Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Nuovi messaggi di oggi
Se vuoi rispondere, visita la bacheca del gruppo.
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Capodanno 2007
>>Da: Lory
Messaggio 8 della discussione
Per dove avete prenotato? Se non l'avete ancora fatto dove vorreste andare? Con quante persone? Per quanti giorni?
>>Da: forza italia milano
Messaggio 7 della discussione
Praga dal 22 dic.-al 05 genaio , c'è qualcuno che saà in giro.io parto da milano.
>>Da: cheri
Messaggio 8 della discussione
Ti conviene iscriverti nel nostro nuovo gruppo su multiply, magari troverai qualche compagna/o di viaggio.
Ciao!
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Mumbai, riuscito il blitz al Taj Mahal
>>Da: andreavisconti
Messaggio 16 della discussione
La Farnesina: "C'è una vittima italiana"
Oltre centro morti, 314 i feriti. Presi di mira gli hotel di lusso.
Sono 15 gli italiani nelle mani dei terroristi, il ministero degli Esteri: "Di un altro italiano non si hanno notizie". E' morto Antonio de Lorenzo. Liberato l'hotel Taj: cadaveri all'ingresso. Ancora assediato l'Oberoi Trident dove si è sentita un'esplosione
Mumbai - C'è un italiano tra le vittime degli attacchi di Mumbai. La conferma rriva dalla Farnesina. Tra i 101 cadaveri c'è anche quello di un nostro connazionale. "Al termine di complessi accertamenti in una situazione che rimane molto tesa, l’unità di crisi in stretto raccordo con le nostre autorità diplomatico-consolari in India ha potuto confermare l’avvenuto decesso di un nostro connazionale negli attentati che hanno avuto luogo a Mumbai. Si tratta di Antonio de Lorenzo" recita un laconico comunicato della Farnesina.E di un altro non si hanno notizie. "Un italiano manca ancora all’appello a Mumbai" conferma il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti.
Liberato il Taj Mahal La polizia ha ripreso il controllo dell’albergo Taj Mahal. Lo ha reso noto il capo della polizia dello Stato. "Ora non ci sono più ostaggi al suo interno". Gli agenti hanno trovato alcuni cadaveri all’ingresso e stanno procedendo stanza per stanza per far uscire i clienti che vi si erano rinchiusi. Alcune persone sarebbero ancora tenute in ostaggio all’hotel Trident/Oberoi, dove vi sono anche una decina di italiani, inclusa una bimba di sei mesi. "Ecco perché l’operazione è stata condotta in modo attento, per garantire che non vi siano vittime innocenti".
Commandos in azione Sono quattro o cinque i terroristi che erano ancora asserragliati nell’hotel Taj Mahal. Lo ha riferito la polizia che ritiene che gli ostaggi rimasti nell’albergo siano tra i 40 e i 50. Un terrorista è stato catturato. I militari e le teste di cuoio della National Security Guard, un corpo speciale antiterrorismo sono entrati anche nel Trident Oberoi hotel e nell’edificio di Nariman House, dove un numero imprecisato di ostaggi sono nelle mani di terroristi, che sembrano essere estremisti musulmani. L’emittente aggiunge che scontri a fuoco sono ancora in corso e che nel Trident sono esplose delle granate.
Attacchi a Mumbai Ancora terrore e sangue in India per un'ondata di esplosioni simultanee e sparatorie a Mumbai attaccata nella notte da gruppi di teroristi. Sarebbero 101 i morti e 314 feriti in una serie di attacchi condotti in serata nella capitale finanziaria dell’India. Nove delle vittime sono straniere (sicuramente un giapponese e un australiano). Gli attentati sono stati rivendicati da un gruppo islamico semisconosciuto, i Deccan Mujahidden che hanno chiesto la liberazione di tutti i guerriglieri musulmani detenuti in India. Decine gli ostaggi, in particolare americani e inglesi, in alcuni alberghi. A entrare in azione sarebbero stati circa 200 terroristi divisi in diversi commando, ma sul loro numero esatto non ci sono notizie ufficiali. Si parla di 9 obbiettivi attaccati in città.
Italiani tra gli ostaggi Tra i turisti coinvolti negli attentati agli alberghi di Mumbai ci sono anche 15 italiani, tra cui una bimba di sei mesi. Ora si trovano chiusi nelle
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 13 della discussione
Le autorità indiane hanno rivisto al ribasso il bilancio delle vittime degli attacchi terroristici che hanno colpito la capitale finanziaria dell'India Mumbai: i morti confermati sono 174, ma il numero potrebbe tornare a crescere. Il precedente bilancio era di 195 morti.
Il portavoce del governatore dello Stato del Maharashtra, Bhushan Gagrani, ha affermato che il bilancio delle vittime degli attentati di Mumbai è stato rivisto al ribasso, 174 morti invece di 195, perchè alcuni cadaveri sono stati conteggiati due volte. Il numero dei feriti attualmente è 239.
Gagrani, tuttavia, ha affermato che la cifra dei morti potrebbe tornare a crescere perchè in alcune aree dell'hotel Taj Mahal, uno dei dieci siti della città colpiti dai terroristi, le ricerche sono ancora in corso. Negli attacchi terroristici, sono almeno 20 i membri delle forze di sicurezza indiane rimasti uccisi.
Il premier indiano Manmohan Singh ha auspicato una riunione dei leader dei principali partiti politici del paese oggi per discutere della situazione.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 14 della discussione
Mumbai, terrorista catturato: "nostro obiettivo gli israeliani"
"La nostra missione specifica era colpire gli israeliani per vendicare le atrocità commesse sui palestinesi": lo ha rivelato alle autorità indiane Azam Amir Kasab, l'unico terrorista catturato vivo a Mumbai dalle forze speciali indiane, secondo quanto scrive oggi The Times of India. Per questo il commando terrorista che mercoledì sera ha insanguinato la metropoli indiana ha preso di mira la Nariman House, l'edificio che ospitava il centro ebraico Chabad Lubavitch.
Fonti citate dal Times of India riferiscono anche che alcuni terroristi uccisi dalle forze speciali indiane avevano soggiornato per un certo periodo alla Neriman House, spacciandosi per studenti malaysiani.
Kasab, 21 anni, di origini pachistane, ha anche detto agli investigatori che alcuni residenti di Mumbai avrebbero aiutato i terroristi, fornendo sostegno logistico e indicazioni sugli obiettivi.
Secondo quanto riporta il sito web di Haaretz, nove persone persone, quasi tutte israeliane, e tutte di religione ebraica, sono state uccise nell'attacco al centro Chabad.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 15 della discussione
Strage a Mumbai, si dimette il ministro degli Interni indiano
Shivraj Patil si è dimesso dopo attacchi terroristici ammettendo di avere una responsabilità morale nell'accaduto. Il terrorista arrestato: "Siamo stati inviati anche per colpire gli isaraeliani".
Mumbai - Cadono le prime teste in India dopo la conclusione del dramma di Mumbai, dove quasi duecento persone sono state uccise in un attacco terroristico che si è protratto per circa 60 ore. Oggi si sono dimessi in rapida successione il ministro dell' interno Shivraj Patil e il consigliere per la sicurezza nazionale M.K.Narayanan. Secondo i mezzi d' informazione indiani, il prossimo a dimettersi sarà Vilasrao Deshmuk, il capo del governo provinciale del Maharastra, la provincia di cui Mumbai è la capitale. Tutti i dimissionari sono membri del Congresso (I), il principale partito della coalizione di governo. Il più grande partito di opposizione, il Bharatiya Janata Party (BJP), ha affermato che si tratta di "troppo poco, troppo tardi".
Cresce intanto l' indignazione dei cittadini contro l' incapacità dei politici di garantire la sicurezza dei cittadini e di risolvere il problema dei rapporti col vicino Pakistan. Per il secondo giorno consecutivo, centinaia di persone hanno manifestato oggi contro "la passività" e la "corruzione" dei politici davanti all' albergo Taj Mahal di Mumbai, teatro ieri dell' ultimo atto del dramma, quando i commandos indiani hanno abbattuto gli ultimi terroristi. La stampa di oggi è piena di accuse contro il Pakistan ma anche contro i servizi di sicurezza ed il governo, che avrebbero avuto in anticipo informazioni sulla preparazione dell' attacco e non sono stati capaci di prevenirlo.
"Inviati anche per colpire gli israeliani" Azam Amir Kasab, l'unico dei terroristi che hanno seminato terrore e morte a Mumbai catturato vivo, ha detto agli investigatori indiani che alcuni abitanti della città hanno fornito aiuto per condurre gli attentati e rivelato alla polizia nomi e indirizzi di almeno cinque persone complici del gruppo di fuoco. Lo scrive oggi il Times of India nella sua edizione on line. Secondo non meglio precisate fonti citate dal giornale, questi 'basisti' locali hanno fornito alloggio ai terroristi, li hanno portati in giro per far conoscere loro la città, hanno fornito loro informazioni sui commissariati di polizia e sui posti di blocco.
Il gruppo è stato inviato anche con la specifica missione di colpire cittadini israeliani per "vendicare le atrocità commesse contro i palestinesi". Ed è per questo, avrebbe sempre detto Kasab, che i terroristi hanno preso d'assalto il centro ebraico alla Nariman House. Il ministero degli esteri israeliano ha reso noto ieri che sono in totale nove i cittadini israeliani uccisi negli attentati di Mumbai. Kasab, hanno riferito ieri i media indiani, ha detto di essere un militante del gruppo integralista Lashkar-e-Taiba, basato in Pakistan e molto attivo nella regione contesa del Kashmir.
Il proprietario del Taj Mahal: "Eravamo stati avvertiti" In una intervista che verrà trasmessa dalla Cnn e che è riportata dalla stampa indiana, il proprietario dell'Hotel Taj Mahal, Ratan Tata, afferma che erano stati ricevuti avvertimenti circa possibili attacchi terroristici, e confessa che le misure
>>Da: andreavisconti
Messaggio 16 della discussione
I terroristi volevano uccidere 5mila persone
di Maria Grazia Coggiola L’obiettivo del commando era far saltare in aria i due mega-alberghi, il Taj e l’Oberoi, pieni di turisti. Parte dei kamikaze era a Mumbai già da un mese: si facevano passare per malesi
Mumbai Dopo tre giorni di guerriglia urbana e quasi 200 morti è terminato ieri mattina l’assedio di Mumbai. Ma non ci sono state scene di giubilo come è avvenuto il giorno prima nel centro ebraico di Nariman House, liberato dopo una furiosa battaglia. Forse perché la metropoli “che non dorme mai” era ormai stanca di esplosioni, raffiche di mitra e sirene delle ambulanze.
L’ultimo bastione dei terroristi, l’hotel Taj Mahal, è caduto poco dopo l’alba quando le teste di cuoio indiane hanno lanciato l’assalto finale uccidendo gli ultimi tre presunti terroristi. Non deve essere stato un compito facile stanarli dalla sala di controllo dell’hotel dove si erano rifugiati con una grande quantità di bombe a mano e munizioni. Nello scontro si sono anche sprigionate delle fiamme che hanno parzialmente devastato il primo piano dello storico edificio fronte mare simbolo della vecchia Bombay. La fine del blitz è stata annunciata poco dopo dal capo dei “Black Cat”, come sono soprannominati i reparti speciali dalla bandana nera, che annunciava la “liberazione” di Mumbai. Ma non ci sono stati applausi anche perché nel lussuoso atrio dell’hotel devastato dalla sparatoria giacevano ancora 20 corpi che l’afa umidiccia di questi giorni aveva già decomposto come quelli ritrovati venerdì nell’hotel Oberoi. Il bilancio delle vittime è quindi salito a 195 morti, di cui 26 sono stranieri. Nella perlustrazione, che ieri sera era ancora in corso, i militari hanno ritrovato una decina di kalashnikov, altrettante pistole e diverse granate inesplose, nonché dei telefonini satellitari e dei palmari.
Sembra che alcuni componenti del commando terrorista abbiano soggiornato nell’hotel qualche giorno prima e accumulato un arsenale nelle loro stanze, ma è un’ipotesi ancora da confermare come lo è anche quella del ritrovamento di 8 chili di plastico in strada. «Con questa grande quantità di armi e di esplosivo – ha detto ieri in una conferenza stampa R.R. Patil, vice primo ministro del Maharahstra, lo stato di Mumbai - i terroristi volevano uccidere 5mila persone, ma per fortuna siamo riusciti a impedirlo».
Secondo fonti dei militari, in totale sono stati uccisi dieci assalitori, mentre solo uno, il “pachistano” Azam Amir Kasav, è stato catturato vivo. È lui che avrebbe confessato l’appartenenza al gruppo estremista pachistano Lashkar-e-Taiba (l’Armata dei Puri), già sospettato di diverse stragi. Avrebbe anche rivelato che il commando terrorista in parte era a Mumbai da un mese, dove ha soggiornato in una casa affittata facendosi passare per un gruppo di studenti malesi, e in parte sarebbe giunto all’ultimo momento via mare da Karachi sbarcando nel porticciolo dei pescatori con dei gommoni. L’obiettivo era di far saltare in aria il Taj e l’Oberoi sull’esempio di quanto successo con l’hotel Marriott a Islamabad qualche mese fa. Sempre secondo il capo dei “Black Cat”, J.K Dutt, i terroristi «erano perfettamente addestrati, molto preparati a livello fisico e hanno usato diverse tattiche» che sono servite per disorientare le teste di cuoio. «Probabilmente avevano anche fatto una ricognizione dell’hotel e conoscevano m
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Più soldi per otto milioni di famiglie
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Berlusconi: "Siamo i primi in Europa"
Arriva il dl anticrisi: il Tremonti-bond darà "ossigeno" al credito, i tassi non supereranno il 4%, imposte più leggere per piccole aziende e lavoratori autonomi Il premier: "Ora l’opposizione ci dia una mano, nell’interesse di tutti". Il ministro dell'Economia: "Meno tasse e più investimenti senza pesare sui conti"
Roma - Prima elenca i provvedimenti contenuti nel pacchetto anti-crisi, poi invita l’opposizione a lavorare «insieme» e «dare una mano» guardando «all’interesse di tutti». Nel giorno in cui il Consiglio dei ministri vara le misure a favore di famiglie e imprese (tra cui il bonus straordinario fino a mille euro e gli interventi per calmierare i mutui a tasso variabile), Silvio Berlusconi lancia anche un appello al centrosinistra e alle parti sociali («voglio fare un invito») affinché abbiano tutti come «stella polare» l’interesse generale. D’altra parte, aggiunge, «le prossime elezioni saranno fra quattro anni e mezzo» e dunque «invito l’opposizione a cessare la campagna elettorale».
Parole, quelle del premier, che arrivano al termine di una conferenza stampa fiume di Giulio Tremonti, aperta e chiusa a Palazzo Chigi dal Cavaliere che nel frattempo si assenta per quasi un’ora («vado via così dimostro che non sono un dittatore come dicono...», scherza lasciando la parola al ministro dell’Economia).
Ed è proprio al suo ritorno che butta lì l’invito all’opposizione, seguito però dal «no» dell’Italia dei Valori e da un forte scetticismo da parte del Pd perché, spiega Pierluigi Bersani, è «curioso che Berlusconi ci chieda collaborazione a giochi fatti». Nonostante le critiche, però, il premier preferisce non ingaggiare polemiche e quando nel primo pomeriggio i cronisti lo intercettano per le vie del centro di Roma, si limita a chiosare le proteste dell’opposizione al pacchetto anti-crisi con una battuta in francese: «Comme d’habitude...» (come d’abitudine). E anche su Guglielmo Epifani che conferma lo sciopero generale preferisce una certa prudenza e ai giornalisti che gli chiedono un commento sulla linea della Cgil si limita a rispondere allargando le braccia.
Ma quel che più sta a cuore al Cavaliere è il pacchetto approvato dal Consiglio dei ministri, «provvedimenti che hanno raccolto l’approvazione della gran parte dei sindacati». E che «sono passati in dieci minuti perché il lavoro fatto» nei giorni scorsi «era stato importante e in profondità». Per questo il premier ringrazia Tremonti e i singoli ministri che «hanno dato prova di grande disponibilità». Grazie anche «alle forze dell’ordine e alle forze armate per i compiti che svolgono in Campania, per loro inusuali».
«Vorrei poi ricordare - aggiunge Berlusconi - che siamo il primo governo in Europa che ha varato provvedimenti a sostegno delle famiglie, delle imprese e dell’economia». Nel complesso, spiega, il pacchetto muoverà «80 miliardi di investimenti» che «verranno dalla cassa pubblica». E «nella riunione del Cipe prevista la prossima settimana verranno stanziati 16,6 miliardi» per far fronte al «deficit infr
>>Da: forza italia milano
Messaggio 3 della discussione
Come si fa segnalare ns. nomi , come si va saper il governo chi ha bisogno?
>>Da: urania
Messaggio 4 della discussione
Mi sembrano tutte ottime iniziative!
>>Da: cheri
Messaggio 5 della discussione
Per forzaitaliamilano
Gli aventi diritto sono identificati in base alla loro dichiarazione fiscale, quindi riceveranno direttamente al loro indirizzo quanto gli spetta. Cioè nessuno ha bisogno di fare richiesta.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Mutui e bonus, ecco come ottenere gli aiuti anti-crisi decisi dal governo
Alcuni provvedimenti sono già operativi. Chi ha diritto alla "Carta sociale" può richiederla in Posta e c'è un numero di telefono speciale. Per rinegoziare il mutuo sulla prima casa si dovrà andare in banca. Per il bonus tocca all’Inps o al datore di lavoro . Così per gli aiuti alle imprese
Roma In alcuni casi bisognerà aspettare che il governo vari i decreti attuativi. E solo allora si saprà come si fa ad accedere alle misure di welfare e pro imprese messe in campo con il pacchetto anti crisi. È ad esempio il caso del prestito a favore delle famiglie con i nuovi nati o dell’estensione una tantum degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori precari (il 5 per cento del reddito percepito nell’anno precedente a quello della richiesta). Per altri provvedimenti, invece, c’è già qualche dettaglio. E, dalla «carta acquisti», passando per il bonus alle famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati fino al tetto ai mutui, il dato comune è che nel pacchetto c’è poco di automatico. Bisognerà fare richiesta, ad esempio, se si ritiene di avere diritto alla social card. Il governo ha previsto una massiccia campagna di informazione, ma se qualcuno ritiene di rientrare nei requisiti per ottenere la social card, dovrà andare di persona alle Poste e presentare le carte. Procedure appena più semplici per il bonus. In questo caso le pratiche burocratiche spettano al «sostituto di imposta». Cioè al datore di lavoro oppure, visto che la misura è rivolta anche ai pensionati (quelli che vivono da soli e hanno diritto alla misura sono 3,5 milioni), all’ente previdenziale. Poi c’è una partita che si giocheranno da sole le banche e l’Agenzia delle entrate e cioè quella del mutuo con la «rata dal volto umano». Quello che eccede il 4% verrà rimborsato direttamente dal fisco. La palla torna in mano ai cittadini per i nuovi mutui. A quelli stipulati nel 2009 potrà essere applicato il conveniente tasso della Bce. Ma spetterà al contraente andare allo sportello e chiedere che gli venga applicato. E potrà scegliere tra il tasso Bce o l’euribor, più lo spread.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Sindacati contro la social card che a loro regala 6 milioni
di Giacomo Susca Chi vorrà beneficiare della carta acquisti dovà rivolgersi ai Caf, gestiti quasi sempre dalle organizzazioni dei lavoratori
Tremonti vara la social card e loro non ci ragionano su un attimo. Scatta la corsa alle dichiarazioni «contro». Senza prendere prima in mano una calcolatrice e facendo finta di non sapere che, grazie alle commissioni sulle dichiarazioni Isee, intascheranno un tesoretto da 6 milioni di euro.
Con ordine. Loro sono i sindacati, il primo al traguardo della stroncatura è naturalmente il leader della Cgil Guglielmo Epifani: «È roba vecchia, da America anni ’40». Subito a ruota Antonio Uda, segretario nazionale Fnp Cisl: «Un provvedimento da tempi di guerra, cancella i diritti invece che riconoscerli». Proprio così. E a completare il podio delle uscite a casaccio ecco Carla Cantone, segretario generale dei pensionati Cgil: «La social card? Inadeguata e vessatoria, non abbiamo bisogno di finti e illusori pacchi di Natale». Per l’ennesima volta i sindacati danno i numeri, ma stavolta non sanno nemmeno fare i conti. Perché il regalo sotto l’albero lo troveranno proprio le associazioni di categoria. Il segreto sta nella dichiarazione dei redditi che i contribuenti delle fasce più deboli sono chiamati a presentare per essere ammessi al beneficio di 40 euro al mese, in base al reddito e al numero di figli sotto i 3 anni. Ebbene, il foglio Isee dove si compila se non nei centri di assistenza fiscale (Caf), che nella stragrande maggioranza dei casi fanno capo giusto ai sindacati? Così, per ogni modulo da riempire, entrano nelle loro casse dai 10 ai 14 euro come previsto dalla legge. Il quesito è capire quanti italiani faranno ricorso ai centri d’assistenza per preparare i documenti necessari. Il governo ha già inviato a 300mila italiani le lettere con le informative, a chi, in base alle informazioni in possesso del Tesoro, avrebbe diritto alla carta prepagata. Ma, come anticipa il ministro dell’Economia, i beneficiari potrebbero arrivare a quota un milione e trecentomila. Non è ancora tutto. Lo scorso anno secondo l’Inps i contribuenti che hanno compilato modelli Isee sono stati oltre 5 milioni. La novità della social card di sicuro attirerà altri potenziali interessati. Il quotidiano Italia Oggi stima un incremento delle dichiarazioni almeno del 5-10 per cento.
Il totale dei nuovi aspiranti beneficiari dunque fa 500.000. Moltiplicato per il costo medio della tariffa sulla modulistica, pari a 12 euro per pratica, si ricava un aumento del fatturato di Caf e sindacati di 6 milioni di euro tondi. Altro che «umiliazione», semmai un regalino inaspettato. «Un euro al giorno non cambia la vita di nessuno», sentenziava due giorni fa un portavoce Acli. Intanto davanti agli sportelli per l’assistenza fiscale c’è già chi fa la fila: in un solo giorno le pratiche amministrate sono lievitate del 40 per cento. E con queste, gli affari dei confederali.
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Rom mendica a 4 anni. I giudici: non è schiavitù
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Secondo la la Cassazione, non sempre si può definire ’"schiavitu" la condizione dei bambini rom sorpresi a mendicare. Il confine tra riduzione in schiavitù o esigenze dettate dalla povertà è molto labile quando si tratta di popolazioni rom dove i genitori "anche per tradizione culturale" mendicano per le strade assieme ai figli.
Condanna annullata La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna per una mamma rom arrestata perchè trovata a chiedere l’elemosina insieme al figlio. La corte d’appello di Napoli aveva condannato a cinque anni di reclusione Mia V. per riduzione in schiavitù perchè sorpresa due volte dalla polizia seduta a terra con accanto il figlio di 4 anni che per ore, in piedi, chiedeva l’elemosina ai passanti. Nel ricorso in Cassazione la difesa di Mia si era appellata alla "mangel usualmente praticata dagli zingari". Secondo i giudici della suprema corte non era ravvisabile il reato di riduzione in schiavitù perchè occorreva tenere presente soprattutto per "genitori che hanno autorità sui figli il confine piuttosto labile tra autorità e abuso". Situazione ben diversa, secondo i giudici, dalla ’condotta di chi comperi un bambino e lo utilizzi continuativamente nell’attività di accattonaggio appropriandosi dei guadagnì.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
E brava la Cassazione! Anche questa casta è destinata a pagarne le conseguenze. prima o poi.
Very
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L'idrogeno mancante dell'universo
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
La discrepanza rispetto ai valori attesi è stata evidenziata dalle osservazioni ottenute con il Giant Metrewave Radio Telescope
Qualcosa di vitale sembra mancare nelle regioni più distanti dell’universo: l’idrogeno, la materia prima per la formazione delle stelle, dei pianeti e anche della vita.
La scoperta di questa apparente assenza di idrogeno nelle galassie distanti è stata sottolineata da un gruppo di astronomi australiani e rappresenta un vero rompicapo, dal momento che questo elemento è il più comune costituente della materia nell’universo visibile, che dovrebbe essere stato ancora più abbondante nell’universo primordiale, prima che venisse consumato per la formazione di stelle e galassie e come combustibile nucleare al centro delle stelle stesse.
Le stelle si sono formate infatti dal collasso di nubi di idrogeno estremamente fredde dovuto alla loro stessa gravità, collasso che è continuato finché la densità non ha raggiunto valori tali da avviare la reazione nucleare che porta alla formazione degli elementi più pesanti e che ha dato origine ai pianeti che alla materia ordinaria.
Ogni galassia pertanto dovrebbe contenere masse del gas corrispondenti a alcuni miliardi di stelle, come avviene nella Via Lattea.
Data la natura finita della velocità della luce, osservare l’universo distante è come gettare uno sguardo alle epoche primordiali del cosmo ed è per questo che Steve Curran e colleghi della University of New South Wales sono rimasti sorpresi dei risultati ottenuti con il Giant Metrewave Radio Telescope, situato in India, che comprende 30 antenne del diametro di 45 metri e che rappresenta uno dei radiotelescopi più sensibili del mondo.
Secondo quanto riportato sull’ultimo numero della rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, dall’analisi dei dati relativi alla radiazione luminosa proveniente da distanze dell’ordine di 11,5 miliardi di anni luce, si è trovato che, nonotante una forte attenuazione, le galassie distanti emettono in realtà una notevole quantità di energia.
Questa energia generalmente è ritenuta il risultato della frizione del materiale che spiraleggia a velocità vicine a quella della luce in prossimità di buchi neri che si trovano al centro di ciascuna galassia. Questi cosiddetti "quasar" si trovano praticamente in tutto il cielo ma in particolar modo nell’universo primordiale.
"A queste distanze, sono noti soltanto di oggetti molto brillanti”, ha commentato Curran. "La radiazione luminosa proveniente dalla materia che collassa verso l’interno del buco nero nei quasar è di intensità estrema e riteniamo che tale radiazione possa strappare gli elettroni dagli atomi distruggendo il gas idrogeno. "Tale fenomeno lascerebbe al posto del gas un insieme di particelle subatomiche libere in forma di plasma che non può essere rivelato con il radiotelescopi, ed è probabilmente questa la causa della mancata rivelazione dell'idrogeno."
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Far esplodere il batterio della TBC
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Secondo la ricerca, il PA-824 si comporta in modo simile alle cellule immunitarie che producono ossido d'azoto, ma l’effetto è più specifico e si esplica solo all'inerno del batterio
Un farmaco sperimentale in grado di distruggere dall’interno il batterio che causa le tubercolosi: è quanto ha scoperto un gruppo di biologi del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) guidati da Clifton E. Barry, III, aprendo la strada allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per combattere le infezioni.
"Attualmente, non esistono farmaci che abbiano specificamente come bersaglio le infezioni latenti da TBC, in cui cioè i batteri sono presenti ma non si stanno replicando attivamente”, ha sottolineato Anthony S. Fauci, direttore del NIAID. "Il dottor Barry e i suoi colleghi ci hanno ora fornito una descrizione dettagliata di come un candidato farmaco noto con la sigla PA-824 venga metabolizzato all’interno del Mycobacterium tuberculosis. La loro scoperta è un promettente passo in avanti verso lo sviluppo di farmaci efficaci contro TBC latente, che infetta secondo le stime circa un terzo della popolazione mondiale, così come di altri batteri.”
In precedenza Barry e colleghi avevano trovato che alcuni ceppi mutanti di M. tubercolosis mancanti di uno specifico enzima batterico sono resistenti al PA-824, ma all’epoca non si conosceva ancora la funzione dell’enzima.
"Ci sono voluti molti anni ma alla fine siamo riusciti a ricreare in vitro ciò che succede quando l’enzima, che abbiamo battezzato Ddn, e un secondo componente batterico, chiamato cofattore, interagiscono con il PA-824", ha commentato Barry.
L’evento chiave del metabolismo del PA-824 è stato individuato nella produzione di ossido nitrico (NO).
"Si tratta di una molecola estremamente reattiva - ha aggiunto Barry - simile a una bomba che esplodendo uccide il batterio dall’interno.” Il gas NO è prodotto naturalmente da alcune cellule del sistema immunitario dopo che hanno fagocitato M. tubercolosis o altri batteri (è questo uno dei modi in cui il sistema immunitario delle persone sane riesce a contenere l’infezione anche se questa risposta immunitaria naturale può a volte non essere sufficiente).
In sostanza il PA-824 si comporta in modo simile alle cellule immunitarie che producono NO, ma l’effetto della molecola è più specifico e innescato solo dopo che essa è entrata nei batteri.
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Il sintonizzatore dei neuroni
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
L'ossido d'azoto può modificare le capacità complessiva di elaborazione del cervello, indipendentemente dall'attivazione delle sinapsi
L'ossido d'azoto può modificare le capacità complessiva di elaborazione del cervello, indipendentemente dall'attivazione delle sinapsi: lo afferma una ricerca dell'Università di Leicester pubblicata sulla rivista "Neuron".
"E' ben noto che le cellule nervose comunicano attraverso le sinapsi, i siti in cui i neurotrasmettitori vengono rilasciati da un neurone per andare a legarsi agli appositi recettori posti sulla membrana immediatamente a valle. L'ossido d'azoto è però un messaggero chimico che non può essere immagazzinato e diffonde rapidamente passando attraverso la membrana per andare ad agire su siti remoti", spiega Ian Forsythe, che ha diretto o studio.
Presente in tutto il sistema nervoso centrale, l'ossido d'azoto è rilasciato in quantitativi minimi e per di più è estremamente labile, due circostanze che ne rendono estremamente arduo lo studio. Per superare queste difficoltà i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione su una regione dotata di sinapsi giganti: il calice di Held nei nuclei uditivi del tronco encefalico.
"Abbiamo così mostrato che l'ossido d'azoto è prodotto in risposta all'attività sinaptica in ingresso e che agisce sopprimendo l'attività di un canale per il potassio, il Kv3", ha continuato Forsythe. "Sorprendentemente l'intera popolazione di neuroni ne era influenzata, anche quelli che non ricevevano input attivi, indicando come l'ossido di azoto sia un 'trasmettitore volumetrico', capace di passare l'informazione al di là delle sinapsi."
In definitiva, spiegano gli autori, tale funzione è l'ideale per sintonizzare piopolazioni di neuroni su una attività globale. Peraltro, un eccesso di ossido d'azoto è estremamente tossico e determina la morte neuronale: al centro di questo importante meccanismo di segnalazione si annidano dunque i semi di una neurodegenerazione che, se non controllata, può portare a ictus e demenza.
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Cellule nuove per produrre insulina
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Nel dotto pancreatico esiste una popolazione di cellule progenitrici che può essere stimolata a differenziarsi in nuove isole di Langerhans
Esiste una popolazione di cellule pancreatiche che può essere stimolata, all'interno o all'esterno del corpo, per trasformarsi in nuove cellule beta delle isole di Langerhans, quelle che mancano nel diabete di tipo 1. La metodica, per ora attuata a livello sperimentale, potrebbe rappresentare una approccio terapeutico del tutto innovativo. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori del Joslin Diabetes Center della Harvard Medical School.
Nel diabete di tipo 1 il pancreas secerne pochissima insulina, o non lo produce affatto, perché le cellule beta che la producono sono distrutte dal sistema immunitario della persona. Il trapianto di isole di Langerhans è stato tentato con successo, liberando le persone così trattate dal bisogno di assunzioni quotidiane di insulina, anche se questa terapia comporta la necessità di sottostare al trattamento con immunosoppressori per evitare sia il rigetto sia un nuova distruzione delle isole da parte del sistema immunitario.
"Uno dei principali problemi del trapianto di isole di Langerhans è però che non ne abbiamo abbastanza e che durante il loro isolamento vanno incontro a processi traumatici. Così molte isole non sono al massimo delle loro condizioni una volta che sono state isolate", spiega Susan Bonner-Weir, che ha diretto la ricerca.
Lo studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), contraddice una precedente ricerca condotta nel 2004 da Douglas Melton e collaboratori ad Harvard che sembrava indicare che dopo la nascita le cellule beta non si formino più da cellule progenitrici e possano ottenersi solo per divisione cellulare da cellule beta presistenti. Uno studio del 2007 condotto da Xiaobo Xu della Vrije Universiteit di Bruxelles, in Belgio, aveva però mostrato come fosse comunque possibile rinvenire alcune rare cellule progenitrici delle cellule beta nel pancreas adulto, ma non era stato in grado di individuarne la fonte.
Ora il gruppo di ricerca di Bonner-Weir ha scoperto che la fonte di queste cellule progenitrici è il dotto pancreatico. Questa popolazione di cellule può inoltre essere fatta differenziare non solo in cellule che producono insulina, ma anche in cellule acinari, una scoperta che in prospettiva potrebbe avere ricadute nella terapia del cancro del pancreas.
"I nostri dati forniscono forti conferme all'idea di un'origine comune delle cellule del dotto, acinari e delle isole di Langerhans, dopo la nascita, anche nell'adulto. Ciò significa che c'è una popolazione di cellule che può essere stimolata a differenziarsi in nuove isole di Langerhans", ha concluso Bonner-Weir.
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Una retina che si autoripara
>>Da: urania
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Nello studio è stata analizzata la risposta al danno della retina e gli effetti di stimolazione di specifici fattori di crescita: l’EGF, l'FGF1 o una combinazione di FGF1 e insulina
Nei mammiferi è possibile indurre la ricrescita delle cellule nervose della retina danneggiate: il risultato, raggiunto per la prima volta, è stato annunciato dai ricercatori della University of Washington (UW) sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Posizionata sul fondo oculare, la retina ha il compito di convertire la luce in impulsi nervosi da inviare al cervello.
Alcuni studi svolti in passato hanno evidenziato come alcune cellule nervose della retina di topo possono proliferare in coltura, ma in questo caso si tratta di un notevole passo in avanti, dal momento che si è dimostrato come tale proliferazione possa essere stimolata, e soprattutto in vivo.
I ricercatori della UW guidati da Tom Reh, ha studiato in particolare una cellula retinica nota come glia di Müller.
"Questo tipo di cellula esiste nella retina di tutti i vertebrati", ha spiegato Reh, “e quindi anche nell’uomo, e la speranza è quella che i nostri risultati possano aprire la strada a nuovi trattamenti terapeutici per la perdita di visus dovuta a patologie che danneggiano la retina, come la degenerazione maculare.”
I ricercatori hanno sottolineato la notevole capacità dei vertebrati a sangue freddo, come i pesci per esempio, di riparare la retina dopo un danno. Gli uccelli, che sono a sangue caldo, hanno una capacità analoga ma molto più limitata.
Le cellule della glia di Müller generalmente smettono di dividersi dopo un certo stadio evolutivo dei cuccioli. Sia nei pesci sia negli uccelli, spiegano i ricercatori, il danno retinico stimola le cellule specializzate della glia di Müller a dividersi ancora e a diventare un tipo di cellula di tipo generico chiamato cellula progenitrice. Le cellule progenitrici sono poi in grado di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellula specializzata delle cellule nervose.
Il gruppo di di Reh ha poi analizzato sistematicamente la risposta al danno della retina e gli effetti di stimolazione di specifici fattori di crescita: l’EGF (epidermal growth factor), (FGF1) (fibroblast growth factor 1) o una combinazione di FGF1 e insulina. Il risultato osservato è stata una stimolazione della glia di Müller a riprendere la divisione cellulare e la proliferazione in tutta la retina.
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La radice dell'invecchiamento
>>Da: urania
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Secondo i ricercatori, se i danni al DNA esacerbano l'invecchiamento, la sua causa diretta è piuttosto la deficitaria modulazione dell'attivazione dei geni
Una deregulation degli schemi di espressione dei geni sarebbe alla radice dei processi di invecchiamento: lo afferma una ricerca condotta da biologi della Harvard Medical School, che ha scoperto che questo meccanismo è presente in tutti gli organismi, dai lieviti fino ai mammiferi.
"Questa è forse la prima causa fondamentale dell'invecchiamento scoperta", ha detto David Sinclair, che ha diretto lo studio e firma un articolo su "Cell". "Ce ne sono certo molte altre, ma la nostra scoperta che l'invecchiamento in una semplice cellula di lievito è direttamente rilevante per l'invecchiamento nei mammiferi è una sorpresa."
Da tempo gli scienziati sanno che un gruppo di geni, quelli per le sirtuine, sono coinvolti nei processi di invecchiamento. Quando questi geni sono stimolati dal resveratrolo (una sostanza chimica presente nel vino rosso) o dalla restrizione calorica esplicano un'azione positiva sull'invecchiamento.
Circa una decina di anni fa Sinclair e Leonard Guarente del Massachusetts Institute of Technology scoprirono che una particolare sirtuina aiuta l'attività di regolazione dei geni e la riparazione del DNA danneggiato.
"Da allora questo meccanismo è sempre stato considerato rilevante soltanto per il lievito. Ma poi abbiamo deciso di controllare se esso si manifestasse anche nei mammiferi", spiga Sinclair che, con Philipp Oberdoerffer ha messo a punto un sofisticato sistema di microarray per testare l'attività dei geni corrispondenti nel topo alla situina del lievito.
Cone spiegano in un articolo su "Cell", i ricercatori hanno trovato che la funzione primaria della sirtuina nei mammiferi è quella di sovrintendere all'espressione dei geni. In particolare essa controlla che i geni che devono restare silenti rimangano tali, agendo come fattore di mantenimento dell'impacchettamento della cromatina. La sirtuina però partecipa anche ai processi di riparazione del DNA danneggiato. Quando è impegnata in questo compito, non è tuttavia in grado di mantenere il controllo costante sulla cromatina, e in questo lasso di tempo geni che dovrebbero essere silenziati possono attivarsi. Se la cosa avviene sporadicamente la situazione resta comunque sotto controllo ma quando il tasso di danni al DNA aumenta (solitamente con l'età a causa dei problemi che insorgono con i mitocondri), l'espressione genetica "abusiva" diventa cronica.
La conferma dell'ipotesi dei ricercatori è avvenuta grazie alla creazione di topi geneticamente modificati nei quali la somministrazione di resverastrolo consentiva l'attivazione di copie extra di geni per la sirtuina: questi topi hanno avuto un allungamento della vita media compresa fra il 24 e il 46 per cento.
"Secondo questo specifico meccanismo, se i danni al DNA esacerbano l'invecchiamento, non ne sono la causa diretta, che è piuttosto la modulazione deficitaria dell'attivazione dei geni", ha concluso Oberdoerffer.
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Corsa: ecco i limiti dell'uomo
>>Da: urania
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Secondo una ricerca, la prestazione massima possibile sui 100 metri sarebbe di 9,48 secondi, a fronte del record attuale di 9,69 stabilito da Usain Bolt a Pechino
Il 2008 è stato un anno eccezionale per la corsa: alle Olimpiadi di Pechino Usain Bolt ha frantumato "in scioltezza" il record del mondo sia dei 100 che dei 200 metri. Guardando quelle gare, Mark Denny, biologo della Stanford University, si è chiesto se e quanto ci si stesse avvicinando a eventuali limiti assoluti nelle prestazioni della corsa. Per cercare di capirlo Denny ha deciso di esaminare lo sviluppo delle prestazioni nella corsa dell'uomo e di due altre specie molto versate su questo fronte: cani e cavalli.
Il ricercatore ha così reperito dati sulle prestazioni dei cani che risalgono fino agli anni venti, e per l'uomo e il cavallo fino al XIX secolo. Tracciando poi il diagramma delle migliori prestazioni anno per anno ha tratto la convinzione – come spiega in un articolo publicato sul Journal Of Experimental Biology – che cani e cavalli avrebbero già raggiunto il massimo: per i cavalli non ci sono stati ulteriori miglioramenti dagli anni quaranta, mentre per i cani il picco sarebbe stato raggiunto negli anni settanta; tuttavia, – calcola il ricercatore – forse per i cavalli potrebbe ancora esserci il margine per un miglioramento dell'uno per cento.
Nel caso dell'essere umano, osserva Denny, la cosa è complicata dal gran numero di distanze che vengono coperte nelle diverse specialità sportive. Nel caso delle corse veloci maschili, secondo Denny esisterebbero ancora margini di miglioramento, dato che le sue estrapolazioni portano a un limite di 9,48 secondi sui centro metri, con un aumento della velocità di 0,23 metri al secondo rispetto all'attuale record mondiale di Bolt di 9,69 secondi.
Nel caso della corsa femminile, invece, nonostante un appiattimento della linea di miglioramento delle prestazioni, dovrebbe essere possibile un abbassamento di 0,4 secondi dell'attuale record del mondo sui 100 metri, che oggi è di 10,49 secondi.
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Pannelli solari sempre più efficienti
>>Da: urania
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Il risultato è stato raggiunto prolungando il cammino della radiazione all'interno dello strato di silicio
Un nuovo metodo per aumentare la efficienza delle celle solari viene ancora una volta dagli Stati Uniti, ma questa volta il risultato è stato raggiunto grazie a una simulazione al computer seguita da test di laboratorio, grazie al lavoro dei fisici e ingegneri del MIT di Boston.
Utilizzando infatti la modellizzazione di un’enorme gamma di tecniche avanzate di produzione di chip, gli studiosi sono riusciti ad applicare un rivestimento antiriflesso sulla sua parte frontale e una combinazione di rivestimenti riflettenti multistrato a formare una griglia di diffrazione sulla parte posteriore di film ultrasottili in silicio, arrivando a calcolare una potenza in uscita che rende conto di una efficienza che si avvicina al 50 per cento.
Gli strati attentamente progettati e deposti sulla parte posteriore della cellula determinano un più lungo cammino di riflessione della luce all’interno dello strato di silicio, lungo il quale la radiazione luminosa ha più tempo per depositare la sua energia e quindi per produrre corrente elettrica.
“Senza questi rivestimenti, infatti, la luce verrebbe semplicemente riflessa e dispersa nell’aria circostante", ha spiegato Peter Bermel, fisico del MIT che ha partecipato alla realizzazione del progetto. "Uno dei punti critici in questo tipo di ricerche – ha continuato il ricercatore – è quello di assicurare che qualunque raggio di luce che entri nello strato percorra un lungo cammino all’interno del silicio: il problema è quanto a lungo ciò avvenga prima che sia assorbito e prima che investa un elettrone producendo una corrente elettrica.”
Le prestazioni simulate si sono rivelate significativamente migliori di quelle di qualunque altra struttura arrivando, per film spessi 2 micron a un’efficienza del 50 per cento nella conversione della radiazione solare in elettricità", ha commentato Lionel Kimerling, che ha diretto alla ricerca. “La simulazione, successivamente, è stata verificata grazie a test di laboratorio a scala reale, confermando le previsioni al computer e l’importanza di una risultato che potrebbe avere notevoli applicazioni industriali.”
Il gruppo del MIT presenterà le conclusioni dello studio al prossimo convegno della Materials Research Society degli Stati Uniti che si terrà a Boston, mentre un articolo di resoconto è già stato accettato per la pubblicazione dalla rivista "Applied Physics Letters".
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Troppo rapida l'acidificazione degli oceani
>>Da: urania
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Condotto presso l’isola di Tatoosh, nell’Oceano Pacifico al largo dello Stato di Washington, lo studio ha documentato anche le conseguenze biologiche del fenomeno
Il processo di acidificazione dell’oceano sta procedendo più rapidamente di quanto stimato finora: è questa la conclusione dei ricercatori dell'Università di Chicago che riferiscono i risultati dello studio sull’ultimo numero della rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Oltre a ciò, è stato documentato come l’aumento di acidità sia correlato con l’aumento dei livelli atmosferici di biossido di carbonio, unico parametro, tra i tanti considerati dai ricercatori, “che mostra una cambiamento costante corrispondente”, come ha spiegato a J. Timothy Wootton, primo autore dello studio.
Com’è noto, l’aumento dell’acidità minaccia l’esistenza di molti organismi marini e potrebbe ridurre la capacità dell’oceano di assorbire il biossido di carbonio.
L’oceano svolge infatti un ruolo significativo nei cicli globali di questo elemento. Quando il biossido di carbonio atmosferico si dscioglie nell’acqua a formare acido carbonico, aumenta l'acidità, anche se è rilevabile un ciclo giornaliero: durante il giorno i livelli di biossido di carbonio diminuiscono in virtù della fotosintesi attuata dalle alghe, per poi riaumentare durante la notte.
I ricercatori da molto tempo mettono in guardia sulla possibile correlazione tra l’aumento dei livelli di biossido di carbonio atmosferico e l’acidità marina ma finora le evidenze empiriche sono state assai limitate.
Questo nuovo studio si è basato su un più di 24.000 misurazioni del pH oceanico nell’arco di otto anni, il che rappresenta il primo dettagliato insieme di dati sulle variazioni del pH marino lungo le coste delle latitudini temperate, che corrispondono ai più produttivi siti per l’allevamento di pesci.
"L’acidità è aumenta 10 volte più velocemente di quanto sia previsto nei modelli di cambiamento climatico e da altri studi”, ha commentato Wootton. "Questo incremento avrà gravi conseguenze sulla catena alimentare marina e suggerisce che i valori di cui tenere conto saranno molto più elevati di quanto ritenuto finora, almeno per alcune aree dell’oceano.”
Condotto presso l’isola di Tatoosh, situata nell’Oceano Pacifico al largo delle coste dello stato di Washington, lo studio ha documentato anche le conseguenze biologiche del fenomeno su alcune specie marine: il numero di molluschi e di cirripedi, infatti, è diminuito notevolmente. Allo stesso tempo le popolazioni di specie dotate di conchiglia e di alghe non calcaree è aumentato.
"Molte creature marine hanno un guscio o uno scheletro costituito da carbonato di calcio, che si scioglie in ambiente acido”, ha commentato Catherine Pfister, coautrice dello studio. "Per questo motivo l’aumento di acidità dell’oceano potrebbe interferire con molti processi biologici cruciali, come la costruzione delle barriere coralline o la vita degli invertebrati testacei.”
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Mutamenti evolutivi: una drosofila ovovivipara
>>Da: urania
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Drosophila sechellia, una specie che si nutre solo dei frutti di una pianta tossica per gli altri moscerini, invece di produrre uova genera direttamente delle larve
A volte una specie di moscerino della frutta delle Seychelles, Drosophila sechellia, invece di produrre uova, genera direttamente le larve. La scoperta - fatta da alcuni ricercatori dell'Università della California a San Diego diretti da Therese Markow e pubblicata sull'ultimo numero del Journal of Evolutionary Biology - potrebbe dare un notevole contributo alla comprensione dei meccanismi che nel corso dell'evoluzione sono entrati in gioco per passare da un tipo di riproduzione all'altro.
Questa specie è una della decina di specie di Drosophila di cui recentemente è stato sequenziato il genoma, e ciò fornisce l'opportunità di identificare i cambiamenti genetici che permettono a questa specie, e non alle altre, di trattenere le uova fecondate fino alla nascita.
Anche quando la femmina di questa specie depone uova, queste sono particolarmente grandi, con un volume circa doppio di quelle delle altre specie, e a uno stadio di sviluppo più avanzato: le larve escono dalle uova in media dopo due sole ore, contro le 23 ore circa delle altre dieci specie studiate. Inoltre gli ovari di D. sechellia mostrano di possedere un minor numero di ovarioli, le strutture in cui le uova dell'insetto maturano prima della fecondazione.
Le larve mobili hanno alcuni vantaggi, per esempio possono nascondersi nel terreno per evitare predatori o per non trasformarsi in ospiti di uova di altri insetti parassiti, ma sicuramente lo sviluppo fino allo stadio di larva ha anche dei costi per la femmina.
I ricercatori hanno individuato anche un'altra specie di moscerino, Drosophila yakuba, che occasionalmente produce larve al posto di uova, e anche in questo caso le uova si dischiudono più rapidamente del normale, in circa 14 ore, anche se non nel tempo record di D. sechellia.
I moscerini delle Seychelles si nutrono unicamente dei frutti di Morinda citrifolia, una pianta tropicale che è tossica per gli altri moscerini della frutta. Anche D. yakuba ha un'alimentazione specializzata, nutrendosi dell'albero del pandano. Per questo i ricercatori hanno ipotizzato che il cambiamento dello stile riproduttivo possa essere in correlazione con la specializzazione degli insetti.
La produzione di larve potrebbe risultare anche da cambiamenti nella strategia riproduttiva del maschio: si sa che le proteine presenti negli spermatozoi di Drosophila melanogaster, il classico moscerino utilizzato negli studi di laboratorio, stimolano le deposizione delle uova da parte della femmina. Una modificazione di questi segnali potrebbe dunque essere all'origine del cambiamento.
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Un prione che aiuta l'evoluzione
>>Da: urania
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Nel lievito il prione [PSI+] modifica la produzione di proteine in modo da includervi variazioni genetiche nascoste in geni defunzionalizzati nel corso dell'evoluzione
Un nuovo meccanismo, basato sulla presenza di proteine prioniche, permette alle cellule di lievito di rispondere allo stress ambientale e di accelerare i mutamenti evolutivi. Lo hanno scoperto i ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research e dell'Howard Hughes Medical Institute nel corso di una ricerca ora pubblicata su PLoS Biology.
I biologi avevano ipotizzato che condizioni ambientali difficili possano indurre gli organismi ad aumentare la loro capacità di adattarsi rapidamente all'ambiente. Un modo per accrescere questa capacità di evoluzione è quello di sfruttare alcune delle variazioni codificate in quella parte di DNA, presente in tutte le cellule animali, che normalmente non viene mai utilizzato e che comprende copie di geni defunzionalizzati nel corso dei processi evolutivi e frammenti di DNA parassitico introdotto da virus. Ora uno studio condotto da Maria Lucia Madariaga, Jens Tyedmers e colleghi conferma che un meccanismo di questo tipo esiste effettivamente nel lievito e che esso si basa sulla presenza di un prione chiamato [PSI+].
"Un prione non è necessariamente nocivo; nel lievito può costituire un modo differente per codificare l'informazione", ha detto Jens Tyedmers. Nel lievito il prione [PSI+] è una versione "mal ripiegata" di una proteina che ha un ruolo chiave nella produzione di altre proteine. Studi precedenti avevano mostrato che la presenza di [PSI+] in una cellula di lievito modifica la produzione di proteine in modo tale da includere in esse le variazioni genetiche nascoste: la maggior parte dei fenotipi che ne risultano non hanno influenza sulla sopravvivenza della cellula o la peggiorano. "Ma un quarto delle volte i fenotipi sono 'buoni': talvolta il lievito può così crescere su fonti energetiche che prima non sapeva utilizzare o resistere ad antibiotici a cui non sapeva resistere."
Questa maggiore capacità di adattarsi a cambiamenti ambientali può essere mantenuta nel lievito in modo da accelerarne le modificazioni evolutive. Sotto stress le celule di lievito possono mettere in azione un meccanismo basato su queste proteine mal ripiegate che gli conferiscono nuove caratteristiche senza una precedente mutazione genetica. Il processo si innesca più facilmente nelle cellule sotto stress, suggerendo che esse abbiano proprio questo ruolo nell'evoluzione.
Per controllare l'ipotesi i ricercatori hanno prima esaminato quali geni potessero indurre lo stato prionico, analizzando l'intero genoma di Saccharomyces cerevisiae, e studiando poi 4700 ceppi del lievito mancanti ciascuno di un gene, per controllare la capacità del ceppo di produrre quel prione. Fra i ceppi che meglio riuscivano a produrlo, molti mostravano significativi cambiamenti nella modulazione della risposta allo stress.
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Babbuini, commensali poco democratici
>>Da: urania
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Seguire il leader sembra assicurare una serie di vantaggi collaterali, nonostante i costi a breve termine che si possono pagare
Nelle decisioni che riguardano il cibo, i babbuini non hanno tutti lo stesso diritto di parola: è quanto afferma una ricerca pubblicata sull’ultimo numero di ”Current Biology” firmata dai ricercatori dell’Istituto di zoologia della Zoological Society di Londra e dello University College sempre di Londra.
I risultati di uno studio sulla specie Papio ursinus hanno mostrato che le decisioni riguardanti il procacciamento del cibo vengono prese per lo più dall’individuo che poi ricava il maggiore beneficio da tali decisioni, ovvero dal maschio dominante.
I membri del gruppo sottomessi seguono il leader nonostante il fatto che ciò comporti un notevole “costo” in termini di quantità, dal momento che ciò significherà ottenere un pasto meno abbondante di quello che avrebbero potuto ottenere in altro modo.
I risultati mettono in dubbio così le teorie secondo cui le decisioni prese per via "democratica" si sarebbero diffuse nelle società animali a scapito di quelle dispotiche perché garantirebbero il migliore equilibrio tra le esigenze del singolo e la sopravvivenza del gruppo sociale.
"Ciò che vogliono gli individui nei gruppi e ciò che vogliono i loro leader sembrano essere in conflitto in molti ambiti", ha spiegato Andrew King che ha partecipato alla ricerca. “Nei babbuini, la leadership sembra funzionare perché seguire il leader assicura una notevole serie di vantaggi: nonostante i costi a breve termine, in questo caso una minore quantità di cibo, si ha un vantaggio a lungo termine, come un rischio ridotto di essere catturati da un predatore".
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno fornito ai babbuini selvatici scorte di cibo aggiuntive, disposte e suddivise in modo da creare notevoli disparità tra i membri del gruppo: la minoranza di individui dominanti ricavava cibo in abbondanza rispetto a quello disponibile naturalmente, mentre per la maggioranza degli individui che li seguivano la proporzione era invertita.
Si è così osservato che entrambi i gruppi di babbuini usufruivano di preferenza delle scorte di cibo disposte dagli sperimentatori, indicando con ciò che le decisioni dispotiche sono la norma.
Inoltre si è trovato che gli individui che seguivano il leader più da vicino erano i suoi più stretti “amici”, cioè gli individui con i quali il leader spendeva la maggior parte del tempo dedicato al grooming (lo spulciamento utilizzato per stabilire e cementare le relazioni sociali).
I ricercatori perciò suggeriscono che i benefici per coloro che seguono il leader siano collegati a vantaggi secondari che derivano da più stretti legami sociali con il maschio dominante. Per esempio, per le femmine con cuccioli piccoli la stretta associazione con il leader può aumentare la sopravvivenza dei piccoli, in virtù della protezione nei confronti degli infanticidi attuati da altri membri del gruppo.
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Due hot spot di raggi cosmici molto speciali
>>Da: urania
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Individuata per la prima volta l'origine di questi getti di particelle subatomiche che attraversano le galassie e investono la Terra
L’osservatorio per i raggi cosmici del Los Alamos National Laboratory ha osservato per la prima volta due distinte sorgenti che sembrano bombardare la terra con un eccesso di raggi cosmici. I risultati dello studio mettono in questione quasi un secolo di conoscenze sui campi magnetici galattici intorno alla via lattea.
I raggi cosmici sono particelle ad alta energia che attraversano le galassie provenienti da siti del cosmo molto remoti. Nessuno sa esattamente dove poter localizzare la loro origine, ma le attuali teorie concordano sul fatto che possano formarsi da esplosioni di supernove, da quasar o forse da altre sorgenti ancora più esotiche, poco comprese o addirittura ancora da scoprire nell’universo.
“Le sorgenti di raggi cosmici sono rimaste per più di 100 anni un problema per gli astrofisici”, ha spiegato John Pretz, coautore dell’articolo apparso sulla rivista “Physical Review Letters”. “Presso l’osservatorio di Milagro, puntato verso il cielo dell’emisfero Nord per circa sette anni a partire dal luglio del 2000, siamo riusciti a identificare due regioni distinte con un eccesso di raggi cosmici. Queste regioni sono di poco più intense rispetto al 'fondo' di raggi cosmici: per questo motivo non sono stati osservati per così lungo tempo. La scoperta mette in discussione la nostra comprensione degli raggi cosmici e indica la possibilità che una sorgente sconosciuta di effetti magnetici nei pressi del sistema solare sia responsabile di queste osservazioni.”
Proprio per la capacità dell’osservatorio di Milagro di registrare un numero elevatissimo di raggi cosmici, i ricercatori per la prima volta sono stati in grado di elaborare in modo statistico i dati andando alla ricerca di picchi nel numero di eventi che si sono originati in specifiche regioni del cielo intorno alla costellazione di Orione.
I due più intensi hot spot sono stati trovati concentrati in una zona che ha come centro la direzione di vista della costellazione di Orione: il primo spostato verso la costellazione del Toro e il secondo verso la costellazione dei Gemelli.
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Ecco come fanno i delfini a nuotare cosi veloce
>>Da: urania
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Nel 1936 Sir James Gray concluse che i delfini non potevano nuotare alla velocità di circa 32 chilometri all'ora, semplicemente perché non avevano la forza sufficiente a contrastare l'attrito prodotto fra la loro pelle e il liquido. La cosa strabiliante però è che di fatto questa è la velocità che i delfini raggiungono nuotando. Gray passò il resto della sua a cercare di risolvere l'apparente paradosso, e anche molti altri scienziati ci hanno provato per tutto il secolo scorso. Oggi grazie a una nuova tecnica per osservare il flusso idrodinamico, chiamata Digital Particle Image Velocimetry, il mistero sembra definitivamente risolto.
Timothy Wei e il suo gruppo di ricerca del Rensselaer Polytechnic Institute, hanno registrato ad altissima definizione – fino a 1.000 fotogrammi al secondo-, il movimento di due delfini, Primo e Puka, in una vasca dove l'acqua era riempita di tantissime bollicine. Un software molto sofisticato poi ha ricostruito il movimento delle bollicine, calcolandone velocità e direzione e segnalandole con un colore – il rosso indica la velocità più alta.
Il risultato è stata una visualizzazione del moto dell'acqua intorno al corpo del delfino che ha dimostrato che Gray si sbagliava: i delfini producono davvero la forza necessaria per sviluppare una tale velocità in acqua e non è necessario cercare spiegazioni in una particolare conformazione della loro epidermide, come è stato fatto fino adesso.
Qui è possibile vedere una visualizzazione del flusso idrodinamico provocato dal movimento di Primo e puka.
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Campi elettromagnetici e leucemia: un binomio infondato?
>>Da: urania
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Alcuni studi epidemiologici condotti in passato hanno fatto ipotizzare un possibile legame tra la presenza di campi elettromagnetici a radiofrequenza e l'insorgenza di leucemie infantili. Tuttavia, nessuna ricerca ha mai suggerito un possibile meccanismo biologico, né ha mai verificato con prove significative la presenza di un nesso tra i due elementi.
Un ampio studio condotto in Germania e pubblicato sulla rivista American Journal of Epidemiology potrebbe definitivamente far cadere l'ipotesi del possibile legame tra leucemia nei bambini e inquinamento da onde elettromagnetiche a radiofrequenza. Analizzando i casi di leucemia infantile verificatisi in una cittadina tedesca nel periodo compreso tra il 1984 e il 2003, gli autori non hanno infatti verificato alcuna differenza tra i piccoli che abitavano a meno di 3 chilometri da emittenti radio o radio-televisive ad alta potenza e coloro che vivevano a una distanza superiore ai 10 chilometri. L'analisi è stata condotta anche analizzando distintamente l'influenza di trasmettitori ad ampiezza modulata (AM) e a frequenza modulata (FM), senza tuttavia riscontrare nessuna differenza significativa.
Fonte: Merzenich H, Schmiedel S, et al. Childhood leukemia in relation to radio frequency electromagnetic fields in the vicinity of TV and radio broadcast transmitters. Am J Epidemiol 2008; 168(10):1169-78.
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Bioplastica per far ricrescere i nervi
>>Da: urania
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Al San Raffaele di Milano nuovi materiali per fare da «guida» alle staminali per la rigenerazione
MILANO - Un biopolimero potrebbe fare da guida per la ricrescita dei nervi, indotta dall'utilizzo di cellule staminali. È un progetto di ricerca che dà speranza a coloro che a causa di un incidente hanno perduto l'uso di uno o più arti e che entrerà nella sua fase II, clinica, a gennaio dopo aver superato la sperimentazione animale. È una delle tracce di ricerca di punta dell'Istituto di Neurologia Sperimentale (Inspe) che, fondato nel 2005 al San Raffaele di Milano, è entrato il 28 novembre nella sua autentica fase operativa con l' inaugurazione di oltre 1.200 metri quadrati di laboratori interamente dedicati alla ricerca di base e clinica per la terapia di malattie neurologiche gravi, come sclerosi multipla, ictus, traumi spinali e neuropatie periferiche.
SUPPORTO CILINDRICO- «Finora - spiega il direttore Giancarlo Comi, che è anche responsabile del Dipartimento di Neurologia dell' istituto milanese - per cercar di far ricrescere il nervo spezzato si utilizzavano le vene che però hanno il difetto di essere vuote all'interno». Il nuovo supporto è un cilindretto di materiale biocompatibile (destinato a dissolversi), una sorta di bioplastica, attraverso cui gli scienziati cercheranno di far ricrescere il nervo utilizzando cellule staminali nervose con opportuni fattori di crescita. «Siamo pronti a partire a gennaio con una ventina di pazienti», dice Comi sottolineando che «questo tipo di ricerca traslazionale, basata sul rapido trasferimento al letto del malato dei risultati della ricerca di base, è possibile solo perchè c'è un grande ospedale come il San Raffaele alle spalle dell'Inspe, che è diventato oggi, coi nuovi laboratori e oltre 100 fra ricercatori e medici, uno dei maggiori centri ricerca europei interamente dedicati alle Neuroscienze». Anche grandi case farmaceutiche guardano all'Inspe, come Merck-Serono, interessata a sviluppare un programma di ricerche comune dedicato allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per la sclerosi multipla.
GLI ALTRI PROGETTI - All'interno dell'Inspe si studiano anche la neurobiologia e la neuroimmunologia. Tra i progetti più avanzati, quello che prevede l'utilizzo di cellule staminali del cervello e strumenti di terapia genica per rigenerare il tessuto nervoso quando è colpito da malattie degenerative come sclerosi multipla, ictus cerebrale e traumi cerebrali e spinali accidentali. È presente anche un laboratorio di Neurogenetica, dotato anche di una modernissima apparecchiatura per lo screening dell' intero genoma umano. Inoltre, grazie all'utilizzo di tecniche di risonanza magnetica funzionale si studiano in vivo le cause e i meccanismi alla base delle malattie neurologiche. Completano le attività di ricerca dell'Inspe due laboratori interamente dedicati alla ricerca di base che si occupano di studiare le interazioni tra assoni e glia, strutture fondamentali del cervello, i meccanismi molecolari che regolano la mielinizzazione nel sistema nervoso centrale e periferico e la genetica molecolare del comportamento.
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Schermi del pc e della tv: epilettici a rischio
>>Da: urania
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In Italia non esiste uno standard comune tra frequenze video tv e schermi pc. Secondo gli esperti si tratta di una lacuna rischiosa, perché implica che il 10 per cento dei 400 mila pazienti epilettici registrati ad oggi in Italia potrebbe incorrere in crisi gravi ed inaspettate. È questo il tema principale del primo workshop internazionale sull'argomento, in programma a Roma dal 27 al 28 Novembre presso l’Istituto Nazionale di Studi Romani.
“Uno dei principali obiettivi del nostro incontro è quello di sensibilizzare le istituzioni nazionali alla formulazione di nuove linee guida, sul modello di quelle inglesi, dove il problema è stato affrontato tempestivamente e risolto con successo alla fine degli anni '90”, dichiara la professoressa Carla Buttinelli, del Dipartimento di Scienze Neurologiche del Policlinico Umberto I di Roma ed organizzatrice dell’evento.
“Sappiamo da tempo che alcuni stimoli visivi ambientali (la luce del sole lungo i viali alberati, il riflesso sull’acqua) possono dare avvio a crisi epilettiche. Quello che dobbiamo ancora studiare, invece, sono gli effetti dell’enorme quantità di stimoli visivi di tutti i tipi di schermi che ormai ci circondano. La presenza costante e a volte contemporanea di emissioni non standardizzate derivanti tv, pc e cellulari, infatti, aumenta enormemente la probabilità di rischio di crisi, rendendole molto più difficili da prevenire”, afferma la professoressa Dorothée Kasteleijn-Nolst Trenité, del Marie Curie Excellence Chair e co-organizzatrice del workshop.
Se la priorità in assoluto è quella di informare sull’esistenza della fotosensibilità, sui suoi fattori scatenanti e su quali strategie è possibile adottare per evitare tali crisi, quello che gli esperti auspicano e propongono è un ampio confronto tra pazienti, famiglie ed esperti, sia in ambito sanitario che in ambito tecnologico. Per questa particolare patologia, infatti, l’idea del “prevenire” coinvolge aree diverse e lontane tra di loro quali ad esempio: i produttori e i creatori di software e hardware, di programmi televisivi, designer.
Ecco dieci semplici regole da adottare come precauzione per evitare di incappare in gravi guai:
1. Mantenere una distanza dallo schermo pari almeno a 3 volte la diagonale dello schermo.
2. Usare schermi con frequenza maggiore di 70 Hz.
3. Usare schermi LCD e TFT.
4. Ridurre il più possibile il contrasto dello schermo.
5. Usare quando possibile lenti scure e polarizzate.
6. Coprire un occhio in presenza di stimoli disturbanti.
7. Distogliere lo sguardo in presenza di stimoli disturbanti.
8. Evitare discoteche con luci intermittenti maggiori di 8 Hz.
9. Ridurre a non più di un’ora al giorno i tempi di gioco ai videogames.
10.Non sottovalutare mai i segni clinici minori, come scosse, cefalee.
Fonte: “The visually-induced seizures Marie Curie workshop: standardization of diagnostic measures and prevention of seizures. Roma, 27-28 novembre 2008.
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Asma? Serve più accuratezza nelle indagini diagnostiche
>>Da: urania
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Uno studio pubblicato sul Canadian Medical Association Journal ha mostrato che, nonostante l'asma rimanga ampiamente sottodiagnosticata nella popolazione, circa un terzo delle diagnosi di questa patologia potrebbe essere frutto di una valutazione incompleta, basata esclusivamente sui sintomi riportati dai pazienti. I ricercatori dell’Ottawa Health Research Institute (Ontario, Canada), cercando una spiegazione alla maggiore frequenza di asma tra i pazienti obesi, hanno infatti scoperto che circa il 30 per cento dei pazienti non viene sottoposto agli esami più corretti per diagnosticare l'asma.
Nello studio sono stati coinvolti 496 adulti provenienti da otto diverse regioni del Canada, 242 obesi e 254 non obesi. Tutti sono stati sottoposti a esame della funzionalità polmonare mediante spirometria e a un test di ventilazione nel quale solo le persone non asmatiche possono ottenere risultati positivi.
“Quando abbiamo valutato la funzionalità polmonare di queste persone abbiamo escluso la diagnosi di asma nel 29 per cento dei pazienti non obesi e nel 32 per cento di quelli obesi”, racconta Shawn Aaron, coautore dello studio. Dopo sei mesi, solo l’8 per cento dei pazienti a cui erano state tolte le terapie avevano mostrato sintomi di asma che richiedevano un intervento medico.
Secondo i ricercatori gli errori nelle diagnosi potrebbero, ad esempio, essere dovuti ad alcune infezioni virali i cui sintomi persistono per diversi mesi, e soprattutto al fatto che talvolta i pazienti non sono sottoposti a una spirometria per confermare la diagnosi. Aaron e colleghi sottolineano, tuttavia, che i risultati di questa ricerca non devono avere come conseguenza una diminuzione nelle diagnosi di asma, patologia che resta ancora molto sottodiagnosticata, bensì una maggiore accuratezza nelle indagini diagnostiche e nella valutazione dei sintomi da parte del medico.
Fonte: Aaron SD, Vandemheen KL et al. Overdiagnosis of asthma in obese and nonobese adults. CMAJ 2008; 179:1121-1131.
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IL MINISTERO DEL WELFARE PRESENTA IL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO
>>Da: urania
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Sarà utile per gli anziani soli, per chi soffre di patologie gravi e per chi vive in aree remote
E’ stato presentato nel corso del secondo giorno di lavori del III Forum del Risk di Arezzo il Fascicolo sanitario elettronico, uno strumento che sta molto a cuore al Ministero del Welfare. Attraverso il codice fiscale del cittadino, secondo il progetto allo studio, l'operatore sanitario potra' accedere online al Fascicolo contenente tutte le informazioni relative all'assistito. Ciò permettera' di superare l'isolamento delle persone che vivono in aree remote, degli anziani soli, dei pazienti con patologie gravi. I dati contenuti nel documento potranno essere aggiornati da ogni operatore sanitario che prende in cura il paziente, dall'infermiere al medico di medicina generale. A garanzia del rispetto della legge sulla privacy e' allo studio un sistema di identificazione dell'operatore sanitario che permettera' l'accesso riservato e controllato ai fascicoli. L’intero sistema permettera' il miglioramento della gestione dell'informazione e della comunicazione clinica; la riduzione degli errori medici con la creazione di un database che raccoglie le esperienze di tutta la popolazione e la responsabilizzazione del paziente sulla propria salute.
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LA RISONANAZA MAGNETICA PROVA L’EFFICACIA DELL’AGOPUNTURA
>>Da: urania
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Gli aghi sono in grado di modulare lo stimolo doloroso
L'agopuntura rappresenta uno dei rimedi più antichi per combattere il dolore e ora, grazie alla risonanza magnetica, e' anche piu' chiara l'interazione con le zone cerebrali da cui si sviluppa la risposta positiva allo stimolo doloroso. A illustrare cosa succede nel nostro cervello quando un ago viene infisso in un punto della mano o del piede e' il professor Riccardo Rinaldi, docente all'Universita La Sapienza di Roma, nel suo intervento al convegno su 'dolore: approccio multidisciplinare', organizzato all'ospedale San Pietro Fatebenefratelli. Nel convegno e' anche emersa la validita' dell'abbinamento dell'agopuntura con l'omeopatia per il contrasto al dolore. 'Nel cervello - spiega Rinaldi - esiste una mappa del dolore, varie zone sono collegate tra loro e ciascuna di esse rappresenta un particolare aspetto dell'esperienza dolore. Con la risonanza magnetica si e' potuto vedere come l'agopuntura influenzi l'attivita' di queste aree. Con l'infissione di un ago possiamo diminuire l'intensita' del dolore oppure la sua sgradevolezza modificando il rapporto tra stimolo doloroso e cervello. Anche la sfera emotivo-emozionale coinvolta nell'esperienza dolore viene influenzata dall'agopuntura e puo' modificare la risposta comportamentale al dolore'. 'La mappa del dolore a livello cerebrale - continua Rinaldi - si accende in determinate aree in risposta ai vari stimoli dolorosi ma dopo le infissioni di aghi in certi punti del corpo si modifica la risposta. In definitiva, l'agountura modula il dolore'. I dolori piu' facilmente trattati con l'agopuntura sono quelli alla spalla, l'artrosi del ginocchio o i traumi sportivi del ginocchio. Inoltre ha riscontri positivi nelle lombosciatalgie, nelle cervicoalgie e nelle cefalee tensivo muscolari.
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PROMETTENTE STUDIO ITALIANO SULLA DISTROFIA DI DUCHENNE
>>Da: urania
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Uno studio italiano sulla distrofia di Duchenne pubblicato su 'Pnas', ha rivelato che due farmaci distinti, gia' dimostratisi efficaci contro la malattia nel modello animale, vanno a colpire in modo selettivo lo stesso bersaglio all'interno della cellula muscolare. L'indagine è stata condotta da Claudia Colussi dell'Irccs Centro cardiologico Monzino di Milano, in collaborazione con il laboratorio diretto da Pier Lorenzo Puri, ricercatore dell'Istituto Telethon Dulbecco, e dall gruppo coordinato da Carlo Gaetano del Laboratorio di patologia vascolare presso l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma. Il lavoro, cofinanziato da Telethon, Parent Project Onlus, Association Francaise contre le myopathie e Muscular Dystrophy Association, dimostra come, sia gli inibitori delle deacetilasi, sia l'ossido nitrico, agiscano sulla stessa proteina presente nelle fibre muscolari: l'istone deacetilasi Hdac2, fondamentale per la regolazione di geni implicati nella crescita e nel mantenimento in buona salute delle cellule muscolari scheletriche. "Il risultato e' molto importante - spiegano i ricercatori - perche' mette in luce una forte correlazione tra due distinte terapie farmacologiche per la distrofia muscolare di Duchenne, di cui si sta valutando l'efficacia sull'uomo". Entrambi gli approcci agiscono a valle del danno genetico responsabile della malattia, ovvero l'assenza o l'alterazione della distrofina. Pur non correggendo il difetto, sono infatti "in grado di bloccare o quantomeno rallentare l'evoluzione della distrofia, per esempio riducendo la degenerazione e la perdita di massa muscolare e favorendo la rigenerazione dei muscoli stessi". In particolare, gli inibitori delle deacetilasi agiscono ottimizzando il tentativo di riparazione spontanea messo in atto dagli stessi muscoli distrofici. L'ossido nitrico, invece, ripristina alcuni segnali interrotti proprio dall'assenza della distrofina, cosa che determina effetti benefici sovrapponibili a quelli degli inibitori delle deacetilasi. Precedenti studi hanno gia' mostrato che entrambi i trattamenti determinano l'aumento della massa muscolare, un'osservazione alla base di nuovi interventi farmacologici per il trattamento delle distrofie muscolari ormai quasi arrivati alla sperimentazione sull'uomo. Rispetto alla terapia genica e cellulare, quella farmacologica ha un grosso vantaggio: e' facile da somministrare e puo' raggiungere con facilita' tutti i muscoli del corpo. Questo vantaggio, pero', e' anche un limite, perche' il medicinale potrebbe provocare effetti collaterali anche gravi agli altri organi e tessuti. Proprio per questo il risultato descritto su Pnas apre prospettive incoraggianti: sapere che due farmaci diversi colpiscono in maniera selettiva lo stesso bersaglio indica che siamo di fronte a una strategia terapeutica specifica, mirata e quindi potenzialmente meno tossica. A questo punto i ricercatori si muoveranno lungo due strade: da una parte sviluppare nuove molecole ibride per ottenere azioni terapeutiche piu' efficaci e durature nel tempo. Dall'altra approfondire identificare il tipo di cellule staminali muscolari e i geni chiave che possono essere manipolati da questi interventi farmacologici, in modo da aumentarne efficacia e specificita'.
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Le proposte dei geriatri al Congresso nazionale della SIGG
>>Da: urania
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UN CODICE ARGENTO NEI PRONTO SOCCORSO E UN CASE MANAGER PER CURARE MEGLIO GLI ANZIANI
“L’anello debole del nostro SSN è l’anziano fragile. Nonostante i maschi italiani siano i più longevi in Europa con un’aspettativa di vita di 80,4 anni e le donne si piazzino al secondo posto dopo la Francia con 85,4 anni gli ultimi 3-5 anni di vita sono vissuti con malattie gravi invalidanti e con un deciso aumento delle demenze senili. L’anziano fragile è infatti un tipo di malato che non puo' essere gestito con le competenze e le dotazioni ordinarie ed è pertanto improprio ricoverarlo nei reparti di medicina interna generale e non di geriatria. In questo senso la SIGG propone al Ministero della Salute di creare nei Pronto soccorso un codice diverso, il codice argento, accanto ai tradizionali rosso, giallo, verde e bianco per venire incontro ai bisogni di questi anziani ma anche per risparmiare ingenti risorse pubbliche attraverso un’assistenza decisamente più appropriata ”, ha dichiarato il prof. Roberto Bernabei, Presidente della SIGG, presentando il 53° Congresso Nazionale che si è aperto ieri a Firenze, presso il Palazzo dei Congressi. “I geriatri italiani hanno voluto intitolare il loro congresso annuale parafrasando il celebre film dei fratelli Coen “L’Italia? Non è un paese per vecchi.. ” per richiamare l’attenzione sull’inadeguatezza del nostro Servizio Sanitario Nazionale a far fronte ai problemi assistenziali degli anziani”, ha spiegato Bernabei. “I dati sono eloquenti: spendiamo solamente lo 0,12% del PIL per l’assistenza agli anziani a fronte del 2,57% speso dalla Svezia e da altri paesi europei, abbiamo solo il 2% degli ultasessantacinquenni in residenze sanitarie assistenziali e solo l’1% in assistenza domiciliare mentre nessun paese europeo scende sotto il 5% in entrambi i casi. E ciò nonostante l’Italia si attesti come il paese più vecchio del mondo dal momento che oltre il 20% della popolazione ha superato i 65 anni. Siamo inoltre il paese Ocse con la minore percentuale di popolazione impiegata nella fascia di età 55-64 anni e questo anche per effetto dei pensionamenti anticipati: viene quindi spontaneo interrogarsi su chi sosterrà il peso di una popolazione sempre più anziana?”, ha proseguito Bernabei. Per quanto riguarda lo studio dei meccanismi che stanno alla base dell’invecchiamento gli ultimissimi dati che verranno presentati al Congresso sembrano dare un ruolo chiave all'infiammazione, il cosiddetto Inflammaging. Ciò riguarda tutte quelle condizioni di malattia, stress, cattiva alimentazione che aumentano il livello di specifiche proteine come le citochine. Queste non aumentano solo il danno locale ma funzionano da vero e proprio killer per tutti gli organi ed apparati. Nel corso del Congresso si farà anche il punto sugli enormi progressi compiuti nella gestione del paziente anziano complesso, affetto da più patologie con deficit di funzione multipli e con più farmaci da assumere. Attraverso la metodologia della valutazione multidimensionale che considera tutti i segmenti della complessità di questi pazienti, i dati più recenti confermano che si è riusciti ad abbattere in maniera considerevole la mortalità intraospedaliera dei malati internistici o ortopedici. Basta considerare che quando la frattura di anca viene affrontata congiuntamente dall’ ortopedico e dal geriatra si la mortalità si riduce del 50%. Per questo la SIGG popone la creazione di una nuova figura professionale socio-sanitaria all’interno degli ospedali
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VIA LIBERA AL NUOVO COMITATO STRATEGICO PER IL CONTROLLO DELLE MALATTIE
>>Da: urania
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E' presieduto dal Sottosegretario Fazio
Si e' insediato nei giorni scorsi il nuovo Comitato strategico del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm). Con decreto firmato dal sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio, per conto del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, e' stato infatti nominato il nuovo organismo, che e' stato completamente rinnovato. Il Comitato strategico ha il compito di elaborare le linee di indirizzo generali e approvare i programmi annuali del Ccm, la cui missione consiste nel definire interventi di prevenzione la cui efficacia e' supportata da solidi dati scientifici. A presiedere il Comitato e' lo stesso Fazio, mentre la vicepresidenza e' andata all'assessore veneto alla sanità Sandro Sandri, su delega del coordinatore Enrico Rossi. Nella squadra, anche altri due assessori regionali: Eleonora Artesio del Piemonte, e Vladimir Kosic del Friuli Venezia Giulia. Il Comitato strategico e' composto di cinque funzionari, tra cui il direttore operativo del Ccm, Fabrizio Oleari, e cinque esperti. Nella seduta che ha provveduto all'insediamento dei nuovi componenti, e' stato adottato il Piano d'azione per il 2008. Un Piano di interventi in forza del quale sono stati stanziati 24 milioni di euro dal ministero. Tra le priorita' individuate nel programma annuale, la sorveglianza sulle influenze animali; il rafforzamento delle azioni contro l'obesita' nei bambini; l'assistenza agli anziani; la prevenzione del crescente fenomeno dei suicidi tra gli adolescenti. Ma non e' tutto. Anche le azioni del Ccm nei casi di influenza, eventi di tipo bioterroristico, gestione del deposito nazionale antidoti, risposta sanitaria a situazioni di natura nucleare, biologica, chimica e radiologica, sono strettamente legate alle attivita' di sorveglianza.
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36 GIORNI DI VITA E GIA’ DIABETICA
>>Da: urania
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Il caso raro è stato diagnosticato all’ospedale di Lecco
Un raro caso di diabete in una bambina di soli 36 giorni e' stato diagnosticato dai medici dell'Ospedale Manzoni di Lecco. La piccola era nata nello stesso Manzoni con un parto naturale e aveva seguito una buona crescita durante il primo mese di vita. A causa di problemi respiratori, i genitori l’avevano successivamente portata al Pronto Soccorso dell'ospedale lecchese, dove i medici le hanno riscontrato valori di glucosio nel sangue molto piu' alti del normale, diagnosticandole un caso di diabete gravemente scompensato, ad un'eta' assolutamente inattesa'. 'Il diabete nei bambini - spiega Luciano Beccaria, direttore della pediatria al Manzoni - di solito deriva da una malattia auto-immune che colpisce quelle cellule del pancreas che producono insulina. Un bambino diabetico, diversamente da un adulto, ha quindi un'assenza quasi totale di insulina, con conseguenti aumenti della glicemia e necessita' di continue iniezioni'. Attualmente la pediatria di Lecco segue circa 70 bambini con problemi connessi al diabete. Oltre a quest’ultimo caso il bambino piu' piccolo giunto in reparto ha 4 mesi. 'Per tutti i bambini in cui il diabete e' comparso al di sotto di sei mesi - conclude Beccaria - abbiamo la possibilita' di valutare l'esistenza di una causa genetica, una rara condizione che si e' evidenziata da pochi anni e che potrebbe portare ad una possibile differente cura della malattia diabetica. Il piccolo di 4 mesi, purtroppo, e' risultato negativo a tali indagini, e l'unica terapia possibile rimane l'iniezione di insulina'. Per la neonata invece i medici attendono ancora un esito definitivo.
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IDENTIFICATO UN GENE CHE CONTROLLA LA PRODUZIONE DI ACIDI NELLO STOMACO
>>Da: urania
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Possibili nuove terapie per il reflusso acido e l’ulcera peptica
I ricercatori dell’Università di Cincinnati (Usa) hanno identificato un gene che aiuta il controllo della secrezione degli acidi nello stomaco, aprendo la strada allo sviluppo di nuove terapie per la cura di malattie quali il reflusso acido e l’ulcera peptica. È quanto riporta l’ultimo numero di Proceedings of the National Academy of Sciences. Gli scienziati coordinati da Manoocher Soleimani hanno scoperto che quando Slc26a9, il gene responsabile della produzione di cloruro nello stomaco, viene eliminato, la secrezione di acido nello stomaco si arresta. L’acido gastrico, composto principalmente da acido idroclorico, è la principale secrezione nello stomaco e aiuta l’organismo a disgregare e digerire il cibo. “Un gran numero di persone – sostiene Soleimani – soffrono di reflusso acido, causato dal rigurgito degli acidi dello stomaco nell’esofago, o di ulcera peptica, causata dal passaggio di un eccesso di acidi dello stomaco nell’intestino. Ciò accade per una sovrapproduzione di acidi nello stomaco. E gli attuali medicinali per la cura di queste malattie provocano effetti collaterali indesiderati”. L’auspicio degli scienziati è che l’identificazione del ruolo svolto da Slc26a9 possa condurre a terapie geniche in grado di eliminare questo doloroso e debilitante problema.
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UNA PROTEINA DEGLI INSETTI PER COMBATTERE L’IPERTENSIONE
>>Da: urania
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In futuro potrebbe essere inserita negli alimenti
Un gruppo di ricercatori dell'università di Gand, nel nord del Belgio, ha scoperto una proteina presente nei piccoli invertebrati che potrebbe contribuire all'abbassamento della tensione arteriosa, spesso all'origine di malattie cardiovascolari. I ricercatori sono partiti dal presupposto che un certo numero di enzimi intervengono nella regolazione della tensione, tra cui l'angiotensina (Ace). Attualmente, le medicine per combattere l'ipertensione contengono spesso degli inibitori sintetici, che possono avere effetti secondari. Degli studi hanno tuttavia dimostrato che certi prodotti alimentari, sia di origine animale sia vegetale, contengono elementi che possono frenare l'azione dell'angiotensina. Lieselot Vercruysse, ricercatrice presso la facoltà di bio-ingegneria dell'università di Gand, ritiene che la scoperta può essere considerata come la base di ulteriori esplorazioni sulla possibilità di sviluppare dei prodotti alimentari funzionali a partire da tale proteina d'insetto.
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ESISTE UN LEGAME FRA EPILESSIA E GLOBULI BIANCHI
>>Da: urania
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Una ricerca italiana apre prospettive per nuove terapie
Un team di ricercatori italiani, coordinato da Gabriela Constantin e Paolo Fabene dell'Universita' di Verona, hanno scoperto l'esistenza di un particolare legame tra i globuli bianchi ed i vasi sanguigni del cervello che potrebbe essere alla base dell'epilessia. Gli studi sui topolini hanno infatti evidenziato che si possono prevenire le crisi epilettiche bloccando con anticorpi specifici questa interazione. Secondo quanto riportato sulla rivista Nature Medicine, anticorpi specifici che impediscono il legame tra leucociti ed endotelio vascolare, mediato da molecole di adesione come le 'integrine', riducono le crisi epilettiche e impediscono lo sviluppo della malattia. In passato, studi su pazienti epilettici avevano indotto il sospetto che in qualche maniera il sistema immunitario potesse essere coinvolto nell'epilessia: rispetto alle persone sane gli epilettici presentano infatti un numero maggiore di leucociti nel cervello. Cosi', gli studiosi italiani hanno utilizzato topolini epilettici e hanno analizzato cosa succede nel loro cervello. In concomitanza di attacchi, i ricercatori hanno osservato nei vasi sanguigni cerebrali dei topi l'interazione tra globuli bianchi neutrofili e la parete dei vasi stessi, l'endotelio. Gli esperti hanno quindi cercato di impedire il legame leucociti-endotelio che avviene tramite le proteine di adesione, utilizzando anticorpi diretti contro queste ultime. Bloccando l'interazione leucociti-endotelio, oltre a ridurre gli attachi e a prevenire gli attacchi cronici spontanei ricorrenti, si previene anche la formazione di 'crepe' nella barriera ematoencefalica che difende il cervello da intrusioni pericolose. Quando questa barriera perde tenuta, aumenta l'eccitabilita' dei neuroni e quindi la possibilita' di un attacco epilettico. Infine, gli esperti hanno visto che e' possibile prevenire le crisi anche riducendo la concentrazione di globuli bianchi neutrofili nel cervello dei topolini.
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VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE PER I BAMBINI? I PEDIATRI SONO DIVISI
>>Da: urania
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L’ACP la raccomanda solo per i bambini a rischio, la FIMMP a tutti
Si è creata una vera e propria spaccatura all’interno dei pediatri italiani sul tema dell’opportunità della vaccinazione antinfluenzale ai bambini. La posizione dell'Associazione Culturale Pediatri (ACP) sulla vaccinazione antinfluenzale in eta' pediatrica, in linea con le indicazioni dell'Istituto Superiore di Sanita', prevede la vaccinazione solo per i bambini a rischio perche' sofferenti di alcune malattie. Di diverso parere sono i pediatri della Fimmp (il sindacato che rappresenta i pediatri di famiglia) che in occasione del loro congresso a Napoli hanno presentato le raccomandazione per una vaccinazione generalizzata. 'L'efficacia del vaccino nei bambini, cosi' come negli anziani e' risultata incerta, quando non addirittura assente', sottolinea l'ACP. Per prevenire il contagio con il virus e' prioritario intervenire con misure non farmacologiche, cioe' lavarsi frequentemente le mani. Secondo l'associazione occorre rifarsi alle evidenze scientifiche perche' non si conosce se e quanto funzioni la vaccinazione per l'influenza nel bambino. Uno studio pubblicato recentemente sugli Archives of pediatrics and adolescent sugli esiti della vaccinazione nei bambini con meno di 5 anni conferma che l'efficacia dell' anti-influenzale in eta' pediatrica e' incerta. Inoltre, solo il 10 per cento dei bambini che presentano i classici sintomi come febbre, raffreddore e tosse ha la vera influenza. L'Associazione fa notare infine che continua ad esserci confusione tra vera e falsa influenza. I classici sintomi del raffreddore, mal di gola e febbre che mettono a letto grandi e piccoli non sono sempre riconducibili al virus dell'influenza ma, nella maggior parte dei casi, ad altri virus e patogeni come la sindrome simil influenzale.
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UN NUOVO PASSO AVANTI NELLA CONOSCENZA DELL’APRASSIA
>>Da: urania
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Uno studio dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia e dell’Università La Sapienza di Roma fa luce sul disturbo post ictus
Nuovo passo avanti nella comprensione del fenomeno dell’aprassia, disturbo che si manifesta nel 50% dei casi di ictus all’emisfero sinistro del cervello e in percentuale minima nei casi in cui è colpito l’emisfero destro. L'aprassia causa l’incapacità di compiere gesti e azioni già appresi e ben conosciuti, pur conservando inalterate le capacità intellettive e linguistiche. Finora si pensava che questo deficit fosse associato all’incapacità di riconoscere e di comprendere le azioni altrui osservate. Per questa ragione si riteneva che l’unico senso coinvolto in tale processo fosse la vista. Ora una ricerca italiana ha dimostrato che l’aprassia compromette il riconoscimento delle azioni umane anche quando potrebbe avvenire attraverso il tipico suono da esse prodotto. Così, mentre in condizioni normali udire un applauso o il rumore di passi evoca subito nella nostra mente l’immagine di una persona che batte le mani o cammina, gli aprassici possono incontrare serie difficoltà nel riconoscere i suoni prodotti dalle azioni umane. Difficoltà che sembrano essere in stretta relazione anche con quella di eseguire proprio quelle azioni; infatti, il deficit non si manifesta quando si tratta di riconoscere suoni associati ad azioni non compiute da esseri umani: il ruggito di un leone, il volo di un elicottero, ecc. Spesso l’aprassia colpisce in maniera selettiva un determinato distretto corporeo, come gli arti o la regione della bocca. La ricerca ha evidenziato che i pazienti in cui il disturbo si manifesta nell’incapacità di eseguire azioni con gli arti, hanno maggior difficoltà nel comprendere i suoni prodotti da chi cammina, usa un martello ecc. Invece quando la difficoltà nell’eseguire gesti interessa la regione del viso e della bocca i pazienti stentano a riconoscere i suoni riconducibili a questo distretto corporeo: ad esempio, l’inconfondibile rumore provocato dal mangiare patatine, nel soffiarsi il naso o lanciare un bacio. Lo studio ha anche consentito di identificare le regioni cerebrali implicate in questi disturbi; se la lesione è nelle strutture parietali si manifestano difficoltà soltanto nel riconoscimento dei suoni legati ad azioni degli arti; se invece vengono lese le strutture frontali la difficoltà si estende anche ai suoni provocati da azioni della bocca. Lo studio, durato 36 mesi, è stato condotto dalla Sezione di Neuropsicologia della Fondazione Santa Lucia, prendendo in esame pazienti ricoverati in questa struttura di riabilitazione neuromotoria a seguito di ictus. Le indicazioni emerse dalla ricerca italiana potranno avere ricadute importanti sul piano clinico e applicativo. Infatti, il test messo a punto dai ricercatori - il riconoscimento delle azioni tramite l’udito - può rappresentare un nuovo strumento neuropsicologico per la diagnosi dei disordini dell’azione in pazienti neurologici e, soprattutto, per lo sviluppo di trattamenti riabilitativi delle funzioni percettive, motorie e cognitive.
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Pasti ricchi in proteine per bruciare i grassi
>>Da: urania
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Le persone in soprappeso o obese che mangiano piatti ricchi di proteine hanno maggiori probabilità di bruciare il grasso in eccesso: è quanto sostiene uno studio condotto in Australia e pubblicato sulla rivista Nutrition & Dietetics.
I ricercatori sono partiti dall’osservazione che le persone in soprappeso o obese riescono a bruciare più grassi se mangiano un piatto ricco di proteine a pranzo e a colazione piuttosto che se consumano pasti poveri di proteine.
Gli studiosi spiegano quest’evidenza dicendo che le proteine almeno in parte, calmano l’appetito cosa che non riescono a fare né i carboidrati né i grassi.
Lo studio ha coinvolto 18 adulti, età media 40 anni, 8 in soprappeso, 6 normopeso e 4 obesi: è stato controllato il loro metabolismo per 3 giorni consecutivi dopo i pasti.
Il primo giorno hanno mangiato in maniera tale da ingerire il 58% delle calorie sotto forma di carboidrati e il 14% sotto forma di proteine.
Il secondo e il terzo giorno, invece, hanno mangiato in maniera che un terzo delle calorie totali provenisse dai carboidrati e un terzo dalle proteine.
Le persone obese bruciano più difficilmente i grassi rispetto ai magri, ma se ingeriscono un pasto fortemente proteico bruciano grassi nella stessa misura dei magri
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La sedentarietà causa infarti e ictus
>>Da: urania
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A Roma è stato presentato il progetto L’esercizio fisico come farmaco dell’Ausl di Ferrara e della Regione Emilia Romagna.
Al centro dell’incontro la sedentarietà, che tradotta in inattività fisica rappresenta un’insidia per la salute dei cittadini.
Francesco Conconi, direttore del Centro studi biomedici applicati allo sport dell'Università di Ferrara, sottolinea che l’inattività fisica «causa il 70% degli ictus cerebrali, l'80% degli attacchi cardiaci, il 70% dei casi di cancro al colon-retto e il 90% di quelli di diabete nell'adulto. L'equazione fra sedentarietà e malattia è ormai nota a tutti e le evidenze che la dimostrano sono schiaccianti».
«Ora occorre trasferire questi dati in iniziative concrete di contrasto alle cattive abitudini. Quello di Ferrara è un progetto che inserisce strumenti che invogliano al movimento fisico, come il contapassi che viene controllato dal medico di famiglia ogni due mesi. Il tutto a un costo molto basso: 25 euro a paziente che sicuramente consentiranno di ricavare risparmi ben superiori».
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Scoperto un nuovo vaccino superallergoide
>>Da: urania
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È stata annunciata l'invenzione di un nuovo vaccino, detto superallergoide, che in virtù di una maggiore sicurezza potrà garantire una superiore efficacia terapeutica. Il reparto ricerche di Lofarma ha infatti depositato un brevetto a livello nazionale che riguarda lo sviluppo di un innovativo vaccino antiallergico ottenuto con la combinazione di due diverse procedure chimiche.
L‘immunoterapia delle malattie allergiche viene attualmente realizzata mediante l’impiego di due tipologie di vaccini antiallergici: i vaccini basati sull’impiego di allergeni naturali, e i vaccini basati sull’impiego di allergeni modificati chimicamente (denominati allergoidi).
Il sostanziale vantaggio dei vaccini denominati allergoidi rispetto ai vaccini naturali è la maggiore sicurezza d’impiego quale risultato di una ridotta capacità di interagire con gli anticorpi IgE (allergenicità) che rappresentano la causa principale dell’insorgenza delle reazioni allergiche. Ciò consente quindi l’ottenimento di un beneficio terapeutico con un minor rischio di effetti indesiderati.
La grande novità del nuovo vaccino superallergoide consiste nel fatto che, rispetto agli allergoidi tradizionali, riduce ulteriormente la sua allergenicità, garantendo una migliore efficacia terapeutica.
Tale vaccino arriva a distanza di quasi vent’anni dall’invenzione del LAIS, il primo e ancora oggi unico allergoide formulato in compresse oromucosali presente in commercio.
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Menopausa e colesterolo: i fitostanoli possono aiutare
>>Da: urania
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La menopausa è un momento molto dedicato per la salute di una donna, durante il quale aumenta anche il rischio di ipercolesterolemia, che può essere causa di disturbi più complessi come l’aterosclerosi e patologie a essa associate. Per questo è molto importante controllare i livelli di colesterolo nel sangue, seguire una corretta alimentazione e cercare di mantenere uno stile di vita salutare.
In quest’ambito l’Osservatorio AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari – Area Integratori Alimentari) segnala uno studio scientifico pubblicato su Menopause, secondo il quale una supplementazione con fitostanoli - sostanze naturali con funzione simile agli estrogeni che in natura si trovano in frutta secca, mais, noci, semi, legumi e oli vegetali - aiuta a controllare i livelli di colesterolo nel sangue.
Lo studioƒx ha coinvolto, per 6 settimane, 60 donne in menopausa moderatamente ipercolesterolemiche, con o senza problemi cardiovascolari, con l’obiettivo di osservare gli effetti indotti da un consumo giornaliero di margarine arricchite con fitostanoli sulla riduzione della colesterolemia e sul mantenimento di tale effetto a lungo termine.
Dopo le 6 settimane si è osservata una riduzione del colesterolo totale nelle donne dei due gruppi che avevano assunto fitostanoli, mentre questo valore rimaneva invariato nel gruppo di controllo. Nel gruppo senza patologie cardiovascolari l’assunzione di fitostanoli è proseguita per tempi più lunghi, e a 6 mesi si è notato un calo di oltre il 12% della colesterolemia LDL. A 12 mesi si è avuta un’ulteriore diminuzione (-17%) nelle donne che avevano continuato l’assunzione di 3g/d di fitostanoli, mentre nel sottogruppo che aveva ridotto la dose degli stessi si è avuto un lieve aumento. In nessun caso, si è osservata una diminuzione della colesterolemia HDL, e pertanto la riduzione della colesterolemia totale è attribuibile esclusivamente al calo del colesterolo LDL.
Dallo studio emerge quindi che, in donne in menopausa, indipendentemente dalla presenza di patologie cardiovascolari, una supplementazione di fitostanoli, anche per breve tempo, contribuisce all’abbassamento della colesterolemia totale e LDL.
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Si saldi chi può
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Riusciamo ad imbrogliare anche sugli sconti, sui saldi. Un’assurda politica dirigista, statalista, regionalista e municipalista, pretende di stabilire quando iniziano e come funzionano, togliendo la libertà di scelta al singolo commerciante. Più le norme sono rigide ed anacronistiche, più ne è garantita la violazione. Così i saldi sono già in corso, ma in clandestinità, con due effetti deleteri: a. non tutti i consumatori sono sullo stesso piano, perché invitati ai primi sconti sono solo i clienti abituali; b. proprio a causa di questo tipo di rapporto, i saldi cominciano anticipatamente presso i negozi di lusso, a beneficio di coloro che ne hanno meno bisogno. A farlo apposta, non ci si sarebbe riusciti.
La sensazione generale, confermata dai dati reali, è che le festività si avvicinano in un clima di minore propensione all’acquisto. Quando i soldi mancano, naturalmente, non c’è modo di cambiare andazzo solo facendosi coraggio. Ma, nella maggior parte dei casi, i soldi ci sono, magari pochi, ma ci sono, solo che si esita a tirarli fuori sia perché ogni giorno va in scena lo spettacolo della crisi, che magari si capisce poco cosa sia, ma fa paura, e sia perché quel che serve ci si ripromette di acquistarlo da lì ad una settimana, quando cominceranno i saldi. In altri anni ed altre situazioni, il Natale era l’occasione per vendere al meglio, giacché i clienti erano disposti a pagare pur di avere una carrettata di doni da fare e ricevere. Oggi vale l’approccio opposto, e gli sconti, se fatti prima di Natale, concilierebbero il desiderio di risparmiare con la brama di avere e regalare, portando beneficio ai consumatori, ai commercianti ed al mercato. In tempi di vacche magre, per giunta, rimandare a dopo le feste porterà molti a rinunciare, evitando del tutto acquisti non indispensabili.
Purtroppo, nessuna testa è più dura di chi pretende di sapere meglio di te qual è il tuo bene, e s’incarica di scegliere per tuo conto, stabilendo quando è giusto cercare di vendere ed acquistare di più. Da noi la ripartenza può essere propiziata proprio dalla cacciata dei tutori, dalla cancellazione di regole che servono solo a chi non sa fare il proprio mestiere, dalla liberazione del cittadino. La libertà funziona meglio di quattro euro regalati, che ne costano otto di tasse.
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Gramsci e la sua fede
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Dal Vaticano s’allarga l’eco della rivelazione: a detta di due suore Antonio Gramsci abbracciò la fede cristiana, prima di morire. La notizia, prima ancora che vera o falsa, è irrilevante. Il lascito intellettuale di uno dei più potenti pensatori del secolo scorso non muta di una virgola, quale che sia la fondatezza della notizia. Difatti, posto che Gramsci era ateo, esistono solo tre possibilità.
La prima è che sia una bufala. La notizia arriva da Luigi De Magistris, monsignore, cui la raccontò un altro prelato, Giovanni Maria Pinna, a sua volta fratello di una delle due suore. Sarà pur vero, come pare abbiamo raccontato le due religiose, che Gramsci non chiese mai la rimozione dell’immagine di santa Teresa del Bambino Gesù, dalla sua stanza del Quisisana (l’occasione torna utile per ricordare che morì in clinica, dopo un lungo ricovero, e non in carcere, come molti credono di sapere), ma non significa niente. Non era superstizioso, non aveva di certe fisime laiciste che prendono alla gola quelli che vivono in un mondo secolarizzato, ed il rispetto di quel che le immagini sacre rappresentano per i fedeli non è certo né uno sforzo né un sacrificio.
Alla religione, del resto, Gramsci aveva dedicato molta attenzione. E non poteva essere diversamente. Quindi sarebbe stato strano un atteggiamento diverso.
La seconda possibilità è che la notizia sia del tutto e profondamente vera. Anche in questo caso irrilevante. Per la teologia cristiana, infatti, il sopraggiungere della fede, vissuta come dono, non farebbe che confermare il presupposto dogmatico, ovvero l’esistenza della divinità. Mentre per tutti noi, credenti e non, quell’illuminazione ultima non modificherebbe in niente il pensiero di Gramsci. Saremmo, insomma, davanti a quel che si chiama “mistero della fede”, per ciò stesso interessante solo per chi ha la seconda ed accetta il primo.
La terza possibilità comprende l’ipotesi che a muovere Gramsci non fu il divino, ma la terrena paura della morte. Non è facile ammetterlo, per chi ha potuto vedere lo spessore del suo pensare, ma indagare sull’animo di ciascuno, in quei momenti, quando l’eterno sfugge perché ti afferra, comporta un tale rispetto da imporre il tacere. De Magistris l’ha pensata diversamente, ed è affar suo.
In tutti e tre i casi, appunto, non cambia niente. Gramsci accettò la perdita della libertà fisica per conservare la dignità intellettuale e politica. In quelle condizioni lavorò alle sue cose migliori, non solo isolato, ma avversato, fin dopo la morte, dai suoi stessi compagni. Egli era comunista, mentre io sono anticomunista. Ma sarei prima di tutto ignorante se non valutassi quegli scritti anche alla luce dell’epoca (morì nel 1937), e se non ricordassi quelli di Piero Gobetti, che sbagliò l’analisi della rivoluzione bolscevica. Nei confronti di Gramsci c’è un debito inestinguibile della cultura e del pensiero politico, debito che, con orgoglio, portiamo anche dentro di noi.
E quel debito giustifica che oggi si avverta come a dir poco inopportuno l’annuncio di una conversione “de relato”, con tutte le fonti sepolte.
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Da Mumbai a Washington
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
L’India è un gigante economico in rapida crescita. Al contrario della Cina, è una democrazia, sebbene con caratteristiche non certo europee. Quattro religioni sono nate qui: l’Induismo, il Buddismo, il Giainismo ed il Sikismo. Nessuna di queste è incompatibile con lo sviluppo capitalistico, hanno, insomma, meno problemi di noi, figli, a vario titolo, della Bibbia. Fino all’inizio degli anni novanta è stato il più grande Paese fra i “non allineati”, vale a dire che ha sviluppato l’arma atomica in positiva relazione con l’Unione Sovietica. Con la fine dei due blocchi, l’India si è concentra sulle riforme ed ha imboccato la via della ricchezza.
Il Paese è martoriato dal terrorismo. Solo quest’anno, e prima dell’attacco a Mumbai, i morti erano già più di 200. Essendo quasi tutti indiani, dalle nostre parti ce la sbrigavamo con una foto della strage. L’impressione è che, adesso, stiano parlando con noi, o, meglio, stiano rivolgendosi a Washington. La risposta non la vogliono da Singh (premier indiano), ma da Obama. Due elementi depongono in tale senso. Primo: gli obiettivi sono stati scelti apposta per parlare al mondo, concentrandosi su alberghi e cittadini stranieri. Secondo: la quantità dei morti è in linea con la media passata e la qualità militare dell’attacco non è poi così raffinata. Sono in tanti, lanciano bombe e sparano con i mitra nei luoghi affollati, è un lavoro all’ingrosso, per niente sofisticato. Semmai è la reazione indiana ad essere inefficiente.
Visto che si firmano Mujahidin, quindi mussulmani, la mente corre ad Al Quaeda ed al nemico storico, il Pakistan. Ma questo Paese confinante è stato alleato degli occidentali nel far partire la guerra in Afghanistan, ed in quel momento gli statunitensi dovettero governare il rapporto con l’India, divenuto interlocutore affidabile da quando si dedica più ai soldi che alle bombe. Quindi, non solo le due matrici non si sovrappongono, ma se il coordinamento parte dal Pakistan, non lo si deve certo a chi amministra i buoni rapporti con l’occidente. E’ chi vuol far saltare tutto in aria, chi soffre il clima di collaborazione, a porre oggi il problema ad un Obama che persegue la continuità in politica estera: chi scegli, come rispondi? Non mi meraviglierei se i kalashnikov non fossero l’unica cosa d’origine russa.
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Ebrei, bersagli mobili nel mondo
>>Da: Carlotta3691
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A Mumbai gli attentatori colpiscono anche il centro religioso Nariman House
di Michael Sfaradi
Sigle strane e sconosciute, sono quelle che hanno rivendicato gli attentati che hanno sconvolto Mumbai in India. La dinamica usata negli attacchi, cioè colpire contemporaneamente più obiettivi, in modo da seminare morte e creare confusione nelle reazioni della polizia e nel portare i soccorsi è però quella che caratterizza Al Qaeda. Gli attentati di New York, Londra e Madrid, hanno avuto in comune questo stesso filo conduttore e con una probabilità che si avvicina al 100% dietro queste fantomatiche sigle c’è la lunga mano dello sceicco del terrore. Già da tempo era nell’aria la possibilità che Al Qaeda allungasse la sua scia di sangue, e negli ultimi mesi diversi rapporti dei servizi segreti inglesi e della Cia avevano allertato alcuni governi sulla possibilità di nuovi attacchi subito le elezioni presidenziali americane. Il governo indiano era fra i primi della lista. In Israele si segue costantemente l’evolversi della situazione e si sta soltanto aspettando una risposta ufficiale prima di inviare a Mumbai una spedizione di cui faranno parte medici, paramedici e specialisti nel riconoscimento dei cadaveri. L’India è una delle mete preferite dai turisti israeliani che la visitano in tutti i periodi dell’anno e negli ultimi mesi il ministero del turismo israeliano aveva fatto stampare un vademecum informativo sul comportamento da tenere in caso di necessità con indicazioni di massima e numeri di telefono in caso di bisogno.
Il governo israeliano sa che i suoi cittadini in viaggio all’estero per turismo o per lavoro sono dei veri bersagli mobili ed è per questo che da sempre si raccomanda prudenza soprattutto quando si è in gruppo e più facilmente riconoscibili. Questo perché anche nel caso di attentati terroristici non rivolti direttamente ad istituzioni ebraiche o israeliane, come nel caso di Mumbai, gli attentatori prestano una particolare attenzione alla loro eventuale presenza. Le agenzie di stampa israeliane e Y.net riportano che la Nariman House, un’organizzazione religiosa ebraica di assistenza ai bisognosi con annessa sinagoga è stata occupata da un gruppo nutrito di attentatori. Sono stati presi 10 ostaggi. Fra di loro ci sono, probabilmente, anche il direttore dell’organizzazione con la moglie e la loro figlia di pochi mesi di età. Tutti gli ostaggi sono stati liberati in serata, anche se, nel momento in cui scriviamo, il ministero degli Esteri israeliano non ha ancora confermato la notizia. Dall’esterno si sono uditi colpi di arma da fuoco e delle esplosioni, probabilmente granate, e non si sa se ci siano morti o feriti. Il ministro Barak, parlando con funzionari del ministero degli esteri indiano, ha offerto la piena collaborazione all’India per la lotta al terrorismo, ed anche se l’Fbi ha escluso un collegamento fra gli attentati di ieri sera e l’allarme lanciato nei giorni scorsi per eventuali attentati nella metropolitana di New York, il livello d’allarme e repentinamente salito e c’è da immaginare che le prossime vacanze di Natale, sia in Israele e nel resto del mondo saranno blindate.
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Quando i giudici si scordano il buon senso
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Ubriachi e sotto l’effetto di stupefacenti: pene troppo miti per chi uccide sulle strade
di Gianluca Perricone
Tutti gli osservatori concordano sul fatto che il traffico di donne, avviate alla prostituzione, sia l’attività della criminalità organizzata che sta conoscendo la più fiorente espansione. Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, i dati del 2005 attestano che nella “tratta delle bianche”, per il 90-92% dei casi, esse sono destinate alla fabbrica del sesso. La rimanente percentuale ad altri lavori forzati (soprattutto domestici o agricoli). L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine attesta, dati alla mano, che praticamente nessun paese al mondo è risparmiato dalla tratta di esseri umani: individua 127 paesi “fornitori” e qualcosa come 137 paesi “consumatori”. L’Olanda si staglia quale uno dei dieci maggiori referenti del traffico internazionale della prostituzione. Lo stesso sito nazionale (www.Olanda.cc), dichiara che solo il 30% delle 25.000 prostitute regolari sono olandesi. Quello che però non dice è che esse sono molte di più, il 70% delle quali prive di documenti. Vittime della tratta delle donne a fini di prostituzione, controllata dalla criminalità organizzata. L’Olanda, ricordiamolo, è il paese che nel 2000 ha legalizzato la prostituzione ed ha regolamentato l’esercizio dei bordelli in specifiche zone a “luci rosse” (già presenti ad Amsterdam, ma non legali). Grande vantaggio fiscale (un miliardo di euro annui drenati dall’erario), “normalizzazione” commerciale (i bordelli possono farsi pubblicità), nonché garanzie individuali delle professioniste (assistenza medica, pensione, ecc).
Non solo. La legalizzazione della prostituzione, confinandola nei bordelli e nelle case di tolleranza doveva, se non cancellare, porre almeno un forte freno alla piaga della prostituzione di minorenni. L’Organizzazione per i diritti del fanciullo ritiene però che il numero dei minori che si prostituiscono in Olanda sia passato dai 4.000 nel 1996 ai 15.000 nel 2001, un terzo dei quali provenienti dall’estero. Il traffico dei minori non accompagnati è in piena espansione, come in altri paesi europei che hanno legalizzato la prostituzione regolamentata. I minori rifugiati, che richiedono asilo, sin dall’arrivo all’aeroporto di Schiphol (Amsterdam) sono condotti in case di accoglienza dalle quali, puntualmente, scompaiono. Il rapido ritmo di queste sparizioni mise la pulce nell’orecchio alle forze di sicurezza olandesi che, proprio nell’ottobre 2007, smantellarono una vasta rete di traffico di minori provenienti dalla Nigeria, destinati alla prostituzione.
Il sindaco di Amsterdam ha recentemente iniziato la chiusura del quartiere a luci rosse, ammettendo implicitamente un colossale fallimento. Il piano, chiamato “Project 1012”, ha già trasformato parte delle famose vetrine in ateliers di alta moda. Karina Schaapman, ex prostituta e consigliere della città, non ha peli sulla lingua: “Invece di regolamentare il settore, la politica delle licenze concesse ai bordelli, dal 2000 ad oggi, ha portato ad una situazione incontrollabile”. Da tempo la stampa (non solo nazionale) stigmatizzava il fatto compiuto di un quartiere consegnato a trafficanti di persone e di droga. Così la legalizzazione della prostituzione è rapidamente scaduta da simbolo della liberazione delle donne, “libere di disporre di se stesse”, ad una svilita questione di sfruttamento. Ma guai ad ammetterl
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Squillo: l’Olanda ha fallito
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il Paese che nel 2000 ha legalizzato la prostituzione fa marcia indietro. Altro che regolamentazione: via libera allo sfruttamento
di Maurizio De Santis
Tutti gli osservatori concordano sul fatto che il traffico di donne, avviate alla prostituzione, sia l’attività della criminalità organizzata che sta conoscendo la più fiorente espansione. Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, i dati del 2005 attestano che nella “tratta delle bianche”, per il 90-92% dei casi, esse sono destinate alla fabbrica del sesso. La rimanente percentuale ad altri lavori forzati (soprattutto domestici o agricoli). L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine attesta, dati alla mano, che praticamente nessun paese al mondo è risparmiato dalla tratta di esseri umani: individua 127 paesi “fornitori” e qualcosa come 137 paesi “consumatori”. L’Olanda si staglia quale uno dei dieci maggiori referenti del traffico internazionale della prostituzione. Lo stesso sito nazionale (www.Olanda.cc), dichiara che solo il 30% delle 25.000 prostitute regolari sono olandesi. Quello che però non dice è che esse sono molte di più, il 70% delle quali prive di documenti. Vittime della tratta delle donne a fini di prostituzione, controllata dalla criminalità organizzata. L’Olanda, ricordiamolo, è il paese che nel 2000 ha legalizzato la prostituzione ed ha regolamentato l’esercizio dei bordelli in specifiche zone a “luci rosse” (già presenti ad Amsterdam, ma non legali). Grande vantaggio fiscale (un miliardo di euro annui drenati dall’erario), “normalizzazione” commerciale (i bordelli possono farsi pubblicità), nonché garanzie individuali delle professioniste (assistenza medica, pensione, ecc).
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Non solo. La legalizzazione della prostituzione, confinandola nei bordelli e nelle case di tolleranza doveva, se non cancellare, porre almeno un forte freno alla piaga della prostituzione di minorenni. L’Organizzazione per i diritti del fanciullo ritiene però che il numero dei minori che si prostituiscono in Olanda sia passato dai 4.000 nel 1996 ai 15.000 nel 2001, un terzo dei quali provenienti dall’estero. Il traffico dei minori non accompagnati è in piena espansione, come in altri paesi europei che hanno legalizzato la prostituzione regolamentata. I minori rifugiati, che richiedono asilo, sin dall’arrivo all’aeroporto di Schiphol (Amsterdam) sono condotti in case di accoglienza dalle quali, puntualmente, scompaiono. Il rapido ritmo di queste sparizioni mise la pulce nell’orecchio alle forze di sicurezza olandesi che, proprio nell’ottobre 2007, smantellarono una vasta rete di traffico di minori provenienti dalla Nigeria, destinati alla prostituzione. Il sindaco di Amsterdam ha recentemente iniziato la chiusura del quartiere a luci rosse, ammettendo implicitamente un colossale fallimento. Il piano, chiamato “Project 1012”, ha già trasformato parte delle famose vetrine in ateliers di alta moda. Karina Schaapman, ex prostituta e consigliere della città, non ha peli sulla lingua: “Invece di regolamentare il settore, la politica delle licenze concesse ai bordelli, dal 2000 ad oggi, ha portato ad una situazione incontrollabile”. Da tempo la stampa (non solo nazionale) stigmatizzava il fatto compiuto di un quartiere consegnato a trafficanti di persone e di droga. Così la legalizzazione della prostituzione è rapidamente scaduta da simbolo della liberazione delle donne, “libere di disporre di se stesse”, ad una svilita questione di sfruttamento. Ma guai ad ammetterlo. Sarebbe il caso di dare ragione ad Alexander Pope: “L’orgoglio è l’immancabile vizio degli stupidi”. E qui, di vizio, ce n’è davvero tanto…
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Abruzzo: Approvato il piano sicurezza: meglio tardi che mai
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Serena Terrenzio
PESCARA - Scuole insicure e pericolanti: la Regione Abruzzo ha deciso finalmente di prendere provvedimenti e di stanziare 10 milioni di euro per la messa in sicurezza di 92 edifici scolastici sul territorio regionale. La Giunta, su proposta dell’assessore ai Lavori Pubblici Mimmo Srour, ha approvato il Piano stralcio con la delibera n°1135 del 24.11.2008, e l’investimento è stato ripartito come segue: 3 milioni di euro di fondi regionali con l’ultima variazione di bilancio, 2 milioni 855 mila euro di fondi statali assegnati alla Regione ai sensi della Legge n.23/1996, e 4 milioni 745 mila euro provenienti dagli Enti Locali. L’assessore Srour ha commentato così il provvedimento: “Mi auguro che queste risorse, seppur esigue, possano contribuire a migliorare tutti quegli edifici in reali difficoltà strutturali”. Ma perché questa decisione arriva così in ritardo? Perché soltanto all’indomani di una tragedia, quella del liceo piemontese di Rivoli, ci si rende conto del rischio altissimo che corre ogni giorno buona parte degli studenti abruzzesi? C’è voluta insomma la morte di un ragazzo, c’è voluto il furore dei media, e anche la responsabilità attribuita alle Province per dare una scossa e una mossa alla politica. Troviamo strano che l’assessore Srour si sia accorto soltanto adesso dei dati allarmanti mostrati dalle mille inchieste portate avanti negli ultimi anni, che bollano l’Abruzzo come “maglia nera” d’Italia quanto ad idoneità e sicurezza di scuole e asili. La nostra regione guadagna una bandiera nera in relazione all’agibilità degli edifici, di cui soltanto l’8,5% è stato trovato idoneo ed in possesso di un certificato di agibilità statica. Per non parlare dello stato di vecchiaia degli istituti, di cui almeno il 22,86% risale addirittura agli anni ’40, e solo il 5,71% è stato costruito tra il 1990 e il 2006. Ripetiamo, situazioni di cui la Giunta era di certo a conoscenza da parecchio tempo, ma che sembravano richiedere troppo impegno e troppe risorse per essere affrontate ed eventualmente risolte.
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La guerra civile interna all’Islam sbarca a Mumbai
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Colpire l’occidente per punire i regimi arabi corrotti
di Romano Bracalini
Se con l’attentato in India, Al Qaeda, di cui s’è riconosciuta la mano, ha voluto lanciare una sorta di avvertimento e un monito allo stesso universo musulmano, insieme alla reiterata minaccia di colpire la metropolitana di New York a Natale, non è facile per l’opinione pubblica occidentale comprendere quale sia il vero e ultimo scopo di Bin Laden. L’idea più diffusa è quella di voler esportare la mezzaluna in Occidente. Lo “scontro di civiltà”, che si è prefigurato dopo l’attacco dell’11 settembre, illustra uno scenario suggestivo, ma forse inadeguato a comprendere le ragioni del conflitto tutto interno all’Islam sfociato poi su scala internazionale. Quanto accade è una coda dell’assetto geopolitico lasciato dalle potenze occidentali. Il terrorismo islamico nasce come rivolta a un sopruso storico, rappresentato da questo avanzo di colonialismo del quale i Paesi musulmani più corrotti e autoritari sarebbero la conseguenza e la vergogna per l’orgoglio ferito e umiliato dei veri musulmani. Il “taqfir”, nei testi sacri di riferimento, è la dottrina che permette l’assassinio politico di chiunque sia giudicato colpevole di aver rinnegato la fede di Dio. Il taqfir è alla base del credo politico di Al Qaeda che ha assunto i princìpi guida della predicazione dei Fratelli Musulmani, setta religiosa originaria dell’Egitto. Furono Nasser e Sadat a combattere più ferocemente i Fratelli Musulmani, il primo in nome di un socialismo arabo, il secondo con una politica di apertura all’Occidente e a Israele, imitandone i sistemi politici. Cosa che non gli venne perdonata. Nasser e il suo socialismo arabo furono sconfitti dopo la guerra perduta contro Israele.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Sadat venne assassinato per la sua eresia dai Fratelli Musulmani. Moubarak ha messo i Fratelli Musulmani fuori legge e ripreso la lotta al terrorismo interno, che è il principale nemico del suo governo appoggiato dagli Stati Uniti e amico di Israele. La forza dei Fratelli Musulmani, nucleo fondativo di Al Qaeda, con parecchie eccezioni e distinguo, deriva dall’aver presentato una formula semplice, ma che rappresenta la sola via d’uscita agli occhi di una opinione pubblica che ha visto il fallimento in casa propria del socialismo e del capitalismo. Non avendo più nulla da sperimentare, se non il frutto della propria cultura, i “Fratelli Musulmani” hanno avuto buon gioco nel diffondere la convinzione che “L’Islam è la soluzione”, messaggio ampliato e messo in pratica da Al Qaeda, suo braccio armato. La grande maggioranza dei musulmani, specie quella dei Paesi arabi più filo-occidentali, ha cominciato a credere che quella sia la strada giusta dal momento che si riconosce che la “democrazia” non fa per loro e nemmeno la si desidera. Così Al Qaeda, a dispetto dei suoi metodi, fa proseliti proprio nei Paesi cosiddetti “moderati”. Essa preconizza la distruzione degli Stati che si dicono “mendacemente” islamici e del loro principale protettore occidentale, l’America, le cui truppe profanano la sacra terra dell’Islam. Colpire l’Occidente è il mezzo, non il fine. Messa così, e non pare di doverla mettere in altro modo, il terrorismo islamico trova perfino qualche giustificazione “morale”, come ogni sollevazione della storia che abbia rivendicato il proprio diritto all’indipendenza e alla sovranità contro il dominio “straniero”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Dopo secoli dalla sua prima apparizione, il taqfir torna ad essere la dottrina dell’Islam radicale contro i regimi dispotici dei falsi credenti e i loro protettori occidentali. Essa riappare a cicli regolari. Nel Settecento si manifestò contro le conquiste napoleoniche. Fu la genesi del nazionalismo musulmano che in Arabia divenne una forza vendicativa contro l’Impero Ottomano che si proclamava protettore dei Luoghi Santi. Crebbe in Egitto al tempo della dominazione europea ed oggi Al Qaeda si proclama erede del risveglio dell’Islam contro le ultime vestigia del potere occidentale in Medio Oriente e dei suoi ultimi traballanti fantocci. Non va dimenticata la lotta di sterminio condotta dai governanti egiziani, da Nasser a Moubarak, contro i Fratelli Musulmani colpevoli di volersi costituire in partito d’opposizione legalmente riconosciuto. Ma in Egitto i partiti che osano criticare i metodi di Moubarak sono stati dichiarati illegali e i loro capi uccisi o imprigionati. Combattere il terrorismo in Egitto non è difficile. Se un terrorista si nasconde in un campo di canna da zucchero, si brucia il campo; se si nasconde nel villaggio della sua famiglia, si brucia il villaggio. E tuttavia il terrorismo in Egitto non è stato debellato del tutto. Si potrebbe anzi dire che l’Egitto di Moubarak è riuscito ad esportarlo in Occidente. Gli adepti più pericolosi del terrorismo islamico, come l’ex pediatra Ayman Al Zawahiri, numero due di Al Qaeda, sono stati reclutati nelle prigioni di Nasser. L’effetto è che i simpatizzati del movimento terrorista sono in aumento. Essi non sono tutti terroristi. Il terrorismo è un crimine che va combattuto; ma l’Occidente, che protegge regimi arabi liberticidi, ha il dovere di dare alla parola “libertà” un significato più coerente.
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Ice, un ente che vive fuori dalla realtà
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
L’istituto pubblica un nuovo bando per 240 assunzioni
di Domenico Staltari
In questi giorni in tutte le edicole appare in bella evidenza il bando di concorso per 107 funzionari di livello C1 per l’Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE). E quelli in arrivo all’ICE sono proprio una valanga: l’Istituto starebbe per bandire altri concorsi per la qualifica di impiegato e anche per individuare dei nuovi dirigenti, come se non bastassero quelli esistenti, oltre 50. Per un ente di non grandissime dimensioni il rapporto è più o meno di 15 dipendenti per ciascun dirigente. Il tutto per un totale di circa 240 nuove assunzioni. In tempi di tagli necessari alle forze dell’ordine, alla scuola e nella giustizia, si tratta davvero di un bel lusso. Occorre invece notare che l’attuale gestione dell’Istituto sta ponendo in essere comportamenti che destano preoccupazioni. La legge finanziaria per il 2009 riduce l’appannaggio di circa 22 milioni di euro per le spese fisse di mantenimento della struttura, al netto di quelle destinate all’attività di promozione delle imprese: l’Ice di fatto si ritroverebbe dunque con risorse per 83 milioni di euro contro un fabbisogno di 112 per la sua gestione istituzionale. Ma l’amministrazione di questo Istituto continua a pubblicare bandi di concorso. Occorre anche ricordare – come già segnalato in passato da questo giornale – che nel tempo i compiti dell’ICE non sono andati accrescendosi, bensì riducendosi: da tempo l’Istituto non svolge più le funzioni legate ai controlli ortofrutticoli, passati all’Agecontrol SpA, sebbene si ritrovi addirittura ancora a proprio carico gli stipendi degli agronomi che in passato dovevano espletarli, e che attualmente si ritrovano ancora in servizio presso l’Istituto praticamente da impiegati sovrapagati come professionisti.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Da tempo vengono presentate anche delle interrogazioni parlamentari in proposito. Ma gli sprechi di questo ente, che dovrebbe invece aiutare le piccole e medie imprese italiane ad affrontare le grandi difficoltà legate alla globalizzazione, non finiscono di certo qui. Esiste infatti una società di informatica – la RITSPA, RetItalia internazionale SpA – di cui l’ICE detiene la maggioranza del 60% delle azioni e di cui, soprattutto, è assolutamente l’unico cliente. Di questa società a maggiroanza pubblica, inoltre, non è possibile reperire facilmente alcuna informazione nemmeno attraverso internet. Viene dunque da chiedersi perché mai la RITSPA non vada anche sul mercato a cercare altri clienti, ed anche perché mai l’Istituto non bandisca una gara per far sì che i servizi da essa forniti siano fruiti ad un prezzo migliore. In fondo, si tratta pur sempre di soldi del cittadino. Prima di allargare a dismisura il proprio organico l’ICE dovrebbe domandarsi perché mai soltanto il 5% circa delle imprese italiane si rivolge a questo Istituto, considerando anche che è in cantiere una riforma prima della quale sarebbe più prudente ed opportuno non appesantire la propria struttura e soprattutto il bilancio dello Stato, perché soltanto allora si saprà con certezza che cosa deve fare l’Ente, e soprattutto con quali risorse e con quale veste giuridica.
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Stato leggero - La verità e i suoi nemici
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Marco Taradash
L’analisi più puntale dell’attuale crisi finanziaria è stata fatta da Henry Hazlitt nel suo libro ‘L’economia in una sola lezione’: “Mutui sulla casa garantiti dal governo, specialmente quando sia richiesto un anticipo molto basso o nessun anticipo, comportano inevitabilmente prestiti molto peggiori di ogni altro. Essi costringono il contribuente in generale a sussidiare l’alto rischio connesso e a caricarsi le perdite. Inoltre incoraggiano la gente a comprare case che non possono permettersi. Tendono a produrre una sovrabbondanza di abitazioni rispetto ad altre cose. Drogano temporaneamente il mercato, alzano il costo delle case per tutti (compresi quelli che hanno comprato la casa grazie ai mutui garantiti) e possono spingere ingannevolmente l’industria delle costruzioni a una espansione incontrollata e costosa. In breve alla lunga non incrementano la produzione nazionale nel suo complesso ma al contrario incoraggiano investimenti disastrosi“. Hazlitt, un giornalista economico americano che divenne amico stretto di Mises, scriveva questa pagina nel 1946. Sono passati 68 anni ma sembra ieri, anzi oggi e domani.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Se c’è un momento giusto per riscoprire il liberalismo di Hayek e Mises, di Einaudi e Friedman, in realtà è proprio questo, alla faccia degli opportunisti bipartigiani che, persa l’ultima corsa della storia, usano aggrapparsi alla ringhiera del primo tram che passa per poi farlo a pezzi se vedono che il binario è ostruito da una montagna di rottami arrugginiti. Non è semplice il compito di chi deve trovare una via d’uscita dalla crisi finanziaria globale ed evitare le conseguenze devastanti della restrizione dei consumi e del credito sull’economia reale, è chiaro. La lettura di Hazlitt può evitare errori fatali. Fra una scarpinata e l’altra lungo le rotte delle istituzioni finanziarie globali, verrebbe loro da ripensare che cosa c’è all’origine dello sconquasso planetario: non una crisi etica provocata dall’avidità dei manager – l’avidità che è stata equamente distribuita dal Signore in ogni tempo e in ogni luogo – ma la convinzione che agli straordinari e apparentemente illimitati profitti privati avrebbe fatto seguito, in caso di disfatta, non la rovina personale, il fallimento e il rientro nei ranghi, ma al contrario la dispersione delle perdite fra milioni o miliardi di poveracci. Operai, impiegati pubblici o privati, liberi professionisti, precari, piccoli medi e grandi imprenditori, insomma quelli che si alzano presto per andare a lavorare o cercare lavoro e risparmiano quel tanto che basta per pagare le tasse allo Stato, sono loro le vittime della crisi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Sono stati pugnalati alle spalle, mentre come al solito si davano da fare, dalla madre di tutte le recessioni, la gigantesca bolla edilizia provocata dai mutui subprime e dal conseguente crollo di Freddy Mac e Fannie Mae, i due fondi parastatali che avevano offerto la loro garanzia in nome e per conto nientepopodimeno che degli United States of America. Fannie Mae e Freddie Mac sono nati dall’ideologismo della sinistra e dal sociologismo della destra per favorire la diffusione più ampia possibile della proprietà immobiliare e hanno goduto di miliardi di dollari di linee di credito garantite dallo Stato, tassi di credito di favore da parte della Fed in nome dello Stato, esenzione fiscale a livello statale e federale. Soprattutto essi avevano alle spalle la garanzia assoluta di non fallire, al di là di ogni spericolatezza manageriale e di ogni falsificazione di bilancio (c’è stato anche questo, sì).
Il ritorno allo Stato di cui ora si vagheggia in Italia e nel mondo, nelle facoltà di economia, negli editoriali di prima, nei gabinetti ministeriali è l’origine del disastro, non la sua soluzione. Al di là dei provvedimenti giusti o sbagliati che oggi si prendono di fronte all’emergenza, al di là delle cattive idee della sinistra e delle buone intenzioni della destra, in Italia come altrove unite spesso soltanto dal rifiuto del liberalismo e dall’idea della funzione messianica dello Stato, quello che soprattutto serve oggi è difendere la verità dei fatti dalla rimozione dei nuovi opportunisti. Sennò, passata la tempesta, ci ritroveremo in una normalità ingloriosa, da ultimi della classe per efficienza amministrativa, competitività economica, sostegno sociale, libertà di impresa. Ok, il magna magna patriottico sull’Alitalia non era nelle intenzioni; ok, la social card ha un nome magniloquente ma è meglio che niente.. e però, crisi o non crisi, dateci uno Stato meno invadente e più efficiente, allentate la corda del fisco sulle imprese e sui privati, favorite la concorrenza in ogni settore, smantellate le Iri locali, abolite le province, riducete sprechi e doppioni, regalateci un federalismo leggero. E soprattutto uno Stato leggero.
PS - Il libro di Hazlitt non è stato ancora pubblicato in italiano, devo la scoperta del passo sopra citato a un prezioso sito portoghese di cultura austro-liberale, Causaliberal.net.
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Parola d’ordine “tutelare i risparmiatori”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Intervista ad ALESSANDRO PAGANO/ Tutelo i risparmiatori dalle storture del mercato
di Beppe Cipolla
E’ questa la filosofia della proposta di legge presentata in Parlamento dall’onorevole Alessandro Pagano, deputato siciliano del Pdl e componente della commissione Finanze della Camera dei Deputati. Un’idea concreta trasformata in iniziativa legislativa, quella del parlamentare siculo. Alessandro Pagano, visti i danni causati all’economia reale dalla crisi bancaria e finanziaria internazionale, di cui si stanno cominciando ad avvertire avvisaglie anche nel nostro Paese, ha elaborato un provvedimento che tuteli i cittadini dai comportamenti da parte di responsabili di istituti di credito, società finanziarie e operatori di borsa poco rispettosi (per usare un eufemismo) dei loro legittimi interessi. Per evitare insomma che i risparmiatori vengano trattati, secondo una vecchia e cinica battuta circolante da lungo tempo nel mondo finanziario, come “parco buoi”, ovviamente da macello.
Nella sua concretezza del fare “buona politica” i risparmiatori hanno un posto privilegiato. Cosa serve per una reale tutela dei cittadini?
Nel momento in cui lo Stato interviene per garantire la solvibilità e la solidità del nostro sistema creditizio, cosa ovviamente necessaria in quanto una crisi bancaria avrebbe effetti devastanti per l’economia del Paese, è doveroso accompagnare questa operazione, che viene fatta non nell’interesse del sistema creditizio, come ha chiarito più volte il ministro Tremonti, ma nell’interesse dei risparmiatori e delle imprese, con una serie di misure dirette a porre un argine a comportamenti distorti o comunque troppo disinvolti che si verificano nel nostro mercato creditizio e finanziario a danno dei risparmiatori.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Cosa pensa di poter ottenere con la sua proposta di legge in materia di norme sulla trasparenza del settore creditizio e sulla tutela dei risparmiatori?
La mia proposta di legge, lungi da avere intenti moralistici, vuole solo mettere alcuni “paletti” che evitino per il futuro il riproporsi delle problematiche hanno causato gli attuali gravi problemi. Si deve comunque riconoscere che nel nostro Pese le storture sono state meno gravi rispetto a quelle registrate negli Stati Uniti d’America e anche negli altri principali paesi dell’Unione Europea. Inoltre le nostre banche per la loro tradizionale “prudenza” risultano coinvolte in misura minore in operazioni spericolate e quindi pericolose. Sono patrimonialmente abbastanza solide ma anche da noi qualcosa di poco rispettoso per i risparmiatori è stato fatto; mi riferisco ai casi Cirio e Parmalat ed ai bond argentini rifilati disinvoltamente dalle banche a piccoli risparmiatori ignari dei pericoli cui si esponevano.
Una tutela per i cittadini a 360°?
Ancora deve emergere in tutto il suo peso quanto il default della banca Lehman Brothers peserà sulla nostra economia e soprattutto sui singoli risparmiatori e assicurati con polizze vita. Comunque è evidente che nel momento in cui si fornisce la garanzia pubblica alle banche è necessario quanto meno eliminare la possibilità di comportamenti discutibili o pericolosi verso i risparmiatori ed è necessario anche richiedere comportamenti virtuosi da parte degli amministratori delle banche stesse.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Cosa prevede in concreto la sua proposta?
Una modifica sostanziale al decreto legge 9 ottobre 2008 n.155, inserendo fra gli elementi di valutazione da parte della Banca d’Italia ai fini della concessione di sostegni agli istituti di credito, il fatto che la stessa banca centrale valuti l’adeguatezza del piano di stabilizzazione ma anche la riduzione degli organi dirigenziali e degli emolumenti agli stessi, comprese le stock options e la riduzione dei componenti del Consiglio di amministrazione.
Una rivoluzione…?
E non è tutto. Propongo di imporre la rinegoziazione, in termini più favorevoli alla clientela, dei contratti con i quali sono stati collocati strumenti finanziari derivati, swaps o altri prodotti che abbiano la caratteristica di scommessa sul futuro andamento dei mercati, strumenti che abbiano prodotto il pagamento di oneri esorbitanti in relazione al rischio prospettato alla clientela. Si prevede anche l’adozione di codici di autoregolamentazione più stringenti in materia di collocamento di strumenti finanziari derivati o swaps. Inoltre ho previsto che sia resa effettiva la portabilità dei conti correnti che attualmente è solo teorica, e la limitazione del cumulo degli incarichi societari di amministrazione e di controllo che attualmente consente gravi conflitti di interesse a danno ai risparmiatori.
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Il buco intorno a Casini
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Francesco Blasilli
Dal Polo alle Polo. Questa la parabola politica, in fasce discendente, di Pierferdinando Casini. Un destino beffardo perché lui, quello che non voleva stare più nel Polo (delle libertà) si è trasformato in una Polo: lei, la Polo, è la caramella con il buco intorno, lui – Casini – è il leader col buco intorno. E stai a vedere che il numero uno dei centristi italiani ha in garage anche una vecchia Polo, Volkswagen, da usare nei week end quando l’auto blu rimane al palo. Il bel Pierferdy, infatti, rischia di rimanere un uomo solo, senza più un partito intorno. L’ultimo pezzo perso per strada è Francesco Pionati, l’ex portavoce del partito, che insieme ad altri amici dello Scudocrociato fonda un nuovo movimento politico che si chiamerà “Alleanza di Centro”. Certo la notizia era già nell’aria da tempo, da quando Pionati era stato rimosso dal suo ruolo per alcuni pasti consumati a Palazzo Grazioli, ma il dato politico è un altro ed è riassunto nella motivazione che ha spinto il fuggitivo (dall’UDc) a fondare un nuovo partito. Noi vogliamo posizionarci “come casa e riferimento dei moderati che, non condividendo l’attuale posizionamento dell’Udc, intendono collocarsi senza ambiguità all’interno del centrodestra, a sostegno di Berlusconi e del suo governo, e che guardano al Pdl come interlocutore naturale, alla ricerca delle forme di collaborazione più utili e opportune in vista delle elezioni amministrative della primavera 2009”. E in attesa di presentare il nuovo partito giovedì prossimo, e di annunciare chi lo seguirà in questa nuova avventura, Pionati si è iscritto al gruppo misto della Camera.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Difficile stabilire cosa si porterà dietro l’ex mezzobusto della Rai, ma è facile intuire che il saccheggio di voti all’Udc non si fermerà qui. Anche perché, al di là delle prese di posizione di Casini, che una volta separatosi da Berlusconi ha sempre “tenuto il punto”, non si può non registrare come gli elettori dell’Udc siano quasi totalmente rivolti verso il centrodestra. E non è un caso che Pionati abbia subito precisato che lui starà con Berlusconi. E se anche non saranno molti i notabili del partito a seguirlo (almeno in un primo momento) vedrete che alla prossima tornata elettorale, Pionati qualche numero lo porterà a casa, a meno che non decida di entrare quasi subito nel PdL, e l’Alleanza di Centro non sia altro che un cavallo di Troia per battere cassa al Cavaliere. Alla fine, dunque, la scelta solitaria di Casini – anche se ha portato ad un lusinghiero 5,6% alla Camera – rischia di trasformare il leader centrista in un novello Forrest Gump: corre (da solo), ma non si sa dove arriva. Se potesse, Pierferdy, si alleerebbe col Pd, se non altro per fare uno sgarbo al Cavaliere, perché tra i due è una questione personale, non politica. Una questione che lo aveva portato prima a cercare di formare un asse con Fini, ma una volta appurato che non si andava da nessuna parte, l’attuale presidente della Camera è tornato sui propri passi, mentre Casini proprio non ce l’ha fatta ad ingoiare il boccone amaro.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Dunque con Silvio no, ma nemmeno con Walter, perché gli elettori proprio non capirebbero. E nemmeno può funzionare allearsi a seconda della convenienza a livello locale: perché l’eccezione non può diventare la regola, ma soprattutto perché il Pd ci sta (vedi Trento), il Pdl assolutamente no (vedi l’Abruzzo). Berlusconi (la sua figura, non il PdL) copre sia il centro che la destra e la presenza di un terzo polo centrista ruba voti esclusivamente al Pd. Questo discorso, però, poco interessa a Casini, perché nel frattempo il tassametro corre. Prima Giovanardi, poi Baccini, ora Pionati. In via dei Due Macelli ormai si accettano scommesse su chi sarà il prossimo a salire dalle parti di Arcore. Anche perché chi è di diretta discendenza democristiana non può stare troppo tempo all’opposizione, visto che per loro fare politica ha sempre significato “do ut des”. Senza contare che il loro peso in campagna elettorale è diminuito – naturalmente – anche con l’eliminazione delle preferenze. Per di più, c’è anche un altro problema di fondo. Quale è il pensiero politico di Casini? Non può dire cose di sinistra perché non le pensa, non può dire cose di destra perché deve distinguersi da Berlusconi. Ed allora, valga come esempio la dichiarazione sulla “social card”: Casini continua a ripetere che il governo “deve avere più coraggio”. Che – tradotto – non significa nulla. Anche se lui di coraggio è uno che se ne intende, visto che ne ha avuto molto a correre solitario. Solo che ora, con le elezioni in Abruzzo e, successivamente quelle europee, dovrà misurarsi con i numeri che rischiano di essere di gran lunga inferiori al 5,6% delle politiche.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Ed il risultato non si può escludere che non sia di mastelliana memoria, con la differenza che Clemente il suo “zerovirgola” ha sempre saputo fruttarlo, mentre Casini con il 5,6 – non solo per colpe sue – è rimasto schiacciato nel mezzo. Intanto Pionati si prepara, con la consapevolezza che molti componenti dell’Udc siano pronti a seguirlo, anche se “a me – spiega - interessa il radicamento sul territorio. Noi presenteremo il movimento giovedì prossimo e ci saranno diversi consiglieri regionali e molti amministratori locali provenienti da tutta Italia, ma soprattutto dal centro-sud. Anche gente che non appartiene all’Udc. Molte decine di amministratori locali e consiglieri regionali e provinciali dell’Udc vengono con me nell’Alleanza di centro”. Ed anche se Pionati mantiene grande rispetto per Casini e Cesa, “non ritengo che l’Udc possa avere un futuro al di fuori del centrodestra”. Come lui sono in tanti a pensarlo. Chissà se, al contrario, Casini vorrà continuare ad essere il leader con il buco intorno.
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Malati di mente - La risposta è il carcere?
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Adolfo Ceretti
Una vasta letteratura scientifica, centrata sui materiali del Bureau of Justice Statistics degli Stati Uniti d’America, individua nel sistema carcerario americano la principale agenzia di presa in carico della malattia mentale che tra la popolazione detenuta ha infatti una prevalenza assai più alta (anche 2 o 3 volte) rispetto alla popolazione generale. Il Prof. Bernard Harcourt, in un recente studio ha riletto il fenomeno della de-istituzionalizzazione psichiatrica, aggregando i dati sull’ospedalizzazione psichiatrica con quelli sulla carcerazione nel periodo compreso tra il 1928 e il 2000. La rilettura è stata sintetizzata in una curva che ha preso il suo nome, dove si evidenzia, a partire dagli anni Sessanta, una costante diminuzione dei livelli di istituzionalizzazione - concomitante alla intensa de-ospedalizzazione psichiatrica - e una inversione di tendenza a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, concomitante a una netta crescita dei livelli di carcerizzazione: questi ultimi, tendenzialmente stabili fino a metà degli anni Settanta, nell’arco di un quarto di secolo aumentano di 6 volte, fino a superare i 640 detenuti per 100mila abitanti nel 2000 (il tasso oggi è di circa 740 per100mila abitanti).
Il carcere, quindi, costituisce oggi negli USA la principale istituzione totale, con una popolazione che ha largamente superato quella istituzionalizzata negli ospedali psichiatrici negli anni Cinquanta. Viene, dunque, spontaneo chiedersi se il fenomeno della ‘psichiatrizzazione del carcere’ coinvolge anche il sistema penitenziario italiano. La nuova centralità del carcere come luogo di ‘neutralizzazione’ e l’emergere della ‘cultura del controllo’ impongono una riflessione sulle attuali filosofie e pratiche di gestione della popolazione con problemi di salute mentale. D’altra parte, in uno scenario dominato dal declino delle politiche di welfare, in cui anche la famiglia è troppo sola per il carico della sofferenza mentale (e del relativo stigma), le zone di fragilità istituzionale giungono a configurarsi come sacche di re-istituzionalizzazione e di ‘nuove cronicità’. A distanza di trent’anni dalla riforma Basaglia, insomma, la risposta alla malattia mentale sembra oscillare tra il ‘manicomio diffuso’ e la carcerizzazione. L’Università di Milano-Bicocca, con il sostegno economico e il contributo scientifico dell’Associazione Saman, ha messo a punto un percorso di ricerca su Salute mentale e controllo sociale, presentato recentemente in un Convegno, promosso dall’Osservatorio “Giordano Dell’Amore” e organizzato dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale in collaborazione con la Fondazione Cariplo.
La ricerca intende affrontare tali questioni, approfondendo alcuni aspetti degli attuali sistemi di controllo e in particolare: il loro funzionamento e l’interconnessione delle pratiche istituzionali; le ricadute dei dispositivi istituzionali sui percorsi di vita delle persone, a partire dai loro diritti alla salute e alla libertà, entrambi tutelati dalla Carta Costituzionale. Al fine di valutare l’articolazione dei modelli istituzionali contemporanei di controllo sociale della popolazione con problemi di salute mentale e le ’ricadute’ sui percorsi di vita delle persone s’intende adottare una pluralità di metodi di indagine. In particolare: si analizzeranno i dati empirici disponibili nelle statistiche ufficiali o in ricerche già pubblicate relative ai servizi psichiatrici e al sistema pen
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Crisi economica e terrorismo: due emergenze
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
La carneficina dei turisti occidentali di Mumbai costituisce un tragico risveglio da un sogno irreale. Quello in cui era sprofondato gran parte del mondo occidentale convinto che il terrorismo internazionale fosse stato una perfida invenzione di Bush e di Blair e che l’avvento di Obama alla Casa Bianca fosse destinato a ristabilire la pace nel mondo compromessa dagli epigoni dell’imperialismo Usa e britannico. Ora sappiamo che quel sogno era fasullo. E che accanto alla gravissima crisi economica che colpisce l’intero pianeta la comunità internazionale provvista di senso di responsabilità deve anche tenere conto che il terrorismo continua imperterrito la sua guerra a dispetto di Obama e, soprattutto, contro Obama e l’intero Occidente. Questo risveglio non da alcuna soddisfazione a chi aveva ammonito a non cullarsi nell’illusione che il cambio di guida nell’amministrazione americana potesse avviare un’era di sicurezza, tranquillità e benessere globali. È, semmai, un fattore di ulteriore preoccupazione proprio per chi non aveva mai rinunciato a rimanere con i piedi ben ancorati per terra. Abbiamo la conferma che non esiste solo l’emergenza provocata dalla crisi economica. C’è anche quella mai superata e risolta del terrorismo. E l’intreccio tra le due questioni rischia di rendere ancora più nero un quadro già adesso sufficientemente oscuro. Perché se la battaglia contro la crisi economica comporta sforzi e sacrifici, quella contro il terrorismo implica altri sforzi ed altri sacrifici. E la somma di questi impegni può diventare insostenibile. Per l’intero mondo occidentale e per il nostro paese in particolare.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Nelle scelte che il Consiglio dei Ministri compie oggi per fronteggiare l’incalzare della crisi e nelle valutazioni che l’opposizione e le forze sociali faranno di queste scelte, non può mancare la consapevolezza che le difficoltà del momento sono improvvisamente (ma non inaspettatamente) raddoppiate. E che per superarle non basta la buona volontà ed il senso di responsabilità ma è indispensabile un impegno collettivo straordinario. Tutto questo non significa affatto rispolverare l’idea che la panacea dei mali del nostro paese possa essere una sorta di governo di unità nazionale in cui infilare tutti i maggiori soggetti politici. Questa formula poteva andare bene nella legislatura precedente, quando maggioranza ed opposizione avevano un rapporto paritario che paralizzava un governo convinto di poter contare su una inesistente autosufficienza ed una opposizione non in grado di far pesare adeguatamente la propria forza. Non vale oggi che i rapporti di forza tra i poli opposti del sistema sono completamente diversi e la maggioranza conta su un margine che è numericamente alto e politicamente ancora più esteso a causa delle divisioni dell’opposizione. L’impegno collettivo straordinario contro la doppia emergenza non deve avere ricadute di ordine politico-parlamentare, ma solo di ordine pratico ed etico. Sulle misure anti-crisi bisogna realizzare una grande intesa tra tutte le forze politiche e sociali provviste di senso di responsabilità verso la collettività nazionale. Con l’impegno che l’intesa vada avanti almeno fino a quando le punte più aspre delle due emergenza non siano state smussate e superate. Chi la sottoscriverà avrà titoli per continuare o tornare a governare. Chi si tirerà indietro si ritaglierà il ruolo di forza esterna al sistema. Con tutte le conseguenze del caso.
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Intervista a Valentina Aprea
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Grande «soddisfazione per il lavoro svolto dalla Commissione e per la comunione d’intenti evidenziata dalla maggioranza»: così Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura della Camera, commenta l’approvazione del parere positivo sul Piano programmatico approntato dal governo per dare attuazione alle norme contenute nel decreto Gelmini. Almeno una certezza, dopo mesi di scontri e di polemiche.
Presidente Aprea, prima di parlare del Piano Gelmini, è d’obbligo fermarsi ancora a riflettere sul tragico fatto di Rivoli: gli italiani chiedono più sicurezza negli istituti scolastici. Cosa risponde?
Sul tema della sicurezza esistono le leggi e i canali di finanziamento: il problema, ed è ciò che frena tutto, è la politica delle proroghe, dei rinvii, e la farraginosità delle procedure. Basti, a tal proposito, ricordare che la legge 626, legge madre per quanto riguarda la sicurezza in tutti i posti di lavoro e approvata nel 1994, non è mai stata attuata a pieno proprio perché ogni anno interviene una nuova proroga di autotutela dello Stato per i luoghi pubblici, scuole comprese. L’ultima di queste proroghe risale all’ultima Finanziaria, con un rinvio al 31 dicembre 2009.
Sta continuando questa politica dei rinvii, o si vede qualcosa di nuovo su questo fronte?
C’è stato un altro esempio recente di rinvio: quello che riguarda la legge 133 che prevedeva il ridimensionamento dei plessi, e su cui è stata concordata una proroga all’anno 2. 010-2. 011 in conferenza unificata. Anche questo è un problema di sicurezza: avere 42 mila scuole comporta un enorme impegno di spesa e di cura, mentre il fatto di riuscire a concentrare gli alunni in scuole più grandi non riduce solo i costi di un servizio troppo oneroso, ma permette anche di concentrare meglio lo sforzo dal punto di vista della sicurezza.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Ci sono stati altri eventi in passato che hanno messo in luce l’importanza di investire sul problema sicurezza. Non è proprio cambiato nulla?
Proprio sull’onda dei tragici fatti di San Giuliano del 2002, ad esempio, il governo Berlusconi, con il ministro Moratti, decise una svolta epocale in materia di edilizia scolastica, comprendendo gli interventi sulle scuole tra i piani delle infrastrutture, riconoscendo quindi la scuola stessa come infrastruttura strategica. Fu stabilito un piano straordinario, con particolare riguardo alle scuole a rischio sismico. Ma anche su questo è intervenuto lo stesso problema: sono stati destinati 4 miliardi di euro, ma da allora sono stati avviati solo i primi due piani stralcio, rispettivamente di 194 e di 301 milioni di euro, e alla luce delle procedure si parla ancora di piani in corso d’opera. Nel migliore dei casi queste realizzazioni sono state appena iniziate.
E di chi è la colpa?
La colpa, ancora una volta, è della politica delle proroghe e dei rinvii: c’è un immobilismo che domina le scelte di natura amministrativa. Anche quando la politica decide, c’è poi una fase attuativa che di fatto impedisce che qualcosa cambi, in modo gattopardesco. Negli anni ’90 abbiamo avuto tre leggi ineccepibili: la legge 626, la legge 23 del ’96, che aveva istituito l’anagrafe degli edifici scolastici (ma forse avremo la fotografia delle scuole solo in questi giorni, nel 2008!), e terza la legge Bassanini del ’98. Queste leggi hanno dato avvio a una serie di assegnazioni di fondi, accordi, convenzioni: però di fatto le opere sono iniziate in qualche caso solo da poco, in altri ancora attendiamo. Il problema è che l’attuazione di queste cose mette in discussione lo status quo, toccando equilibri che sono andati avanti per troppi anni. E poi ci sono priorità che non sono quelle giuste: come ha detto il Sottosegretario Bertolaso, perché non c’è verso le scuole lo stesso interesse che c’è verso le autostrade, verso i ponti e le grandi opere?
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
E l’attuale governo ha fatto qualcosa su questo versante?
Ha fatto una cosa importantissima: all’inizio di questa legislatura, approvando l’articolo 7 bis del decreto 137 – emendamento che ho firmato io, ma naturalmente era voluto e concordato con il governo – abbiamo previsto di destinare in maniera permanente il 5 % dei fondi per le infrastrutture a questo tipo di interventi. Bertolaso ha detto: ci sono 4 miliardi e ce ne vorrebbero 13, ma quello che conta è che la tragedia di Rivoli ha imposto un’accelerazione nelle procedure. Altri soldi li troveremo: ma ora impegniamoci a portare termine quello che è avviato.
A proposito di problemi attuativi, torniamo al punto di partenza: proprio ieri la Commissione da lei presieduta ha approvato il parere sul Piano programmatico del governo. Cosa è emerso?
Il parere conferma la condivisione senza riserve degli obiettivi del piano, raccogliendo la sfida di coniugare la riqualificazione della spesa pubblica con una qualità diffusa del sistema, eliminando gli sprechi. Abbiamo condiviso la scelta dei tre pilastri del piano Gelmini: revisione degli ordinamenti, razionalizzazione della rete scolastica, miglior utilizzo delle risorse umane. Abbiamo però fatto tesoro dei suggerimenti che sono emersi nel dibattito in Commissione, sia di opposizione che di maggioranza. Inoltre abbiamo voluto far chiarezza su un punto nodale, su cui erano corse voci allarmistiche del tutto ingiustificate: il tempo pieno e l’estensione oraria fino a 30 ore nella scuola primaria rimarranno; ma si aggiungerà un nuovo modello a 24 ore, come nuova opportunità offerta alle famiglie.
Si accennava in questi giorni ad eventuali problemi economici legati a una morbida interpretazione dei dettami del piano: è così?
Come scritto nel parere, sono stati rispettati tutti i vincoli. Rispetto al maestro unico, l’economia su questo punto non era prevista nel piano, perché il decreto è intervenuto successivamente. Quindi questo ci consente l’applicazione morbida della norma e il fatto di dare priorità alla libera scelta delle famiglie. Chi è interessato al maestro unico e alle 24 ore potrà chiedere che si realizzino classi con questo modulo orario, e la scuola è tenuta a farlo. Ma si mantengono una serie di flessibilità; ciò che invece si va a tagliare inflessibilmente sono gli sprechi, evitando di andare a pagare due o tre insegnanti per classe dati dalle varie compresenze e contemporaneità.
Ora quale sarà il prossimo passo?
Ora ci sono i regolamenti attuativi. Con l’approvazione di questo parere sul piano programmatico la Camera ha dato via libera al governo per l’attuazione del piano: quindi possiamo dichiarare che siamo alla vigilia della fase attuativa che dovrebbe aprire una stagione nuova per la scuola reale, per una serie di interventi che vanno verso una modernizzazione ed europeizzazione, ma anche verso una scuola di qualità diffusa, secondo criteri di efficienza, efficacia, e riqualificazione della spesa.
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Ebrei sempre nel mirino
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Articolo di Fiamma Nirenstein
Fra i 26 stranieri innocenti trucidati a Mumbai, otto, anche se i numeri sono ancora tutti da verificare, sono ebrei. Se fossero israeliani o meno non importava niente ai terroristi che avevano messo la casa dei Chabad «Nariman House» fra gli obiettivi. I macellai avevano due scopi generici: uccidere gli occidentali, specialmente americani e inglesi, i nemici imperialisti dell’islam; uccidere i cittadini dell’India, Paese traditore asservito all’imperialismo. E poi, un obiettivo specifico, uno solo: uccidere gli ebrei. Fra dieci obiettivi di massa come la stazione, due ospedali, svariati centri cittadini, i grandi hotel Oberoi e Taj ce n’era uno, invece, apparentemente insignificante, la casa ebraica dei Chabad, un centro guidato da un rabbino ventisettenne con una moglie di 26 anni e un bambino di 2. Una casa dei Chabad è un punto di raccolta per pecorelle smarrite, diremmo noi, un luogo in cui persone molto religiose, in questo caso appunto i Chabad, cercano di raccogliere ragazzi in viaggio, che spesso sono israeliani, che si perdono dentro il fascino troppo profumato dell’India; là si dorme, si mangia kosher, si canta insieme, si viene richiesti di stare tranquilli (niente musica rock, niente sesso) e di unirsi a qualche preghiera. A Pasqua e a Kippur, per le grandi feste, questo è un rifugio per ebrei di ogni età e provenienza.
La scena della baby sitter che fugge con un bambino in braccio mentre i genitori ebrei vengono trucidati, è talmente iconografica, talmente classica che ognuno di noi ha in mente troppi film e libri in cui si compie un simile pogrom, in molte epoche diverse. Oggi, dopo il 1945, nonostante tanto scrivere e chiacchierare su questo, gli ebrei si sono abituati di nuovo ad essere cacciati in tutto il mondo, ad essere presi di sorpresa. Dove sei un obiettivo anche se sei un bambino soltanto perché sei ebreo e ti insegue la citazione coranica: «Se l’ebreo si nasconderà dietro un cespuglio o una pietra - dice più o meno, senza che troviamo la voglia di andarlo a ricercare sulla carta fondativa di Hamas -, essi lo indicheranno al buon musulmano e gli diranno: “Uccidilo”». La minaccia insegue gli ebrei quasi ovunque viaggino, gli toglie la libertà di movimento, crea in Israele lunghe liste di Paesi non visitabili e carica il paese di una responsabilità inaffrontabile che riguarda ogni sinagoga e ogni scuola ebraica, rende impossibile far fronte a quella che è la più repellente minaccia globale poiché è la più efficacemente sperimentata dalla storia. Intendiamo dire con questo che finora vi è una responsabilità generica nella lotta al terrorismo, che invece va preso finalmente sul serio. E poi c’è la responsabilità specifica, quella del mondo attaccato dal terrorismo, di combattere coralmente in difesa del popolo ebraico condannato a morte dalla Jihad a ogni latitudine. Come nella Seconda guerra mondiale gli alleati salvando parte degli ebrei alla fine salvarono la democrazia, così oggi porsi il problema di come affrontare questo terribile e delicato capitolo può salvare la vita dell’intero Occidente.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Sullo stesso tema l'articolo di Angelo Panebianco
Mentre sono ancora frammentarie e confuse le notizie sui protagonisti, così come gli indizi sui mandanti, dell'attacco jihadista a Mumbai, gli analisti già ricominciano a dividersi, seguendo un canovaccio che è sempre lo stesso quando si tratta di terrorismo islamico. La divisione è fra chi ritiene che ogni singolo episodio terroristico, quale che sia la sua gravità, sia interamente spiegato dall'esistenza di conflitti locali (si tratti, di volta in volta, del Kashmir, della Palestina, del conflitto fra casa regnante ed estremisti in Arabia Saudita, dell'Afghanistan, dell'Iraq, eccetera) senza bisogno di prendere troppo sul serio le rivendicazioni dei jihadisti sul carattere «globale » della loro guerra contro apostati e infedeli, e chi invece ritiene che i conflitti locali siano fonti di alimentazione del jihad globale.
Non è una disputa accademica. Perché l'interpretazione che si adotta suggerisce linee di azione differenti. Se vale la prima interpretazione si tratterà, per l'Occidente, di agire pragmaticamente caso per caso, accettando il fatto di trovarsi per lo più di fronte a forme di irredentismo (Kashmir, Palestina), che usano strumentalmente la coperta dell'estremismo islamico, o di guerre civili che hanno per posta il potere all'interno di questo o quello Stato musulmano. Se vale la seconda interpretazione si tratterà di non perdere di vista il quadro di insieme e, per esso, il fatto che nel mondo islamico è da tempo in corso una lotta nella quale tanti gruppi estremisti (collegati tramite il web e le reti di solidarietà e finanziamento presenti in tutte le comunità islamiche, anche quelle europee) cercano di spostare a vantaggio delle proprie idee gli equilibri di potere all'interno della umma, della comunità musulmana nel suo insieme. In uno scontro di civiltà che usa la religione per distinguere musulmani buoni e cattivi e per identificare i nemici: i cristiani, gli ebrei, gli indù, eccetera.
Se si evitano le scelte ideologiche preconcette occorre riconoscere che tutte e due le interpretazioni contengono elementi di verità. Lo dimostra il caso di Mumbai. Hanno ragione quegli analisti che inquadrano la vicenda all'interno del conflitto indo-pakistano e delle sue connessioni con la guerra in Afghanistan. È plausibile che i burattinai stiano all'interno delle forze armate pakistane e che vogliano impedire la normalizzazione, sponsorizzata dagli Stati Uniti, dei rapporti fra Pakistan e India, sperando in una reazione indù antimusulmana: più sale la tensione, più essi possono segnare punti a proprio vantaggio all'interno del Pakistan nonché a favore dei propri alleati-clienti nella galassia talebana in Afghanistan. Ma ciò non spiega tutto. Fra gli ospiti degli hotel aggrediti erano gli americani e gli inglesi i più presi di mira. È dipeso solo dal ruolo degli angloamericani in Afghanistan? O non era anche un modo per lanciare agli islamisti sparsi per il mondo il messaggio secondo cui l'azione in corso era comunque parte di una più ampia lotta in cui il Grande Satana resta il nemico più importante? E, soprattutto, come si spiega l'attacco (anch'esso pianificato) al Centro ebraico, l'assassinio di un rabbino e di altri otto ebrei?
Cosa c'entrano gli ebrei con il conflitto indo-pakistano?
Assolutamente nulla. Ma c'entrano moltissimo con l'ideologia jihadista e con il fanatismo antisemita che la caratterizza. Il richiamo più immediato è al caso di Daniel Pearl, i
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Lévi-Strauss a Mumbai
>>Da: Veronica
Messaggio 5 della discussione
Articolo di Giulio Meotti
E’il padre fondatore dell’antropologia contemporanea, soggiorna al fianco dei migliori scrittori francesi di tutti i tempi accolti nella Pléiade. Claude Lévi-Strauss festeggia i suoi cent’anni nello storico appartamento al sedicesimo arrondissement di Parigi, sulla rive droite della Senna. Etnologo polimorfo, filosofo strutturalista e scrittore esaltante, questo “anarchico di destra” (come si è sempre definito) è una “pietra miliare nella conoscenza dell’uomo”, per usare la definizione di Simone de Beauvoir. Classe 1908, figlio di francesi ed ebreo da parte del nonno rabbino di Versailles, esiliatosi a New York nel 1941 in seguito alle leggi razziali di Vichy, “l’ultimo dei giganti” secondo il Nouvel Observateur e “colui che ha rivoluzionato il pensiero” per Le Point, Lévi-Strauss in questi giorni è stato esaltato da molti in quanto guru della “differenza” e teorico della “conoscenza dell’Altro”. La Repubblica, per citare uno dei grandi giornali che si sono occupati di lui, ne parla come del distruttore degli “angusti schemi eurocentrici che identificavano la civiltà occidentale con la civiltà tout court”. Una specie di relativista ante litteram. Lévi-Strauss è stato ben altro. Certamente un apologeta della civiltà occidentale, come dimostrano molte sue affermazioni, ma soprattutto il profeta dimenticato dello scontro di civiltà fra l’islam e le altre fedi. Le pagine più fervorose di questo “astronomo delle costellazioni umane” (autodefinizione) sono state cancellate. Come quelle terribili in cui afferma, era mezzo secolo fa, che “la Francia è in procinto di diventare musulmana”. Una parte di ragione ce l’ha certamente Emmanuel Lévinas, che pure ha moltissimo in comune con lui, quando scrive che “Tristi tropici” è il libro “più ateo che sia stato scritto ai nostri giorni, il libro più disorientato e disorientante”.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
La sua opera è un ibrido di alessandrinismo e illuminismo. Politica e metafisica, teologia e materialismo, mito e modernità si mescolano in una speculazione stravagante. Lévi-Strauss però ha sempre combattuto la doxa dell’insignificanza della religione ed è lontanissimo dal pensiero unico intriso di prepotenza e di indifferenza. Il sacro oggi non è soltanto distorsione mitica, è il mondo moderno che è stato risacralizzato a viva forza dal purismo dell’islam. E il patologo Lévi-Strauss nel suo capolavoro parla proprio di questo. Lévi-Strauss non ha commesso l’errore di René Guénon, che ci rifila il Dio unico mistico e indifferenziato. E’ stato uno dei primi a spiegare la differenza, forse inconciliabile, fra il monolitismo maomettano e il monoteismo di origine biblica. Nell’ottobre del 2002, in un’intervista al settimanale francese Nouvel Observateur, Claude Lévi-Strauss affermò che “siamo contaminati dall’intolleranza islamica”. Nessuno gli diede risalto, così come le sue pagine più cupe e sfavillanti sull’islam non hanno fatto scuola. Classicista e modernista allo stesso tempo secondo il suo studioso Vincent Debaene, il grande antropologo francese ha consegnato le proprie intuizioni più acute sulla civiltà coranica ai “Tristi tropici”, il suo libro più celebrato, del lontano 1955. Un volume steso sotto le insegne di una nota tutta apocalittica (“il mondo è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui” e “questo non è un mondo che amo”). In epoca di laicizzazione araba e di nasserismo nazionalista, quando l’islam non aveva ancora conosciuto il grande risveglio suggellato dalla rivoluzione khomeinista in Iran e mentre sembravano compiersi le magnifiche sorti della decolonizzazione, Lévi-Strauss si recò ai piedi delle montagne del Kashmir, fra Rawalpindi e Peshawar. La regione dove oggi si è rifugiata la dirigenza di al QaidaDell’islam dice che lo atterrisce “la preoccupazione di fondare una tradizione accompagnata alla frenesia di distruggere tutte le tradizioni anteriori”. L’antropologo comprese che ogni traccia dei culti passati era stata abbattuta e raschiata in una frenesia di fare spazio al “vuoto”.
>>Da: Veronica
Messaggio 3 della discussione
Un termine usato spesso nel libro per indicare la civiltà islamica. Come il vuoto dei due Budda di Bamiyan, in Afghanistan, con i loro bellissimi lineamenti orientali e le tuniche greche e i loro ornamenti che ne ricoprono le vesti – rossa quella del Budda grande, blu quella del piccolo – sono lì a ricordare l’efferata campagna di liquidazione culturale messa in atto dai talebani. Si dice che soltanto nel 1989 Lévi- Strauss avesse preso atto dell’attacco islamico all’occidente. Falso, basta leggere le ultime pagine di questo libro lirico e struggente e capire che Lévi-Strauss era consapevole fin dall’inizio di una frattura insanabile. Sono parole terribili, non mediate dalla pietas, suonano come una condanna: “Sul piano morale ci si trova difronte all’equivoco di una tolleranza ostentata, a danno di un proselitismo il cui carattere compulsivo è chiaro. Il contatto con i non-musulmani li mette in angoscia. Il loro genere di vita provinciale si perpetua sotto la minaccia di altri generi di vita, più liberi e più facili del loro”. Lévi-Strauss vedeva una stasi permanente. “Il Profeta li ha condannati a una situazione di crisi permanente, che risulta dalla contraddizione fra la portata universale della rivelazione e l’ammissione della pluralità delle fedi religiose. Tutto l’islam sembra un metodo per produrre nello spirito dei credenti conflitti insormontabili, salvo liberarli poi proponendo loro soluzioni di una grande (ma troppo grande) semplicità. Con una mano li spinge e con l’altra li trattiene sull’orlo dell’abisso”. Il cristianesimo ha perso l’occasione di un’osmosi con il buddismo che “ci avrebbe cristianizzati di più e in un senso più cristiano perché saremmo risaliti al di là dello stesso cristianesimo. Fu allora che l’occidente smarrì la sua opportunità di restare femmina”. Lévi-Strauss pensa al Maometto che scacciò il femminile dal pantheon del suo “tawhid”, monoteismo, relegandolo nel purgatorio di un chador claustrofobico.
>>Da: Veronica
Messaggio 4 della discussione
E’ implacabile la sua analisi della ghettizzazione femminile nelle società islamiche. “Vi preoccupate perla virtù delle vostre spose o delle vostre figlie mentre siete fuori città? Niente di più semplice, velatele e chiudetele in un chiostro. Così si arriva al burqa moderno, simile a un apparecchio ortopedico. Il solo modo per essi di mettersi al riparo dal dubbio e dall’umiliazione, consiste in un annientamento di questo prossimo, considerato come testimone di un’altra fede e di un’altra condotta”. Lévi- Strauss parlava del burqa moderno molto prima che Kabul e Teheran si trasformassero in centrali della sottomissione femminile. “Se un corpo di guardia potesse essere religioso, l’islam sarebbe la sua religione ideale”, ironizza Lévi-Strauss. “Quegli ansiosi sono anche degli uomini d’azione; presi fra sentimenti incompatibili, compensano l’inferiorità di cui risentono con delle forme tradizionali di sublimazione associate da sempre all’anima araba: gelosia, fierezza, eroismo”. Gigante del pensiero occidentale, Lévi-Strauss ha avuto il dono di capire lo spirito islamico contemplando le tombe (“le uniche cose che hanno lasciato in India”) e i mausolei, l’abolizione della sensualità e le abluzioni rituali, la promiscuità maschile nella vita spirituale e l’arte islamica iconoclastica. In lui non manca neppure un’analisi dell’impossibile separazione nell’islam tra la sfera temporale e quella religiosa. “La politicadiventa teologia”. Di fronte alla benevolenza universale del buddismo, al desiderio cristiano del dialogo, l’intolleranza di una parte dei popoli islamici secondo Lévi-Strauss fa sì che l’islam sia inevitabilmente “rimasto cristallizzato nella contemplazione di una società che era reale sette secoli fa. L’islam ha tagliato in due un mondo più civile. Vive in uno spostamento millenario”. Lévi-Strauss non ha mai usato infingimenti retorici. A volte le sue pagine sulla discendenza del Profeta sono di una inesorabilità sconcertante: quando dice che l’islam si configura come una potenza non meno violenta che anacronistica giacché per affermarsi ha dovuto frapporsi come un ostacolo insormontabile a quell’incontro fra l’occidente e l’oriente che sembrerebbe inscritto nella manifesta affinità delle loro due principali culture e religioni: la giudaicocristiana e la buddista.
>>Da: Veronica
Messaggio 5 della discussione
E’ impressionante la sincronia fra l’attentato a Mumbai e il centenario di Lévi- Strauss: “Oggi io contemplo l’India attraverso l’Islam – scriveva già in “TristiTristi tropici” – quella di Budda, prima di Maometto, il quale si erge fra la nostra riflessione e le dottrine che gli sono più vicine come un villano che impedisce un girotondo in cui le mani, predestinate ad allacciarsi, dell’oriente e dell’occidente, siano state da lui disgiunte. Quale errore stavo per commettere sulla traccia di quei musulmani che si proclamano cristiani e occidentali e pongono nel loro oriente la frontiera fra i due mondi! I due mondi sono fra loro più vicini di quanto l’uno e l’altro non lo siano al loro anacronismo (anacronismo dell’islam, ndr). L’evoluzione razionale è inversa a quella della storia. L’islam ha tagliato in due un mondo più civile. Che l’occidente risalga alle fonti del suo laceramento: interponendosi fra il buddismo e il cristianesimo, l’islam ci ha islamizzati”. Trentotto anni fa Claude Lévi- Strauss tenne una conferenza su “Razza e cultura” su richiesta dall’Unesco e nel quadro di un programma di lotta contro il razzismo. Vale la pena rileggere alcune delle frasi conclusive di quella conferenza: “Se l’umanità non vuol rassegnarsi a diventare la consumatrice sterile dei soli valori che ha saputo creare nel passato, capace di dare alla luce soltanto opere bastarde, e invenzioni grossolane e puerili, dovrà reimparare che ogni vera creazione implica una certa sordità all’appello degli altri valori, la quale può giungere fino al loro rifiuto se non anche alla loro negazione. Perché non si può, allo stesso tempo, fondersi nel godimento dell’altro, identificarsi con lui e mantenersi diverso. Se è pienamente riuscita, la comunicazione integrale con l’altro condanna, a più o meno breve scadenza, l’originalità della sua e della mia creazione. Le grandi epoche creatrici furono quelle in cui la comunicazione era divenuta sufficiente affinché dei partner lontani si stimolassero, senza essere tuttavia così frequente e rapida da ridurre gli ostacoli indispensabili tra gli individui come tra i gruppi, al punto che scambi troppo facili parificassero e confondessero le loro diversità. Certo il ritorno al passato è impossibile, ma la via in cui gli uomini si sono oggi incamminati accumula tensioni tali che gli odii razziali offrono una ben povera immagine del regime di intolleranza esacerbata che rischia di istaurarsi domani, senza che neppure gli debbano servire di pretesto le differenze etniche occorre capire che le cause sono molto più profonde di quelle semplicemente imputabili all’ignoranza e ai pregiudizi”. Sono parole preveggenti. In poche righe Lévi-Strauss faceva a pezzi l’assunto dell’equivalenza morale contemporanea per cui, volendo mescolare le diversità sulla base del principio che esse sono tutte assolutamente alla pari – e che nessuna ha il diritto di affermare i propri principi fondamentali bensì soltanto quello di difenderne l’assoluta intangibilità – il relativismo multiculturale finisce per produrre il contrario del suo obiettivo umanitario: un regime di divisione permanente, di “comunitarismo” e di autentica “apartheid” etnica e culturale, che è il brodo di coltura delle ostilità più feroci. Nel 1985 Lévi-Strauss rilasciò un’intervista in cui era nitidissima ormai la sua visione apologetica dell’occidente: “Ho cominciato a riflettere in un’epoca in cui la nostra cultura aggrediva altre culture – confessò all’epoca lo studioso francese
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Come sarà la politica estera di Obama
>>Da: Veronica
Messaggio 8 della discussione
L'analisi di Christian Rocca
Barack Obama non ha ancora nominato la sua squadra di politica estera e di difesa, lo farà lunedì, ma i nomi, i profili e i curriculum dei politici, consiglieri e collaboratori che andranno a occupare i posti chiave della sua Amministrazione circolano già da tempo e preannunciano una politica di sicurezza nazionale pragmatica, di scuola realista, di destra, più che di sinistra, tradizionalmente repubblicana, più che democratica.
La nuova Amministrazione Obama si appresta certamente a chiudere la breve e sopravvalutata era di influenza dei neoconservatori a Washington, ma cancella ogni residuo di quella politica estera progressista, pacifista, affetta dalla sindrome post Vietnam che già Clinton aveva messo nel dimenticatoio della storia e che ormai riesce ad avere presa soltanto nella sinistra europea.
Gli internazionalisti liberal clintoniani, avversari ideologici della sinistra progressista, avranno la loro emblematica tribuna con Hillary e i suoi al dipartimento di stato, ma nell’era Obama i vincitori dello scontro ideologico di questi anni post 11 settembre sono i realisti, che erano usciti con le ossa rotte dalla battaglia interna all’Amministrazione Bush e da quella culturale con il mondo liberal, ma che oggi sono pronti a prendersi la rivincita sia sui neoconservatori sia sugli interventisti democratici e a trovare rifugio politico non nel loro tradizionale partito, ma tra i democratici.
Hillary Clinton è la scelta più falca e muscolare che Obama possa fare per il dipartimento di stato, tanto da essere stata già lodata da realisti come Henry Kissinger, da neoconservatori come Bill Kristol e Max Boot. Anche il probabile vice di Hillary, James B. Steinberg, è un internazionalista liberal. Ex membro del Consiglio di sicurezza di Bill Clinton, favorevole alla guerra in Iraq, Steinberg è sostenitore della tesi che “malgrado saranno in molti a salutare con sollievo l’apparente fine della guerra preventiva, sarebbe un errore se l’intero concetto fosse abbandonato”.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Un paio d’anni fa, Steinberg ha scritto un articolo sul Los Angeles Times in cui sosteneva: “Quando gli stati non agiscono in modo responsabile, la comunità internazionale deve intervenire. Le pressioni economiche e diplomatiche molto spesso sono sufficienti a risolvere i problemi, ma ci saranno sempre situazioni in cui le azioni militari limitate rappresenteranno l’unica via efficace per eliminare una minaccia imminente, per esempio prima che uno stato produca materiale fissile sufficiente a farsi un’arma nucleare o prima che i terroristi siano pienamente in grado di escogitare i loro piani. Un problema della dottrina Bush, quindi, non è che si basi apertamente sulla forza preventiva, ma che concepisca il suo uso in modo troppo stretto, principalmente contro i terroristi e per rimuovere i regimi che pongono minacce”.
Susan Rice, collega di Steinberg al Consiglio di sicurezza nazionale di Clinton, sostenitrice di Obama fin dalla prima ora, era la più progressista del gruppo obamiano e in lizza per posti importanti nell’Amministrazione, ma proprio per questo non avrà né il posto da consigliere per la Sicurezza nazionale né qualcosa al dipartimento di stato, piuttosto sembra destinata alle Nazioni Unite, dove da ambasciatore americano proverà a far valere le sue competenze sul Darfur e sulle altre questioni umanitarie. Il vicepresidente Joe Biden, infine, è un altro “falco liberal”, un esponente dell’internazionalismo clintoniano degli anni Novanta.
Ma più che la squadra di politica estera – in teoria appaltata all’ala interventista democratica del partito, anche se le linee d’azione saranno dettate da Obama – è il probabile team di sicurezza nazionale a far intuire l’approccio realista e di destra della prossima Amministrazione. Obama non ha mai nascosto la sua ammirazione per la politica estera di George W. Bush senior, nel 2000 abbracciata anche dall’attuale presidente Bush contro l’allora interventista democratico Al Gore, ma poi messa da parte in seguito agli eventi dell’11 settembre perché giudicata inadatta ad affrontare la sfida islamista radicale. Obama ancora oggi si consulta spesso con l’ottantatreenne consigliere per la Sicurezza nazionale di Bush senior, il repubblicano Brent Scowcroft.
>>Da: Veronica
Messaggio 3 della discussione
Contrario alla guerra in Iraq e mentore di Condi Rice, Scowcroft è un conservatore realista e pragmatico, mal sopportato da Israele e sostenitore del dialogo con i nemici dell’America. Obama è uno scowcroftiano convinto, ma su Israele sembra difficile che la linea Scowcroft possa superare le resistenze del capo dello staff della Casa Bianca, Rahm Israel Emmanuel, ebreo ortodosso, sionista militante, già volontario civile nell’esercito di Israele durante la prima guerra del Golfo (per il National Journal, la scelta di Emanuel piace al 93 per cento dei dirigenti del Partito repubblicano). Obama sta provando a imbarcare nell’Amministrazione vari seguaci di Scowcroft, poco importa se non risultano registrati al Partito democratico.
Il primo e il più importante è Bob Gates, il boss del Pentagono scelto due anni fa da George W. Bush per sostituire Donald Rumsfeld. Gates resterà al Pentagono. Non è un ideologo, era favorevole al ritiro delle truppe americane dall’Iraq, ma deve la possibile riconferma di Obama non soltanto alle buone referenze di Scowcroft, ma anche al successo della dottrina Petraeus, ovvero all’invio in Iraq di trentamila ulteriori soldati con una diversa strategia politica e militare cui Obama si era opposto e che ora, lui stesso, riconosce aver avuto successo “oltre ogni rosea aspettativa”. Il suo vice dovrebbe essere il realista Richard Danzig, già segretario della Marina militare durante gli anni di Clinton. Un altro protegé di Scowcroft, Richard Haass, oggi presidente del Council on Foreign Relations, ma già nelle Amministrazioni di Bush padre e figlio, è tra i papabili per un ruolo importante nel team.
>>Da: Veronica
Messaggio 4 della discussione
Alla Cia sembrava destinato una delle figure politiche più difficili da digerire per la sinistra antibushiana, che infatti ha scatenato una battaglia preventiva e vittoriosa. L’unico nome che circolava, fatto trapelare dal team Obama, era quello dell’attuale capo del transition team obamiano sulle questioni della sicurezza nazionale: John Brennan, repubblicano, ex capo dello staff di George Tenet, cioè del direttore della Cia che ha sulle spalle il fallimento pre 11 settembre, il fiasco sulle armi di distruzione di massa di Saddam e, infine, la conduzione della guerra al terrorismo di Bush. Ammiratore di Dick Cheney, sostenitore dell’efficacia dei sequestri clandestini internazionali (“extraordinary rendition”) e delle tecniche “avanzate” di interrogatorio dei detenuti, Brennan non aveva certo il curriculum da direttore della Cia ideale per un militante di sinistra convinto che Bush e Cheney abbiano manipolato le prove sulle armi di Saddam, torturato i nemici e violato la Costituzione americana.
Eppure Obama lo ha scelto per gestire il passaggio di consegne da Bush nelle delicate questioni di sicurezza nazionale e ha pensato a lui per guidare l’agenzia di spionaggio internazionale. Le proteste circolate su Internet hanno convinto lo stesso Brennan, martedì sera, a scrivere una lettera a Obama per annunciare la sua non disponibilità a occupare incarichi nella prossima Amministrazione, per non diventare un problema e una distrazione per il nuovo presidente. Andrew Sullivan, per dire, era convinto che l’uomo indicato da Obama per diventare il direttore della Cia fosse un clone di Cheney, colpevole di “crimini di guerra”, sostenitore della “tortura” e di metodi degni della “Gestapo”. Il direttore dell’Intelligence nazionale, invece, dovrebbe essere l’ex ammiraglio Dennis Blair, esperto di Cina e Russia, già al comando con Bush delle operazioni militari nel Pacifico, dove ha elaborato una strategia antiterrorismo considerata efficace contro i gruppi islamici del sud-est asiatico.
L’uomo chiave della squadra del presidente, però, è il consigliere per la Sicurezza nazionale. Obama avrebbe già scelto un altro personaggio non appartenente al Partito democratico, un generale dei marine: James Jones, ex comandante supremo delle forze Nato in Europa, amico da una vita di John McCain, per il quale ha anche partecipato a un evento elettorale. Consigliere informale anche di Hillary, indipendente e bipartisan, Jones è stato l’inviato in medio oriente di Condoleezza Rice e non ha accettato numerosi posti di rilievo sotto Bush per la sua schietta contrarietà alle politiche di Rumsfeld. E’ molto probabile, inoltre, che Jones avrebbe ottenuto un ruolo di governo importante anche in caso di vittoria di McCain o Hillary Clinton.
>>Da: Veronica
Messaggio 5 della discussione
Con Jones al Consiglio di sicurezza nazionale e Gates al Pentagono, i due pilastri della politica militare e di difesa sarebbero stati identici a quelli che avrebbe scelto John McCain.
Jones è convinto che le truppe americane debbano restare in Iraq e che ritirarsi sarebbe “contrario ai nostri interessi nazionali”, ma crede che il cuore della battaglia contro al Qaida sia l’Afghanistan e pensa che Guantanamo vada chiuso subito, soprattutto per una questione di immagine internazionale, e che bisogna trovare il modo di confrontarsi con i nemici, oltre che con gli amici. Jones, al fianco di Obama, coordinerà la politica di sicurezza degli Stati Uniti. Scegliendo un generale dei marine, stimato non soltanto al Pentagono, ma anche tra i più falchi del Partito repubblicano, Obama non ha certo fatto una concessione all’ala progressista e pacifista che lo ha eletto alla Casa Bianca. Il New York Times ha già suonato l’allarme in prima pagina: “Obama sta programmando di governare dal centro destra del suo partito”, mettendoci anche le scelte free market e a favore dei tagli fiscali di politica economica. Altri obamiani della prima ora, pacifisti e più radicali, gridano già al tradimento e sostengono, come si legge sul sito Open Left, che le scelte di Obama sembrano prefigurare una politica estera non di centrodestra rispetto al Partito democratico, come scrive il New York Times, ma di destra rispetto al paese. “Non ci siamo fatti un mazzo così per eleggere Obama – aveva scritto Andrew Sullivan alla notizia di Brennan alla Cia – soltanto per avere altri quattro anni di Bush alla Cia”. Il mensile The Nation è stato ancora più esplicito: “Ma che cazzo! Nemmeno un singolo, solitario, vero progressista è stato soltanto menzionato per un posto nell’Amministrazione. Nemmeno uno”.
Obama saprà accontentarli. E’ un politico navigato. L’Iraq è sulla via della risoluzione e già Bush ha previsto il rientro delle truppe per la fine del 2011. Il presidente eletto si adopererà subito dopo l’insediamento per chiudere Guantanamo, anche se in queste settimane i suoi esperti stanno scoprendo che è più facile dirlo che farlo, perché una volta chiuso il carcere extraterritoriale non si sa che cosa fare dei terroristi detenuti e l’ipotesi di fare una legge speciale soltanto per i terroristi appare una violazione ancora più grande dei principi della Costituzione americana.
>>Da: Veronica
Messaggio 6 della discussione
Obama ha affidato ad altri due clintoniani, Greg Craig ed Eric Holder, il compito di riscrivere le regole giuridiche della guerra al terrorismo. Craig sarà il nuovo consigliere legale della Casa Bianca, Holder il nuovo Attorney General. Entrambi sono molto critici delle scelte di Bush e Cheney. Eppure, proprio Holder, nel gennaio 2002, ha detto alla Cnn che “una delle cose che chiaramente vogliamo fare con questi prigionieri è quella di avere la capacità di interrogarli e di capire quali potrebbero essere i loro piani futuri, dove siano le altre cellule; la convenzione di Ginevra limita la quantità di informazioni che possiamo ottenere da queste persone. Mi sembra, in ogni caso, che queste non siano, in realtà, persone col diritto alla protezione della Convenzione di Ginevra. Non sono prigionieri di guerra. Se, per esempio, Mohamed Atta fosse sopravvissuto agli attacchi del World Trade Center, lo considereremmo prigioniero di guerra? Non penso. Zacarias Moussaoui può essere considerato un prigioniero di guerra? Di nuovo, penso di no”.
Obama non è un ideologo, è un politico pragmatico. Non è un pacifista, anche se si è opposto alla guerra in Iraq. Da senatore ha condotto e vinto la campagna elettorale per le primarie del Partito democratico da sinistra, alla sinistra di Hillary Clinton, ma contro John McCain ha ribaltato molte sue posizioni. Prima voleva ritirarsi subito dall’Iraq, cancellare i programmi di sorveglianza e spionaggio autorizzati da Bush, opporsi ai trattati di libero scambio con gli alleati e chiudere immediatamente Guantanamo. Ma una volta sconfitta Hillary, è stato molto più cauto sull’Iraq e ora sembra voler accettare il calendario di rientro stabilito da Bush e David Petraeus assieme agli iracheni, infine ha votato a favore del programma spionistico, garantendo anche l’immunità alle società di telecomunicazioni che hanno collaborato con la Casa Bianca. Anche sui trattati commerciali di libero scambio, Obama ha cambiato posizione, passando da una posizione protezionista e retoricamente critica della globalizzazione clintoniana, a ribadire la necessità di firmare i trattati con i paesi alleati.
>>Da: Veronica
Messaggio 7 della discussione
Sul fronte interno, crisi economica permettendo, è probabile che Obama cercherà di ottenere riforme sociali di sinistra, a cominciare dalla sanità, ma intanto per affrontare la crisi si è circondato di esperti dell’ala liberista del partito. Sulla politica estera e di sicurezza, invece, non ha mai fatto concessioni all’ala progressista e internettiana della sua coalizione, malgrado abbia costruito la sua candidatura proprio sull’iniziale contrarietà all’intervento armato in Iraq.
Ci sono varie spiegazioni a questo atteggiamento. La prima, semplice, è che Obama non è né pacifista né progressista all’europea. Gli obamiani di sinistra che non vogliono credere che il loro eroe li abbia già traditi, così spiegano che costruire una squadra di falchi filoisraeliani è il modo obamiano per garantirsi una copertura politica quando dovrà costringere Israele a rinunciare a qualcosa. Altri sostengono che Obama, concedendo sui temi della sicurezza nazionale, in realtà cerchi copertura politica a destra per le riforme sociali di sinistra che ha intenzione di realizzare al più presto. C’è anche chi vede nella scelta di Hillary la riedizione del conflitto politico e ideologico tra la Casa Bianca di Bush e il suo più moderato segretario di stato: così come la presenza di Powell è servita a Bush per conquistare credibilità in territori a lui ostili, come l’Onu, oppure per fare in modo che la base conservatrice avesse un obiettivo interno su cui scaricare la rabbia per gli eventuali insuccessi, Obama avrebbe da giocarsi la carta Hillary come parafulmine interno ed esterno in caso le cose dovessero andare male.
In assenza di eventi clamorosi che potrebbero cambiare l’approccio politico e ideologico, come è successo a Bush dopo l’11 settembre, con Obama tornerà una politica estera e di difesa realista, di scuola kissingeriana, come non si vedeva dai tempi di Bush senior, oltre che dai primi ed esitanti anni di Bill Clinton (quelli della resistenza a intervenire nei Balcani e delle mani in mano di fronte all’annunciato genocidio in Ruanda) e che, negli ultimi tempi, ha avuto nei repubblicani e scowcroftiani Colin Powell (l’uomo delle fialette all’Onu) e Richard Armitage (il vice di Powell che ha passato ai giornali il nome dell’ex spia della Cia Valerie Plame) i maggiori rappresentanti.
>>Da: Veronica
Messaggio 8 della discussione
Una politica estera realista vuol dire un’America cauta, come peraltro è sempre stata, pronta a usare la sua potenza militare soltanto in caso di pericolo immediato per i propri interessi, certamente capace di offrire assistenza e aiuto in caso di disastri umanitari internazionali, ma attenta a non rischiare vite americane per salvarne altre. Secondo l’approccio realista caro a Obama e, nel recente passato, a Henry Kissinger e Bush senior, gli stati si comportano sempre a tutela dei propri interessi, quindi l’errore più grave che l’America possa fare è quello di dare una lettura moralista alle questioni internazionali. La tradizionale politica estera del Partito democratico – da Woodrow Wilson a John Kennedy, fino al secondo mandato di Bill Clinton – è invece quella secondo cui il compito dell’America è di intervenire, se necessario con azioni militari, anche soltanto per ragioni puramente umanitarie. I neoconservatori, nati dopo il Vietnam, quando la sinistra pacifista e progressista ha preso il sopravvento nel Partito democratico, sono ex liberal che provengono da questa stessa tradizione che ha avuto nel senatore democratico Henry Scoop Jackson il suo principale protagonista politico.
Quando Clinton e il premier laburista britannico Tony Blair hanno ridato vita all’antico internazionalismo liberal, intervenendo in Kosovo senza alcuna autorizzazione Onu e cambiando (nel 1998) la politica ufficiale dell’occidente contro Saddam dal contenimento al cambio di regime, i neoconservatori sono stati i loro unici alleati: l’Iraqi Liberation Act firmato da Clinton e sostenuto da Gore era stato presentato al Congresso a doppia firma del senatore repubblicano John McCain e dal democratico Joe Lieberman. I realisti di destra e i progressisti di sinistra erano contrari. L’alleanza tra i neointernazionalisti liberal e i neoconservatori si è consolidata dopo l’11 settembre, quando l’America e la Gran Bretagna hanno elaborato una risposta ideologica, politica e militare agli attacchi islamisti a cui ancora non è mai stata contrapposta un’alternativa seria.
La differenza tra l’approccio clintoniano e quello neoconservatore non è sull’uso della forza, piuttosto sulla particolare cura e attenzione dei liberal all’opinione pubblica mondiale e alle istituzioni internazionali, anche se – come è accaduto in occasione del Kosovo – non sempre serve a ottenere il via libera delle Nazioni Unite.
La politica estera di Washington ai tempi di Obama sarà meno ideologica rispetto al recente passato clintoniano e bushiano, certamente più “humble”, umile (come peraltro nel 2000 aveva promesso Bush in uno dei dibattiti presidenziali contro l’interventista Al Gore), forse fin troppo disattenta ai problemi del mondo se Obama si farà ingabbiare, come è improbabile, nel rigido schema scowcroftiano su cui sta impostando la sua squadra. Ma il rischio c’è, al punto che lunedì mattina, dopo tante critiche a Bush, il primo editoriale del Washington Post avvertiva Obama che “abbandonare la promozione e il sostegno della democrazia come obiettivo centrale dell’America sarebbe un errore terribile. Bush aveva ragione a vedere la libertà come elemento integrante di altri obiettivi di politica estera. Nei paesi arabi la soppressione delle alternative democratiche alimenta il terrorismo”.
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Stati mentali
>>Da: Veronica
Messaggio 3 della discussione
Articolo di Liat Collins
[Come ogni anno, alla fine di novembre si ripete alle Nazioni Unite un’aggressione diplomatica concertata anti-israeliana in occasione della “Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese”: una serie di eventi tra cui sei risoluzioni contro Israele in quanto stato razzista, dell’apartheid, violatore dei diritti umani ecc, discorsi, mostre, esibizione di bandiere e mappe della “Palestina” senza Israele. La ricorrenza coincide volutamente con il 29 novembre, data din cui le stesse Nazioni Unite, nel 1947, approvarono la risoluzione 181 che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e uno arabo nell’ex Palestina Mandataria. La risoluzione venne accettata da parte israeliana e rifiutata da parte araba.]
Molti giovani israeliani probabilmente pensano che “29 novembre” sia il nome di una via più che il 29 novembre 1947. Per inciso, è anche l’indirizzo della casa che possedeva il primo ministro israeliano Ehud Olmert nel quartiere Katamon di Gerusalemme: le polemiche intorno alla vendita di quella casa hanno occupato i titoli dei giornali in Israele più della ricorrenza del voto con cui, l’Assemblea Generale dell’Onu approvò 61 anni fa – con 33 voti favorevoli, 13 contrari e 10 astenuti – la fine del Mandato britannico sulla Palestina e la spartizione della terra in due stati indipendenti, uno arabo e uno ebraico. Si trattò, in effetti, dell’ultimo, decisivo impulso per la creazione dello Stato d’Israele. E per lo scoppio della guerra d’indipendenza.
Mentre gli ebrei “palestinesi” ballavano per le strade e si lanciavano nel gravoso compito di costruire un paese ancora oggi miracolosamente prospero, gli arabi (che allora non erano ancora chiamati “palestinesi”) respingevano la “soluzione due popoli-due stati” e scatenavano una guerra che di fatto non è ancora terminata.
I rapporti fra Israele e Gran Bretagna restano ambivalenti, nonostante i discorsi ufficiali tenuti durante la visita a Londra del presidente israeliano Shimon Peres la scorsa settimana. Nel 1947 la Gran Bretagna per lo più ignorò il piano dell’Onu: celando a malapena la sua faziosità a favore degli arabi. Evidentemente Lawrence d’Arabia li aveva ammantati di una natura molto più romantica che non quell’accozzaglia di cenciosi sopravvissuti alla Shoà che si battevano per unirsi ai loro fratelli nella sede nazionale ebraica, un sogno che si avverava dopo quasi duemila anni colmi di penose memorie collettive.
Il 29 novembre 1947 resta una delle date più significative nella storia ebraica, anche per il modo con cui riuscì a unire vari settori della comunità ebraica in Terra d’Israele. Ancora oggi, sebbene gli israeliani questionino fra loro su quale sia il modo migliore per portare avanti il “processo di pace”, a maggioranza credono – in un modo o nell’altro – nella soluzione “due-stati”. E credono che il loro paese abbia pieno diritto di esistere.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Talvolta la storia sembra una seria di “se”. Cosa sarebbe accaduto se gli arabi avessero accettato il piano di spartizione e si fossero impegnati nella costruzione del loro stato con la stessa energia che gli ebrei investirono nella costruzione di Israele? Forse, senza le guerre e gli attentati e le mistificazioni diplomatiche scaturite dal rifiuto, sia Israele che la Palestina oggi sarebbero l’equivalente mediterraneo di Singapore.
Sessantun anni dopo quel voto cruciale, la soluzione “due stati” è sempre in voga. Anche se, date le attuali lacerazioni fra palestinesi, forse si dovrebbe parlare di “tre stati”: striscia di Gaza e Cisgiordania sono separate da pochi chilometri ma da concezioni e prospettive completamente diverse.
Gaza non è un gran buon esempio di indipendenza: lamenta l’assedio cui è sottoposta e intanto non solo continua a bersagliare gli agglomerati civili israeliani nel Negev, ma mira anche a colpire in un futuro tutt’altro che lontano la città di Ashdod, una delle più popolose città d’Israele. Hamas invoca la riapertura del confine con Israele. Il confine, naturalmente, si potrebbe aprire anche dal lato dell’Egitto, se solo l’Egitto non fosse terrorizzato dalla minaccia islamista che arriva dai suoi poveri fratelli palestinesi assediati. Deve muoversi con grande cautela. Per questo non stupisce più di tanto che la scorsa settimana un tribunale del Cairo abbia sospeso l’accordo per la fornitura di gas naturale egiziano a Israele. Forse dovremmo inscenare un black-out energetico alla Hamas, esibendo poveri bambini israeliani infreddoliti al lume di candela.
Ma quando il mondo vede le immagini dei bambini israeliani che cercano di vivere al ritmo dettato dai lanci di Qassam palestinesi, la colpa viene attribuita comunque a Israele per via dell’“occupazione”. Un suggerimento a Hamas: Gilad Shalit è l’unico militare israeliano che si trova nella striscia di Gaza, lasciatelo andare e come per incanto la forze d’occupazione si dileguerà.
Non che questo significherebbe la fine di ogni presenza militare a Gaza. I giornalisti amano ripetere a pappagallo che la striscia di Gaza è il luogo più densamente popolato del mondo [in realtà, la popolazione di Singapore è più del triplo di quella della striscia di Gaza su un territorio che non è nemmeno il doppio, e la popolazione di Hong Kong è cinque volte quella di Gaza su un territorio che è più o meno il triplo], ma raramente notano che a Gaza il tasso di poliziotti/miliziani rispetto ai civili è davvero tra i più alti del pianeta. Si domandi al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen): il motivo per cui continua a chiedere, e a ottenere, da Israele sempre più scarcerazioni di detenuti per reati di sicurezza è che deve incrementare la sue truppe. Glielo si può domandare a Ramallah, o forse incontrandolo negli uffici di Olmert a Gerusalemme. A Gaza lo si potrebbe trovare solo morto. Alla faccia dei “due stati”…
>>Da: Veronica
Messaggio 3 della discussione
Olmert e la leader di Kadima Tzipi Livni vogliono rafforzare i palestinesi moderati. Chi non lo vorrebbe? Ma quanto è moderata Fatah? Evidentemente, nel mondo alla rovescia che opta per l’iniziativa di pace saudita, la Fatahland non sembra più docile: non prende parte alle decapitazioni ufficiali, alle lapidazioni, alle fustigazioni pubbliche di donne così sciocche da farsi violentare. Rispetto all’Arabia Saudita, suppongo, è già qualcosa. Di qui l’appello a fornire sempre più armi alle forze di Abu Mazen, come se ciò possa controbilanciare le armi che Iran e Siria forniscono a Hamas nella striscia di Gaza. E indovina un po’ chi resta preso nel mezzo? Israele.
I paesi arabi che rifiutarono il piano di spartizione approvato dall’Onu nel 1947 non attaccarono Israele a causa degli “insediamenti”. Per quanto li riguardava, nel 1947 tutto Israele era un “insediamento”. Cosa è cambiato? Israele è diventato un po’ più grande e più forte. Nessuna meraviglia se non abbiano perduto la loro ostilità. Anzi, ora è alimentata dall’invidia. Certo, adesso Fatah combatte Hamas, ma non ci vuole molta immaginazione per capire a chi toccherà subito dopo.
Comunque, sedici mesi dopo aver preso il controllo su Gaza Hamas è decisamente un vero problema. Con centinaia di tunnel operativi sotto il confine de facto, è difficile affermare che il “blocco” danneggi il movimento. I tunnel non sono un segreto. Gli unici che non sembrano rendersene conto sono quelle anime pie internazionali che affrontano i marosi a bordo di imbarcazioni da propaganda per scaricare “aiuti umanitari”. Forse sono troppo claustrofobici per passare dai tunnel. D’altra parte, potrebbero morire di noia se aspettassero che gli egiziani li lascassero attraversare il confine dal loro versante. Nel 1947 era la Gran Bretagna che solcava le onde (vedi la cattura dell’Exodus, carico di profughi ebrei). Oggi le solcano i pirati del Golfo di Aden e i cuori teneri nel Mediterraneo.
Dunque, che si fa? Il principio dei due stati per due popoli stabilito nel 1947 probabilmente resta l’opzione migliore. Il concetto di due entità sovrane che vivano fianco a fianco nella pace e nella prosperità rimane un sogno valido. Ma, finché è una prospettiva condivisa solo dai politici e non anche dai popoli, ha le stesse probabilità di una casa colpita da un Qassam. Nella ricerca della pace è facile restare abbagliati dalla luce in fondo al tunnel. Le circostanze tuttavia impongono di verificare bene che non sia in mano a un terrorista di Hamas.
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Ambasciatori d’umanità
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Articolo di Anat Meidan
Per cinque mesi, dottori e paramedici dell’Ospedale Barzilai di Ashkelon (Israele) hanno assistito Vania Suleiman, un’abitante di Jabaliya (striscia di Gaza). A causa di un ictus, Vania aveva perso conoscenza mentre era incinta. I tentativi fatti all’ospedale di Gaza per stabilizzare le sue condizioni non avevano avuto successo e per questo era stata trasferita al Barzilai. A fine di settembre, dopo che per settimane i medici si erano battuti per cercare di salvare la sua vita e quella del bambino che aveva in grembo, Vania aveva infine partorito il suo terzo figlio. Lei però non ce l’ha fatta: mercoledì scorso è deceduta, circondata dall’équipe israeliana con gli occhi lucidi.
Due giorni dopo un missile Qassam palestinese si abbatteva sulla città di Ashkelon, facendo tremare pareti e vetri dell’ospedale e seminando paura e ansia tra tutti coloro che vi si trovavano.
“Ormai conosciamo molto bene la famiglia Suleiman – ci dice il dottor Yosef Mashil, mentre si corre a prendersi cura di un 40enne di Gaza appena arrivato d’urgenza all’ospedale – Eravamo felici di veder nascere un bambino sano, e addolorati per il fatto che sua madre non abbia potuto vederlo. Avevamo il cuore a pezzi, quando è morta”.
>>Da: Veronica
Messaggio 2 della discussione
Sono mediamente circa 25 gli abitanti di Gaza ricoverati all’ospedale di Ashkelon. Vi arrivano dopo che l’ospedale ha coordinato il loro trasferimento con i servizi sanitari di Gaza. È un dialogo che non si interrompe mai, anche quando piovono i Qassam. Qui nessuno tiene i punti. L’unico criterio decisivo è la lotta per salvare vite umane, anche quando fuori da queste mura infuria una guerra senza fine che punta a troncare vite umane. Mentre fuori dall’ospedale assistiamo a una guerra di morte e distruzione, all’interno dell’ospedale si combatte una battaglia per la vita dei pazienti senza badare alla loro identità nazionale.
Se – il cielo non voglia – un Qassam dovesse colpire l’ospedale, a Gaza sicuramente festeggerebbero il “trionfo” senza pensare nemmeno per un momento ai palestinesi della striscia che vi vengono curati.
Sembra surreale e illusorio, e qualcuno dirà che è impensabile. Eppure il modello indicato dall’ospedale Barzilai costituisce l’unica risposta morale al caos che ci circonda. Un modello che mostra come creare relazioni di buon vicinato, umane e regolari, all’interno di una realtà folle, malsana e disumanizzante.
Il debole raggio di luce nel buio profondo è che il marito e i figli di Vania Suleiman, che l’hanno vista curata con infinita dedizione all’ospedale israeliano, insieme ai famigliari degli altri pazienti di Gaza ricoverati al Barzilai, una volta tornati a casa possano esercitare un’azione moderatrice sul livello di odio che imperversa a Gaza. Loro che hanno incontrato israeliani in camice bianco preoccupati soltanto di migliorare le loro condizioni, possono forse diventare ambasciatori di coesistenza per uno scambio di parole anziché di missili. Nessuno meglio di loro sa che questa è l’unica vera alternativa che abbiamo quaggiù.
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Il terrorista Kuntar decorato da Assad
>>Da: Veronica
Messaggio 1 della discussione
Da: YnetNews
Il terrorista infanticida libanese Samir Kuntar, scarcerato lo scorso luglio da Israele in cambio delle salme di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev (i due ostaggi israeliani rapiti e uccisi da Hezbollah nel 2006), è stato insignito lunedì dal presidente siriano Bashar Assad dell'Ordine al Merito, la più alta onorificenza del paese.
“Kuntar non solo è stato il più anziano veterano fra i prigionieri nelle carceri israeliane – ha dichiarato Assad durante un incontro con il terrorista a Damasco – Kuntar è anche il più autorevole fra gli uomini liberi e meritevoli d’onore. Il fatto che sia qui con noi e la sua determinazione nel promuovere i diritti degli arabi, nonostante tutto quello che ha passato, ne fa un simbolo della lotta per la libertà in tutto il mondo arabo e nel mondo intero”.
Kuntar, dal canto suo, si è detto onorato di incontrare il presidente siriano. “La valorosa posizione della Siria impersonata dal comportamento del presidente Assad – ha affermato – il suo appoggio alla nobile resistenza armata e il suo rifiuto di qualunque ingiusta soluzione costituiscono la base di ogni resistenza armata di uomini liberi e sono fonte d’ispirazione per la ferma posizione dei prigionieri ancora nelle carceri dell’occupazione israeliana”.
Il pluriomicida libanese, giunto venerdì scorso in Siria per una visita di una settimana, ha aggiunto durante l’incontro con Assad che “la grandezza della Siria sta nel fatto che, quando venni arrestato trent’anni fa, essa lottava fermamente contro Israele e oggi che sono qui, lo fa ancora. Porto con me in Siria, al presidente Bashar Assad, la benedizione dei combattenti per la libertà della valorosa resistenza islamica [Hezbollah], e porto la benedizione del popolo libanese combattente che prova per la Siria fedeltà e amore per la sua posizione, particolarmente riguardo alla guerra del luglio 2006 [la seconda guerra in Libano]”.
Poco prima, sempre lunedì, Kuntar aveva accompagnato 500 drusi siriani al confine con Israele dove aveva esclamato: “Molto presto Assad sventolerà la bandiera siriana sulle alture del Golan”.
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In Nigeria scoppia l’odio tra cristiani e musulmani Almeno 500 morti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Cadaveri ammassati in moschee e ospedali Il tutto nasce per una disputa elettorale a Jos. Gli scontri cominciano dopo una protesta islamica per un voto contestato
Sembrava uno scontro elettorale, si è trasformato in una guerra di religione, è diventata un’ecatombe. Da ieri l’Africa ha un nuovo inferno, dove l’odio tra cristiani e musulmani alimenta il reciproco sterminio. Le cronache non dicono molto, riferiscono soltanto di 300 morti ammassati dentro una moschea e di oltre 150 allineati appena fuori e di altre salme, stavolta cristiane, sparse a decine forse centinaia, tra strade e ospedali.
Succede nel cuore della Nigeria, nella pancia dello Stato più popolosod’Africa, inquella cintura verde dove pastori musulmani e contadini cristiani si affrontano da decenni trasformandola nella faglia sismica dell’odio religioso e tribale che divide il nord islamico dal meridione cresciuto intorno al culto della croce. La città si chiama Jos ed è la capitale dello Stato di Plateau, ma non la conosce nessuno. Eppure quella città gronda sangue, respira odio. Le voci al telefono riferiscono di una città trasformata in mattatoio. «In due giorni sono state uccise centinaia di persone, ci sono resti di corpi bruciati ad ogni angolo, è terribile », riferisce al telefono il prete cattolico Yakumu Pam.
Amin Manu, un collaboratore locale di Radio France International reduce da un giro nella parte opposta dell’abitato, sciorina un conteggio macabro e dettagliato. «Questo pomeriggio sono andato alla moschea centrale e ho contato 378 corpi e quando stavo per uscire ne sono arrivati altri tre». Più tardi lo sceicco Khalid Abubakar responsabile della moschea riferisce di 300 cadaveri dentro l’edificio e di almeno183 fuori, tutti in attesa di sepoltura.
A Jos nel settembre 2001, mentre ilmondo trasecolava davanti all’orrore di Manhattan, si massacrarono in silenzio e ne seppellirono mille. Quattro anni fa, un’altra ventata di rabbia interreligiosa spazzò i quattro angoli dell’intero Stato di Plateau e si portò via altre 700 vite. Adesso è ricominciata e se il buongiorno si vede dal mattino sta andando anche peggio. Da venerdì a ieri sera imorti visti, contatie riferiti sono già quasi cinquecento. Ma potrebbero essere molti di più perché mancanoi bilanci della parte cristiana. Da lì arrivano solo le prime testimonianze su quelle cinquanta salme abbandonate negli ospedali. Anche qui i reciproci conteggi risentono delle differenze religiose.
I musulmani devono seppellire i loro morti entro il tramonto, i cristianipossono pregare e attendere. Ma com’è iniziata? Nessuno sa dirlo con precisione. L’unica certezza era il voto locale, la rituale finzione democratica che in Nigeria non ha garantito una sola elezione regolare. La gara è sempre la stessa e rispecchia la divisione di terra e culto. Da una parte l’Anpp (All nigerian peoples party) preferito dai musulmani, dall’altra quel Pdp (People’s democratic party) che governa a livello federale e raccoglie il voto cristiano.
Quando, giovedì pomeriggio, lo scrutino tarda e si diffonde la voce di un broglio per garantire la vittoria del Pdp, i musulmani insorgono. Gli altri non stanno a guardare e in breve la violenza inghiotte la città. Venerdì mattina imorti sono 15 e incittà viene imposto il coprifuoco. Poi l’ecatombe. La polizia ammette molte vittime, ma si guarda bene dal dare stime ufficiali. L’esercito mandato a riportare l’ordine si chiude in un a
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Rom mendica a 4 anni. I giudici: non è schiavitù
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Secondo la la Cassazione, non sempre si può definire ’"schiavitu" la condizione dei bambini rom sorpresi a mendicare. Il confine tra riduzione in schiavitù o esigenze dettate dalla povertà è molto labile quando si tratta di popolazioni rom dove i genitori "anche per tradizione culturale" mendicano per le strade assieme ai figli.
Condanna annullata La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna per una mamma rom arrestata perchè trovata a chiedere l’elemosina insieme al figlio. La corte d’appello di Napoli aveva condannato a cinque anni di reclusione Mia V. per riduzione in schiavitù perchè sorpresa due volte dalla polizia seduta a terra con accanto il figlio di 4 anni che per ore, in piedi, chiedeva l’elemosina ai passanti. Nel ricorso in Cassazione la difesa di Mia si era appellata alla "mangel usualmente praticata dagli zingari". Secondo i giudici della suprema corte non era ravvisabile il reato di riduzione in schiavitù perchè occorreva tenere presente soprattutto per "genitori che hanno autorità sui figli il confine piuttosto labile tra autorità e abuso". Situazione ben diversa, secondo i giudici, dalla ’condotta di chi comperi un bambino e lo utilizzi continuativamente nell’attività di accattonaggio appropriandosi dei guadagnì.
>>Da: firefox65
Messaggio 3 della discussione
Troppa discrezionalità affidata al giudice, sono in grado di ribaltare sentenze alla portata di un neonato, forse la cosa è voluta.
>>Da: perla
Messaggio 4 della discussione
Hai ragione firefox.
Quando in uno stato la giustizia ha le stesse modalità di un terno all'otto, credo bisogna rivedere qualche cosa!
>>Da: micia
Messaggio 5 della discussione
Evidentemente la consulta, pure questa, risponde a chi gli dà ordini di lasciarli in pace.
Cioè che vivano impunemente nella nostra Patria, infischiandosene della nostra cultura, legge e tradizioni.
>>Da: buonalanutella
Messaggio 6 della discussione
Di sentenze facili ribaltate da giudici con l'intelligenza di una capra ne è piena la cronaca, una mitica anni addietro fu: avevi i jeans quindi niente violenza; mi pare scoppiò un putiferio!
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Magdi Cristiano Allam: «Il mio partito per l'Europa cristiana»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 9 della discussione
Magdi Cristiano Allam: «Aperti a tutti, anche ai musulmani. Sono contrario alla guerra di religione»
— Sicuro?
«Sicurissimo».
E come si chiama?
«Protagonisti per l'Europa Cristiana». Magdi Cristiano Allam, asciutto, quasi esile, non dimostra neanche un po' i suoi 56 anni e ha un sorriso da ragazzino mentre apre la brochure con simbolo e nome del partito che ha fondato. Di là dalla porta e giù in strada, l'auricolare all'orecchio, gli uomini della scorta sorvegliano che sia tutto tranquillo. «"Protagonisti", capisce? La via del riscatto passa da noi stessi».
Magdi Cristiano Allam (Emblema)
Mentre parla distoglie lo sguardo e fissa un punto nel vuoto, come leggesse dentro di sé. In fondo sono cose che ha scritto molte volte, solo che ora è diverso. «Dopo 35 anni» lascia il giornalismo e crea un partito. Questo pomeriggio, a Roma, un'assemblea di cinquanta soci fondatori darà vita alla nuova formazione (da oggi è attivo il sito www.protagonistiec.it). «Ci presenteremo alle Europee del 7 giugno 2009. Da domani inizieremo a lavorare, raccogliere firme, creare circoli in tutta Italia per darci un radicamento nel territorio ».
Passare dall'altra parte della barricata non le fa effetto?
«Fin da piccolo, quando mi chiedevano "cosa vuoi fare da grande?", rispondevo: il giornalista o il politico. Le mie passioni. Giornalista lo sono diventato e con soddisfazione. Ma negli ultimi tempi ho sentito crescere la necessità di andare oltre la testimonianza e agire: mettendo in pratica ciò che per anni ho scritto e detto nei tantissimi incontri in giro per l'Italia con decine di migliaia di persone ».
Cominciamo dal nome e del simbolo...
«Nel logo, vede?, sono indicati tre binomi che rappresentano i passaggi fondamentali del mio percorso spirituale, culminato nell'adesione piena e convinta al cristianesimo: "Verità e Libertà", il cuore della civiltà europea; "Fede e Ragione", l'essenza della civiltà cristiana; e infine "Valori e Regole", il fondamento dell'azione di riscatto dalla deriva etica nella quale è precipitata la nostra Europa cristiana».
>>Da: firefox65
Messaggio 6 della discussione
Guardando da un'altra ottica, penso che con questa iniziativa potrebbe rosicchiare consensi fra i moderati di sinistra, così da diminuire la forza (eventuale ) del PD in vista delle prossime europee.
>>Da: perla
Messaggio 7 della discussione
Tempistica sbagliata.
Mai accodarsi alla fine di un ciclo.
Verrà presto dimenticato.
>>Da: micia
Messaggio 8 della discussione
L'unica cosa che si può dire in suo favore è che l'abbandono formale dell'Islam è comunque un passo che richiede un certo coraggio, viste le dottrine correnti in ambiente musulmano riguardo agli apostati.
Per il resto, non mi piace questa sua azione.
>>Da: buonalanutella
Messaggio 9 della discussione
Secondo me fa la fine del partito di Ferrara.
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Aiuti anche alle famiglie che adottano un bebè
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Chi ha un figlio nato tra il 2009 e il 2011 potrà accedere ai prestiti: a disposizione un fondo da 75 milioni di euro Nei prossimi giorni il ministero dell’Economia stabilirà le condizioni di utilizzo. L’ipotesi: tasso agevolato al 4%
Un fondo da 75 milioni di euro, che servirà ad aiutare le famiglie con nuovi nati a ottenere un prestito. Il pacchetto anti crisi è già in vigore (è stato pubblicato ieri sulla Gazzetta ufficiale) ed è possibile svelare alcuni dettagli delle misure che erano state solo abbozzate nelle anticipazioni. Il credito è riservato ai nuclei con un figlio «nato o adottato nell’anno di riferimento». Quindi il 2009, ma anche il 2010 e il 2011. Per ogni anno ci sono 25 milioni di euro, che serviranno a costituire un «fondo di credito». Obiettivo, il «rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari».
In altre parole, le famiglie non si rivolgeranno direttamente al governo per ottenere il prestito (lo Stato non può prestare soldi), ma alle banche, che riceveranno dal fondo rotatorio, garanzie. Sarà un decreto del ministero dell’Economia a stabilire le caratteristiche del prestito, il funzionamento del fondo. Nei giorni precedenti al varo del decreto si era parlato di un prestito di 5mila euro da restituire in quattro o cinque anni, a un tasso agevolato al 4 per cento.
Per quanto riguarda le tariffe autostradali, il blocco delle tariffe varrà quattro mesi. Confermato il nuovo sistema tariffario che estende a tutte le concessionarie il legame tra gli aumenti, l’inflazione e gli investimenti.
Tra gli effetti inattesi del blocca tariffe, c’è un ritardo nella definizione del canone Rai. Ieri il ministero dello Sviluppo economico avrebbe dovuto fissare l’importo per il 2009, ma il termine slitterà di una decina di giorni. L’ex ministero delle Comunicazioni non sa se al canone, che è una tassa, si debba applicare il blocco dell’adeguamento previsto dal decreto.
Intanto continuano le polemiche. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha confermato lo sciopero generale. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha chiesto un confronto «senza pregiudizi». E gli esponenti del Pdl, Giuliano Cazzola e Benedetto Della Vedova, lanciano una provocazione: Sinistra e Cgil chiedono più risorse? «Accontentiamole» a partire dagli ammortizzatori sociali. «Sarebbe interessante osservare la loro reazione nel caso di un effettivo riequilibrio della spesa sociale nell’unico modo possibile: agire sulle pensioni attraverso un intervento immediato sull’età pensionabile».
Antonio Signorini
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Thailandia, bloccati 700 turisti italiani
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Aeroporti ancora bloccati a Bangkok: i nostri connazionali restano nel Paese. Il ministro degli Esteri Frattini valuta un’operazione per il rientro mentre le proteste anti-governative continuano
I primi, una novantina sono atterrati ieri a Fiumicino. È solo l’inizio di un rientro lento e sofferto. In Thailandia rimangono, secondo la Farnesina, quasi 700 italiani, bloccati, assieme a 100mila turisti di tutto il mondo, dalle manifestazioni dell’opposizione antigovernativa che occupa i due aeroporti della capitale. Il picchettaggio degli scali, iniziato martedì, è l’apice della battaglia ingaggiata dall’opposizione per rovesciare il primo ministro Somchai Wongsawat, accusato di essere una marionetta nelle mani del cognato Thaksin Shinawatra, l’ex premier in esilio destituito nel 2006 da un colpo di stato militare.
La gioia del ritorno riservata per ora a quei soli novanta italiani non ha evitato risentimenti e proteste. «Siamo stati abbandonati a noi stessi – racconta appena sceso dall’aereo Nicola Perilli di Roma - non siamo stati contattati dall’ambasciata, nonostante avessimo chiamato più volte e ci siamo dovuti organizzare il ritorno in Italia. Per arrivare a Chiang Mai, abbiamo viaggiato in pullman 26 ore. Molti anziani non se la sono sentita e sono ancora lì». Alla Farnesina le proteste lasciano l’amaro in bocca. «L’ambasciata sta sostenendo quelli senza più soldi, si fa in quattro per aiutare quelli in difficoltà e risponde ininterrottamente a due numeri di emergenza per fornire assistenza», raccontano i funzionari del ministero degli Esteri. La situazione di certo non è semplice. Per raggiungere Chang Mai, l’unico aeroporto capace di gestire dei voli internazionali, i viaggiatori possono utilizzare la pista di U Tapao, 15 chilometri a sud est della capitale oppure farsi 600 chilometri con una macchina a noleggio o in autobus e cercarsi un volo. La pista di U Tapao è all’interno di una vecchia base militare dell’epoca della guerra del Vietnam e per accedervi bisogna rassegnarsi ad una fila di ore davanti all’unica macchina per i controlli di sicurezza. A Chang Mai bisogna conquistarsi un posto sui voli disponibili.
A rendere più complessa la situazione contribuisce il blocco di 88 aerei delle compagne internazionali sulle piste di Bangkok. Senza quei vettori le aerolinee hanno difficoltà ad organizzare voli alternativi da Chang Mai. Chi non vuole rischiare un’odissea può usufruire di un parziale rimborso del governo thailandese che garantisce buoni per 45 euro al giorno, in alberghi convenzionati, ai turisti bloccati. Si poteva prevedere una situazione simile? I turisti affermano di esser stati colti assolutamente impreparati. La Farnesina adesso sconsiglia qualsiasi partenza e ricorda che il sito Viaggiare Sicuri avvertiva, già prima della chiusura dell’aeroporto, di restare in contatto con le agenzie di viaggio e valutare la situazione locale.
Dopo le dichiarazioni del vice primo ministro thailandese, Olarn Chaiprawat secondo cui il rimpatrio degli stranieri potrebbe richiedere “un mese”, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha ipotizzato l’avvio di un’operazione per garantire il rientro dei connazionali. L’ipotesi tiene conto probabilmente anche del rischio di un improvviso deterioramento in seguito a scontri tra polizia e militanti dell’opposizione o addirittura da un colpo di stato.
Ieri la polizia ha ordinato agli oppositori di abbandonare gli aeroporti vietando ra
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Pd, D’Alema apre il fuoco su Veltroni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sfida all'ok Corral sulla dirigenza. Fermento dopo l’annuncio del lìder Maximo: "Mi occuperò del partito". Dall’alleanza con Di Pietro alla collocazione nel Pse è tutti contro tutti. Scontro anche sul Pd del Nord
Roma - Firma, compañero... «Ehm, non puedo. Por firmar hay portado el mi secretario Piero...» (scena realmente accaduta, oggi a Madrid: anticipazione possibile per gentile concessione del Partito democratico).
Totò e Peppino a Berlino era un film, Veltroni e Fassino a Madrid una pochade. Due segretari per un partito in precoce dissolvenza, essendo quello precedente spirato tra tormenti. Come nelle storielle sui carabinieri: uno ascolta e l’altro scrive, uno parla e l’altro firma. Due poltrone inutili al Consiglio del Partito socialista europeo che si svolge oggi e domani a Madrid, alla presenza del vincente leader Zapatero e dell’intera famiglia del riformismo più antico e concreto. Sebbene in crisi, l’unico con il corso legale in Europa.
Ma in Italia no, non se puede. Uòlter tiene familia, famiglia democratica e postcomunista, e la famiglia non vuole. Rosy Bindi urla «mica siamo tutti Red!», Marini non può morire dando ragione a Trentin, Arturo Parisi vibra di sdegno: «Leader, fate un passo indietro rispetto alle appartenenze del passato!». Per questo Veltroni s’è dovuto portar dietro Piero, il segretario di scorta. Due poltrone svuotate davanti al manifesto People first! (linea di rilancio del Pse). E una fetta di panettone, quella di Uòlter, che non si sa se arriverà a mangiare per Natale al Nazareno, nell’ufficio da segretario.
Così avanza il Pd in Europa, con le frattaglie dei Ds. Così rischia di arenarsi in Italia, trovandosi ancora di fronte i fantasmi dei Ds. A cominciare dal «Max», Massimo D’Alema, che fin da principio ha tagliato la strada a Veltroni. Un duello infinito, dalla gioventù alla vecchiezza, cui manca la passione dell’odio, che pure ne aumenterebbe l’infima statura. Così Max avanza in Italia, con il suo linguaggio cult ma ormai fuori moda. Dopo aver minacciato che «si occuperà di più del partito, perché finora ho fatto poco per il Pd», dopo aver ringhiato che «serve un chiarimento prima del 19 dicembre», D’Alema ieri ha spiegato che «una mia guida non è nell’ordine delle cose, non è prevedibile, né ragionevole e tanto meno una cosa che auspico».
Allora che cosa auspica, il vecchio Max, dopo la premessa di voler esser «franco e chiaro»? Forse che lo richiamino a furor di popolo, nonostante il popolo purtroppo si dimostri ancora troppo poco sensibile. In attesa di quel trionfo, almeno che il partito non segua Di Pietro, perché «il Pd ha una forza sufficiente in sé per indirizzare la propria linea e anche un atteggiamento verso le istituzioni che ci rende diversi da Di Pietro». Noto anche l’auspicio di allargarsi verso un costituendo Centro di Casini e Rutelli («stupidaggini» le definisce Rutelli, che smentisce sempre i propri traffici illeciti, accontentandosi di difendere il traballante Veltroni). E inoltre D’Alema auspica che «si debba andare con i socialisti europei, anche se lo scopo non è di chiedere di diventare tali a tutti i membri del Pd».
In definitiva, è presumibile (ma né chiaro né franco, come aveva promesso) che D’Alema possa auspicare concretamente una sola cosa: che Uòlter tolga il disturbo al più presto o al massimo dopo le Europee, visto che non è riuscito né a capire né a promuovere le linee che pure tante vo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
E un deputato mette su Facebook l’assemblea-rissa
di Luca Telese
Roma Video live con urla, censura e battibecco. E poi diario internautico, senza filtri, con annuncio-choc di possibili dimissioni. Questa non è solo la storia dell’ennesimo caso che pone una questione democratica nel Pd, dove la forza degli apparati burocratici - ormai - tende a prevalere sempre più spesso su quella dei processi democratici. È anche il primo caso di una battaglia politica totalmente nata e cresciuta in rete, la prima crisi politica che nasce su Facebook e continua su un sito, in una dimensione di virtualità assoluta, senza che il protagonista sia mai visibile in carne e ossa.
Nulla di strano, visto che l’interessato è uno come Roberto Giachetti, deputato del Pd, ma anche uno dei politici che più ha sfruttato le potenzialità della rete. Uno che ha organizzato «i ragazzi del pulmino» del Pd quando l’attivismo ristagnava (e poi ci ha fatto un video in rete), uno che ha messo su una sorta di scuola quadri del terzo millennio (Carpe Dem) che andava anche in onda sul satellite (ma anche in diretta su internet!). Giachetti non è politicamente corretto ma è uno dei pochissimi parlamentari che ha sottoscritto per gli operai della Thyssen 500 euro (lo rivelò una clamorosa inchiesta di Gianni Pennacchi su questo giornale); ma anche l’unico che senza troppi peli sulla lingua rivelò al Corriere della sera che non avrebbe sottoscritto il contributo straordinario per la manifestazione del 25 ottobre: «Sono separato, pago gli alimenti, in ogni caso non mi sembra giusto». Infine, e qui si arriva al «caso», da 17 giorni Giachetti digiunava, per chiedere le primarie a Roma, raccontando tutto su Facebook.
Venerdì scorso la direzione romana del Pd ha nel suo ordine del giorno una dizione burocratica, Proposta di regolamento per l’elezione del Segretario del Pd di Roma. E succede il patatrac. Giachetti interviene per porre la questione delle primarie. E nel suo intervento chiede di «Reintegrare l’assemblea cittadina dei membri che mancano da tempo, con le primarie». Ma quando Riccardo Milana - il segretario romano - conclude, tralascia la sua proposta. Così Giachetti si riscrive a parlare, ma non gli danno la parola. E qui, in un clima arroventato, si giunge alla lite. Il deputato chiede la parola, che gli viene negata. Continua come un disco rotto: «Non mi puoi impedire di parlare!». E Milana: «Concludo...». Giachetti: «Non puoi impedirmi di parlare... Non puoi impedirmi di parlare!!!». L’assemblea si chiude, ma inizia il terremoto mediatico. Giachetti pubblica sabato sulla sua pagina Facebook il video con il duello, ripreso da un altro militante con il telefonino: immagine sporca, mossa, e per questo efficacissima. Poi stacca il cellulare. Sul suo sito, una pagina di diario amarissima a partire dal titolo: Una piccola satira ignobile. Tono disincantato: «Con protervia il Coordinatore cittadino ha chiuso l’Assemblea senza che io potessi svolgere il mio intervento». Quindi lo strappo: «Quanto accaduto è di gravità inaudita, tale da imporre delle scelte nette e decise». Ovvero clamorose dimissioni? Su internet sono tutti con lui, compresi dirigenti come Gianni Cuperlo che, non trovandolo altrove, gli scrivono lì. Giachetti riapparirà alle 18 al Teatro 2 di Roma, alla manifestazione dei «ribelli primaristi». Qualunque cosa dirà, dopo la guerriglia internautica, farà notizia.
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Oggi la giornata dell'Aids: si punta sulla diagnosi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Oggi è la giornata mondiale contro l'Hiv. Nel mondo sono 33 milioni le persone infette, 7.500 nuove ogni giorno. Secondo il 69% degli italiani l'Aids non fa più notizia, ma si registrano 4mila infezioni ogni anno
Milano - Oggi la giornata mondiale dell’Aids per ricordare che nel mondo sono i 33 milioni le persone infettate dal virus e che a queste, ogni giorno, si aggiungono 7.500 nuove infezioni. Il 2008 segna il ventesimo anniversario di questa ricorrenza che, anche quest’anno, intende richiamare l’attenzione su una pandemia che in realtà non è mai cessata, soprattutto in Africa e nei paesi dell’Est, e ora anche in India e in Cina, dove il virus sta dilagando. Secondo uno studio dell’Oms il test precoce e l’immediata terapia antiretrovirale per tutti i diagnosticati positivi potrebbe ridurre, in un paese con un alta prevalenza di persone con Hiv, le infezioni del 95% in dieci anni, abbassandole da 20 per mille a 1 per mille.
In Italia non c'è paura Come è stato ricordato l’altroieri nel corso del secondo incontro nazionale del Network Persone Sieropositive (NSP) che si è aperto a Torino in occasione della celebrazione della giornata mondiale dell’Aids, anche se per il 69% degli italiani l’Aids non fa più notizia, nel nostro paese si registrano 4mila nuove infezioni l’anno e ci si continua a infettare con il virus del’Hiv. "Sono 1.144 le persone sieropositive che si sono ammalate di Aids nel 2007 - ha denunciato Rosaria Iardino, presidente NPS dal 2 meeting nazionale dell’associazione - quelle cioè che durante lo scorso anno hanno manifestato i segni di malattie conseguenti all’infezione da Hiv. Ma nel 2007, come ogni anno, altre 4mila persone si sono infettate con l’Hiv mentre sono almeno 40mila le presunte infezioni non diagnosticate, quelle cioè di persone che hanno contratto il virus magari anni prima e che ne sono ancora inconsapevoli".
Ritardo della diagnosi La tendenza alla diminuzione del numero di casi di Aids conclamato nel nostro Paese appare sempre meno netta e in alcune Regioni, come il Lazio o la Toscana, si registra addirittura un nuovo incremento. La colpa, secondo gli esperti riuniti a Torino per il meeting NPS, è soprattutto del ritardo nella diagnosi: quasi la metà delle persone che scoprono di essersi infettate se ne rendono conto quando si manifestano i segni della malattia. Che, invece, potrebbe essere tenuta lontana dai farmaci disponibili e che in molti casi possono controllare l’infezione in modo che non dia segni clinici evidenti. Se, invece, si arriva alla diagnosi di Aids conclamato, il rischio che le terapie falliscano è molto più elevato. E, purtroppo, di Aids si muore ancora: 190 persone sono morte nel corso del 2007 per le conseguenze dell’infezione da Hiv e quasi la metà (87) sono i deceduti che avevano avuto una diagnosi di Aids nel corso dell’anno. Sale così a 35.358 il triste conteggio dei morti per Aids nel nostro Paese dall’inizio dell’epidemia.
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"Noi, figli di Provenzano, assolviamo il papà"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Lo sfogo: "Spiati per 14 anni, abbiamo vissuto come al Grande Fratello nel più lungo reality della storia". Poi si dicono infelici e perseguitati: "che c'entriamo noi con le sue colpe? Ci hanno tolto il lavoro e le borse di studio. Siamo forse persone di serie B?"
Roma - Uno davanti l’altro. In silenzio. Nello studio dell’avvocato Rosalba Di Gregorio, difensore del Padrino insieme al legale Franco Marasà, ecco Angelo e Francesco Paolo, figli del capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano. Il primo ha 33 anni, diplomato, fa il rappresentante di liquori dopo che lo Stato gli ha confiscato la lavanderia di famiglia a Corleone. Il secondo di anni ne ha 26 anni, ad oggi disoccupato, noto alle cronache per aver vinto una borsa di studio come «lettore» in un liceo tedesco, a cui ha dovuto rinunciare per le polemiche sollevate sull’opportunità che un Provenzano, seppur incensurato, potesse rappresentare l’Italia all’estero.
Perché questa decisione di rompere il riserbo e parlare?
«Abbiamo accettato di rilasciare questa intervista anche per una sorta di crisi d’identità nei confronti di questo Stato che sosteneva che con l’arresto di nostro padre, il Male Assoluto, l’uomo che ha bloccato la crescita di un intero Paese, Cosa Nostra sarebbe stata finalmente e definitivamente sconfitta. Dopo il suo arresto, invece, le cose continuano ad essere come prima. La mafia c’è ancora, e noi, suoi figli, continuiamo a essere oggetto di gossip e mascalzonate anche sui giornali con rivelazioni sulla nostra vita privata che niente c’entrano col diritto di cronaca. Noi chiediamo solo...»
Cosa?
«... di essere lasciati in pace. Perché si accaniscono su di noi? Che c’entriamo? Ci viene il dubbio che papà, pur con le responsabilità che i tribunali hanno ritenuto di riconoscergli, col tempo sia diventato una sorta di coperchio da non sollevare per lasciare dentro la pentola ben altri segreti».
Vostro padre è al corrente di questa intervista?
«Nostro padre è nostro padre, noi siamo noi. Non ne sa nulla. L’abbiamo incontrato l’altro ieri nel carcere di Novara e abbiamo parlato d’altro. La decisione è stata presa per una serie di motivi».
Il principale?
«Lo accennavo all’inizio. Noi figli di Bernardo Provenzano vogliamo vivere la nostra vita. Capiamo il lavoro dei media, possiamo anche capire, ma non giustificare, l’attenzione morbosa nei nostri confronti fino a quando mio padre era latitante. Ma ora che è stato arrestato, anche noi abbiamo diritto a vivere come un qualsiasi cittadino. C’è una sfera intima che va rispettata. Se in un certo senso può non valere per personaggi dello spettacolo che hanno deciso di vivere sotto i riflettori, per chi è diventato personaggio suo malgrado e senza alcun merito, come noi, il rispetto dev’essere assoluto».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Chi sono Angelo e Francesco Provenzano?
«Semplicemente i figli di nostro padre. Noi esistiamo perché lui esiste, è lui che ci ha messo al mondo».
Il pm Ilda Boccassini chiese alla figlia di Totò Riina di dissociarsi dal padre...
«Se qualcuno dovesse chiederci di rinnegare papà, risponderemo di no. Ma come si fa solo a pensare una cose del genere? Bernardo Provenzano è nostro padre, e allora? Basta questo per essere considerati figli di serie B? E pensare che in tanti, di diverse strutture, ci chiesero una collaborazione, pure remunerata, per “tradire” papà».
State dicendo che questo Stato fa ricadere su di voi colpe che non vi appartengono?
«Solo per essere figli di Bernardo Provenzano per molto tempo non abbiamo avuto diritto a un lavoro. Faccio un esempio: ci hanno sequestrato la lavanderia, attraverso la quale noi vivevamo, quand’è provato che non era stata acquistata col frutto dei soldi della mafia. E noi ci siamo ritrovati senza lavoro dalla mattina alla sera. Papà ha fatto la sua vita, noi abbiamo fatto la nostra. Due cose diverse. Dopo quel sequestro io e mio fratello siamo stati costretti a inventarci un lavoro autonomo. A fatica, travagliamo (lavoriamo, ndr). Io (Angelo, ndr) vendo vino, io invece (Francesco, ndr) fino a poco tempo fa ero impiegato in un’azienda. Rappresentanti. Campiano del nostro stipendio, il tesoro di Provenzano non sappiamo cosa sia. Se esiste, non sappiamo dov’è».
Indubbiamente il vostro è un cognome pesante...
«Nessuno lo discute. Proprio per questo nel lavoro, come nella vita, cerchiamo sempre di farci conoscere per il nome e non per il cognome che portiamo».
Ha qualcosa da rimproverare a suo padre?
«Gli riconosco alcune attenuanti. No. Non ho da rimproverargli nulla».
Cos’è la mafia, per i figli di colui che è all’ergastolo quale capo della stessa mafia, accusato di stragi d’innocenti e di giudici oltreché di mafiosi?
(è Angelo a prendere la parola): «Cos’è la mafia? Bella domanda... Sono ancora oggi alla ricerca di una risposta definitiva. Di primo acchito mi verrebbe da dire che è un atteggiamento mentale. La mafia viene dopo la “mafiosità” che non è comportamento solo ed esclusivamente siciliano. La mafiosità si manifesta a cominciare dalla raccomandazione per arrivare prima a fare una lastra o ad avere un certificato in Comune. Ancora mi chiedo dov’è il limite, tra mafia e mafiosità. Tra l’organizzazione criminale, per come la intende il codice penale, e l’atteggiamento mentale, per come la intendono i siciliani. È il vecchio discorso dell’uovo e della gallina. Secondo me la mafia è un magma fluido che non ha contorni definiti. Per il codice la mafia è un’associazione per delinquere, e su questo non discuto e non entro nel merito. Ma non si può ridurre tutto a persone che sparano. Piuttosto, a proposito di mafia, mi chiedo quale ruolo ha ricoperto lo Stato. Che ruolo ha avuto in avvenimenti inquietanti come la strage di Ustica o Bologna, o per restare in Sicilia con la morte del bandito Giuliano. Per sapere una versione diversa da quella letta sui libri di scuola su Giuliano abbiamo dovuto aspettare 50 anni, per conoscere quella su mio padre quanto tempo ci vorrà?».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Gli uomini dell’antimafia ne hanno date parecchie negli anni.
«Ci mettono a disagio certe affermazioni. E poi siamo sicuri che alcuni di loro fanno davvero antimafia?».
Come hanno vissuto e come vivono i figli del riconosciuto capo della mafia mondiale?
(È Angelo a prendere la parola): «Dei miei primi sedici anni, vissuti in clandestinità, non voglio parlare perché ci tengo a preservare l’unico periodo realmente mio. Quando nel ’92 rientrammo a Corleone iniziammo a confrontarci con la società. Non ho potuto scegliermi la vita, la mia è stata una latitanza forzata, nato e cresciuto in cattività».
E dal 1992 ad oggi com’è andata?
«Io, mio fratello, mia madre, siamo le persone più controllate del mondo. Ci hanno controllato ininterrottamente, in ogni luogo, con microspie e telecamere, per quattordici anni. Abbiamo vissuto come se fossimo dei concorrenti del Grande Fratello, sapevano tutto di noi. Se vogliamo sdrammatizzare, diciamo che siamo stati i protagonisti del più lungo reality della storia. Siamo rimasti perché Corleone è Corleone, con i difetti e i pregi dei piccoli paesi. Se dovesse capitare l’occasione, potremmo anche andare via».
Avete mai parlato di cose di mafia con vostro padre?
«Mai».
E a vostra madre avete chiesto notizie su di Lui?
«Diciamo che in linea di massima ci siamo tenute le nostre curiosità. Però diremmo una bugia se affermassimo che non abbiamo mai fatto “indagini” su nostro padre».
La tragica morte di Falcone e Borsellino che i pentiti fanno risalire anche a vostro padre, per voi cosa rappresenta?
(silenzio). «Crediamo che i giudici Falcone e Borsellino siano da considerare vittime sacrificali delle istituzioni immolati sull’altare della ragion di Stato».
Il giorno che hanno arrestato vostro padre cosa avete provato?
«Preferiamo non parlarne, sono emozioni fortissime».
Dalle ultime rivelazioni di Ciancimino jr e da alcuni indiscrezioni a palazzo di giustizia sulla presunta trattativa con lo Stato, si torna a parlare di Provenzano quale traditore di Totò Riina...
«Noi possiamo rispondere delle nostre scelte, non di quelle di papà che non sappiamo quali siano perché mai ne abbiamo parlato. Ma a una domanda così posta ci viene da sorridere poiché se fosse come dice lei, non si spiegherebbe perché poi lo Stato lo arresta e lo rinchiude in regime di 41 bis».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Avete mai avuto paura? Ne avete ora?
«Non abbiamo paura. Non sono fatti che riguardano noi figli».
A proposito di figli. Giovanni Riina, figlio di Totò, sembra aver seguito le orme del padre. Voi no...
«Non ci sono mai piaciuti i paragoni. Io (Angelo, ndr) con Giovanni ci sono andato a scuola».
Che idea avete dei pentiti?
«Ogni frase può prestarsi a strumentalizzazioni. Diciamo allora, che se a parlare è Angelo o Francesco Provenzano, non apriamo bocca. Se a parlare è Angelo o Francesco, cittadini italiani, diciamo che i pentiti rappresentano una delle più grandi sconfitte dello Stato».
Pensate di riabbracciare, un giorno, vostro padre fuori dal carcere?
«E chi lo sa...»
Momenti di felicità ne avete mai avuti?
«La felicità è un’utopia. È quell’intervallo di tempo in cui non si è infelici».
La fiction su vostro padre vi è piaciuta?
«Non l’abbiamo vista tutta. Non ho visto nemmeno Gomorra o Il Divo, se può interessarvi».
Libri di mafia e sui capimafia ne avete letti?
«Preferiamo dedicarci ad altro. La mafia è argomento che, vuoi o non vuoi, conosciamo abbastanza bene».
Gian Marco Chiocci
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L’infermiera killer in cella da 4 anni ha preso lo stipendio fino a ieri
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
I paradossi della giustizia: Sonya Caleffi, la crocerossina che confessò di aver ucciso cinque pazienti a Lecco, è stata "regolarmente" pagata ogni mese. L’ospedale: abbiamo solo rispettato la legge
LeccoNessuno si era mai chiesto che rapporto di lavoro ci fosse ancora tra l’infermiera killer e l’ospedale di Lecco, suo ultimo posto di lavoro. Sonya Caleffi era stata arrestata nel dicembre del 2004 dopo un’indagine che era stata fatta scattare proprio dalla direzione del «Manzoni». Troppe morti sospette, nei reparti dove prestava servizio l’infermiera di Tavernerio, che all’epoca aveva 34 anni. Da qui prima l’allontanamento dai pazienti, poi le manette e il trasferimento in carcere.
Fine della carriera per l’infermiera professionale che aveva problemi con il cibo e con la morte, e che iniettava aria nelle vene dei pazienti solo per fare vedere come fosse brava ad affrontare le emergenze. Prima scatenava la crisi e poi, prontamente, lanciava l’allarme. A volte, però, succedeva troppo tardi. Ecco, tutti davano per scontato che il rapporto di lavoro tra la dipendente e l’ospedale fosse cessato in quel momento, con la confessione, o poco dopo. In realtà la Caleffi aveva smesso di andare a lavorare, ma lo stipendio le arrivava lo stesso.
Solo ora, a un mese dalla condanna in Cassazione a 20 anni per l’omicidio di cinque pazienti (più due tentati omicidi), si scopre cos’è successo nell’ufficio del personale ospedaliero dal giorno dell’arresto. La Caleffi era una dipendente pubblica, a tempo indeterminato. E la legge prevede che finché la condanna non arriva in terzo grado, l’azienda sanitaria debba erogare comunque lo stipendio.
Tutto regolare, quindi. La Caleffi ha avuto la sua busta paga fino a venerdì scorso, 28 novembre. Visto che era sottoposta a provvedimento disciplinare, prendeva la metà rispetto al guadagno prima dell’arresto. Però è rimasta per quattro anni alle dipendenze del Manzoni, anche se di fatto passava le sue giornate in cella. Seicento euro al mese, circa, più di 7mila euro netti all’anno per quattro anni. Mentre veniva condannata in primo grado a vent’anni, i pagamenti arrivano puntuali e regolari. Anche quando la sentenza è stata confermata in appello, e fino al responso della Cassazione.
Solo ora che la sua condanna è arrivata al terzo grado di giudizio, l’ospedale ha potuto aprire la pratica. E un mese dopo la sentenza, l’azienda ospedaliera ha annunciato «il licenziamento senza preavviso della signora Sonya Caleffi, dipendente dell’azienda». Un provvedimento previsto dal regolamento aziendale e dal contratto nazionale del comparto sanità. Per reati commessi in servizio, bisogna aspettare che la condanna passi in giudicato. A quel punto il licenziamento è un atto dovuto.
Paradossi della legge italiana. Prima del terzo grado l’ospedale non aveva scelta: «Avremmo fatto volentieri a meno di pagarla - spiega Anna Cazzaniga, responsabile del servizio infermieristico del Manzoni -. Purtroppo l’azienda era obbligata a farlo, visto che si trattava di una infermiera assunta a tempo indeterminato».
Anna Savini
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A Pavia le elementari pagano tremila euro per insegnare lo shiatsu
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
A Brescia corsi di dama, a Milano s’impara a suonare i bonghi. Ecco gli incarichi didattici più assurdiDI TUTTO DI PIÙ Dai corsi di frisbee ai master in breakdance Ma c’è anche chi organizza degustazioni enologiche e culinarie
Gran bella cosa l’«autonomia scolastica». Che meraviglia l’«autonomia didattica». Soprattutto se tanta libertà venisse utilizzata per «elevare il profilo qualitativo della pubblica istruzione». Questo prevedeva infatti il legislatore quando, alla fine degli anni ’90, pose le basi per un «insegnamento più moderno e al passo con i tempi».
Il decreto nº 275 dell’8 marzo 1999 parlava di «consulenti» in grado di proporre nuove discipline «utili» alla crescita degli studenti; eccole le parole chiave: «consulenti» e «utili», le stesse due parole su cui oggi - a dieci anni dall’emanazione di quel decreto - si è definitivamente arenata la nostra scuola. I «consulenti» si sono infatti moltiplicati in maniera inversamente proporzionale all’«utilità» delle loro offerte extracurriculari. Prendete nota di quest’ultimo aggettivo, perché è proprio un certo lessico burocratese che illumina il grande luna park degli sprechi.
Non si tratta di briciole, ma di 58 milioni di euro. La somma (relativa al 2006) l’ha messa online il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, nell’ambito dell’operazione trasparenza dello scorso giugno. Si è scoperto così che esattamente 58.314.498 euro sono stati spesi per insegnare le cose più incredibili. Chi ci ha guadagnato? Sicuramente i 36.066 consulenti che in un anno sono entrati in classe per svelare, ad esempio, i segreti della «pesca alla trota», dei «massaggi giapponesi» e della «capoeira brasiliana». Ma se attività ittica, pratiche orientali e balli carioca lasciano seri dubbi su possibili sbocchi occupazionali, non si può dire lo stesso riguardo al corso di «melodie natalizie» (3.600 euro): a Napoli gli studenti che hanno seguito il «master » hanno infatti scommesso su un futuro da zampognari.
Mentre una scuola su due cade a pezzi e c’è chi muore colpito dal crollo del soffitto della propria aula, spuntano consulenti che vanno in cattedra per indottrinare il prossimo sull’«antica arte di guardare le nuvole» o per «tradurre l’Iliade in veneziano». Non sono boutade, ma corsi veri, pagati con soldi veri: quelli che il ministro Gelmini vorrebbe tagliare per destinarli a obiettivi un po’ più seri del corso di «shiatsu» pagato 2.800 euro da un’elementare nel Pavese.
Su questo punto è d’accordo il segretario dello Snals, Marco Paolo Nigi: «È vero, a volte nelle scuole si organizzano cose che non stanno né in cielo né in terra, ma non si può fare di tutta un’erba un fascio. La scuola è fatta anche di eccellenze che andrebbero premiate». Il ministro Gelmini vuole puntare sulla meritocrazia, ma purtroppo nelle scuole ad essere di moda è la «didattica tutti-frutti».
«Molti professori hanno perso di vista le priorità: è necessario tornare a studiare seriamente», sottolinea Giorgio Rembaudo, presidente dell’Associazione presidi. Ma cosa c’entra lo studio «serio» con i corsi di «brakdance» (831 euro) nel Lazio, di «ginnastica funky» (670 euro) a Finale Emilia, di «frisbee» (297 euro) in Toscana, di «tiro con l’arco» (1.309 euro) in Sardegna, di «degustazione enologica» (1.363 euro) ad Avellino, di «scrittura egizia» (688 euro) in Friuli? E poi, da Nord a Sud, corsi di «cesteria» (308 euro), «progettazione di accessori
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
I prof pagati nel week-end per imparare lo snowboard
PREZZO POLITICO A soli 160 euro skipass, lezioni e hotel per un week end. Senza dover neanche prendere ferie
Lo ha raccontato il Corriere della Sera, che ha evidenziato che il corso di «aggiornamento professionale» si svolgerà a Santa Caterina Valfurva. Un week-end lungo, si parte venerdì e si torna domenica. Tutti i docenti delle scuole medie e degli istituti superiori di Milano che volessero approfondire tematiche come «organizzazione di gare», «valanghe» e «legislazione, regolamenti, rischi e coperture assicurative» potranno godersi tre giorni lontano dalle aule senza doversi neanche prendere giorni di ferie.
Anche il prezzo non è affatto male, per un corso di tre giorni tenuto da maestri della Federazione italiana sci: 160 euro, comprensivi di pullman, skipass e hotel. Per un normale cittadino quella cifra copre appena una giornata sulle piste, senza neanche avvicinarsi agli alberghi. Le adesioni sono numerose (e ci mancherebbe), ma chi non riuscisse a partecipare potrà rifarsi con gli altri due stage di Foppolo e Carona (Mi), tra febbraio e marzo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Arriva la recita di fine anno Il regista costa 6mila euro
Tutti l’abbiamo fatta, tutti ci siamo presentati impacciati sul palco un po’ sconnesso, abbiamo farfugliato (chi con più convinzione, chi con la voce rotta per l’emozione) le battute del personaggio per poi correre dai nostri genitori e chiedere come era andata. Solo una, sempre, la risposta: «Sei stato bravissimo!». La recita scolastica. Un ricordo intramontabile delle elementari. Ma sono finiti i tempi in cui bastava una benda nera su un occhio per impersonare un feroce pirata o una bacchetta dorata per entrare nei panni della più dolce fatina. Oggi la competizione è feroce, e per essere sicuri di non sfigurare di fronte al consiglio di istituto - nel quale siedono anche i rappresentanti dei genitori - in una elementare romana hanno pensato bene di assoldare un regista. Per dirigere la recita scolastica. Costo: 6.267 euro. Sulla dirigenza scolastica sarebbe il caso di calare il sipario.
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Così l'opposizione azzera il ruolo del Parlamento
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Era il febbraio del 1984 quando la Cgil di Luciano Lama ruppe l’intesa con la Cisl di Marini e la Uil di Benvenuto sulla riforma del cosiddetto punto unico della scala mobile approvata dal governo Craxi-Forlani. Una rottura che portò la Cgil dritta al referendum per l’abolizione di quell’accordo che pure faceva crollare quell’inflazione che era la tassa più odiosa sul potere d’acquisto degli italiani. Guglielmo Epifani ricorderà benissimo quella stagione perché faceva parte, insieme a Del Turco, della componente socialista della Cgil che tentò di opporsi disperatamente a quella scelta miope che portò l’intera sinistra, politica e sindacale, a rompersi la testa contro la saggezza del voto degli italiani.
In quell’occasione lo sciopero prima e il referendum dopo erano gli strumenti per lo scontro politico a tutto tondo che il Pci di Berlinguer stava portando contro il Psi di Craxi. Un errore strategico quello di Berlinguer, che avviò la fine della sinistra socialista e comunista ormai pressoché inesistente, nonostante il noto tentativo di alcune procure d’Italia di darle una mano agli inizi degli anni Novanta. Questa la storia che mai come in questi giorni ritornerà ossessivamente alla mente di Epifani che oggi non solo non ha alle spalle una sinistra che non c’è più, ma si trova di fronte a un decreto legge del governo che, comunque lo si voglia criticare, dà una risposta tangibile alla crisi delle famiglie e delle imprese. E se comprendiamo ancora qualcosa di politica, siamo convinti che Epifani ritirerà in tempo lo sciopero del 12 dicembre.
D’altro canto Epifani e la Cgil vengono da lontano e non possono non sapere che davanti a una manovra come questa l’unica strada possibile per chi la volesse irrobustire è chiedere, insieme a Cisl, Uil e Ugl un incontro con le commissioni parlamentari e in quella sede esporre le proprie ragioni e le proprie proposte. E sconcerta il fatto che anche il Partito democratico dimentichi la strada parlamentare, lamentandosi in maniera quasi infantile di non essere stato chiamato intorno a un tavolo prima dell’approvazione del decreto. Verrebbe voglia di dire che ormai siamo allo sbando sul terreno costituzionale e istituzionale perché anche l’opposizione, con questo lamento stucchevole, altro non fa che azzerare il ruolo del Parlamento.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
I vertici del Pd sono da almeno trent’anni in politica e in Parlamento e dovrebbero cortesemente dirci in quale occasione maggioranza e opposizione si sono confrontate fuori dalle aule di Camera e Senato. Al presidente del Consiglio, che dinanzi alla crisi drammatica che stiamo vivendo ha giustamente invitato tutti a guardare all’interesse generale, si risponde chiedendo di avere coerentemente un confronto aperto in Parlamento senza alcuna blindatura della maggioranza. È questa la politica, non altro e men che meno il lamento partitico e lo sciopero sindacale. Sappiamo già che i dirigenti del Pd risponderanno ricordandoci lo svuotamento del Parlamento, ma proprio per questo si dovrebbe rilanciare quel ruolo parlamentare insostituibile in ogni democrazia che si rispetti, come dimostra anche il caso degli Usa che pure hanno un sistema presidenziale.
Se il Pd non lo fa, e sinora non lo ha fatto, è segno che proprio nella sinistra c’è la legittimazione di quello svuotamento parlamentare che pure si denuncia. La crisi è grave e resta grave. I bonus, la social card, l’estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori, la stabilizzazione della rata del mutuo, l’Iva di cassa, la deducibilità dall’Ires del 10 per cento dell’Irap, il rilancio delle opere pubbliche sono una prima importante risposta voluta innanzitutto dal presidente del Consiglio, anche contro i dubbi del ministro dell’Economia. E lo stesso Berlusconi sa che il governo sarà chiamato a fare altro nei prossimi mesi, ed è proprio questo il terreno del confronto, sapendo che i nemici della vera politica sono due, il pregiudizio per cui va detto no, sempre no, eternamente no e la convinzione di avere nelle proprie tasche la verità rivelata. Anche Epifani lo sa, come sa che il rischio per un grande sindacato è che si consolidi l’idea di poterne fare a meno. In via definitiva.
P.C. Pomicino
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Walter e Massimo, alla fine resterà in piedi solo uno
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Poche frasi di D’Alema - «mi occuperò del partito», «avete polemizzato contro di me quando ero assente» - hanno rilanciato l’i-dea che l’eterno duello con Veltroni conoscerà nuove puntate. L’unico errore che non si deve commettere, nell’interpretare la disfida, è quello di consegnare il tutto all’antipatia reciproca. Fra Walter e Massimo da tempo non scatta la chimica. Si detestano. L’uno pensa che l’altro sia un incapace gonfiato dai media (tesi D’Alema), l’altro racconta che il suo rivale è un politico di vecchio conio (Veltroni). Fino a che sono stati insieme nei Ds le differenze sembravano sormontabili. L’uno, D’Alema, politico di lungo corso, l’altro, Veltroni, sognatore con gli artigli. In fondo sembravano riprodurre l’antico schema fra riformisti e massimalisti, ovvero fra socialisti pragmatici e anarco-socialisti. Entrati entrambi nel partito, il Pd, che avrebbe dovuto riscattarli dall’antica origine comunista, i due hanno scoperto che le differenze non erano più caratteriali, relazionali, umorali ma interamente politiche. L’uno, Walter, ingolfato nell’idea del partito unico democratico che dovrebbe salvare il Paese dal berlusconismo trionfante. L’altro, Massimo, che pensa di costruire una forza socialista mascherata in grado di competere, ma anche di dialogare, con il capo del centrodestra.
Ma che cosa ha creato la scintilla che scatenerà nel Pd la più dura battaglia? Veltroni ha lanciato il sospetto che il gruppo dalemiano sia colluso con il nemico. I dalemiani hanno un sospetto più corposo. Temono che il caso Latorre e la vicenda Villari stiano scatenando una sorta di epurazione dei dalemiani. C’è del vero nelle paure dei seguaci di Massimo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il dalemismo è una delle correnti più identitarie della sinistra. Nel nome del leader si è aggrumata una vasta area che ha lasciato il comunismo con convinzione ma con dolore, che considera la politica l’arte delle alleanze, che pensa che c’è del vero in quello che mobilita l’avversario. D’Alema oggi è la sinistra. Dopo la caduta di Bertinotti, nell’impossibilità di fare di Luxuria l’icona della sinistra, quel mondo si è avvinto a D’Alema e lì trova le ragioni della propria sopravvivenza. Il veltronismo è l’«oltrismo» più scatenato. È la politica disegnata all’incontrario sul volto dell’avversario. Ciò che piace a lui, non piace a noi. Di qui l’alleanza con Di Pietro, le simpatie giustizialiste, il movimentismo portato all’estrema potenza.
Due anime che potrebbero convivere, ma l’idea di D’Alema è che Veltroni non voglia la convivenza e lavori per la soluzione finale. D’Alema ha capito, o crede di aver capito, che il nuovo corso veltroniano vuol trasformare il dalemismo in una riserva indiana, in una specie di Bantustan dove si radunano i nostalgici di ogni risma, socialisti, ex comunisti, democristiani con senso pratico, per poterli più facilmente isolare e decimare.
L’attacco a Latorre è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’incidente di Sarajevo che trasforma la guerriglia in guerra totale. Latorre è una persona simpatica, un uomo intelligente senza il quale D’Alema non riuscirebbe a gestire un complesso reticolo di rapporti. Latorre è D’Alema. L’attacco a Latorre viene vissuto da D’Alema come un attacco diretto. E l’attacco a Latorre è stato duro, definitivo, delegittimante. Assieme all’attacco a Latorre c’è stata l’infamia di far passare l’elezione di Villari come una manovra combinata fra il centrodestra e i dalemiani. Per Massimo si è varcato il segno. D’Alema ha capito che era in gioco la propria onorabilità politica, che con l’attacco a Latorre e il caso Villari si voleva far introiettare nel mondo dell’opposizione l’idea di inaffidabilità della sua leadership. Qui si è chiuso il cerchio. Massimo ha troppa voglia di politica per farsi chiudere in un Bantustan o in una riserva indiana. Pensa che la strategia di Veltroni, dissipatore degli alleati, conflittuale oltre ogni soglia con Berlusconi, fomentatore di agitazioni scomposte, può portare la sinistra oltre ogni sconfitta immaginabile. D’Alema si è fatto due conti e ha capito che con il partito veltroniano la sinistra non andrà mai più al governo. Ma, soprattutto, ha intuito che nel partito che lui ha fondato si stanno restringendo gli spazi di agibilità democratica. Con questo Veltroni il dalemismo rischia di diventare la caricatura che ne fa Travaglio. Di qui la reazione. Vedrete! Nelle prossime settimane ci sarà un alternarsi di scontri e di finte paci, ma la guerra definitiva è cominciata. Se Walter vuole mettere D’Alema nella riserva indiana, l’altro ha capito che deve dissotterrare l’ascia di guerra. Peppino Caldarola
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Mario Giordano: PARABOLA ROSSA ALLA RISCOSSA
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Dalle tute blu alla pay tv, da Pelizza da Volpedo a Gol Parade, da Rosa Luxembourg a CartonNetwork: la sinistra in rotta ha trovato la sua nuova linea del Piave. E ha lanciato una guerra senza quartiere per difendere i beni primari delle classi umili davanti alla crisi: giù le mani dall’abbonamento Sky. Senza pane si può vivere, senza Ilaria D’Amico proprio no.
I fatti li conoscete. In Italia l’Iva è al 20%, ma per alcuni beni esistono agevolazioni. Nel ’95 si era deciso di estendere le agevolazioni anche alla Tv satellitare: da allora chi compra un abbonamento Sky paga l’Iva al 10%. Con il pacchetto anti-crisi dell’altro giorno l’Iva per le tv satellitari è stata riportata al 20%. E la prima osservazione che verrebbe è: era ora. Non si capisce infatti per quale motivo, in un momento in cui si tira la cinghia, le poche agevolazioni possibili si disperdano su beni non di prima necessità. Eppure è scoppiata la polemica. Sky ha protestato. E la sinistra ne ha approfittato per ritirare fuori la polemica sul conflitto d’interesse, dimenticando, fra l’altro che anche Mediaset viene punita da questa norma per quel che riguarda la tv a pagamento, il business su cui ha più investito negli ultimi anni. Ma, soprattutto, dimenticando che opporsi all’innalzamento dell’Iva sulle pay tv significa di fatto difendere gli interessi dei ricchi contro quelli dei deboli.
Strano destino per un partito che era nato con la falce e il martello e si appresta evidentemente a morire con ostriche e champagne. Sul caviale del tramonto, verrebbe da dire. Almeno, però, si mettano d’accordo con se stessi. Quest’estate, quando fu abrogata l’Ici per tutti gli italiani, la sinistra insorse dicendo che bisognava ridurla solo ai poveri, per non favorire i ricchi che non avevano bisogno di quell’aiuto. E adesso cosa è successo? Perché quei ricchi, che non avevano bisogno dell’aiuto sulla casa, che è un bene di prima necessità, ora ce l’hanno, invece, per l’abbonamento Sky, che al contrario è un bene tipicamente voluttuario? Sia chiaro: sono abbonato a Sky, guardo film e calcio, i miei figli sono fan di Disneychannel. Faccio parte dunque di quei 4 milioni di italiani che subiranno l’aggravio: 50 euro l’anno, poco più di 4 euro al mese. Ma penso che se una persona può spendere 500 euro l’anno per guardarsi film sdraiato in poltrona e diretta gol, può anche sopportare, vista la situazione, di sborsare un euro in più a settimana. Meno che pagare un caffè a due colleghi (e forse fa meno male).
Stupisce, piuttosto, che la sinistra si batta per me e per gli altri benestanti abbonati Sky, difendendo un regalo inutile, dopo aver snobbato bonus e social card a favore dei poveri: questo la dice lunga sul disfacimento culturale di chi ha perso contatto col suo mondo. Pensano davvero che nelle fabbriche e nelle periferie oggi il grande problema sia la pay tv? Al massimo lo è in qualche salotto chic, dove già preparano la battaglia: parabola rossa alla riscossa. Chi l’avrebbe detto che il postcomunismo si sarebbe risolto nel posticipo della serie A.
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La Svizzera dice no alla marijuana libera
>>Da: andreavisconti
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Fallito il referendum per depenalizzare la cannabis. Ma, sempre nella stessa tornata di votazioni, i cittadini dei cantoni elvetici si dicono favorevoli alla somministrazione di eroina da parte dello stato ai tossicodipendenti
Ginevra - No alla depenalizzazione della cannabis, ma un chiarissimo sì alla politica di distribuzione di eroina sotto controllo medico per i tossicomani più dipendenti. Chiamati alle urne in un referendum, gli svizzeri hanno anche detto no con il 58,6% al pensionamento anticipato flessibile senza riduzione della rendita. A sorpresa, e con appena il 51,9 % di voti a favore hanno invece accettato l’iniziativa per l’imprescrittibilità degli atti pedofili promossa dall’associazione Marche blanche.
La droga In una densa domenica di referendum senza esitazione gli svizzeri hanno confermato la politica pragmatica sulla droga promossa dal governo da oltre un decennio e basata su numerose misure di prevenzione, riduzione dei danni, repressione e terapie, programmi di prescrizione di eroina inclusi: l’apposita legge federale sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope è stata infatti approvata chiaramente con il 68% di voti favorevoli in tutti i cantoni. Bocciata invece con più del 63% di voti contrari l’iniziativa popolare per la depenalizzazione della cannabis. Il testo chiedeva di depenalizzare il consumo e la coltivazione di canapa per uso personale, per lottare contro la criminalità legata al traffico, conferendo nel contempo alla Confederazione il compito di regolarne produzione, importazione, esportazione e commercio e di proteggere i giovani. Per gli osservatori, gli svizzeri hanno dato prova di pragmatismo approvando una legge sugli stupefacenti già collaudata e respingendo quel salto nel vuoto costituito dalla depenalizzazione degli spinelli. Una scelta probabilmente figlia dell’esperienza nazionale e dei traumatici ricordi delle "scene aperte" della droga di Zurigo, così come erano chiamati i luoghi di ritrovo degli eroinomani.
La storia È nel 1992 che il governo autorizzò per la prima volta la distribuzione di eroina. Oggi in tutto il paese circa 1.300 persone sono coinvolte nel programma di prescrizione di eroina destinato a tossicomani affetti da una fortissima dipendenza (a fronte di 26mila persone in terapia). Ricerche hanno dimostrato che la terapia basata sulla prescrizione di eroina riduce nettamente la mortalità dei pazienti e consente di migliorare la loro vita sociale, dimezzando al tempo stesso la criminalità legata al consumo di droga. L’approvazione della nuova legge, contestata da un referendum promosso dalla destra populista, era necessaria per fornire una base legale all’attuale politica. Le nuove norme stabiliscono inoltre i criteri per autorizzare l’uso per scopi terapeutici di sostanze stupefacenti, cannabis inclusa. Paradossalmente, in un primo tempo governo e parlamento si apprestavano a includere anche la depenalizzazione della cannabis nella legge, essenzialmente per prendere atto della politica piuttosto tollerante praticata da numerosi cantoni in materia. Ma, complici alcuni studi sui rischi della cannabis per la salute psichica dei giovani, il vento è cambiato. E il popolo ha seguito il governo contrario alla depenalizzazione degli spinelli.
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Pirati somali Raggiunto l’accordo per riscattare la nave piena di carri armati
>>Da: andreavisconti
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È stato raggiunto con i pirati somali un accordo per il rilascio della nave ucraina «Faina», carica di decine di carri armati di fabbricazione sovietica, sequestrata due mesi fa. Sono stati gli stessi sequestratori a comunicare che le trattative sono state concluse con il pagamento di un riscatto di cui non hanno tuttavia reso noto l’ammontare. Il rilascio potrebbe avvenire nei prossimi quattro giorni.
Secondo il portavoce dei pirati, un piano per il rilascio della nave in un lasso di tempo di sei giorni - due dei quali sono già passati - è stato messo a punto per consentire ai pirati di incassare senza rischiare di venire intercettati.
I pirati avevano ridotto le loro richieste di riscatto, fissate dopo la cattura della nave a 35 milioni di dollari. Il 25 novembre avevano espresso l’accordo per un riscatto di tre milioni di dollari in cambio della nave «Faina» e dei circa venti membri dell’equipaggio. Il carico comprende 33 carri armati T-72 di fabbricazione sovietica e circa 14mila pezzi di munizioni.
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Guerra nel Caucaso vista con gli occhi dei soldati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Immagini riprese dai militari georgiani con i loro telefonini mentre avanzavano per le strade dell'Ossezia del Sud. Filmati recuperati dagli osseti quando i georgiani sono stati uccisi durante la controffensiva russa. Ora che il presidente georgiano Mikheil Saakashvili ha ammesso per la prima volta di avere fatto il primo passo nel conflitto caucasico della scorsa estate, quei video amatoriali diventano un documento eccezionale. Film che Il Tempo è riuscito a ottenere e si può vedere sul sito www.iltempo.it. L'ammissione de facto di Saakashvili è avvenuta davanti alla commissione parlamentare georgiana che indaga sulla guerra russo-georgiana di agosto. I filmati raccontano come l'esercito di Tbilisi avesse istruttori americani. Nelle riprese fatte con il telefonino si vedono militari di colore, di tutta evidenza statunitensi, che ballano con soldati georgiani il giorno prima dell'attacco, il 6 agosto. GUARDA IL VIDEO
Poi ecco i tank di Tbilisi che entrano a Tskhinvali la mattina dell'8 agosto. Un mitragliere spara e riprende, urlando di gioia ogni volta che colpisce una casa o un auto. GUARDA IL VIDEO
I filmati sono stati portati in Italia da due reporter osseti Inal Pliev e Maria Kotaeva. I due gionalisti hanno visitato alcune capitali europee per raccontare l'altra faccia della guerra d'agosto tra Georgia e Ossezia del Sud. «Temiamo che Tbilisi torni ad attaccarci - hanno detto - non ci fidiamo degli osservatori Osce nè di quelli Ue». Prima dell'attacco, racconta Inal Pliev, «abbiamo notato i movimenti e abbiamo inviato dispacci allarmati a Tbilisi e all'ufficio Osce in Georgia, che però non ha riferito alla sede centrale. Come possiamo ora fidarci?».
Ora la situazione è relativamente tranquilla ma la loro paura, però, è che non sia affatto finita, che la Georgia voglia rilanciare sul piano militare. «Il ministro degli Interni georgiano ha dichiarato che la guerra non è finita», ha spiegato Inal. E rincara la dose la reporter Maria Kotaeva: «Hanno mandato piloti ad addestrarsi negli Usa, temiamo un'azione aerea».
E oggi prenderà il via la missione della commissione d'inchiesta internazionale Ue sulla guerra in Georgia. La guida della commissione sarà affidata alla diplomatica svizzera Heidi Tagliavini scelta perché rappresentante di un Paese neutrale e per l'esperienza raccolta in Georgia dal 2002 al 2006, quando era a capo della missione di osservatori Onu nella provincia separatista dell'Abkhazia.Maurizio Piccirilli
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Napoli, ora la sinistra trema per lo tsunami che sta arrivando
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il suicidio di Giorgio Nugnes è stato un colpo di maglio che ha scosso nella fondamenta la già traballante giunta comunale di Napoli. E quella morte, in parte avvolta nel mistero, sembra preannunciare future tempeste sulla politica partenopea.
La politica del resto appare sempre più all'origine del disperato gesto dell'ex assessore alla Protezione civile (ex Ppi, Margherita e ora Pd). La politica che per prima lo aveva portato in alto, poi lo aveva trascinato nelle paludi di due inchieste giudiziarie, infine gli aveva chiuso tutte le sue porte. È questo il quadro che si delinea mano a mano che procedono le indagini del pm Monica Campese e dei carabinieri, che ipotizzano il reato di istigazione al suicidio. Lo sa bene il sindaco Rosa Russo Iervolino, che ieri ha dimostrato di avere i nervi a fior di pelle quando ha accusato la stampa di «sciacallaggio» e la Procura di aver trasformato il segreto istruttorio «in un segreto di Pulcinella».
Si riferiva all'inchiesta sui disordini di Pianura, contro l'apertura della discarica, che era costata a Nugnes un brevissimo periodo agli arresti domiciliari e le dimissioni da assessore.
Ma si riferiva soprattutto ad un'altra inchiesta di cui hanno parlato i giornali, dai contorni ancora sfumati, che punta dritto ai vertici di Palazzo San Giacomo e promette sviluppi eclatanti. Si tratta delle indagini avviate sulla gestione dell'immenso patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, un affare colossale che ha avuto una storia complessa e controversa. Giorgio Nugnes era spaventato: sapeva di essere nel mirino della Procura e sapeva di essere intercettato. Anche se le indagini sul patrimonio sono ancora coperte da segreto, il suo coinvolgimento trapelava dagli atti dell'inchiesta sui rifiuti. Così come trapelava che da molti mesi prima degli scontri di Pianura il telefono dell'assessore era sotto controllo. Nugnes, hanno rivelato parenti ed amici agli inquirenti, era terrorizzato che le sue conversazioni intercettate, una volta «esplosa» l'inchiesta, sarebbero potute finire sui giornali, rovinando per sempre la sua immagine pubblica e anche la sua vita privata.
Ma Nugnes non era il solo ad essere preoccupato. Anche il potente assessore al Bilancio, Enrico Cardillo (ex uil, area Ds e oggi Pd), ha fondati motivi di ritenere probabile un proprio coinvolgimento nelle indagini sulle patrimonio del Comune. Forse non è un caso se proprio venerdì scorso, il giorno prima del suicidio di Nugnes, Cardillo abbia convocato la stampa per annunciare improvvisamente le proprie dimissioni, aggiungendo inequivocabilmente che non si ritirava solo dalla Giunta ma abbandonava per sempre la vita politica. E forse non a caso lo stesso giorno la Iervolino ha annunciato che a gennaio non si limiterà a sostituire Cardillo, ma provvederà ad un più ampio rimpasto di Giunta.
Molti si aspettano che in quell'occasione lasci l'incarico anche un altro tecnico prestato alla politica: Felice Laudadio (ex Sdi, oggi Pd di area Ds), uno dei più importanti avvocati amministrativisti della Campania, oggi assessore con delega proprio all'Edilizia, il settore su cui la Procura ha puntato la sua lente d'ingrandimento.
Ma cosa fece Giorgio Nugnes lo scorso venerdì, il giorno prima di uccidersi? Gli investigatori che stanno cercando di ricostruire le ultime ore di vita dell'ex assessore hanno appurato che quella mattina Nugnes andò in Comune e vi restò un paio di ore, visitando vari uffici. Si affacciò nel
>>Da: perla
Messaggio 2 della discussione
Napoli: funerali ex assessore Nugnes suicidio con funerale.
Qualche cosa non funziona nella Chiesa, una volta non si facevano i funerali ecclesiastici a un suicida.
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Week end di sangue sulle strade
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Ancora un fine settimana di sangue sulle nostre strade. Ancora killer-ubriachi al volante. Una donna è morta e cinque persone - tra le quali un bambino di cinque anni - sono rimaste ferite in un violento tamponamento che è avvenuto l'altra notte alla periferia di Molfetta, provocato da un uomo in stato di ebbrezza alla guida di un «Mercedes Vito».
L'uomo - Domenico Pellegrini, di 36 anni, nato a Ruvo di Puglia e residente a Bisceglie - è stato arrestato dai carabinieri. Nell'incidente ha riportato contusioni guaribili in cinque giorni.
La donna morta si chiamava Vittoria De Candia, aveva 52 anni. Secondo la ricostruzione fatta dai militari, era con altri tre adulti e il bambino su una Fiat Punto che è stata tamponato con violenza dal furgone: la vettura si è ribaltata dopo varie carambole ed è finita su un muro che costeggiava la strada. Il bambino guarirà in 30 giorni ed è ricoverato a Molfetta. Stessa prognosi per il fratello della vittima, un uomo di 46 anni, e per una donna di 30 anni. È ricoverato ad Andria con 20 giorni di prognosi l'altro passeggero dell'auto.
È di un altro morto e sei feriti, invece il bilancio dell'incidente stradale avvenuto, sempre in Puglia poco dopo l'una di sabato notte sulla strada provinciale 357 Lecce-Trepuzzi. Un'Alfa Romeo 146 è uscita fuoristrada finendo prima contro un muretto e poi contro il tronco di un albero d'ulivo. La vittima è il passeggero, Antonio Intrepido, 35 anni, di origine salernitana ma residente a Trepuzzi. In prognosi riservata ci sono un bambino di nove anni, figlio della vittima, e il fratello di quest'ultimo e autista, Aniello Intrepido, 33 anni. Gli altri feriti sono le mogli dei fratelli Intrepido e altri due bambini, un maschietto e una femminuccia di 5 e 3 anni.
Infine sono giudicate stazionarie le condizioni dei tre feriti ricoverati da venerdì sera all'ospedale di Portogruaro (Venezia) dopo l'incidente tra un pullman di linea dell'Atvo e un'auto a Sindacale, tra Concordia Saggitaria e Portogruaro, nel veneziano. Nello scontro sono morte quattro persone: il conducente del pullman dell'Azienda trasporti Veneto orientale, Mario Vaccari, il figlio Massimiliano, e i coniugi Luigino e Marialuisa Venturini, tutti di Concordia Sagittaria. I coniugi erano a bordo di una Fiat Punto.
I carabinieri di Portogruaro stanno esaminando le diverse testimonianze e gli accertamenti compiuti sul luogo dell'impatto per ricostruire esattamente la dinamica dell'incidente. Non è escluso che Vaccari possa essere stato colto da un malore.
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Carlo Pelanda: Sul governo il peso del debito
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
In teoria Tremonti poteva e doveva fare molto di più. Ma non è questo l'oggetto rilevante. Se Tremonti avesse potuto ridurre di più le tasse a famiglie ed imprese lo avrebbe fatto. Certamente non gli sfugge il rischio di essere imputato di reazione insufficiente alla crisi recessiva.
Per questo mi sembra più importante capire quale percezione di pericolo maggiore ne abbia limitato l'azione. Il problema è segnalato dal differenziale di prezzo tra i titoli di debito italiani e tedeschi, pur nella stessa moneta. Il mercato vuole un premio per acquistare i primi perché li valuta con rischio crescente di insolvenza prospettica. Il governo italiano, pertanto, ha la priorità di dimostrare la determinazione a ripagare, non aumentandolo, il debito complessivo. Serve, a breve, a ridurre il costo del nuovo indebitamento. In prospettiva, a evitare scommesse del mercato sull'insolvenza del debito italiano, cioè la vendita allo scoperto dei Bot. Se accadesse dovremmo abbandonare l'euro e tornare a una moneta nazionale, svalutata. Ma l'euro non resisterebbe all'uscita di una economia di grandi dimensioni come quella italiana e potrebbe saltare. Secondo me questo è il rischio prevalente che fa correre al governo altri rischi di consenso e di impoverimento dell'Italia. In articoli precedenti ho scritto che bisognerebbe imbavagliare chi propone di sfondare il deficit. Ma anche che entro i limiti del deficit «di sicurezza» c'era ancora spazio per detassazioni e stimoli.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Perché Tremonti non li ha usati? Un'ipotesi è che, trattandosi di riallocazione di spesa già decisa a fini di detassazione, avrebbe dovuto riaprire tutta la finanziaria non certo di poter controllare le richieste dei partiti. Comprensibile. Le previsioni di bilancio fatte nel luglio del 2008, poi, non scontavano la recessione e il calo del gettito fiscale. Significa che bisognerà reperire risorse aggiuntive in ogni caso, a breve. Pertanto qualunque fosse il calcolo corretto delle disponibilità, ora queste sono sostanzialmente ridotte. In fase di recessione andrebbero certamente tagliate le tasse, ma non possiamo licenziare i dipendenti pubblici per avere spazio di bilancio. Questo non c'è e dobbiamo ammettere che il governo ha fatto il possibile.
È una pessima notizia perché conferma che con questa montagna di debito addosso l'Italia non può andare da nessuna parte. Per difendere la credibilità dello Stato e l'euro dovremo accettare il rischio di impoverimento degli italiani. Sembra fuori luogo e solo pubblicitaria la critica dell'opposizione, tristemente ridicola la minaccia di sciopero da parte della Cgil. Ma va notato che una gran parte dell'opposizione stessa si rende conto dell'enormità del problema e tiene le polemiche solo al livello nominale, per esempio la rimarchevole prudenza critica di Eugenio Scalfari nel suo editoriale domenicale su Repubblica. Ci sono soluzioni a un problema così enorme? Tre: (a) quella distruttiva, di mollare l'euro e ridenominare il debito nazionale sovrano in moneta svalutata (e sovranamente stampabile); (b) vendere patrimonio per ridurre il debito; (c) ottenere dalla Ue una retrogaranzia specifica sul nostro debito. La terza sarebbe sacrosanta perché abbiamo mantenuto la sovranità sul debito cedendola all'Europa sui mezzi per ripagarlo. Follia. Ma non ce lo concederanno.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Mario Monti sul Corsera ha invocato, giustamente, una Germania più coraggiosa nel fare da locomotiva europea, ma avrebbe dovuto aggiungere che il nostro principale problema europeo è quello di ottenere sostegno comunitario per gestire e ridurre il peso del debito. L'operazione patrimonio/debito è infattibile in questo tipo di crisi, ma andrebbe preparata per il futuro. Il ritorno alla lira è, al momento, inaccettabile. Resteremo bloccati in un lento impoverimento? Forse no. La riduzione dell'inflazione e dei tassi comporterà un taglio dei costi per le famiglie, nel 2009, di circa 2.000 euri annui, forse più. Equivarrà ad una detassazione di circa il 10% per i redditi medio/bassi. Le misure adottate dal governo combinate con la disinflazione potrebbero avere un effetto stimolativo e di tenuta superiore a quello che si pensa oggi. Altri costi potrebbero scendere nella dinamica di crisi permettendo di meglio contrastarla. Non siamo ancora così a terra, il governo fa quello che può e nemmeno tanto male. Ma ricordiamoci che per risolvere il problema del debito dovremo trovare una soluzione straordinaria di unità nazionale.
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Neonata trovata morta nella sua culla. La madre: piangeva, l'ho gettata a terra
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
La donna, 20 anni, nella notte ha avuto uno pesante diverbio con il coniuge
CATANZARO
Ha confessato la mamma della bambina di appena due settimane trovata morta alle prime ore della mattina di oggi nella sua culletta a Gagliano, quartiere a nord della città di Catanzaro. La donna, M.L.P, 20 anni, a seguito di una lite con il marito, R.D., 23 anni, avrebbe sferrato due coltellate al giovane consorte, colpendolo all’addome e all’orecchio.
L’uomo ferito sarebbe poi scappato di casa. La donna invece avrebbe preso la figlioletta che piangeva e l’avrebbe gettata a terra. La giovane donna, che è stata interrogata dal magistrato e dagli inquirenti, ha raccontato subito la dinamica della tragedia avvenuta nella sua abitazione. Sul posto si sono recati anche i genitori della giovane mamma che hanno dichiarato agli inquirenti che la ragazza soffriva di insonnia.
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Topi nel Parmigiano, sequestrate oltre duemila forme di formaggio
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Maxioperazione in provincia di Reggio Emilia. I formaggi erano depositati in stanze con escrementi e roditori morti
PARMA
Maxi sequestro di Parmigiano reggiano in un caseificio-latteria della provincia di Reggio Emilia. I Nas di Parma, insieme agli ispettori dell’Usl di Reggio Emilia, hanno preso in custodia 2.021 forme di formaggio, in parte già stagionate e in parte in fase di stagionatura, per un peso complessivo di circa 80 tonnellate e un valore commerciale di circa 800mila euro. Si tratta di un sequestro cautelativo imposto allo scopo di continuare gli accertamenti, da momento che ventinove di queste forme, una di parmigiano reggiano stagionato e ventotto in fase di lavorazione e stagionatura, presentavano i segni dei morsi di roditori, e sono già state inviate a distruzione.
È stato lo stesso caseificio ad attivare la procedura per lo smaltimento delle 29 forme. Nel corso dell’ispezione i militari hanno potuto verificare che i formaggi erano depositati in ambienti dove si trovavano escrementi e roditori morti. Le rimanenti forme di formaggio sono state sottoposte all’esame del personale del servizio veterinario per verificare l’applicazione delle relative prescrizioni igienico sanitarie. Il legale rappresentante del caseificio è stato indagato in stato di libertà alla procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. I Nas hanno inoltrato, al servizio veterinario dell’Usl di Reggio Emilia, la richiesta di sospensione dell’attività.
>>Da: firefox65
Messaggio 2 della discussione
Ma come? Il formaggio coi vermi si, quello coi topi no? Razzisti! Ah ah!
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Testamento biologico Ecco il sì della Chiesa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il disegno di legge porta la firma di Buttiglione
GIACOMO GALEAZZI
In Europa il testamento biologico è riconosciuto in Danimarca, Germania, Olanda, Francia, Spagna, Belgio. In Gran Bretagna esiste una consolidata giurisprudenza. Danimarca Si può chiedere di non essere tenuti in vita artificialmente. Germania Con il Patientenverfugung si esprime la propria volontà. Francia Viene garantito il rifiuto all'accanimento terapeutico, espresso anticipatamente. Olanda Le dichiarazioni di volontà possono essere scritte a partire dai 16 anni. Tra i 12 e i 16 si ammette la richiesta a condizione che i genitori siano d'accordo. Spagna Si può designare un rappresentante che deciderà con i medici. Belgio E’ consentito indicare quali cure si vogliono accettare o meno.
Il testamento biologico come punto di equilibrio tra il principio costituzionale dell’autodeterminazione e quello della difesa della vita. Il disegno di legge concepito per uscire dall’impasse del «caso Eluana» è composto da 25 articoli e verrà presentato a Montecitorio nei prossimi giorni. Si propone di compattare i cattolici di maggioranza e d’opposizione e di convincere della propria ragionevolezza le componenti laiche dei due schieramenti. Il primo firmatario è Rocco Buttiglione, vicepresidente Udc della Camera e membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che in questo modo prosegue anche sul terreno dei temi eticamente sensibili l’offensiva lanciata a Loreto dal suo partito.
Il testo, redatto in collaborazione con teologi e bioeticisti, è stato visionato nei Sacri Palazzi e valutato «non in contrasto» con il Magistero. In particolare, appare in grado di superare la finora irrisolta spaccatura tra laici e credenti sulla questione dell’alimentazione e dell’idratazione parenterali. Se la proposta verrà approvata in Parlamento, in Italia si potrà rifiutare per iscritto l’intervento chirurgico con cui viene inserita la cannula che fornisce cibo e acqua. Una volta impiantata non potrà essere più interrotto il sostegno vitale ad eccezione di infezioni in corso. Il primo articolo del ddl «tutela la vita umana fino alla morte naturale», riconosce «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della società», ma garantisce anche «la partecipazione del paziente a identificare le cure mediche per sé più appropriate» e promuove «la diffusione delle cure palliative garantendone l’accesso». In pratica, ogni cittadino sarà autorizzato a scrivere un documento con le indicazioni anticipate di trattamento.
Quando, poi, verrà ricoverato, queste dichiarazioni dovranno essere registrate dal medico al quale spetta il compito di certificare che tali indicazioni preventive non contrastano con la legge e con la sua etica professionale. Il testamento biologico non può prevedere la richiesta di eutanasia («anche attraverso condotte omissive») ed è vietata «ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio». Il documento, però, può contenere il rifiuto di cure sproporzionate, troppo invasive rispetto alle prospettive di recupero e di successo della terapia. Inoltre (e questa era una delle parti più «sotto osservazione» in Vaticano, soprattutto alla Congregazione per la Dottrina della Fede e alla Cei) il disegno di legge stabilisce che se nell’attuare il trattamento contro il dolore e nell’accompagnare al «fine vita» il paziente, il medico provoca o accelera il decesso non commette omicidio ma ha fatto il suo dovere.
Si potrà rifiutar
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Sicurezza: nel 2008 meno reati e più contrasto alla criminalità
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Calano i reati (-10 per cento) e contestualmente sale il numero degli arresti (+10,7 per cento): il trend positivo del primo semestre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2007 è segnalato dal “Sole 24 ore”, che ne attribuisce il merito a diversi fattori: la firma dei “Patti per la sicurezza” in diverse città, l’esaurimento dell’effetto indulto, le misure per la sicurezza, ma anche una maggiore attività di contrasto. “Sono aumentati - scrive il quotidiano della Confindustria - i soggetti denunciati (del 3,8 per cento, raggiungendo quota 364mila) e le persone arrestate (oltre 82mila, quasi l’11 per cento in più)”. Un trend che si riscontra anche tra i minori (+9,4 per cento di denunce e +4,6 per cento di arresti). Diminuiscono sensibilmene (-23,4 per cento) borseggi e scippi, ma anche le truffe e le frodi informatiche (-21,1 per cento) e i furti d’auto (-19 per cento). In calo, anche se sotto la media, i furti negli appartamenti (-7,8 per cento). La diminuzione dei reati è distribuita uniformemente su tutto il territorio nazionale e comunque è nelle metropoli che si concentra il maggior numero di fatti criminosi, prime fra tutte Milano (146mila denunce) e Roma (122mila denunce), quindi Torino e Napoli, che si avvicinano a 70mila episodi denunciati.
In molte città la diminuzione dei reati è segnata da percentuali a due cifre: dal -21,5 per cento di Isernia e Genova, al -18 per cento di Roma, Ferrara, Treviso, Verone, al -16,5 per cento di Bologna, Firenze, Catanzaro, Arezzo, Vercelli, al -13,7 per cento di Vibo Valentia e Asti o Gorizia, e via via fino al -10 per cento di città come Milano, Novara, Cosenza, Verbano. Solo sei le province che registrano un incremento dei reati, anche se lieve: Trieste (+3,2 per cento), Palermo (+1,4 per cento), Brindisi (+2,7 per cento), Reggio Calabria (+2,1 per cento), Messina (+2,1 per cento) e Cagliari (+0,7 per cento). Nella classifica del “Sole”, bisogna guardare in coda per capire quali sono le città più “sicure”, quelle in cui l’incidenza dei reati è minore. E qui si trovano molte province del Sud: è Matera la meno esposta a fatti delittuosi, seguita, nonostante il trend in crescita, da Enna, e poi Potenza, Oristano, Benevento, Campobasso, Nuoro. Solo Belluno e Treviso, tra le città del Nord si inseriscono nel gruppetto delle dieci città meno colpite dai reati.
Il “Sole” stila anche alcune classifiche distinguendo per tipi di reato: per borseggi e scippi le meno sicure sono Bologna, Milano e Genova, mentre si può stare tranquilli a Oristano, Crotone e Nuoro, e in generale al Sud. Le abitazioni più colpite dai furti si trovano a Trapani, Pavia, Asti, mentre ancora una volta sono città centro-meridionali a guidare la classifica delle più virtuose: Potenza, Macerata, Crotone. Napoli è la città più insicura per quanto riguarda Le truffe e le frodi on-line e le rapine. Per quanto riguarda i reati informatici, a rischio anche Bologna e Biella, mentre Oristano, Treviso e Matera si confermano tra le meno colpite. Il rischio di rapine è alto anche a Catania, Caserta e Palermo, mentre le città più tranquille da questo punto di vista sono Belluno, Campobasso e Aosta.
IL VELINO
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Francesca Martini: «Diritti ai cani: hanno un'anima»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il sottosegretario leghista: mutua e cimiteri. «Non è giusto che solo i ricchi possano permettersi un cane»
Un tempo, anche delle donne si diceva non avessero un'anima. Ebbene, un giorno apparirà evidente che non solo uomini e donne, ma anche i nostri amici animali hanno un'anima. Nell'attesa, faremo in modo che i cani possano essere seppelliti in un luogo pubblico». Già ora, grazie a Francesca Martini — veronese, leghista della prima ora, sottosegretario alla Salute — i cani sono stati riammessi sui treni e redenti dalla «lista nera» stilata dai precedenti governi, di destra e di sinistra.
Ma non solo rottweiler e pittbull hanno trovato la loro madrina. «E il povero Birillo, il cavallo delle botticelle morto al Colosseo dopo quattro ore di agonia? E i suoi amici stramazzati per il caldo quest'estate in piazza di Spagna? I cani abbandonati, quelli destinati ai combattimenti, quelli lasciati senza cure?». Da qui l'idea per l'ennesima riforma sanitaria: la mutua per i cani poveri. «Non è giusto che solo i ricchi possano permettersi un cane. C'è una proposta bipartisan, appoggiata anche da sinistra, per dare alle persone sole e alle famiglie disagiate pacchetti sanitari gratuiti per la salute dei loro piccoli amici». L'idea base della Martini è che «non esistono cani cattivi. Esistono cani impegnativi».
Impegnativi? «Per le masse muscolari, per i principi etologicamente innati. Cani addestrati da millenni a difendere il territorio, cioè la casa, e il padrone. Le liste nere non servono, anche perché comprendono cani che non ho mai visto in vita mia, tipo il perro de presa». Perro? «Cane spagnolo da combattimento. Il punto è questo: responsabile dev'essere sempre il padrone. Quindi: patentino, come in Francia. Obbligo di guinzaglio in città. Microchip per ogni cane, compresi i vaganti, su responsabilità del sindaco: nascerà così l'anagrafe canina. Gli abbandoni diminuiranno. I canili non saranno più luoghi di tortura, come quello di Campobasso dove 520 amici hanno 20 centesimi di cibo al giorno, ma orfanotrofi dove adottare». Quando poi la Martini ha letto sul Corriere che Trenitalia non avrebbe più preso a bordo cani sopra i sei chili, si è mossa subito. «Sono andata dall'ad Moretti, in rappresentanza dei sei milioni di proprietari di cani. Mi hanno spiegato che il timore sono i parassiti, in particolare le cimici. Ma i cani non hanno le cimici! Al più, le zecche; ma saranno cinque casi in tutto. Così abbiamo raggiunto un accordo: cani ammessi nell'ultima carrozza sugli Intercity e nelle piattaforme tra i vagoni sui regionali, con la possibilità di prenotare uno scompartimento tutto per loro». Anche i colleghi ministri sono stati coinvolti: «Con la Brambilla lavoriamo a pacchetti turistici con alberghi e ristoranti ospitali con i cani. Con Frattini presenteremo un piano a tutela dei cani importati: non si ha idea di quante sofferenze si infliggano ai poveri beagles... ».
La Martini — veronese, 46 anni, parlamentare dal 2001 al 2006, poi assessore regionale alla Sanità in Veneto al posto di Tosi, di cui ha promosso la moglie a caposegreteria — ha fama di leghista chic: alta, bionda, di famiglia altoborghese, elegante al punto da essere contesa dagli stilisti alla sfilata romana per gli orfani dello tsunami (gennaio 2005: la Martini in abito scollato rosso tiziano. Quest'anno alla prima di Montecitorio arrivò con tacco 10). «A parte che sono dimagrita di dieci chili, questo falso pregiudizio dipende da voi,
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Beppe Grillo compra casa a Lugano...
>>Da: firefox65
Messaggio 6 della discussione
Il comico annuncia di aver comprato un ufficio in Svizzera per tutelarsi
"Ogni mese c'è qualche leggina, qualche decretino che riduce le libertà"
Grillo in ansia per il suo blog
"Se lo censurano riparto da Lugano"
NAPOLI - Tanti anni fa, ricordava una celebre canzone popolare, gli anarchici venivano "scacciati senza colpa" da Lugano. Ora la città del Canton Ticino potrebbe diventare meta per possibili "rifugiati politici" italiani. Come Bepep Grillo: "Sì, ho comprato un appartamento a Lugano perché se mi oscurano il blog sono pronto a ripartire il giorno stesso con Beppegrillo.ch o Beppegrillo.eu, ho già trasferito anche i master del blog".
"Sono un po' preoccupato - ha aggiunto Grillo - perché ogni mese c'è qualche leggina, qualche decretino che riduce le libertà e che viene annunciato sempre per il bene della rete...".
Raggiunto a Napoli, dove si trova in tournée, Grillo ha chiarito: "Speravo che la notizia non si diffondesse. Non vorrei che venisse interpretata come una mossa codarda o che qualcuno cominciasse a dire che ho comprato la villa in Svizzera. Non è una fuga dalle tasse, per intenderci. L'eventuale trasferimento- ha assicurato il comico - riguarderebbe solo il blog, non me".
"E' una mossa per tutelarmi - ha sottolineato - Se mi dovessero impedire di continuare scrivere quello che voglio, lo trasferirei. Mi sto attrezzando per andare avanti. Tutto qui".
Il rischio denunciato da Grillo è assolutamente inesistente secondo il capogruppo dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri che liquida le dichiarazioni del comico come pubblicità per il suo spettacolo. "Qualsiasi cosa faccia o dica - afferma l'esponente della maggioranza - non commento per non diventare un figurante al servizio di una propaganda orchestrata a tavolino. Per me, può fare quello che vuole. Di sicuro non farò la comparsa del teatrino virtuale che mette in piedi".
No, dico, rendiamoci conto...
>>Da: perla
Messaggio 2 della discussione
E' banale rendersi conto che la situazione e' sempre piu' in mano ai soliti buffoni.
Non e' per nulla necessario stabilirsi fuori paese per aprire un sito/blog piazzato su server extraeuropei, quindi non soggetti alle censure italiane o europee.
Diciamo che anche questa volta Grillo vuol far leva sul popolino tentando di alzare il solito inutile polverone; il problema e' che sempre i soliti ci crederanno anche,
che tristezza!
>>Da: barbarella
Messaggio 3 della discussione
Gasparri ha ragione, io posso aprire un blog anche .com stando qui in Italia.
>>Da: micia
Messaggio 4 della discussione
Con tutti gli stati che ci sono...sarà un caso???????????
>>Da: buonalanutella
Messaggio 5 della discussione
A Lugano c'è il lago, così non ha problemi per la barca...
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Dalla crisi economica alla crisi sociale
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Raffaele Iannuzzi
E' peggio del '29. Dati alla mano, è così. La volatilità sui mercati finanziari è enormemente cresciuta, intendendo per volatilità la variazione massima giornaliera. La crisi finanziaria sta diventando un'altra cosa: crisi sociale. In Islanda, da settimane, ogni sabato, migliaia di islandesi si ritrovano di fronte alla sede del parlamento per protestare contro la politica del governo, che ha portato alla bancarotta, e contro il Fmi, accusato di cooperare a questa distruzione. I paesi baltici, fino a ieri il regno del liberismo finanziario realizzato, sono oggi alla canna del gas, con perdite decuplicate rispetto agli enormi introiti e tassi di crescita. Non sta finendo solo un mondo, ma almeno due: quello dell'equilibrio post-Bretton Woods, durato fino al crollo del muro di Berlino, e quello post-crollo Muro di Berlino, la new economy e la cultura dell'aumento del capitale esponenziale su base di solo capitale, senza produrre beni, servizi e crescita sociale complessiva. Due mondi, perché la globalizzazione ha avuto più fasi di sviluppo e definizione. Due tempi almeno, perché, ad esempio, secondo Todd, altri fattori incorrerebbero nella strutturazione di un capitalismo globalizzato e ancora in gran parte da capire.
Dunque, questa crisi ha un significato politico gigantesco. L'Europa la sta affrontando con alcuni apici, soprattutto di marca sarkozista, molto criticati in Francia tanto a destra quanto a sinistra, mentre il silenzio della Merkel domina sovrano e stupisce anche l'Economist che, nel numero della scorsa settimana, dedica a questo tema ben due articoli. D'altra parte, se rovistiamo un po' nella memoria, ritroviamo un Bernanke che, alla fine del 2007, sostiene in Florida, una degli epicentri della new economy, che in gioco non è soltanto l'assetto finanziario ed economico, ma anche - e forse, soprattutto - la coesione sociale. Fukuyama ha dedicato uno studio importante al fattore della coesione sociale e della fiducia come collante e dinamismo positivo interno al sistema culturale, antropologico e produttivo. E', questo, un tema «caldo», non v'è dubbio, perché la partita non può essere giocata solo con gli algoritmi, anzi, proprio per aver abusato di simili strumenti astratti, i «geni» della London School of Economics si sono presi una bella reprimenda dalla Regina Elisabetta, in quanto figure tecniche incapaci di prevedere quanto stava accadendo in misura macroscopica in tutto il mondo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il tema di Tremonti, l'economia sociale di mercato, che ha costituito occasione di dibattito anche aspro, ad esempio da parte di un economista colto e preparato come Forte, è tutto politico, perché nessuno, oggi, sa cosa si debba fare per affrontare, non dico risolvere, questa crisi. L'antitesi scolastica Keynes vs Friedman è inefficace e non serve a niente, perché i liberisti di ieri non sono riusciti a costruire un sistema liberista, ma solo de-regolamentato, e i keynesiani di oggi non possono pensare ad un New Deal come panacea di tutti i mali. Il fattore-chiave è l'indebitamento progressivo, che non permette più di pensare secondo cicli virtuosi e positivi di crescita. Certo, sulla carta, ci vorrebbe uno stimolo fiscale, osserva l'Economist, per oliare la macchina americana, ma la politica è paralizzata ed ha paura.
Le società si muovono ed agiscono seguendo simboli e rituali, scopi comuni e logiche collettive; se oggi c'è la crisi, questa diventa l'unica logica e paralizza. Anche chi, questa stessa crisi, dovrebbe governare o, almeno, ricondurre a livelli sostenibili. Però, se crollano due mondi, la politica tace: inter arma silent leges. Un grave conflitto interno alle società occidentali è in atto. Sto leggendo un saggio dedicato alla «Superclass» mondiale, fatta di élites che spendono e spandono in giro per il mondo, che spostano finanziamenti miliardari (in euro e in dollari), che sono una comunità di intoccabili, ebbene questa super-casta non è composta da più di seimila personaggi: anche questa è stata ed è globalizzazione. L'economia rischia, allora, di essere ancora una volta la «triste scienza» di Carlyle, se non apre il suo sguardo alla totalità dei fattori in gioco.
Nessuno ha le ricette in mano, ripeto, ma un approccio più aperto, più «open-minded», favorirebbe un processo di riaggiustamento progressivo, che sarà comunque lungo e lento, delle società colpite dalla crisi. Il tema dell'indebitamento progressivo e del sistema del vivere a debito, come una sorta di destino umano inattaccabile, ebbene questo dato sta scomparendo, ma lascia dietro di sé un'ideologia-madre. Si tratta di capitalismo o no? Secondo me, è liberismo finanziario ideologico, il contraltare del collettivismo burocratico, qualcosa che ha lasciato a piedi la politica con un giusto senso della regolazione pubblica, in un mondo in cui l'unica regola era che non vi fossero regole. Mons. Scola ha scritto, sulle colonne del Sole24Ore, che lo Stato ed il mercato non sono feticci ideologici da adorare, ma «meccanismi di coordinamento molto complessi, in cui le gerarchie formali e informali giocano un ruolo rilevante, e in cui le relazioni di potere (sulle risorse, ma anche sulle informazioni) incidono in modo determinante sulle scelte individuali». E' un mondo di relazioni complesse, dunque, che va salvaguardato, e «la qualità della convivenza civile riflette, quindi, la qualità delle relazioni che ne formano lo spessore». Forte, criticando Tremonti, ha scritto che l'economia non tiene conto dell'etica, ma si fonda sul tornaconto personale, sui famosi «animal spirits», come sostenuto da Adam Smith, il quale, pur filosofo della simpatia, non ha voluto fondare l'economia su essa, ma sugli interessi egoistici del birraio e del macellaio.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Perfetto, sul piano astratto. Ma, mi domando: quando il mondo è indebitato e scivola verso una massa monetaria cresciuta di sei volte rispetto alla liquidità corrente delle banche e delle imprese, bene, questo paradigma funziona ancora? Cioè, l'egoismo e il tornaconto del birraio e del macellaio, così efficacemente descritto nella «Ricchezza delle nazioni», riuscirà a trovare per così dire, «sfogo», e, ancora: se il birraio e il macellaio dovessero fallire o, per giunta, avere problemi di liquidità - perché è questo, si badi, il problema: «All you need is cash», tutto ciò di cui ho bisogno è il cash, cioè i soldi liquidi, titola l'Economist già citato - e dovessero rivolgersi alle banche piene di soldi pubblici, a quel punto non di creerebbe un cortocircuito, perché le banche non sono tenute, con Basilea2, a prestare anche a chi, fino a ieri, aveva buoni affari, e allora? Che fine fanno gli «animal spirits»? E quando perfino Warren Buffett, il più «oculato» speculatore (lo dico nel senso tecnico, dunque buono), perde, perché vittima dei derivati (cfr. intervista ad Angelo Moratti, advisor del finanziere americano), che si fa? A cosa si ricorre? Che fine fa quel «capitalismo»? Sono tutte domande che dobbiamo porci, senza pensare di avere le verità pronte all'uso. Gli schemi oggi più che mai devono essere falsificati, per arrivare ad una visione lucida ed oggettiva, in grado di tener conto della totalità dei fattori in gioco, nessuno escluso.
P.S.: attenzione, però, messaggio agli appartenenti alla superclass. Dice Moratti che Buffett può comunque permettersi di investire in società che, a causa della congiuntura del mercato, appaiono sottovalutate, con alti margini di rischio, perché ciò che investe non è necessario alla sua vita quotidiana, cioè, non gioca con la filosofia dell' «indebitarsi è bello». Osserva Moratti: «Buffett si può permettere di fare questo tipo di scelta, perché fa la stessa vita che faceva agli inizi con uno stipendio di 100mila dollari l'anno, senza aver mai ricevuto un dividendo da Berkshire Hathaway (n.d.r.: la sua società d'affari) e senza aver mai ceduto azioni della società». Praticamente un «dinosauro» della vecchia guardia, dell'èra pre-indebitamento a go-gò. Ma i «dinosauri» hanno ragione. Lo dimostrano i fatti.
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Crisi economica. Qualcuno propone rimedi inutili
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Anna Bono
Da un estremo all'altro del pianeta i capi di stato e di governo affrontano la crisi finanziaria predisponendo incentivi alla produzione e piani di aiuto alle categorie sociali più danneggiate dall'emergenza internazionale. Significative eccezioni si registrano, tuttavia, proprio dove maggiore è l'urgenza di agire: in Zimbabwe, ad esempio, in crisi politica dal 29 marzo scorso, data delle elezioni generali che hanno segnato la sconfitta del presidente Robert Mugabe e del suo partito, lo Zanu-Pf.
Come è noto, Mugabe ha rifiutato di accettare la volontà dell'elettorato aprendo appunto una crisi tuttora irrisolta nonostante l'impegno formale assunto il 15 settembre per la costituzione di un governo di unità nazionale che consentirebbe la spartizione dell'apparato statale tra lo Zanu-Pf, l'Mdc-T, il maggiore partito d'opposizione guidato da Morgan Tsvangirai - risultato vincente alle elezioni di marzo - e l'Mdc-M, altro partito all'opposizione presieduto da Arthur Mutambara. Il punto critico resta l'attribuzione degli Interni, un ministero chiave poiché consente di disporre delle forze dell'ordine che in Africa, spesso, più che essere preposte all' «ordine pubblico» vengono utilizzate dai governi per controllare il dissenso interno e quindi sono un'arma troppo pericolosa per lasciarla nelle mani degli avversari.
Di per sé ostacolo alla riattivazione delle istituzioni politiche, lo stallo politico inoltre fa prevedere pessime prospettive per il paese perché dimostra come nessuno dei contendenti abbia abbastanza a cuore le sorti dei propri connazionali da cedere e, con gli altri protagonisti del conflitto, accantonare i contrasti e fare della gravissima emergenza umanitaria in atto la priorità su cui concentrare quanto prima tutte le risorse umane e finanziarie disponibili.
Anni di corruzione e di politiche economiche deliranti, culminate nel 2000 nell'esproprio ordinato da Mugabe della maggior parte delle aziende agricole che producevano per il mercato e costituivano la spina dorsale dell'economia zimbabwana, hanno mandato in rovina l'ex Rhodesia del Sud e ogni giorno che passa non fa che aggravare una situazione già da anni insostenibile. Un terzo della popolazione necessità di assistenza, la disoccupazione è intorno al 90%, l'inflazione annua si calcola in centinaia di milioni di dollari per cento.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Con la consueta arroganza, Mugabe alcuni giorni or sono ha negato il visto d'ingresso a Kofi Annan, Jimmy Carter e Graca Machel che avevano chiesto di visitare il paese in rappresentanza dell'associazione The Elders, gli anziani, fondata lo scorso anno dal marito della Machel, Nelson Mandela, per coinvolgere eminenti personalità internazionali in missioni umanitarie e di pace. Secondo Mugabe si trattava di un'inaccettabile iniziativa di parte: a provarlo era la partecipazione di Kofi Annan al quale il leader africano rinfaccia di non essersi opposto, quando era Segretario Generale delle Nazioni Unite, alle sanzioni imposte al suo governo.
La missione si è recata allora a Johannesburg, Sudafrica, dove comunque ha raccolto nuove, preoccupanti informazioni sulle condizioni del vicino paese che descrivono di una crisi economica e sociale ancora più grave di quanto si immaginasse: non solo mancano i generi alimentari di base, ma le infrastrutture sono distrutte e la situazione sanitaria è fuori controllo, come dimostra il diffondersi dell'epidemia di colera iniziata a settembre e che da allora ha fatto almeno 300 vittime.
Nel generale clima di allarme, desta anche perplessità, ma non stupisce dati i precedenti, la ricetta proposta dalla Fao, l'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura. Al termine di una conferenza straordinaria contro l'insicurezza alimentare, il 22 novembre il suo direttore Jacques Diouf ha annunciato una «road map» del costo di quasi 34 miliardi di euro: il piano include una ristrutturazione dell'organismo, da realizzarsi in tre anni, e lo svolgimento entro il prossimo anno di un ennesimo summit mondiale che dovrebbe ancora una volta riunire a Roma, sede della Fao, tutti i capi di stato e di governo dei 192 stati membri delle Nazioni Unite.
L'ultimo vertice mondiale della Fao sulla sicurezza alimentare risale al giugno scorso. Alla sua vigilia il presidente del Senegal Abdoullaye Wade aveva definito l'agenzia diretta da Diouf «un pozzo senza fondo che inghiotte soldi per operazioni che si rivelano poco efficaci sul terreno» e ne aveva suggerito la chiusura. Pochi lo avevano contraddetto. Al vertice aveva partecipato anche Robert Mugabe presentatosi come di consueto con la consorte di cui è nota la passione per la moda italiana.
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Nessun volto nuovo nel team di Obama
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Cristiano Bosco
Sebbene sia stato eletto da meno di un mese, e a dispetto del fatto che non prenderà servizio prima del prossimo 20 gennaio, quando presterà giuramento quale 44° presidente degli Stati Uniti, Barack Obama si muove già con decisione e scaltrezza nel comporre la propria squadra di governo. Mostrandosi per nulla intimorito dalle numerose sfide che lo aspettano, una su tutte la dilagante crisi finanziaria dagli esiti sempre più incerti, del tutto a proprio agio nell'apprestarsi a rivestire il ruolo di leader del mondo libero nonostante la relativa inesperienza e l'aver mai coperto posizioni di comando, il presidente eletto sta nominando con una velocità senza precedenti i membri dello staff che lo affiancherà nei prossimi quattro anni. Quasi l'intera formazione è già stata resa nota, una rapidità insolita dovuta all'eccezionalità della situazione di crisi e dalla conseguente l'esigenza di offrire agli americani l'immagine di un governo in grado di prendere decisioni importanti in tempi brevi.
Il leit motiv della lunga campagna elettorale dell'ex senatore dell'Illinois, interamente incentrata sulla novità (o sul nuovismo, per i critici), sul rinnovamento, sul ripulire la capitale e sul portare una ventata di aria fresca alla Casa Bianca, sembra ora un ricordo lontano. Se fino all'election day le parole chiave della sua corsa alla presidenza erano «cambiamento» e «speranza», oggi, a elezione avvenuta, esse sono cambiate in «compromesso» e «continuità».
L'attesa e promessa invasione di volti nuovi al 1600 di Pennsylvania Avenue, al tempo stesso auspicata dai suoi sostenitori più accesi e temuta da clintoniani e dall'establishment bipartisan, non è avvenuta. Nessuno, tra gli elementi selezionati da Barack Obama è un nome nuovo o emergente. Con un'operazione che ha fatto storcere il naso all'ala più a sinistra del Partito Democratico - che, dalle pagine degli iper-liberal Salon e The Huffington Post, già inizia a criticare quello che, fino a pochi giorni or sono, era il suo paladino - il presidente eletto si è circondato di figure politiche già ben note in quel di Washington. Oltre ai nomi più illustri, ovvero l'ex rivale Hillary Clinton, cui andrà il posto di segretario di Stato, e l'attuale segretario alla Difesa Robert Gates, membro del gabinetto del repubblicano George W. Bush, il resto della squadra è composto da politici con forti e mai nascosti legami con le lobby (è il caso di Tom Daschle, a capo della Sanità), da addetti ai lavori e «insider» dei palazzi del potere di Washington (uno su tutti, il capo dello staff Rahm Emanuel) e, non ultimi, «ripescati» dell'era Clinton - parte assai consistente del team, data la presenza, oltre della già citata ex First Lady, di Eric Holder alla Giustizia, Timothy Geithner al Tesoro e Lawrence Summers alla guida del National Economic Council.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Oltre agli aspri attacchi legati ai nomi che gestiranno l'economia (i liberal rimproverano la scelta di ex clintoniani, da essi giudicati tra i principali responsabili della crisi economica), le scelte che più hanno provocato malumori nell'ala liberal sono state quelle relative alla politica estera, tema che ha messo in risalto uno sbilanciamento del team di Obama verso l'ala destra del partito, fatto che ha sorpreso, se non addirittura sconvolto, i sostenitori più idealisti del democratico: «Il motto della campagna elettorale di Barack Obama: il cambiamento è positivo. Il motto del presidente eletto Barack Obama: quando si tratta di guerra e pace, forse è meglio la saggezza», ha scritto in questi giorni la Associated Press. Con la centrista Hillary Clinton alla guida della più potente carica dopo quella del comandante in capo, difficile prevedere un quadriennio all'insegna del pacifismo e del non interventismo (a tal proposito, indiscrezioni delle ultime ore segnalano il desiderio di Obama di inviare ulteriori venti mila truppe in Afghanistan), mentre la conferma di Robert Gates al vertice del Pentagono non fa che evidenziare una non trascurabile continuità in materia di difesa e sicurezza nazionale con la Casa Bianca del tanto vituperato George W. Bush. A completare il quadro, nel ruolo di consulente per la sicurezza nazionale, il generale James Jones, il cui riferimento politico più vicino è probabilmente John McCain, in ogni caso più appartenente all'universo clintoniano che non a quello obamiano.
Barack Obama, evidentemente turbato dalle critiche per la carenza di novità e cambiamento nelle proprie nomine a dispetto delle promesse, è già corso ai ripari, negando con forza l'accusa di voler «riciclare elementi dell'era Clinton» («Non mi meraviglio che abbia scelto stelle della panchina dei Clinton, perché è l'unica panchina che abbiamo», ha scritto l'editorialista Robert Borosage) e dichiarando che la sua formazione «combinerà esperienza e freschezza». Secondo alcuni commentatori, puntare sulla continuità e sul compromesso non fa che denotare una certa mancanza di coraggio e di spina dorsale da parte del presidente eletto. A detta di altri, circondarsi di ex rivali sarebbe al contrario la conferma del suo cinismo politico e della sua audacia. Senza ombra di dubbio, quanto mostrato nella selezione dei nomi per la composizione della squadra di governo non fa che dimostrare che, una volta alla guida del Paese e alle prese con questioni concrete, più che vuote promesse e commoventi discorsi elettorali per addomesticare le folle oceaniche, a fare la differenza è, ancora una volta, il pragmatismo. Unito, per quanto concerne la sicurezza nazionale, a un (celato) proseguimento di aspetti fondamentali della politica di George W. Bush.
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In Austria è di nuovo grande coalizione
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Daniele Martino
A circa due mesi dalle elezioni anticipate del 27 settembre i partiti austriaci socialdemocratico (Spö) e popolare (Övp) hanno raggiunto l'accordo per la formazione di un nuovo governo di grande coalizione. Dopo sessanta giorni di trattative la formula trovata per il nuovo esecutivo è certamente una soluzione al ribasso, tuttavia agli occhi di tutti è parsa come l'unica via di uscita possibile da una troppo lunga fase d'impasse istituzionale. A differenza della grande coalizione che ha governato dal 2006 al 2008, sempre formata da Spö e Övp, il nuovo esecutivo si trova ad affrontare da sùbito due questioni scottanti: una internazionale (la crisi economica che ha colpito duramente anche l'Austria), l'altra interna (i rapporti con le due forze di estrema destra Bzö e Fpö, che insieme dispongono del 30% dei seggi alla Camera bassa di Vienna).
La crisi economica in Austria è di notevole portata: uno degli ultimi interventi del passato governo è stato un aiuto da 100 milioni di euro per le banche in difficoltà; si è trattato di un intervento estremamente massiccio, date le ridotte dimensioni del paese, e non è un caso che l'Austria sia stato l'unico membro della zona-euro ad aver avviato contatti con il Fondo Monetario Internazionale per concordare un eventuale prestito. Fortunatamente non si è arrivati all'erogazione di credito, visto lo stato di buona salute delle Sparkassen, le solide casse di risparmio popolari, che hanno garantito la tenuta del sistema economico anche per quelle banche si erano avventurate nella «finanza creativa».
Se l'ipotesi di default è stata scongiurata, in ogni caso il lavoro del nuovo governo per il risanamento economico si preannuncia duro e avrebbe bisogno dell'aiuto delle altre forze politiche, come i Verdi e soprattutto i due partiti di estrema destra. La morte di Jörg Haider lo scorso 11 ottobre ha inevitabilmente scombussolato lo scenario politico austriaco. Il partito di Haider, la Bzö, vede addirittura la possibilità di un proprio scioglimento, incentrato com'era sulla figura dell'ex governatore della Carinzia: è sicuramente un rischio grave, poiché le posizioni di Haider e della Bzö non erano in totale contrapposizione con le forze oggi al governo, in special modo con i popolari, assieme ai quali Haider aveva già fatto parte dell'esecutivo guidato da Wolfgang Schüssel. L'altra forza politica di estrema destra, la Fpö guidata dall'ex delfino di Haider, Heinz-Christian Strache, ha invece una caratterizzazione più marcatamente anti-sistema: la linea politica della Fpö è sia contro l'Europa sia contro le storiche minoranze austriache, come gli sloveni e i croati in Stiria, sia contro i recenti flussi di immigrati provenienti dalla Turchia e dall'Europa Orientale. Inoltre, a differenza della Bzö, che può contare su un'esperienza di governo nazionale e regionale, la Fpö rimane una forza politica che fa dell'opposizione permanente la sua linfa vitale, pescando nel malcontento diffuso soprattutto nei centri urbani; non a caso, mentre la roccaforte della Bzö è la Carinzia, la Fpö è ben presente in tutte le città austriache, da Vienna a Innsbruck. È evidente che l'appiattimento della Bzö orfana di Haider sulle posizioni intransigenti della Fpö complica il lavoro del nuovo governo; se si aggiunge che per uscire dalla crisi sono necessarie anche misure impopolari, lo scenario per la grande coalizione non è certo dei più rosei.
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Ribalta cinese
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Alessandra Poggi
Pur essendo scossa al suo interno da focolai di rivolte operaie e dall'ormai esteso sciopero dei tassisti - che sta lasciando il Paese letteralmente a piedi - mai come in questo periodo la Cina sta diventando l'ago della bilancia cui si guarda per cercare di equilibrare l'attuale situazione di crisi economica che affligge il globo. La Repubblica Popolare è appena uscita trionfante da un intenso periodo di incontri multi e bilaterali nel continente americano che le hanno permesso istituire fruttuose partnership economiche che sicuramente le gioveranno in questo periodo di crisi profonda. L'intervallo temporale tra il vertice G20 di Washington e il summit Apec di Lima ha infatti consentito al Presidente Hu Jintao di visitare alcuni Paesi latino-americani e allacciare legami sempre più stretti con i loro governanti.
Ancora ricompresa nel novero delle economie emergenti - i cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) - già durante il G20 la Repubblica Popolare si era espressa in favore di un maggiore coinvolgimento nelle decisioni economiche internazionali, forte anche del suo primo posto nell'acquisizione di Titoli del Tesoro statunitensi per un ammontare di circa 580 miliardi di dollari.
Il buon esito del vertice di Washington ha costituito il trampolino di lancio cinese verso l'America Latina, dove Hu Jintao ha avuto la possibilità di rinserrare i legami politico-economici con alcuni Paesi chiave. Il modus operandi cinese nell'approcciare le Repubbliche sud-americane si è dimostrato pressoché identico a quello utilizzato in precedenza per creare legami socio-politici con alcuni Stati africani, nei confronti dei quali Pechino ha manifestato una visibilissima indifferenza riguardo ai regimi al governo, tutt'altro che democratici. Hu Jintao si è servito delle medesime leve nei confronti dei suoi nuovi partner latino-americani. Prima di tutto Cuba, che ha da sempre guardato alla Cina come alla Madrepatria ideologica e che da ora in poi fornirà alla Repubblica Popolare grosse quantità di nichel e zucchero in cambio di aiuti tecnici e sanitari. Secondariamente la Costa Rica, dove lunedì 17 novembre, il Presidente cinese ha siglato ben 11 intese di cooperazione, inizializzando un rapporto di libero scambio che dovrebbe iniziare ad operare nel 2010. Infine proprio in Perù, dove a latere del vertice dell'Apec, la delegazione di Pechino ha firmato un'intesa di libero scambio col Paese andino per approvvigionarsi di materie prime come acciaio, zinco e rame ed esportare prodotti cinesi a basso costo.
Nel biennio 2007-2008 il valore degli scambi tra America Latina e Cina ha sfiorato i 100 miliardi di dollari. Per il futuro questa cifra è destinata a crescere: la Cina si è impegnata in tutti i fori di discussione internazionali ad agire in concerto con gli altri Paesi per risolvere la crisi finanziaria odierna. Intanto, però, procede anche in solitaria muovendosi silenziosa ma lasciando tracce profonde, che sicuramente contribuiranno a esaudire le desiderata dell'establishment di Pechino, tese a proiettare la Cina nel novero delle grandi Potenze economiche una volta per tutte.
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Il piano Ue da 200 miliardi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Emanuela Melchiorre
La Commissione europea ha annunciato mercoledì 26 novembre il pacchetto da 200 miliardi di euro, pari all'1,5% del Pil dell'Ue a 27 paesi, per affrontare la crisi finanziaria ed economica. Il piano proposto dalla Commissione è finanziato in gran parte dai governi nazionali, mentre una quota minoritaria, pari allo 0,3%, sarà a carico del bilancio dell'Unione e della Banca Europea per gli Investimenti. Se si considera, però, il fatto che il bilancio comunitario è comunque finanziato dalle imposte nazionali, si può concludere che l'intero piano sia a carico delle risorse finanziarie dei singoli paesi. Costituisce in ogni caso un piano di sostegno piuttosto deludente, nonostante le parole di José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, che lo ha definito «una risposta senza precedenti a una crisi senza precedenti». La risposta sembra infatti inadeguata alla gravità della crisi e la cifra cui i governi potranno attingere non appare confrontabile con quella degli Stati Uniti, che hanno già stanziato 1.500 miliardi di dollari, tra il Piano Paulson di 700 miliardi e i successivi interventi straordinari di 800 miliardi. Sembra che in questa occasione la Commissione abbia invece partorito un topolino per fare fronte ad una crisi finanziaria di dimensioni elefantiache.
Inoltre, occorre considerare che l'ammontare complessivo non sarà raccolto in modo uniforme, ma sarà versato dai governi nazionali in proporzione alle differenti economie. Nell'Unione a 27 paesi, quelli più grandi in termini economici sono Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna (che messi insieme concentrano più del 70% del Pil, espresso a parità di potere di acquisto). Pertanto, il finanziamento del piano sarà a carico prevalentemente di questi paesi. Non è ancora del tutto chiaro quale criterio, invece, seguirà la ripartizione delle risorse raccolte, ma è presumibile pensare che verranno ripartite in relazione alle esigenze delle economie, nel senso che le economie di recente ingresso e in ritardo economico, come i paesi dell'Europa dell'Est, riceveranno una quota di aiuti maggiore rispetto a quella ricevuta dai paesi maggiormente finanziatori. Pertanto, durante l'attuale crisi finanziaria che non risparmia nessuno, da Est a Ovest, in seno all'Ue ci si pone comunque la questione di ripartire le risorse che ancora non sono state prodotte, il cui prelievo, data la recessione, può risultare pesante.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Per quanto riguarda la «flessibilità» del Patto di Stabilità, ovvero i livelli massimi del rapporto deficit/Pil e del rapporto debito/Pil che i paesi membri non dovranno superare, è stato dichiarato che saranno sfruttati i margini di flessibilità previsti dal Patto, che equivalgono a una variazione più simbolica che effettiva e che non saranno congelate le regole europee, come ha sostenuto il commissario europeo agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia, come invece avevano auspicato il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkosy. Si fanno scongiuri per evitare una lunga recessione con il pericolo di cadere nella depressione e i commissari europei continuano a perseguire una politica deflazionistica.
Per fare fronte a una crisi generalizzata di colossali dimensioni le politiche di sostegno e di intervento dovrebbero considerare gli effetti di breve periodo e gli effetti di medio-lungo periodo. Va da sé che ogni incentivo al consumo immediato sia una politica che ha effetti immediati anche se non duraturi. Viceversa, politiche di sostegno agli investimenti e quindi all'occupazione hanno respiro più ampio ed effetti duraturi, ma richiedono un lag temporale per il loro espletamento, che al momento attuale costituisce più un lusso che non una scelta. Nel senso che occorre agire nell'immediato, ma anche contemporaneamente porre le basi per le politiche pluriennali. Trascurare il breve periodo significa compromettere gli effetti di medio periodo.
Riguardo l'incentivo ai consumi e alla domanda immediata, Bruxelles propone la riduzione dei tassi Iva, limitatamente però ai «prodotti verdi» e ai servizi per il settore delle costruzioni. In precedenza aveva proposto riduzioni permanenti per i servizi ad alta intensità di lavoro e, su tale proposta, la Ue dovrebbe decidere entro primavera, termine che comunque è piuttosto lontano nel tempo. Quanto all'idea di una riduzione generalizzata temporanea dell'Iva, come quella decisa a Londra dal primo ministro Gordon Brown, Bruxelles indica che, per dare un impulso fiscale al sostegno dei consumi, può essere introdotta rapidamente una riduzione temporanea delle aliquote standard. Ci si deve augurare che tali concessioni siano sufficienti per il sostegno alla domanda, poiché non sembra che ci siano state altre proposte, né in seno all'Ue, né a livello nazionale, social card a parte, per aiutare i consumi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Il piano Ue prevede che ogni paese possa ottenere l'autorizzazione per facilitare l'accesso delle imprese al capitale attraverso garanzie e prestiti per investimenti, mentre sono esclusi interventi pubblici diretti a sostegno delle imprese in difficoltà. Inoltre, sono ammessi sostegni nell'ambito della ricerca, dell'innovazione, della protezione ambientale, delle tecnologie pulite, dei trasporti e nell'ambito dell'energia. Oltre al fatto che non sia stato fatto alcun accenno all'energia atomica, unica fonte realmente alternativa al petrolio, occorre considerare anche che investire in ricerca e innovazione è sempre una politica desiderabile, ma più tipica di periodi di «vacche grasse» piuttosto che di crisi e di redistribuzione di scarse risorse.
Nel complesso la Commissione di Bruxelles spende, come di consueto, molte parole e nei fatti rimanda le attese alle possibilità della Banca europea per gli Investimenti, che non sono illimitate e che ha previsto un intervento totale di 15,6 miliardi, sia nel 2009 sia nel 2010, prevalentemente destinati alle piccole e medie imprese. Inoltre, gli interventi in sede comunitaria corrono il rischio di subire i soliti ritardi burocratici. C'è da sperare che qualche miglioramento sia possibile quando il piano sarà sottoposto al giudizio dell'Ecofin, il consiglio dei ministri dell'economia e delle finanze dei paesi membri, di martedì prossimo e poi, tra due settimane, a quello dei capi di stato e di governo.
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La riforma del processo civile
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Tiziana Martorana
La riforma del codice di procedura civile, approvata alla Camera ed attualmente sottoposta all'esame del Senato, propone la creazione di un processo civile equo, snello e certamente più breve. A fronte di una irragionevole durata del processo e di un contenzioso sempre più fitto, è apparso davvero necessario intervenire nell'ambito del codice di rito, attualmente appesantito da una serie di adempimenti processuali che, a dispetto dell'originaria funzione di garanzia e giustizia, con il fisiologico mutamento del contesto sociale ed economico hanno assunto una fisionomia prettamente burocratica. L'intervento riformatore tende, dunque, a determinare un'evidente accelerazione del processo attraverso la riduzione dei termini processuali e l'eliminazione di inutili formalismi.
Tra le novità più significative viene proposta la testimonianza scritta. Sul punto, in considerazione del clamore suscitato, è bene precisare come la concreta utilizzazione di detta modalità di assunzione della prova resti saldamente ancorata al potere del giudice, il quale conserva la facoltà di valutare l'opportunità di ricorrervi o meno, e ciò «avuto particolare riguardo all'oggetto della causa». Non appaiono pertanto condivisibili le critiche di chi ritiene che la testimonianza scritta possa costituire un fattore di «inquinamento» del processo, poiché - si ribadisce - rimane comunque sottoposta al controllo dell'autorità giudicante.
Sempre nella prospettiva di rendere più efficiente la struttura dei tribunali e, in particolare, degli affollati uffici di cancelleria, si è puntato su un diffuso utilizzo degli strumenti informatici, attraverso l'uso del mezzo telematico per le comunicazioni e le notifiche. Nello stesso senso si dirigono il nuovo procedimento sommario di cognizione, pensato per semplificare l'iter procedimentale delle cause di facile soluzione, e la sperimentazione di procedure di conciliazione affidate ad organismi professionali indipendenti e volte ad offrire strumenti alternativi rispetto agli organi giurisdizionali, proprio al fine di consentire una deflazione del carico giudiziario.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Un cenno a parte merita, poi, la valorizzazione della lealtà processuale attraverso la predisposizione di sanzioni a carico della parte che, abusando del processo, determini un allungamento specioso dei tempi dello stesso. Negli stessi termini si inserisce, nell'ambito dell'esecuzione forzata relativa agli obblighi di fare infungibili o di non fare, il rischio di veder sanzionata con il pagamento di una somma di denaro ogni violazione o inosservanza del provvedimento di condanna, ovvero ogni ritardo nell'esecuzione dello stesso.
Infine l'introduzione di un generale e preventivo esame di ammissibilità del ricorso in Cassazione affidato ad un'apposita sezione di nuova creazione, formata da tre magistrati, il cui scopo è quello di ridurre drasticamente l'ambito delle impugnazioni.
I predetti interventi, che riprendono sotto molti aspetti il precedente progetto Mastella, appaiono nel loro insieme lodevoli, poiché attenti alle problematiche che quotidianamente i cittadini e gli operatori del diritto si trovano ad affrontare nelle aule di tribunale; pertanto è auspicabile il buon esito del vaglio di Palazzo Madama. Com'è ovvio, l'effettiva e concreta attuazione della riforma rimane subordinata alla risoluzione del male endemico della giustizia, vale a dire la mancanza di un organico commisurato alla mole di lavoro che affligge i tribunali. In altre parole, qualora l'apprezzabile e necessaria riforma non venisse coniugata con un incremento del numero dei giudici, si rischierebbe di non ottenere il risultato perseguito a causa dell'oggettiva impossibilità di rispettare la predicata razionalizzazione dei tempi nella conduzione e conclusione dei processi.
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Così il governo sostiene l'economia
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Flavio Mannini e Antonio Maglietta
Sebbene nel gergo comune si parli spesso di «modello sociale europeo», tale definizione non è corretta, in quanto fa riferimento a Stati e modelli diversi. Nel sistema europeo si possono riconoscere quattro modelli: scandinavo, continentale, anglosassone e sud europeo. Il primo si basa su un alto tasso di fiscalità, che porta ingenti quantità di denaro nelle casse dello Stato ma al contempo mette le mani nelle tasche dei cittadini in maniera invasiva. Il denaro viene utilizzato in modo trasparente per sostenere sia i datori di lavoro (finanziamenti, incentivi, infrastrutture, ecc...) che i lavoratori (servizi pubblici: sanità, educazione, mobilità). Nel modello sud europeo la pressione fiscale è medio-alta, l'erogazione del servizio è frammentata e talvolta non efficace. A sostegno di questo modello entra in gioco la famiglia, che tutela i giovani, i quali, di conseguenza, riescono ad ottenere la loro indipendenza economica molto più tardi dei coetanei dell'Europa settentrionale. Il modello continentale, tipicamente francese e tedesco, abbastanza simile a quello sud-europeo, presenta una pressione fiscale media, una gestione abbastanza efficace delle politiche sociali ed un ruolo limitato della famiglia. Infine il modello anglosassone, che ha una pressione fiscale bassa, un ruolo pubblico contenuto e schemi di protezione limitati.
In Italia, con un sistema che risponde al modello tipicamente sud-europeo, la spesa per le politiche sociali è superiore al 25% del prodotto interno lordo, segno evidente che il paese investe ingenti somme nell'erogazione dei servizi sociali, che andrebbero però sostenuti da un'economia forte, in grado di far fronte al debito pubblico ed al deficit.
I modelli devono essere adattati anche alla situazione economica del momento: in un periodo di crisi risulta difficile equilibrare le scelte di politica sociale con le esigenze di bilancio. La situazione diventa assai più complessa in un uno Stato come l'Italia, il cui governo eredita dal passato il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia mondiale; il debito è addirittura maggiore del prodotto interno lordo, stando ai dati della Banca d'Italia, mentre i parametri di Maastricht richiederebbero un rapporto pari al 60%. Il nostro paese si trova in una condizione particolare rispetto al passato, in quanto ora non gode più di autonomia monetaria. E' vero che ha un debito pubblico enorme, ma è anche vero che questa crisi colpisce l'accesso al debito privato e, quindi, i paesi più a rischio sono quelli la cui somma complessiva del debito (pubblico e privato) è più alta. Il debito aggregato in Italia ammonta circa al 135% del Pil nel 2008 mentre ad esempio negli Usa si arriva al 170%.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Le crisi economiche del passato si sono risolte in diversi modi, facendo ripartire la fiducia da parte di chi deve investire e di chi deve consumare, nonché aumentando la spesa pubblica. Tradizionalmente le maggiori scuole di economia insegnano che abbassando i tassi d'interesse si favoriscono gli investimenti ed abbassando la pressione fiscale si favoriscono i consumi, o meglio si favorisce la propensione marginale al consumo; aumentando quindi la capacità di spesa delle famiglie, il cittadino medio è più propenso a consumare, contribuendo di fatto ad aumentare il prodotto interno lordo. La spesa pubblica non può crescere in maniera incontrollata per evidenti esigenze di bilancio, ma il governo si sta muovendo per sbloccare consistenti somme di denaro già stanziate e per accorciare il più possibile i passaggi tra il momento dello stanziamento delle risorse per le infrastrutture da quello dell'effettivo utilizzo, anche per favorire in tempi brevi lo sviluppo del territorio ed incentivare le esportazioni per le sue imprese. E proprio per quanto riguarda il sostegno concreto dato dal governo al nostro sistema produttivo va ricordato da ultimo il provvedimento sulla internazionalizzazione delle imprese, già approvato alla Camera il 4 novembre scorso ed ora in discussione al Senato.
Per quanto riguarda gli interventi in favore delle famiglie, si vedano i provveddimenti adottati dall'esecutivo venerdì. Tali provvedimenti favoriscono la propensione al consumo; hanno quindi sia una funzione sociale che una più marcatamente economica, al fine di far ripartire un'economia che ha incontrato negli ultimi tempi troppi ostacoli.
Con gli interventi mirati del governo si può creare una base solida per la ripresa economica e per il benessere sociale del paese. La crisi può essere adeguatamente affrontata e combattuta, anche e soprattutto, con la leva dei consumi, che rappresentano, insieme ad investimenti e spesa pubblica (si pensi soprattutto allo sblocco di più di 16 miliardi di euro per le infrastrutture ed ai 600 milioni di euro del pacchetto di misure a sostegno del reddito), le principali variabili macroeconomiche di cui si compone il prodotto interno lordo.
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Al via il decreto anti-crisi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Aurora Franceschelli
Il governo italiano ha varato venerdì il piano anti-crisi: il Consiglio dei Ministri ha approvato un pacchetto volto a dare un sostegno concreto alle famiglie, alle imprese, al lavoro, e, last but not the least, la prossima settimana darà il via al rilancio delle infrastrutture. Il tutto entro un contesto in cui l'Esecutivo ha ridisegnato il quadro strategico nazionale in funzione antirecessione. I provvedimenti del governo, se da una parte hanno come obiettivo quello, più immediato, di contrastare gli effetti congiunturali di breve periodo che potrebbero ricadere su famiglie, anziani, imprese e su coloro che rischiano di perdere il posto di lavoro (per i quali è stato aumentato il fondo per la cassa integrazione), dall'altra si propongono di agire anche su obiettivi di medio lungo termine. Infatti, visto e considerato che la politiche anticrisi hanno un costo elevato per un Paese, l'Italia, che ha un debito pubblico ingente, il governo ha assunto come imperativo quello di massimizzare il rapporto tra costi e benefici.
Dunque, se da una parte era fondamentale operare scelte che avessero un impatto immediato, dall'altra il Governo ha tenuto una linea secondo cui le politiche congiunturali - soprattutto in un contesto in cui l'Italia soffre della combinazione esplosiva di crisi internazionale e crescita zero - debbono essere orientate a produrre conseguenze strutturali sull'economia reale, dunque non solo dal lato della domanda, ma anche dell'offerta. In questo contesto il mondo della piccola e media impresa, che costituisce il tessuto produttivo ed occupazionale del Paese, rappresenta la leva grazie alla quale è possibile far ripartire l'Italia intera. Una politica che sia orientata esclusivamente ad incentivare la domanda di consumo rappresenta un palliativo, una medicina a fini sociali, ma solo nell'immediato.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
L'Esecutivo ha coniugato sapientemente una politica orientata a sostenere le fasce socialmente bisognose, attraverso la social card e un bonus per le famiglie con figli e per i pensionati con reddito sino a 22 mila euro (per un importo compreso tra 200 e 1000 euro), e una politica finalizzata ad accrescere la produttività del lavoro e ad incentivare le imprese. Ed infatti si procrastina la misura che prevede la detassazione degli straordinari e dei premi di produzione anche al 2009, estendendo il provvedimento a coloro che guadagnano sino a 35 mila euro (sino ad ora era 30 mila euro) e raddoppiando la parte del reddito sulla quale si applicheranno gli sconti, che passa da 3 mila a 6 mila euro. Non solo, le imprese beneficeranno anche della riduzione degli acconti Ires e Irap e, una volta che l'Ue darà l'assenso, renderà operativa la misura che prevede il pagamento dell'Iva all'incasso. Il Governo, inoltre, procederà a breve ad una «revisione congiunturale» e «speciale» degli studi di settore, che verranno rivisti tenendo conto della crisi economica e dei mercati «con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali».
Oltre, dunque, alle misure per le famiglie - a sostegno delle quali vi è anche il provvedimento relativo ai mutui variabili sulla prima casa (per quelli stipulati fino al 2008 il tasso d'interesse non potrà superare il 4% nel 2009, per i nuovi mutui il saggio di riferimento sarà quello, più basso, fissato dalla Bce) -, l'Esecutivo si è impegnato per una forte opera di rilancio delle infrastrutture e di aiuto alle imprese. In questo modo non solo si stimola la domanda di consumo, ma anche e soprattutto si agisce sulla leva dell'offerta. Varare politiche di investimento significa stimolare la crescita, creando i presupposti per un aumento dei redditi che si fondi sulla produttività, redditi che a loro volta sosterranno i consumi. L'equazione inversa, quella che privilegia il percorso che, partendo dai consumi, passa attraverso la crescita per finire con gli investimenti, sarebbe dannosa non solo per il sistema paese, ma anche per le stesse famiglie. In quest'ottica le infrastrutture, così come gli investimenti in energia, rappresentano una leva fondamentale per l'occupazione e per lo sviluppo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
E proprio per questo il Governo, con la riunione del Cipe della prossima settimana, stanzierà 16,6 miliardi di euro di investimenti per infrastrutture. Ma, a differenza di quanto si verificava in passato, quando accadeva che intercorressero due anni dal momento della decisone di stanziamento di fondi all'inizio dei lavori, ora, secondo quanto riferito dal presidente Berlusconi, il Governo ha trovato un metodo grazie al quale verrà velocizzata la realizzazione delle infrastrutture. Come ha dichiarato il Premier, il decreto del governo muoverà un volume di risorse pari a 80 miliardi di euro dalla cassa pubblica all'economia privata. Questo provvedimento dispiegherà i suoi effetti da oggi sino a due tre anni.
Le misure di palazzo Chigi, dunque, avranno effetti immediati, proprio come richiede una situazione emergenziale come quella attuale. In un momento in cui l'economia globale richiede scelte capaci di incidere sulla realtà tempestivamentee in un quadro in cui la politica europea non è assolutamente incisiva, i governi politicamente deboli rischiano di mettere in seria difficoltà il futuro dei rispettivi paesi. Il Governo Berlusconi, forte di un'investitura popolare senza precedenti, ha il vantaggio, pur non potendo godere di una situazione buona dal punto di vista dei conti pubblici, di poter incidere con decisione sulle sorti del nostro Paese.
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Nato - Ucraina e Georgia fuori dalla “Map”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
E’ una mezza marcia indietro per l’allargamento a Est dell’Alleanza Atlantica, dopo che, mercoledì l’ambasciatore americano alla Nato, ha precisato che l’aiuto di Washington all’avvicinamento dei due Paesi ex sovierici continuerà, ma avverrà in forma di assistenza a riforme militari, economiche e politiche, senza più insistere nel formalizzare la loro inclusione nel “Map”, il programma che precede l’inclusione. A Washington sarebbe “prevalsa la ragione” secondo il presidente russo, Dmitri Medvedev, che loda la decisione dell’Amministrazione americana uscente. “Sono compiaciuto che sia prevalsa la ragione, anche se sfortunatamente solo alla fine dell’attuale amministrazione americana. Gli americani hanno ascoltato gli europei o qualcun altro, ora questa idea non è più sostenuta in modo così affrettato e insensato come fino a poco tempo fa”. Saranno contenti i georgiani, che in questo modo vedono allontanare la possibilità di aderire alla Nato proprio dopo l’invasione russa.
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Domani a Roma, società libera manifesterà per i diritti in Tibet, Birmania e Ira
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
La marcia della libertà
di Stefano Magni
Spenta la fiaccola olimpica, si sono spenti anche i riflettori sui diritti umani in Asia. “La Cina sta aumentando la repressione dopo la fine delle Olimpiadi” - ci spiega Antonino Brandi, presidente in Italia della Laogai Foundation - “Fonti locali riportano che circa 5000 manifestanti sono stati arrestati e trasferiti nel campo di Chenghai, che è un sospetto centro di commercio degli organi. Sia i medici di Taiwan che tutti coloro che stanno indagando su questo mercato segreto, sono convinti che la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi abbia riaperto la stagione della raccolta: di organi umani dei condannati a morte”. Questo è solo un piccolo particolare dello scenario da incubo delle dittature asiatiche, per le quali c’è sempre meno attenzione da parte dell’opinione pubblica. Va del tutto in controtendenza, per questo, la manifestazione che si terrà domani a Roma: la “Marcia internazionale per la libertà”, promossa dalla Società Libera. “Il problema è proprio che del Tibet non si interessa nessuno da quando sono finite le Olimpiadi” - ci spiega Vincenzo Olita, direttore della Società Libera - “In tempi di Giochi andava di moda parlarne; gli atleti volevano andare con la bandiera di un popolo oppresso, per i politici era un’ottima occasione per rilasciare dichiarazioni. Adesso è tornato nel dimenticatoio. Nessuno sente più parlare della ribellione pacifica contro la giunta militare birmana. E dell’Iran si parla, esclusivamente per il suo programma nucleare, tacendo la repressione a cui è sottoposta la sua popolazione. Ogni anno Società Libera assegna un Premio Internazionale alla Libertà, che quest’anno è andato al monaco birmano Ashin Sopaka, testimone diretto dei fatti di Birmania dell’autunno 2007. Nell’edizione del 2005, il premio era stato consegnato a Iraj Jamshidi, giornalista iraniano perseguitato dal regime. Ora vogliamo riunirli e organizzare assieme una marcia per la libertà.
Non abbiamo ancora premiato il Tibet. Ma siamo in costante contatto con i monaci buddisti in Italia e, in occasione della visita del Dalai Lama, prevista l’anno prossimo, abbiamo tutta l’intenzione di assegnargli il prossimo Premio Internazionale per la Libertà”. Ma l’opinione pubblica e la sua mobilitazione potranno esercitare una qualche forma di pressione su regimi autoritari? “In questo momento serve essere vicini al Dalai Lama. All’interno del movimento tibetano c’è una corrente che vuole passare dall’autonomismo all’indipendentismo tout court. E questa sarebbe la tomba del Tibet: in caso di dichiarazione di indipendenza, alla Cina basterebbero meno di 24 ore per stroncare il tutto nel sangue. Stiamo vicini a quanto c’è di moderato, perché la situazione non arrivi alle sue estreme conseguenze”. Si può e si deve anche fare pressione sull’Unione Europea: “E’ stato persino cancellato il summit Ue-Cina perché il parlamento europeo aveva premiato Hu Jia” - ci spiega Antonino Brandi - “Non dobbiamo permettere alla Cina di dettarci la sua agenda politica”. Cosa vuol dire, però, battersi per i diritti umani in tempi di crisi? I diritti di libertà individuale sono la premessa della filosofia politica liberale. E... “Oggi il liberalismo è sotto assedio” - spiega Olita - “Arriva l’estate, arriva la grande crisi economica internazionale e noi liberali siamo accusati di esserne i primi responsabili. Assistiamo alla rinascita di statalisti, monopolisti di tutti i tipi che ci spiegano che ‘il mercato
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Ahmadinejad governa sfruttando la paura
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Stefano Magni
“Il regime iraniano non si è mai basato sul consenso. Dopo la rivoluzione del 1979 si è imposto su una generazione intera con il carcere e con la tortura. Io stessa sono stata incarcerata e torturata nella prigione di Evin”. Così parla Marina Nemat, una delle primissime dissidenti iraniane, attualmente in esilio in Canada. La sua è una vicenda esemplare per comprendere quali siano le dinamiche interna a una delle società più represse nel mondo. Arrestata da adolescente perché invitava la sua insegnante di matematica a non fare lezioni di ideologia, ha subito il trattamento durissimo riservato ai dissidenti politici. E’ stata liberata solo per intercessione di uno dei suoi carcerieri, che però le ha chiesto in cambio di convertirsi all’Islam e sposarlo. Alla morte del sue ex carceriere/marito, la Nemat si è risposata con André Nemat ed è fuggita in Canada, in una società libera. Solo in occidente è possibile la libertà, o è possibile essere liberi, in quanto individui indipendenti, anche nel Medio Oriente islamico? “L’immagine che abbiamo del Medio Oriente è molto televisiva” - ci spiega la Nemat - “E’ soprattutto quella ricavata dai servizi della Cnn. Nel Medio Oriente tutte le informazioni di cui dispone la popolazione sono filtrate dai governi, che controllano i media. A questo si deve aggiungere il problema religioso. Nelle società islamiche qualsiasi azione deve essere legittimata da Dio. E questo riduce ulteriormente il margine di libertà.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
In Occidente ci sono voluti secoli prima di arrivare a una separazione della religione dalla politica, in Medio Oriente il processo non è ancora iniziato”. Se tutto, nell’informazione mediorientale è filtrato, questo non vuol dire che non esista dissenso. Tuttavia, politici come il presidente iraniano Ahmadinejad sanno usare molto bene la comunicazione per assoggettare il popolo: “E’ un perfetto show-man” - dice di lui la Nemat - “Ha mostrato la guerra in Iraq come il preludio di quello che sarebbe avvenuto anche in Iran, ha suscitato negli iraniani la paura di un’invasione occidentale. Questo leit-motiv è in un certo senso supportato dalla storia iraniana, se solo vediamo il colonialismo britannico e i colpi di Stato appoggiati dalle potenze occidentali. Ma il governo usa questa paura per controllare la popolazione”. Solo che in Iran sembra che l’opposizione si sia del tutto estinta. Da almeno dieci anni non assistiamo più a massicce manifestazioni, come quelle studentesche della fine degli anni ‘90. “Questo perché” - come spiega Marina Nemat - “la mia generazione ha vissuto la tortura. Chi è passato da un’esperienza simile tende a rinchiudersi nella sua vita ordinaria, non manifesta apertamente a favore della democrazia. L’Iran, inoltre, è un Paese con una popolazione molto giovane (il 70% degli iraniani è sotto i 30 anni) e non ha memoria dell’instaurazione violenta del regime. Terzo fattore: è una società molto nazionalista. Khomeini sfruttò ai fini propagandistici la guerra di otto anni contro l’Iraq. Chi manifestava era pro-iracheno. E nessuno, quindi, aveva il coraggio di farlo. Oggi è la stessa cosa: chi manifesta è al ‘dalla parte degli Usa’ e nessuno scende in piazza. Io stessa, quando è stato pubblicato il mio libro (”Prigioniera a Teheran“) l’anno scorso, sono stata accusata di essere pagata dalla Cia, anche da esponenti dell’opposizione. Finché ci saranno scosse nella regione, sarà impossibile assistere alla nascita di un fronte unito degli oppositori nel mio Paese”.
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L’indagine sul piccolo Angelo è stata archiviata
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Matteo Villanova Rizzetto
Sul caso di coscienza che riguarda la morte del piccolo Angelo ha prevalso il buon senso. E’ stata infatti archiviata l’indagine che la procura di Treviso aveva avviato nel corso della scorsa settimana a carico della dottoressa Nadia Battajon, che aveva ammesso durante un convegno a Padova di aver “staccato la spina” che teneva in vita un bambino di appena cinque giorni, vittima di gravi malformazioni riscontrate al momento della nascita. Una questione delicata che non ha mancato di innescare polemiche ed accuse, anche sul fronte politico e religioso. Il piccolo Angelo non ce l’avrebbe comunque fatta, assicurava la dottoressa Battajon, e non avrebbe potuto vivere una vita “degna”. Ecco perché era stata presa la grave soluzione di non consentire a che la giovanissima esistenza potesse protrarsi solo ed esclusivamente grazie all’ausilio di apparecchiature elettroniche. Ciò che i comitati di bioetica avrebbero immediatamente giustificato, ha portato però ad un susseguirsi di richiami e contro appelli che avevano messo all’angolo il medico trevigiano. L’apertura dell’indagine è parsa dunque doverosa al procuratore della Repubblica di Treviso Antonio Fojadelli che ieri, insieme al sostituto Giovanni Valmassoi ha chiuso la vicenda senza che la questione arrivasse nemmeno sul banco del giudice per le indagini preliminari. “Quando le condizioni del paziente (neonato, adulto o anziano) sono tali da escludere che intraprendere o proseguire i trattamenti sanitari possa portare ad un miglioramento dei requisiti di sopravvivenza od assicurare, nel breve, medio o lungo periodo, stabilità o miglioramento delle condizioni di vita, è doveroso non intraprendere o comunque sospendere i trattamenti divenuti inappropriati.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il rispetto di queste condizioni - scrivono Fojadelli e Valmassoi - esclude ogni possibile rilevanza penale del comportamento medico di non azione/interruzione del trattamento terapeutico: non vi è alcun atto di lesione del bene giuridico tutelato dalle norme, costituito dalla vita o dalla integrità fisica, lese dalla malattia e non dalla ”non azione medica“; non vi è alcun comportamento imprudente od imperito, tanto meno alcuna dolosa volontà di cagionare lesioni o provocare la morte del paziente”. In favore di Nadia Battajon si era pronunciato anche il vescovo di Treviso Andrea Bruno Mazzoccato, sottolineando come “ogni vita umana è sacra e chiede di essere sostenuta con assoluto rispetto e con i mezzi possibili, in ogni momento. Questo sostegno non deve però offendere la dignità della persona con accanimenti terapeutici inutili”. Non si tratta dunque di un caso di eutanasia secondo la Chiesa, così come per la legge. Il fatto però ha aperto nuovamente la discussione su quando e come sia possibile - se non necessario - interrompere una vita. Un dibattito approdato mercoledì anche nel consiglio comunale quando il consigliere di minoranza e consigliere regionale Nicola Atalmi (Comunisti Italiani) ha chiesto la votazione di un ordine del giorno sul testamento biologico. Secondo Atalmi, in un evidente caso di vacatio legis tutti si sono permessi di intervenire nel merito di una vicenda privata che riguarda l’individuo e i suoi familiari. Sorprendentemente tutto il consiglio comunale si è espresso favorevolmente, eccetto un astensione del consigliere Cianci (Idv). La necessità rimane comunque quella di normare al più presto anche i casi più critici: casi come quello di Paolo Ravasin, trevigiano malato di sclerosi laterale amiotrofica, che da tempo chiede un dibattito politico intorno agli stessi temi sollevati prima di lui da Piero Welby e Luca Coscioni.
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Intervista a DOUNIA ETTAIB
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Donne arabe d’Italia/ Ascoltare le donne per aiutarle a integrarsi
di Alessandro Litta Modignani
Dounia Ettaib, 29 anni, nata a Casablanca (Marocco) è giunta in Italia nell’89, ad appena 10 anni. Laureata in psicologia, è attualmente l’animatrice di “Dari”, associazione che si occupa delle difficoltà delle donne arabe che vivono in Italia.
Da quanto tempo si occupa di questo problema?
Ho iniziato a occuparmi di integrazione lavorando per la Provincia di Milano, dal 2002 fino al mese scorso. Ho incontrato la Confederazione marocchini d’Italia, che raccoglie molte associazioni sparse nel paese. E’ una collettività eterogenea, composta da uomini e donne di ogni estrazione sociale e livello culturale, accomunati però da una mentalità aperta, favorevole all’emancipazione. Spesso anzi sono gli uomini i primi a farsi sentire. Nel 2006 ho conosciuto l’attività dell’Acmid presieduta da Souad Sbai – oggi deputata del Pdl - e da questa esperienza è nata Dari. E’ in quest’ambito che ho potuto iniziare a sviluppare il mio impegno per le donne.
Il Marocco, in questo senso, è un paese evoluto?
Certo. Con la modernizzazione in corso, il Marocco ha fatto passi da gigante. Da nove anni, le riforme del sovrano progressista Mohammed VI hanno scosso il paese. Il nuovo codice ha permesso di rifondare la famiglia su basi di uguaglianza, con l’abolizione della poligamia. Inoltre è stata condotta una dura lotta alla povertà e all’analfabetismo, responsabilizzando entrambi i coniugi.
Parliamo della vostra associazione “Donne arabe d’Italia”.
Di Dari fanno parte donne italiane, ebree e naturalmente arabe, per lo più nordafricane. Dari dà ascolto alle donne e le aiuta a integrarsi, a partire dal loro vissuto. E’ importante capire che integrazione non significa rinuncia alla propria cultura: l’integrazione è un di più, qualcosa che si aggiunge al vissuto, ma non lo sostituisce. Un arricchimento, non una sottrazione. Spesso le donne arabe si sentono accusare ingiustamente di essere delle convertite. Vengono additate come occidentalizzate, quasi fosse una colpa.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Può raccontare alcuni esempi?
Alcune di queste donne sono arrivate qui da sole, perché erano intraprendenti ed emancipate. Sposandosi hanno fatto un salto all’indietro, perché hanno perso il lavoro e l’indipendenza e si devono occupare del marito, dei figli, della casa. Altre sono vittime di matrimoni combinati quando erano minorenni, addirittura bambine: una volta cresciute, la famiglia si chiude e si ritrovano blindate in una specie di prigione.
Com’è di solito il rapporto con gli uomini italiani?
Le donne che vogliono sposare un occidentale si scontrano spesso con problemi di burocrazia. Avere il nulla osta dal consolato non è facile, perchè una musulmana in questo senso non è libera. Spesso le autorità chiedono ai mariti di convertirsi, per il timore che la donna cambi religione.
E con il paese di origine, i problemi quali sono?
Problemi enormi. Vi sono casi in cui la famiglia torna in Marocco per le vacanze, e il marito decide che vuole un’altra donna. Allora sottrae alla moglie i documenti e i figli, e la ricatta: se non acconsenti al divorzio, non potrai tornare in Italia. Poi vi sono i matrimoni celebrati solo in moschea, che non risultano agli effetti civili, per aggirare il divieto alla bigamia.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Ci sono problemi per ottenere il divorzio?
No, con il nuovo codice in Marocco il divorzio consensuale si ottiene in un mese, come in Francia. Sotto questo profilo, noi siamo molto più avanti dell’Italia. (Qui Dounia scoppia a ridere, n.d.r.).
Prevalentemente, con quale stato d’animo le donne arabe si presentano da voi?
Spesso non denunciano gli abusi. Sono impaurite, non si sentono tutelate. Se una donna non lavora, è ricattabile. Teme di perdere i figli, teme nel mancato rinnovo del permesso di soggiorno, ottenuto per ricongiungimento famigliare.
Qual è il vostro raggio d’azione?
Dalla sede di Milano seguiamo casi in tutta la Lombardia e alcuni anche in altre regioni. Purtroppo non siamo sostenute in alcun modo. La Provincia sta cercando di aiutarci, ma ha risorse limitate. La Regione potrebbe fare di più. Ci erano stati promessi una sede e dei contributi, però sinora non si è visto nulla. Eppure svolgiamo un ruolo essenziale: per l’integrazione degli immigrati in generale, per l’emancipazione delle donne in particolare“
Per giunta, Lei vive da tempo sotto scorta...
Ne parlo poco volentieri. Vivo sotto scorta dal giugno del 2007, quando venni aggredita in viale Jenner, fortunatamente senza conseguenze. Da allora ricevo continue minacce e devo evitare di apparire in pubblico. La mia attività mi porta a scontrarmi spesso con l’ostilità dei mariti: trovano il mio numero e mi tempestano di insulti e minacce. Mi ritengo comunque più fortunata delle loro mogli: io ho il privilegio di una scorta di grande professionalità e gentilezza, mentre loro vanno a letto ogni notte con il pericolo. Perciò mi auguro che il nostro lavoro venga apprezzato per la sua importanza e adeguatamente sostenuto. Le donne arabe non devono essere trattate come persone di serie B e non devono fare notizia solo quando vengono picchiate, o addirittura assassinate, dai loro mariti.
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LA STORIA INFINITA DELLA NUOVA ALITALIA
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Ancora ostacoli sulla pista di rollaggio
di Maria Laura Zuccheri
Ma quanto deve faticare ancora la Fenice per levarsi in volo. Se, a quanto pare, è stato raggiunto l’accordo per l’acquisizione di AirOne da parte di Cai e l’ingresso della compagnia di Carlo Toto nella nuova Alitalia dopo che giovedì scorso l’amministratore delegato di Cai, Rocco Sabelli, ha definito con Toto gli ultimi dettagli dell’intesa che si potrebbe chiudere con una transazione al di sotto dei 300 milioni di euro convenuti nel preliminare, nel frattempo, il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, ha confermato che l’Autorità è pronta a pronunciarsi sull’acquisto di Alitalia da parte di Cai già da lunedì prossimo se avrà ricevuto da Cai la copia del contratto di acquisizione della compagnia di Toto e la ripartizione delle quote di Cai dopo l’aumento di capitale. Ma anche qualora questi tasselli vadano ad incastrarsi nel puzzle, ecco che un altro inciampo si mette di traverso: si è aperto un altro fronte nella vertenza di Alitalia. Oggetto di un nuovo braccio di ferro tra i sindacati e la compagnia è ora la disdetta dei contratti di lavoro dei dipendenti, a partire dal primo dicembre prossimo, e la richiesta aziendale di procedere a una nuova regolamentazione contrattuale per la fase di transizione prima del passaggio a Cai.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
La proposta è stata avanzata giovedì dall’azienda, nel corso degli incontri convocati dal commissario straordinario di Alitalia, Augusto Fantozzi, e che hanno riguardato i contratti del personale navigante. Immediata la bocciatura da parti di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl, che chiedono, invece, il mantenimento degli accordi e dei contratti collettivi di lavoro attualmente vigenti in tutte le aziende del gruppo, fino alla definitiva cessione degli asset operativi della compagnia, che hanno poi abbandonato l’incontro. Sul fronte delle sigle autonome, Anpac, Up e Sdl hanno ribadito “forti perplessità in ordine alla correttezza e alla rispondenza alle vigenti norme di legge delle disdette ai contratti di lavoro” e si sono riservate di procedere ad azioni anche di natura legale a tutela della categoria. Insomma, un altro inghippo che va a sommarsi ai molti punti di discordia ancora giacenti sul tappeto. Incerto è anche lo stato dell’arte sul versante della scelta del partner straniero. Nulla trapela tranne la dichiarazione rilasciata dal numero uno di Lufthansa, WolfgangMayrhuber, secondo cui Colanninno ed i suoi collaboratori devono ancora sviluppare il loro business plan e la compagnia aerea tedesca non lo ha ancora esaminato. Di conseguenza, quale che sia la scelta, quest’ultima non avverrà in tempi brevissimi. Con il periodo di festività di fine anno si perderanno altri giorni e tutto rischia di slittare non al 15 di gennaio, ma così stando le cose, anche ben oltre. Il danno non sarebbe solo di immagine ma si rifletterebbe anche sul giro d’affari e sul capitale di credibilità che la nuova Alitalia può spendere con i futuri clienti, cioè i passeggeri.
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L’anagrafe degli eletti garantisce trasparenza
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
UN’INIZIATIVA BI-PARTISAN
di Valter Vecellio
E’forse la pagina più conosciuta de “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, quella dove il capo mafia don Mariano Arena scandisce la scala di categorie con cui divide l’umanità: “Uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianculo, quaquaraquà”. Pagina suggestiva e molto citata; ma di quel romanzo è altra la pagina importante: che dovrebbe e potrebbe essere il manifesto, di ogni cittadino, e soprattutto di magistrati e investigatori. E’ la pagina dove si immagina il capitano dei carabinieri Bellodi tentato di applicare contro il capomafia quei mezzi al di là e al di sopra della legge che applicò Cesare Mori negli anni del fascismo; tentazione momentanea, che subito viene respinta, per arrivare alla conclusione che bisogna piuttosto seguire la pista del denaro, dei patrimoni illeciti. Eccoci alla polpa della questione: “Tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche o le tendenze, o gli incontri dei membri più inquieti di quella Grande Famiglia che è il regime – che è il regime, scrive Sciascia, nel 1959! – e dietro i vicini di casa della famiglia, sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e a tirarne il giusto senso”. Il “giusto senso”. Se lo si fosse fatto – “Il Giorno della civetta” è del 1959-60 – Tangentopoli forse, per come l’abbiamo conosciuta, non ci sarebbe stata.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il regime, dunque: che non necessariamente, per mostrare i suoi caratteri illiberali deve mostrare il pugno di ferro, una dittatura come quella di un Pinochet; è sufficiente negare il sapere, controllare le fonti di informazione, impedire che si possa conoscere, perché senza conoscere si decide poco, e male quando si viene chiamati a farlo. Basta creare le condizioni per cui non ci si scandalizza e non ci si indigna più. Così può diventare normale leggere nell’ultima relazione sulla criminalità inviata al Parlamento che il malaffare si concreta ormai non solo in tangenti e contati, ma ha trovato strade che sono appalti, consulenze, viaggi pagati; un qualcosa che arriva intorno ai 50 miliardi di euro. Una situazione che ha consentito di metabolizzare anche i segnali che inviati al ceto politico da un’opinione pubblica quando ha decretato il successo di libri-denuncia come “La casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo; o di altri ottimi studi: come quello di Stefano Livadiotti sulle caste sindacali; di Luigi Ferrarella e Bruno Tinti, sulle caste giudiziarie; di Beppe Lopez, sulla casta giornalistica. La giusta denuncia però se lasciata cadere nel vuoto rischia di provocare ulteriore frustrazione e delusione. C’è però una risposta in “positivo”, che raccoglie l’indicazione di Sciascia. Uno strumento, un “utensile” offerto dal Partito Radicale, e che sarebbe prova di grave miopia se venisse lasciata cadere. Una proposta che dovrebbe vedere utilmente impegnati centro-destra e centro-sinistra; e per la “semplicissima” ragione che dovrebbe essere interesse di entrambe le parti politiche “impadronirsi” dell’iniziativa, farla loro. Ne guadagnerebbero, perché è una proposta che in qualche modo si propone di colmare quel solco tra eletti ed elettori che ormai sembra essere un vero abisso.
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Il partito degli incoerenti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
“Gli apprendisti stregoni del Pd non potevano votare il decreto Gelmini”
“Altrimenti come giustificavano il comportamento degli ultimi mesi? Abbiamo assistito al divorzio tra la volontà riformatrice e la propaganda”
di Francesco Blasilli
La coerenza non è tutto, soprattutto in politica. Certo è che ieri il Pd ha perso una buona occasione per fare la prima figura decente della sua breve vita. Il decreto Gelmini è passato con i voti di PdL e Lega, con quelli contrari di Pd e Italia dei Valori e l’astensione dell’Udc (ma si sa, gli uomini di Casini pur di “distinguersi” ormai sarebbero disposti pure a dichiarare guerra al Vaticano). Tutto secondo copione. Peccato ci sia un “ma”, visto che la maggioranza aveva accolto diversi emendamenti dell’opposizione e, soprattutto, qualche tempo fa, prima del Cdm in cui veniva stabilito il contenuto del decreto sull’Università, la Gelmini aveva incontrato Maria Pia Garavaglia, sua omologa ombra che aveva dato l’ok a nome del Pd alla riforma. “Si sono incontrate eccome – conferma il deputato del PdL Giorgio Stracquadanio – ero presente anche io”. Insomma, se mai ci fossero dubbi, ecco il testimone oculare di quell’incontro “in cui le linee guida del decreto vennero ampiamente condivise, dalla nuova disciplina transitoria dei concorsi all’attenuazione del turnover”. Deve allora essere successo qualcosa, visto che poi i novelli riformisti non hanno votato una cosa alla quale avevano dato il loro assenso. Ed invece non è successo nulla, il decreto è rimasto quello, solo che “non possono votarlo per definizione, altrimenti come giustificandola propaganda fatta per tre mesi?”si domanda ironicamente Stracquadanio, “anche perché avevamo ripreso molte delle proposte fatte da Nicola Rossi”. Tant’è che il senatore del Pd ha sottolineato di ritenere “il decreto molto al di sotto del necessario, ma non sono così cieco da non vedere alcune cose che, a mio avviso, vanno nella direzione giusta”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Peccato che Rossi sia stato l’unico a pensarla in un modo coerente, mentre negli altri esponenti del Pd si è assistito a quello che Stracquadanio definisce un “divorzio tra la volontà riformatrice la propaganda”. In effetti è difficile dopo aver sobillato gli studenti per settimane, firmare il decreto. Un propaganda fatta “dagli apprendisti stregoni del Pd” con la “complicità del Tg1 che ha fatto servizi su servizi su occupazioni inesistenti. Addirittura – continua il deputato – un giorno parlarono di Università di Firenze occupata, quando c’erano solo dieci ragazzi in una stanza che avevano fatto un comunicato stampa”. Insomma “Riotta ha voluto sostenere la follia del suo amico Veltroni e, alla fine, se uno gioca con i fiammiferi, alla fine un incendio si ottiene”. E’ quasi inutile ripeterlo di nuovo, ma su scuola ed università Veltroni si è giocato quel residuo di credibilità che gli era rimasta. E Stracquadanio dimostra tutto questo con la precisione di una formula matematica. “Nel giorno in cui il Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano inaugurava l’anno scolastico – racconta – dicendo che una riforma era indispensabile e i risparmi imposti da Tremonti una cosa giusta, contemporaneamente si apriva il dibattito in Parlamento sul decreto Gelmini”. E Veltroni? Che fine aveva fatto il segretario del Pd? “Veltroni era al cinema Capranichetta ad organizzare la rivolta contro la riforma della scuola e dell’università”. Veltroni, quel giorno, era l’unico a stare fuori dalle istituzioni, al cinema, “perché solo al cinema è bravo” sottolinea Stracquadanio. In virtù di “questo mucchio di fesserie politiche” allora, non poteva avere “un atteggiamento coerente con posizioni riformiste” ed è stato costretto a votare contro la riforma dell’Università che, al contrario, condivideva.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Guai però a continuare a dire che Veltroni è prigioniero di Di Piero, “perché è prigioniero solo di se stesso e del suo velleitarismo, prigioniero della sua schizofrenia politica. Hanno fatto una campagna contro il governo per l’abolizione dell’Ici quando l’87% degli italiani possiede una prima casa ed è rimasto soddisfatto: gli è rimasto un 13% da dividersi con Di Pietro e Casini. La loro fortuna – chiosa Stracquadanio – è che li elettori non li ascoltano”. Ed a sinistra non c’è speranza che qualcosa cambi, almeno che “non ci sia un chiarimento tra Veltroni e il suo specchio”, anche se è ormai certo che “il vero leader è Di Pietro, visto che tra l’originale e la cattiva copia, prendo l’originale”. Per la cronaca, mentre il Senato approvava, un centinaio di studenti invadevano l’aula Magna del Rettorato dell’Università La Sapienza di Roma dove si stava svolgendo l’inaugurazione dell’anno Accademico. Nella loro illogica protesta, almeno qualcosa di logico c’era: chiedendo le dimissioni del rettore Frati, gli studenti se la sono presa con un vero “barone”: sedici anni di presidenza della Facoltà di Medicina e ben tre parenti piazzati sono un curriculum di tutto rispetto.
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Settore immobiliare flessione nel 2008 ma non fase critica
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Rebecca Samaritain
Si ritiene che di fronte a una crisi finanziaria il cittadino abbia la tentazione di rifugiarsi nel mattone. Questa tesi viene però ridimensionata se si considerano i dati che scaturiscono dall’indagine di Nomisma che nel Terzo rapporto sul mercato immobiliare 2008 analizza il settore negli ultimi sei mesi. Il mercato immobiliare potrebbe chiudere il 2008 con un calo delle compravendite pari al 20% (160 mila case vendute in meno, vale a dire una perdita del valore di mercato di circa 24 miliardi euro). Nonostante la crisi economica abbia contagiato anche i grandi e piccoli investitori del mattone, i prezzi tengono e registrano, infatti, un calo inferiore alle attese che si ferma al -1%. Si tratta, tuttavia, di una contrazione che si verifica per la prima volta da 11 anni e che, come ha spiegato il presidente di Nomisma Gualtiero Tamburini, si accompagna al “braccio di ferro tra i pochi compratori e i molti venditori”. L’andamento dell’immobiliare in Italia, ha chiarito Tamburini nel corso di una conferenza stampa a Bologna, è però molto distante da quanto accade nel resto del mondo: “negli Sati Uniti il calo ha toccato il 16%, in Inghilterra il 15% e in Europa si va da -5 al -10%. Nel nostro Paese, invece, si conferma una certa resistenza del settore, in cui le famiglie sono meno indebitate ed il sistema è meno esposto agli shock finanziari”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Se le famiglie scelgono di contenere i consumi e “si chiudono a riccio optando per uno stile di vita generalmente più frugale – ha proseguito il presidente di Nomisma – e anche i grandi investitori che, prima potevano ottenere finanziamenti anche del 70 o 80%, ora ottengono quote sotto al 50% e a volte, per importi molto elevati, neanche a questi livelli”. “Il mercato dell’immobiliare – ha puntualizzato il numero uno di Nomisma - vale più del 10% del Pil italiano e, se cala, è un attentato forte anche alla tenuta del sistema economico del Paese e dell’occupazione”. Quindi, più che mai, per uscire dalla crisi, serve “un’iniezione di fiducia e di liquidità, che convinca i privati, con piccoli o grandi patrimoni, a tornare a investire”. Dal rapporto emerge, inoltre, una crescita dei tempi di vendita (5,8 mesi per un’abitazione, 7,2 per un ufficio e 6,4 per un negozio), così come aumenta lo sconto in sede di trattativa (12,5% per una casa che flette al 7% qualora si tratti di un immobile nuovo). A recepire qualche effetto positivo della contrazione delle compravendite è il mercato della locazione che soffre meno e sui cui si trasferiscono le indecisioni di chi vorrebbe acquistare o vendere ma poi non realizza la transazione.
A contrarsi sono i prezzi anche delle nuove costruzioni, ma le riduzioni maggiori riguardano gli immobili di bassa qualità e nelle grandi città. Il calo più alto si è registrato a Bologna (-4,5%) seguita da Milano (-2,5%). Per quanto riguarda, invece, uffici e negozi, i prezzi negli ultimi sei mesi sono leggermente aumentati, rispettivamente, dello 0,3 e 0,4%. La previsione per il 2009, conclude Tamburini, “è molto legata a se ci sarà l’uscita dalla crisi economica. In ogni caso, crediamo che il calo dei prezzi non possa superare il -5%. Possiamo aspettarci un 2009 ancora problematico e quindi spostare la previsione di ripresa, non dei prezzi ma delle quantità sul 2009” a patto che vengano adottati provvedimenti per sterilizzare le morosità delle famiglie e del credito e se l’iniezione di fiducia avrà benefici sui grandi investitori, compresi quelli stranieri. Quanto, infine, all’erogazione dei mutui l’andamento è in calo, mentre le sofferenze raggiungono una media del 2,5%, con un peggioramento generale delle condizioni del credito.
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Crisi e Chiesa - Offerte dimezzate e richieste di aiuto raddoppiate
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Dimitri Buffa
La crisi si fa sentire e parecchio anche nelle chiese romane dove nell’ultimo anno e mezzo sono dimezzate le offerte dei fedeli e raddoppiate le richieste di aiuto. Lo hanno dichiarato nel corso delle due settimane passate, in diverse esternazioni, alcuni parroci ai giornali della capitale. I parroci hanno ammesso che la crisi delle offerte potrebbe anche essere legata ad alcuni odiosi atteggiamenti presi dalle burocrazie amministrative di molti enti ecclesiastici che proprio nel mese di ottobre hanno messo in atto una serie di sfratti per finita locazione ai danni di tanta gente bisognosa, vedove anziane comprese. Il fenomeno, che iniziò in maniera preoccupante proprio nell’anno dell’ultimo Giubileo, ha già portato tantissima cattiva pubblicità al Vaticano. Anche per via del sigillo papale sull’atto estero consegnato ad alcuni avvocati che lavorano per la Santa Sede per potere eseguire gli sfratti richiedendo “se del caso” la forza pubblica. In chiese di quartieri popolari come il Santissimo redentore di Valmelaina o di rioni centrali come San Giovanni in Laterano e Trinità dei Monti, ci sono domeniche in cui nel bussolotto rimangono al massimo due o trecento euro, contro gli oltre mille dei tempi normali. In compenso, proprio nella centralissima chiesa della Trinità di villa Chigi le richieste di aiuto da parte di indigenti sono passate da 22 a 60 negli ultimi sei mesi.
Di questo passo l’8 per mille non basterà presto più.
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Sinistra divisa - Il timore dei riformisti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Ma che succede se il governo accoglie una serie di emendamenti presentati dall’opposizione su un provvedimento importante come quello sulla riforma dell’università e l’opposizione vota comunque contro? Succede che il governo, che può contare su un’ampia maggioranza, va comunque avanti. E l’opposizione si da la zappa sui piedi dimostrando che il suo vero interesse non è quello di condizionare il centro destra modificandone o correggendone le scelte che incidono sulla pelle dei cittadini, ma solo quello di chiudersi nel ridotto dell’intransigenza ed alzare la battaglia della lotta ad oltranza. È inutile sottolineare a chi vadano i vantaggi ed a chi le perdite in questo gioco ispirato più alle maschere stereotipate della commedia dell’arte che al buon senso. Più interessante, semmai, è rilevare come all’insistenza dell’opposizione sulla linea della contrapposizione sempre e comunque frontale, corrisponda l’erosione e la progressiva conquista da parte della maggioranza dell’area di consenso moderate e riformista del centro sinistra.
In tempi normali il comportamento del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori sarebbe normale e comprensibile. Come potrebbe l’opposizione distinguersi da una forte maggioranza se non applicando rigidamente la strategia della perenne presa di distanza?
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
In una fase di emergenza come quella attuale, però, l’arroccamento sulla linea dell’intransigenza non paga. Soprattutto se i provvedimenti presi dal governo non sono in contraddizione con la tradizione riformista e puntano ad alleviare i disagi delle fasce più deboli della popolazione. Naturalmente chi sceglie di chiudersi nel “no” pregiudiziale dell’opposizione intransigente può sempre tentare di sostenere che il comportamento dell’esecutivo si ispira al più smaccato populismo. Ma quanto può incidere questa categoria della politica cara agli intellettuali che fanno parte delle fasce privilegiate della società su chi invece deve sopravvivere con poche centinaia di euro al mese e può trovare sollievo anche dalle briciole che il governo riesce a strappare alle arcigne cifre del bilancio? Dietro le rigide prese di posizione del segretario del Pd Walter Veltroni, all’interno della sinistra sono in molti a porsi questo interrogativo. Che non è solo il frutto della preoccupazione di perdere qualche consenso nei settori un tempo bacino naturale dello schieramento progressista. Ma è anche la conseguenza del timore dei più avveduti di vedersi strappata da parte dei settori più avanzati dell’area governativa la parte più qualificante delle proprie radici politiche e culturali.
I riformisti del centro sinistra, in altri termini, incominciano a scoprire che il massimalismo dei dirigenti dei propri partiti mette in condizione il Pdl di “rubare loro il mestiere” assumendo gli stessi provvedimenti che avrebbero assunto se si fossero trovati al governo. E la sensazione di veder franare il proprio tradizionale terreno sotto i piedi incomincia a metterli in agitazione. Perché non è detto, come ragionano i massimalisti del “tanto peggio, tanto meglio”, che il protrarsi della crisi economica sia destinato a favorire la radicalizzazione dello scontro sociale. È anche possibile che, proprio la crisi e la consapevolezza dei ceti meno abbienti della intenzione del governo di tutelarli, possa far occupare al centro destra dopo l’area del centro anche l’area riformista. Ed a quel punto che rimane all’opposizione? Solo il dipietrismo?
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Con Mumbai il governo indiano paga anni di resa al terrorismo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Sadanand Dhume
Come spiegare il massacro che ha sconvolto Mumbai in questi giorni? Viene quasi la tentazione di archiviarlo come un altro spiacevole episodio che rientra nel fallimentare sforzo dell’India di combattere il terrorismo. Negli ultimi quattro anni, i gruppi islamici hanno colpito, tra gli altri, Nuova Delhi, Jaipur, Bangalore e Ahmedabad.
Il numero delle vittime del terrorismo – senza contare i morti a Mumbai tra mercoledì e giovedì – è superiore a 4000, cifra che rende l’India il paese più colpito e con il maggior numero di vite stroncate dal 2004 rispetto a qualsiasi altro paese – ad eccezione dell’Iraq.
L’esercito indiano ha preso posizione a Mumbai il 27 novembre 2008. Ma questi attacchi, sebbene abbiano evidenziato la particolare vulnerabilità dell’India di fronte alla violenza dei terroristi, rappresentano anche un avvertimento per tutti quei paesi che credono nei valori di cui Mumbai è simbolo per gli indiani: pluralismo, iniziativa e apertura della società.
In poche parole, il fallimento dell’India nel proteggere la sua principale città rappresenta per tutte le democrazie un perfetto esempio del comportamento da non adottare nella lotta contro i militanti islamici.
La lista degli errori è molto lunga. A differenza dei leader dell’Occidente, o dell’Asia Orientale, quelli dell’India, litigando costantemente tra loro, non sono riusciti a mettere la sicurezza nazionale al primo posto, al di sopra delle divisioni politiche.
Nella lotta al terrorismo gli sforzi di Delhi sono sempre stati atti di reazione, episodici, piuttosto che dinamici e prolungati. La posizione pubblica assunta nei confronti dell’Islam oscilla tra un rude fanatismo anti-musulmano e un insensato sostegno alle azioni ingiustificate dei musulmani, che sono la causa di tante polemiche.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il fatto di non riuscire né ad attrarre né ad intimidire i suoi vicini filo-islamici – il Pakistan e il Bangladesh – è un chiaro segnale di come l’India non sia in grado di padroneggiare l’arte del buon governo. Infine, l’incapacità di modernizzare la popolazione musulmana, con ben 150 milioni di individui – la seconda più numerosa dopo quella dell’Indonesia – ha generato una comunità che non è in grado di cogliere le nuove opportunità economiche e che si mostra sensibile al fascino dei militanti di fede islamica.
Sicuramente non tutti i problemi dell’India derivano dalle sue stesse azioni. Basti pensare al fatto che, come vicino, si ritrova il Pakistan, un paese fondato su basi religiose, il cui governo – insieme a quelli dell’Iran e dell’Arabia Saudita – è stato a lungo uno dei luoghi principali da cui si è sprigionato il fervore degli attivisti islamici.
Anche il Bangladesh ospita una panoplia di gruppi jihadisti. Come in Pakistan, infatti, qui la visione mondiale dei fanatici dell’Islam sembra essere largamente condivisa, tanto da impedire di contrastare in modo significativo coloro che si rifugiano regolarmente nel paese bengalese per pianificare attacchi contro l’India.
Anche la fallimentare politica americana nei confronti del Pakistan – troppe carote e pochi bastoni – ha contribuito a creare in quella regione una situazione di grave instabilità. Tuttavia, come risposta alla maggior parte degli attacchi terroristici, l’India si limita a ripartire le colpe piuttosto che a cercare una soluzione che possa impedire, o quanto meno minimizzare, l’eventualità che il problema si ripresenti.
Persino l’Indonesia – una nazione ancora povera, a maggioranza musulmana, dove la solidarietà ai militanti è ben più profonda rispetto all’India – ha agito in modo infinitamente più saggio nel riconoscere che proteggere la vita dei propri cittadini rappresenta l’assoluta priorità per ciascun governo. Una forza federale anti-terrorismo, chiamata "Detachment 88", ha garantito sicurezza al paese, senza alcun attacco terroristico in più di tre anni.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Al contrario, i leader dell’India – che senza sosta gironzolano qua e là protetti da guardie del corpo pagate dai cittadini che versano le tasse – non riescono neanche a mettersi d’accordo sul quadro legale necessario a garantire la sicurezza dello stato. Appena giunto al potere nel 2004, il partito del Congresso Nazionale indiano (Indian National Congress), tra i suoi primi atti, ha abolito la legge federale anti-terrorismo, che assicurava una maggiore protezione ai testimoni e più potere alla polizia.
Il partito del Congresso aveva bloccato la legislazione, sempre al livello statale, anche nel paese di Gujarat, guidato dal Partito indiano del Popolo (il Bharatiya Janata Party - BJP) indu-nazionalista e all’opposizione. Ed è stato sempre un governo diretto dal Congresso a prostrarsi di fronte alla pressione dei fondamentalisti, portando l’India ad essere il primo paese a proibire nel 1988 i “Versetti Satanici” di Salman Rushdie, autore nato a Mumbai.
Neanche l’opposizione del BJP si è però distinta in un simile contesto. Nel 1999 il dirottamento di un aereo indiano verso l’Afghanistan, a quel tempo governato dai Talebani, portò un governo guidato dal BJP a rilasciare tre pericolosi militanti, tra i quali Omar Sheikh Saeed, l’ex studente della London School of Economics, che più tardi avrebbe ucciso il reporter del Wall Street Journal Daniel Pearl.
Più di recente, il partito BJP, guidato da solidarietà tribali e religiose e con una certa propensione ai complotti, non è riuscito a richiedere per presunti terroristi hindu lo stesso duro trattamento invocato per quelli musulmani. Partiti minori, soprattutto quelli che dipendono dal voto dei musulmani, sono in competizione tra loro per ottenere l’appoggio dei fondamentalisti.
In breve, dunque, l’approccio indiano al terrorismo si è regolarmente dimostrato casuale e disordinato, privo di una qualsivoglia forza o determinazione. Nell’affrontare le richieste dei fondamentalisti, i leader dell’India, eletti democraticamente, ogni volta hanno preferito capitolare piuttosto che procedere a un confronto sui punti di principio.
La cultura e le istituzioni del paese si sono resi complici di un diffuso senso di separazione dei musulmani dalla cornice nazionale. La diplomazia e l’esercito si sono dimostrati incapaci di stabilizzare l’intera area. Il dramma che si sta vivendo a Mumbai evidenzia il prezzo che indiani e non, colti completamente impreparati, si ritrovano ora a dover pagare.
Tratto da The Wall Street Journal
Traduzione Benedetta Mangano
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Dopo la strage l'esercito riporta la calma in Nigeria
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Angelo D'Addesio
La violenza nel Plateau State scoppia di nuovo e scatena rancori mai sopiti fra le diverse comunità religiose. Tutto è iniziato in occasione delle elezioni suppletive a Jos, città di 800mila abitanti, situata al centro della Nigeria e vero crocevia fra il Nord prevalentemente abitato dalla comunità musulmana e il Sud dove sussistono le popolazioni cristiane.
Le voci sulla vittoria del partito di governo (il People’s democratic Party) contro il partito d’opposizione che però aveva governato sino ad ora a Jos (l’All nigerian’s people party) hanno provocato i primi scontri fra le due opposte fazioni con armi da fuoco e machete, un assalto in cui i due gruppi hanno pensato bene di “arruolare” giovani disoccupati, bande di strada e membri di diverse fazioni religiose.
Il bilancio, dopo gli ultimi giorni di vera e propria guerra, è di circa 400 morti accertati (ma il bilancio potrebbe aumentare, dopo la conta della Croce Rossa), i cui corpi sono stati portati nella Moschea Centrale della città. Migliaia di persone si sono rifugiati nelle moschee, nei seminari e nelle parrocchie, ci sono stati 500 arresti e un coprifuoco che prosegue ancora in quattro quartieri e, che con l’arrivo dell’esercito, ha riportato una calma apparente in città. Una fonte anonima rivela che, nei due giorni di pesante guerriglia cittadina, le fazioni musulmane hanno utilizzato sofisticate “AK Guns” e che numerosi siti religiosi sono stati danneggiati.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Non è la prima volta che Jos si trova al centro di queste forti esplosioni di violenza. Lo scorso anno, durante le elezioni presidenziali che premiarono l’attuale presidente Umaru Yar’Adua, ci furono numerose proteste ai seggi per la ripetizione del voto, ma nel 2001 si raggiunse il culmine con più di un migliaio di morti negli scontri fra cristiani e musulmani.
Gli scontri fra le diverse comunità sono stati sempre molto forti nel Plateau, come in gran parte del Nord e più che rispecchiare una natura politica o religiosa, rappresentano perlopiù una continua lotta economica e territoriale. Nel Plateau in particolare, perdura da anni lo scontro fra i cattolici Tarok, agricoltori stanziali, e i nomadi musulmani Fulani, per il controllo delle fertili terre agricole che si trovano nella parte meridionale della regione.
Nel 2004, sempre nel Plateau, si verificarono nuovi scontri che si estesero nelle regioni settentrionali al punto che l’allora presidente Obasanjo fu costretto a decretare lo stato di emergenza ed a sostituire il governatore a Kano dove la protesta provocò lo sfollamento di 30mila persone. La marcata tribalità, ma anche la facilità di corruzione che coinvolge politici locali ha di fatto approfondito queste rivalità interetniche ed ha favorito anche imprenditori senza scrupoli nella tratta di personale e nel commercio di prodotti agricoli e provocato la morte di 10mila persone in quasi nove anni.
Al momento, centinaia di innocenti, cristiani, animisti e musulmani restano chiusi nelle loro case per via del coprifuoco e di piccoli focolai provocatori nella città, ma tutto dovrebbe esaurirsi in poco tempo. I leader religiosi hanno invitato alla calma e il governatore della regione Jonah Jang ha detto che la situazione sta tornando sotto controllo. Nulla è però così scontato neanche in Nigeria, dove la convivenza religiosa regge ma dove l’estremismo islamico ha trovato il modo di associarsi nel gruppo Al Sunna Wal Jamah, costituito da studenti salafiti, già protagonisti degli scontri nel 2004 sia nel nord della Nigeria che a Lagos che sogna uno stato islamico in stile Taliban e promuove la Sharia.
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E' tempo di riforme effettive e di lungo periodo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Giuseppe Pennisi
Credo sia essenziale trovare una chiave di lettura appropriata per interpretare il decreto legge varato il 28 novembre dal Consiglio dei Ministri allo scopo di imprimere una svolta: l’economia italiana sta slittando verso la recessione (ad una contrazione del pil dello 0,1% nel 2008 sta per fare seguito una dello 0,5% nel 2009). I commenti “a caldo” sono stati i più disparati sia sulla natura sia sui risultati attesi. Da parte del Governo, e d’alcuni settori della stampa, si è posto l’accento sul presunto carattere “strutturale” del provvedimento, mentre l’opposizione ha sostenuto che si tratti di una congerie di misure (“uno spezzatino”) dal fiato corto. Analogamente, per taluni i risultati attesi sarebbero quelli di una leva per la svolta (da contrazione a crescita); per altri, si tratterebbe di pannicelli caldi senza effettivo mordente - incapaci, quindi, di fare cambiare rotta alla nave Italia nelle perigliose ed infine acque della crisi del secolo.
Ad una verifica quantitativa (per quanto lo consentano le informazioni disponibili) si è molto distanti da una manovra strutturale. Di cui, però, si vedono “spiragli” che dovrebbero essere seguiti, a breve, da riforme effettive: in materie quali gli ammortizzatori sociali, la politica tributaria per la famiglia, la revisione dell’Iva e via discorrendo. Vantarsi di ciò che non si è fatto o non si è potuto fare (a ragione dei vincoli europei o di divergenze di vedute tra Ministri) è contro-producente e presta il fianco ad attacchi. Lo tengano in mente Ministri, portavoce, e giornalisti e barracuda-esperti al loro seguito. Soprattutto una sopravvalutazione di una serie di misure “congiunturali” (nel senso etimologico del termine, ossia di breve periodo) con “spiragli” di più ampie riforme (da valutare quanto se ne conosceranno i contenuti) non consente di vedere la portata effettiva del provvedimento.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il decreto legge – lo sappiamo – nasce come prima risposta alla crisi internazionale. Una crisi non soltanto finanziaria ma anche politica – Martin Feldstein e Alberto Alesina lo avevano preconizzato in lavori di circa 15 anni fa. Nell’integrazione politica internazionale (e nell’integrazione monetaria europea) ci sono i germi del conflitto politico – come mostrano le vicende di Mumbay e della Nigeria in questi giorni, la fine del negoziato per la liberalizzazione degli scambi commerciale, il crollo ancora in corso della piramide dei titoli strutturati “tossici”. E’ , quindi, una risposta che viene data in un contesto d’incertezza, non di rischio (il secondo può essere valutato sulla base del calcolo delle probabilità fondato su esperienze precedenti, la prima comporta il cambiamento completo di contesto e, quindi, può essere stimata unicamente sulla base di opzioni che esprimano opportunità e minacce).
All’incertezza del quadro complessivo corrispondono vincoli “certi” non tanto per gli obblighi del patto di crescita e di stabilità quanto per la situazione del nostro stock di debito pubblico e per le difficoltà oggettive di ridurre i saldi negativi dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni (termine tecnico per indicare il deficit annuale consolidato dei conti pubblici). In questa situazione, il decreto s’ispira a due principi:
a) il “maximin rawlsiano” (massimizzare i benefici per le categorie a reddito più basso e più esposte, a ragione della loro fragilità, alla crisi- quindi la social card, le misure per le famiglie meno abbienti, l’accento sulle piccole e medie imprese) ;
b) l’apertura di “spiragli”, o “finestre di opportunità e minacce” (se si vuole utilizzare il lessico della politica economica), per le riforme. Dei numerosi editoriali apparsi sul provvedimento, unicamente quello di Francesco Riccardi su “Avvenire” ha colto la portata degli “spiragli” (ma non il “maximin”) e l’urgenza che su essi si operi con speditezza, efficienza ed efficacia.
Il Governo potrà farlo in condizioni di tanta e tale incertezza? Ritengo di sì. Sempre che sia utilizzata la strumentazione analitica adeguata e che si arrivi a maggiore convergenza (all’interno dell’Esecutivo) su alcuni aspetti tecnici, ma di portata politica, di politica economica (in tema, ad esempio, di contrattazione collettiva). Gli “spiragli” indicati sono “opzioni call”, da esercitare con riforme effettive e di lungo periodo. Prima che sia troppo tardi.
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Il Cav. stanzia 6 miliardi ma per il Pd sono elemosine e conflitti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Giuliano Cazzola
Rieccolo il conflitto d’interessi. Al Governo viene rimproverato di non aver aumentato il canone Rai e di aver allineato al 20% l’aliquota Iva per Sky. Il che ovviamente allo scopo di favorire Mediaset. A sentire la sinistra e gli alleati dell’IdV, dunque, gli italiani dovrebbero scendere in piazza a rivendicare un aumento del famigerato canone (che sarebbe così la sola "tariffa" ad evitare il blocco decretato dal Governo) come se le maggiori somme versate a viale Mazzini non fossero sottratte ad altri, magari più importanti, consumi. Inoltre, sempre per dar prova di virtù repubblicane si sarebbe dovuto consentire a Sky tv di beneficiare di un’Iva dimezzata, come se l’uso della ‘pay tv’ fosse diventato un bene primario.
Abbiamo già compresa, così, la linea di condotta dell’opposizione nei confronti del decreto sulla famiglie e le imprese varato dal Governo venerdì scorso. Mescoleranno la solita paccottiglia del conflitto d’interessi con le consuete critiche ai provvedimenti dell’esecutivo: le risorse sono insufficienti, le misure sono inadeguate, fino ad evocare parole pesanti come elemosina o carità nei confronti di misure qualificate come la social card o il bonus famiglia.
In realtà si tratta, nel 2009, di una manovra da 6,3 miliardi di euro, adottata senza mettere in discussione i saldi del prossimo triennio. Altri 5 miliardi sono previsti tra il 2010 e il 2011. La metà della manovra sarà destinata ai nuclei famigliari e agli ammortizzatori sociali. Le sole misure operative già nel 2008 sono soltanto la social card e il taglio di tre punti degli acconti Ires ed Irap in scadenza il 1° novembre, che sarà poi recuperato successivamente. Si è molto discusso se valesse la pena di "disperdere" le risorse, invero limitate, in molti interventi o se invece non fosse stato più opportuno ed utile concentrarli in alcuni settori ritenuti prioritari. A questo punto, però, i sostenitori di queste tesi critiche si dividono tra chi avrebbe preferito concentrare le disponibilità sugli ammortizzatori sociali e chi sulla famiglia. Chi scrive è convinto, invece, che sia stata una scelta giusta e corretta l’aver affrontato, nella misura del possibile, ma comunque in modo sufficientemente equilibrato, la gran parte dei problemi che angustiano le imprese (l’accesso al credito, la tassazione, ecc.), le famiglie (mutui immobiliari, bonus, social card, tariffe, ecc.) e i lavoratori (ammortizzatori sociali,ecc.). In particolare, va segnalato che in materia di lavoro, oltre al rifinanziamento e all’ampliamento dei soggetti fruitori (significativo il caso dell’inclusione delle Forze dell’ordine e dei militari) e dei criteri per la detassazione dei premi (non più dello straordinario), vengono adottate, per la prima volta, misure di protezione e di difesa del reddito a favore di lavoratori fino ad oggi privi di tutela.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Le forze sociali, con l’eccezione della solita Cgil che ha confermato lo sciopero generale, hanno usato dei toni prudenti nel commentare gli impegni del Governo e le aperture dimostrate nei confronti delle loro istanze. Confermando le misure sulla detassazione il Governo ha praticamente riproposto un contributo decisivo alla riforma della struttura della contrattazione, nel senso che la <mano pubblica> in pratica riuscirà ad orientarla, anche se la Confindustria e le confederazioni sindacali, come è probabile, non fossero in grado di raggiungere un’intesa. E’ evidente che le parti sociali saranno favorite nel negoziare a livello decentrato delle voci attinenti all’incremento della produttività proprio perché il corrispettivo renderà più pesanti le buste paga dei lavoratori. Non va dimenticato, poi, che il pacchetto di Natale non esaurisce l’intervento del Governo. Da luglio ad oggi l’esecutivo ha messo in campo non solo la manovra triennale, ma anche i collegati imprese e lavoro ora all’esame del Senato e la legge finanziaria per il 2009. Nei prossimi giorni, poi, la Camera esaminerà il decreto sul c.d. disagio abitativo. Non si devono dimenticare, poi, le risorse stanziate per il rinnovo dei contratti pubblici. Gli aumenti saranno stati modesti, ma questi lavoratori sono tra i pochi a cui il rinnovo è stato garantito (insieme al posto di lavoro).
In sostanza, il Governo non è stato sicuramente con le mani in mano. Intanto, a chi scrive è capitato di notare che ogni qualvolta succede un pasticcio nel più remoto angolo del mondo, ci sono sempre dei turisti italiani ad andarci di mezzo. Per esempio, che cosa ci fanno in Tailandia 700 concittadini bloccati negli aeroporti ? Sicuramente sono andati lì perché non arrivano alla quarta settimana in Italia.
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Il ciclone giudiziario si abbatte sulla rossa Firenze e il Pd trema
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Gaetano Quagliariello
Dopo circa una settimana, nonostante il “catenaccio” stretto della stampa nazionale, la notizia è infine filtrata: la giunta rossa di Firenze è stata investita da un ciclone giudiziario. Nell'area di Castello, il piano strutturale individua un punto strategico dello sviluppo della città per i prossimi decenni. Proprio su quei 170 ettari (limitrofi all'aeroporto, lungo la direttrice nord-ovest) si concentrano la costruzione di edifici pubblici (le nuove sedi di Regione e Provincia), residenze, alberghi, centri commerciali, oltre a una parte destinata a verde pubblico. Recentemente, nella stessa area è stata proposta anche la realizzazione del nuovo stadio. E, da quel che emerge, i passaggi per definire il progetto sarebbero stati fortemente caldeggiati da un gruppo edile lombardo, proprietario del terreno, che non avrebbe lesinato incoraggiamenti ad amministratori e persone influenti della città. Sicché, posto sotto indagine dalla Procura, l’assessore Gianni Biagi intimo del sindaco Domenici ha rassegnato le dimissioni e la stessa sorte è toccata al direttore della Nazione. Quest'ultimo non figura tra gli indagati ma compare nelle intercettazione telefoniche con i vertici del gruppo imprenditoriale lombardo con un ruolo di mediazione finalizzato alla definizione dell'operazione Castello. Mentre un altro assessore indagato, Graziano Cioni, uomo forte della giunta rossa soprannominato per questo “lo sceriffo”, prova eroicamente a resistere.
La notizia è ghiotta ma non è un lampo a ciel sereno. S’inserisce in un contesto di crisi più ampio. Tanto da far immaginare che, forse, in Toscana potrebbe accadere qualcosa d’importante. Per capire che cosa, conviene ripercorrere brevemente la storia del potere rosso nella regione, cercando di coglierne origini, peculiarità e punti di forza.
Il fatto è che la Toscana non è una regione rossa come le altre. La sua collocazione a sinistra trova origine nella struttura mezzadrile, che nel corso dell’Italia liberale fu la spina dorsale del partito socialista e che poi, nel corso del ventennio, il fascismo seppe conquistare ed egemonizzare. La potenza del Pci nel dopo-guerra s’inserisce in questo stesso solco di continuità. Il che aiuta a capire perché, nei luoghi dove la struttura mezzadrile continuò a permeare il tessuto sociale o si sviluppò dando vita a una piccola imprenditoria a sfondo familiare, il potere rosso si stabilì indisturbato. Mentre nelle aree urbane e in alcune enclave tradizionalmente più autonome (Lucca e il grossetano) la democrazia cristiana e le forze del centro-sinistra riuscirono a lungo a resistere. In questo scenario la stessa Firenze non può considerarsi una città stabilmente collocata a sinistra, come i nomi di alcuni dei suoi sindaci - La Pira, Bargellini e Conti - bastano ad attestare.
L’origine sociale e la scia di continuità che il potere rosso seppe sfruttare chiariscono anche perché qui, a differenza che nella vicina Emilia, l’egemonia di sinistra si sia iscritta nel segno della conservazione, se non proprio dell’immobilismo. In Toscana, infatti, la sinistra non è stata protagonista di nessuna sperimentazione sociale né ha tentato di dare risposte inedite alla sfide della modernità. Ha avuto la più elementare pretesa di gestire lo status quo come garante di un relativo benessere, eliminando ogni alternativa e guardando con fastidio persino a ogni innovazione interna.
Questa ricetta, in particolare dopo la fine de
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Alitalia, Scajola: "Cai partirà dopo Natale"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il rinvio dell’operatività è finalizzato a evitare il congestionamento dei voli durante le vacanze. L’accordo economico con Cai è operativo da ieri. Il ministro: "Spero che la Newco possa avere gli stessi livelli di qualità"
Bruxelles - "La Cai diventerà operativa dopo le vacanze di Natale". Entrando all’incontro con il commissario Ue alle Politiche Regionali, Danuta Hubner, insieme al collega dell’Economia, Giulio Tremonti, il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha fatto sapere che "il cambio alla cloche avverrà dopo le vacanze natalizie".
L'avvio della nuova compagnia "L’avvio della nuova Alitalia sarà dopo le vacanze di Natale per evitare il periodo più congestionato delle ferie natalizie. Da ieri sono partiti tutti gli effetti economici dell’accordo e questo non è stato modificato". Secondo il ministro, non è "un grosso problema se l’operatività è dopo 10-15 giorni". "Con tutti i problemi che ci sono stati questo è sicuramente il minore", ha aggiunto Scajola sottolineando l'importanza del "salto nella qualità del servizio che ci sarà": "Alitalia tornerà ad avere un alto livello di servizio come quando era una grande compagnia". Ieri una nota del commissario di Alitalia Augusto Fantozzi ha confermato che il passaggio degli oneri per l’attività della compagnia sono a partire da ieri e che il closing del trasferimento di beni e contratti avverrà il 12 dicembre.
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Acqua alta record, Venezia è sommersa I sindacati scioperano
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L'ondata più violenta degli ultimi 20 anni travolge la laguna: allagata pure San Marco. I comitati di base bloccano i trasporti. Traghetti fermi, cittadini e turisti nel pantano. Il retroscena: allerta ignorata
Venezia - Ai capricci dello scirocco che ha soffiato su Venezia un’alta marea da record, 1,56 metri, roba che capita una volta ogni vent’anni, si è aggiunta la genialità del sindacato Rdb-Cub, che invece di scioperi ne dichiara uno ogni trenta minuti. E così, mentre i veneziani giravano inzuppati nell’acqua, i sindacati di base festeggiavano la mattinata orribile con uno sciopero dei trasporti, che a Venezia vuol dire vaporetti.
Non che da queste parti non siano abituati alle bizze della marea, ma andare sotto di un metro e 56 e rimanere bloccati, o quasi, a causa dell’astensione dal lavoro del 63 per cento del personale del primo turno (i dati sono stati diffusi dall’azienda dei trasporti veneziana, l’Actv), è qualcosa che ha a che fare col delirio. Ecco, sì, ieri Venezia era in preda a una sorta di delirio collettivo, che alla fine, paradossalmente, è stato utile per superare quelle tragiche ore della mattina in cui è capitato di tutto. Dalla sposina di Chioggia che ha rischiato di mandare a monte il matrimonio, fissato per mezzogiorno in municipio, puntualmente allagato, e che si è presentata appena in tempo con un’imbarcazione di fortuna, agli studenti del liceo Foscarini che si sono mobilitati per salvare i preziosi strumenti conservati al museo di fisica Traversi. Fino alla spiacevole visita delle acque nella cripta della Basilica di San Marco, che teoricamente dovrebbe avere un sistema di protezione che, evidentemente, non ha retto.
Giornata da tregenda, insomma, per questa meravigliosa città di sommersi. I più inviperiti, al solito, i commercianti, quelli che hanno le vetrine al piano terra e che si sono visti affogare vestiti, mobili e quant’altro. Danni difficili da quantificare, ma sicuramente ingenti. Il sindaco Massimo Cacciari ha ringraziato il ministro Bondi, che aveva offerto l’aiuto della Protezione civile, ma ha cercato di minimizzare. «È stata una marea eccezionale, la quarta in assoluto nell’ultimo secolo - ha rilevato - ma ha fatto solo dei danni, che quantificheremo nei prossimi giorni. Non ci sono stati né morti né feriti, e nessun palazzo è crollato a terra, cose che giustificherebbero lo stato di calamità».
Di diverso avviso il presidente della Provincia, Davide Zoggia, che ha chiesto lo stato di emergenza per i comuni del Veneto orientale. Inevitabili le polemiche sul Mose, l’opera che, se fosse già attiva, avrebbe evitato l’allagamento. Per Cacciari, da sempre scettico sulla diga mobile, «il Mose ci salverà una volta ogni 23 anni, visto che l’ultima acqua alta di questa portata è stata nel 1986». Per Giorgio Orsoni, primo procuratore della Basilica di San Marco, «qualcuno dovrebbe riflettere sull’opposizione che è stata fatta al Mose e in qualche modo anche vergognarsi».
Parole, da un versante e dall’altro, che i veneziani ascoltano dalla notte dei tempi e che ieri non hanno avuto tempo di risentire, occupati com’erano a trovare un modo per muoversi in questa città di fantasmi. Dopo le 13, con la marea in discesa, il sindacato ha annunciato la sospensione dello sciopero. Irriferibili i commenti dei veneziani che, con quegli stivaloni ascellari, sembravano ma
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Nuovi messaggi di oggi
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La Lega: "Stop alle nuove moschee"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
Maroni: "Non sempre luoghi di culto"
Roberto Cota: "Moratoria a tempo indeterminato sulla costruzione di nuove moschee finché il parlamento non approverà una legge che ne regolamenti l’edificazione". Il ministro Maroni: "Non dire no solo perché proposto dalla Lega". Rifondazione e Pdci: "E' un'idea folle e illegale"
Roma - Il tema è tornato di strettissima attualità dopo che due marocchini sono stati tratti in arresto per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale. Volevano colpire Milano e stavano progettando attentati contro obiettivi civili e militari. Si erano addestrati su internet e avevano già la mappa degli obiettivi da colpire. Ma sono stati fermati in tempo. Uno degli arrestati faceva il predicatore in un centro "culturale" di Macherio. Dalla cronaca alla politica il passaggio è breve. La Lega Nord torna a chiedere una moratoria per la costruzione di nuove moschee. La proposta viene rilanciata dal capogruppo del Carroccio alla Camera Roberto Cota.
Moratoria "Chiediamo una moratoria a tempo indeterminato - sottolinea il presidente del gruppo del Carroccio a Montecitorio - sulla costruzione di nuove moschee e presunti centri culturali finché il parlamento non approverà una legge che regolamenti l’edificazione di luoghi di culto che non abbiano sottoscritto intese con lo Stato", afferma Cota in un comunicato.
Proposta di legge "Presenteremo una mozione parlamentare in tal senso. Esiste già una nostra proposta di legge per la regolamentazione della costruzione di questi luoghi di culto di cui abbiamo chiesto la calendarizzazione in aula".
Maroni: "No a veti ideologici" Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, non chiude alla proposta di Cota. Interpellato dai giornalisti in Transatlantico, il titolare del Viminale osserva: "Il parlamento farà le sue valutazioni, ma dire di no solo perché l’ha proposto la Lega mi sembra il solito balletto dettato dal pregiudizio". Il problema, ha spiegato Maroni, "è come fare per evitare che persone vadano in un luogo e scarichino da internet il metodo per costruire una bomba e far saltare una caserma dei carabinieri. Questo - ha sottolineato - è il mio problema, perchè è ciò che è avvenuto a Macherio, dove, in questo centro culturale-moschea-scuola-ristorante, i due marocchini indagati e arrestati ieri non andavano a pregare, ma a progettare attentati e ciò non è tollerabile". "Per la prima volta - ha aggiunto il ministro - abbiamo trovato due che volevano fare attentati in Italia e non all’estero".
Rifondazione: "Proposta folle e illegale" La proposta della Lega "è soltanto l’ennesimo, disgustoso e vergognoso atto di una campagna becera e folle come quella che i più ciechi e feroci integralisti nostrani, i leghisti, stanno portando avanti da molto tempo". È il commento che arriva da Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc. "Si tratterebbe, peraltro - dice - di una norma palesemente anticostituzionale, visto che nel nostro Paese la libertà di culto è sacra e sancita nella nostra Carta costituzionale, oltre che del tutto inefficace".
Il Pdci: "E' intollerabile" L'ennesimo tentativo della Lega di criminalizzare i cittadini islamici che vivono in Italia è intollerabile". Lo dice Maur
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
"Le moschee? Chiudere i covi dei terroristi"
di Francesca Angeli Il ministro delle Politiche europee Ronchi rilancia l’allarme di Maroni: "Il fondamentalismo ha fatto un salto di qualità. Vanno censiti e controllati tutti i luoghi di culto. E l’Ucoii va esclusa dalla gestione"
Roma «In Italia assistiamo ad un salto qualità sul fronte del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. Non possiamo permetterci dubbi e tentennamenti. Vedo analogie con la situazione inglese: anche lì i terroristi erano perfettamente integrati nel tessuto sociale. Da tempo denuncio i rischi di questa situazione. Mi pare che il ministro dell’Interno, Maroni stia operando molto bene. Occorrono controlli più stretti e capillari; censimento di tutte le moschee, i luoghi di culto ed i centri culturali di ispirazione islamica; l’albo degli imam e prediche in italiano».
Ministro Ronchi dove ed in che modo si può intervenire senza limitare la libertà di culto?
«Da anni sostengo che le grandi moschee sorte sul nostro territorio rappresentano insediamenti assolutamente sproporzionati rispetto alla reale esigenza dei fedeli. Soltanto il 10 per cento dei residenti musulmani in Italia è praticante. Le grandi moschee rappresentano un inutile vulnus dal punto di vista urbanistico e oltretutto proprio a causa delle proporzioni sono aperte ad infiltrazioni di ogni tipo, anche terroristico, e diventano un problema di ordine pubblico».
Sarebbe favorevole ad un referendum locale?
«Perché no? Anche se so già che i cittadini sono molto preoccupati perché ho questo problema a cuore da sempre. Voglio sottolineare con forza che in tutti questi comuni dove sono state edificate moschee enormi le giunte che lo hanno permesso, tutte di centrosinistra, sono colpevoli. Con incredibile leggerezza ed indifferenza hanno permesso che si aprissero luoghi di culto e centri culturali senza un minimo di controllo. Ora c’è un vero e proprio fiume carsico che scorre lungo la penisola e rappresenta un rischio concreto. Tutte queste grandi moschee poi sono collegate da un filo rosso: l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia che le promuove le gestisce e che ha un legame stretto con il fondamentalismo».
Che cosa propone?
«Estromettere l’Ucoii dalla gestione delle moschee bloccando quelle coordinate da questa organizzazione. Ricordo che nel 2006 l’Ucoii comprò un’intera pagina su alcuni quotidiani paragonando Israele ai nazisti. Un’organizzazione che non riconosce la legittimità dello Stato di Israele andava subito estromessa dalla Consulta islamica insediata al Viminale. Ed invece non soltanto l’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato non fece nulla ma poi fu l’Ucoii a bloccare i lavori della Consulta perché si rifiutò di firmare la Carta dei valori che andava condivisa da tutte le comunità islamiche presenti in Italia. Non possiamo più dare visibilità e valore di rappresentanza ad un’organizzazione troppo vicina al fondamentalismo estremista come l’Ucoii. Prima di tutto per rispetto di tutti gli islamici moderati che non vogliono avere nulla a che fare con l’Ucoii».
Non ci sono soltanto le grandi moschee...
«Questo è il problema più grande la proliferazione degli invisibili: garage, scantinati, appartamenti. Non possiamo permetterci di fare confusione: noi difendiamo la libertà di culto. Su questo pu
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Cossiga a Tettamanzi: ...e un muezzin sul tetto del Duomo!
“Signor Cardinale, ho letto il Suo appello a favore della costruzione di moschee in ogni quartiere di Milano in nome della libertà religiosa e del ‘confronto leale’ e del ‘dialogo costruttivo’ tra la Chiesa Ambrosiana e l’Islam, nel nome dell’‘Unico Iddio Grande e Misericordioso’, Allah, che in Arabo vuol dire anche per i cristiani: ‘Dio’; in fondo è meglio che i milanesi adorino Dio anche se secondo il credo islamico e che vadano in moschea, che non lo preghino affatto”. Così il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga in una lettera all’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi. “Essendo più giovane di Lei – continua Cossiga - ricordo bene quando monsignor Giovanni Battista Montini, ancora non cardinale, prese l’iniziativa per la raccolta di somme per la costruzione di nuove chiese. Penso che, mutatis mutandis, Lei potrebbe cercare di fare qualcosa di simile non per la costruzione di Chiese, ma per la costruzione di moschee, perché unico è Dio, magari chiedendo che gli imam adottino un rito ambrosiano, frutto di un ‘confronto leale’ e di un ‘dialogo costruttivo’, e anche con una traduzione del Corano in meneghino”.
“Qualora non si reperiscano i fondi necessari – sottolinea Cossiga -, sempre un ‘confronto leale’ e di un ‘dialogo costruttivo’, la diocesi di Milano potrebbe cedere alcune delle chiese costruite da monsignor Montini ai musulmani, e magari concedere per alcuni giorni alla settimana lo stesso Duomo di Milano perché si celebrino i riti islamici, e anche, perché no? dare al capo degli Imam di Milano uno spazio nel Palazzo Arcivescovile per farne la sua sede e la sua residenza, palazzo su cui lasciare issare anche la bandiera verde dell’Islam. Non crede che, sempre nello spirito di un ‘confronto leale’ e di un ‘dialogo costruttivo’ siano delle buone idee? E poi per Lei ci potrebbe anche scappare il titolo di Grande Imam Onorario d’Italia. Con deferenza Francesco Cossiga.
P.S. Un’altra idea che io Le sottopongo nello spirito di un ‘confronto leale’ e di un ‘dialogo costruttivo’: far recitare le preghiere rituali dal muezzin, con un idoneo impianto di diffusione, da uno dei pinnacoli del Duomo”.
IL VELINO
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
Bravo Cossiga!
Andrea
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Why Not, Napolitano vuole chiarimenti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 9 della discussione
Salerno-Catanzaro: guerra tra procure
di Anna Maria Greco
Caos giustizia: Catanzaro indaga sui pm di Salerno. Gli uffici giudiziari del capoluogo calabrese al contrattacco: avvisi di garanzia a sette colleghi campani. Esplode il conflitto sul caso De Magistris. Il capo dello Stato chiede gli atti (i retroscena della mossa del Quirinale): "Gravi implicazioni". Mancino al Csm: "Sono pronto a lasciare"
Roma - Quella di Catanzaro è una «vicenda senza precedenti» per Giorgio Napolitano e anche il comportamento del capo dello Stato è del tutto eccezionale. Prima, chiede notizie al Procuratore generale di Salerno, per capire i motivi delle perquisizioni in grande stile, degli avvisi di garanzia che tre giorni fa hanno colpito magistrati, politici e imprenditori e dei sequestri dei fascicoli di inchieste in corso: la Poseidone e la Why not, che aveva tra gli indagati l’allora premier Romano Prodi e il suo Guardasigilli Clemente Mastella, iniziate dal pm di Catanzaro Luigi De Magistris e ora in diverse mani. Poi, rivolge la stessa richiesta anche al Procuratore generale di Catanzaro, esprimendo «grave preoccupazione» per l’«aperto, aspro contrasto» in corso tra gli uffici giudiziari. «Fatti che non devono accadere. Credo che il Csm si appresti a intervenire», commenta il premier Silvio Berlusconi nel pieno della bufera. E il Guardasigilli Angelino Alfano si augura che vicende come questa inducano il Pd a votare con la maggioranza la riforma della giustizia.
Lo scenario, per diversi politici del centrodestra, è da «guerra tra bande» di magistrati. E lo stesso Csm si trova sotto accusa per aver condannato De Magistris che, secondo le toghe di Salerno, è stato vittima di un «complotto». Palazzo de’ Marescialli ha dunque partecipato in qualche modo alle manovre per sottrarre a De Magistris le indagini? La situazione, al Csm, è particolarmente delicata perché nell’indagine Why not emerge anche il nome del vicepresidente, Nicola Mancino, per una chiamata dal suo telefono al principale indagato, Antonio Saladino. L’interessato spiega che l’ha fatta un suo collaboratore, ma si dice pronto alle dimissioni se peseranno «ombre» su di lui. «Non avrei esitazione a togliere l’incomodo». Una risposta «troppo signorile» per Alfano. E questo, mentre il Csm si prepara ad occuparsi proprio dell’affaire Catanzaro.
In questo quadro, il Quirinale interviene sostenendo che «forme e modalità di esecuzione» del blitz salernitano suscitano «inquietanti interrogativi». Soprattutto, perché il sequestro dei fascicoli ha provocato l’interruzione di indagini in corso, «la paralisi della funzione processuale». Napolitano, che è anche presidente del Csm non interviene in questa veste, ma direttamente (Palazzo de’ Marescialli a sua volta ha chiesto gli atti), in difesa del principio costituzionale dell’ «indefettibilità della giurisdizione», dell’«efficienza del processo». Ma Antonio Di Pietro esprime «riserve sul modo e il tono» usati dal Quirinale. «Così - dice - si rischia di criminalizzare preventivamente l’attività di Salerno».
Napolitano scende in campo dopo le proteste del Procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, uno di quelli che hanno ricevuto l’avviso di garanzia. Si sarebbe rifiutato di trasmettere ap
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
De Magistris, il Csm decapita le procure
Il ministro Alfano: azione tempestiva
"Incompatibilità funzionale e ambientale". Decisione all'unanimità. Il presidente della prima Commissione, Ugo Bergamo. "È un passo importante per restituire al Consiglio autorevolezza e, soprattutto, credibilità alla magistratura". Martedì proseguiranno le audizioni. La conclusione subito dopo Natale
Roma - Il Csm ha avviato la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale a carico del procuratore capo di Catanzaro, Luigi Apicella, e del procuratore generale di Catanzaro Enzo Iannelli. Sono le conclusioni alle quali è giunta la Prima Commissione di Palazzo dei Marescialli, a conclusione della giornata di audizioni sullo scontro che ha visto protagonisti le procure di Salerno e Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta sull’ex pm calabrese Luigi De Magistris.
Decisione all'unanimità La decisione è stata assunta all’unanimità, ha spiegato il presidente della Commissione, Ugo Bergamo, nella conferenza stampa. L’intervento dell’organo di autogoverno della magistratura, ha rivendicato Bergamo, è stato "Tempestivo. È un passo importante per restituire al Consiglio autorevolezza e, soprattutto, credibilità alla magistratura". La decisione di promuovere un procedimento a carico dei procuratori "non è un giudizio" ha detto Bergamo. "E' un passo formale che credo sia da apprezzare perché avviene senza logiche dilatorie e senza attendere che altre pressioni e autorità possano influenzare le decisioni". Alla domanda dei giornalisti su quale fossero state le motivazioni principali che hanno portato il Csm alle audizioni di oggi e di martedì e alla decisione di intraprendere la procedura per incompatibilità ambientale, il presidente Bergamo ha risposto: "Abbiamo registrato tensioni tra le due procure e nei rapporti complessivi tra gli ambienti di Salerno e Catanzaro che rendono necessario capire appunto se esiste un' incompatibilità ambientale e di conseguenza anche funzionale".
Martedì nuove audizioni Ma l’istruttoria del Csm va avanti. Martedì saranno ascoltati altri pubblici ministeri dei due uffici requirenti. Si tratta dei pm di Catanzaro Salvatore Curcio e Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, titolari dell’inchiesta Why not e firmatari del controsequestro del fascicolo. Per la procura di Salerno saranno invece ascoltati i pm Gabriella Nuzzi, Dionigo Verasani, titolari del procedimento a carico dei magistrati di Catanzaro, e ancora Antonio Centore, Fabrizio Gambardella, Roberto Penna e Vincenzo Senatore. Tutti questi magistrati hanno partecipato al sequestro e alle perquisizioni che si sono svolte alla procura di Catanzaro e nelle abitazioni dei pubblici ministeri di quell’ufficio. "La conclusione è prevista - ha spiegato il presidente della Prima Commissione Ugo Bergamo - subito dopo Natale".
Mancino ha informato Napolitano La prima commissione del Csm ha subito informato il vice presidente Nicola Mancino delle conclusioni alle quali è giunta dopo aver ascoltato i vertici degli uffici giudiziari di Salerno e Catanzaro. "Credo che Mancino lo abbia già riferito al Capo dello Stato", ha detto Ugo Bergamo.
Alfano: bene il Csm "Apprezzo la tempestività del Csm, spero che con altrettanta tempestività mi inviino le
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È scoppiata la Tangentopoli del Pd
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Veltroni si affida ai pm contro D'Alema
di Peppino Caldarola Da Foggia a Trento, da Napoli a Firenze le giunte rette dai democratici finiscono sotto inchiesta. La questione morale scuote il partito. Il piano di Veltroni? Usarla per far fuori l’eterno nemico D’Alema. Tutti gli scandali caso per caso: Abruzzo, Crotone, Firenze, Foggia, Genova, Napoli, Trento
Roma - Il gen. Veltroni dispiega le sue truppe sul fronte del Sud. È cominciato il nuovo Wargame democratico. Il portavoce dell’esercito confederato, il tenente colonnello Giorgio Tonini, ha lanciato l’ultimatum. Il diktat è secco ed è rivolto ai dalemiani. «Ritiratevi - ha proclamato Tonini sull’Espresso - o vi stermineremo tutti». Il gen. D’Alema, tornato dal paese di Pancho Villa, pseudonimo di Doroteo Arango Arambula, col proposito di fare piazza pulita delle truppe veltroniane, ha chiesto la tregua e riconosce la leadership dell’ex sindaco di Roma. Fuori di metafora sta per iniziare la più drammatica battaglia finale fra i due dioscuri del Pd. L’esito non è scontato. Il modello di Wargame elaborato dagli strateghi veltroniani ricorda la battaglia finale contro Craxi condotta negli anni in cui regnava Occhetto e Mani Pulite liquidava l’anomalia socialista.
Non c’è realtà del Mezzogiorno, con punte che arrivano fino a Firenze, in cui la «questione morale» non stia devastando il potere locale del Pd. Il caso limite è a Napoli dove un’intera stagione, contrassegnata dal super potere di Antonio Bassolino e dall’annichilimento di tutta la classe politica avversaria, sta volgendo al termine. Un’inchiesta via l’altra sembrano scandire gli ultimi giorni dell’impero di don Antonio. La Calabria è un altro dei nervi scoperti del potere Pd e più in generale del vecchio centro-sinistra. La Basilicata è entrata nell’occhio del ciclone. Si attendono notizie dalla Puglia.
Il Pd meridionale è quasi interamente dalemiano. Non c’è dappertutto una gestione diretta del líder Maximo, ma tutti i protagonisti della vita politica, e spesso delle inchieste, hanno fatto riferimento all’ex premier. Veltroni, appena incoronato capo del partito avverso a Berlusconi, si era segnato in agenda la resa dei conti nel Sud. Per un lungo periodo aveva rifiutato l’idea di un coordinamento del Pd del Nord per evitare che il coordinamento del Pd del Sud finisse nelle mani di Nicola Latorre, splendido luogotenente di Massimo D’Alema. In questa parte del Paese il tentativo di inserimento del nuovo leader si era bloccato di fronte alle resistenze dei dalemiani. Una classe dirigente ex comunista e democristiana, che aveva cercato nel potere locale quella forza che perdeva nel radicamento sociale, si era rivolta a D’Alema come al suo principale protettore. E D’Alema aveva accettato l’investitura persino nel feudo di Antonio Bassol
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Tangentopoli, il Pd finisce per strada
Domenici s'incatena sotto Repubblica
di Massimo Malpica La protesta del sindaco di Firenze. Tra le mani un cartello contro "l’informazione distorta". Legato al palo due ore, poi apre il lucchetto e va a pranzo.
Roma Incatenato a un palo del parcheggio di via Colombo, a Roma, davanti all’ingresso del gruppo Repubblica-L’Espresso con un cartello che recita: «No all’informazione distorta, sì alla difesa della onorabilità e della dignità». Mentre nel Pd scoppia la questione morale, il sindaco di Firenze e presidente dell’Anci Leonardo Domenici, accompagnato da due collaboratori e da un poliziotto di scorta, sceglie una forma di protesta a dir poco inconsueta per manifestare contro il modo, secondo lui scorretto, in cui il quotidiano e il settimanale hanno trattato l’inchiesta sull’affaire Sai-Fondiaria. Vicenda che ha visto due assessori della giunta di Domenici colpiti da avviso di garanzia.
Protesta inconsueta, quella di «simulare» la gogna mediatica proprio per trovar spazio sui media e che appare francamente un po’ sproporzionata. Per quanto poco duratura, visto che meno di due ore dopo il lucchetto si apre e il sindaco, finalmente «scatenato», se ne va a pranzo. Tra mezzogiorno e le due, però, Domenici strappa un discreto palcoscenico che usa per lanciare strali contro l’«informazione distorta». Ma la cosa che più di altre ribadisce a microfoni e taccuini che lo circondano mentre è legato al palo, alla fine è di non aver digerito un titolo che parlava del suo interrogatorio in procura come di un’«onta», mentre lui dal magistrato ci è andato spontaneamente. Il resto è questione di distinguo sui termini: per lui l’incontro con Ligresti e Della Valle è «riservato» e non «segreto». E dunque Domenici spiega di non avercela «con i giornalisti del Gruppo», perché sono solo «determinati articoli con gravi inesattezze» a non essergli andati giù, tanto da indurlo prima a querelare sia Repubblica che l’Espresso e poi, ieri mattina, a optare per questa clamorosa forma di protesta.
Ovviamente il primo cittadino fiorentino, mentre il suo staff lo conforta passandogli cioccolata, non manca di precisare che «c’è un evidente attacco politico al Pd», pur ammettendo che nel Partito democratico «che è una sommatoria di correnti, io non ci sto proprio benissimo». Ma subito aggiunge che Veltroni, con la sua scelta, non c’entra. «Vi pare che avrei coinvolto i vertici del Pd in questa iniziativa? È una mia iniziativa personale. E ci tengo a dirlo», spiega Domenici. Definendo la protesta «lontana dal mio carattere» ma necessaria, in quanto «l’unica strada per farmi ascoltare». Evidentemente l’intervista concessa ieri a un importante quotidiano serviva solo a farsi leggere. La scena surreale - Domenici incatenato mentre lì accanto la sbarra si alza e si abbassa per far passare i perplessi redattori del quotidiano di Mauro che arrivavano al lavoro - va avanti fino a quasi le due, poi la protesta cessa, il sindaco va via e cominciano a piovere le reazioni: l’attacco alla stampa del primo cittadino del Pd non solleva, nella sua parte politica, lo stesso sdegno provocato giorni fa dalle lamentazioni sul comportamento dei media da parte del premier per la vicenda dell’Iva di Sky. Il portavoce del Pd, Andrea Orlando, parla di «reazione di una persona per bene che si sente colpita nella sua dignità», il sindaco di Venezia Mass
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Un Castello di affari e veleni: il caso che sconvolge Firenze
di Stefano Filippi Nel mirino della Procura il progetto miliardario sull’area periferica. Tra gli indagati anche due assessori della giunta di centrosinistra
Lascia la politica, il sindaco Leonardo Domenici. È schifato da compagni di partito, giornali, giudici. Dice di essere «sotto attacco concentrico di destra e sinistra», timorose che «l'eccezionale risultato delle politiche» (48,5 per cento al Partito democratico) si replichi alle amministrative e la città sia retta da un monocolore. Domenici butta in politica l'inchiesta sull'area di Castello che ha terremotato la sua giunta e aperto la questione morale nel Pd. Ma la magistratura ha altre carte in mano.
Lo scandalo scoppia il 18 novembre: il nuovo procuratore, Giuseppe Quattrocchi, è nel capoluogo toscano da un mese. Partono sette avvisi di garanzia per corruzione, i carabinieri del Ros mettono sotto sequestro preventivo un'area di 168 ettari, sospese opere per un miliardo di euro. L'inchiesta sospetta un fitto intreccio di favori personali e interessi privati in cambio di lavori pubblici, licenze, concessioni. Le indagini si intrecciano con la guerra interna al Pd di Firenze, dilaniato dalla corsa alle primarie per la successione a Domenici, e ora indebolito da una raffica di dimissioni eccellenti.
Tutto ruota attorno al futuro della zona di Castello, enorme superficie alla periferia nord-ovest di Firenze tra l'aeroporto di Peretola, la ferrovia, l'autostrada e il luogo dove dovrebbe sorgere il nuovo inceneritore. Il terreno appartiene a Fondiaria-Sai, del gruppo Ligresti. Dopo anni di discussioni, nel 2005 viene siglata una convenzione tra il comune e l'impresa: metà abbondante dell'area sarà destinata a edilizia privata e pubblica (case, negozi, uffici, un albergo, le nuove sedi di provincia e regione) per 1,4 milioni di metri cubi, il resto (80 ettari) diventerà un parco a compensazione della colata di cemento. L'operazione vale un miliardo di euro.
Si doveva partire con la realizzazione del verde pubblico, ma tutto resta fermo fino a qualche mese fa, quando si viene a sapere che i lavori cominceranno con la parte privata. Il 19 settembre, poi, l'industriale Diego Della Valle presenta il suo progetto di «cittadella viola» con nuovo stadio, centro commerciale, palestre: un'idea che si dovrebbe sviluppare su 70-90 ettari, dice il patron della Fiorentina. Guarda caso: al Castello ce ne sono 80, unica area libera in città. E il sindaco, desideroso di lasciare un segno duraturo al termine del suo decennio, propone una variante al piano strutturale con lo stadio a scapito del parco. Che peraltro «mi fa cagare da sempre», come ha confessato all'assessore all'urbanistica Gianni Biagi, suo fedelissimo, in una telefonata intercettata.
Secondo la magistratura, dietro le quinte si muove un comitato d'affari. Gli avvisi di garanzia raggiungono, tra gli altri, l'assessore Biagi; il suo collega-sceriffo Graziano Cioni, famoso per le campagne contro accattoni e lavavetri, candidato alle primarie del Pd; Salvatore Ligresti e il suo braccio destro Fausto Rapisarda, già coinvolto in Tangentopoli nell'inchiesta Eni-Sai.
Dalle intercettazioni riportate nelle 144 pagine dell'ordinanza emergono i rapporti tra gli uomini di Ligresti e quelli di Domenici. Biagi tratta direttamente con Rapisarda («sto lavorando per voi»), indica i progettisti di fid
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Walter giustizialista non si fa fermare dalle contestazioni
di Antonio Signorini Nessuna apertura ai compagni nei guai giudiziari. L’appello di 54 deputati: siamo lontani dagli italiani
Roma Da Walter Veltroni tutti, a questo punto, si aspettavano una qualche apertura. Toni concilianti e una mano tesa ai colleghi travolti dalla tempesta giudiziaria, anche solo per mettere a tacere chi lo accusa di cavalcare la questione morale solo per far calare lamannaiasugliavversariinterni. O, peggio, perché non riesce a reggere la concorrenza di Antonio Di Pietro. Qualcosina in più del sostegno a Iervolino e Domenici di venerdì. Invece niente, nemmeno un «ma anche» per graziare gli altri compagni di partito in difficoltà. Al contrario, commentavano esponenti dalemiani, ieri il segretario Pd ha firmato sul Corriere della sera na lettera «chesembra scritta da Travaglio». E titolata significativamente «Non difendiamo l’indifendibile».
Ragionamento sulla questione morale che è stato interpretato come la volontà di non fare prigionieri. Perché oltre alla necessità arginare il più possibile gli effetti delle inchieste giudiziarie, c’è l’indicazione tutta politica a «scommettere in modo ancora più deciso sull’innovazione». Un cambiamento da gestire insieme ai colonnelli? Nemmeno per sogno: «Noi scommettiamo sulla democrazia diretta, dei nostri elettori, gli unici titolari», con le primarie, della decisione «sulle prime cariche di partito». Con buona pace degli appelli di questi giorni alla «gestione collegiale», come quello che gli era arrivato da Rosy Bindi, che ieri ha ridimensionato gli obiettivi chiedendoun Pd «un po’ più federale».
Basso profilo per gli ex Margherita, a partire da Francesco Rutelli che ha confermato di nonvoler andare alla guerra con il segretario, se non per la collocazione europea del Pd. Decisamente in ritirata i dalemiani che sono rimasti più o meno muti. Anche perché tra le truppe della corrente più ostile al segretario, ieri serpeggiava l’impressione di essere stati abbandonati dal Líder maximo.
Pd normalizzato sotto la guida diVeltroni? Nemmeno per sogno. Il malcontento è palese in periferia e anche nei palazzi romani della sinistra. Dall’Emilia Romagna Sergio Cofferati preme sulla linea giustizialista, dice che tra i militanti «sale la rabbia» e invita gli inquisiti a farsi da parte; Firenze nella bufera, con il sindaco Leonardo Domenici che si incatena, con motivazioni opposte rispetto a quelle di Cofferati, davanti alla sede della Repubblica. Dalla Sardegna persino un veltroniano di provata fede come il governatore Renato Soru, sente di appartenere a un partito che ha «dimenticato il bene comune».
A Roma non va meglio. Il malcontento si è manifestato attraverso una appello chiamato «Per ripartire», promosso dal dalemiano Gianni Cuperlo e firmato da 54 deputati, compresi veltroniani come Paola Concia e Antonio Boccuzzi. Tesi di fondo: il Pd è lontano dal paese reale. Noi,spiega Cuperlo «vogliamo superare il rischio di diventare una federazione di partiti separati». Insomma, basta guerre intestine. Un messaggio in vista della direzione del 19, che dovrebbe essere quella del chiarimento, ma rischia di essere svuotata. La lista dei temi da affrontare è lunga e complessa anche se, come sembra, nessuno chiederà conto a Veltroni delle scelte passate.
Ci sono abbastanza gra
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Direi che con questo gesto, più che difendere la propria onorabilità, gli ha dato il colpo di grazia.
Andrea
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Sarkozy incontra il Dalai Lama
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il presidente francese e il leader tibetano si vedono oggi in Polonia nonostante le proteste della Cina
Non sono bastate le minacce di Pechino a Parigi di un boicottaggio economico e l’annullamento dei vertici Ue-Cina e Francia-Cina in programma l’1 e il 2 dicembre. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, oggi in Polonia per il venticinquennale del premio Nobel a Lech Walesa, incontrerà il Dalai Lama.
Di fronte alle proteste cinesi per l’incontro che avverrà oggi a Gdansk tra il capo spirituale tibetano e Sarkozy, la presidenza francese si è dichiarata «serena», sottolineando che i cinesi e i francesi hanno tutto l’interesse a mantenere buone relazioni. «Per i cinesi, la riunione tra il capo dello Stato e il Dalai Lama è tutto tranne una sorpresa» poiché il presidente francese ha avvertito i cinesi che avrebbe comunque incontrato il Dalai Lama «prima della fine di quest’anno», ha sottolineato l’Eliseo in una nota. La Francia «non può lasciarsi dettare la propria condotta neanche dagli amici», ha dichiarato la settimana scorsa il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Cina contro Sarkozy per l'incontro col Dalai Lama: dura protesta Pechino - La Cina ha avanzato "una forte protesta" nei confronti della Francia dopo l'incontro di ieri fra il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e il Dalai Lama in Polonia. Lo ha annunciato in serata la tv nazionale CCTV nel suo telegiornale. "Il viceministro degli Esteri He Yafei - ha detto la tv - ha avanzato una forte protesta nei confronti della parte francese a proposito dell'incontro fra Sarkozy e il Dalai Lama". La Cina aveva lanciato diversi avvertimenti prima dell'incontro in Polonia fra il presidente francese e il leader tibetano, a margine di una riunione di Premi Nobel per la pace, organizzata dall'ex presidente polacco Lech Walesa.
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Staminali: nuove linee guida ricerca
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Arrivano le nuove linee guida internazionali per la ricerca sulle cellule staminali e tra le firme ci sono anche quelle di quattro italiani. Sono emanate dalla Societa' Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali (Isscr) e sono firmate da piu' di 30 ricercatori dei piu' prestigiosi centri di ricerca del mondo. 'La regolamentazione e' necessaria', rileva la societa', riferendosi a studi che rischiano di sollevare 'un clamore esagerato' e di 'omettere rischi'.
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Occhi protetti per legge
>>Da: urania
Messaggio 11 della discussione
In ambito sanitario, lo screening rappresenta una strategia di prevenzione molto efficace basata su un protocollo di indagini diagnostiche volte a individuare nella popolazione generale, mediamente a rischio, una patologia. Tale approccio, per essere definito tale, deve essere incluso in linee guida o in normative nazionali o locali, tutto il resto rientra nell’iniziativa lasciata al privato, in forma singola o associativa. In Italia, lo screening è stato previsto in molti ambiti e per diverse patologie mentre manca del tutto in materia di prevenzione, controllo e correzione della vista, come fa notare la Commissione difesa vista (CDV) che da sempre si occupa di promuovere questi temi. E questa volta, a sottolineare le lacune nazionali, lo fa attraverso due indagini: una sul comportamento degli italiani, l’altra su quello delle istituzioni.
Leggi poco lungimiranti
Il primo dato rilevato da Silvia Stefanelli, responsabile della ricerca, è che sul fronte della prevenzione le istituzioni latitano: “Non esiste alcuna legge nazionale specifica sulla prevenzione visiva che imponga di effettuare controlli o screening mirati, se si eccettua l'esame di guida, che ha finalità diverse e coinvolge comunque solamente una parte della popolazione”. Nell’ordinamento italiano, per motivi di tipo economico, questo tipo di prevenzione non ha trovato uno sviluppo vero e proprio e l'unica legge rilevante in materia è quella titolata: "Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi pluriminorati", ma all'interno del testo, in realtà, solo una minima parte è dedicata alla prevenzione. “Sebbene l'attuale Piano Sanitario Nazionale (2006-2008) contenga un intero paragrafo sulla prevenzione sanitaria e sulla promozione della salute - precisa Stefanelli - non vi è ancora alcun accenno a programmi di prevenzione in campo visivo”. Le prime iniziative di prevenzione vere e proprie risalgono al 1997 promosse dalle ASL ed enti privati e gli effetti, a distanza di 10 anni, non sembrano soddisfacenti considerando i dati emersi dall’altra indagine commissionata da Commissione Difesa Vista.
Piccoli difetti inevasi
E’, infatti, stato rilevato che nella fascia di età 1-5 anni, il 6% di un campione rappresentativo di bambini, presenta difetti visivi come strabismo, ipermetropia, astigmatismo e miopia e circa il 4% porta occhiali correttivi. La correzione del difetto copre il 66% dei bambini che ne avrebbero bisogno, il che significa che nel 34% dei casi il difetto non è corretto. Il mancato intervento interessa anche la fascia 6-13 anni in cui la percentuale di chi ha problemi agli occhi sale al 31% e il 25%, cioè l’80% di chi ne ha bisogno, fa uso di occhiali correttivi. Resta una quota, il 20%, sempre troppo alta di difetti non corretti. Tra gli adulti, considerati dai 14 anni in su, il 66% presenta difetti della vista, il 53% indossa occhiali ma ancora una volta una quota di chi ne avrebbe bisogno (17%) resta senza correzione. Inoltre, la scoperta del difetto è affidata all’iniziativa del singolo che di fronte a un fastidio si rivolge allo specialista o all’ottico con il risultato che meno del 40% dei bambini tra uno e cinque anni ha fatto una visita completa o un controllo della vista nella vita, il 72% tra sei e 13 anni e l’85% dopo i 14 anni. In generale, l’iniziativa sembra arrivare dal medico di famiglia, dai genitori, dagli insegnanti o, in misura minore, dallo speciali
>>Da: urania
Messaggio 2 della discussione
Occhiali in eredità
Spesso non è un caso essere miopi, ipermetropi o astigmatici, se da qualche parte della famiglia il difetto è presente. I difetti di rifrazione, il diabete, il labbro leporino, la spina bifida, il glaucoma e lo strabismo tendono a ricorrere all’interno di un gruppo familiare, ma non è stato possibile ricondurli alla mutazione di un singolo gene. E per questo motivo, disturbi o malattie del genere vengono chiamati poligenici, se condizionati anche da fattori ambientali, multifattoriali.
Un organo con tante variabili
La capacità rifrattiva di un occhio umano dipende dal potere rifrattivo della cornea e del cristallino, dalla lunghezza assiale (cioè la lunghezza dell’occhio), dall’indice rifrattivo dell’umor vitreo e dell’umore acqueo, e infine dall’età. In realtà ciò che varia tra un occhio e l’altro sono la forma, la dimensione e il potere di cornea, cristallino e lunghezza assiale. Aspetti ampiamente determinati per ereditarietà. Nei primi anni di vita le componenti rifrattive si modificano in modo coordinato e complementare (processo di emmetropizzazione) durante la crescita dell’occhio. L’occhio umano dopo la nascita mantiene la lunghezza assiale entro il 2% dal punto focale ottimale e un’immagine chiara focalizzata sulla retina si ottiene tra i nove e i 14 anni. La rifrazione dipende dalle componenti biometriche (lunghezza assiale, curvatura della cornea, spessore del cristallino) che a loro volta vanno considerate dei tratti caratteriali quantitativi la cui variazione è strettamente correlata alla miopia (fenotipo clinico) e a un’ereditarietà familiare. Per esempio, la variabilità della lunghezza assiale dipende dall’eredità in un percentuale che varia dal 40 al 94%, per l’ereditarietà della curvatura corneale la percentuale varia tra il 60 e il 92%. Inoltre, la correlazione positiva tra la miopia dei genitori e dei loro figli indica una chiara componente genetica nella predisposizione al difetto. In uno studio è stata osservata una prevalenza della miopia del 7,3% nei bambini di sette anni quando nessuno dei genitori era miope, saliva al 26,2% se uno dei genitori lo era e al 45% se lo erano entrambi. Gli studi sui gemelli hanno confermato queste ipotesi osservando una concordanza maggiore dell’errore rifrattivo e delle componenti rifrattive in gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Si è anche cercato di capire se determinati comportamenti familiari potessero influenzare la predisposizione genetica al difetto, come, per esempio, eseguire attività in cui è prevista una forte vicinanza dello sguardo durante il suo svolgimento. In realtà questo atteggiamento posturale non influiva, o comunque in modo non significativo sulla variabilità dell’errore rifrattivo.
Rischio inevitabile
Insomma, quando un difetto è scritto nei geni c’è poco da fare, vale a dire che la miopia prima o poi farà la sua comparsa. Errori di rifrazione da moderati a gravi possono implicare una degenerazione graduale della vista. Un‘elevata miopia è stata associata a cataratta, glaucoma, distacco della retina e danni della parete oculare con degenerazione della retina. Per esempio, il rischio di distacco della retina è da tre a sette volte più alto nelle persone con più di cinque diottrie di miopia, rispetto a una miopia più lieve. E tra cinque e 10 diottrie il rischio diventa da 15 a 35 volte più grande rispetto a quello associato a bassi livelli di ipermetropia. Conoscere i meccanismi genetici coinvolti in que
>>Da: urania
Messaggio 3 della discussione
Rallentare si può
Fino a non molto tempo fa, poteva capitare che della miopia dei bambini ci si accorgesse soltanto quando questi arrivavano a scuola. Oggi questa circostanza non è più così frequente, ma certo l’inizio di attività quali lettura e scrittura complicano, per i genitori, la situazione. Infatti, quello che sembrava un luogo comune, cioè che leggere tanto, magari con poca luce, peggiori la situazione, sembra non essere più un luogo comune.
Sia chiaro, in larghissima misura la miopia dipende dalla genetica: l’occhio miope è un occhio più lungo e la lunghezza degli occhi dipende, appunto, dai geni. Lo prova anche il fatto che i figli di genitori miopi hanno comunque una lunghezza del bulbo oculare maggiore dei figli di genitori non miopi, indipendentemente dal fatto che la miopia si sia già presentata. Però, il lavoro di accomodazione (messa a fuoco) cui costringe la lettura o, se è per questo, anche l’uso del computer, fanno la loro parte nel promuovere la progressione del disturbo. Infatti, c’è una forte correlazione tra la diffusione del disturbo, il suo progresso e il livello di istruzione raggiunto, vale a dire gli anni in cui si è continuato a leggere e scrivere (si spera) per molte ore. Lo stesso vale quindi anche per la professione scelta:
avvocati, giornalisti, medici e tecnici di laboratorio presentano miopia di grado più elevato; inoltre in questa fascia della popolazione la miopia tende a progredire non solo nell’adolescenza ma anche fino ai trent’anni e oltre, fase in cui è arduo pensare che stia proseguendo il normale accrescimento dell’occhio.
Correggere da subito, senza esagerare
Si è anche ipotizzato un meccanismo d’azione più sofisticato: guardare oggetti molto vicini produce uno sfocamento dell’immagine che viene proiettata sulla retina; a lungo andare, lo sfocamento indurrebbe che il prolungato lavoro dell’occhio in campo vicino agisca a livello biochimico sulla retina, dando origine a un processo di modificazione strutturale di sclera e coroide e, quindi, all’allungamento degli occhi. Detto questo, l’obiettivo principale è sempre stato la prevenzione o comunque il rallentamento dell’evoluzione della miopia. Qualcuno ha parlato anche di regressione, magari attraverso l’affannosa “ginnastica” in voga qualche tempo fa. Sono stati proposti molti mezzi, e di questi quelli che hanno ottenuto i maggiori successi sono due. Il primo è l’uso, nei bambini, di occhiali con lenti multifocali o progressive. Infatti questo tipo di lente consente la messa a fuoco degli oggetti lontani ma anche di quelli vicini senza affaticare l’occhio (senza costringerlo a un’attività intensa di accomodazione) e, nel contempo, evita la formazione sulla retina delle immagini sfocate. L’altro ausilio spesso citato sono le lenti a contatto, rigide o gas-permeabili (semirigide); numerosi studi provano che l’uso delle lenti a contatto determina un rallentamento della progressione, però ancora non si è spiegato quale sia il motivo per cui questo accade.
Misure semplici ma utili
Nessuno di questi ausili è mai riuscito a guarire nessuno; tra l’altro la miopia non è neppure una malattia e parlare di guarigione è improprio. E’ vero che esiste una quota di persone miopi che va incontro a vere malattie dell’occhio come il glaucoma o il distacco della retina, ma queste malattie sono associate soltanto alla miopia di grado molto elevato: da 8 diottrie in su. Che fare, dunque, per limitare i disagi? Per cominciare il pi
>>Da: urania
Messaggio 4 della discussione
Difetti visivi
Miopia | Ipermetropia | Astigmatismo | Presbiopia
Quando la luce entra nell’occhio umano viene fatta convergere in un punto detto fuoco; in un occhio che ci vede bene (senza difetti) il fuoco deve cadere esattamente sulla retina, in questo caso la visione sarà nitida e l’occhio normale viene definito emmetrope.
Miopia
Quando il fuoco, cioè il punto nel quale vengono fatti convergere i raggi che entrano nell’occhio, si trova davanti alla retina, parliamo di miopia.
Un occhio miope è cioè più lungo del dovuto e per rendere possibile una visione corretta sarà necessario anteporgli una lente negativa (divergente) che, facendo divergere i raggi luminosi consenta al fuoco di cadere esattamente sulla retina.
Quella descritta viene definita miopia assile, riguardante cioè l’asse ottico dell’occhio umano, è la più comune, si eredita dagli antenati e tende a manifestarsi in maniera graduale e progressiva fino alla raggiunta costituzione oculare adulta.
È pertanto erroneo considerare ogni variazione od aumento della miopia che avvenga entro i 25-30 anni di età quale conseguenza di particolari sforzi visivi o di atteggiamenti di sguardo non corretti; come la statura o i connotati del viso un occhio è soggetto ad evoluzione fino al conseguimento dell’età adulta, sviluppando se ne è geneticamente predisposto il difetto ereditato.
Questo spiega la naturale progressione della miopia, il cui aumento risulta più repentino nell’adolescenza per poi stabilizzarsi negli anni successivi.
È importante correggere la miopia con occhiali o lenti a contatto adeguate, non tanto perchè ciò permetta di arrestarne l’evoluzione, ma piuttosto per abituare i nostri occhi ad una visione nitida fin dai primi anni di vita.
Ipermetropia
Quando il fuoco, cioè il punto nel quale vengono fatti convergere i raggi che entrano nell’occhio, si trova dietro alla retina, parliamo di ipermetropia.
Un occhio ipermetrope è cioè più corto del dovuto e per rendere possibile una visione corretta sarà necessario anteporgli una lente positiva (convergente) che, facendo convergere i raggi luminosi consenta al fuoco di cadere esattamente sulla retina.
Quella descritta viene definita ipermetropia assile, riguardante cioè l’asse ottico dell’occhio umano, è la più comune, si eredita dagli antenati e tende a manifestarsi fin dai primi anni di vita.
In alcun casi la presenza del cristallino gioca un ruolo importantissimo, infatti l’accomodazione (lo sfruttamento del potere elastico del cristallino) facoltà che normalmente utilizziamo per mettere a fuoco oggetti vicini (lettura, ricamo ecc.), può venire in aiuto alla visione per lontano, ponendo temporaneamente rimedio ad alcune forme lievi di ipermetropia.
Ciò accade quando il difetto sia limitato a valori contenuti, ma complica la vita all’oculista che per effettuare una corretta valutazione dell’entità del difetto deve "smascherarlo" nella sua interezza bloccando l’accomodazione.
Ciò è quanto avviene quando l’esame della refrazione avviene dopo l’instillazione di colliri (cicloplegici) che dilatano la pupilla e soprattutto bloccano temporaneamente l’elasticità del cristallino.
L’ipermetropia presente in molti bambini in forma latente (l’occhio del bambino e più corto del normale) può regredire o spesso rimanere non diagnosticata, grazie al compenso garantito dall’accomodazione per poi manifestarsi più avanti qu
>>Da: urania
Messaggio 5 della discussione
Mettere a fuoco
In senso metaforico può avere molti significati, in senso medico, invece, rimanda immediatamente alla vista. Più precisamente al cristallino, la lente presente nell'occhio capace di modificare la propria curvatura, per consentirci appunto di mettere a fuoco oggetti vicini e lontani.
Con il passare degli anni però, questa struttura sofisticata si "arrugginisce" un po', diventa difficoltoso guardare cose molto vicine, si fa fatica a leggere insomma. Questo difetto si chiama presbiopia e si può facilmente correggere con delle lenti calibrate.
Ricorrere agli occhiali, però, non è così semplice, almeno a quanto risulta da un questionario utilizzato da ACNielsen lo scorso mese di settembre. Le interviste, effettuate per via telematica, hanno raggiunto 2658 italiani, dai 40 anni in su, distribuiti in 450 comuni in tutte le 20 regioni.
Il 41% del campione riconosce di essere presbite, ma di questi il 14,6% non porta gli occhiali e sono soprattutto i soggetti tra i 40 e i 44 anni. Quasi la metà degli intervistati associa la presbiopia alla vecchiaia, attribuendole quindi una connotazione negativa.
Le motivazioni per cui si sceglie di continuare a non vederci chiaro riguardano soprattutto l'assenza di conseguenze gravi. Il 47,5% degli intervistati non considera la presbiopia un grosso problema, il 27,5% non trova il tempo per sottoporsi a una visita, il16,1% (tra i più anziani) teme il costo degli occhiali, il 13,1% trova fastidioso indossare degli occhiali da vista.
In sostanza si preferisce rimandare la scelta dell'occhiale da lettura.
Il professor Rosario Brancato, oftalmologo dell'ospedale San Raffaele di Milano, sottolinea come l'insorgere della presbiopia potrebbe, e dovrebbe, essere un ottimo incentivo per effettuare una visita oculistica completa. Dopo i 40 anni infatti è possibile individuare precocemente alcuni segnali che, trascurati, porterebbero all'insorgenza di gravi patologie, come il glaucoma o la retinopatia diabetica. Questo suggerimento, d'altra parte, è ampiamente confermato dalla letteratura scientifica.
Il dottor Ottavio Rosati, psicanalista, sostiene a sua volta la necessità di correggere la presbiopia, anche se con motivazioni meno scientifiche ma più profonde. Ignorare questo difetto visivo rappresenta il classico meccanismo di difesa nei confronti di qualcosa di sgradito: la negazione. Negando la presbiopia si può continuare a credere di essere ancora giovani e perfettamente efficienti. Atteggiamento, questo, favorito da una cultura di massa edonistica e giovanilistica che premia l'apparire. Un vero paradosso: una società in cui la vita media cresce progressivamente ha la presunzione di cancellare la senescenza. Un atteggiamento sciocco e improduttivo anche. Perché privarsi, infatti, della possibilità di leggere, approfondire, cogliere i piccoli particolari della realtà che ricirconda? In una parola, mettere a fuoco aiuta a crescere, a diventare più saggi, ma bisogna avere il coraggio di non uniformarsi alla superficialità collettiva.
Elisa Lucchesini
>>Da: urania
Messaggio 6 della discussione
Uno sguardo internazionale
Grande fermento alla fiera internazionale dell'ottica, tenutasi a Milano dal 2 al 5 maggio. Un trionfo di forme e colori: per le montature degli occhiali, per le lenti correttive e da sole, per le lenti a contatto, ma anche molta attenzione alla salute dell'occhio. Se da un lato la tecnologia consente di correggere i difetti visivi sempre meglio, dall'altro non trascura di proteggere gli occhi dai pericolosi raggi UV e dai riflessi che possono distorcere la visione. Ma c'è dell'altro, in un campo molto delicato e problematico: quello delle lenti a contatto. Evitare di indossare gli occhiali è una grande comodità, un vantaggio pratico e, per alcuni, anche estetico, tuttavia comporta l'inserimento di un corpo estraneo a contatto con l'occhio. Irritazioni, secchezza oculare o semplice fastidio sono sempre in agguato, specie con il trascorrere delle ore. E qui la chimica viene in aiuto creando soluzioni all'insegna del confort.
Massima compatibilità
Lenti a contatto biomimetiche: l'occhio non le considera un corpo estraneo perché sono rivestite da molecole di fosforilcolina, un fosfolipide fisiologico presente nelle membrane cellulari. La fosforilcolina, inoltre, attrae e struttura l'acqua intorno alla lente senza sottrarla al film lacrimale: si forma, in pratica, un cuscinetto d'acqua che rende confortevole il contatto tra lente e occhio e mantiene costante l'idratazione. In questo modo si evitano fenomeni di rigetto e si riducono i depositi di lipidi e proteine, migliorando il confort d'uso e garantendo una visione nitida e chiara per tutto il giorno. Queste lenti sono adatte anche per chi ha problemi di secchezza oculare, come ha certificato la FDA (Food and Drug Administration) statunitense, sono morbide e durano 30 giorni, disponibili per miopi, ipermetropi e astigmatici. L'European Medical Device Directive, ha attestato che offrono: notevole resistenza alla disidratazione, sostanziale trasmissibilità dell’ossigeno, basso livello di assorbimento di lipidi e proteine, ridotta adesione batterica.
Lacrime confortevoli
Lacrime artificiali a base di ialuronato di sodio, una sostanza capace di assorbire grandi quantità di acqua dando origine ad un fluido viscoelastico non newtoniano. In pratica la soluzione si comporta, dal punto di vista meccanico, esattamente come il film lacrimale: diminuisce la sua viscosità durante l'ammiccamento, quando l'attrito è maggiore, per evitare danni all'epitelio, mentre ha una viscosità più alta quando l'occhio è aperto ed è necessario mantenere l'idratazione evitando rotture del film protettivo. Un altro vantaggio, che consente di ridurre le irritazioni oculari, è l'assenza di conservanti: il prodotto, infatti, contiene un solo ingrediente conservante che si dissolve nel momento in cui la goccia viene instillata nell'occhio. Gli studi su questo prodotto dimostrano che i portatori di lenti a contatto, sia giornaliere sia a lunga durata, lo considerano più confortevole e idratante rispetto alle lacrime artificiali che utilizzavano abitualmente.
Elisa Lucchesini
>>Da: urania
Messaggio 7 della discussione
Vincere la presbiopia?
Il fenomeno è noto a tutti. Con il passare degli anni il cristallino, cioè la lente presente nell’occhio che modifica la propria curvatura permettendo di mettere a fuoco gli oggetti, si arrugginisce un po’. Si comincia così ad avere difficoltà a leggere da vicino e a mettere a fuoco gli oggetti, un fenomeno noto come presbiopia, che riguarda 30 milioni di italiani. Le soluzioni? A oggi quella più immediata è il ricorso agli occhiali ma, secondo le più recenti ricerche, una buona parte dei soggetti nella fascia d’età oltre i 40 anni non porta gli occhiali e dà alla presbiopia un’accezione negativa. Per tutte queste persone potrebbe essere provvidenziale una nuova tecnica chirurgica, presentata in conferenza stampa a Milano, che promette di liberare i pazienti dalla schiavitù dell’occhiale da vicino. Per capirne di più abbiamo parlato con uno dei suoi principali artefici, Stefano Pintucci, direttore dell’associazione Oftalma Onlus di Roma. Per cominciare che cosa si intende per presbiopia?
Presbiopia cioè?
“E’un fenomeno fisiologico” risponde Pintucci “come lo è la menopausa, che limita la qualità della vita delle persone perché si inizia a perdere la capacità di vedere da vicino. E nel mondo moderno con l’allungamento della carriera professionale subentra una maggiore necessità di vedere da vicino, dal display del telefonino a quello del computer, e anche l’attività manuale è ancora necessaria”. Quindi un problema da risolvere? “Assolutamente sì” conferma l’oculista romano. “Se si considera la salute come lo stato di perfetto agio nello svolgimento delle proprie funzioni, la presbiopia è un limite. Certo gli occhiali risolvono, ma non del tutto e non sono sicuramente ergonomici”. Ma perché si diventa presbiti? “L’evidenza clinica” spiega Pintucci “ci dice che il cristallino cresce per tutta la vita, con un ritmo di circa 0,02 mm l’anno. Ma la crescita non corrisponde a un miglior funzionamento. Il problema è che la sclera, che riveste il globo oculare, non cresce altrettanto. Così si arriva a un punto in cui si “incastra” e il meccanismo di autofocus dell’occhio si blocca per mancanza di spazio. Ma la nostra tecnica aggira il problema”. E in che cosa consiste?
La tecnica LAPR
“Una premessa importante” risponde l’oculista. “Parliamo di un sistema approvato dalla comunità europea sia per quel che riguarda la tecnica sia per lo strumento. E in questo modo sono stati operati migliaia di occhi. In pratica, non potendo rimpicciolire il cristallino possiamo espandere il guscio sclerale ripristinando lo spazio che è venuto meno. Si utilizza un laser ad Erbio con il quale si effettuano ablazioni senza toccare cornea e cristallino, ma semplicemente ampliando lo strato esterno del globo oculare. Una tecnica che, come tutte quelle sclerali, non dà traumi, infiammazioni e complicanze degli interventi classici”. E non esiste una casistica negativa? “No, nella maniera più assoluta” risponde convinto Pintucci. “I dati dell’Fda non parlano di effetti negativi ed è una tecnica sicura perché non tocca la cornea. Certo un margine di rischio esiste sempre, ma esiste in tutte le azioni umane”. Ma in quante strutture viene utilizzata? “L’ultimo rilievo parlava di 50 strutture nel mondo ma si sta diffondendo anche in Italia. Basti pensare a quante persone vedo nei corsi”. E il post operatorio? “L’intervento è indolore, dura circa 40 minuti e si effettua in ambulatorio su entrambi gli occhi contemporaneamente,
>>Da: urania
Messaggio 8 della discussione
A contatto fin da piccoli
La miopia è un difetto di rifrazione che impedisce di mettere a fuoco gli oggetti lontani. Un occhio miope è più lungo del dovuto, ragion per cui il fuoco, cioè il punto nel quale vengono fatti convergere i raggi che entrano nell'occhio, si trova davanti alla retina. Questo tipo di miopia è detta assile, in quanto riguarda l'asse ottico dell'occhio e rappresenta la forma più comune, ma il difetto può essere dovuto anche a un errore di curvatura delle superfici rifrangenti dell'occhio o a modificazione dell'indice di rifrazione del cristallino. La miopia solitamente comincia a manifestarsi tra gli 8 e i 16 anni con un aumento repentino nell'adolescenza, per poi stabilizzarsi negli anni successivi. Ma è possibile fermarne la progressione? Secondo alcuni ricercatori americani si, anche se non in modo permanente.
Meglio rigide o morbide?
Da studi precedenti si sa che l'utilizzo di lenti a contatto semirigide può diminuire la progressione del difetto, il Contact Lens and Myopia Progression Study (CLAMP), condotto presso l'Università di Columbus in Ohio, si è quindi occupato di comparare gli effetti di due tipi di lenti a contatto, semirigide gas permeabili e morbide (usa e getta bisettimanali), sull'andamento della miopia in giovani tra gli 8 e gli 11 anni. I soggetti coinvolti sono stati 116, ai quali è stato assegnato in modo casuale uno dei due tipi di lenti. L'indagine è durata 3 anni con controlli oculistici ogni 12 mesi. Alla fine dello studio, nel gruppo di trattamento con lenti semirigide si è riscontrata una progressione della miopia (dovuta a una crescita dell'asse del bulbo oculare che porta a una variazione della curvatura della cornea) più lenta di circa il 30% rispetto al gruppo delle lenti morbide.
Questione di asse
Per ottenere un effetto definitivo bisognerebbe tenere sotto controllo non solo la forma, ma anche la crescita dell'occhio, le lenti semi rigide invece modificano la curvatura della cornea in modo reversibile senza rallentare la crescita assiale. Il miglioramento che si riscontra è quindi solo transitorio e non può essere considerato una cura per la miopia. Tuttavia l'utilizzo di lenti semirigide, già nell'infanzia, è un'opzione che oculisti e genitori dovrebbero prendere in cosiderazione quando è il momento di decidere in che modo correggere la miopia dei più piccoli. Infatti, anche se non impediscono il peggioramento del difetto visivo, contribuiscono al suo controllo e possono essere una valida alternativa all'utilizzo degli occhiali.
Ombretta Bandi
>>Da: urania
Messaggio 9 della discussione
Il laser ha i suoi limiti
Miopi si nasce, o giù di lì, nel senso che è fondamentalmente la genetica a determinare se l'occhio si allungherà al punto da generare la miopia, o altri difetti di rifrazione. Difetti, non malattie. Occhiali, lenti a contatto possono infatti correggere queste situazioni. "Tuttavia i difetti di rifrazione possono generare una limitazione anche forte, per esempio per ragioni cliniche, come la forte differenza di capacità visiva tra un occhio e l'altro (anisometropie), oppure perché si svolge un lavoro per il quale indossare occhiali o lenti a contatto non è praticabile. In questo caso si può ricorrere alla chirurgia refrattiva", dice il professor Umberto Merlin, oftalmologo, per 40 anni primario oculista dell'Ospedale di Rovigo e già presidente della SOI (Società Oculistica Italiana). La chirurgia refrattiva è quindi una chirurgia funzionale, che il più delle volte interviene modificando la cornea e riesce così a correggere difetti anche importanti. Quali le tecniche e quali i difetti correggibili? La tecnica più diffusa è quella che si avvale del laser, impiegabile per intervenire su miopia, astigmatismo e ipermetropia, in tutti i casi asportando il tessuto della cornea così da ristabilire la geometria corretta. Ma ovviamente non sempre è così. "Inizialmente non conoscevamo i limiti di questa metodica "dice il professor Merlin. "Oggi invece siamo in grado® di chiarire fino a che punto si può intervenire. Nel caso della miopia non oltre le 7-8 diottrie, nel caso dell'astigmatismo fino a 5 o 6, e in ogni caso portare il difetto da oltre 6 diottria a 2 diottrie costituisce già un notevole miglioramento. L'applicazione della cheratectomia laser all'ipermetropia è più recente; anche in questo caso il limite sono 5-6 diottrie". Tra gli sviluppi futuri c'è l'uso del laser per la correzione della presbiopia, ma si tratta di un trattamento ancora in sperimentazione e, secondo Umberto Merlin, perché la tecnica sia completamente validata occorrerà almeno un altro anno di esperienze.
La qualità della visione
Non si può andare oltre? "Teoricamente, nel caso della miopia si potrebbe anche correggere un difetto da 14 diottrie, ma compromettendo la qualità della visione: il paziente sperimenta spesso la visione di aloni che possono anche impedire la guida notturna. Col tempo l'attenzione si è spostata dall'aspetto quantitativo a quello qualitativo: in altre parole, non basta "togliere le diottrie" per vedere meglio". Ma anche rispettando i limiti, come sempre in medicina, non si può parlare di risultati garantiti. "L'esecuzione dell'intervento non presenta incognite. L'occhio viene mappato da un sistema computerizzato che individua l'area su cui intervenire e programma la quantità di energia necessaria ad asportare la giusta quantità di tessuto. L'unico inconveniente può essere il movimento dell'occhio, ma il chirurgo, come vede che l'occhio si sposta può interrompere immediatamente l'azione del laser. Senza contare che oggi sono disponibili sistemi, battezzati Hi Tracker, che sono in grado di seguire perfettamente anche gli spostamenti dell'occhio stesso. Le incognite si presentano dopo: infatti il processo di cicatrizzazione è variabile da individuo a individuo e il risultato finale, cioè la correzione perfetta o la presenza di un difetto residuo dipendono da questo". Lo specialista, quindi deve fare presenti questi aspetti e anche indicare quale margine di errore c'è nella sua casistica. Operatori esperti
>>Da: urania
Messaggio 10 della discussione
L'occhio miope degenera con il pc
Forse l’uso prolungato del computer non è così innocuo per chi ha difetti visivi. Almeno se verrà confermato il rapporto tra questa circostanza e lo sviluppo di glaucoma nei miopi. Il glaucoma è una malattia cronica e bilaterale del nervo ottico caratterizzata da un danno progressivo delle fibre nervose che lo compongono. Ha origine da una pressione interna maggiore di quanto l’occhio possa tollerare. All’interno dell’occhio, infatti, è presente un liquido trasparente (umore acqueo) che nutre la cornea e il cristallino ed elimina i loro prodotti di scarto: esso viene prodotto dietro l’iride, fluisce in avanti e viene scaricato in corrispondenza dell’angolo dell’occhio. Se non c’è equilibrio tra la quantità di liquido prodotto e quella di liquido scaricato, la pressione interna dell’occhio aumenta. Se questa ipertensione intraoculare dura a lungo, vengono danneggiate le fibre nervose del nervo ottico, che servono a trasportare al cervello gli stimoli visivi raccolti dall’occhio. Pertanto, se il disturbo non viene curato, il rischio di perdere la vista è elevato.
Fattori di rischio
Ma la pressione intraoculare non è l’unico fattore di rischio, in quanto esiste una certa familiarità e dai 60 anni in su la probabilità di sviluppare il glaucoma raddoppia, mentre oltre i 75 anni diventa cinque volte più alta. Ma questi due fattori associati aumentano il rischio di cinque volte già a 40 anni. Inoltre tutti i disturbi che riflettono un’instabilità vasomotoria sono da considerarsi fattori di rischio, per esempio gli ipotesi hanno un deterioramento maggiore dei normotesi. Contribuiscono anche eventuali fattori oculari che rendono il nervo ottico più suscettibile come la miopia, emorragie o atrofia della retina. Non è da escludere anche se non sempre provate che certe abitudini o stili di vita possono peggiorare o predisporre allo sviluppo del glaucoma.
Monitor pericoloso
Una recente ricerca giapponese ha verificato che l’associazione della miopia con l’uso costante di computer aumentano il rischio. Lo studio è di natura epidemiologica quindi basato su dati raccolti con questionari e interviste, confrontati con misurazioni strumentali di difetti dell’occhio. Ai circa 10000 soggetti, di età media 43 anni, coinvolti nel campione è stata fatta una visita medica con check-up completo e una valutazione del campo visivo mediante perimetria. Questo è l’esame che evidenzia l’effettiva alterazione della sensibilità retinica e quindi di un danno al nervo ottico, e rileva le lesioni quando sono già state danneggiate almeno il 30% delle fibre del nervo ottico. Contemporaneamente sono state reperite informazioni relative all’uso del computer e a eventuali difetti refrattivi della vista. Ebbene dei 10000 soggetti 522 erano positivi per la perimetria mentre la maggior parte, più di ottomila, era negativa. E’ stata trovata un’associazione significativa tra l’uso di computer e i difetti refrattivi e il rischio di anomalie del campo visivo rilevate dalla perimetria. In particolare, il rischio relativo era quasi doppio (1,74) nelle persone che usavano in modo assiduo e massiccio il computer, e che avevano un difetto visivo refrattivo, rispetto a quelli che non avevano difetti della vista. Confrontando i 165 soggetti con una diagnosi oftalmologica di glaucoma con i 2918 soggetti presi come controllo, il rischio relativo di avere il glaucoma in coloro che usavano molto il computer ed erano miopi, era, ancor
>>Da: urania
Messaggio 11 della discussione
Occhi pigri: non è mai troppo tardi
Gli occhi inviano separatamente immagini, attraverso i nervi ottici, alla corteccia cerebrale dove le singole immagini vengono sovrapposte. Se l'immagine proveniente da un occhio è sfuocata il cervello dovrà scartarla in quanto creerà confusione nella visione binoculare, ossia dei due occhi. Questo fenomeno di esclusione di un occhio determina il fenomeno dell'ambliopia, nota anche come occhio pigro. Una patologia più diffusa di quanto si potrebbe credere visto che circa il 3% della popolazione delle aree industrializzate ne risulta affetto. Le cause più comuni, dallo strabismo ai vizi di refrazione, agiscono in genere nei primi anni di vita e un ruolo centrale perciò è svolto dal pediatra, il primo ad avere l'opportunità di valutare la funzionalità visiva in un periodo dello sviluppo in cui questa può essere ancora migliorata. Uno studio statunitense, pubblicato sugli Archives of Ophthalmology, smentisce, però, l'idea diffusa che passati i sei anni i bambini possano difficilmente beneficiare dei trattamenti dell'occhio pigro o ambliopia.
Lo studio
Lo studio ha preso in considerazione 507 bambini dai sette anni in su, affetti dal disturbo e in cura presso 49 differenti centri. I bambini sono stati divisi in tre gruppi per i quali è stata prevista o soltanto una correzione visiva o una terapia per l'ambliopia. Al gruppo di bambini tra i sette e i 12 anni, oltre a fargli indossare gli occhiali normali, è stato coperto l'occhio sano con un cerotto per un periodo da due a sei ore al giorno. Inoltre i bambini hanno effettuato attività ravvicinate come leggere o giocare al Gameboy, per misurare la visione da vicino. Non solo. Al primo gruppo è stata somministrata una goccia quotidiana di atropina sempre per limitare l'utilizzazione dell'occhio sano. L'altro gruppo, quello formato dai più grandi, tra i 13 e i 17 anni, è stato trattato solo con il bendaggio e lo svolgimento di attività da vicino. Le visite successive, effettuate tra le sei e le 24 settimane a seguire, hanno portato a "catalogare" i piccoli pazienti come responder, cioè coloro che hanno risposto alla terapia, o non responder. Per essere catalogati nella prima categoria era necessario evidenziare una acuità visiva di 10 o più lettere, due linee nella comune carta test utilizzata nell'esame optometrico, in più che all'inizio della ricerca. Mentre se alla 24esima settimana il bambino non è stato in grado di leggere dieci lettere in più né ha manifestato alcun miglioramento è evidentemente refrattario ai trattamenti. I risultati sono stati sorprendenti. Nel gruppo dei più piccoli sono stati classificati come responder il 53% di quelli trattati contro il 25% di quelli con sola correzione ottica. Mentre nel gruppo dei più grandi, ed è questa la vera sorpresa per i ricercatori, i responder sono il 25% di quelli in terapia contro il 23% dell'altro gruppo. Un risultato ancor più significativo per quelli mai trattati in precedenza. I risultati - concludono i ricercatori - indicano chiaramente che l'acuita visiva può essere migliorata anche dopo l'età prescolare, ancora non si sa peraltro cosa succeda se il trattamento viene interrotto né quali siano gli effetti della terapia a lungo termine. Quello che è certo è che lo screening per individuare il fenomeno dell'occhio pigro nei bambini è quanto mai importante.
Marco Malagutti
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La macchina della memoria
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Onde elettriche nel cervello
Stimolazione transcranica con due elettrodi vengono applicati sulla fronte e due sulla nuca
MILANO — Altri tempi quelli in cui Vittorio Alfieri per studiare si faceva legare alla sedia all'insegna del motto «Volli, sempre volli, fortissimamente volli». Adesso uno studio del Policlinico di Milano apre nuove strade per migliorare le capacità di apprendimento (senza l'uso di farmaci). Un esperimento condotto dall'équipe di ricercatori guidata dal neurologo Alberto Priori dimostra che il passaggio di corrente elettrica nel cervello può influire positivamente sui meccanismi della memoria. I test sono stati condotti per un anno e mezzo su diciassette volontari sani chiamati a memorizzare sequenze di numeri. Ebbene, dopo la stimolazione trancranica a un'intensità di corrente di 2 milliampere, i tempi necessari a ricordarsi le serie numeriche si sono ridotti almeno del 21% (da 850 a 670 millisecondi). I risultati ottenuti sono appena stati pubblicati sul Journal of cognitive neuroscience. È un salto nella fantascienza dei processi cognitivi.
L'ESPERIMENTO - Messa a punto dallo stesso Priori dieci anni fa e applicata poi in laboratori di tutto il mondo, la stimolazione transcranica permette di influenzare alcune funzioni cerebrali in modo indolore e senza la necessità di interventi chirurgici (viene modificata la modalità con cui si trasmettono gli impulsi nervosi). Utilizzata su volontari tra i 19 e i 32 anni, ora la tecnica appare efficace per intervenire anche sui procedimenti di apprendimento. I giovani sono stati sottoposti a test di working memory prima e dopo l'applicazione degli elettrodi (posizionati sia sulla fronte sia sulla nuca per verificare le reazioni delle diverse parti del cervello): su uno schermo compaiono sequenze di cinque, tre o due cifre, una volta cancellate, i volontari devono ricordarsi se un determinato numero era compreso nella serie. Le risposte vengono date premendo due pulsanti che corrispondono a un «sì» oppure a un «no».
I RISULTATI - Dopo il passaggio della corrente elettrica le performance migliorano in modo significativo. «I dati ottenuti indicano anche per la prima volta che il cervelletto ha importanti funzioni cognitive di controllo dell'apprendimento non-motorio, oltre a quelle già conosciute di tipo motorio — sottolinea la ricercatrice Roberta Ferrucci —. Il metodo può rivelarsi utile nella riabilitazione dopo gli ictus e nei gravi traumi cranici». Il direttore scientifico del Policlinico Ferruccio Bonino spiega: «I risultati sono incoraggianti, anche se il metodo è ancora sperimentale. Sono necessarie ulteriori verifiche. Andremo avanti. Per sviluppare nuove ricerche nel campo della neurostimolazione il Policlinico ha appena dato vita a una società di spin-off con l'Università Statale». La scienza si spinge sempre più in là. Allo studio del centro clinico di via Francesco Sforza ora ci sono anche i meccanismi cerebrali alla base delle decisioni. Nei suoi laboratori sono in corso esperimenti comportamentali per capire se la stimolazione tranScranica può influenzare le scelte morali. Settantotto i volontari chiamati a rispondere a quesiti etici prima e dopo il passaggio di corrente elettrica (sempre a bassa intensità e non percepibile). La loro età media è di 24 anni, gli elettrodi sono applicati al cuoio capelluto per 15 minuti. «È una nuova e affascinante branca delle neuroscienze — assicura Gabriella Pravettoni, psicologa dell'Università Statale
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Fai la pennichella e rafforzi la memoria
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Avanti tutta con i pisolini pomeridiani: dodici minuti o una ora e mezza con gli occhi chiusi nel pomeriggio possono fare miracoli per rafforzare la memoria e sedimentare nozioni appena apprese. Al contrario, la mancanza di un sonno continuato la notte affligge pesantemente le capacità mnemoniche. Lo rivela uno studio Usa realizzato dal neuroscienziato William Fishbein della City University di New York che ha sottoposto a test sugli effetti della pennichella pomeridiana più di 20 studenti universitari di lingua inglese.
Ai giovani, prima del riposino, sono state insegnate parole in cinese, una lingua di cui non sapevano assolutamente nulla: subito dopo, la metà dei volontari ha fatto un pisolino di 90 minuti mentre l’altra metà no. Nello stesso pomeriggio, gli scienziati hanno sottoposto tutti gli studenti coinvolti a test e quiz su altre parole cinesi mai viste prima e la differenza nell’apprendimento dei ragazzi è apparsa evidente.
I giovani reduci dalla dormitina hanno mostrato di intuire la composizione in sillabe e persino l’origine semantica delle nuove parole cinesi nonché di riuscire a collegarle a quanto imparato prima molto meglio dei ragazzi che erano rimasti svegli.
«In pratica chi aveva fatto un riposino ha capito subito il senso dei quiz mentre per gli altri la memoria faceva cilecca», ha osservato Fishbein. Secondo lo studioso ciò che conta nel rafforzare le memorie è la fase del sonno chiamata «ad onda lenta» che si raggiunge velocemente una volta chiusi gli occhi in quanto precede la fase Rem in cui si manifestano i sogni.
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Che cosa fare quando la gola è in fiamme
>>Da: urania
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Ritorniamo su uno dei mali di stagione più comuni, le faringo-tonsilliti, per illustrare le caratteristiche di alcuni rimedi in genere poco utilizzati ma che in casi specifici, quando i sintomi del paziente lo richiedono, possono essere utili e contribuire ad attivare processi curativi in modo rapido e senza causare effetti avversi.
Il paziente sensibile a Carbolic acidum, per esempio, è caratterizzato da febbre molto intensa associata a grande bruciore diffuso a tutta la gola, salvo che nelle zone dove l'infiammazione e il rossore sono più intensi.
Con la presenza di un rossore scuro diffuso, forte dolore, intenso gonfiore delle tonsille e dell'ugola, raucedine e perdita della voce, ingrossamento dei linfonodi latero-cervicali, si deve pensare invece a Muriatic acidum.
Se la faringo-tonsillite si accompagna a forti epistassi, con il sangue che scende copiosamente a livello retronasale e poi viene sputato, si può pensare a Crotalus horridus, un rimedio peraltro tipico delle forme emorragiche.
I sintomi che indicano Baryta muriatica sono soprattutto il dolore alla deglutizione, associato alla sensazione di avere un corpo estraneo piantato nella gola.
Laurocerasus è indicato se è presente una contrazione spasmodica della gola e a livello dell'esofago. Si sentono passare rumorosamente i liquidi ingeriti all'interno del tubo digerente, dalla gola giù fino all'intestino.
Anche Rhus toxicodendron si prescrive quando si avverte un senso di costrizione alla gola, soprattutto deglutendo i liquidi, e le tonsille sono particolarmente edematose.
In conclusione ricordiamo Alumen, un rimedio tipico dei disturbi della voce, da assumere quando le tonsille sono fortemente ipertrofiche e indurite.
Elio Rossi
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Mangiare pesce evita danni renali ai diabetici
>>Da: urania
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Due porzioni la settimana riducono il rischio di accumulare proteine nelle urine
26 NOV - Mangiare pesce aiuta la salute dei diabetici diminuendo in particolare i rischi di danni renali che sono uno degli effetti secondari più gravi e comuni del diabete del tipo II: lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Usa “American journal of kidney disease”.
Secondo quanto è emerso dalla ricerca realizzata a Cambridge in Inghilterra seguendo la salute e la dieta di 22 mila volontari di cui 517 erano colpiti da diabete, affinché si avvertano gli effetti positivi del pesce è necessario che i diabetici ne mangino almeno due porzioni a settimana. Tra i pazienti che seguivano questo regime dietetico - da due porzioni in su di pesce a settimana - gli studiosi hanno osservato la presenza di meno proteine nelle urine, una condizione chiamata “macroalbuminuria”, che è segno di danni renali. In particolare solo l'8% di loro ha manifestato questa condizione. Al contrario invece tra i diabetici che mangiavano meno pesce, il 18% ha rivelato “macroalbuminuria”.
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Smettere di fumare è più difficile per le donne
>>Da: urania
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Le terapie sostitutive della nicotina danno risultati minori. L’unica soluzione è aumentare il dosaggio o cambiare terapia
3 DIC - Fumano meno degli uomini, per numero e quantità di sigarette. Ma quando le donne decidono di smettere, incontrano molte più difficoltà perché le terapie sostitutive della nicotina danno minori risultati. Lo ha rivelato Piergiorgio Zuccaro, direttore dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità (Iss), durante il convegno “Fumo di tabacco e salute respiratoria nella donna, un problema emergente” che si è svolto a Roma nei giorni scorsi. “Tuttavia”, ha aggiunto l’esperto, “il problema si può aggirare, basta aumentare il dosaggio o cambiare terapia per tentare di ottenere i risultati desiderati”.
Le donne fumatrici nel mondo sono circa 250 milioni. Nei Paesi industrializzati rappresentano il 22% della popolazione femminile, in quelli in via di sviluppo il 9%. La conseguenza sono danni per la salute gravissimi: nelle donne statunitensi il tumore ai polmoni è la prima causa di morte, con un tasso di mortalità che è circa il 60% più alto di quello del tumore alla mammella.
Per quanto riguarda invece le italiane, secondo gli ultimi dati Istat, la mortalità per neoplasia polmonare è risultata, nel 2003, al terzo posto, dopo il tumore della mammella e dell'intestino. Il dato però risulta in ulteriore crescita nel 2006, mentre gli altri sono sostanzialmente stabili.
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Alzheimer, integratori naturali inutili in prevenzione
>>Da: urania
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Studio Usa dimostra come le pillole di Ginkgo Biloba non abbiano alcun effetto per fermare sul nascere le demenze senili
20 NOV - Fallita l'ipotesi che pillole di supplementi naturali a base di Gingko possano aiutare nella prevenzione del morbo di Alzheimer e della demenza senile: uno studio finanziato dal governo americano ha evidenziato la inefficacia della sostanza nella prevenzione dei processi di declino delle capacità neurologiche. Lo studio, pubblicato sulla rivista de medici Usa (“Jama”), ha seguito per sei anni la salute di tremila volontari dai 75 anni in su: a metà di loro venivano dati supplementi a base di Gingko (120 mg due volte al giorno) e all'altra metà delle pillole placebo. I partecipanti sono stati esaminati ogni sei mesi per verificare eventuali sintomi di demenza: ma allo scadere dei sei anni la demenza è stata diagnosticata in 277 volontari del gruppo sottoposto a terapia a base di Gingko ed a 246 del gruppo sotto placebo. Una differenza statisticamente insignificante.
Anche per quanto riguarda possibili effetti collaterali della sostanza estratta dalle foglie dell'albero di Gingko non si sono registrate differenze tra i due gruppi, evidenziando così almeno la sicurezza per la salute del supplemento che viene diffusamente usato come antinfiammatorio.
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Calcio e attività fisica contro la sindrome metabolica
>>Da: urania
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Lo svolgimento quotidiano di un’ attività sportiva e una dieta ricca di calcio possono abbassare il rischio di incorrere nella sindrome metabolica: è quanto sostiene uno studio condotto presso la Swedish Covenant Hospital di Chicago e pubblicato sulla rivista American Journal of Health Promotion.
La sindrome metabolica si caratterizza per l’ obesità addominale, l’elevata glicemia, la trigliceridemia, l’ ipertensione arteriosa e i bassi livelli di colesterolo HDL: tale condizione predispone fortemente alle malattie cardiovascolari.
Gli autori dello studio hanno esaminato più di 5000 adulti e hanno concluso che la sindrome metabolica è meno comune fra le persone che praticano regolare attività fisica e scelgono una dieta ricca di calcio.
Coloro che non svolgono almeno mezz’ora di attività fisica ogni giorno hanno l’85% di probabilità in più di sviluppare sindrome metabolica mentre tale condizione ricorre con una probabilità del 61% in quelli che non mangiano, d’abitudine, cibi ricchi di calcio.
Uno stile di vita salutare è fondamentale per ridurre l’incidenza di sindrome metabolica.
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Lo humour è sintomo di intelligenza
>>Da: urania
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Uno studio condotto da Daniel P. Howrigan e Kevin MacDonald, due psicologi americani, e pubblicato su Evolutionary Psychology, e che ha coinvolto un campione di 185 studenti, dimostra che l’umorismo è indice di intelligenza.
La ricerca mette in luce la corrispondenza tra il senso dello humour e l’intelligenza e ha analizzato le interazioni tra questi due fattori e i cinque tratti della personalità (i cosiddetti Big Five): energia, stabilità emotiva, apertura mentale, cordialità e coscienziosità.
Risulta che una buona intelligenza è la premessa di un brillante senso dello humour, a prescindere dai tratti della personalità e del sesso. Un carattere estroverso avrà certamente una forte capacità umoristica, ma non necessariamente una spiccata intelligenza.
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Veloce e precisa, la radioterapia per i tumori non oper
>>Da: urania
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RapidArc è un nuovo sistema computerizzato che consente di effettuare in pochi secondi una radioterapia estremamente precisa e rapida. Unico in Italia, è attivo da alcuni giorni presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. In Europa viene utilizzato solo in altri tre ospedali, a Bellinzona, Amsterdam e Copenaghen.
Permette di effettuare trattamenti a intensità modulata (IMRT) irradiando con estrema accuratezza e precisione anche lesioni molto piccole, dalla forma complessa, situate in zone profonde altrimenti difficili da raggiungere. L’applicazione avviene in tempi brevissimi: meno di 2 minuti in tutto. Consente di distribuire dosi di radioterapia anche in situazioni critiche, per esempio alla base del cranio o in vicinanza del midollo spinale, irradiando il tumore specialmente nei punti dove è più aggressivo, con un notevole risparmio dei tessuti sani adiacenti.
L’IMRT è una tecnica consolidata ma complessa, che normalmente richiede tempi molto lunghi sia per il trattamento del paziente (20-25 minuti circa), sia per la preparazione del piano di cura e della dosimetria. Con RapidArc i tempi diventano brevissimi, anche rispetto a una normale seduta di radioterapia, con un netto miglioramento del comfort del paziente e della qualità di vita.
Fino a oggi questa nuova tecnica è stata utilizzata su lesioni tumorali e metastasi localizzate nella testa e nel collo, a livello della prostata, nella zona dell’ano-retto. Humanitas è fra i primi centri a utilizzarla anche per trattare lesioni tumorali singole dell’addome e della pelvi.
Essendo lesioni anche molto piccole, la terapia locale è quella più indicata, ma la chirurgia non sempre è applicabile perché questi tumori sono spesso molto profondi o vicini a grossi vasi sanguigni. Inoltre si tratta di forme particolarmente aggressive, con una replicazione cellulare molto veloce. Concentrare su di esse dosi elevate di radioterapia in tempi rapidi non dà loro la possibilità di riparare il danno, quindi permette di avere una migliore risposta alla terapia.
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Trattare la depressione per evitare l'infarto
>>Da: urania
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Soffrire di depressione incrementa il rischio di morte per infarto, ma l’assunzione degli antidepressivi minimizza il rischio infarto: è quanto sostiene uno studio condotto presso la Duke University Medical Center nel North Carolina e pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine.
I ricercatori hanno seguito circa 1000 pazienti ospedalizzati per infarto e li hanno sottoposti ad un follow-up annuale.
Dopo circa 971 giorni 429 pazienti fra i 1000 iniziali, sono morti.
L’uso degli antidepressivi non si associa ad una peggiore sopravvivenza, mentre la depressione non trattata rende più difficile vivere dopo un attacco cardiaco.
Il National Institute of Mental Health ha patrocinato uno studio sull’utilità dell’uso di un particolare tipo di antidepressivi, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), nei pazienti che hanno subito attacco cardiaco: i risultati di questo studio potranno meglio esemplificare i dati dello studio condotto nel North Carolina.
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Una pillola contro il jet lag?
>>Da: urania
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A Boston si sta lavorando su una pillola che possa contrastare gli effetti del jet lag: si tratta del del tasimelteone, una sostanza che regola i livelli della melatonina, favorendo così il sonno.
Test condotti dal Brigham and Women's Hospital di Boston su 450 persone tenute sveglie cinque ore più a lungo del solito, hanno mostrato che la pillola favorisce il sonno e consente al contrario, di rimanere svegli quando occorre.
Chi ha assunto tasimelteone è riuscito a dormire dai 20 minuti alle due ore in più rispetto a coloro che avevano assunto placebo.
Daniel Cardinali, dell’Università di Buenos Aires ha commentato questi primi risultati positivamente: la pillola potrebbe aiutare milioni di persone «come lavoratori costretti a viaggiare spesso, equipaggi di compagnie aeree, squadre di calcio, turisti e molti altri».
Ulteriori studi americani cercheranno di assicurarsi se la pastiglia è in grado di migliorare l’attività quando si è svegli, liberandosi dall’effetto di sedazione prodotto durante la notte.
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Una sola cellula può causare un tumore
>>Da: urania
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Come riportato sulla rivista Nature, un gruppo di studiosi americani, dell'Howard Hughes Medical Institute e della University of Michigan, ha scoperto che una sola cellula di un cancro della pelle basta spesso a dar vita a un nuovo tumore.
Finora si è sempre ritenuto che solo alcune cellule cancerose potessero innescare lo sviluppo della malattia, in ogni caso nuove ricerche risulteranno necessarie per confermare quanto osservato.
Il team ha condotto la sua ricerca su topi geneticamente modificati (pertanto dal sistema immunitario indebolito), iniettando loro cellule di melanoma, cancro della pelle capace di diffondersi da un solo punto in maniera letale. Anche l'iniezione di una sola cellula di melanoma ha originato tumori in un caso su quattro.
Il Dottor Morrison ha così commentato: «Per quanto ne sappiamo, è la prima volta che viene dimostrato che singole cellule di un cancro dell'uomo possono formare un intero tumore. Secondo noi, oggi si sottostimano le cellule che innescano i tumori e questo è un problema in molte forme di cancro, non solo il melanoma».
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Malattie reumatiche: 23 milioni di giornate di lavoro perse
>>Da: urania
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Le malattie reumatiche incidono pesantemente sui costi dell’assistenza socio-sanitaria italiana: in totale la spesa per queste malattie in Italia supera i 4 miliardi di Euro l’anno, di cui quasi la metà – 1 miliardo 739 milioni – sono rappresentati dalla perdita di produttività per circa 287mila lavoratori malati. Lo rivela una ricerca compiuta dall’Osservatorio Sanità e Salute che ha esplorato i database dell’Istat, del Ministero della Salute, dell’Aifa e dell’Inps per analizzare l’impatto sociale ed economico delle principali patologie reumatiche.
Oltre 5 milioni di persone in Italia soffrono di malattie reumatiche. Di queste, 734.000 sono colpite dalle forme croniche: artrite reumatoide e spondiloartropatie.
L'Artrite Reumatoide colpisce in prevalenza le persone tra i 30 e i 50 anni e soprattutto le donne, che rappresentano circa il 75% del totale dei malati. Ogni anno questa malattia è responsabile di oltre 13 milioni di giornate di assenza dal lavoro. I costi diretti ammontano a circa 1 miliardo 400 milioni l’anno mentre i costi indiretti riconducibili alla perdita di produttività sono pari a 981 milioni di euro.
Le spondiloartropatie sono un gruppo di malattie reumatiche croniche di tipo infiammatorio che colpiscono in prevalenza in età giovanile e che sono responsabili di oltre 10 milioni di giornate di assenza dal lavoro. I costi diretti ammontano a circa 950 milioni l’anno; quelli indiretti riconducibili alla perdita di produttività sono pari a 758 milioni di euro.
Il rapporto lavoro/malattie reumatiche è fondamentale, considerando che queste affezioni possono comparire frequentemente proprio durante l’età lavorativa. Le persone che ne sono affette spesso sono costrette ad abbandonare il lavoro e a dover affrontare disagi nella vita di relazione, con una sensibile riduzione della qualità della vita. Si stima che nel 10% dei casi si registra uno stato di invalidità permanente dopo solo due anni dall’insorgenza, e del 30% e del 50% rispettivamente dopo 5 e 10 anni.
L’instaurazione di una terapia precoce permette una significativa riduzione dei costi diretti e indiretti associati a queste malattie.
Con una rapida e corretta impostazione terapeutica, ottenuta attraverso una diagnosi precoce della malattia nei primi 3-6 mesi e una rigorosa valutazione della risposta alle terapie, più del 50% dei malati potrebbero raggiungere una remissione stabile della patologia, oggi, grazie anche all’impiego dei farmaci biologici.
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Unicef: morti per morbillo diminuite del 74%
>>Da: urania
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Le morti per morbillo in tutto il mondo sono diminuite del 74% tra il 2000 e il 2007, passando da 750.000 a 197.000. Inoltre, la regione del Mediterraneo orientale, che include paesi quali Afghanistan, Pakistan, Somalia e Sudan, ha ridotto le morti per morbillo del 90% - passando da 96.000 a 10.000 – nello stesso periodo, anticipando di tre anni l’obiettivo delle Nazioni Unite di ridurre del 90% le morti per morbillo entro il 2010.
Il risultato è stato annunciando dai promotori della Measles Initiative (l’Iniziativa contro il morbillo): l'UNICEF, l’OMS, la Croce Rossa Americana, i Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti (CDC) e la UN Foundation. I dati saranno pubblicati il 5 dicembre nell’edizione del Weekly Epidemiological Record and CDC’s del Morbidity and Mortality Weekly Report dell’OMS.
L’Africa ha dato il più grande contributo nella diminuzione globale delle morti a causa del morbillo: circa il 63% della riduzione dei decessi in tutto il mondo nel corso degli ultimi otto anni. Nel 2007, si sono verificati focolai in un certo numero di Paesi africani a causa di lacune nella copertura di immunizzazione, evidenziando la necessità di continuare a sostenere le vaccinazioni.
I progressi nel sud-est asiatico sono stati limitati - con un calo del 42% delle morti per morbillo. Ciò è dovuto al ritardo dell’attuazione delle campagne di vaccinazione su larga scala in India, paese che attualmente conta i due terzi dei decessi per morbillo a livello mondiale. L’impegno politico dell’India è essenziale se si vuole raggiungere l’obiettivo del 2010.
È inconcepibile che il morbillo uccida ancora più di 500 bambini al giorno quando vi è un sicuro, efficace e poco costoso vaccino per prevenire la malattia.
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Un esame del sangue per diagnosticare la necrosi
>>Da: urania
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Nello studio sull'infezione dei tessuti molli necrotizzante, solo il 43 per cento della coorte mostrava evidenti segni di infezione
Per la metà dei casi di infezione dei tessuti molli in necrosi che non mostrano segni fisici evidenti, in un futuro più o meno immediato potrebbero essere disponibili semplici test diagnostici basati sugli esami del sangue.
È quanto afferma un articolo apparso sull’ultimo numero della rivista “The American Journal of Surgery” a firma dei ricercatori del Los Angeles Biomedical Research Institute dell’Harbor-UCLA Medical Center (LA BioMed).
Le infezioni dei tessuti molli necrotizzanti sono processi rari e con decorso rapido caratterizzati da un tasso di mortalità molto elevato, intorno al 73 per cento. Precedenti studio hanno riscontrato come il migliore trattamento sia un precoce intervento chirurgico, anche se la prognosi rimane spesso incerta.
In quest’ultimo studio sono stati considerati 21 pazienti con infezioni dei tessuti molli necrotizzanti, ricoverati presso l’Harbor-UCLA Medical Center tra il luglio del 2006 e il novembre 2007. Nove di essi, quindi circa il 43 per cento, aveva evidenti segni di infezione, ovvero pelle di colore violaceo e bolle al di sotto dell’epidermide, mentre in tutti i casi gli esami del sangue evidenziavano o un numero elevato di globuli bianchi oppure bassi livelli di sodio sierico.
"Questi semplici test sono utili per escludere l’eventualità della necrotizzazione” ha spiegato il ricercatore del LA BioMed Christian de Virgilio, coautore dello studio. "Determinare se in un paziente tale processo sia già in atto è importante per poter trattare in tempo queste infezioni, aumentando le possibilità di sopravvivenza del paziente ma mettendo in guardia i medici rispetto alla difficoltà della diagnosi”.
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La felicità corre sull'onda
>>Da: urania
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Secondo una ricerca, lo stato emotivo di una persona può dipendere dalle esperienze emotive di altre persone che neppure si conoscono
La "felicità" è un fatto collettivo, ed è in grado di diffondersi come un'onda nella propria rete sociale, molto di più della tristezza: è questo il risultato di uno studio condotto da ricercatori della Harvard Medical School e dell'Università della California a San Diego, che lo illustrano in un articolo pubblicato sul "British Medical Journal".
"Abbiamo scoperto che il vostro stato emotivo può dipendere dalle esperienze emotive di persone che neppure conoscete, che sono a due o tre gradi di separazione da voi", osserva Nicholas Christakis, che con James Fowler ha diretto lo studio.
Per oltre due anni, Christakis e Fowler hanno analizzato i dati del Framingham Heart Study (uno studio sui problemi cardiovascolari ancora in corso iniziato nel lontano 1948) per ricostruire il contesto sociale in cui sono immerse le persone e analizzare i rapporti fra rete sociale e salute. Nel loro esame dei dati hanno però trovato una incredibile quantità di informazioni: per 4739 persone vi erano documentazioni di nascita, matrimoni, divorzi, morte, risalenti fino al 1971, oltre che informazioni su amici,colleghi di lavoro, vicini, alcuni dei quali casualmente anch'essi partecipanti allo studio. In questo modo sono riusciti ad analizzare l'impatto di 50.000 eventi sul gruppo, e osservare come si propagavano le ondate di felicità e tristezza.
Sfruttando il fatto che i partecipanti allo studio avevano periodicamente compilato il Center for Epidemiological Studies Depression Index, un test relativo allo stato psicologico dei soggetti, i ricercatori hanno scoperto - per fare un esempio - che quando un soggetto diventa felice, un amico che viva entro un miglio di distanza ha un aumento del 25 per cento della probabilità di diventare felice anche lui. La cosa più sorprendente è però che questo contagio si ripercuote al di là delle relazioni dirette. Nell'esempio precedente, anche un amico di quell'amico vede aumentare del 10 per cento le proprie probabilità di felicità, e al terzo grado di separazione c'è ancora un incremento di probabilità del 5,6 per cento.
"Abbiamo scoperto che mentre tutte le persone sono al massimo a circa sei gradi di separazione, la nostra capacità di influenzarle sembra ristretta a soli tre gradi", dice Christakis. "Rispecchia la differenza fra la struttura e la funzione della rete sociale."
Questi effetti sono peraltro limitati nel tempo e nello spazio: quanto più un amico è vicino, tanto più forte è il contagio emotivo, che peraltro si indebolisce col tempo, con una vita massima di un anno.
La tristezza, invece, sembra diffondersi in maniera molto meno efficace.
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Un "occhio di gatto" perfetto
>>Da: urania
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Una coppia di ricercatori è riuscita creare un dispositivo ritenuto finora irrealizzabile, che riflette la luce da qualunque punto essa provenga
Gli studi per ottenere dispositivi che donano l’invisibilità ha permesso a due ricercatori di risolvere alcuni intricati problemi che riguardano le singolarità ottiche e di arrivare così alla realizzazione di un “occhio di gatto” perfetto.
I piccoli pannelli catadriottici installati sulle strade e noti come “occhi di gatto”, così come gli indumenti di sicurezza per essere visibili al buio, sono efficaci per la loro capacità di riflettere la luce da qualunque parte essa provenga, o quasi, avvertendo così gli automobilisti della presenza di ostacoli, di pedoni o di ciclisti.
Sebbene funzionino bene, da un punto di vista fisico non si tratta di dispositivi perfetti, dal momento che non funzionano per alcuni particolari angoli d’incidenza della radiazione luminosa.
Secondo un articolo pubblicato sul “New Journal of Physics” intitolato The Transmutation of Singularities in Optical Instruments a firma di Thomas Tyc, della Masaryk University, nella Repubblica Ceca, e Ulf Leonhardt, dell’Università di St. Andrews, in Scozia, è possibile ottenere dispositivi che riflettono la luce che incide su di essi da tutte le direzioni.
Il segreto di tale risultato è nell’indice di rifrazione del materiale utilizzato. L’indice di rifrazione, com’è noto, è pari a uno quando la luce viaggia nell’aria e di circa 1,5 quando essa incontra il vetro o l’acqua.
Ma che cosa succede quando il materiale forza la luce a viaggiare a velocità prossime a zero, ovvero a un indice di rifrazione che tende all’infinito? In tal caso si è in presenza di una singolarità ottica, una circostanza per molto tempo ritenuta dai fisici impossibile da realizzare, così come impossibile era ritenuta la produzione di un “occhio di gatto” perfetto.
Tyc e Leonhardt hanno sfruttato gli ultimi ritrovati dell'ottica trasformativa, utilizzati per realizzare tessuti in grado di deviare e controllare la luce a tal punto da rendere sostanzialmente trasparente la persona che li indossa, con l’obiettivo di produrre un materiale in grado di riflettere a luce in modo perfetto.
Secondo l’autore, le prime possibili applicazioni potrebbero essere nel campo della tecnologia wireless, nei radar o nella trasmissione di microonde, in cui la produzione del materiale potrebbe essere più agevole.
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Un 'indirizzo magnetico' per per tartarughe e salmoni
>>Da: urania
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All'inizio della loro vita questi animali registrano le caratteristiche specifiche del campo magnetico dell'area in cui sono nate
Dispersi su buona parte del globo durante la loro vita, salmoni e tartarughe di mare tornano nel luogo dove sono nati per riprodursi, compiendo viaggi a volte di migliaia se non decine di migliaia di chilometri, Come facciano a orientarsi e a ritrovare il sito di origine è una questione che ha sempre affascinato i naturalisti. Secondo una nuova ricerca, all'inizio della loro vita salmoni e tartarughe di mare registrano le caratteristiche specifiche del campo magnetico dell'area in cui sono nate ricevendone una sorta di imprinting che tornerà loro utile al momento della riproduzione.
"Per gli animali che richiedono condizioni molto specifiche per riprodursi, l'accettazione di un'area poco familiare può essere difficile e rischiosa", osserva Kenneth Lohmann dell'Università del North Carolina a Chapel Hill, che ha diretto la ricerca. "In effetti, questi animali sembrano seguire la strategia secondo cui se il sito natale era abbastanza adatto a loro, allora dovrebbe esserlo anche per la loro prole".
Studi precedenti avevano mostrato che questi animali sono sensibili ai campi magnetici e che sono in grado di sfruttarli nel corso delle loro migrazioni. Ora nel nuovo studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), Lohmann e collaboratori hanno cercato di mostrare come il difficile compito di orientarsi nella lunga navigazione verso il sito di nascita possa essere spiegato proprio attraverso questo meccanismo.
Nello studio si osserva anche che il campo magnetico terrestre subisce piccoli cambiamenti nel corso del tempo e che probabilmente esso aiuta gli animali ad arrivare in prossimità del luogo originario di nascita, dopo di che entrerebbero in funzione altri sensi, come la vista e l'olfatto per identificare lo specifico sito.
Lohmann dice che uno degli ostacoli alla verifica definitiva della teoria è il basso tasso di sopravvivenza dei piccoli: solo una tartaruga di mare su 4000 circa sopravvive fino all'età adulta e torna sul luogo ci nascita per riprodursi e una percentuale analoga vale anche per i salmoni.
Secondo Lohmann se la teoria fosse corretta si potrebbe sfruttarla per mettere al sicuro dall'estinzione queste specie: "Idealmente è possibile guidare le tartarughe verso aree protette simili a quelle dove sono nate. Così come sarebbe possibile usare i campi magnetici per imprintare i salmoni a ristabilirsi in fiumi in cui le popolazioni originarie sono diminuite".
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Pace armata fra virus e zanzare
>>Da: urania
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Per completare il ciclo ed essere ritrasmesso a un ospite vertebrato, il virus deve sottomettersi, in qualche misura, alla risposta antivirale della zanzara
Le zanzare diffondono molti virus - da quelli della febbre gialla a quello della dengue, solo per citarne due - senza essere esse stesse malate. Finora si pensava che le zanzare fossero semplicemente refrattarie a quei virus e che il fatto di ospitarli non avesse alcuna influenza su di esse.
Ora una ricerca pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dimostra che non è così e che nelle zanzare portatrici di virus "è in corso una guerra a livello cellulare", dice Zach Adelman, entomologo al Virginia Polytechnic Institute.
Questo studio, osservano i ricercatori è partito "dalla nostra curiosità di rispondere alla domanda: In che modo la zanzara può controllare la patogenicità di questi virus, mentre il ben più complesso sistema immunitario dell'uomo sviluppa la malattia quando viene infettato?"
Per rispondere, i ricercatori hanno in particolare studiato i meccanismi di replicazione nella zanzara Aedes aegypti del virus Sindbis (SINV) che può provocare poliartiti e dermatiti, ma che - soprattutto - ha forti somiglianze con il virus della malattia di Chikungunya, di cui recentemente si sono avuti casi anche in Italia.
La guerra è fra l'ospite e l'RNA invasore: i mediatori che bilanciano le interazioni fra zanzara e virus sono i viRNA (derived short-interfering RNA) generati dalla risposta immunitaria all'infezione. "Se la zanzara non è in grado di tagliuzzare il genoma virale in viRNAs, un'infezione altrimenti invisibile diventa fatale sia per la zanzara sia per il virus. In altre parole, per completare il ciclo ed essere ritrasmesso a un ospite vertebrato, il virus deve sottomettersi, in qualche misura, alla risposta antivirale della zanzara", aggiunge Kevin M. Myles, che ha collaborato allo studio.
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L'elaborazione del suono negli autistici
>>Da: urania
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Rispetto ai coetanei sani, i bambini con autismo rispondono più lentamente, con una frazione di secondo di ritardo, ai suoni vocali e alle intonazioni
Tenui segnali magnetici nell'attività cerebrale dei bambini autistici mostrano che essi elaborano il suono e il linguaggio in un modo differente dai bambini non autistici. E' quanto risulta da una ricerca condotta presso il Children's Hospital of Philadelphia e presentata al congresso annuale della Radiological Society of North America in corso a Chicago.
L'identificazione e la classificazione di questi schemi di risposta cerebrale potrà consentire una più accurata diagnosi dell'autismo e a sviluppare approcci terapeutici per il trattamento di questo disturbo.
"I bambini con autismo rispondono con una frazione di secondo più lentamente dei coetanei sani ai suoni vocali e alle intonazioni", ha detto Timothy Roberts, che ha diretto la ricerca, condotta sfruttando la magnetoencefalografia (MEG), una tecnica già utilizzata per lo studio dell'epilessia che rileva i campi magnetici cerebrali proprio come l'elettroencefalografia (EEG) ne rileva i campi elettrici. "I segnali elettrici cerebrali generano piccoli campi magnetici che cambiano con le sensazioni e con la comunicazione fra le varie aree del cervello".
"La nostra ipotesi è che il parlato e altri suoni arrivino troppo rapidamente per i bambini con distrurbi dello spettro autistico e che le loro difficoltà nell'elaborazione del suono possa ostacolare le prestazioni linguistiche e di comunicazione", ha aggiunto Roberts.
Quando viene presentato un suono, la MEG registra un ritardo di 20 millisecondi nella risposta cerebrale dei soggetti con disturbi dello spettro autistico rispetto a quelli normali. Questo ritardo indica che il processo uditivo è anormale nei bambini autistici e può portare a una cascata di ritardi e a un sovraccarico dei successivi processi di elaborazione dei suoni e del parlato.
Dato che l'autismo si presenta in un ampio spettro di abilità e disabilità funzionali, la "firma" magnetica della risposta cerebrale potrebbe permettere una diagnosi più accurata del sottotipo di autismo dei singoli pazienti, e questo anche a un'età precoce, con un beneficio per la tempestività degli interventi.
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La sorprendente biodiversità dell'Antartide
>>Da: urania
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I ricercatori hanno setacciato sia le terre emerse sia le acque delle South Orkney Islands, non lontano dalla punta della penisola antartica
Il primo esteso inventario degli animali marini e terricoli delle isole intorno all’Antartide ha rivelato che tale regione ha un notevole grado di biodiversità, con un numero di specie superiore a quello delle Galapagos. Lo studio fornisce un importante punto di riferimento per monitorare le risposte dell’ambiente antartico ai cambiamenti ambientali in atto.
Secondo quanto riportato sull’ultimo numero della rivista “Journal of Biogeography”, un gruppo di ricercatori affiliati al British Antarctic Survey (BAS) e all’Università di Amburgo, ha setacciato sia le terre emerse sia le acque delle South Orkney Islands, non lontano dalla punta della penisola antartica, utilizzando immersioni subacquee e reti a strascico per catturare organismi viventi fino alla profondità di 1500 metri.
Le specie raccolte sono poi stati confrontate con quanto prodotto da circa un secolo di letteratura e contenuto nei moderni database, con la conclusione che il numero di specie marine e terricole arriva a circa 1200. Tra di esse, ricci di mare, vermi acquatici, crostacei e molluschi, acarine e uccelli. Oltre alle specie già note, ne sono state scoperte cinque nuove.
“È la prima volta che qualcuno riesce a completare un inventario di questo tipo nelle regioni polari”, ha spiegato David Barnes del BAS. “La raccolta fa parte del Census of Marine Life (COML), un progetto internazionale per valutare la diversità e la distribuzione della vita marina negli gli oceani del mondo: in sostanza, si sta cercando di comprendere in che modo questi animali risponderanno ai futuri cambiamenti ambientali, e cominciare da questo punto è veramente importante.”
E la biodiversità riscontrata è risultata sorprendente per gli stessi ricercatori.
Secondo Stefanie Kaiser dell’Università di Amburgo, che ha partecipato alla ricerca: “Nessuno poteva supporre che esistessero così tante differenti specie intorno a queste isole. Tale abbondanza di vita era completamente in attesa proprio perché si tratta di regioni polari, finora ritenute povere di biodiversità.”
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In un lievito i segreti biochimici del colesterolo
>>Da: urania
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Poiché le componenti del sistema di regolazione del colesterolo si sono conservate per circa 400 milioni di anni di evoluzione, la specie Schizosaccharomyces pombe) è un buon modello per capire i dettagli molecolari delle regolazioni cellulari della reduttasi HMG-CoA nei mammiferi
Nuove e importanti conoscenze sui meccanismi molecolari che permettono all’ampia famiglia di molecole farmacologiche note come statine di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue sono state acquisite grazie allo studio di un organismo molto semplice: un lievito unicellulare.
Secondo quanto spiegato dai ricercatori del Johns Hopkins University che firmano in proposito un articolo sull’ultimo numero della rivista “Cell Metabolism”, nell’organismo umano, le statine inibiscono un enzima, la HMG-CoA reduttasi.
Ciò che però non è stato finora ben compreso è insieme dei diversi livelli a cui viene controllato l’enzima, specialmente per quanto riguarda la proteina di regolazione battezzata Insig.
Dal momento che le componenti del sistema di regolazione del colesterolo si sono conservate per circa 400 milioni di anni di evoluzione, un lievito chiamato lievito di fissione (Schizosaccharomyces pombe) rappresenta un buon modello per penetrare velocemente e in profondità nei dettagli molecolari delle regolazioni cellulari della reduttasi HMG-CoA nei mammiferi.
Il gruppo della Hopkins ha trovato che anche in questo lievito, così chiamato perché si divide a partire dal centro, Insig regola la HMG-CoA reduttasi, ma in modo differente. Nei mammiferi, Insig degrada quest’enzima mentre nel lievito di fissione semplicemente lo inattiva promuovendo l’aggiunta di un gruppo fosfato, secondo il processo noto come fosforilazione.
"Si tratta di una differenza fondamentale e sorprendente”, ha commentato Peter J. Espenshade, fisiologo del dipartimento di biologia cellulare e membro del Center for Metabolism and Obesity Research della School of Medicine della Johns Hopkins University.
Inoltre, si è riusciti a comprendere quali situazioni scatenino tale processo: la fosforilazione viene avviata grazie al coinvolgimento di un’altra proteina chiamata MAPK.
“Grazie a questo studio non solo abbiamo capito alcune cose nuove di come funziona la proteina Insig e della biologia del colesterolo, ma abbiamo anche trovato una raro esempio di come la MAPK controlli un enzima biosintetico”, ha concluso Espenshade.
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Sumatra in attesa del big one
>>Da: urania
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Il devastante terremoto di magnitudo 9,2 del 26 dicembre del 2004 ha avuto luogo in corrispondenza di una zona di subduzione
La zona di subduzione che ha causato il terremoto e lo tsunami di Sumatra-Andaman nel 2004 è a rischio di un altro grande evento, nonostante la sequenza di sismi avvenuta nell’area delle isole Mentawai nel 2007, secondo un gruppo di sismologi guidati dagli studiosi del Tectonics Observatory del California Institute of Technology (Caltech).
Come molti ricordano, il devastante terremoto di magnitudo 9,2 che ha avuto come epicentro le coste occidentali di Sumatra il 26 dicembre del 2004 e che ha scatenato il devastante tsunami che ha investito tutte le coste dell’oceano indiano ha avuto luogo in corrispondenza di una zona di subduzione, dove una zolla della crosta terrestre affonda nel mantello scatenando sismi anche di notevoli intensità.
Ed è proprio questa zona di subduzione che ha interessato i ricercatori del Caltech. L’attività sismica nella regione, infatti, è continuata anche successivamente. Ma è possibile ipotizzare che questi recenti terremoti siano riusciti a liberare l’energia che si era accumulata nell’arco di un secolo di stress sismici? Per rispondere a questa domanda, sono stati considerati alcuni casi recenti collegati a analoghi eventi storici.
L’area a sud del sisma del 2004, è stata colpita da un sisma di magnitudo 8,6 nel 2005, ha spiegato Jean-Philippe Avouac in un articolo sulla rivista “Nature”, così come, raccontano gli annali, da un grande sisma nel 1861.
Quello del 2005, ritengono i sismologi, è stata una buona occasione per rilasciare l’energia delle tensioni che si sono accumulate a partire dall’evento ottocentesco; il tempo necessario perché ciò avvenga è evidentemente dell’ordine di uno o più secoli.
La stessa cosa non si può dire invece, per quanto riguarda un’area più a sud lungo la stessa zona di subduzione in prossimità dell’arcipelago Mentawai, una catena di circa 70 isole a ovest di Sumatra e dell’Indonesia. Tale area, infatti, è stata colpita da due terremoti giganti nel passato: il primo di magnitudo 8,8 nel 1797 e il secondo di magnitudo 9,0 nel 1833. Più recentemente, nel settembre del 2007, si sono verificati due sismi di magnitudo 8,4 e 7,9, rispettivamente, separati soltanto da 12 ore.
I ricercatori del Caltech, insieme con Kerry Sieh, ora alla Nanyang Technological University di Singapore, hanno utilizzato per lungo tempo l’analisi degli anelli di crescita dei coralli per quantificare gli schemi di lento sollevamento e subsidenza nell’area delle isole Mentawai. Tali schemi sono il risultato delle tensioni dell’interfaccia delle due zolle, che infine verranno rilasciate nei futuri grandi sismi.
Purtroppo, però, tali tensioni non sono compatibili con l’evento del 2007,
almeno stando all’analisi delle registrazioni sismologiche con i sensori della rete (inSAR), le misurazioni sul campo e le quelle e che trovate grazie alle stazioni GPS denominate SuGAr (Sumatra Geodetic Array).
Nell’articolo di “Nature”, gli autori infatti sottolineato come sia stato osservato solo un quarto del momento sismico - un parametro che misura le dimensioni del terremoto e rende conto di quanto una zolla scivola sull’altra - che si è accumulato negli ultimi due secoli.
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Gli echi della supernova di Tycho
>>Da: urania
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Esplose nel 1572
L'analisi dei suoi "echi" potrà chiarire importanti aspetti della formazione delle supernove di tipo Ia e gettare luce sulla cosiddetta "energia oscura"
Un gruppo di astronomi del Max Plank Institut per la radioastronomia ha trovato le "tracce fossili" dell'esplosione di supernova del 1572, quella che portò Tycho Brahe a concludere che il cielo stellato non fosse affatto qualcosa di immutabile come voleva la millenaria tradizione aristotelica. Il testo in cui descriveva questo evento, Stella Nova, segnò un punto di svolta per la scienza, aprendo la strada al lavoro di Keplero e di Galileo.
I resti della supernova hanno continuato a espandersi per questi 400 anni sotto forma di un nube di polveri e gas che ora hanno un diametro di oltre venti anni luce. Grazie ai fenomeni di riflessione della radiazione da parte delle polveri interstellari parte della radiazione dell'esplosione originaria continua a raggiungere la Terra. Questi echi di luce contengono una sorta di impronta fossile della supernova, che ora i ricercatori del MPI diretti da Oliver Krause sono riusciti a individuare e ad analizzare sfruttando i telescopi di Calar Alto, in Spagna, e di Mauna Kea, nelle Hawaii.
"Abbiamo ora l'eccitante possibilità di usare questi echi di luce per costruire una immagine spettroscopica tridimensionale dell'esplosione", ha detto Krause, che firma in proposito un articolo su "Nature".
Le osservazioni hanno confermato che SN1572 appartiene al tipo 1a delle supernove. Queste sono create dall'esplosione di piccole dense stelle dette nane bianche, che si ritiene esplodano con una brillantezza standard, cosa che le rende un ottimo strumento per valutare la distanza di galassie lontane.
In anni recenti queste misurazioni hanno rivelato che alcune supernove di tipo 1a sono più lontane di quanto ci si sarebbe aspettato, portando alla formulazione dell'idea dell'esistenza di una "energia oscura", che spingerebbe le galassie ad allontanarsi le une dalle altre. Dato che SN1572 si trova all'interno della Via Lattea, lo studio accurato dei suoi resti potrà aiutare sensibilmente a comprendere le supernove di tipo 1a e forse anche la stessa energia oscura.
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Nane brune, stelle mancate
>>Da: urania
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Trovata la conferma che questo tipo di oggetti cosmici si formano in modo simile alle stelle, e cioè da un collasso gravitazionale di nubi di gas
Gazie allo Smithsonian's Submillimeter Array (SMA), un gruppo di astronomi ha accolto prove convincenti di una circostanza rimasta finora ignota per quanto riguarda i fenomeni astrofisici: le nane brune si formano in modo simile alle stelle ordinarie.
Il fenomeno che ha convinto i ricercatori è un getto di monossido di carbonio uscito dall'oggetto noto come ISO-Oph 102: proprio tale flusso molecolare è un tratto tipico delle stelle giovani e delle protostelle. Tuttavia l'oggetto ha una massa stimata piuttosto limitata, solo 60 volte superiore a quella di Giove, un valore troppo basso perché possa essere una stella ed è perciò stato classificato come nana bruna.
Le nane brune, secondo le attuali conoscenze, rappresentano la linea di demarcazione tra i pianeti e le stelle. Generalmente, esse hanno masse comprese tra 15 e 75 volte la massa di Giove, e sono talvolta considerate come stelle mancate. Tuttavia, finora non era chiaro se si formassero in modo analogo alle stelle, e cioè da un collasso gravitazionale di nubi di gas, o come pianeti, cioè dalla agglomerazione di materiale roccioso fino a diventare abbastanza massicce da attrarre il gas circostante.
Una stella si forma quando una nube di gas interstellare si aggrega per effetto della gravità, diventando sempre più densa e calda finché non si innesca il processo di fusione nucleare nel suo nucleo. Se la nube iniziale di gas è in rotazione, quest'ultima tenderà ad accelerare il collasso, e così facendo proietterà materiale di direzioni opposte secondo un flusso bipolare.
Una nana bruna è meno massiccia di una stella, per questo motivo l'intensità dell'attrazione gravitazionale verso il suo centro non è sufficiente a dare il via alla fusione nucleare. Ora la scoperta del flusso molecolare bipolare associato all'oggetto ISO-Oph 102 offre una forte evidenza il favore della teoria secondo cui anche questo tipo di stelle mancate si formano per collasso gravitazionale.
"Pensavamo che tali flussi fossero troppo deboli per essere rivelati con gli attuali strumenti e credevamo di dover aspettarela prossima generazione di osservatori come l'ALMA (Atacama Large Millimeter Array)”, ha spiegato Ngoc Phan-Bao, dell'Academia Sinica Institute of Astronomy and Astrophysics (ASIAA) e primo autore dell'articolo di resoconto dello studio. "Si è trattato quindi di un fenomeno che ha destato notevole sorpresa: osservare il flusso molecolare dimostra le straordinarie potenzialità dello strumento."
Sostanzialmente concorde con le previsioni, invece, è il fatto che il flusso sia molto meno intenso - di un fattore 1000 circa -rispetto a quello osservato nelle stelle giovani.
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Vincere il mal di schiena? Datevi una mossa
>>Da: urania
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Con l’aiuto di un ortopedico o di un neurochirurgo si può scoprire qual è la causa del dolore
Ben otto persone su dieci ne soffrono almeno una volta nella vita. Perché il mal di schiena è come certi vicini di casa: fastidiosi e sempre pronti a rovinarti la giornata. Arrendersi sul divano di casa non serve (se non nella fase acuta, per due o tre giorni, quando il riposo è indispensabile). Al contrario, bisogna darsi una mossa e chiarire subito, con l’aiuto di un ortopedico o di un neurochirurgo qual è la causa del dolore. Se il problema è la comunissima lombalgia, dovuta a contratture muscolari, o se l’infiammazione non è grave, una serie di esercizi fisici è una panacea per prevenire nuovi attacchi.
«Rafforzare gli addominali e i muscoli paravertebrali permette di stabilizzare meglio la colonna», spiega Francesco De Martino, primario di ortopedia e traumatologia del presidio ospedaliero di Eboli (Salerno). «Immaginate una sorta di panciera naturale, che renderà più stabile la schiena. Con il proprio fisiatra si potranno pianificare gli esercizi più adatti». Intanto ecco, voce per voce e in ordine alfabetico, alcune attività fisiche che in molti casi contribuiscono ad allontanare i dolori al collo, alle spalle o nella zona lombare, con la frequenza ideale e le eventuali avvertenze o controindicazioni.
SPORT
Aquagym - «Gli esercizi di aquagym tonificano tutta la muscolatura senza esporre la schiena a sforzi eccessivi, perché quando il corpo è immerso nell’acqua si riduce sensibilmente il carico sulla colonna vertebrale », spiega Michelangelo Giampietro, specialista in medicina dello sport all’Asl di Viterbo. Da praticare due, tre volte alla settimana. È adatta a tutti.
Back school
La back school, la cosiddetta scuola per la schiena, è un programma di esercizi mirati da fare in palestra. Oltre a rendere la colonna tonica ed elastica, insegna le posizioni più corrette da adottare nei diversi momenti della giornata. «Sono esercizi molto specifici, che servono a correggere i difetti della postura», spiega Sergio Lupo, medico sportivo del Coni. Una o due volte alla settimana. Il programma va eseguito sempre sotto il controllo di un fisioterapista specializzato. Chi tenta di fare da solo corre il rischio di sbagliare i movimenti, peggiorando la situazione. Possono essere ripetuti a casa solo gli esercizi studiati con cura in palestra.
Camminare
«Andare a piedi a passo spedito può tenere lontano il mal di schiena, perché rende i muscoli che sorreggono la colonna più tonici e pronti a sostenere il peso corporeo», spiega Carlo Tranquilli, direttore del dipartimento di traumatologia e riabilitazione dell’istituto di medicina e scienza dello sport del Coni. Mezz’ora al giorno di camminata senza interruzioni e a passo veloce. Un’unica raccomandazione per le donne: niente tacchi alti.
Nuoto
«Il nuoto scioglie le tensioni e permette alla colonna vertebrale di distendersi», continua Lupo. «E poi fa lavorare in modo specifico i muscoli di tronco e spalle». Due, tre volte alla settimana. Chi ha un’accentuazione della curva dorsale non deve fare stile libero, solo dorso. Chi ha la scoliosi, invece, deve praticare anche esercizi di compensazione a corpo libero. Limitazioni per chi ha problemi di ernia del disco: da escludere la farfalla e la rana.
Pilates
Il sistema sviluppato da Joseph Pilates si concentra sui muscoli posturali. Gli esercizi sul tappetino devono essere fluid
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Le nuove linee guida anticarie per bambini
>>Da: urania
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ministero del Welfare si adegua alle direttive dell’Oms: così entro il 2010 il problema sarà eliminato ne 90% dei più piccoli
Combattere la carie fin dai primi mesi di vita evitando le cattive abitudini come lo zucchero sul ciuccio o l'abuso di bevande zuccherate. Con questo obiettivo il ministero del Welfare ha messo a punto le prime linee guida nazionali per allinearsi a quanto stabilito dall'Oms: entro il 2010 il 90% dei bambini di tra i 5 e i 6 anni dovrà essere privo di carie e i giovani di 18 anni non dovranno presentare perdita di denti dovuta carie o a malattia parodontale tenendo conto che la malattia oggi colpisce il 44% dei bambini entro i 12 anni di età
Le linee guida
Come comportarsi allora con i bambini, cosa concedergli e cosa, invece, evitare per non intaccare la salute dei denti? Si parte eliminando una serie di cattive abitudini che le mamme prediligono per affrontare i momenti di nervosismo dei bambini: niente zucchero sul ciuccio per calmare il bebè e tanto meno biberon pieni di bevande dolci, che non servono per una sana nutrizione.
A partire dai 6 mesi fino ai 3 anni, il pediatra dovrebbe raccomandare la somministrazione di fluoro: è noto da tempo che la bocca dei bambini al momento della nascita è sterile e che solo in seguito acquisisce dall'ambiente il suo corredo di microrganismi. I ceppi batterici trovati nella saliva dei bambini sono gli stessi rinvenuti nella saliva delle loro madri. Esiste, quindi, un legame tra le condizioni di igiene e di salute orale nelle madri e lo sviluppo di carie dentali nei figli, ed è stato anche dimostrato che è possibile controllare e prevenire il rischio di trasmissione da madre a figlio riducendo la concentrazione salivare materna di Streptococcus mutans con la somministrazione di fluoro e clorexidina.
Il chewing gum
Via libera alla gomma da masticare. C'è, infatti, da considerare che la saliva, da sola, è un'arma di prevenzione perché contiene antimicrobici (lisozima, perossidasi) e immunitari (IgA secretorie) che agiscono assieme contro la flora che causa la carie. Masticare la gomma stimola, durante i primi minuti di masticazione, la secrezione salivare, aumentando, anche se per poco, i meccanismi di difesa. Attenzione, però: l'uso del chewing gum, però, non può sostituire in nessun caso la buona abitudine a lavarsi i denti dopo i pasti.
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Parkinson, se la terapia è precoce la malattia va "Adagio”
>>Da: urania
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Un paziente su quattro si ammala prima dei 50 anni. Una nuova molecola dimostra di poter rallentare la malattia
Buone notizie per la cura del Parkinson, la malattia neurodegenerativa che colpisce fasce di età sempre più giovani. Un nuovo farmaco, la Rasagilina, ha dimostrato di poter agire sull’andamento stesso della malattia, rallentandone l’evoluzione, e non solo sui sintomi.
Come si manifesta il Parkinson
L’immagine che la malattia riguardi solo le persone anziane non corrisponde più alla realtà, come dimostra un'indagine GfK-Eurisko. Il Parkinson, che può colpire anche prima dei 50 anni, si manifesta con rallentamento nei movimenti e tremori, i primi sintomi a portare il paziente dal medico di famiglia o dal neurologo.
"Si calcola che in Italia ci siano circa 300 mila malati di Parkinson", spiega Fabrizio Stocchi, direttore del Centro per la cura e la ricerca sul morbo di Parkinson, IRCCS San Raffaele di Roma, “e circa un paziente su quattro si ammala prima dei 50 anni. Il progresso nella terapia è importante per la qualità di vita di tante persone, dei pazienti ma anche delle famiglie che li sostengono".
Spesso, però, si perde del tempo prezioso. Purtroppo, infatti, il 20% dei pazienti (soprattutto giovani) arriva dal medico solo dopo 2 anni dall’inizio della malattia e deve aspettare in media altri 5-6 mesi per avere la diagnosi definitiva e iniziare la terapia.
Il nuovo farmaco
Una terapia precoce significa anche intervenire sulle conseguenze più invalidanti della malattia: il dolore, la perdita dell’autonomia, la depressione. La prova scientifica degli effetti della Rasagilina viene dallo studio “Adagio” (Attenuation of Desease progression with Azilect GIven Once daily) che ha coinvolto 1176 pazienti, seguiti in 129 centri di cura per il Parkinson di 14 Paesi europei. Lo studio è stato presentato in occasione del 12° Congresso dell’European Federation of Neurogical Society.
Dai dati emersi dalle interviste ai malati, il 59% degli intervistati ha dichiarato di provare dolore continuo, il 69% di non essere più in grado di vestirsi da solo, mentre chi è in cura ha affermato che la terapia ha un effetto benefico su tutte le dimensioni della vita quotidiana: movimento, attività abituali, dolore, depressione, che colpisce il 68% del campione.
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UN NUMERO TELEFONICO NAZIONALE PER PRENOTARE LE PRESTAZIONI SANITARIE
>>Da: urania
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Digitando il 1533 sarà possibile accedere ai CUP di tutta Italia
L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, ha approvato un provvedimento che assegna al Ministero del Lavoro della salute e delle politiche sociali, un numero breve di pubblica utilita' a quattro cifre, '1533' per le prenotazioni delle prestazioni sanitarie. Questo numero a livello nazionale, sara' utilizzato da parte delle varie Regioni, a partire dalla Sardegna promotrice dell' iniziativa, per le chiamate ai Cup (Centro Unico di Prenotazione Sanitaria) dei rispettivi servizi. Il provvedimento risponde all'esigenza manifestata dal Ministero di armonizzare, in sinergia con le Regioni e Province autonome, l'offerta del servizio a livello nazionale. L'assegnazione di un numero breve, consentira' quindi ai cittadini di accedere con piu' facilita' ai servizi di prenotazione sanitaria erogati a livello locale ed alle aziende sanitarie di offrire migliori prestazioni a livello locale e regionale.
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A TORINO LA PRIMA STROKE UNIT PIEMONTESE
>>Da: urania
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E’ dotata di 8 posti letto monitorizzati
E’ operativa da ieri la 'stroke unit' dell'ospedale Molinette, il primo centro dedicato all'ictus in Piemonte. Dotata di otto letti monitorizzati e di personale specificamente formato consente ai pazienti colpiti da ictus, 2.500 l'anno solo a Torino, di essere curati da un team di rianimatori, internisti, geriatri, urgentisti, diabetologi, dietologi, foniatri, fisiatri, cardiologi e neuroradiologi. In Italia sono duecentomila le persone che vengono colpite ogni anno da ictus: di queste, quarantamila mila muoiono entro breve termine ed altre quarantamila mila perdono completamente l'autosufficienza. Il Piemonte si conferma come la regione italiana a maggiore incidenza di ictus, con 774 decessi l'anno in piu' rispetto alla media delle regioni. La malattia colpisce soprattutto nelle zone montane e in citta' nei quartieri con la piu' bassa scolarizzazione dove lo stile di vita e' meno sano e maggiore l'incidenza di malattie cardiovascolari. Secondo i dati del servizio sanitario sovrazonale, l'ictus e' la prima causa di invalidita' permanente, la seconda di demenza e la terza di morte e il ricovero in una stroke unit come quella attiva alle Molinette raddoppia le possibilita' di sopravvivenza e di una vita autonoma dopo la guarigione.
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UN NUOVO APPROCCIO AL TRATTAMENTO ACUTO DELL’EMICRANIA
>>Da: urania
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I risultati provenienti da uno studio pubblicato il 24 Novembre su The Lancet offrono ulteriori approfondimenti sul potenziale beneficio di un nuovo approccio al trattamento acuto dell’emicrania. In un ampio studio clinico di MSD, telcagepant, un antagonista del recettore per il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), somministrato per via orale, ha migliorato rispetto al placebo il sollievo dal dolore dell’emicrania ed i sintomi ad essa associati due ore dopo la somministrazione. Inoltre, telcagepant 300 mg ha offerto un’efficacia simile a quella di zolmitriptan ad elevato dosaggio (5 mg), con una minore incidenza di eventi avversi. "Questi risultati indicano che telcagepant è altrettanto efficace del trattamento standard con un triptano ad elevato dosaggio, ma con un migliore profilo di tollerabilità, per il trattamento dell’emicrania - ha affermato Tony W. Ho, Senior Director, Clinical Research, Merck Research Laboratories - Sono in corso altri studi clinici e siamo impazienti di condividere questi risultati non appena saranno disponibili." Telcagepant per via orale, non dotato di attività vasocostrittrice diretta, è un antagonista del recettore per il CGRP, un potente neuropeptide che si ritiene possa avere un ruolo centrale nella fisiopatologia dell’emicrania. Il CGRP ed i suoi recettori si trovano in molte regioni del cervello importanti nella trasmissione del dolore dell’emicrania. Durante gli attacchi di emicrania, il CGRP si lega ai recettori per il CGRP, attivandoli, il che aiuta a trasmettere gli impulsi del dolore. Telcagepant blocca il legame del CGRP ai suoi recettori all’interno del sistema nervoso e, pertanto, si ritiene che possa inibire la trasmissione dei segnali del dolore che causano le cefalee emicraniche. Lo studio pubblicato su The Lancet riporta i risultati provenienti da uno studio di Fase III, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e con farmaco di confronto attivo, su pazienti affetti da emicrania. Complessivamente, 1380 pazienti adulti con un singolo attacco di emicrania di intensità moderata o severa, come definito dai criteri dell’International Headache Society, sono stati trattati con telcagepant (capsula in gel) a dosaggi di 150 mg o 300 mg oppure con zolmitriptan 5 mg o con placebo. I pazienti arruolati in Europa e negli Stati Uniti erano soprattutto donne (85%), con un’età media di 43 anni.
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NEL 2009 I PRIMI TEST PER CURARE LA SLA CON LE STAMINALI
>>Da: urania
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Le cellule cerebrali fetali saranno iniettate nel midollo spinale dei pazienti con iniezioni multiple fatte con sottilissimi aghi
Potrebbero partire entro il 2009 i primi test sull'uomo per la cura della Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) basati sull'uso di cellule staminali adulte prelevate da feti abortiti. Lo ha annunciato ieri a Roma il biologo cellulare Angelo Vescovi, dell'Universita' Bicocca e dell'Ospedale Niguarda di Milano e direttore della Banca di cellule staminali cerebrali di Terni, nel convegno sulla Sla organizzato presso l'Istituto Superiore di Sanita' (Iss) dall'associazione Neurothon per la ricerca sulle malattie neurodegenerative. Vescovi si è augurato di riuscire a recuperare i ritardi accumulati finora, che hanno comportato costi imprevisti valutati in circa 300.000 euro e che hanno portato la spesa complessiva della sperimentazione a circa due milioni di euro. Il test, in fase uno, e' previsto su dieci pazienti e molto probabilmente avverra' a Terni, in modo che gli interventi siano effettuati vicino alla banca delle staminali cerebrali, e saranno condotti in collaborazione con i due centri milanesi nei quali lavora Vescovi e le universita' del Piemonte Orientale e di Padova. L'intervento consiste nell'iniettare le cellule cerebrali fetali nel midollo spinale dei pazienti con iniezioni multiple fatte con sottilissimi aghi. I primi risultati sui malati dovrebbero risultare evidenti dopo un anno.
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IN ARRIVO UN PACEMAKER A PROVA DI RISONANZA E METAL DETECTOR
>>Da: urania
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Annulla i rischi di interferenze con i campi magnetici
E' stato impiantato per la prima volta in Italia, su tre pazienti, il primo pacemaker di nuova generazione compatibile con la risonanza e con i metal detector. Il nuovo dispositivo, che segna il superamento dei limiti determinati sino ad oggi dalla terapia con pacemaker cardiaco, e' stato presentato a Roma in occasione del XIII Congresso internazionale sulla stimolazione cardiaca. Il nuovo dispositivo annulla del tutto i rischi di interferenze con i campi magnetici prodotti anche, ad esempio, dai varchi aeroportuali e security scanning di banche e supermercati. I nuovi pacemaker consentiranno agli oltre 300.000 italiani con pacemaker a cui e' stata negata la risonanza, benche' indicata, a causa delle possibili interferenze elettromagnetiche fra i due strumenti, di effettuare l’esame in tutta tranquillità. I primi tre interventi per l'applicazione del nuovo pacemaker sono stati effettuati nei giorni scorsi all'Ospedale San Filippo Neri di Roma e all'Azienda universitaria ospedaliera di Pisa. Il pacemaker di ultima generazione ha gia' superato la fase sperimentale e nel corso del prossimo anno sara' disponibile in tutti i centri ospedalieri d'Italia.
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Il Sottosegretario Fazio annuncia nuovi parametri per calibrare la spesa sanitar
>>Da: urania
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Tra 15 giorni o un mese al massimo potrebbe arrivare all'esame delle Regioni la bozza "del modello complesso di costi standard", messa a punto dal Governo, per la riforma e il contenimento della spesa sanitaria. Lo ha annunciato ieri il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio, a margine del convegno 'Linee strategiche per una nuova politica sanitaria', organizzato da Federanziani. Fazio ha spiegato che è intenzione del Governo definire costi standard per mettere a regime la spesa sanitaria italiana e renderla uniforme sul territorio nazionale. In un primo momento i costi presi come riferimento dovevano essere quelli applicati dalle Regioni considerate piu' virtuose: Veneto e Lombardia. Le nuove ipotesi, suscettibili di ulteriori cambiamenti prima di essere consegnate alle Regioni, prevedono invece una correzione dei costi standard sulla base di sei parametri: eta', appropriatezza, inadeguatezza, complessita' delle cure e dei Drg.
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E' POSSIBILE CURARE L'ICTUS CON LE STAMINALI
>>Da: urania
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Un gruppo di neurochirurghi tedeschi dell'Istituto Internazionale di Neuroscienza di Hannover (Centro-Nord) ha messo a punto un nuova terapia, basata sulle cellule staminali, per i pazienti colpiti da ictus. Protagonista dell'intervento e' Walter Bast, un meccanico di 49 anni. L'uomo dopo l'inserimento di un sacchetto retato simile ad una bustina da tè di 2 cm per 2 in polipropilene, pieno di milioni di cellule staminali ingegnerizzate per produrre un farmaco direttamente nel cervello, ha recuperato la parola e l'uso del braccio destro. Queste 'cellule bambine', prelevate dal midollo, sono state ingegnerizzate per produrre un farmaco che protegge le cellule cerebrali dalla morte. In pratica, permette alle cellule di riparare il danno causato dall'ictus. Le staminali sono incapsulate in modo da risultare protette dagli attacchi del sistema immunitario. Richiudere il tutto in sacchetti di piccole dimensioni assicura ai chirurghi la possibilita' di rimuovere rapidamente il dispositivo alla fine del periodo di trattamento. Se i prossimi trial proveranno l'efficacia del trattamento, il sacchetto con le staminali ingegnerizzate potrebbe arrivare sul mercato entro cinque anni, costituendo una nuova opzione terapeutica per le vittime di ictus emorragico. Il trattamento Cellbeads e' figlio del lavoro di un gruppo di scienziati dell'azienda britannica Biocompatibles International di Farnham (nel Surrey). Bast, che vive vicino a Bremen in Germania, ha accettato di essere il primo a testare l'operazione, dopo aver sofferto di due ictus in rapida successione. I chirurghi dell'International Neuroscience Institute di Hanover hanno lasciato la bustina nel suo cervello per 15 giorni, mentre le cellule staminali pompavano il farmaco, noto solo come CM1. Ora, sei settimane dopo l'intervento, il corpo di Bast e' tornato praticamente alla normalita'. Il suo chirurgo, Thomas Brinker, ha spiegato: "Vediamo un recupero cosi' buono solo nella minoranza dei pazienti, dunque questo e' un inizio incoraggiante. Ed e' importante anche il fatto che non abbiamo rilevato effetti collaterali".
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Le oscillazioni climatiche di Marte
>>Da: urania
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Nuove immagini del Pianeta rosso dimostrano i cambiamenti passati del clima marziano
Una “scala dei giganti” sulla superficie del quarto pianeta del nostro sistema solare, fotografata dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter, mostra chiaramente degli “strati” sedimentari riconducibili a oscillazioni climatiche.
Ogni scalino è alto alcuni metri e ogni strato è raggruppato in gruppi di circa dieci scalini. L'analisi visiva di queste formazioni geologiche è stata possibile grazie alla fotocamera stereo HiRISE della sonda, come precisa Kevin Lewis del Caltech, fra gli autori della scoperta.
La disposizione degli strati è congruente con l'oscillazione dell'asse di rotazione del pianeta. L'asse infatti si sposta avanti e indietro lungo un periodo di 120.000 anni, che potrebbe corrispondere al tempo necessario per la sedimentazione di ciascuno strato.
Il dondolio dell'asse a sua volta è modulato, cioè diventa più o meno marcato durante una sequenza da dieci a venti cicli – il che spiegherebbe come mai gli scalini sono raggruppati di dieci in dieci.
L'inclinazione dell'asse marziano ha un effetto sul clima, anche se i processi precisi sono ancora sconosciuti. Se le ipotesi degli scienziati sono corrette i sedimenti osservati si sono depositati in un periodo di dodici milioni di anni. ENl caso venissero scoperti nuovi depositi i ricercatori potranno ricostruire il clima marziano nel passato remoto, individuando gli eventuali periodi umidi.
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ALTO ADIGE
>>Da: urania
Messaggio 1 della discussione
Brevi informazioni su quanto di paesaggistico e culturale offre questa regione. Castelli, musei, parchi naturali, escursioni: http://www.in-suedtirol.net/it/i-volti-dell-alto-adige.htm
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Usa. La Georgia va ai Repubblicani
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Cristiano Bosco
La Georgia dà un dispiacere al presidente eletto Barack Obama e ai Democratici. Nel ballottaggio delle elezioni per il Senato (richiesto dalle leggi dello Stato poiché nessuno dei due candidati aveva raggiunto il 50% dei voti lo scorso 4 novembre) il repubblicano Saxby Chambliss, già titolare della carica, ha sconfitto il rivale democratico Jim Martin, conquistando il 57% dei consensi. Una vittoria netta che, oltre a regalare ulteriori sei anni di mandato al senatore conservatore, fedelissimo di George W. Bush e Dick Cheney, condiziona in maniera determinante i destini della politica americana dei prossimi anni. La Georgia era infatti uno dei tre Stati (con Alaska e Minnesota) ancora in bilico nella corsa per il Senato: con l'Alaska passata in mano al democratico Mark Begich e il Minnesota che potrebbe essere conquistato dall'ex comico Al Franken, una vittoria dei Democratici in Georgia, Stato del sud e roccaforte repubblicana (vinto da John McCain alle presidenziali), avrebbe garantito al partito del presidente eletto il raggiungimento della quota di 60 senatori, ovvero la tanto desiderata maggioranza schiacciante al Senato, in grado di rendere più veloce l'approvazione di ogni progetto di legge e di togliere, di fatto, ogni spazio di manovra all'opposizione, privata anche della possibilità di effettuare la forma di ostruzionismo nota come «filibustering».
Per il Gop un passo falso in Georgia avrebbe rappresentato l'ennesimo smacco di un anno elettorale da dimenticare. In piena fase di elaborazione della sconfitta, dopo la conquista di Casa Bianca e Congresso da parte dei Democratici, i Repubblicani non potevano permettersi di perdere in uno Stato di loro appartenenza, né tantomeno di consegnare i temuti 60 senatori di maggioranza agli avversari, privandosi così di ogni mezzo per contrastare lo strapotere del partito di Barack Obama. Entrambi gli schieramenti, intuita l'importanza della posta in gioco, si erano impegnati attivamente per proseguire la già estenuante campagna elettorale, con un altro mese di spot televisivi e discorsi pubblici dei maggiori volti noti in tournée per lo Stato. Nonostante lo sfavore dei sondaggi (che davano Chambliss, già vincente al primo turno elettorale, avanti di circa 5 punti percentuali), i Democratici, facendo leva sulla possibilità di avere il pieno controllo del Congresso e della Casa Bianca - cosa che raramente accade al loro partito - speravano in Jim Martin, rappresentante dell'ala conservatrice del partito (il quale si è recentemente opposto al piano Paulson), ma soprattutto sull'eventuale «effetto Obama», trend positivo immediatamente conseguente alla sua elezione a presidente. I Repubblicani, al contrario, presentavano l'elezione per una carica al Senato come una sorta di riedizione della battaglia di Stalingrado, chiedendo ai propri elettori un ultimo sforzo per bloccare l'apparentemente inarrestabile avanzata degli avversari e puntando sul non sottovalutabile «effetto Palin», dovuto al grande impatto prodotto dalla governatrice dell'Alaska nel suo tour elettorale in sostegno di Chambliss (un apporto indicato come fondamentale per il successo dallo stesso senatore).
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
La conferma di Saxby Chambliss rinvigorisce il Grand Old Party, che mantiene così l'opportunità di fare una seria opposizione al partito in controllo del Congresso: «Essi sanno che avranno bisogno di lavorare con i Repubblicani», ha dichiarato Chambliss, riferendosi ai lavori del Senato, nei quali la maggioranza dovrà necessariamente scendere a compromessi con il suo partito, impedendo quindi un eccessivo spostamento verso sinistra della politica americana nel futuro prossimo. La vittoria conseguita in Georgia pone altresì le basi per una ricostruzione repubblicana in vista delle elezioni di medio termine del 2010. Chambliss, secondo il quale si trattava della «prima elezione del 2010», sostiene sia ora necessario che il Gop ritorni sui «principi insegnati da Ronald Reagan» (ovvero meno stato, responsabilità fiscale, più diritti individuali e meno tasse) al fine di vincere le prossime sfide elettorali. Il suo successo, con il contributo della base galvanizzata da Sarah Palin, può rappresentare un modello su cui costruire le strategie del Partito Repubblicano per gli anni a venire. «Il nostro successo in Georgia - ha affermato Mike Duncan, a capo del Republican National Committee - è un segnale forte che la disfatta del Gop sia stata enormemente esagerata, e ora attendo con ansia prossimi successi repubblicani nel 2009 e nel 2010».
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E' alta la tensione nel subcontinente indiano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Diletta Guaragna
Sembra scongiurata la possibilità di una escalation militare della nuova crisi che sta investendo il subcontinente indiano. Il Ministro degli Esteri indiano ha infatti affermato che il proprio Governo non sta prendendo in considerazione alcuna opzione bellica nei confronti dello scomodo vicino in conseguenza degli attacchi terroristici che la settimana scorsa hanno sconvolto la città di Mumbai. A conferire credibilità all'ipotesi dello scontro aperto erano stati i primi risultati delle indagini portate avanti dalle autorità indiane che confermavano la provenienza pakistana degli attentatori. Sembra però che i leader della più popolosa democrazia del mondo abbiano accettato l'evidenza che era sotto gli occhi dell'intera comunità mondiale: l'estraneità agli attacchi del presidente Zardari. La tensione rimane comunque alta, come dimostrato anche dal ritrovamento di ulteriori ordigni e dai toni delle dichiarazioni tra i due paesi, e non si esclude, se non la partecipazione materiale alla progettazione degli attacchi, quantomeno la connivenza di parte dei servizi di intelligence pakistani, in particolare dell'ISI.
Il piano degli attentatori sembra quindi parzialmente fallito. Non è infatti pensabile che il solo scopo dell'azione terroristica fosse seminare morte tra gli innocenti, per quanto deprecabile questo possa essere. La scelta di colpire una delle città simbolo dell'India con un commando composto da pakistani cela il preciso intento dei terroristi di innalzare di nuovo la tensione tra i due nemici storici della regione. Il processo di pace iniziato tra India e Pakistan nel 2004 aveva infatti portato a un clima più disteso tra le due potenze nucleari, permettendo alla leadership della «terra dei puri» di concentrare lo strumento militare, dietro le forti insistenze americane, nella parte occidentale del paese, in particolare sul confine afghano, da sempre roccaforte dei talebani. Il riacutizzarsi della crisi mai risolta tra i due paesi avrebbe portato, come logica conseguenza, alla riapertura del «fronte indiano» e al trasferimento di truppe dalla parte occidentale a quella orientale del paese, come del resto vertici dell'esercito pakistano si erano già detti pronti a fare a inizio settimana. Con parte delle forze armate impegnate sul confine indiano, i miliziani asserragliati nelle zone tribali al confine con l'Afghanistan avrebbero sicuramente visto diminuire la pressione su di loro. Complici anche le avverse condizioni atmosferiche dovute all'inverno, i terroristi avrebbero avuto quindi la possibilità di riorganizzarsi e di estendere la propria influenza anche sul Punjab, come più analisti stanno sottolineando.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Come avidenziato dall'Economist, vi è un'ulteriore fonte di preoccupazione legata agli attentati. Questi presentano infatti elementi in comune con una serie di violenze che hanno sconvolto l'India recentemente e rivendicati dal gruppo «Indian Mujahideen», mujaheddin indiani. Il fondamentalismo di matrice islamica sembra quindi essere penetrato anche in India, lo stato al mondo con la più grande minoranza musulmana, una volta considerato immune a tale corrente estremista; tanto che lo stesso Bush aveva affermato che nessun cittadino indiano di fede islamica era membro di Al Qaeda. La conferma dell'esistenza di una cellula estremista all'interno del paese non solo fa presagire un futuro tutt'altro che roseo per la lotta al terrorismo in India - se infatti la minaccia proviene dall'interno dei confini nazionali è ancora più difficile da sconfiggere in quanto il nemico si muove in un ambiente a lui familiare con tutti i vantaggi che ne derivano-, ma è anche la conferma del trend che vede l'azione terroristica spostarsi da paesi a maggioranza islamica a stati in cui gli stessi costituiscono una minoranza disagiata. La marginalità in cui queste minoranze spesso vivono, insieme alla povertà in cui spesso le stesse versano, costituiscono infatti un terreno favorevole alla proliferazione di estremismi, che unito alla conoscenza del territorio, cui prima si accennava, potrebbero costituire un vantaggio considerevole per gli attentatori. La speranza ora è che il terrorismo in India fallisca anche su questo versante.
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Zimbabwe, Somalia. Due crisi umanitarie senza precedenti e nessuna via d’uscita
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Anna Bono
Il 4 dicembre le autorità politiche dello Zimbabwe hanno dichiarato lo stato d'emergenza nazionale in seguito al dilagare di un'epidemia di colera scoppiata a settembre e che, con quasi 600 vittime accertate e oltre 12.000 casi di contagio, si sta rivelando la peggiore degli ultimi 15 anni. Nello stesso giorno il paese ha rivolto al mondo la richiesta di immediati aiuti alimentari per il valore di 450 milioni di dollari, che potrebbero salire a 550 se risultassero esatte le stime del Pam, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, secondo le quali sarà necessario assistere almeno fino a marzo due milioni di persone, e forse addirittura cinque milioni, se si vuole evitare che muoiano di fame.
La crisi economica che attanaglia il paese, da quando nel 2000 la maggior parte delle imprese agricole per il mercato sono state confiscate, sta producendo i previsti, drammatici frutti: mancano acqua potabile ed energia elettrica, medicinali e personale medico, l'intero sistema sanitario è al collasso. Il ministro della Sanità uscente raccomanda ai suoi connazionali di non stringersi la mano quando si incontrano, ma nessuno può fare a meno di bere e mangiare. Impassibile, un'intera classe politica assiste all'assurda, imperdonabile agonia di una nazione ricca di risorse e un tempo in grado di esportare cereali e raccolti pregiati come il tabacco: invece di superare i contrasti e unirsi per il bene comune, il presidente Robert Mugabe, primo responsabile della crisi, e i leader dell'opposizione continuano infatti a perdere tempo contendendosi il ministero degli Interni e rimandando la riforma costituzionale che, secondo gli accordi stipulati a settembre per risolvere la crisi post elettorale iniziata otto mesi or sono, prevede l'istituzione della carica finora assente di primo ministro, necessaria per bilanciare il potere del capo dello Stato affidando la guida del governo all'opposizione, e consentire finalmente la creazione di un governo di unità nazionale.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Molto più a nord, in Somalia, sta succedendo qualcosa di analogo e forse di peggio ancora. Circa il 43% della popolazione, più di 3,5 milioni di persone, ha immediato bisogno di essere sfamata. Particolarmente critica è la situazione dei profughi, che si contano a centinaia di migliaia: negli ultimi 10 mesi hanno lasciato la capitale Mogadiscio 600.000 sfollati, il 60% della popolazione, i campi di raccolta sono sovraffollati e il rischio di epidemie è elevatissimo. Dall'inizio dell'anno, inoltre, i civili morti a causa dei combattimenti tra forze governative e milizie ribelli sono 10.000. Come in Zimbabwe, anche in Somalia le autorità politiche - in questo caso i capi clan e di lignaggio che rifiutano di collaborare e sono responsabili degli infiniti stenti patiti dai loro connazionali nei 17 anni di guerra trascorsi dalla caduta nel 1991 del dittatore Siad Barre - si dimostrano indifferenti oltre ogni immaginazione. Ad agosto le tensioni tra il presidente della Repubblica Abdullahi Yusuf Ahmed e il primo ministro Nur Hassan Hussein avevano portato a una crisi di governo tuttora irrisolta. Il 16 novembre Hussein ha presentato un nuovo esecutivo che il capo di Stato ha respinto.
Nel frattempo i rappresentanti del governo e dell'Ars, l'Alleanza per la ri-liberazione della Somalia che raccoglie una parte dello schieramento antigovernativo, hanno raggiunto a Gibuti, dopo mesi di colloqui, un accordo. Tra le condizioni poste dall'Ars e accolte dal governo figura il ritiro delle truppe etiopi che per due anni hanno rallentato la riconquista del territorio somalo da parte dei gruppi integralisti legati al terrorismo islamico internazionale, che non hanno partecipato ai negoziati di Gibuti e che di recente hanno conquistato altre città tra le quali l'importante porto di Merca. Il 25 novembre Addis Abeba, con una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha accettato ufficialmente la decisione dei leader somali impegnandosi a lasciare il paese entro la fine del 2008, e ha già incominciato a ritirare le proprie truppe. Un secondo punto dell'accordo di Gibuti prevede la spartizione del potere tra i firmatari. Per realizzarla le parti hanno concordato di raddoppiare i membri del parlamento, che passeranno quindi da 275 a 550: questo in un paese che muore di stenti e crepacuore.
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Il ministro Gelmini approda su YouTube
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Alessandro Agnese
Il ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini, ha creato un canale personale sul più celebre sito internet di filmati in streaming messi a disposizione da utenti privati, YouTube. Non appena si accede alla pagina si è accolti da un videomessaggio di 28 secondi, dove il ministro spiega chiaramente le sue intenzioni: «Ho deciso di aprire un canale su YouTube perché intendo confrontarmi con voi sulla scuola e sull'università. Voglio accogliere idee, progetti, proposte, anche critiche. Una cosa però non farò mai: quella di difendere lo status quo o di arrendermi ai privilegi o agli sprechi. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare e lo dobbiamo fare insieme». Una chiara apertura al dialogo, un modo per poter comunicare senza filtri con tutti gli studenti, per discutere attivamente sui provvedimenti che verranno presi in materia di istruzione, università e ricerca.
La scelta di attuare un confronto diretto con i giovani attraverso la rete è vincente: non c'è infatti mezzo più potente di internet per poter comunicare con i teenager, soprattutto in questo momento dove è letteralmente esploso l'utilizzo di blog e social network di tutti i tipi, da MySpace a Facebook. La ricerca di un contatto informale è evidente anche durante la visione del video: un ufficio sobrio, essenziale, ben diverso dalle stanze della politica a cui siamo abituati; anche l'abbigliamento è tutt'altro che convenzionale: maglioncino a collo alto di color viola e pantaloni scuri. Da notare il fatto che sul pc presente sulla scrivania si può osservare chiaramente che anche la home page non è affatto istituzionale: campeggia chiaramente il logo della pagina web di Google, noto motore di ricerca sfruttato moltissimo dagli internauti di tutto il mondo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
A ventiquattr'ore dalla pubblicazione del primo video si sono registrare oltre 50.000 visualizzazioni ed oltre 1000 commenti e, visto il passaparola caratteristico della generazione hi-tech, questi numeri sono destinati ad aumentare nelle prossime ore, anche perché la frequenza di upload video è settimanale. Chiunque si colleghi al sito potrà rendersi conto di come sia già iniziata la bagarre tra utenti che attaccano - utilizzando in abbondanza i consueti discorsi demagogici - e quelli che difendono il lavoro del ministro. La peculiarità di questa iniziativa sta proprio nel fatto che chiunque può esprimere il proprio punto di vista, ovviamente mantenendo un certo decoro; messaggi offensivi non verranno presi in considerazione e saranno di fatto eliminati. Questa è la naturale conseguenza quando si decide di intraprendere un percorso basato sul dialogo, dove ci si scambiano idee, punti di vista, suggerimenti e dove si viene infine giudicati pubblicamente.
Una scelta di approccio sicuramente innovativa e che, se saprà essere sfruttata a dovere, potrà portare sicuramente ottimi risultati, in virtù del fatto che il dicastero della Gelmini lavora nell'interesse della formazione dei giovani studenti - i manager di domani - i quali hanno il diritto di essere a conoscenza di quali provvedimenti vengono presi nei loro confronti, ma, soprattutto, ora hanno anche la possibilità di poter avere un contatto diretto per poter discutere sulle diverse problematiche. Va da sé che i discorsi da intraprendere devono essere costruttivi e non faziosi, come accade spesso in Italia, dove l'operato di una certa parte politica viene sistematicamente attaccato a priori da chi ha un'ideologia opposta. Il dissenso è sempre esistito e continuerà ad esistere, il problema sta nel come ci si pone nell'affrontare la questione; è dunque nell'interesse di tutti sfruttare al meglio queste potenzialità che vengono messe a disposizione.
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Un nuovo corso per l'Università
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Francesco Pasquali
Ci sono due aspetti che permettono di analizzare perchè la protesta che ha coinvolto per quasi due mesi le università italiane si sia rivelata un fallimento. Il primo riguarda la capacità di rappresentanza dei movimenti, che hanno in parte proposto le stesse caratteristiche di quelli sessantottini. In loro, infatti, abbiamo scorto la presunzione di portare il vessillo di un'intera generazione, volendo far credere che, questa, fosse collocata strenuamente contro il governo.
Questo dato è stato smentito dalla petizione promossa dai giovani di Forza Italia attrverso il quotidiano Libero, che ha raggiunto nel giro di poche settimane le centomila adesioni. E' stata un'iniziativa non politicizzata, che ha dato la possibilità di diffondere il messaggio di migliaia di ragazzi stufi di dover affrontare ogni giorno picchetti, sabotaggi, interruzioni a suon di megafoni per fare ciò che in ogni paese civile si fa senza problemi: assistere ad una lezione, prendere appunti, partecipare.
Il secondo aspetto riguarda il contenuto politico delle proteste. Che a un certo punto gruppi organizzati si alzino e si mettano a protestare perchè lo stato delle cose non va bene ci può anche stare. Siamo in democrazia. Ma mettersi a farlo gomito a gomito con chi è alla base del disastro, cioè la maggior parte dei rettori con tutta la schiera di parenti, amici e sodali, delegittima in partenza la tesi che si vuole rivendicare. In questo modo, infatti, i movimenti non hanno difeso, come volevano far credere, «l'università dai tagli», ma si sono posti a protezione dei privilegi di altri. Hanno eretto barricate a protezione di quella cittadella che li ha sempre esclusi, considerando gli studenti non il nucleo, ma un'appendice del sistema educativo italiano.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
L'unica strada per garantire all'università un nuovo corso è quella intrapresa coraggiosamente dal governo: dei tagli razionali, che, accanto ad un intervento di tipo economico, prevedessero anche l'individuazione delle strutture improduttive o inefficaci. Tutto questo attraverso il criterio più funzionale: il rapporto tra risorse pubbliche stanziate e il raggiungimento/utilità dei risultati. L'elenco dei corsi di laurea o dei progetti di ricerca dai nomi più assurdi (come il corso di laurea in «allevamento, igiene, benessere del cane e del gatto» all'università di Bari) sembra infatti quasi a portata di slogan, ma fotografa una realtà davvero amara: anni di sperperi hanno portato l'istituzione università ad essere dequalificata sia sul piano interno, sia sul piano internazionale. Dai nostri Atenei, in linea di principio, non escono risorse, ma potenziali risorse che poi, purtroppo, trovano solo in alcuni casi rispondenze sul mercato del lavoro. Davvero male per l'Italia che, attorno all'anno Mille, a Bologna ha dato i natali all'università. Proprio il primordiale concetto di insegnamento infatti, è un modello di efficienza: alcuni studenti chiedevano, dietro compenso, un ciclo di lezioni ad un precettore che impartiva loro nozioni secondo la finalità che volevano raggiungere. Oggi la situazione è completamente ribaltata: sono gli studenti a dover rincorrere le esigenze dei professori, e questo ha portato la nostra università a dei livelli di arretratezza non più accettabili per un Paese che deve tornare ad essere competitivo e per farlo ha bisogno delle sue risorse migliori.
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La giustizia da rifare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Gabriele Cazzulini
La guerra tra le procure di Catanzaro e Salerno segna un nuovo fondo per il degrado dello stato di diritto. L'inchiesta «Why not» è la tangentopoli che sta mettendo a nudo i mali della magistratura. Come nel '92 Mani Pulite rase al suolo la prima Repubblica, così oggi questo scontro tra procure è la denuncia del collasso della magistratura. Questa crisi non si può neanche limitare ad uno specifico contesto locale, perché coinvolge e travolge l'intero sistema, dalle procure fino al Csm. E' una crisi di delegittimazione che, per paradosso, non è un colpo inferto dall'esterno, ma è una crisi autoprodotta dalle contraddizioni interne della magistratura stessa.
L'autogoverno dei giudici è miseramente fallito. La struttura chiusa del sistema giudiziario ha fatto sì che le toghe diventassero un corpo separato dallo Stato e allo stesso tempo capace di influenzarne i comportamenti: indipendenti dal potere politico, ma con un potere tale da condizionare la politica, come si è visto per Berlusconi e per tanti altri casi. Potenti a interferire nella politica, ma impotenti ad applicare la legge, cioè a fare il loro dovere - ecco il ritratto impietoso che calza a pennello per tanti magistrati. Allo stesso tempo questa vantata indipendenza non è bastata a salvaguardare le toghe dalle infiltrazioni della criminalità. Allora questa indipendenza era soltanto uno strumento politico forte e illegittimo che nascondeva una realtà di debolezze. L'autocontrollo della magistratura vuol dire soltanto l'assenza di ogni controllo. Nessuno oggi è in grado di controllare l'operato dei giudici. Così la magistratura tende a porsi come un autopotere antidemocratico. Ma alla fine questa mancanza di controlli esterni ha corrisposto all'assenza di controlli
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
interni - e allora ogni procura e ogni procuratore può disporre liberamente della propria autorità.
I costi sociali di questa magistratura in panne sono altissimi. La morsa dell'economia sta stringendo il paese. Se persino lo Stato di diritto è esposto allo spettacolo indecoroso di una procura che attacca un'altra procura, la crisi acquista un impatto fortissimo, perché la crisi della moneta degenera nella crisi della fiducia e perciò della credenza nella legittimità dell'ordinamento statale. Come i politici all'epoca della partitocrazia erano troppo impegnati nei loro giochi di potere, così i giudici impegnati a scontrarsi a colpi di deferimenti al Csm e indagini politiche si dimostrano incapaci di condannare i colpevoli. Così assassini e criminali circolano a piede libero perché i tempi della giustizia sono troppo lunghi e basta un cavillo per assolvere un omicida. Quante stragi, quanti delitti recano il nome di un colpevole che tuttavia è stato assurdamente graziato dalla giustizia. Per decenni è risuonata la retorica dell'antipolitica come reazione popolare contro una politica incapace di governare. Adesso stanno maturando i tempi per l'antimagistratura, cioè per la domanda forte di una giustizia giusta e funzionante.
In questo continuo decadimento della giustizia italiana c'è una sostanziale svolta positiva. L'accanimento giudiziario contro Berlusconi va scomparendo, dimostrando l'artificiosità delle estenuanti indagini che hanno spulciato nella vita del premier per quattordici anni. Senza l'arma degli avvisi di garanzia, l'antiberlusconismo militante fa cilecca. Infatti il problema della magistratura che fa politica si è ribaltato nel suo opposto: la magistratura non fa la magistratura.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
In queste condizioni le analogie storiche ritornano preoccupanti. Nel '92 il vuoto politico stimolò un'ondata di terrorismo mafioso, con gli omicidi di Borsellino e Falcone, due giudici ostracizzati dalla magistratura, e le bombe a Firenze e Milano. Oggi siamo di fronte ad una nuova, potenziale offensiva criminale. La differenza è che, al posto dei mafiosi, ci sono i predicatori e i militanti musulmani che organizzano attentati sul suolo italiano. Come Falcone e Borsellino, ma è anche il caso del giovanissimo giudice Livatino, caduto a soli 38 anni: ogni volta che un giudice si spinge oltre il confine imposto dalle regole della sua casta, va incontro ad un tragico destino. Oggi potrebbe toccare a De Magistris. Ma l'indipendenza della magistratura non può diventare una causa di morte.
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Giustizia: si scatena un gioco al massacro
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Aurora Franceschelli
«E' in gioco, ormai da troppo tempo, la credibilità della Giustizia. La guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro, che si è scatenata attorno all'inchiesta Why Not e Poseidone, ha assunto un profilo davvero inquietante, sembra che il sistema si avvicini all'implosione. Che cosa è accaduto attorno al caso De Magistris? A prescindere dal merito dell'inchiesta portata avanti dall'ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris, desta scalpore il fatto che, attorno a questa vicenda, si sia scatenata una sorta di guerra civile giudiziaria che ha come retroterra l'ormai irrefrenabile desiderio di potenza di una certa frangia delle Toghe.
In gioco, ora più che mai, è il principio, democratico, della ripartizione dei poteri, e la credibilità e la legittimità di un potere giudiziario che sembra non porsi più limiti, che è riuscito a far strabordare le sue prerogative oltre i dettami costituzionali. Il nostro regime democratico non può permettersi che il primato della politica, e con essa gli equilibri istituzionali, siano insidiati continuamente dallo strapotere della Magistratura. E' un problema, quest'ultimo, che nel nostro Paese si trascina ormai da parecchio, già dai primi anni '70; negli anno '80 persino la corrente migliorista del Pci aveva sollevato, ad opera dell'attuale presidente della Repubblica, il problema dello straripamento del potere giudiziario, che dovrebbe invece rappresentare un potere autonomo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Ciò che è accaduto attorno al caso De Magistris ha dell'incredibile: al Pm di Catanzaro era stata sequestrato il materiale relativo alle inchieste Why Not e Poseidone da parte dei magistrati di Salerno, i quali sospettavano che i colleghi calabresi avessero sottratto illegalmente gli atti dell'inchiesta al Pm di Catanzaro (trasferito a Napoli qualche mese fa con ratifica del Csm) per proteggere alcuni personaggi politici; a questo punto è arrivata la reazione della procura di Catanzaro, che non solo ha controsequestrato gli atti già sequestrati dai magistrati di Salerno, ma addirittura ha infierito con l'emissione di sette avvisi di garanzia indirizzati ad altrettanti magistrati di Salerno. Non solo, è accaduto anche che i Pm della città campana abbiano deciso di mettere sotto inchiesta gli ispettori che il ministero della Giustizia aveva inviato laggiù per tentare di capire le ragioni di uno scontro così forte. Insomma, trattasi di una vera e propria guerra tra bande».
Ed è in questo contesto delicato che si inserisce l'iniziativa del Capo dello Stato, che, in qualità di garante del buon funzionamento giurisdizionale e dell'ordine istituzionale, è intervenuto per tentare di far luce su una vicenda che ha tutto il sapore di un pericoloso cannibalismo giudiziario. Napolitano non ha richiesto, come gli è stato imputato dal presidente della Corte Costituzionale Baldassarre, gli atti giudiziari alle procure di Salerno e Catanzaro, bensì solo degli atti informativi, ossia, come ha precisato il Quirinale, quegli «atti utili a valutare gli aspetti di eccezionalità e le implicazioni di carattere istituzionale». Nel rispetto, dunque, del terreno di competenza dei vertici della Magistratura, Napolitano è intervenuto non per entrare nel merito dell'inchiesta, ma perché, come ha detto, «è gravemente preoccupato» che il processo rimanga bloccato: la sua iniziativa come Capo dello Stato, è esclusivamente volta a tutelare i principi della giurisdizione ed è dunque una presa di posizione dettata solo e unicamente dalla sua responsabilità istituzionale.
Ora, di fronte alla degenerazione del caso, di fronte ad una lotta tra procure che sembra non avere precedenti, non si può non sollevare la necessità di riaprire un confronto, anche con l'opposizione, sulla improcrastinabilità di riforme costituzionali della Giustizia che restituiscano più credibilità, oltre che legittimità, ad un sistema ormai inadeguato. Un tema, quest'ultimo, che sicuramente scatenerà la bagarre tra Partito democratico e Di Pietro, che, ovviamente, in questa situazione che si è scatenata dietro al caso De Magistris, ha criticato l'operato di Napolitano. Un tema, quello della Giustizia, che rischia di surriscaldare ulteriormente gli animi tra i due partiti di centrosinistra, e questo anche alla luce delle inchieste relative ad alcune giunte di centrosinistra che coinvolgerebbero il Pd. Vedremo se il partito di Veltroni, come ha dichiarato Alfano, «accetterà il percoso di riforme liberali» o «se accetterà di farsi scrivere il programma da Antonio Di Pietro».
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CHI GIUDICHERÀ I GIUDICI?
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Gianni Baget Bozzo
C'erano due assiomi, due verità evidenti alla base del processo alla politica che mise fine nel '93 all'esistenza dei partiti democratici occidentali e consegnò il paese ai postcomunisti e alla magistratura. La prima evidenza riguardava la magistratura e si fondava sul principio che il suo giudizio è al di sopra di ogni sospetto e le ultime verità della politica sono stabilite dai magistrati inquirenti. Il carcere preventivo e la stampa eseguivano la messa in stato di accusa.
Il secondo assioma era che i comunisti e i loro alleati, a cominciare dai cattolici democratici, erano al di sopra di ogni sospetto. L'immagine della riserva morale era data dal compagno Primo Greganti che abitava il carcere con orgoglio mentre il socialista Gabriele Cagliari si suicidava. Ambedue i presupposti sono ora crollati.
La guerra tra le procure di Salerno e di Catanzaro che si spediscono i carabinieri a vicenda per indagare sui reati commessi dai magistrati è la prova che la magistratura è un potere anch'esso logorato dal suo esercizio. Essendo divenuto un potere assoluto, si logora assolutamente. E il processo che le due procure si contendono non è piccola cosa. Vi sono incriminati, tra gli altri, Romano Prodi e Clemente Mastella. E tutto per la congiunzione con quello che, con memoria d'infanzia, chiameremo il «feroce Saladino», esponente della Compagnia delle Opere nel Mezzogiorno. Non sappiamo se la Compagnia abbia dichiarato qualcosa rispetto al Saladino, ma la Compagnia è divenuta anch'essa un sistema clientelare che controlla i suoi terminali.
Ma chi spunta sul calabro confine? Non è Severino Boezio ma Nicola Mancino, il vice presidente del Csm, demitiano di grido e autore della memorabile legge Mancino che ha introdotto in Italia il diritto di opinione con la legge contro l'omofobia e il razzismo. Anche lui coinvolto dal «feroce Saladino».
Si apre una pentola bollente, anzi scoppia. E ne esce fuori l'istituzione principe dopo Mani Pulite, la magistratura. Non possiamo non ricordare che i democristiani moderati e i socialisti vennero condannati alla gogna pubblica da chi oggi non è più al di sopra di ogni possibile sospetto. Ed è il presidente della Repubblica che deve avocare a sé come presidente del Csm gli atti di Salerno e di Catanzaro, due procure l'una contro l'altra armate. La politica riprende i suoi diritti nei confronti dei magistrati.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Possiamo sperare che un giorno l'esilio in cui morì Bettino Craxi incontri una giusta riparazione da un'Italia liberata finalmente dal volto di Antonio Di Pietro. E la magistratura, che lo ha sempre coperto a Brescia nei suoi trascorsi milanesi, dovrà un giorno esaminare i casi che condussero alla distruzione della democrazia italiana.
L'altro assioma che cade è quello della supermoralità dei comunisti in base all'autocertificazione di Enrico Berlinguer. I comunisti per dottrina sostenevano che il partito era sopra lo Stato e sopra la nazione e portava in sé i semi della rivoluzione e della giustizia. Essi costruirono un sistema nel sistema in cui istituzioni regionali e locali, sindacati, cooperative, giudici e funzionari, costituivano un'unità di scontro contro il sistema occidentale del nostro paese. Eccoli assieme Antonio Bassolino e Rosa Russo Jervolino, che la morte di Giorgio Nugnes ora ha posto obiettivamente in condizione di pubblico sospetto. L'accusa che circola è che gli affari di Nugnes e quelli della coppia Bassolino-Jervolino arrivassero fino a Casal di principe. E questo sarebbe anche il quadro in cui la camorra ha potuto controllare i rifiuti dei napoletani e ricattare i suoi referenti politici rendendo l'aria irrespirabile e Napoli occupata dalla spazzatura. Per non parlare delle discariche abusive di cui Pianura, cara a Nugnes e alla Jervolino, era la custode preferita. Li la camorra aveva costruito i suoi villini.
Giuseppe D'Avanzo scrive su Repubblica che Berlusconi gongola. C'è poco da gongolare, Berlusconi ha amore per l'Italia. E il popolo che l'ha votato l'ha compreso. Attendiamo i giorni in cui ai partiti democratici occidentali sarà concessa la revisione del giudizio. E all'esule Bettino Craxi sarà ridato l'onore.
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Prestigiacomo: “Paghi di più chi inquina”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Stefano Magni
Il Governo italiano si è impuntato anche ieri, nel corso del Consiglio dei Ministri dell’Ambiente europeo. Se nel pacchetto clima-energia dell’Ue non ci sarà una clausola di revisione (che consentirà di rivederlo o confermarlo nel 2014), l’Italia si opporrà all’accordo. Già nel corso del negoziato trilaterale, o “trilogo” tra Commissione, Consiglio e Parlamento europei, il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo aveva ribadito la posizione italiana sul pacchetto, in particolare su uno dei suoi fini: portare al 20% del totale il consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili (eolico, solare, idrico, geotermico...) entro il 2020. Il Governo non intende mettere in discussione l’obiettivo di fondo, ma chiede che l’accordo possa essere rivisto nel 2014, dopo un periodo in cui sia possibile verificare la capacità industriale dei Paesi coinvolti nel produrre energia “pulita”. E soprattutto dopo la conferenza mondiale sul cambiamento climatico che si terrà a Copenhagen nel 2009: “Se a Copenhagen l’accordo globale non ci sarà” - spiega il ministro - “credo che sarà doveroso per l’Unione Europea riflettere sugli obiettivi così vincolanti che si è data, se teniamo conto, ad esempio, che la Cina in un solo anno aumenta le emissioni globali dell’8-9%”. La Prestigiacomo ha anche messo in discussione i principi su cui si fonda il risparmio energetico, così come viene previsto dal pacchetto clima-energia. Infatti, a pagare di più non saranno i Paesi che inquinano di più, ma i “più ricchi”, cioè quelli che producono un Pil pro-capite più alto.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Alle accuse di ostruzionismo del relatore del progetto europeo Claude Turmes, la Prestigiacomo difendeva così la sua posizione: “Non comprendiamo davvero perché l’applicazione del principio ‘verde’ del ‘chi più inquina più paga’ sia così indigesto al ‘verde’ Turmes”. Il voto parlamentare è ora rinviato alla sessione del 15-18 dicembre. In attesa che il vertice dei capi di Stato e di Governo (che si terrà l’11 e il 12 dicembre) trovi un compromesso. Con buona pace di chi (tra Legambiente e il Partito Democratico) accusa l’Italia di essere l’unico Paese che boicotta il pacchetto clima-energia, anche la Germania e la Polonia si preparano a discutere tenacemente per difendere i loro interessi. A mediare senza successo è la Francia, presidente di turno dell’Ue. Il suo ministro dell’Ambiente Jean Louis Borloo, ha cercato di far passare l’idea di una “borsa delle emissioni” (Ets), per scambiare a pagamento i “diritti a inquinare”. In questo caso ad opporsi è la Germania, che chiede la gratuità dei titoli per la sua industria pesante. La Germania è contraria anche al principio di “progressività” proposto dalla Francia, che prevede di iniziare a vendere il 20% dei titoli fino al 2013 e il 100% entro il 2020. Berlino accetterebbe il 100% solo per le aziende che producono energia. Che sono già “pulite”. Mentre la Polonia, che ha il problema opposto della Germania (visto che produce energia col carbone) chiede una deroga al pagamento dei titoli per il industrie energetiche. Il dialogo europeo è una vera Babele, i cui nodi sono ancora difficili da sciogliere.
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Intervista a GIUSEPPE CHIARAVALLOTI
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Le intercettazioni selvagge, un danno al sistema giustizia
di Gianluca Perricone
Giuseppe Chiaravalloti è componente del Garante per la protezione dei dati personali dal marzo del 2005 e, dal maggio dello stesso anno, ne è anche Vicepresidente.
Si dice in giro che stia aumentando il numero di coloro che, prima di iniziare una conversazione telefonica, porgono un saluto al potenziale “maresciallo in ascolto”…
E’ esattamente così! Ed è la conseguenza ovvia e naturale dell’uso smodato che si è fatto in Italia da parte dell’Autorità Giudiziaria dello strumento dell’intercettazione. I dati statistici, relativi al numero delle utenze intercettate per ragioni di giustizia e all’entità della relativa spesa affrontata dall’amministrazione giudiziaria, depongono per una macroscopica sproporzione tra quanto in questo settore accade in Italia e quanto invece accade negli altri paesi occidentali (nei quali pure si fa ricorso, e spesso con successo, a questo strumento investigativo).
Nel dicembre del 2007 l’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, sosteneva che quella delle intercettazioni pubblicate e della privacy violata “è una emergenza civile che bisogna affrontare, prima che il clima si imbarbarisca sempre più”. Cosa è cambiato in quasi un anno?
Nulla, forse, di concreto ed attuale (attendiamo la pubblicazione dei dati che ci permetta di valutare se ci sia stato da parte degli inquirenti un certo “self control” che abbia consentito un’apprezzabile diminuzione del numero delle intercettazioni disposte ed effettuate e quindi della spesa relativa). Sembra però che qualcosa stia cambiando nella sensibilità e nella capacità di percezione dell’opinione pubblica, più avvertita circa i pericoli, i danni e le iniquità cui può portare l’abuso di questo strumento processuale che - pur utilissimo in certi casi - si rivela spesso sproporzionato.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Sembra che il sottile filo che separa l’esigenza investigativa e la tutela della privacy si stia sempre più assottigliando: è solo una nostra impressione?
No. Si tratta purtroppo di un dato obbiettivo, ed è conseguenza dell’uso selvaggio – e spesso del tutto illegittimo – della pubblicazione delle intercettazioni effettuate nell’ambito del processo penale; che, mentre per un verso ha consentito di soddisfare la vanità di oscuri inquirenti di provincia di sproporzionate ambizioni, di cronisti in cerca di quella gloria che non erano riusciti a procurarsi con l’attività professionale più seria, per altro verso ha contribuito ad affievolire nei cittadini (specie quelli più incolti o comunque interessati alla denigrazione di certi personaggi) la percezione del valore della “privacy” e della dignità e dell’onore delle persone prima dell’accertamento sicuro delle loro adombrate malefatte.
Dal punto di vista del Garante per la protezione dei dati personali, è più grave il fatto che il testo di un’intercettazione “esca” all’esterno o che un giornale – una volta entratone in possesso – ne pubblichi il contenuto?
Si tratta di due comportamenti entrambi deplorevoli. Il primo in modo assoluto: la violazione del segreto di ufficio proprio da parte di coloro cui ne era affidata la custodia compromette in maniera grave non solo gli interessi protetti dal segreto medesimo ma la stessa credibilità dell’istituzione cui la tutela del segreto era affidata, contribuisce cioè a far venir meno la fiducia ed il rispetto nei confronti dell’apparato giustizia del Paese. Ma anche la pubblicazione del testo dell’intercettazione – quando, si intende, la pubblicazione sia vietata dalla legge – realizza una condotta illecita ed incivile e degrada la nobile funzione della stampa – strumento di democrazia e di libertà – al rango di maldicenza quasi sempre orientata a lucrare meschini ed illegittimi interessi personali. L’auspicio è che entrambe le istituzioni, prima ancora dell’intervento esterno di normative rigorose (comunque opportuno) sappiano trovare in se stesse la dimensione morale e l’orgoglio di un self control che le riconduca nell’alveo di un sistema di convivenza autenticamente civile. Un’ultima osservazione mi pare di dover fare, per dissipare un equivoco che spesso affiora nella polemica sulle intercettazioni. Mi pare che spesso si operi – e ritengo del tutto dolosamente – una certa confusione fra uso delle intercettazioni quale strumento di indagine all’interno del processo penale, e pubblicazione attraverso i media delle intercettazioni stesse.
Quando si auspica un qualche limite al malvezzo della pubblicazione selvaggia, si alzano voci roboanti a lamentare che si vuol strozzare l’opera della giustizia.
Niente di più falso: le limitazioni che si invocano riguardano soltanto la propalazione mediatica di voci e notizie su soggetti che talora (magari anche a malgrado dell’apparenza) sono assolutamente innocenti o estranei rispetto ai fatti disdicevoli loro attribuiti. E’ chiaro che in questo caso non auspica alcuna limitazione dei poteri del giudice all’interno del processo: il giudice intercetti pure quando vuole, nei limiti consentiti dalla legge. Quello che è intollerabile è che di queste intercettazioni, prima ancora che resti verificata la verità dei fatti e delle situazioni cui esse si riferiscono, si faccia clamore sui giornali, col rischio di produrre danni incalcolabili, che probabilmente non potranno mai più essere risarcit
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Intervista a PIERLUIGI VINAI
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Progetto culturale e politico per gli Stati Generali del PdL
di Paolo Della Sala
Pierluigi Vinai, vicepresidente della Fondazione Carige e parte importante di Forza Italia in Liguria, sarà uno dei protagonisti degli imminenti “Stati generali per il governo della Liguria”, organizzati dal PdL a Varazze il 12 e 13 dicembre. Vinai sarà responsabile per la commissione sulla Carta dei Valori, uno dei sette gruppi di lavoro previsti, che si occuperanno di Sanità, Welfare, Economia, Ambiente e Turismo, Cultura e Istruzione, Infrastrutture. Vinai è anche responsabile dell’organizzazione dell’evento, con Angelo Vaccarezza (coordinatore provinciale di Savona) e Santiago Vacca, tesoriere provinciale. Per questi motivi il suo parere autorevole, è utile per capire come si configurerà il PdL ligure, in attesa del PDL nazionale e del congresso fondativo previsto a metà marzo.
Di cosa si discuterà a Varazze? Scelte elettorali per la Regione, i comuni, la provincia di Savona?
L’incontro - è bene precisarlo - non avrà alcun potere deliberativo. Non sceglieremo uomini, non ci saranno corse alle poltrone, non si litigherà per il potere. Indubbiamente si tratta di un appuntamento preparatorio, in vista del congresso di marzo, concordato con An, che individuerà i temi politici sui quali ci impegneremo nei prossimi anni.
Quali saranno le linee guide del PdL in Liguria?
Sarà un partito interculturale (che non vuol dire multiculturale) e interclassista. In Liguria cercheremo il consenso degli elettori, senza ripercorrere strade che ormai riteniamo superate e sbagliate.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Ad esempio le primarie, che recentemente sono state richieste dal senatore Musso?
Non necessariamente. La dichiarazione di Musso è stata deformata e non era riferita alla gara elettorale per la Regione Liguria. In ogni caso quel tipo di scelte sarà fatto a livello nazionale a marzo, ma di certo non inseguiremo il Pd con delle delle primarie alla bulgara, come quelle che hanno portato alla scelta di Veltroni.
Su quale base su cui intendete fondare il PdL ligure?
A Varazze non intendiamo discutere di “quote” di rappresentanza dei singoli partiti, o preparare liste di candidati alle europee. Per la prima volta si parte dai valori in cui crediamo e ai quali intendiamo ispirare ogni nostra azione. Si parlerà quindi del Progetto culturale e politico, dei princìpi etici, del primato della politica come servizio. E’ un rovesciamento radicale rispetto agli schemi consueti, nei quali troppo spesso anche la nostra parte si è fatta coinvolgere. Il PdL ligure nasce con una discussione ideale, e da queste radici nasceranno le sue proposte ai cittadini.
Infatti la crisi economica incombe anche in Liguria, dove aumentano i disoccupati…
Il primato dell’etica e la ricerca dei valori riguarderà la struttura interna del PdL. E’ tuttavia chiaro che i cittadini si aspettano delle azioni concrete, per evitare sprechi dirigisti e agevolare lo sviluppo del mercato e delle imprese. La cantieristica ha commesse per anni e il turismo non dovrebbe crollare. Servono invece interventi per l’industria e un piano per quella ad alta tecnologia. In questo senso il compito delle commissioni presiedute da Fabrizio Moro (Infrastrutture, Mobilità) e da Morgillo (Sviluppo Economico) sarà fondamentale. Il PdL ha e avrà come missione primaria lo sviluppo economico.
La figura del ministro Scajola viene a volte considerata come centripeta, anche se tutti riconoscono la sua autorevolezza…
Se riusciremo a fondare il PdL non su una lista di nomi, ma sulla base di Princìpi condivisi (e condivisibili dagli elettori) si compenserà la centralità dei leader, favorendo l’ingresso di nuove leve. Scajola è parte attiva di questo processo di rinnovamento: Biasotti, Musso e la Oliveri non sono certo dei burocrati usciti dalla scuola di partito o dallo studio di un notabile d’antàn: sono una grande risorsa per la Liguria, come tutti coloro che lavorano al nostro progetto. Scajola ha il merito di avere valorizzato i nuovi protagonisti della politica ligure, dando loro l’opportunità di crescere senza vincoli di sorta.
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Regioni: ancora disponibili i fondi europei
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Ci sono ancora da spendere 2,5 miliardi di euro
Il braccio finanziario dell’Ue, la Banca europa degli investimenti (Bei), per voce del suo presidente Philyppe Maystadt, ha dato il via libera dell’Ecofin ad un aumento di capitale di 67 miliardi di euro. Un rafforzamento del capitale Bei a 232 miliardi. Tutto per irrobustire la stabilità finanziaria europea sui mercati. L’Europa gode ancora di buona salute, in un quadro economico mondiale che preannuncia tempi disastrosi. E il 2 dicembre scorso, è stato un giorno importante anche per quel che riguarda i fondi europei ancora disponibili per il finanziamento alle Regioni. Ci sono ancora da spendere 2,5 miliardi di euro, relativi al periodo di programmazione 2000-2006, e come ha spiegato il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola a Bruxelles, le risorse “non verranno sprecate” grazie alla proroga di sei mesi concessa dalla Commissione. La notizia è stata confermata dopo l’incontro tra Scajola, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, con Danuta Hubner, la commissaria Ue alla Politica regionale. Esisteva preoccupazione per la possibilità di perdere i fondi, e Tremonti ha riferito: “E’ stato un po’ così per tutti i Paesi. Noi vorremmo che non si ripeta più per l’Italia”. Occhi aperti alle istituzioni ed agli addetti ai lavori per l’intercettazione corretta e subitanea delle risorse da spendere nella propria regione. L’Italia ha un avanzo di 6,3 miliardi di euro non spesi al 31 agosto scorso, ma che risultano dimezzati al periodo attuale. Grazie alla proroga sarà possibile accedere ai 2,5 miliardi.
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Regione Abruzzo - Regalo di Natale elettorale: 466 promozioni
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Antonio De Panfilis
E’ un animale in agonia la Regione Abruzzo. Un organismo che sa di avere i giorni contati. Un’amministrazione terminale che continua a respirare, e fin qui solo un riflesso condizionato naturale, ma che sbatte anche la coda, e così invece provoca danni. Quest’ultimo riflesso del sistema corticale primario, arriva proprio in un momento cruciale, le elezioni regionali di metà dicembre, la fase di passaggio verso la transizione politica. Il cambio di gestione di cui il sistema ancora in vita, l’organizzazione agonizzante, si rende conto, ed a cui tenta di opporre l’ultima possibile resistenza. Ci si riferisce alla delibera per l’avanzamento di carriera di 466 dipendenti della Regione, e l’assunzione di 73 precari. Un provvedimento passato all’approvazione della Giunta ieri, giovedì 4 dicembre, una delibera portata a compimento dall’assessore al Personale, Giovanni D’Amico. Accadeva in ogni guerra che al nemico, una volta costretti ad arretrare, si facesse trovare terra bruciata, nel senso delle infrastrutture distrutte per l’altrui utilizzo. In Regione è probabile che succeda qualcosa di simile, ma nel senso rovesciato del far trovare i propri uomini nella terra neutra della nuova amministrazione entrante, le proprie risorse umane fatte di consensi in lascito nella no man’s land di quello che sarà. È vero che l’amministrazione entrante si occuperà delle selezioni atte alla stabilizzazione, ma tra i favori incrociati della politica, esistono anche isole pedonali delle collaborazioni occulte del potere.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Torna a fare scuola, la memoria storica recente del sistema dello spoil-system dell’ex presidente regionale Del Turco: una spoliazione di uomini e donne in alcuni enti al cambio di colore politico gestionale, e poi una re-immissione di parte di quelle teste, sbattute fuori in un primo momento, rientrate con un repentino cambio di sponsor, attraverso l’adeguamento in corsa al nuovo simbolo partitico dominante. Per non parlare di quanto fossero invece necessari nella delibera D’Amico, i concorsi per gli avanzamenti di carriera dei 466 dipendenti regolari. Torna anche in questo caso, un altro tormentone legato alla storia recente, alla situazione generale di crisi che sta consumando le ginocchia della maggior parte degli abruzzesi, quelli che un lavoro ancora non ce l’hanno, e tantomeno un avanzamento di carriera. Il prolungamento delle elezioni regionali di due settimane è capitato ad hoc, il tempo necessario di arrivare all’accordo tra le parti per rendere la delibera idonea all’avallo dei sindacati, dei gruppi consiliari (mah!), e della Giunta stessa. Si è potuto più in due settimane, che in 18 anni di attesa sul problema, o anche negli ultimi due anni di lavoro di questa giunta. Ora è come se ogni politico si prodigasse per trovare l’occasione giusta per lasciare un buon ricordo di sé, nel palazzo regionale, e vantare crediti sul proprio curriculm dei provvedimenti presi, utili alla produzione ed alla conservazione dell’altrui posto di lavoro. Il posto, altro lemma assillante nella lingua dell’immaginario collettivo. Il lavoro, la merce di scambio, la fiches spendibile nella costruzione del consenso politico, il gettone poi rigiocabile al casinò dei piani alti del proprio partito e viceversa. Le lezioni arriveranno, tutto sarà compiuto, ma la Giunta entrante dovrà dare prova altra di sé, più alta che in passato, perché esiste un limite raggiunto già dalla sopportazione gente, dai lavoratori, da un consenso vivente che per i politici, nell’immediato futuro, sarà ancora più basso di oggi. Basta osservare al presente, lo scarso entusiasmo con cui è seguita la campagna elettorale. La sua chiave di lettura: la semi indifferenza.
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La magistratura prova con i tiri Mancino
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Dimitri Buffa
Due procure, Salerno e Catanzaro, si indagano a vicenda e tra i due litiganti è dovuto scendere in campo addirittura il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella propria qualità di presidente in capo del Consiglio superiore della magistratura, se non altro per evitare che il Paese sprofondi nel ridicolo. Napolitano per ora ha chiesto a Salerno gli atti che hanno portato nei giorni scorsi alle perquisizioni degli uffici e delle abitazioni di alcuni ex colleghi di De Magistris, tra cui il suo capo, a Catanzaro. Si tratta, come è noto, del procuratore generale Enzo Jannelli, dell’avvocato generale dello Stato Dolcino Favi, dei sostituti procuratori generali Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, del pm Salvatore Curcio, dell’ex procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi e del procuratore aggiunto vicario di Catanzaro Salvatore Murone. Le perquisizioni hanno riguardato anche le abitazioni di alcuni indagati dalle quali sono stati prelevati persino i computer. A seguito di ciò, la Procura di Catanzaro, sempre ieri, ha bloccato gli atti già sequestrati dalla Procura di Salerno. E il provvedimento è stato firmato da tre degli indagati dalla procura di Salerno, cioè dal procuratore generale Enzo Jannelli e dai sostituti Garbati, De Lorenzo e Curcio. Il provvedimento di “sequestro del sequestro” è stato poi notificato ai carabinieri di Salerno che erano negli uffici della Procura generale per effettuare l’indicizzazione dei documenti sequestrati relativi all’inchiesta ’Why Not’ e ’Poseidone’.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Un gruppo di carabinieri del Reparto operativo provinciale di Catanzaro sarebbe poi partito alla volta di Salerno per notificare ai magistrati campani sia il provvedimento di “sequestro del sequestro”, emesso dalla Procura generale del capoluogo calabrese, sia l’avvenuta iscrizione nel registro indagati di Catanzaro di sette magistrati della Procura di Salerno, fra cui il procuratore capo Apicella, Tutto ciò per scoprire chi complotta contro di chi: gli ex colleghi contro De Magistris o i giudici di Salerno a suo favore? Una situazione che fà ripensare alle parole di Berlusconi sul test di attitudine psichica dei magistrati prima che entrino in servizio. Come se questa situazione kafkiana non bastasse, sul caso De Magistris e sulle sue inchieste “Why not? ” e “Poseidon”, che in passato hanno lambito anche l’ex premier Romano Prodi e l’ex Gurdasigilli Clemente Mastella, si registra come “new entry” nel giro degli accusati dello stesso vicepresidente del Csm Nicola Mancino, tirato in ballo dal consulente di De Magistris Gioacchino Genchi nella sua relazione sui tabulati delle telefonate ricevute dall’ex presidente della compagnia delle opere Antonio Saladino. Più precisamente a pagina 442 di questa gigantesca relazione, così come scoperto da “Il giornale”, si fa riferimento a una utenza di Mancino che avrebbe chiamato l’indagato principale dell’inchiesta Why not“. E l’utenza sarebbe proprio quella avellinese di Mancino. Che ieri si è detto disposto a dimettersi se verrà anche solo sfiorato dal sospetto. Vedremo se sarà coerente visto che qui altro che di sfioramento si tratta. Sia come sia, come se non ci fosse già la crisi economica a divorarci, da ieri un incredibile nuova crisi istituzionale tra politica e magistratura è scoppiata con una violenza mai vista prima. E la mossa di Napolitano di chiedere a Salerno ma non a Catanzaro gli atti di indagine, che come si è detto sono reciproci, può anche essere vista come una scelta di campo. Cosa che ha portato l’onnipresente e immancabile (in queste grandi occasioni) Antonio di Pietro a stigmatizzare i modi e i tempi della stessa iniziativa quirinalizia.
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Quando le mani non sono pulite
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
“Chiediamo chiarezza e non polveroni” “E’ evidente che si è chiuso un ciclo politico”
di Francesco Blasilli
Ma siamo proprio sicuri che sia proprio una questione morale? O forse non è altro che una questione di onestà intellettuale? Per una volta, la “questione morale” lasciamola a Di Pietro (pure quella, direte voi, dopo che Veltroni gli ha lasciato tutta l’opposizione...). Per una volta facciamone una questione di coerenza e, perchè no, di buona educazione. Proviamo a mettere un po’ di equilibrio nella squilibrata politica italiana. Se a Napoli e in Campania ci fosse stata una giunta di centrodestra, sarebbe già venuto giù il cielo: marce di protesta e dimissioni delle giunte a furor di popolo. Oltre ad una campagna di stampa massacrante. Bassolino e Iervolino, però, hanno la fortuna di stare dalla parte giusta del fiume ed allora, tutto gli è concesso, anche di rimanere comodi comodi al loro posto. Certo, ora magari se ne andranno, forse a Strasburgo, ma solo perché sembra stiano arrivando i fuochi d’artificio. E poi, oltre a Napoli ci sono problemi anche a Firenze ed in Sicilia. E magari anche da qualche altra parte. Ma tutto questo è solo un dettaglio. La verità è che sono mesi che L’Espresso conduce una campagna contro il sottosegretario Nicola Cosentino, reo - secondo gli spifferi delle procure ormai diventati la sacra musa del settimanale di De Benedetti – di essere un uomo dei Casalesi. Lungi da noi entrare nel merito di questa storia, ma perché Cosentino dovrebbe dimettersi e la coppia Bassolino-Iervolino “ma anche” no? E se vinci in Sicilia sessantuno a zero, “ci credo, sono i voti della mafia”, mentre se in Campania vince il centrosinistra, di chi sono i voti, dei chierichetti del Duomo di Napoli?
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Lo stesso accade se durante una cena esce fuori il discorso politico: ti ritrovi, all’improvviso, ad essere il solo ad avere votato Berlusconi. Almeno apparentemente. E quasi ti vergogni, ascoltando le parole dei tuoi commensali. La verità è che in Italia si è andato oltre la presunta superiorità culturale della sinistra sulla destra; nel Belpaese si è arrivati a teorizzare la superiorità morale della sinistra. Una superiorità in virtù della quale se voti a destra sei sicuramente un delinquente, un truffatore, un poco di buono. Nella mentalità radical chic che – onestamente – ha nuociuto più alla sinistra che alla destra, si è riusciti a separare in modo inequivocabile il bene e il male: se leggi Repubblica sei onesto, altrimenti sei un bandito. E c’è poco da discutere, sei figlio di un Dio minore e basta. Le vedo le facce di tutti i miei amici, che quasi si schifano se guardi la partita dell’Italia e canti l’inno nazionale, perchè se lo fai sei un “fascio”. Le vedo le facce di tutti quei politici di sinistra che da anni parlano di onestà e dipingono Berlusconi come la causa di tutti i mali. Sono facce di politici, ma sono anche le facce di Nanni Moretti e Dario Fo, oppure di quegli edicolanti che se gli chiedi “Il Giornale” o “Libero” è già tanto se ti dicono “arrivederci”, salvo a volte mandarti sibilando a quel paese. Sono le facce di quelli che ti danno del razzista solo perché non sei di sinistra, mentre sono loro i veri razzisti perché credono di essere gli unici depositari della verità e della bontà.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Ma non è una questione di morale, bensì di pudore. Quel pudore che a sinistra è sparito da tempo. Quella totale assenza di pudore che permette ai girotondini di stare con il “camerata” Di Pietro. Quell’assenza che fa piegare la testa a Veltroni ogni volta che l’ex Pm apre bocca. Quel pudore che mai avrebbe permesso al Pd di cavalcare la storia di Sky, schierando – di fatto – la sinistra al fianco della classe borghese. Certo, non è che a destra si brilli per correttezza, coerenza e senso del pudore. Ma al di là del fiume, nessuno si è mai permesso di salire in cattedra, di ergersi ad ultimo baluardo del confine tra bene e male. D’altronde gli ex craxiani stanno solo in Forza Italia e se il Partito Socialista sta col Pd, questo è solo un dettaglio trascurabile: i socialisti onesti sono andati con veltroni, quelli che prendevano le “mazzette” con Berlusconi. Ora, però, la nave sta affondando. E’ rimasto solo Veltroni a ballare con la sua orchestrina che va pure fuori tempo. Da adesso in poi la sinistra non avrà nulla di che sentirsi superiore. Ci sono i fatti, le condanne, c’è la verità che non si può più far finta di non vedere. A sinistra così come a destra piace infilare le mani nella marmellata: senza alcuna differenza politica. L’unica distinzione è tra uomini onesti e uomini disonesti. Il vento è cambiato davvero e quando qualcuno parlerà ancora di conflitto d’interessi berlusconiano, si beccherà fischi e sberleffi. Gli stessi sberleffi che merita una spudorata Rosa Russo Iervolino che vuole “capire di che cosa ci si accusa. Se ci sono reati, si va fuori, ma il sindaco ha le mani pulite e le spalle fortissime”. Ecco, va bene che loro non hanno nè pudore, nè colpe e che sono superiori moralmente. Ma fossi in loro non userei il termine “mani pulite”: c’è Di Pietro nei dintorni che già ha la bava alla bocca.
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Non di sola Campania muore la sinistra
>>Da: Carlotta3691
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La Dia: un patto segreto tra Mafia siciliana e coop rosse
di Aldo Torchiaro
La Direzione investigativa Antimafia di Caltanissetta non usa giri di parole, quando parla di un accordo tra Cosa Nostra e cooperative rosse. Ieri ne ha portato alla luce soltanto alcuni aspetti, segnalando alcuni personaggi già transitati dalle parti della Quercia come affiliati alla criminalità organizzata. Ed ha assestato un duro colpo alla sinergia tra coop rosse e mafia con il sequestro nei confronti della cooperativa AgroVerde, con sede legale in contrada Piana del Signore, a Gela. La figura di spicco è quella di Stefano Italiano, presidente della nota cooperativa rossa. Molto pesanti i capi di imputazione: riciclaggio aggravato dall’avere favorito Cosa nostra e Stidda. Il provvedimento, emesso dal gip presso il Tribunale nisseno, su richiesta della locale Dda, riguarda l’intero capitale, gli impianti aziendali e tutte le disponibilità bancarie della cooperativa, per un valore complessivo stimato in 32 milioni di euro.Le indagini sono state rivolte a fare luce sui complessi meccanismi economico e finanziari posti in essere da Stefano Italiano, legale responsabile dell’azienda, che avrebbero consentito di fatto, secondo gli investigatori, “di riciclare enormi somme di danaro proveniente dalle attività illecite delle cosche mafiose operanti a Gela e nel contempo di acquisire indebitamente contributi pubblici per importi elevati destinati alla ristrutturazione degli impianti produttivi della cooperativa che venivano poi realizzati da ditte riconducibili al ’clan Madonia”. Di Stefano Italiano troviamo più di una traccia negli archivi dei Ds. Benché giovane, l’imprenditore siciliano era non solo conosciuto tra i ‘compagni’ siciliani, ma talmente influente e benvoluto da essere invitato a Roma in occasione del 37° congresso della Lega delle Cooperative.
Dal palco avevano parlato Piero Fassino, Pierluigi Bersani, Cesare Damiano, Luigi Nicolais e, come sigillo di garanzia, Alfonso Pecoraro Scanio. Tra di loro, Stefano Italiano, prodigo di strette di mano e sempre ben omaggiato dagli applausi dei compagni. Lo stesso cooperatore rosso per non farsi mancare niente aveva già presenziato, nella sua Gela, un immaginifico convegno dal titolo suggestivo: “New Mafia: metamorfosi di un sistema di potere”. A offrirgli la platea, i giovani comunisti della Fgci locale. I quali, certamente all’oscuro di quanto ha oggi rilevato la Direzione investigativa Antimafia, non sapevano di trovarsi ad applaudire – nelle mentite spoglie dell’eroe antiracket – uno dei registi del riciclaggio del denaro sporco. Meccanismo che, stando alle motivazioni del sequestro, sarebbe stato attuato attraverso l’incremento del capitale sociale della cooperativa, falsamente attribuito ai soci conferitori ma, in realtà, frutto di reinvestimento di capitali di provenienza illecita. Un passaggio che autorizza l’estensione del dubbio a tutte le operazioni analoghe messe in piedi nel mondo delle coop. Quanto alle indagini siciliane, le coop rosse non si sarebbero mosse da sole: insieme alle precise responsabilità penali di alcuni dei collaboratori di Stefano Italiano, sono finite nelle maglie della giustizia anche alcuni funzionari ed impiegati di una banca di Gela, le cui innumerevoli omissioni nell’applicazione della normativa antiriciclaggio avrebbero favorito la realizzazione delle operazioni illecite finalizzate a “pulire e reinvestire” le ingenti disponibilità finanziarie del “cla
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Francesco Pionati: “Riportiamo i moderati nel centrodestra”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
“Una casa per traghettare i moderati nel centrodestra”. Nasce con questo obiettivo l’Alleanza di centro per la libertà (Adc) di Francesco Pionati “dal profilo autonomo ma che guarda al Pdl”. “Siamo pronti a presentarci alle amministrative con le nostre liste nel centrodestra - dice l’ex giornalista del Tg1 - ma nulla sarà fatto senza il consenso degli alleati perché, per me, la lealtà è un valore politico capace di portare consenso elettorale”. Pionati, segretario della nuova formazione, uscito definitivamente dall’Udc di cui era il portavoce, ora passa al gruppo misto della Camera perché l’obiettivo “non è quello di costruire in parlamento un gruppo di parlamentari pronti a lasciare l’Udc, ma di intercettare i dirigenti e i consiglieri locali, di radicarsi sul territorio”. “In politica bisogna fare scelte di campo precise - spiega in una conferenza stampa - noi oggi la facciamo: nasce un movimento che ha l’obiettivo di riportare i moderati nel centrodestra, anche quelli che fino ad oggi hanno creduto in modo illusorio che fosse possibile creare un terzo polo. Noi guardiamo al Pdl, sosteniamo il Governo e Berlusconi mantenendo però un profilo autonomo”. La campagna di adesione è già cominciata: “Con noi 5 consiglieri regionali e 200 amministratori locali”. Il sostegno al Governo comincerà già dai prossimi provvedimenti economici. Presentato il simbolo del nuovo partito: un cerchio con sfondo azzurro con in basso il tricolore e in alto un richiamo alla bandiera dell’Ue con al centro la scritta “Adc”.
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L’inarrestabile discesa del governatore Antonio Bassolino
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Ruggiero Capone
Ve lo ricordate il film “La Sfida”, quello di Francesco Rosi del’58, sembra che lo stiano girando nuovamente e sempre a Napoli, proprio in questi giorni. Il boss, interpretato da Antonio Bassolino, sembra non credere ai propri occhi. Tutti gli girano le spalle e solo donna Rosa, al secolo Russo Iervolino, ancora gli riconosce importanza. Per vicoli e quartieri l’aria è cambiata, tutti aspettano l’uomo nuovo e considerano l’era Bassolino terminata. Anche gli amici politici gli hanno girato le spalle. “Sei indifendibile - si mormora gli abbia detto Veltroni - per colpa tua non possiamo sollevare la questione morale contro Berlusconi ed i suoi”. Ma dove avrà mai sbagliato don Antonio, e soprattutto chi s’è permesso di fare infamità? Tutto cominciò come una sfida. Nessuno immaginava minimamente che Carmine D’Orazio (presidente del consorzio Campania Felix ed Ager mercati, i grossisti del mercato) salisse le scalinate del Palazzo di giustizia e presentasse denuncia alla contro il sindaco di Napoli, il vice-Sindaco e l’assessore Oddati per il mancato spostamento del mercato ortofrutticolo da via D’Ausilio (Napoli) a Volla (sempre a Napoli). Su quella denuncia s’è scatenato un vero putiferio. E’ cominciato l’andirivieni dei pentiti “politici”: avevano capito che l’aria stava cambiando, ed hanno pensato di farsi una cantata in tribunale. E cantando cantando i magistrati sono arrivati a mettere le mani su tutti i contratti stipulati tra imprese e Regione durante il regno di Bassolino.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Che fine ingrata. Sono passati 33 anni da quel 1976, quando Antonio Bassolino assurse a segretario regionale campano del Pci. Una carriera tutta in salita (ha fatto anche il deputato ed il ministro del Lavoro) ma nel 1993 è sindaco di Napoli (per ben due mandati) ed oggi è ancora Presidente della Regione Campania. Lui nemmeno con la dinamite rinuncerebbe ad una poltrona partenopea, ma il Pd (si dice su consiglio di alcuni giudici) ha detto no. Ma veniamo ai fatti. Nel 1993, appena insediatosi come sindaco, Bassolino disse di voler restituire credibilità all’urbanistica napoletana. Oggi Napoli è ancor più disastrata. La sua edilizia fa rimpiangere quella dell’epoca di Achille Lauro. E rispetto a Bassolino, per i napoletani Gava viene ricordato come un pio uomo. Ma su cosa verterebbero le indagini della magistratura? Dopo la vicenda dell’ortomercato, sarebbero emerse irregolarità edilizie nella lunga reggenza Bassolino-Iervolino. Indiscrezioni dicono che tutto sarebbe iniziato con le rivelazioni d’un certo assessore Oddati in procura. L’assessore, secondo i malevoli, avrebbe rivelato i nomi della cordata trasversale (tra forze politiche, istituzioni ed imprenditori) tesa ad alterare le norme del piano regolatore per l’area di Bagnoli. Il Piano per Bagnoli (anche detto “pianificazione democratica”) ha rappresentato il cavallo di battaglia del regno bassoliniano. Oggi rappresenterebbe la prima freccia all’arco della magistratura. La filosofia del centro-sinistra campano aveva favoleggiato di “piani urbanistici” come “patti tra cittadini”. Ma tutto è stato stravolto dalle convenienze. Dai legami tra le giunte e gli imprenditori che hanno supportato l’asse Bassolino-Iervolino. Così ora la magistratura vuole capire perché al posto dell’edilizia residenziale è spuntato un campo da golf, mentre il panorama di Nisida è stato sacrificato al progetto del “polo alberghiero”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Oltre alla privatizzazione del 70% del litorale di Bagnoli, per favorire personaggi vicini agli ambienti politici di maggioranza, è spuntato persino un porto turistico da 700 barche per gli amici delle due giunte (i posti si mormora siano già esauriti sulla carta). Il problema non è che venga sacrificato il parco naturale, ma che il 40% dei napoletani non ha una casa (risulta senza fissa dimora): per il momento abita in case abusive. Il duo Bassolino-Iervolino s’era fatto carico del problema e, strada facendo, s’è reso conto che è più semplice far piovere sul bagnato. Poi, i suoli limitrofi alle grandi speculazioni risulterebbero di costruttori amici del centro-sinistra. Precisiamo: amici di Bassolino e non certo di Veltroni. “Bagnoli come Dubai”, pare abbia esortato un signore della giunta Bassolino. Così sono state spese cifre folli (e sotto emergenza rifiuti) per reperire nell’agro di Formia un sito di “smaltimento temporaneo delle scorie inerti di bonifica”. E mentre il governatore predisponeva questo maquillage, nella sede della Regione era praticamente irreperibile l’ultimo rapporto Icram sulla “contaminazione degli arenili di Coroglio e Bagnoli”, né alcun funzionario era disposto a parlare del piano di bonifica delle spiagge, che sarebbe dovuto decollare a settembre scorso. Intanto qualche solerte magistrato, si dice aiutato da qualche bassoliniano pentito, appuntava tutto alla virgola. Decollava la svolta privatistica della Regione Campania, e con la svendita agli industriali di suoli bonificati ed urbanizzati a spese del pubblico (ma solo sulla carta): solerti e misteriose manine bassoliniane trasferivano alla Fintecna il 10% dei suoli pubblici, per sanare i vizi di esproprio delle aree Eternit e CimiMontubi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
E per gettare fumo negli occhi dei curiosi, qualcuno pare abbia sfruttato mediaticamente speciosi eventi ed emergenze. Memorabile rimane l’America’s Cup del 2003, che ha distolto l’attenzione dai siti caldi: l’euforia dell’evento velistico s’è rivelata la giusta “muina” per allontanare i curiosi dalle lottizzazioni di Bagnoli. Discutibili scelte urbanistiche, in contrasto con il Prg e le infrastrutture pubbliche. Infatti le scelte urbanistiche del duo Bassolino-Iervolino sono alla base della mancata delocalizzazione dell’aeroporto di Capodichino: sulle cui aree era previsto un parco urbano in nome degli standard urbanistici europei sul verde. Anche su questo aspetto starebbero indagando in procura. Senza considerare che qualche gola profonda avrebbe rivelato in tribunale il vero programma su “Porto Fiorito”, che cancella un pezzo del lungomare di S. Giovanni a Tetuccio. Nonché sulla ventilata alienazione gratuita delle caserme dismesse di Secondigliano e, soprattutto, sull’oneroso ed inutile sottopasso Acton. E poi c’è l’indagine sul sistema di approvvigionamento idrico di Napoli e, non ultima, la disastrosa gestione regionale dello smaltimento rifiuti ed i devastanti progetti infrastrutturali per le aree costiere e interne della Campania. Bassolino non molla, e Di Pietro pare gli abbia detto “mannaggia a te, ti rendi conto che ci spunti l’arma giudiziaria contro Berlusconi?”.
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Appalti e veleni: così Napoli rischia di sprofondare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Boris Mantova
Passano le ore e l’aria a Napoli si fa sempre più pesante. Il Vulcano non è più sul Golfo, ma nel centro cittadino, anzi nel Centro Direzionale, city politico-economico dove sorgono i palazzi della Giustizia. Il Vulcano non si chiama più Vesuvio, ma Procura della Repubblica. Se esplodesse, alcuni palazzi si troverebbero sotto polvere e cenere, distrutti, decimati. Il rischio è che crolli il sistema politico locale. Lapilli giudiziari brucerebbero, stando alle indiscrezioni, personalità di spicco, e come ogni devastazione che si rispetti, senza distinzioni di sorta. Non esisterebbero centrodestra e centrosinistra, ma una serie di personalità: assessori, dirigenti e consiglieri comunali. Non sarebbero immuni i vertici istituzionali. Un torbido intrigo di poteri, palesi e occulti, avrebbero fin ad oggi gestito informazioni riservate, intercettazioni in particolare, dalle quali si evincerebbe il coinvolgimento di almeno quattro assessori, l’ex provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise e un noto imprenditore che da anni gestisce i patrimoni immobiliari delle grandi città. Sui nomi si può ragionare, di scritto però, al di fuori di quanto è saldamente blindato negli uffici della giustizia, non c’è ancora nulla. Voci confermate e smentite inveleniscono il clima di giorno lasciando dubbi e interrogativi nelle ore del buio, mai come stavolta, ore buie. In questo caso, la notte non porta consiglio, bensì ansia e preoccupazione. Ogni alba potrebbe essere buona per tornare indietro di 15 anni. Sì, ai tempi di tangentopoli.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Stando a fonti ben informate, le richieste di misure cautelari sono ferme sulla scrivania dell’ufficio Giudice per le indagini preliminari, da luglio. In quattro mesi qualcuno avrebbe giocato sporco, nel duplice interesse di bloccare l’inchiesta e deviare i sospetti. Pressioni psicologiche anche e soprattutto su Giorgio Nugnes. L’ex assessore dopo aver subito le prime pagine dei giornali che riportavano la sua immagine scortato dagli uomini della Dia, era preoccupato per il fango che qualcuno, a torto o ragione, avrebbe potuto riversargli addosso: che abbia dunque scelto di farla finita? La Procura indaga per istigazione al suicidio passando al setaccio, i telefoni, il suo pc, i suoi ultimi incontri. Chi ha visto Nugnes nelle ultime ore racconta di un uomo preoccupato, intimorito (?), destabilizzato. L’ultima sua visita a Palazzo San Giacomo, proprio nel momento in cui il sindaco Iervolino con accanto Enrico Cardillo, ufficializzava le dimissioni dell’assessore al bilancio “per scelte personali, per la volontà di abbandonare la politica e dedicarsi agli studi”. L’inchiesta potrebbe raggiungere politici molto conosciuti anche al di fuori di Napoli.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Intanto l’ex ministro Luigi Nicolais, uno dei più strenui oppositori di Bassolino, in un vertice romano con Veltroni, avrebbe chiesto un immediato cambiamento di rotta. “Così non si va da nessuna parte, se non allo sfacelo le elezioni sono vicine e il rapporto di fiducia con gente non c’è più - avrebbe detto Nicolais - se non s’interviene sono pronto a dimettermi, l’aut aut.” In questo contesto si colloca la posizione di Walter Veltroni. A Bassolino la richiesta di dimissioni entro Natale prima della bufera che sembra avvicinarsi e al Sindaco di Napoli, subito il rimpasto. La prima cittadina non le manda certo a dire e in un colloquio telefonico con il segretario del Partito Democratico avrebbe chiesto chiarimenti “Quali sono i tuoi progetti sul Comune?” ha detto a Veltroni chiarendo di “non essere legata col Vinavil alla poltrona”. Rumors di palazzo riportano un frettoloso via vai nei corridoi della politica cittadina e non solo. Dopo le dimissioni di Enrico Cardillo, alcuni collaboratori di esponenti di giunta sottovoce confermano che c’è chi tra gli assessori è pronto a lasciare. Vicino all’abbandono viene dato lo stesso Bassolino, forse già per Natale. I colpi di scena sono solo all’inizio e ogni giorno si avvertono piccole scosso di un terremoto che sale sempre più in superficie. L’esplosione del Vulcano giudiziario sembra essere vicina. Devastanti le conseguenze.