontava quali fossero i legami con i bambini, donne, anziani taliban, afghani, pakistani, anticipando con grande lungimiranza come sia stata possibile, oggi, la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, mentre i vari agenti 007 in cappuccio nero (sì, gli stessi che in 20 sono venuti ad arrestare il sottoscritto in mutande ed il mio cane, questo sì terrorizzato) brancolano nel buio degli anfratti afgani».