Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Berlusconi: l'unico voto utile è per il Pdl
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Il Cavaliere a Torino: "Nessuna delle piccole formazioni del centrodestra supererà lo sbarramento elettorale". Messaggio a Casini: "E' con noi nel Ppe ma per egoismo e personalismo non ha partecipato a questa nuova avventura"
Torino - Che la campagna elettorale stia entrando lentamente nel vivo lo si coglie soprattutto dalle sfumature. Perché pur non essendo certo quello del 2006, il Berlusconi che si presenta al comizio in piazza Castello a Torino è comunque decisamente il meno conciliante degli ultimi mesi. Tanto da affondare su Bassolino («sono così attaccati alla poltrona che non si dimettono neanche di fronte alle tragedie»), sulla sinistra («nessuno di buon senso può rivolerli al governo») e sul Pd («ora ci dicono che non sono neanche più di sinistra»). Senza dimenticarsi dell’Udc, pur non nominando mai Casini. E con un auspicio: «Oggi a Torino sembra già primavera, spero che il 13 e il 14 aprile sia per tutti una nuova primavera di libertà».
Insomma, un piccolo passo sulla strada che porta alle urne, che con il passare dei giorni vedrà inevitabilmente alzarsi i toni del confronto politico da entrambe le parti. Per dirla con le parole di Bonaiuti, «prima che si arrivi alle urne di tempo ce n’è ancora molto». Mentre l’azzurro Napoli si affida a una metafora ciclistica: «La Milano-Sanremo si vince sul Poggio e non sul Turchino». Insomma, staccare il gruppo quando mancano ancora quasi trecento chilometri all’arrivo è inutile e «bene fa il Cavaliere» a «risparmiare le energie per lo sprint finale». Energie su cui Zangrillo non nutre alcun dubbio. «Berlusconi – assicura il suo medico personale, anche lui in piazza Castello – è più in forma di un ragazzino».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il primo degli affondi, dunque, è per Bassolino. «Io sono un garantista convinto – spiega il Cavaliere - e non dico che Bassolino avrebbe dovuto dare le dimissioni per quest’ultima azione della magistratura. Ma credo che da molto tempo l’opportunità politica avrebbe dovuto convincere il Pd, che ha in Bassolino una delle sue colonne, a invitarlo a lasciare». Anche perché «la tragedia dei rifiuti di Napoli e i suoi responsabili sono sotto gli occhi di tutti gli italiani e, purtroppo, di tutto il mondo». La verità, aggiunge, è che «la sinistra è così attaccata al potere che non si dimette neanche quando è evidente la tragedia che ha provocato».
Ma ce n’è anche per il Pd che, dice Berlusconi, «nega di essere sinistra». E ancora: «Non sono più nulla di quello che sono stati, né comunisti né di sinistra. E hanno fatto persino sparire Prodi mandandolo a sciare per una settimana, così possono parlare come se fossero all’opposizione. Invece, sono ancora loro a essere al governo».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Altro capitolo è quello centrista, con frecciate non solo all’Udc ma pure a Veltroni. Che vorrebbe che il Pd rappresentasse «una forza di centro» mentre «è costituito per il 70 per cento da membri del governo Prodi». Su Casini, però, arrivano gli affondi più duri. È soprattutto all’Udc che si riferisce quando si dice convinto che «nessuna delle piccole formazioni del centrodestra riuscirà a ottenere l’8 per cento in Senato e il 4 alla Camera». E quindi, aggiunge invitando ancora una volta al voto utile, «non saranno nemmeno presenti in Parlamento». E ancora: «Abbiamo realizzato il sogno che tutti i moderati, i liberali, i cattolici e i laici d’Italia andassero uniti a queste elezioni. Salvo qualcuno che, pur essendo della nostra stessa famiglia in Europa e cioè il Ppe, per personalismo spinto e per eccesso di egoismo personale ha deciso di non partecipare a questa grande avventura di democrazia e libertà».
Ma sull’Udc torna anche quando parla del programma che nel 2001-2006, dice, «abbiamo realizzato all’85 per cento» e non il 100 per cento «per colpa degli alleati». Gli stessi che «ci hanno vietato di abrogare la legge sulla par condicio». Insomma, sarà «per colpa dell’Udc» e di chi «oggi dice di non voler vendere la propria dignità» se gli italiani dovranno assistere «al disastro» dei confronti televisivi con «tutti i candidati premier insieme». Solo in Italia, aggiunge, succede che «un partito con il 40% come il Pdl ha lo stesso spazio televisivo di un partito che non si sa se arriverà all’1 per cento».
Adalberto Signore
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Scandalo inglese: cani sani uccisi per la ricerca
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il Royal Veterinary College (Rvc), la più antica e prestigiosa istituzione veterinaria del Regno Unito, acquista in segreto parti di cani completamente sani che sono stati appositamente uccisi in una clinica privata per animali, al fine di compiere le sue ricerche sugli organi.
Il terribile commercio, che va avanti da almeno tre anni, è stato svelato oggi dal "Sunday Times". È una notizia che fa orrore nel paese che venera gli animali domestici, tanto da avere diverse società che si fregiano della definizione "reale" per la loro protezione.
Un giornalista che si è finto proprietario di cani ha scoperto che il personale della Greyhound Clinic nell’Essex uccide per 30 sterline l’uno levrieri «che sono perfettamente in salute». La clinica viene quindi pagata dall’Rvc, che insiste sulla clausola che il cane sia sano prima di essere abbattuto. Il Royal College, interpellato in merito, ha detto di avere accordi simili con altre cliniche veterinarie per ottenere gli organi che gli occorrono.
La pratica ha «inorridito» la Royal Society for the Prevention of Cruelty Against Animals (Rpsca, che combatte la crudeltà contro gli animali), i gruppi animalisti e persino esponenti dell’industria delle corse dei levrieri, ancora molto popolari in Gran Bretagna, e che spesso è stata criticata per il destino dei cani da corsa una volta pensionati. «Sono sconvolto - ha dichiarato Alistair McLean, direttore del National Greyhound Racing Club -. È una cosa inaccettabile, è uno scandalo».
La Rspca si è detta «Scioccata per questa circostanza che mostra come i levrieri siano sistematicamente uccisi per profitto. Non avremmo mai pensato che ci potesse essere un incentivo in soldi per distruggere la vita di un animale domestico».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Maureen Purvis, del gruppo che si batte per la tutela dei cani da corsa Greyhounds UK, ha paragonato questa vicenda con quella di Burke e Hare, i due ladri di cadaveri che nell’Ottocento rifornivano le scuole di medicina. «È l’equivalente canino di quella storia. Sono dei macellai», ha detto.
La Greyhound Clinic serve almeno sei canili dove vengono allevati levrieri da corsa, situati molto vicino all’istituto, oltre a due "pensionati" per ex "campioni" canini, e un circuito per allevamento dei levrieri.
Secondo il Sunday Times, il giornalista ha telefonato a una dirigente della clinica, Donna Atkins, affermando di voler eliminare due levrieri perchè «non aveva posto per loro». Quando poi si è recato nella clinica, ha trovato due studenti di veterinaria dell’ Rvc che gli hanno descritto come pratica normale il prelievo di parti di animali sani destinati ad essere abbattuti.
Un portavoce del Royal College ha confermato al "Sunday Times" l’accordo con la clinica, ma ha spiegato che i padroni devono firmare un modulo dove indicano di essere consapevoli della sorte del loro cane: «La decisione di effettuare l’eutanasia - ha detto - deve essere presa con il consenso del padrone e del veterinario, e previa autorizzazione scritta del padrone».
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Le idee di Walter fanno il gioco di Bertinotti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La "Veltronomics" conosce l'inglese, pur se "I care" non gli portò molto bene e "Yes, we can" non sembra destinato a un fato migliore. In questi giorni sarebbe molto più utile la conoscenza del tedesco, nonostante WV (Walter Veltroni) & Co. siano arrivati a Bad Godesberg con cinquanta anni di ritardo.
La lettura della stampa e delle analisi della Repubblica Federale dovrebbero indurre a dare maggior peso al potenziale elettorale dell'Arcobaleno. La sinistra tedesca - che sembrava schiacciata dalla Grande Coalizione - ha vinto alla grande nelle nella città-Stato di Amburgo. Pochi mesi fa aveva ottenuto un successo superiore alle aspettative nell'Assia, cuore pulsante della finanza, la cui capitale è Francoforte. Prima ancora risultati analoghi, e a sorpresa, nella Sassonia Meridionale. Non siamo alle prese con quei Länder orientali dove si annidano nuclei di nostalgici alla "Good bye, Lenin!", il bel film di Wolfgang Becker. Siamo in territori radicati nell'Occidente, dove il voto a sinistra cresce in quanto aumenta il disagio (dal lato dei prezzi non, come avviene in Italia, anche da quello della produzione, dell'occupazione e dei consumi) e una fascia dell'elettorato ritiene di non essere più rappresentata dalla Spd a braccetto con i Cristiano Democratici e i Cristiano Sociali.
Un fenomeno analogo è in atto da noi. Il "dodecalogo" è un maquillage del programma CdL del 2006. Nel tentativo di smarcarsi dalla disastrosa esperienza del Governo Prodi WV & Co. fanno un giorno sì e uno no concessioni a tesi programmatiche tradizionalmente appartenenti al centrodestra: riduzione dei poteri del sindacato, promesse di privatizzazioni a go-go , impegni di liberalizzazioni. I dati Istat ci ricordano che, negli anni del Governo Prodi, la situazione di molti italiani a reddito e consumi bassi (fasce che hanno alimentato l'Italia a sinistra) è peggiorata: redditi che ristagnano, prezzi dei beni più frequentemente acquistati che aumentano rapidamente, ritorno dello spettro della disoccupazione. Dal 1921 c'è un'Italia marxista che tiene le distanze dal liberal-socialismo europeo (e WV è stato nella nomenklatura di questa Italia sino a ieri). Per queste fasce sociali e orientamenti intellettuali, il "dodecalogo" vale quando un "assignat" di Luigi XVI - ossia è una fregatura. Lo sanno: non vengono certo distratti da quattro veline e da qualche festa del cinema. Sono consapevoli che la "loro" sinistra radicale non è vincente: meglio, però, avere una pattuglia numerosa e agguerrita di deputati e senatori i quali (comunque vadano le elezioni) potranno dar vita dura a una Veltronomics che corre in cattiva compagnia - manette e "di tutto e di più" transnazionale e transpartitico - e promette le stesse cose che propone il centro-destra. L'Arcobaleno ringrazia WV e gli estensori del "dodecalogo".
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Studi seri e meno tasse così si aiuta la famiglia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Fisco amico della famiglia con figli a carico, tutela della vita dal concepimento al suo termine naturale e uguaglianza tra scuole statali e paritarie sono priorità irrinunciabili per il rilancio del Paese. Finora, lo scontro elettorale tra Pd e Pdl non ha avuto il merito di riflettere abbastanza su queste sfide, evidentemente, troppo scomode.
Ma le famiglie sono sempre più povere e la Conferenza governativa sulla famiglia di Firenze (risposta fioca al Family Day) è stata un fallimento totale. La raccolta di firme per "Un fisco a misura di famiglia", promossa dal Forum famiglie, assume dunque un significato ancor più rilevante. Le famiglie con figli a carico vantano il triste record della pressione fiscale più pesante in Europa senza ricevere in cambio prestazioni sociali altrettanto consistenti.
Un sistema di deduzioni dal reddito pari al costo reale di mantenimento dei familiari rappresenta una risposta concreta per sopperire a un fisco ingiusto. Se non si tiene conto del numero dei componenti del nucleo familiare per determinare il reddito imponibile si continuerà a favorire i single a scapito di chi fa figli. Figli che vanno a scuola. Scuola ultima in Europa per preparazione e disciplina. L'educazione dei figli è un diritto di libertà costituzionale dei genitori che non può essere esercitato. Colpa della paura di infrangere lo strapotere rosso-gramsciano di tanti «maestri». Da tempo denunciamo la grave emergenza educativa che funesta l'apparato scolastico. La tanto sbandierata parità con le scuole non statali, sancita da una legge del 2000, è rimasta sulla carta: dallo Stato arrivano pochi spiccioli per le paritarie, i genitori non sono liberi di fare una scelta serena e ponderata, finendo imbottigliati nella strada che porta al gran carrozzone della scuola pubblica. Il cammino verso la parità scolastica tra pubblico e privato, purtroppo, è incompleto e incerto. La libertà di educazione rimane un diritto negato. Riconoscere la possibilità di scelta in questo settore rappresenterebbe la risposta più coerente non solo in materia di liberalizzazione, ma anche di piena attuazione della nostra Costituzione. Già oggi, in periodo di non concorrenza, uno studente delle paritarie costa molto meno di quello di una scuola pubblica. Per un bambino delle materne, lo Stato spende poco più di 6mila euro, contro i 584 della scuola paritaria. Stesso discorso per la primaria (7300 per un bambino della statale contro 866) e le secondarie di primo (7600 contro 106) e secondo grado, dove uno studente delle scuole paritarie costa 50 euro contro 8mila. Uno Stato che non vede la convenienza a mantenere un canale paritario efficiente è uno Stato incosciente. Attraverso specifiche politiche familiari integrate, lo Stato deve promuovere e tutelare la valenza sociale e pubblica della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, portatrice sana di rinnovamento, sviluppo e benessere.
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Hamas copia Hezbollah: razzi su Israele
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Con i Kassam per rispondere allo stapotere della macchina da guerra di Tel Aviv
WASHINGTON – Hamas ha studiato attentamente quanto fatto dall’Hezbollah libanese contro Israele nell’estate 2006 ed ora lo imita.
I RAZZI - Allo strapotere della macchina bellica israeliana, Hamas risponde con razzi Kassam, prodotti in loco, e Grad, forniti forse dall’Iran. Armi che hanno un valore strategico e politico perché i militanti sono in grado di tenere sotto scacco alcuni centri abitati di Israele. Ogni razzo che cade è una sfida aperta. In questo modo Hamas ha stabilito un equilibrio del terrore. E’ la copia di quanto organizzato dall’Hezbollah con i lanci di missili verso Israele.
LA SFIDA – Hamas, da una parte, teme le ripercussioni di una pesante offensiva terrestre di Israele su Gaza, ma, dall’altra, è capace di sfruttarla a sua vantaggio politicamente. Qualsiasi azione nelle aree densamente popolate della Striscia comportano un alto numero di vittime anche tra i civili. Perdite che i militanti possono usare per denunciare, sul piano internazionale, il massacro. Inoltre l’eventuale intervento di Israele ricompatta il fronte palestinese, infiamma gli animi, porta nuove reclute nei ranghi di Hamas. Il movimento palestinese, sempre imitando l’Hezbollah, ha costruito trappole, bunker e postazioni segrete con l’intento di far pagare un prezzo pesante alla fanteria israeliana.
IL DILEMMA - Israele ha più volte invaso Gaza per neutralizzare la minaccia dei razzi Kassam, operazioni rivelatesi però fallimentari. I lanci si sono brevemente interrotti ma sono poi subito ripresi. Troppo facile usarli: si nascondono ovunque, si trasportano agilmente. E’ forse per questo che qualcuno in Israele comincia a sostenere che sarebbe meglio trattare con Hamas.
Guido Olimpio
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Padre Pio/ Aperta la bara del Santo. Il suo corpo è ancora intatto
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Nel massimo riserbo, la commissione medica ha aperto nella notte, a mezzanotte e trenta, la tomba che accoglie le spoglie di San Pio da Pietrelcina, avviando così l'operazione di esumazione del corpo, che sarà esposto ai fedeli il prossimo 24 aprile.
Il tutto è avvenuto davanti a una commissione composta da medici e religiosi sotto la supervisione del vescovo di San Giovanni Rotondo-Manfredonia-Vieste, mons. Domenico D'Ambrosio, delegato per la Santa Sede per le opere di Padre Pio. Presenti ieri sera anche alcuni parenti del Santo. Fuori il santuario di San Giovanni Rotondo sin dalle prime ore di ieri sera si era radunata una folla di fedeli, diventati oltre un un centinaio quando il vescovo è uscito e, con una certa commozione, ha confermato che la bara del santo con le stimmate era stata aperta. "Abbiamo aperto il sepolcro di san Pio - ha detto mons. D'Ambrosio- e abbiamo estratto la prima cassa con tutti i sigilli; io ho verificato i sigilli, li abbiamo rotti e abbiamo aperto la prima cassa, piuttosto arrugginita".
Secondo le prime indiscrezioni, quando Padre Pio venne sepolto c'era dell'umidità che è penetrata all'interno della bara e ha rovinato la cassa in legno. Descrivendo cosa è stato visto subito dopo l'apertura della cassa, mons. D'Ambrosio ha detto che "si vedono tra l'altro i piedi, perchè sapete che i padri cappuccini vengono sepolti scalzi. Ma non c'è nessun segno delle stimmate". Inoltre, chiedendo scusa proprio a Padre Pio,
mons. D'Ambrosio ha anche detto ai tanti fedeli che gli si sono radunati intorno che il corpo "aveva mani, protette dai mezzi guanti di lana, perfette come se fosse stato da una manicure".
La tomba nella cripta del santuario di S.Maria delle Grazie a S.Giovanni Rotondo è stata aperta a circa 40 anni dalla tumulazione, avvenuta il 27 settembre del 1968, quattro giorni dopo la morte. La scelta del massimo riserbo e l'orario assolutamente atipico per l'operazione sono stati spiegati con la necessità di evitare la ressa dei curiosi: gia' nei giorni scorsi la cripta era stata chiusa alla venerazione dei fedeli, e alle eventuali proteste di contestatori. Proprio ieri pomeriggio un'associazione torinese avrebbe presentato una istanza di sequestro della cripta, per evitare l'esumazione del santo con la stimmate.
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Sondaggi. I bookmaker britannici puntano su Berlusconi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Veltroni meno 5% in due settimane. Tutte le quote
Le elezioni del 13-14 aprile suscitano grande interesse in Gran Bretagna, patria indiscussa delle scommesse. Tanto che il sito internet 'oddsbestbetting', che riassume tutte le quote dei principali bookmaker d'Oltremanica, colloca il voto italiano in cima alla categoria politica, addirittura prima delle presidenziali Usa e della sfida tra Hillary Clinton e Barack Obama. La sfida, ovviamente, si concentra nel duello tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni.
La media delle puntate raccolte tra gli scommettitori britannici e di tutto il mondo vede nettamente favorito il leader del Popolo della Libertà. L'ultimissima rilevazione dà la vittoria del Cavaliere a 1,43. Ovvero, puntando dieci euro su Berlusconi futuro premier se ne vincono 4,3. Il segretario del Partito Democratico viene dato invece a 3,20, scommettendo dieci euro su Veltroni la vincita è 32.
Le probabilità di vittoria dell'ex presidente del Consiglio, in base alla media di tutte le puntate dei bokkmaker inglesi, sono pari al 68,97%. Contro il 31,03 del leader del Pd. Un dato molto interessante è il paragone tra le ultimissime quote e quelle dei giorni precedenti. Rispetto a sette giorni fa il valore di Berlusconi è rimasto invariato a 1,43. Mentre quello di Veltroni era più basso: 2,9. Ciò significa che rispetto a lunedì 25 febbraio le probabilità di successo dell'ex sindaco di Roma sono scese dell'1,99% (erano infatti il 33,02). Di conseguenza quelle del Cavaliere sono salite di quasi il 2%, essendo una settimana fa al 66,98.
Allargando l'analisi a quindici giorni si può notare come il distacco si sia ulteriormente ampliato. Lunedì 18 febbraio, infatti, la quota del candidato premier del Pdl era 1,45 e quella di Veltroni 2,6. Quindi, confrontando i dati attuali con quelli di due settimane fa, la possibilità di vittoria di Berlusconi, secondo i bookmaker anglosassoni, è aumentata del 4,77% (il 18-2 era il 64,2), di conseguenza le chance per Veltroni di andare a Palazzo Chigi sono diminuite del 4,77% (erano il 35,8 quindici giorni fa). Senza alcuna probabilità di vittoria e con quote soltanto simboliche tutti gli altri candidati, da Casini a Bertinotti passando per la Santanché.
>>Da: Elios8943
Messaggio 2 della discussione
Caspita dal 6% siamo tornati (secondo Repubblica ) a + 7% .
Veltroni allo sbando, si prevede un 15% almeno di divario.
>>Da: Fabiano
Messaggio 5 della discussione
Ma che strano...gli scommettitori inglesi danno Berlusconi in salda presa, addirittura in cospiquo aumento....... mentre il corriere della sera pontifica ogni giorno l'esatto contrario....
Allora o gli inglesi non ci vedono troppo bene o il quotidiano di via solferino ambisce a divenire il foglio del pd.......ripetendo ,senza vergognarsi, l'errore
del 2006 con l'appoggio al Prodi e compagnia........
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Mastella: sono considerato il male del Paese
>>Da: cassiopea
Messaggio 16 della discussione
"Sembra che io sia il male del paese , pazienza. Se eliminato il male, eliminato Mastella attraverso artifizi politico-giudiziari si risolvono i problemi dell'italia sono contento". Lo dice il leader dell'Uduer, Clemente Mastella, intervistato da Maurizio Belpietro per "Panorama del giorno" su Canale5. Si aspettava di essere isolato da tutti? Chiede Belpietro e Mastella risponde: "la verita' il modo in cui i partiti stanno promuovendo azioni da una parte e dall'altra e' un modo che non immaginavo". Il capogruppo all Camera Mauro Fabris lascia l'Udeur? "A questo punto non lo so. Vedo che anche il senatore Barbato per il Cavalier Berlusconi aveva detto che mai sarebbe stato candidato pare che utilizzi -dice l'ex Guardasigilli- il taxi dell'Mpa. Siamo ad un livello morale incredibile. Non e' questo il problema pero'. Voglio ricordare che la caduta del governo era nei fatti. In quella circostanza anche se io avessi votato a favore c'erano altri cinque senatori che votavano contro, quindi la maggioranza non c'era piu'. Era finita un'esperienza di governo, era finito un ciclo". Alla domanda se anche gli ex Dc hanno chiuso a la porta in faccia, Clemente Mastella risponde: "chiuso la porta in faccia? Per quanto mi riguarda nessuno mi ha chiuso la porta in faccia. Uno discute e veritifca che esistono le condizioni o no. Attraverso i giornali, i media passa la definizione di Mastella come il male del paese, un tipo di politica asservita la potere. Dopodiche' si scopre che pur avendo fatto parte di questo non ho avuto una nomina da questo governo una che fosse una, e sfido chiunque a dire il contrario, e' ovvio che io appartengo ad un tipo di politica che e' non soltanto la mia. Esce di scena Amato, De Mita per certi aspetti. Probabilmente oggi e' la fine della fine della prima Repubblica. Nessun problema".
Ben gli sta!
>>Da: Titty3800
Messaggio 2 della discussione
Mastella temo pensasse di far una delle sue furbate e invece per la prima volta in 30anni è stato fregato alla grande!
A Silvio non gliela si fa!
>>Da: Elios8943
Messaggio 3 della discussione
Livello morale? A Mastella ma vai a....
>>Da: lazanzaradispettosa
Messaggio 4 della discussione
Ieri ho letto l'intervista alla moglie Sandra "uomo morto" Mastella.
Dire che è inviperita è poco, penso che andrà dalla sua fattucchiera di fiducia per scagliare il maleficio più potente che c'è contro Silvio.
Adesso il loro "programma", per loro ammissione, si concentrerà al sud.
Cercheranno di creare un movimento stile Lega, ma al sud.
Ieri hanno espresso il loro primo punto :
"Quelli del nord ci trattano da terroni", testuali parole.
No comment.
>>Da: Fabiano
Messaggio 6 della discussione
Ma Mastella a lavorare non ci va mai???
>>Da: felice
Messaggio 8 della discussione
Tutti fuggono dall'Udeur.
16:47 Emorragia Udeur, si dimette anche vicesegretario Satta.
16:01 Il senatore Barbato lascia l'Udeur.
>>Da: aquilanera
Messaggio 9 della discussione
Anche Fabris.
Nell'Udeur c'è posto solo per Mastella in Campania al Senato, e non è nemmeno detto...
>>Da: lasilfide
Messaggio 10 della discussione
Si sa che i topi sono i primi ad abbandonare la nave che affonda...
>>Da: Nando179764
Messaggio 11 della discussione
MASTELLA: "SONO CONSIDERATO IL MALE DEL PAESE"
No no, non sei considerato. SEI IL MALE DEL PAESE. Se avessi previsto il calcio in culo da tutti, probabilmente te ne saresti guardatio bene dal ritirare l'appoggio al governo Prodi. Hai voluto fare il figo e difendere la tua famigghia e adesso non ti caga più nessuno. Prenditi i voti di Ceppaloni e pensa ad un posto dove infilarteli.
>>Da: er Drago
Messaggio 12 della discussione
Secondo me tra un po' scappa anche Mastella
>>Da: MARCY1078
Messaggio 13 della discussione
Questi che se ne vanno sono peggio anche del Mastella stesso...magari ce li ritroviamo nella rosa bianca con una nuova verginita'...
Bleah!
>>Da: ruggero
Messaggio 14 della discussione
Siamo sicuri che al senato sotto l' 8% regionale non si viene eletti o c'è qualche inghippo italiota?
>>Da: -cerberus
Messaggio 15 della discussione
X Ruggero
Al Senato ci vuole il 3% se sei in coalizione, l'8% al Senato (senza ripescaggi) per chi va da solo.
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Indovina chi viene a pranzo: Tremonti
>>Da: cassiopea
Messaggio 4 della discussione
«Terapia anti crisi? Meno tasse, via l’Ici»
Non vi dico bugie: vinceremo, ma governare sarà dura. Perché tutto il mondo è in difficoltà.
CHI LO HA OSPITATO: La famiglia Borgatti abita a Milano, zona Gambara, in un casa di 70 mq. Giorgio, il capofamiglia, 45 anni, fa l’elettricista e guadagna 1.600 euro al mese. Sua moglie Rosa, 49, è impiegata nella pubblica istruzione e ha una busta paga di 1.100 euro. La figlia Selene, 17, studia al liceo classico Manzoni; il figlio Riccardo, 15, è iscritto all’Istituto tecnico Maxwell. Hanno anche tre gatti e un cane. Nel 2006 hanno votato a sinistra.
MILANO - Giulio Tremonti arriva puntuale. Elegantissimo, come sempre. Ha già letto per bene le prime pagine dei quotidiani dove campeggiano i numeri che finalmente danno un peso e una dimensione alla crisi economica. Al malcontento strisciante l’Istat, infine, ha dato una fisionomia: la famiglia italiana tipo ha speso nell’ultimo anno il 4,8 per cento in più per beni di prima necessità. Mentre su tram, autobus e nei bar si parla di questo, Oggi invita a pranzo Giulio Tremonti, massimo esperto di economia del centrodestra, tre volte ministro dei governi Berlusconi. Dove? Dai Borgatti: lui elettricista, lei impiegata statale, due figli studenti.
FAMIGLIA DI SINISTRA - «Onorevole, lei è seduto alla tavola di una famiglia che ha votato sempre a sinistra». Si presenta così Giorgio Borgatti. E prosegue: «Di una famiglia che ha creduto nello slogan “le tasse sono belle” perché pensava che fossero utili alla comunità, e che i sacrifici li ha fatti volentieri in vista di un futuro migliore. Poi, però, le nostre buste paga sono diventate più magre e i sacchetti della spesa sono sempre più vuoti. Le vacanze da sette anni le facciamo a casa di una nostra parente in Sicilia e a lavorare ci andiamo in bicicletta. Siamo delusi, ma chi ci dice che la destra farà meglio?».
IL PROF IN CAMICIA - Giulio Tremonti si sfila la giacca come per affrontare un match. «Prodi personalmente mi sta anche simpatico, ma ha sbagliato completamente la Finanziaria del 2006. Si è suicidato da solo. Detto questo: siamo in campagna elettorale, ma io non amo vendere bugie e non mi piace dispensare ricette facili. La situazione è preoccupante, non solo per l’Italia. È difficile per l’Europa. Le famiglie stanno male in Russia, in America, in Francia...». Di fronte al professore, i Borgatti si concentrano come bravi studenti. La lezione prosegue: «Voi elettori non accontentatevi dei programmi sbandierati dai politici. Chi governa deve fare di più: deve capire cosa succede nel mondo; spiegarlo e condividerlo con la gente. Non si somministra una medicina senza diagnosticare la malattia. Giusto?», chiede Tremonti ai commensali, che hanno lasciato le posate al loro posto per non perdersi una parola. «Onorevole», interviene Rosa, la moglie di Giorgio, «noi ascoltiamo fiumi di parole, anche in Tv, poi però squilla il telefono e la banca ci avvisa che al 20 del mese il nostro conto corrente langue... ». «Sì, certo, capisco. Però i prezzi non salgono di colpo perché gli imprenditori hanno deciso di aumentare i loro profitti. Le famiglie italiane stanno male perché il mondo è cambiato. Qualunque coalizione politica andrà al governo, dovrà fare i conti con un problema che si chiama Asia, Cina e India. Aprire al mercato mondiale, forzare la globalizzazione è stato un errore fatale. Nel 1995 io scrissi un libro intitolato Il fantasma della povertà, nel quale “profetizz
>>Da: cassiopea
Messaggio 2 della discussione
IL PESO DELLA GLOBALIZZAZIONE - Il padrone di casa, però, non si accontenta dell’analisi generale e incalza: «Ma il potere d’acquisto che io ho perso dov’è andato?». «In Cina », dice Tremonti. «Sì, però il panettiere alza i prezzi e va avanti, ma il mio contratto di categoria resta fermo. Voi che cosa farete di concreto per le nostre famiglie?». «Nel programma del Popolo della Libertà sono previsti sgravi fiscali», risponde il professore. «Gli straordinari saranno detassati e progressivamente anche la tredicesima. Abbiamo previsto premi e incentivi legati alla produttività e un’azione sull’Iva che andrà versata solo a fattura incassata. Sarà abolita l’Ici sulla prima casa e ci sarà una progressiva abolizione dell’Irap».
«SONO AMICO DI BOSSI» - «Dicono che lei abbia un caratteraccio. Come fa ad andare d’accordo con Berlusconi?», chiede con candore Riccardo, il più giovane di casa. «Con Berlusconi c’è un reciproco rispetto assoluto. Io sono uno dei pochi che con lui non si mette in un rapporto gerarchico. Sono uno dei pochi che lui non ha mai mandato a... “stendere” quando si irrita», si lascia scappare Tremonti. «Credetemi, è un uomo di grandissima umanità e gentilezza. Ma il mio migliore amico politico è Bossi: su 100 cose che dice 85 è meglio non ascoltarle, ma 3 o 4 sono geniali». Giorgio a questo punto «mette in tavola» un problema che gli sta a cuore: la casa. «Io e Rosa ci siamo sposati giovani e abbiamo subito avuto due figli. Le nostre famiglie non ci hanno potuto aiutare e il risultato è che, sebbene si sia sempre lavorato entrambi, non siamo riusciti a comprarci una casa. Che prospettive ci sono per famiglie come la nostra? Gli affitti sono sempre più alti, stiamo pagando 850 euro al mese per una casa di 70 metri quadri e non possiamo scaricare niente dal nostro imponibile. Tra l’altro, se avessimo acceso un mutuo, ora ci troveremmo nei guai visto che i tassi sono saliti».
>>Da: cassiopea
Messaggio 3 della discussione
LE BANCHE - Tremonti va a nozze: «Il governo Prodi ha fatto un enorme regalo alle banche riducendo la tassazione dei loro utili dal 33 al 27 per cento. Io ho proposto che l’aliquota del 27 rimanga solo per quelle che offriranno mutui onesti. Il nostro governo, se vinceremo, obbligherà gli istituti di credito a rinegoziare i mutui concedendo condizioni più umane». Selene, secondo anno di liceo classico, a questo incontro speciale ci teneva e si è preparata. «Onorevole, ma una ragazza come me che studia con profitto obbligando i genitori a fare dei sacrifici, che futuro si può aspettare? Mi sembra che la nostra sarà una generazione di precari. Mi chiedo: potrò comprarmi una casa? Avrò i soldi per sposarmi?». «Il liceo classico è la scuola migliore che potevi scegliere», dice l’ex ministro. «Per l’università il mio consiglio è questo: se non hai una vocazione assoluta per una materia specifica, orientati su una facoltà economica. Io avrei voluto fare lo storico, ma poi ho capito che non ci avrei mangiato. I bravi laureati in Economia e in Legge trovano lavoro subito». «Mi scusi onorevole, ma i politici come lei, cosa ne sanno dei problemi reali della gente? La nostra impressione è che vivete isolati nei Palazzi del potere», osa il capofamiglia. «I politici non prendono tram e autobus, è vero, ma io, per esempio, vivo a Pavia e anche quando ero ministro giravo a piedi. Mi basta entrare al bar o andare a comprarmi le lamette da barba e i giornali per capire che aria tira. Le vacanze le faccio in montagna, a Lorenzago di Cadore. Dal modo in cui mi salutano quando entro a bere il caffè, capisco l’umore della gente. Poi ho altre due “fonti” preziose: la radio e le lettere ai giornali. Un politico deve leggerle ogni giorno, sono un ottimo termometro».
CONDONO NECESSARIO - Un’ultima stoccatina. «Tremonti, la destra non è vista esattamente come la nemica dell’evasione fiscale. Farete altri condoni?». Gelo. L’ex ministro si aggiusta gli occhiali e sembra scaldarsi come quando si arrabbia in Tv. «Accetto la provocazione solo da chi risponde alla mia domanda: con un Paese a crescita zero dove tiravo fuori i miliardi di euro necessari a pagare le pensioni, la sanità, la scuola e le opere pubbliche? Il condono ha dato un gettito enorme perché col governo Prodi c’era stata un’evasione enorme. E comunque non l’ho fatto volentieri il condono. Parliamo di evasione fiscale? Beh, sono io che ho chiesto la lista degli italiani residenti all’estero. A Valentino Rossi gli accertamenti sono partiti nel 2003, quando c’ero io. Poi lo hanno multato per 120 milioni di euro e lui ha “chiuso” il contezioso con 20 milioni. Questo non è forse un indecente condono personalizzato?».
>>Da: cassiopea
Messaggio 4 della discussione
Grande Giulio!
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Corona fermato per banconote false
>>Da: Elios8943
Messaggio 11 della discussione
Il fotografo tentava di pagare con biglietti contraffatti, alcuni dei quali sono finiti in autostrada nella concitazione del fermo
MILANO - Fabrizio Corona è stato fermato questa mattina dalla Polizia stradale di Orvieto mentre tentava di pagare ad un autogrill con banconote false. Corona è stato portato alla sezione di polizia di Orvieto, e dalle prime notizie sembra che nelle concitate fasi del fermo alcune banconote false si siano disperse sull'autostrada.
Che cretino, secondo solo ad Alberto Tomba quando, respinto all'aeroporto per una irregolarità sul passaporto, LO CORRESSE A PENNA e si ripresentò 5 minuti dopo.
L'Italia è un paese fantastico..
>>Da: lazanzaradispettosa
Messaggio 2 della discussione
Complimenti....ma che cavolo di personaggio, prima si catapulta nei luoghi di delitti in cerca di fantomatici scoop e interviste choc, poi fotografa chiunque chiedendo soldi in cambio per non pubblicare eventuali foto scottanti, e adesso va in giro con soldi falsi, ma che schifo!!!
>>Da: Fabiano
Messaggio 4 della discussione
Rinchiudetelo e buttate la chiave.
>>Da: Marianna
Messaggio 5 della discussione
Beh, dai, Tomba rimane insuperabile, perché era pure carabiniere!
>>Da: felice
Messaggio 6 della discussione
Non ho capito però un paio di cose:
- come ha fatto la cassiera ad accorgersi al volo che erano soldi falsi.
- come mai sono intervenuti i poliziotti... di solito semplicemente succede che la cassiera non prende i soldi che gli sembrano irregolari e stop.
- come mai l'abbiano arrestato... bastavano un paio di domande a chiarire tutto, gliele avranno rifilate queste banconote (succede purtroppo), non mi ci vedo Corona che stampa biglietti falsi come Totò in "La banda degli onesti".
- come gli sia venuto in mente di rendere il fermo "concitato"? cioè, già sei nelle rogne e fai resistenza? veramente un genio.
>>Da: Nando179764
Messaggio 8 della discussione
Felice, leggi l'articolo Corona arrestato: voleva pagare con banconote false
17:23
>>Da: MARCY1078
Messaggio 9 della discussione
Certo che è da barboni, con tutti i soldi che ha fatto, mettersi a pagare il cappuccino coi soldi del monopoli...
>>Da: -cerberus
Messaggio 10 della discussione
Secondo indiscrezioni emerse in ambiente investigativo, alcune banconote false sarebbero state trovate anche durante una perquisizione nell'abitazione milanese di Corona, mentre i tre erano in possesso di almeno altre 20 banconote falsificate di cui hanno cercato di disfarsi quando si sono visti raggiungere dalla polizia stradale.
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Venezuela: carri armati al confine con la Colombia
>>Da: Elios8943
Messaggio 1 della discussione
CARACAS - Sale la tensione tra Venezuela e Colombia. Al confine tra i due Stati e' stato schierato, dal presidente del Venezuela Hugo Chavez, un battaglione di carri armati. Chavez ha anche richiamato il personale diplomatico dell'ambasciata venezuelana a Bogota'.
Mah, dubito si andrà oltre degli scontri di confine.
Almeno spero.
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Bimbo si esprime con cinguettii invece che con le parole!
>>Da: lazanzaradispettosa
Messaggio 1 della discussione
E' la «sindrome di Mowgli.» Il ragazzino, tolto alla donna, è stato affidato ad un istituto
Allevato tra gli uccelli, non parla: cinguetta
L'incredibile storia di un bambino russo di 7 anni: la madre non gli parlava ma lo circondava di volatili
KIROVSKIY (Russia) - Cinguetta ma non parla. Perché il piccolo appartamento dove viveva fino a poco tempo fa era affollato da uccellini: è così che ha imparato ad imitare i loro suoni. Si tratta di un bambino russo di sette anni, che abitava a Kirovskiy (Volgograd) insieme alla madre trentunenne, prodiga di attenzioni verso i piccoli volatili, ma che non parlava con il figlio. Con tutte quelle gabbie stipate in casa il ragazzino ha cominciato a esprimersi per cinguettii, a volte accompagnati dal movimento delle braccia, come a mimare lo sbattere delle ali.
IN ISTITUTO - La madre si limitava a dargli da mangiare e ora «quando gli parli cinguetta», ha spiegato al quotidiano Pravda l’assistente sociale Galina Volskaya. Dopo la scoperta del fatto, avvenuta una decina di giorni fa, ora il bambino si trova in istituto in attesa di essere trasferito in un centro di cura, con il beneplacito della madre che ha rinunciato alla tutela del figlio.
I PRECEDENTI - È un caso da «sindrome di Mowgli» - scrivono i giornali - dal nome del protagonista del celebre film d’animazione Disney «Il libro della giungla», in cui il ragazzino viene «adottato» da un gruppo di animali. E non è l’unico, considerando che solo negli ultimi due mesi se ne sono registrati altri cinque, secondo Pravda. Nel 2006 poi, sempre in Russia, si è scoperto un ragazzino che viveva per strada al seguito di alcuni cani e gatti randagi, mentre a gennaio dell’anno scorso è stata ritrovata Rochom P’ngieng, una ragazza cambogiana di 27 anni che viveva nuda nella giungla a stretto contatto con gli animali, incapace di comunicare nella propria lingua. Un poliziotto del luogo ha riconosciuto in lei la figlia scomparsa diciotto anni prima.
Veramente senza parole...da mettere i brividi.
Non oso immaginare le condizion iigeniche e sanitarie della casa!
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Ti piace??
>>Da: lazanzaradispettosa
Messaggio 1 della discussione
Ti piace che sfiorino?
Che ti accarezzino?
Che ti facciano sudare?
Ti piace il respiro di un'altro accanto a te?
Che ti respirono sulla nuca e sul viso?
Ti piace sempre adottare nuove posizioni?
Arrivare fino in fondo?
O solo all'ingresso?
ti piace entrare, uscire?
Salire, scendere?
Cominciare da freddi e finire tutti caldi sudati?
PRENDI L'AUTOBUS O LA METROPOLITANA
Il trasporto pubblico rende reali tutte le tue fantasie!!!!
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Falenino e la stella ......
>>Da: lazanzaradispettosa
Messaggio 2 della discussione
Una notte un piccolo falenino d' animo delicato s' invaghì d' una stella...
Ne parlò alla madre, e quella le consigliò piuttosto d' invaghirsi d' un abat-jour: "... Le stelle non sono fatte per svolazzarci dentro..."
"... alle lampade, a quelle sì che puoi svolazzare di dietro!"
Ed il padre: "... almeno lì approdi a qualcosa: andando dietro le stelle non approdi a niente!"
Ma il falenino, non diede ascolto ne all' uno ne all' altra: ogni sera, al tramonto, quando la stella spuntava, saliva in volo verso di essa ed ogni mattina all' alba se ne tornava a casa, stremato dall' immane e vana fatica.
Un giorno il padre lo chiamò e gli disse: "Non ti bruci un' ala da mesi ragazzo mio, e ho paura che non te la brucerai mai! Tutti i tuoi fratelli, si sono già bruciacchiati ben bene più volte volteggiando intorno ai lampioni di strada... e tutte le tue sorelle si sono scottate a dovere intorno alle lampade di casa. Su avanti datti da fare, vatti a prendere una bella scottatura! Un falenotto bello e robusto come te senza nemmeno un segno addosso!?"
Il falenino se ne andò da casa ma non andò a volteggiare intorno ai lampioni di strada, nè intorno alle lampade di casa ma continuò ostinatamente i suoi tentativi di raggiungere la stella, la credeva impigliata tra i rami più alti di un olmo.
Provare e riprovare puntando alle stella, notte dopo notte, gli dava un certo piacere tanto che visse fino a tardissima età.
I genitori, i fratelli, le sorelle erano invece tutti morti bruciati ancora giovanissimi.
Morale... "Se c' è una stella in cielo non perdere tempo a scottarti a qualche lampadina!
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La sai l'ultima?
>>Da: Nando179764
Messaggio 14 della discussione
D'Alema difende Bassolino
«No allo scaricabarile»
Il vicepremier sul governatore sott'accusa:
«I rifiuti? Colpa di tutti, Berlusconi compreso» Certo è che baffettino non conosce la vergogna!!!
>>Da: happygio
Messaggio 2 della discussione
Infatti, non si vergogna mai: era in visita da Chavez..... (dopo gli Hezpallas, Armadillojà)!!!
>>Da: Fabiano
Messaggio 3 della discussione
..eggià è colpa di Berlusconi...
Lro sono ssceri..
Oa ci manca una comparsata del prodezza e siamo a 20 punti di vantaggio!
>>Da: Marianna
Messaggio 4 della discussione
Secondo me anche Giulio Cesare ci ha messo lo zampino, ahah!
La sinistra non ha mai colpe, e già!
>>Da: felice
Messaggio 6 della discussione
Anche un pò Menenio Agrippa, non dimentichiamo!
>>Da: aquilanera
Messaggio 7 della discussione
Il marinaretto amico del ministro hezbollah difende sempre i suoi sodali...
>>Da: lasilfide
Messaggio 8 della discussione
Purtroppo cambiano nome, ma la sostanza mai.
>>Da: er Drago
Messaggio 11 della discussione
Ho letto che alcuni accusano Attilio Regolo di aver abbandonato una botte a Napoli, ma secondo altre fonti, sarebbe stata riciclata poi da Diogene
>>Da: MARCY1078
Messaggio 12 della discussione
Se non ricordo male, anche Muzio Cordo (Muzio Scevola) lasciò qualche escremento equino a Casavatore..
>>Da: ruggero
Messaggio 13 della discussione
Shhhhhhhhhhhhhhhhhhh.............non lo dite a baffino, mi raccomando. Si dice sia stato un giovane Berlusconi ad assassinare l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, scatenando così la prima guerra mondiale.
>>Da: -cerberus
Messaggio 14 della discussione
Quanto sono ridicoli questi figli di Stalin...uniti a qualche baciapile..
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PALALIDO 8 MARZO CON BERLUSCONI E FINI
>>Da: LAURA39398
Messaggio 12 della discussione
Ore 10,30
PALALIDO DI MILANO Piazza Carlo Stuparich MM1 - Fermata LOTTO Intervenite numerosi! Un caro abbraccio e scusate se in questi giorni sono assente, ma.........potete capire, quante cose da organizzare.. Laura
>>Da: Fabiano
Messaggio 2 della discussione
Troppo lontano da Milano, purtroppo.
Speriamo che facciano una replica a Roma.
>>Da: Marianna
Messaggio 4 della discussione
Lo vedrò in tv, dato che sono molto distante da Milano.
>>Da: felice
Messaggio 5 della discussione
OK!
>>Da: aquilanera
Messaggio 6 della discussione
Grazie Lauretta, credo di poter essere presente. Non ti stancare troppo, voglio vederti intera dopo il 15 aprile! Luca
>>Da: lasilfide
Messaggio 7 della discussione
Grazie! La faccio girare!!
>>Da: er Drago
Messaggio 9 della discussione
Da Roma non mi è possibile venire. Lo seguirò on line. Sicuramente faranno vedere la diretta. Un abbraccio anche a te!
>>Da: MARCY1078
Messaggio 10 della discussione
Un grosso bacio da me e Claudia, che non ha avuto ancora il tempo d'iscriversi. Mi ha detto che ti chiama in settimana.
>>Da: ruggero
Messaggio 11 della discussione
E vai!
>>Da: -cerberus
Messaggio 12 della discussione
PRESENTE!
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Circolo della stampa
>>Da: framar46
Messaggio 1 della discussione
C'è qualcuno del gruppo che partecipa stasera?
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Sarà che prendono d'esempio il loro ex sindaco...
>>Da: aquilanera
Messaggio 5 della discussione
Record di assenteismo al comune di Roma
L'assenteismo cresce (+10%) negli enti locali
I tassi di assenza nelle istituzioni del comparto dei ministeri
Si svuotano gli uffici degli enti locali. Secondo le ultime rilevazioni, riferite al 2006, del ministero dell'Economia, il tasso di assenza in un anno è cresciuto del 9,3% nei Comuni e del 13,8% nelle Province. In vetta alle graduatorie degli uffici vuoti si trova il Comune di Roma, dove sono stati totalizzati 39 giorni di assenza per dipendente (escluse ferie e permessi non retribuiti). Ma il Campidoglio assicura che le contromisure stanno invertendo la tendenza. Tra i comparti, invece, il primato spetta agli enti di ricerca (28 giorni pro capite), mentre aumentano le presenze negli uffici di ministeri e agenzie fiscali.
L'immagine della burocrazia statale polverosa e lontana da ogni controllo va un po' aggiornata. Non sono più gli uffici dell'amministrazione centrale a primeggiare per tassi di assenza, perché la moltiplicazione di scrivanie vuote corre molto più in fretta in periferia. Fino ad assumere l'aspetto di un esodo nei Comuni, dove i tassi di assenza sono cresciuti del 9,7% in un anno, e nelle Province, dove l'impennata in 12 mesi è a doppia cifra: +13,8 per cento.
E il calcolo, basato sulle tabelle dell'ultima rilevazione ufficiale del ministero dell'Economia, riferita al 2006, non include le ferie, gli scioperi e le assenze non retribuite. Tutto compreso, le giornate senza scrivania di un dipendente comunale medio sono 56, il 22% delle giornate lavorative di un anno. Il suo alter ego in Provincia riesce a evitare i colleghi 50 giorni. Ma la palma assoluta del tempo passato lontano dalla noia delle incombenze d'ufficio spetta agli oltre 16mila dipendenti degli enti di ricerca, che riescono a evitare il posto di lavoro per 58 giorni all'anno: una performance da settimana corta perenne, che taglia una giornata di lavoro ogni cinque.
Ovvio, la media statistica non dice tutto, e spesso andando a spulciare la realtà degli uffici si scopre che a ingigantire la colonna delle assenze sono specifici gruppi di persone, più o meno nutriti, circondati naturalmente da impiegati attenti e anche appassionati. Come non ha mancato di rilevare puntualmente la Corte dei conti, stanando spesso drappelli di veri e propri monopolisti delle assenze. Un'indagine interna, forse, condurrebbe allo stesso risultato, visto che con 32,2 giorni a testa (in diminuzione, peraltro, rispetto ai risultati del 2005) i magistrati contabili svettano nel comparto dei ministeri. Solo i certificati medici assicurano 22 giorni a testa. Il resto è garantito da congedi parentali e varie altre forme di permesso ammesse dalla legge. Ma in generale i ministeriali aumentano (non di molto) la loro presenza al lavoro, con l'eccezione del ministero dei Trasporti e di Viminale e Farnesina, che però partivano da livelli degni di medaglia e rimangono nelle parti basse delle graduatorie.
Ciò che sembra latitare, comunque, è un apparato di contromisure in grado di abbattere in misura sensibile il fenomeno. Del pacchetto di norme annunciato dal Governo lo scorso anno, quando il tema occupò per qualche settimana le prime pagine dei giornali, quasi nulla è riuscito ad approdare in Gazzetta Ufficiale. Solo la «direttiva Nicolais», una circolare in cui il ministro della Funzione pubblica ha ribadito che lo scarso rendimento e le assenze ingiustificate possono essere punite e, in caso di recidiv
>>Da: lasilfide
Messaggio 2 della discussione
Secondo me gli assenteisti sono protetti dal partito che li ha fatto assumere. e quasi certamente in molti stanno lavorando per la campagna elettorare di Veltroni e di Rutelli.
>>Da: er Drago
Messaggio 3 della discussione
Ecco a cosa servono gran parte delle nostre tasse.....a mantenere (non tutti per carità) questa gente che non ha mai lavorato veramente in vita sua.
>>Da: MARCY1078
Messaggio 4 della discussione
Dovremmo incacchiarci tutti indistintamente con questi parassiti, al di là di ogni ideologia politica.
Ma purtroppo non è così.
>>Da: ruggero
Messaggio 5 della discussione
E bisogna pagare le tasse per pagare questi evasori del lavoro?
IN MINIERA!!!!!!!!!!!!!!!!!
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MOLFETTA, altra strage sul lavoro.
>>Da: Nando179764
Messaggio 7 della discussione
Molfetta, strage sul lavoro:
4 operai morti in cisterna
17:29
>>Da: lasilfide
Messaggio 2 della discussione
Che fine orribile!
>>Da: er Drago
Messaggio 3 della discussione
Incidenti lavoro: morto anche quinto operaio a Molfetta
BARI - E' morto anche il quinto operaio caduto in una cisterna di zolfo oggi nella zona industriale di Molfetta.
>>Da: MARCY1078
Messaggio 4 della discussione
Terribile tragedia. Io però non capisco una cosa: questi casi legati alle cisterne capitano molto spesso, gli operai non hanno ancora capito/nessuno gli ha detto, che le esalazioni sono tossiche?
>>Da: -cerberus
Messaggio 5 della discussione
Ma sopratutto, perchè non vengono calati imbragati?Capisco il primo, ma almeno il secondo, si fa imbragare e va dentro.
5 di fila, non è possibile.
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PG: anullate ordinanza contro scarcerazione di Contrada
>>Da: Nando179764
Messaggio 3 della discussione
sarebbe necessaria una perizia del tribunale sullo stato di salute del numero tre del sisde Il Pg della Cassazione: «Annullate ordinanza contro scarcerazione Contrada» Il procuratore generale chiede che venga disposta una nuova ordinanza del tribunale di sorveglianza Napoli
ROMA - In sostanza serve una perizia sul suo stato di salute.
Bruno Contrada (Ansa)Per questo motivo il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Tindari Baglione chiede l’annullamento, con rinvio al tribunale di Sorveglianza di Napoli, dell’ordinanza che ha rigettato l’istanza di differimento pena, per gravi motivi di salute, avanzata dalla difesa di Bruno Contrada. type=text/javascript>
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LA TESI DEL PROCURATORE GENERALE - Secondo il Pg della Cassazione, che condivide la tesi dell’avvocato Giuseppe Lipera, che assiste l'ex numero tre del Sisde, detenuto a seguito di una condanna, definitiva, a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, «in effetti una valutazione di sintesi e complessiva dello stato di salute del ricorrente non risulta essere stata compiuta dal Tribunale di Sorveglianza». Secondo Tindari Baglione «Tale valutazione si rende necessaria anche perché le conclusioni dell’organo giudicante divergono dalle conclusioni mediche sia delle strutture sanitarie (carcerarie ed ospedaliere) sia dei consulenti di parte, che ritengono versare il Contrada in condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario». Secondo la procura presso la Corte di Cassazione, quindi sussiste vizio di motivazione che «risulta ancora più evidente se si tiene conto che nel provvedimento impugnato non si fa alcun riferimento alla attuale pericolosità sociale del ricorrente, valutato il percorso di reinserimento sociale all’interno della struttura carceraria e tenuto conto dell’età avanzata del ricorrente: Contrada Bruno è nato il 2/9/1931. Ha quindi quasi 77 anni».
03 marzo 2008
>>Da: -cerberus
Messaggio 2 della discussione
Ma questo povero cristo, quanto tempo ancora potrà vivere?
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Roma o Venezia? Galan prende tempo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Secondo Galan “sono ancora troppe le variabili da valutare nel PdL per decidere”
di Marco Giusti
“Si è deciso di non decidere” così il Governatore del Veneto, Giancarlo Galan, ha sintetizzato il lungo colloquio avuto con Silvio Berlusconi in merito ad una sua possibile candidatura. Secondo lo stesso Galan “sono ancora troppe la variabili da valutare nel Popolo delle Libertà per decidere la candidatura del presidente del Veneto alle prossime politiche”. “Ho il sospetto che se decidessi di candidarmi un posto lo troverei - ha aggiunto il Presidente di ritorno da Roma - ma la complessità della situazione nazionale appesantisce le strategie”. Galan ha confermato che “é altissima la mia componente della decisione di una candidatura, anche se ho qualche debito di riconoscenza con Berlusconi. In fin dei conti sono qui perché quattordici anni fa Berlusconi mi disse ”vai e fai“, comunque non farò nulla contro, nessun ricatto”.
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Intervista a Marco Pomarici
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
La risposta al problema sicurezza è il pizzardone
di Silvia Sitari
Marco Pomarici, iscritto da sempre a Forza Italia, già presidente del Gruppo Consiliare del XVII° Municipio e consigliere di Forza Italia durante l’Amministrazione Veltroni, ci fornisce con chiarezza e determinazione uno dei suoi cavalli di battaglia nell’ambito del tema sicurezza nella Capitale.
Cosa lascia l’Amministrazione Veltroni in termini di sicurezza?
Assolutamente un grandissimo vuoto ma soprattutto promesse non mantenute sia nell’ultima campagna del 2006 e sia in quelle precedenti fatte anche dallo stesso Rutelli. Mi riferisco in modo particolare al progetto del vigile di quartiere o vigile di prossimità. Una battaglia elettorale che abbiamo portato avanti presentandola in moltissimi consigli comunali, ed elaborando documenti sul progetto per il vigile di quartiere e quello relativo all’armamento in dotazione al corpo della polizia municipale. E eravamo sostenuti, per giunta, dalle due sigle sindacali di categoria O.S.Pol. e S.U.L.P.M.
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Ambientalisti storici, non hanno più credito
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Parla Carmelita Bardi coordinatrice del Lazio di Fareambiente
di Antonio Di Feo
Carmelita Bardi è la coordinatrice regionale del Lazio di Fareambiente ed ha le idee chiare sull’emergenza ambientale e su cosa si possa fare per migliorare lo spazio che ci circonda. Le sue parole più dure sono rivolte all’ex ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, che “è molto bravo - dice la Bardi - ad illustrare i problemi e quel che non va bene, peccato però che i cittadini conoscano meglio di lui tutto ciò, perché devono farne i conti ogni giorno, non girano certo su auto blu e lo pagano per trovare soluzioni ai rifiuti che aumentano a vista d’occhio, al degrado delle aree urbane, alla carenza energetica del nostro Paese e non per parlare e basta”. La situazione del Lazio non è diversa, nelle considerazioni della coordinatrice, da quella delle altre regioni italiane, perché le sfide da affrontare sono identiche ed hanno il loro comune denominatore in una tutela dell’ambiente che sia equilibrata e soprattutto effettiva, e “certo non si può continuare a dare credito alle associazioni ambientaliste storiche, come Legambiente, secondo le quali bisogna non fare, non agire, restare inermi; bisogna capire, invece, che la tutela della natura è un qualcosa di dinamico, che richiede azioni concrete, tanti sì quanti no anziché sempre e solo no”.
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Sicurezza, trend positivo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Presentata la relazione del Consiglio dei ministri
di Barbara Alessandrini
Qual’è il primo bilancio dello stato di sicurezza nazionale all’indomani dell’entrata in vigore della legge che nel 2007 ha riformato il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica italiana? La prima novità è che è cambiata la cadenza, non più semestrale ma annuale, con cui il Governo deve riferire in merito all’andamento della politica dell’informazione per la sicurezza. Una scelta, quella di spalmare in un arco di tempo più dilatato il monitoraggio sulla sicurezza nazionale che consente una maggiore elaborazione, progressive verifiche ed un confronto dei dati più difficile da realizzare in tempi più ristretti. L’attività svolta ed i risultati conseguiti dal settore intelligence nazionale con l’analisi dei principali fattori di rischio legati alle minacce interne ed esterne, è illustrata nella usuale relazione del Governo sulla politica dell’informazione per la sicurezza, riferita al 2007, curata dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e presentata ieri. Un lavoro realizzato in base agli elementi forniti dall’Agenzia informazione e sicurezza esterna, l’AISE e dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna, l’AISI, oltre ad altre fonti. E che lascia ben sperare per il futuro. Stando al lavoro dei nostri 007, svariati gli elementi di rassicurazione.
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Scusate, io Vaduz all’estero
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
PADOA SCHIOPPA
“Il consuntivo dell’Istat 2007 è positivo”
Ma la pressione fiscale arriva a quota 43,3%
di Francesco Blasilli
Houston abbiamo un problema. Nel 2007 la pressione fiscale in Italia è arrivata al 43,3% del Pil, il livello più elevato degli ultimi 10 anni. Per ritrovare un dato più alto, bisogna salire sulla macchina del tempo e scendere nel 1997, quando la pressione toccò quota 43,7%, ma allora c’era l’Eurotassa imposta, guarda caso, dal Governo Prodi. Una tassa necessaria per l’ingresso nell’area della moneta unica, ma è chiaro che è inquietante come il nome del buon Romano ricorra sempre quando si tratta di “mazzate” fiscali.
Putroppo, poi, questi dati drammatici non li fornisce Berlusconi in piena trance da campagna elettorale, bensì l’Istat (che ci ricorda che il dato era al 40,6% nel 2004, al 40,5% nel 2005 e al 42,1% nel 2006): inutile, dunque, sperare che non corrispondano alla realtà. E più che “Houston abbiamo un problema”, la frase tormentone diventerà presto quella che il marito rivolgerà sempre più spesso alla moglie: “cara, non abbiamo più una lira”. La questione potrebbe rappresentare l’ultimo chiodo sulla bara del Governo Prodi, e anche su quello che – speriamo – non nascerà mai nel nome di Veltroni.
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Il programma Pdl - Una strada obbligata
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Luca Cordero di Montezemolo ha chiesto alla classe politica di dire la verità sullo stato dell’economia italiana e di avere il coraggio di assumere scelte coraggiose per uscire dalla crisi. Ma non c’è bisogno di aspettare che i leader dei partiti impegnati nella campagna elettorale si convincano che sia del tutto inutile, se non controproducente, sparare promesse irrealizzabili. E decidano di svelare il reale stato della situazione in cui versa il paese. I cittadini lo conoscono perfettamente ormai da tempo. E non perché abbiano dato retta agli istituti demoscopici (vedi l’Istat) ed ai loro annunci che la pressione fiscale è arrivata al 43,3 per cento e che i prodotti alimentari sono aumentati di quasi il quindici per cento nel giro di un anno. Ma perché lo verificano giornalmente sulla propria pelle. Con il potere d’acquisto dei propri stipendi che cala vertiginosamente, con il costo della vita che sale all’impazzata e con il peso di uno stato burocratico inefficiente che diventa sempre più pesante ed oppressivo. Quali sono le scelte coraggiose a cui fa riferimento Montezemolo che potrebbero far uscire il paese da questa condizione drammatica? In passato le opzioni di scuola era due. Quella liberale e liberista che puntava sulla riduzione della pressione fiscale per liberare risorse in grado di far aumentare i consumi e riattivare il processo produttivo. E quella dirigista e statalista che si indirizzava verso l’aumento della pressione fiscale, magari mimetizzata sotto il rafforzato impegno alla lotta contro l’evasione, per recuperare risorse con cui operare la ridistribuzione del reddito dalla categorie più ricche a quelle meno abbienti e gli investimenti produttivi da parte dello Stato.
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Mafioso innocente e giustizia colpevole
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Non si è colpevoli perché figli di un mafioso. Non si è colpevoli fino a quando una sentenza definitiva non lo stabilisce. Non si è colpevoli perché lo decreta la voce popolare. Si è colpevoli, invece, se non si riesce, in sei anni, ad emettere una sentenza definitiva di condanna nei confronti di un criminale associato alla mafia. Si è colpevoli se si redigono sentenze che poi la cassazione deve cancellare perché non motivate, non coerenti e razionali, o semplicemente campate per aria. Si è colpevoli quando si amministra la giustizia del Paese più condannato per violazione dei diritti umani, fra quelli del Consiglio d’Europa. Quindi: il figlio del boss, e forse boss egli stesso, esce dal carcere da presunto innocente, mentre nei tribunali resta una giustizia sicuramente colpevole. I giornali pubblicano con orgoglio la voce di alcuni giovani corleonesi: qui non ce lo vogliamo. Un ostracizzato per ragioni di discendenza? Ancora un passo, verso l’inciviltà.
Le nostre procure continuano ad avere troppo potere nella fase delle indagini, troppa influenza nel processo, troppa colleganza con i giudici, troppa possibilità di trasformare in prescrizioni quelle che sarebbero loro sconfitte processuali. Le difese si sono messe al vento, così, se proprio l’imputato non è un eroe, ci si associa nel perdere tempo lasciando che s’estingua la giustizia. Nei tribunali, intanto si lavora poco e male. Per pigrizia, incapacità ed anche perché si cambiano in continuazione, e senza coerenza, le regole processuali. Su tutto si sparge il protagonismo mediatico di alcuni e l’ignavia dei più. Ed addio giustizia.
Complici dello scempio sono le cattedre universitarie, dove siedono tanti che parlano per avere e senza sapere. Lo sono intellettuali che s’indignano ad intermittenza, coscienze a tassametro del doppiopesismo. Lo è una politica colma di profittatori, ignoranti e colpevoli che si nascondono. Capace di scrivere programmi che segnano il trionfo della tautologia. Tutti assieme hanno bandito la cultura del diritto ed il valore della legge, regalandoci a piene mani un moralismo senza etica e senza anima, capace di trasformare i più zozzi in tribuni. Sono quelli che a chi reclama sicurezza offrono l’idea della galera senza giustizia, ma non spiegano che ci fanno i colpevoli in libertà.
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Il doppio dramma di Gaza
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Israele si ritira unilateralmente da Gaza, costringendo con la forza i propri coloni a sloggiare, per dare concretezza alla consegna di territori in cambio di pace e sicurezza. Nella striscia prendono posizione gli uomini di Hamas, con l’obiettivo di attaccare Israele e rendere impossibile la politica palestinese di Abu Mazen. I terroristi di Hamas, tenuti in vita dalle complicità libanesi, iraniane e siriane, sono i nemici degli israeliani quanto dei palestinesi, nel senso che sono i nemici della pace, sono i sostenitori dell’impossibile cancellazione d’israele. Israeliani e palestinesi continuano a cercare la pace, e gli Stati Uniti mostrano di credere che si possa raggiungerla. Ma la democrazia israeliana è massacrata da quegli attacchi che continuano a sommare le vittime civili, una sull’altra. Non so quanti facciano lo sforzo d’immaginare cosa significhi mantenere la democrazia e la razionalità politica in un Paese che subisce quotidianamente dei morti a causa di una guerra dove al proprio esercito si vuol impedire d’intervenire.
I palestinesi dell’Anp lo sanno, e si sentono assai più vicini agli israeliani che a questi altri palestinesi, assetati di sangue perché desiderosi di vivere nella e grazie alla guerra. Ma quando la reazione israeliana parte, quando le armi colpiscono i rifugi dei terroristi assassini, muore anche la popolazione civile, muoiono palestinesi. E sebbene quella sia una ben strana e zoppa democrazia, comunque si ripropone il dramma di farla convivere con una guerra che conta i morti ma è condotta da altri. Il negoziato di pace è appeso a questo doppio dramma.
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Sia la politica, non i giudici, a cacciare Bassolino
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
Il rinvio a giudizio non deve essere usato per chiedere le dimissioni di Bassolino. Ho sostenuto che Bassolino doveva essere mandato via. Ho scritto che se a Napoli ed in Campania esistesse una sinistra con idee sane e coscienza a posto dovrebbe essere in prima fila nell’imporgli d’andarsene. Confermo, naturalmente, perché il modo dissennato in cui è stato amministrato il commissariato, lo sperpero scandaloso di denaro pubblico, l’evidenza del disastro ambientale che ci diffama nel mondo, l’arroganza da cacicco di quest’uomo che non ha mai lavorato un’ora ed è sempre dipeso dalla politica, sono tutti ottimi motivi per accompagnarlo alla porta, anche in modo brusco. Ma l’argomento del rinvio a giudizio è sbagliato, tardivo e traditore.
Valeva anche per Cuffaro, tal quale: non c’è alcun obbligo formale di dimissioni, perché la presunzione d’innocenza resta intatta. Sta alla persona, semmai, valutare l’opportunità, e forse anche la convenienza delle dimissioni. Ed ha fatto bene Luigi Zingales, su l’Espresso, a ricordare che se Montezemolo si sente in dovere di chiedere le dimissioni di Cuffaro dovrebbe avvertire la necessità anche di quelle di Geronzi. E così via in un domino che ci porterebbe a dire che è bene essere governati, rappresentati ed amministrati solo da quelli che hanno il via libera delle procure. A quel punto avremmo chiuso lo stato di diritto, trasformandolo in stato di polizia. In tutti i casi pendenti si deve chiedere che la giustizia faccia il suo corso in tempi equi, il che equivale a dire che va rifondata, perché già è in morte apparente. Ma in nessuno si deve usarne l’iter in modo improprio.
E’ lo stesso ragionamento che facevamo a proposito dei candidati: tocca alla politica scegliere, assumendosene le responsabilità. Spostare altrove i criteri di selezione significa indebolire la politica, quindi rinunciare in partenza a combattere le corporazioni forti, che rendono l’Italia un Paese incivile e fermo. Da Napoli e dalla spazzatura si deve fare partire una battaglia politica, che parli dei mali nazionali e di un futuro diverso, che sappia spazzare via una classe politica parassitaria e clientelare. Se, poi, in un regolare processo e con una sentenza definitiva, si accerterà la responsabilità penale di taluni, che sia la galera ad occuparsene.
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Napoli, TARSU. Il danno e la beffa
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Imposizioni fiscali per servizi inesistenti o malfunzionanti
Le paludi sono solo memoria storica, ma la tassa rimane ancora oggi
di Antonio Pisanti
Mentre studiosi ed esperti non coinvolti nei locali giochi di potere e di corruzione cercano di valutare il danno presente e futuro a carico delle popolazioni campane, vittime di un disastro ambientale perpetrato in anni di connivenze, di inefficienza e di incuria, i cittadini vanno prendendo coscienza della lesione continuata ed aggravata del loro diritto all'ambiente e alla salute e sperano che la magistratura possa finalmente giungere all'individuazione dei responsabili del criminoso scempio. Uno scempio con ripercussioni già avvertite, non solo per l'ambiente, ma anche per il commercio, per il turismo e per l'economia.
Ma ancor prima di poter rivendicare il risarcimento del danno subìto per lo smaltimento di rifiuti tossici e l'inquinamento dei suoli e delle falde acquifere, si rivendica nell'immediato il diritto all'obiezione fiscale nei confronti dell'imposizione di tributi ai quali non corrisponde la prestazione dei servizi dovuti per assicurare la vivibilità dell'ambiente e l'esercizio delle attività ad esso connesse.
La saturazione delle discariche, dei campi di false ecoballe e la permanenza dei rifiuti nelle strade è solo la punta di un iceberg che finalmente è emersa in tutta la sua pericolosità, allarmando giustamente quanti si ritrovano a vivere nella Campania già felix.
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Gli errori di Veltroni che frenano la rimonta del Pd
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Fabrizio de Feo
I sussurri e le grida risuonano nel loft del Partito Democratico. Le parole dettate senza virgolette finiscono nei retroscena dei giornali. E la polvere del malumore inizia a posarsi sopra una macchina elettorale che ha finora girato a pieno regime. Sì, perché la testarda “resistenza” di Antonio Bassolino è il classico incidente di percorso che non ci voleva, la spina che mentre cammini con passo spedito si va a conficcare in un corpo sensibile e provoca un’emorragia, oltre a un comprensibile accesso di rabbia.
Walter Veltroni appare in imbarazzo (“deciderà la sua coscienza”) e sottolinea che "si è comunque concluso un ciclo". Ma il governatore della Campania tiene duro. Sostiene di avere "la coscienza a posto e le mani pulite" per cui non ha nessuna intenzione di lasciare Palazzo Santa Lucia, sebbene sia stato rinviato a giudizio per l'emergenza rifiuti. E su questa decisione di restare in trincea, magari blindato in una sorta di fortino dell’impopolarità, non sembra affatto intenzionato a trattare. E poco importa che il "caso Bassolino" rischia di tramutarsi nel colpo ferale per un centrosinistra già provato nei sondaggi campani dallo scandalo dei rifiuti. Non bisogna dimenticare, infatti, che l'Unione, nel 2006, in Campania strappò sul filo di lana alla Cdl il premio di maggioranza al Senato e ora deve anche fare i conti con l'addio al Pd di De Mita dopo la decisione di Veltroni di non ricandidarlo alla Camera e con lo «strappo» del segretario provinciale di Caserta Sandro De Franciscis per l’assenza di candidati del territorio..
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Fin dove arriva l'onda lunga dei mutui subprime in Italia
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Giuseppe Pennisi
Siamo ai postumi delle tensioni causate dalla finanza strutturata in cui titoli di dubbia solvibilità (in gergo il subprime) si annidano in complicati impacchettamenti con obbligazioni ed azioni di buona qualità? Oppure ci dobbiamo aspettare altri strappi, pure più forti, sui mercati finanziari? E, soprattutto, come individuare dove si annida il subprime e come isolarlo, se possibile, dal resto? Questi interrogativi sono cruciali per interpretare la crisi internazionale in atto che, come si è visto su L’Occidentale del 28 febbraio, non è senza conseguenze per l’economia italiana e per i programmi di politica economica dei maggiori schieramenti in campo in vista delle prossime elezioni.
Molto utili due documenti diramati a fine febbraio dal Comptroller of Currency (direzione generale del Tesoro Usa competente per la vigilanza finanziaria) e dalla British Bankers’ Association ma poco notati anche dalla stessa stampa specialistica italiana.
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Kenya: governo di unità nazionale per uscire dalla crisi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Anna Bono
In Kenya, dopo due mesi di scontri iniziati all’indomani delle contestate elezioni generali del 27 dicembre, la crisi politica si è risolta con un accordo tra il presidente Mwai Kibaki e il leader dell’opposizione Raila Odinga per l’istituzione della carica di primo ministro, affida a quest’ultimo, e la formazione di un governo di unità nazionale nel quale i ministeri saranno spartiti a metà. Restano da discutere le funzioni del premier, che dovrebbero bilanciare e ridurre quelle del presidente, e l’attribuzione dei dicasteri: di solito in Africa chi detiene la maggioranza non cede quello degli interni e quello della difesa che consentono il controllo delle forze dell’ordine e dell’esercito e nei paesi produttori di petrolio cerca di conservare il ministero delle risorse naturali. Sempre ambito è anche quello della cooperazione perché permette di disporre dei fondi stanziati dagli organismi internazionali per lo sviluppo e offerti a vario titolo dai donors stranieri.
In sostanza, un governo di unità nazionale in Africa si forma quando le parti contendenti si rendono conto di non riuscire a prevalere sugli avversari e si accordano per dividersi il potere ovvero l’accesso alle casse dello stato e agli altri vantaggi che l’apparato statale offre. La stretta di mano tra i due leader kenyani significa questo e quindi non c’è di che far festa. Tuttavia è stata accolta con sollievo. Ristabilire in Kenya condizioni di stabilità, infatti, oltre alla speranza che serva a riportare a livelli tollerabili l’endemica conflittualità tribale, è essenziale in un’area geografica tra le più critiche del continente africano. Basta dare uno sguardo alla cartina geografica per capirlo.
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Hamas campa sul buonismo dell'Occidente
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Fiamma Nirenstein
Se lo scontro divampa, se decine di palestinesi e due soldati israeliani sono stati uccisi, dobbiamo biasimare anche noi stessi, gli europei, gli italiani in particolare. Noi abbiamo creato le premesse perché Hamas si sentisse immune quando nei mesi scorsi da parte del governo in carica, col consueto narcisismo buonista, si è insistito per instaurare un dialogo con una forza terrorista che non sa che farsene, si è compianto Gaza senza chiamare a rapporto l’estremismo jihadista di Ismail Haniyeh, Khaled Mashaal, la soppressione nella Striscia di tutti i diritti umani.
La scelta strategica di dirottare i contributi internazionali verso le armi e il terrore, e di inaugurare sulla scia degli Hezbollah la pioggia continua di missili su civili innocenti nascondendo le armi sotto i propri civili, nasce da una strategia che oggi si rivela esatta: far sanguinare Israele dentro le sue città, spopolarle e annichilirle, creare le condizioni per una reazione militare.
La comunità mondiale, pensa Hamas, non interverrà per difendere Israele, e alla fine l’Idf dovrà avviare uno scontro che costerà a Israele l’odio internazionale. A monte di questo c’è il disprezzo di Hamas per l’altrui e la propria popolazione civile, la certezza che il mondo della jihad la seguirà comunque, la garanzia che a fronte del biasimo mondiale Israele non oserà addentrarsi più di tanto a Gaza né tantomeno, dopo averla sgomberata nel 2005, occuparla di nuovo.
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Chavez punta sulla Colombia per colpire gli USA
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Maurizio Stefanini
“Signor ministro della Difesa: mi muova 10 battaglioni verso la frontiera con la Colombia. Immediatamente! Battaglioni di carri armati! L’aviazione militare, che si dispieghi. Noi non vogliamo la guerra, ma non permetteremo al capo dell’Impero, al suo cagnolino, il presidente colombiano, e all’oligarchia colombiana che ci dividano”. Così, nel suo più classico stile annunciandolo in diretta tv nel corso del programma Aló Presidente, Hugo Chávez ha avviato una escalation militare, mandando 8000 uomini alla frontiera. Causa scatenante del possibile conflitto: il blitz all’israeliana, o alla russa in Cecenia tanto per fare riferimento a qualcuno che invece Chávez considera un suo alleato, con cui la Forza Omega, unità di punta interforze del dispositivo anti-guerriglia colombiano, ha eliminato venerdì il portavoce delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia Luis Edgar Devia, alias Raúl Reyes. Intercettato con il suo satellitare, e poi colpito dall’alto assieme ad altri 18 guerriglieri mentre si trovava per 1,8 Km in territorio ecuadoriano. Reyes, ex-sindacalista con studi alle scuole di partito della ex-Germania Orientale e alla macchia da oltre trent’anni, era il numero due del movimento armato che mantiene tuttora prigioniera Íngrid Betancourt, e secondo molti anche il numero uno. Di Pedro Antonio Marín alias Manuel Marulanda Vélez alias Tirofijo, che invece sta alla macchia da sessant’anni, non si ha infatti conferma di una sua esistenza in vita da vario tempo, dopo che erano circolate voci insistenti su un suo cancro terminale.
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In Afghanistan gli italiani combattono. Solo che non si dice
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Pietro Batacchi
Il 29 febbraio, nel corso delle loro operazioni, i Ranger del 4° reggimento Alpini paracadutisti e i Paracadutisti del 185° RAO (Reggimento Acquisitori Obiettivi), che compongono la cosiddetta Task Force Surobi, hanno scoperto un notevole quantitativo di munizioni da guerra di vario calibro e tipologia, seppellito in nascondigli scavati sotto terra: 49 razzi da 107mm, numerose bombe da mortaio, 16 razzi anticarro e diverse cassette di proiettili per armi automatiche. Tra il materiale rinvenuto anche alcuni lanciarazzi e lanciagranate. Questo è solo l’ultimo di una serie di ritrovamenti di cache, come si chiamano in gergo militare i depositi clandestini di munizionamento e armi, effettuato dai militari italiani in quest’area dove il mese scorso ha perso la vita in un agguato il primo maresciallo Giovanni Pezzullo.
Il distretto di Surobi è un’area decisamente calda. A una sessantina di chilometri a nord-est da Kabul, è considerato di importanza strategica dai comandi di ISAF, la missione della NATO. Surobi rappresenta, anzitutto, la porta di accesso settentrionale a Kabul ed è da qui che si infiltrano i talebani per andare a compiere attacchi nella capitale (nel 1996 i talebani piombarono su Kabul proprio da Surobi). Il distretto è poi situato su una delle direttrici più importanti di tutto il Paese per il traffico di oppio ed è fondamentale per il controllo degli accessi alla confinante provincia di Kapisa, dove il 90% della popolazione del distretto è di etnia Pashtun e operano gruppi di talebani insieme ai miliziani dell’Hezb e-Islami capeggiati dal signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar. Con la valle di Musahi, bastione di Hekmatyar dove in passato sono stati già uccisi altri militari italiani, la provincia di Kapisa è la più turbolenta dell’area di Kabul.
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Filippo Facci: Avvertite Gramsci
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
La macchina del tempo ci riporta agli anni Settanta e precisamente davanti ai cancelli di Mirafiori, a Torino, con gli operai furibondi che tuonano contro il padronato borghese e col Partito comunista che soffia sul fuoco. Immaginiamo questo: che a quel punto, noi, uomini di un altro tempo, vogliamo dire qualcosa di sconvolgente a quegli operai circa il loro futuro. Che cosa gli diciamo, per lasciarli basiti? Che il loro Pci cambierà nome per quattro volte? Che sparirà la parola «comunista»? Che sparirà anche «Partito»? Che Falce & Martello verrà svenduto a certi Garavini e Bertinotti? Sconvolgente, certo, ma sino a un certo punto. E allora che gli diciamo? Che un ex radicalino, certo Rutelli, sarà il loro sindaco? Che si prostrerà davanti al Papa? Che il loro Pci candiderà Badaloni, De Mita, Follini, Rosy Bindi e un ex boiardo dell’Iri? Sconvolgente, certo: ma stiamo parlando pur sempre con operai metalmeccanici cui interessa principalmente di se stessi, del proletariato, del padronato, del salario, la lotta di classe eccetera. Che gli diciamo? Questo: che il partito dei metalmeccanici, il loro partito, nell’anno 2008 candiderà direttamente il padrone, attenzione, non solo un industriale metalmeccanico: il presidente degli industriali metalmeccanici. Poi guardiamo la faccia che fanno.
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La guerra in Libano e le sue lezioni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Prima dell'alba di ieri la brigata israeliana accompagnata da forze speciali che era penetrata nella zona di Gaza si è ritirata lasciando dietro di sé oltre 100 morti palestinesi (per la maggioranza, dicono fonti israeliane, combattenti armati) decine di feriti, gli uffici del governo di Hamas distrutti. I palestinesi, che tre giorni prima avevano chiesto l'intervento dell'Onu e l'aiuto dei Paesi musulmani per bloccare l'offensiva israeliana hanno proclamato la «seconda grande sconfitta» inflitta agli israeliani (la prima era stata quella nel Libano per mano degli hezbollah).
I comandi israeliani hanno visto in queste manifestazioni di vittoria un coronamento della tattica voluta dal ministro della difesa Ehud Barak, fondata apparentemente su quattro idee: colpire duramente Hamas evitando per il momento una costosa offensiva; aprire alla dirigenza di Hamas una porta (le dichiarazioni di vittoria) per giustificare l'eventuale arresto di lancio di missili contro Israele (nella speranza che sia in grado di controllare tutti i gruppi terroristici che operano nella striscia); prendere il tempo necessario per preparare un grosso contingente di truppe di riserva per un eventuale attacco generale contro Gaza con lo scopo meno di mettere completamente fine al lancio dei razzi che di quello di abbattere il regime di Hamas; quarto: preparare l'opinione pubblica internazionale a questa eventualità, a cominciare dagli incontri con il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, attesa in Israele domani.
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Lodovico Festa: Quei candidati senza consenso
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Luca Cordero di Montezemolo ha presentato ieri il decalogo di Confindustria per il futuro governo. Sono proposte - ha detto - prima da cittadino che da leader degli industriali. In realtà ha ragione Sergio Romano quando spiega sul Corriere della Sera che chi è eletto per rappresentare le imprese, non dovrebbe vergognarsi del suo mestiere e uscire dal seminato. Il leader degli imprenditori si è concentrato, comunque, su consigli di buon senso: dall’energia (bravo sul nucleare), all’ambiente, alla ricerca, alle semplificazioni burocratiche, al Sud, alle infrastrutture (che cosa servono, però, le autostrade al Sud se non si fa il ponte di Messina? Una parolina poi su Malpensa forse andava detta) alla scuola e università. Fino ai temi più confindustriali, contratti e lavoro, su cui poteva sprecare qualche idea in più (anche se è perfetta la posizione sulla detassazione di straordinari e premi). In particolare sulla questione del salario minimo generalizzato per i lavoratori a contratto flessibile proposto dal Pd, Montezemolo poteva dire quello che ha già ribadito il suo antico collaboratore Massimo Calearo (pur capolista del Pd): non sono d’accordo.
Sulle tasse ha avanzato proposte pro business da valutare nel merito (altri interventi sul cuneo fiscale) ma anche un orizzonte: fino al 2010 la pressione fiscale deve diminuire dal 43 e passa di oggi al 42 per cento. Questa indicazione ribadisce l’elemento di cecità politica della recente gestione di Confindustria: l’idea che la pressione fiscale debba essere tagliata radicalmente solo per le imprese. Questa è stata la base dell’insensata intesa tra Romano Prodi, Guglielmo Epifani e lo stesso Montezemolo (che a un certo punto disse: meno tasse uguale meno sviluppo): l’idea che fosse possibile spremere i ceti medi per finanziare un’intesa tra grandi imprese e sindacati. L’Italia non accetta questa impostazione. La caduta di Prodi lo dimostra, il travestitismo sul fisco di Walter Veltroni lo rivela. E, infine, lo evidenzia la crisi del montezemolismo in Confindustria. Non è un caso che il suo pupillo Matteo Colaninno debba scappare sotto le ali di Veltroni perché, dopo averci provato, ha constatato che gli imprenditori-imprenditori non lo vogliono come vice nella presidenza Marcegaglia. Ancora più istruttiva è la vicenda di Calearo: uno che agli amici diceva «Sono monarchico e fascista», che nelle assemblee degli industriali affermava: «Sia ben chiaro io difendo l’autonomia di Confindustria, ma ho sempre votato a destra e non voterò mai a sinistra».
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Mario Cervi: PER FAVORE DATEVI DEL LEI
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
È da quel dì che Silvio Berlusconi professa avversione per certi vacui e verbosi rituali del Palazzo e del circo mediatico, tra loro strettamente intrecciati: avversione che ha ribadito ieri rivolgendosi ai pensionati milanesi. «Negli ultimi due anni - ha detto - mi sono tenuto lontano dai teatrini televisivi in cui i politici fanno finta di litigare, poi si danno del tu ed escono a braccetto cantando. Io do del lei a quelli della sinistra. Non c’è nessuno che si possa vantare di avere avuto del tu da me». Non sempre concordo al cento per cento con le esternazioni del Cavaliere, ma questa ha la mia entusiastica approvazione. (Aggiungo magari che Berlusconi potrebbe riservare il lei, se non addirittura il voi, anche a qualche esponente del centrodestra).
Sì, ci siamo stufati della familiarità pecoreccia che in molti ambienti dilaga, e che finisce per cancellare o appannare diversità, dissensi, gerarchie, valori. Questa confusione dei ruoli la si capisce - o almeno si cerca di capirla - quando riguarda il mondo dello spettacolo, dove tutti si sbaciucchiano e si abbracciano, come nemmeno Totò Cuffaro. Non si può invece sopportare quando imperversa tra leader e gregari politici d’avverso schieramento, ossia tra le persone e nei luoghi dove vengono bene o male decisi - il male prevale largamente - i destini del Paese. A un giovane parlamentare comunista che, rivolgendogli accuse infuocate, l’aveva apostrofato con il tu, Alcide De Gasperi oppose, se ben ricordo, un gelido: «Intanto mi dia del lei».
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Walter schiera i candidati civetta da «rottamare» dopo le elezioni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Veltroni riapre la stagione della «sinistra indipendente»: personaggi famosi chiamati per attirare voti, ma poi ininfluenti I casi di Paoli, Strehler e Gravina
da Roma
Mica solo le ragazzine ammanicate. Ecco Massimo Calearo, ex-presidente di Federmeccanica. Perbacco! E poi il generale Mauro Del Vecchio, l’imprenditore Matteo Colaninno, il giuslavorista Pietro Ichino e lo scienziato Umberto Veronesi. «Che squadra, eh!?» gongola Veltroni. Che da esperto di cinema quale si spaccia da tempo, sa bene che i remake se non hanno possibilità di arrivare all’Oscar, hanno comunque solitamente un buon successo di pubblico.
Perchè di remake si tratta senz’altro. Un film già visto, girato per primo dal Pci alla fine degli anni ’60 per circa un ventennio; e poi, in successione, dal Pds, dai Ds, dall’Ulivo e finalmente - buon quinto arrivato - dal partito democratico veltroniano. Che alle soglie del 2010 riscopre quelli che Togliatti, riprendendo Lenin, battezzò a suo tempo come «utili idioti»: bandierine, pennacchi, o - veltronianamente - figurine Panini da inserire in lista per testimoniare l’esistenza di candidati diversi dai soliti funzionari di partito o dai dirigenti della Cgil o delle coop rosse. Spacciarli per «novità» è però un tantinello ingeneroso con chi li aveva preceduti al soglio parlamentare.
Ci sono stati fior di finanzieri come i presidenti Consob Guido Rossi e Luigi Spaventa a precedere il figlio del ragiunatt Roberto Colaninno, scalatore telecomiano con aiutino dalemiano a quanto si mormora ancor oggi; al posto dell’oncologo Veronesi erano stati candidati illustri scienziati ed intellettuali come Ossicini, Pasquino, Rodotà, Spinelli. E invece che Del Vecchio, anni fa un posto fu riservato al generale dell’aviazione Nino Pasti che poi però litigò con Berlinguer che si disse più sicuro sotto l’ombrello Nato. Un tempo li confinavano in una sorta di «riserva indiana» chiamata sinistra indipendente. Una dépendance di poco peso ma di molto lustro: ne fecero parte personalità del vaglio di Eduardo De Filippo, Natalia Ginzburg, Gino Paoli, Ferruccio Parri, Vittorio Foa, Giorgio Strehler, Antonio Giolitti. Accompagnati (il lupo perde il pelo ma non il vizio) da una sfilza di magistrati: da Onorato a La Torre, da Mannuzzo a Galante Garrone. Poi, con il venir meno della necessità di differenziare i gruppi, Occhetto e poi D’Alema cominciarono ad inserire direttamente sotto la Quercia le Carle Gravine, i Massimi Cacciari, le Gianne Schelotto, gli Antonio Cederna, le Carol Tarantelli, i soliti magistrati guidati da Luciano Violante e via dicendo.
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Veltroni, i candidati "patacca" del Pd
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Franca Biondelli, ausiliaria nell’ospedale di Borgomanero, sindacalista, non lavora dal 2002. E sua figlia è stata fatta assumere senza fare neppure un concorso
Novara - È il simbolo dell’Italia che lavora. Per questo Walter Veltroni l’ha voluta al suo fianco in conferenza stampa: Franca Biondelli è la turnista, dizione arcaica che rimanda al paese che produce e fatica. Peccato che il leader del Partito democratico non abbia coniugato al passato tutti questi verbi: la signora Biondelli non mette piede in corsia dall’aprile 2002. Sei anni lontano dal suo umile ma prezioso incarico di ausiliaria, nel reparto chirurgia dell’ospedale di Borgomanero. Sei anni fra distacchi sindacali e aspettative, ora la speranza di spiccare il volo per Roma, direzione Palazzo Madama, e di mettersi una volta per tutte alle spalle quella vita chiusa fra Novara e Borgomanero.
A Borgomanero resta la figlia Raffaella, assunta nello stesso ospedale come impiegata, con una procedura che i sindacati stessi hanno messo in discussione. Lei, la corteggiatissima ex sindacalista, potrebbe presto coronare quel sogno coltivato da almeno dieci anni, da quando aveva messo un piede in politica. A metà degli anni Novanta è solo un’ausiliaria all’ospedale di Borgomanero. Molta fatica, il contatto a volte drammatico con i malati, una catena di piccole incombenze: rifare il letto, pulire le stanze, eseguire gli ordini degli infermieri. È un compito ingrato. Lei lo affianca con l’impegno nel sindacato, da sempre la Cisl. Viene eletta nella Rsu, diventa la controparte della Asl 13 che gestisce alcune strutture sanitarie e ospedali della provincia di Novara. Però è tentata anche dalla politica. Il protocollo della Cisl vieta questi incroci, ma per lei evidentemente la regola non vale: eccola consigliere comunale di maggioranza a Borgomanero, uno dei centri più importanti del Novarese. Tesse pazientemente la sua tela, stabilisce una fitta rete di rapporti, scala posizioni in quel mondo spigoloso.
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Rutelli in Umbria, Melandri in Liguria
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
D’Alema «inviato» sul fronte rifiuti
Nel regno di Bassolino, scende in campo Massimo D’Alema. E blinda il governatore di cui Veltroni si libererebbe volentieri.
A sorpresa, ieri pomeriggio, è trapelata la notizia che il ministro degli Esteri sarà il capolista per la Camera della circoscrizione Campania 1, che comprende Napoli. Una scelta che stava maturando da giorni, raccontano i ben informati, in una serie di fitti contatti tra Bassolino e D’Alema, unico suo difensore nel Pd. Anche ieri il vicepremier è tornato a spendersi per il governatore rinviato a giudizio: «È eticamente inaccettabile questo scarico di responsabilità su un solo uomo». Toni ben differenti da quelli di Veltroni, che si era rimesso «alla coscienza» di Bassolino, lasciando intendere di vederne di buon occhio le dimissioni, che avrebbero liberato il Pd da un macigno. I sondaggi sono orribili: quello che era sul tavolo delle candidature, in questi giorni, dà il 50% al Pdl da solo, e un misero 24% al Pd. Una catastrofe, nella regione che per il rotto della cuffia consentì a Prodi di vincere le elezioni nel 2006.
Per questo il capo del Pd puntava su una netta discontinuità nelle liste: capolista in Campania 1 il ministro Nicolais (diventato l’uomo forte di Veltroni in regione, e candidato in pectore alla successione di Bassolino), in Campania 2 la ex pupilla di De Mita, Pina Picierno (oggi sponsorizzata da Franceschini), al Senato paracadutato Marco Follini. Bassolino però ha fatto fuoco e fiamme contro quella che giudicava come una «delegittimazione», che preludeva a un’accelerazione delle sue dimissioni. «Se mollano me sono guai per tutti», ha fatto sapere. «Se non si vota a ottobre per la regione, la sinistra rischia di logorarsi definitivamente», spiega invece Russo Spena del Prc, «e dal Pd ci erano arrivati segnali chiari di disponibilità a concordare un voto anticipato all’autunno».
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PDL; Vertice sulle liste: D’Amato verso il sì
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Bondi, Cicchitto e Verdini vedono i coordinatori regionali di Forza Italia. Più vicino l’accordo con l’ex leader di Confindustria. Carfagna possibile capolista in Campania. Gasparri capogruppo al Senato
Roma - Il conto alla rovescia verso il traguardo del 9 marzo, data ultima per la presentazione delle liste, scorre veloce. E la settimana cruciale per la definizione delle candidature del Popolo della libertà entra nel vivo. Durante tutta la giornata di ieri i dirigenti di Forza Italia hanno analizzato gli elenchi soprattutto per il Centro Italia, insieme ai coordinatori regionali. La regia, come sempre, è stata affidata a Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto e Denis Verdini. Oggi si passerà a molte regioni del Nord e alla Campania. Proprio in quest’ultima circoscrizione potrebbe essere calata una carta importante: quella di Antonio D’Amato, presidente di Confindustria dal 2000 al 2004.
L’imprenditore napoletano, leader nel settore dell’imballaggio per alimenti, deve ancora sciogliere la sua riserva ma l’accordo sarebbe vicino. Il presidente del Gruppo Seda sarebbe anche tentato dall’ipotesi di concorrere alla presidenza della Regione Campania quando, probabilmente l’anno prossimo, Antonio Bassolino concluderà il suo mandato. In ogni caso, Berlusconi insiste sull’idea che non bisogna inseguire il Partito democratico nella corsa alla conquista della candidatura eccellente perché i nomi noti «mascherano quel 70 per cento di ministri, viceministri e sottosegretari che sono ancora al governo con Prodi». In ogni caso il candidato premier del Popolo delle libertà ieri ha assicurato che i pensionati di Carlo Fatuzzo avranno una rappresentanza in Parlamento così come «pari dignità» avrà la Dc per le Autonomie di Gianfranco Rotondi. È arrivata la conferma della candidatura di Maurizio Del Tenno, presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, 34 anni, nato a Sondrio, fondatore e vicepresidente dei Circoli della Libertà con Michela Brambilla. Così come ci sarà Alessandro Ruben, presidente della Anti Diffamation League (impegnata ad evitare la diffamazione degli ebrei nel mondo), dell’esponente di Confapi Catia Polidori, del colonnello del Ris di Parma Luciano Garofalo. «Possibili» sono, invece, le candidature della giuslavorista Alessandra Servidori e dell’urologo Vincenzo Mirone.
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Berlusconi: "A sinistra solo candidati spot"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il Cavaliere: "Come il bikini i nomi nuovi coprono quelli di ministri ancora al potere e al 70% in lista". E aggiunge: "Il Pdl segnerà la politica dei prossimi 10 anni.
Milano - È solo un trucco, made in Veltroni. L’operaio e la falsa precaria, «ma anche» il padrone. Candidature del Pd che sono «come il bikini» spiega Silvio Berlusconi: «Queste candidature per la sinistra sono come il bikini che lascia scoperto molto, ma che copre le parti essenziali». E «le parti essenziali, sono il settanta per cento dei ministri e dei sottosegretari che sono ancora al governo con Prodi e che costituiscono tutto il Pd di Prodi e Veltroni». Chiaro che, «quindi, sotto sotto, sono sempre gli stessi: candidature spot e tirate fuori giusto per blandire la borghesia».
Il popolo dei pensionati applaude Silvio Berlusconi, che ieri a Milano dall’assemblea nazionale del partito di Carlo Fatuzzo, rivela l’inganno dell’illusionista Veltroni. Espediente per acchiappare voti, ammesso che ci riescano, chiosa il leader del Popolo della libertà.
«Gli italiani vedono chiaramente che ci sono due sinistre, quella dei fatti e quella delle parole. Quella dei fatti che aumenta le tasse, che fa entrare gli immigrati clandestini, che è responsabile della tragedia dei rifiuti e che porta all’insicurezza. Poi c’è la sinistra delle parole, quella di Veltroni che dice tutto e il contrario di tutto, l’opposto dei fatti e l’opposto di quello che hanno fatto al governo».
Già «questo è un fatto che gli italiani hanno ben chiaro», mentre monta «l’entusiasmo e la passione» per il Pdl. «Ovunque io vedo e tocco l’entusiasmo e la passione per il Pdl che segnerà la politica dei prossimi dieci anni», osserva il Cavaliere commentando positivamente l’afflusso ai gazebo nell’ultimo week-end: «Non abbiamo ancora i risultati delle priorità perché ci vorrà l’uso del centro computer che è installato a Roma».
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In Afghanistan gli italiani combattono. Solo che non si dice
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Pietro Batacchi
Il 29 febbraio, nel corso delle loro operazioni, i Ranger del 4° reggimento Alpini paracadutisti e i Paracadutisti del 185° RAO (Reggimento Acquisitori Obiettivi), che compongono la cosiddetta Task Force Surobi, hanno scoperto un notevole quantitativo di munizioni da guerra di vario calibro e tipologia, seppellito in nascondigli scavati sotto terra: 49 razzi da 107mm, numerose bombe da mortaio, 16 razzi anticarro e diverse cassette di proiettili per armi automatiche. Tra il materiale rinvenuto anche alcuni lanciarazzi e lanciagranate. Questo è solo l’ultimo di una serie di ritrovamenti di cache, come si chiamano in gergo militare i depositi clandestini di munizionamento e armi, effettuato dai militari italiani in quest’area dove il mese scorso ha perso la vita in un agguato il primo maresciallo Giovanni Pezzullo.
Il distretto di Surobi è un’area decisamente calda. A una sessantina di chilometri a nord-est da Kabul, è considerato di importanza strategica dai comandi di ISAF, la missione della NATO. Surobi rappresenta, anzitutto, la porta di accesso settentrionale a Kabul ed è da qui che si infiltrano i talebani per andare a compiere attacchi nella capitale (nel 1996 i talebani piombarono su Kabul proprio da Surobi). Il distretto è poi situato su una delle direttrici più importanti di tutto il Paese per il traffico di oppio ed è fondamentale per il controllo degli accessi alla confinante provincia di Kapisa, dove il 90% della popolazione del distretto è di etnia Pashtun e operano gruppi di talebani insieme ai miliziani dell’Hezb e-Islami capeggiati dal signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar. Con la valle di Musahi, bastione di Hekmatyar dove in passato sono stati già uccisi altri militari italiani, la provincia di Kapisa è la più turbolenta dell’area di Kabul.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
La Task Force Surobi è un'unità ad hoc per la conduzione di operazioni speciali; l’organico è quello della cosiddetta “compagnia plus” e il comandante è un militare con il grado di maggiore. In genere svolge attività di pattugliamento a lungo raggio, ricognizione in profondità, raccolta informazioni e attività di mentoring e collegamento con le forze di sicurezza afgane. Il comando dell’unità ruota ogni quattro mesi tra il 4° Ranger ed il 185° RAO. Nel suo organico sono inseriti anche nuclei CIMIC (Civil Military Cooperation), di cui il maresciallo Pezzullo faceva parte, utilizzati per “coltivare” la popolazione locale e cercare di guadagnarne il consenso.
I militari della TF Surobi operano da una FOB (Forward Operating Base): un vero e proprio “fortino”. Hanno a disposizione un equipaggiamento sostanzialmente leggero – come del resto la gran parte dei contingenti ISAF, se si escludono canadesi e olandesi che possono contare anche su carri armati e obici da 155 mm (ma operano su un terreno diverso) – costituito da blindo Puma, veicoli VM-90 e mortai da 60 mm.
Secondo fonti dell’Occidentale, in questi mesi si sono registrati moltissimi scontri a fuoco, su base quotidiana o quasi, tra gli uomini dell’unità e gruppi ostili, sia legati ai talebani e ad Hekmatyar sia composti da semplici banditi o trafficanti (da queste parti sempre ben armati). In diverse circostanze i militari sono stati costretti a far ricorso anche al supporto aereo, principalmente a scopo deterrente (ma non si hanno conferme di avvenuti sganci di ordigni), “chiamando” sia velivoli A-10 provenienti dalla base di Bagram sia, addirittura, bombardieri americani provenienti dall’atollo di Diego Garcia nell’Oceano Indiano.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Alpini e Parà della TF Surobi, pur essendo forze per operazioni speciali, operano sempre nel quadro delle regole di ingaggio della missione ISAF, quindi con gli ormai noti caveat che ne vincolano l’impiego limitatamente all’area in questione e ne impediscono di fatto la possibilità di condurre operazioni di “search and destroy”, ovvero l’impiego attivo teso alla ricerca e alla distruzione di eventuali nuclei di combattenti nemici prima che siano effettivamente loro ad attaccare. Un bel problema: si tratta infatti di regole che, limitando l’uso della forza alla sola autodifesa, sono complessivamente inadeguate in un contesto come quello afgano.
Va considerato che i reparti della TF Surobi sono per loro natura portati alla conduzione di operazioni offensive o, se si preferisce, di operazioni volte alla ricerca e all’ingaggio del nemico. Pertanto, circoscrivendo il loro raggio di azione, vengono automaticamente meno i vantaggi che pedine del genere possono offrire dal punto di vista operativo (per non parlare del senso di frustrazione che si ingenera in soldati di tale valore). Tanto vale, allora, impiegare al loro posto unità “convenzionali”.
Queste restrizioni all’uso della forza, ben note ai talebani, impediscono di contrastare con efficacia la guerriglia a cui, oltretutto, si concedono una serie di vantaggi tattici che man mano potrebbero essere messi a frutto sul piano strategico. Il ritorno in grande stile dei talebani degli ultimi tre anni si spiega anche così e non solo con l’interessato supporto che ai seguaci del Mullah Omar giunge con regolarità dall’ISI, il servizio segreto pakistano, e dall’Iran.
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Filippo Facci: Avvertite Gramsci
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
La macchina del tempo ci riporta agli anni Settanta e precisamente davanti ai cancelli di Mirafiori, a Torino, con gli operai furibondi che tuonano contro il padronato borghese e col Partito comunista che soffia sul fuoco. Immaginiamo questo: che a quel punto, noi, uomini di un altro tempo, vogliamo dire qualcosa di sconvolgente a quegli operai circa il loro futuro. Che cosa gli diciamo, per lasciarli basiti? Che il loro Pci cambierà nome per quattro volte? Che sparirà la parola «comunista»? Che sparirà anche «Partito»? Che Falce & Martello verrà svenduto a certi Garavini e Bertinotti? Sconvolgente, certo, ma sino a un certo punto. E allora che gli diciamo? Che un ex radicalino, certo Rutelli, sarà il loro sindaco? Che si prostrerà davanti al Papa? Che il loro Pci candiderà Badaloni, De Mita, Follini, Rosy Bindi e un ex boiardo dell’Iri? Sconvolgente, certo: ma stiamo parlando pur sempre con operai metalmeccanici cui interessa principalmente di se stessi, del proletariato, del padronato, del salario, la lotta di classe eccetera. Che gli diciamo? Questo: che il partito dei metalmeccanici, il loro partito, nell’anno 2008 candiderà direttamente il padrone, attenzione, non solo un industriale metalmeccanico: il presidente degli industriali metalmeccanici. Poi guardiamo la faccia che fanno.
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La guerra in Libano e le sue lezioni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Prima dell'alba di ieri la brigata israeliana accompagnata da forze speciali che era penetrata nella zona di Gaza si è ritirata lasciando dietro di sé oltre 100 morti palestinesi (per la maggioranza, dicono fonti israeliane, combattenti armati) decine di feriti, gli uffici del governo di Hamas distrutti. I palestinesi, che tre giorni prima avevano chiesto l'intervento dell'Onu e l'aiuto dei Paesi musulmani per bloccare l'offensiva israeliana hanno proclamato la «seconda grande sconfitta» inflitta agli israeliani (la prima era stata quella nel Libano per mano degli hezbollah).
I comandi israeliani hanno visto in queste manifestazioni di vittoria un coronamento della tattica voluta dal ministro della difesa Ehud Barak, fondata apparentemente su quattro idee: colpire duramente Hamas evitando per il momento una costosa offensiva; aprire alla dirigenza di Hamas una porta (le dichiarazioni di vittoria) per giustificare l'eventuale arresto di lancio di missili contro Israele (nella speranza che sia in grado di controllare tutti i gruppi terroristici che operano nella striscia); prendere il tempo necessario per preparare un grosso contingente di truppe di riserva per un eventuale attacco generale contro Gaza con lo scopo meno di mettere completamente fine al lancio dei razzi che di quello di abbattere il regime di Hamas; quarto: preparare l'opinione pubblica internazionale a questa eventualità, a cominciare dagli incontri con il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, attesa in Israele domani.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ovviamente questa politica - che il premier Olmert ha difeso ieri in parlamento - non piace all'opposizione e a una larga parte dei media che avrebbero voluto poter parlare di una rapida azione militare contro Hamas. Ma le lezioni apprese nel corso della condotta avventuristica della guerra in Libano sono ormai sufficientemente interiorizzate tanto a livello governativo che a quello militare perché Israele agisca con maggior cautela e meglio preparato militarmente e politicamente. L'unico punto che appare in sospeso è se dare il via a una azione mirata di soppressione fisica dei dirigenti di Hamas oppure attendere un momento più opportuno per invadere in forze la striscia di Gaza. Nel frattempo si vogliono riprendere i contatti con l'Autorità palestinese in Cisgiordania e rilanciare la mediazione del generale egiziano Suleyman per la ricerca di un compromesso mirante fra l'altro alla liberazione del Caporale Shalit da quasi due anni nelle mani di Hamas. Ma ben pochi pongono speranze nella diplomazia.
I giochi sono lungi dall'essere fatti e non si può neppure parlare di ricerca di un armistizio dal momento che - almeno in apparenza - di contatti con Hamas non ve ne sono. C'è un tentativo di inviare ad Hamas un segnale inequivocabile: o cessazione del lancio di missili od offensiva rapida e dura per abbattere il regime fondamentalista islamico, preceduta o no dalla eliminazione fisica mirata dei suoi leader.
R.A. Segre
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Lodovico Festa: Quei candidati senza consenso
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Luca Cordero di Montezemolo ha presentato ieri il decalogo di Confindustria per il futuro governo. Sono proposte - ha detto - prima da cittadino che da leader degli industriali. In realtà ha ragione Sergio Romano quando spiega sul Corriere della Sera che chi è eletto per rappresentare le imprese, non dovrebbe vergognarsi del suo mestiere e uscire dal seminato. Il leader degli imprenditori si è concentrato, comunque, su consigli di buon senso: dall’energia (bravo sul nucleare), all’ambiente, alla ricerca, alle semplificazioni burocratiche, al Sud, alle infrastrutture (che cosa servono, però, le autostrade al Sud se non si fa il ponte di Messina? Una parolina poi su Malpensa forse andava detta) alla scuola e università. Fino ai temi più confindustriali, contratti e lavoro, su cui poteva sprecare qualche idea in più (anche se è perfetta la posizione sulla detassazione di straordinari e premi). In particolare sulla questione del salario minimo generalizzato per i lavoratori a contratto flessibile proposto dal Pd, Montezemolo poteva dire quello che ha già ribadito il suo antico collaboratore Massimo Calearo (pur capolista del Pd): non sono d’accordo.
Sulle tasse ha avanzato proposte pro business da valutare nel merito (altri interventi sul cuneo fiscale) ma anche un orizzonte: fino al 2010 la pressione fiscale deve diminuire dal 43 e passa di oggi al 42 per cento. Questa indicazione ribadisce l’elemento di cecità politica della recente gestione di Confindustria: l’idea che la pressione fiscale debba essere tagliata radicalmente solo per le imprese. Questa è stata la base dell’insensata intesa tra Romano Prodi, Guglielmo Epifani e lo stesso Montezemolo (che a un certo punto disse: meno tasse uguale meno sviluppo): l’idea che fosse possibile spremere i ceti medi per finanziare un’intesa tra grandi imprese e sindacati. L’Italia non accetta questa impostazione. La caduta di Prodi lo dimostra, il travestitismo sul fisco di Walter Veltroni lo rivela. E, infine, lo evidenzia la crisi del montezemolismo in Confindustria. Non è un caso che il suo pupillo Matteo Colaninno debba scappare sotto le ali di Veltroni perché, dopo averci provato, ha constatato che gli imprenditori-imprenditori non lo vogliono come vice nella presidenza Marcegaglia. Ancora più istruttiva è la vicenda di Calearo: uno che agli amici diceva «Sono monarchico e fascista», che nelle assemblee degli industriali affermava: «Sia ben chiaro io difendo l’autonomia di Confindustria, ma ho sempre votato a destra e non voterò mai a sinistra».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Calearo adesso fa il difensore dei «piccoli» ma la storia della sua resistibile ascesa è quella di uomo Fiat (per cui produce antenne) e del potere bancario vicentino, impegnatosi a stroncare un vero rappresentante dei «piccoli» come il leader dei «veneti» Nicola Tognana, pugnalato alle spalle per aprire la strada a Montezemolo. Ma dopo la gloria, sono venuti i dolori del fallimento della politica montezemoliana: la famosa sollevazione vicentina contro i vertici, le tasse di Prodi, i contratti criticati da Sergio Marchionne e così via. E con il fallimento della linea, il fallimento personale: niente presidenza della Camera di Commercio, la perdita del controllo dell’associazione vicentina (che ha fatto scattare l’amore per Veltroni) e quindi l’impossibilità dell’agognata vicepresidenza in Confindustria.
E così, via nel Circo Barnum veltroniano. Oggi l’atmosfera del Pd è da casting di Beautiful e di Dynasty più che da cupo tatticismo bolscevico. Le ciniche ma calzanti definizioni di Lenin sugli «utili idioti che aiutano a prendere il potere» sono adatte a tempi di tragedia. Resta la registrazione del fallimento del gruppo dirigente montezemoliano che porta candidati ma nessun consenso delle imprese alla confusa linea del Pd in affannata rincorsa del centrodestra.
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Mario Cervi: PER FAVORE DATEVI DEL LEI
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
È da quel dì che Silvio Berlusconi professa avversione per certi vacui e verbosi rituali del Palazzo e del circo mediatico, tra loro strettamente intrecciati: avversione che ha ribadito ieri rivolgendosi ai pensionati milanesi. «Negli ultimi due anni - ha detto - mi sono tenuto lontano dai teatrini televisivi in cui i politici fanno finta di litigare, poi si danno del tu ed escono a braccetto cantando. Io do del lei a quelli della sinistra. Non c’è nessuno che si possa vantare di avere avuto del tu da me». Non sempre concordo al cento per cento con le esternazioni del Cavaliere, ma questa ha la mia entusiastica approvazione. (Aggiungo magari che Berlusconi potrebbe riservare il lei, se non addirittura il voi, anche a qualche esponente del centrodestra).
Sì, ci siamo stufati della familiarità pecoreccia che in molti ambienti dilaga, e che finisce per cancellare o appannare diversità, dissensi, gerarchie, valori. Questa confusione dei ruoli la si capisce - o almeno si cerca di capirla - quando riguarda il mondo dello spettacolo, dove tutti si sbaciucchiano e si abbracciano, come nemmeno Totò Cuffaro. Non si può invece sopportare quando imperversa tra leader e gregari politici d’avverso schieramento, ossia tra le persone e nei luoghi dove vengono bene o male decisi - il male prevale largamente - i destini del Paese. A un giovane parlamentare comunista che, rivolgendogli accuse infuocate, l’aveva apostrofato con il tu, Alcide De Gasperi oppose, se ben ricordo, un gelido: «Intanto mi dia del lei».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La gente comune ha disistima del palazzo anche perché le risse che vi deflagrano danno spesso l’impressione d’essere finte come quelle di alcune trasmissioni di successo, e s’immagina facilmente che, finita la sceneggiata, tutto si concluda davanti a un bel piatto di tagliatelle e di coda alla vaccinara. C’è indignazione per le complicità bipartisan che provocano immani sprechi e che trovano tra l’altro spiegazione negli embrassons nous degli eletti dal popolo. Il tu suona grottesco se i paladini degli opposti schieramenti, dopo essersi reciprocamente rinfacciati lo sfascio d’Italia, attestano una familiarità quasi affettuosa. Un po’ di coerenza non guasta.
Lo scrivo pur associandomi agli inviti per una campagna elettorale dal linguaggio meno truculento. Ma proprio il tu confidenziale e cameratesco - il fascismo ne rivendicava la nobiltà derivante dall’antica Roma, ma era commedia - porta alla sguaiatezza e all’insulto. Presto dimenticato - per far posto all’idillio - se si discute di privilegi della casta. Onore al lei distante. Che dovrebbe vigere, e purtroppo non vige, pur nei rapporti tra politici e giornalisti addetti alla politica. Anche lì una grande e sgradevole ammucchiata. In nome del tu.
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Walter schiera i candidati civetta da «rottamare» dopo le elezioni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Veltroni riapre la stagione della «sinistra indipendente»: personaggi famosi chiamati per attirare voti, ma poi ininfluenti I casi di Paoli, Strehler e Gravina
da Roma
Mica solo le ragazzine ammanicate. Ecco Massimo Calearo, ex-presidente di Federmeccanica. Perbacco! E poi il generale Mauro Del Vecchio, l’imprenditore Matteo Colaninno, il giuslavorista Pietro Ichino e lo scienziato Umberto Veronesi. «Che squadra, eh!?» gongola Veltroni. Che da esperto di cinema quale si spaccia da tempo, sa bene che i remake se non hanno possibilità di arrivare all’Oscar, hanno comunque solitamente un buon successo di pubblico.
Perchè di remake si tratta senz’altro. Un film già visto, girato per primo dal Pci alla fine degli anni ’60 per circa un ventennio; e poi, in successione, dal Pds, dai Ds, dall’Ulivo e finalmente - buon quinto arrivato - dal partito democratico veltroniano. Che alle soglie del 2010 riscopre quelli che Togliatti, riprendendo Lenin, battezzò a suo tempo come «utili idioti»: bandierine, pennacchi, o - veltronianamente - figurine Panini da inserire in lista per testimoniare l’esistenza di candidati diversi dai soliti funzionari di partito o dai dirigenti della Cgil o delle coop rosse. Spacciarli per «novità» è però un tantinello ingeneroso con chi li aveva preceduti al soglio parlamentare.
Ci sono stati fior di finanzieri come i presidenti Consob Guido Rossi e Luigi Spaventa a precedere il figlio del ragiunatt Roberto Colaninno, scalatore telecomiano con aiutino dalemiano a quanto si mormora ancor oggi; al posto dell’oncologo Veronesi erano stati candidati illustri scienziati ed intellettuali come Ossicini, Pasquino, Rodotà, Spinelli. E invece che Del Vecchio, anni fa un posto fu riservato al generale dell’aviazione Nino Pasti che poi però litigò con Berlinguer che si disse più sicuro sotto l’ombrello Nato. Un tempo li confinavano in una sorta di «riserva indiana» chiamata sinistra indipendente. Una dépendance di poco peso ma di molto lustro: ne fecero parte personalità del vaglio di Eduardo De Filippo, Natalia Ginzburg, Gino Paoli, Ferruccio Parri, Vittorio Foa, Giorgio Strehler, Antonio Giolitti. Accompagnati (il lupo perde il pelo ma non il vizio) da una sfilza di magistrati: da Onorato a La Torre, da Mannuzzo a Galante Garrone. Poi, con il venir meno della necessità di differenziare i gruppi, Occhetto e poi D’Alema cominciarono ad inserire direttamente sotto la Quercia le Carle Gravine, i Massimi Cacciari, le Gianne Schelotto, gli Antonio Cederna, le Carol Tarantelli, i soliti magistrati guidati da Luciano Violante e via dicendo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Tra gli anni passati e questo 2008 qualche differenza ed una possibile, preoccupante, continuità si devono comunque registrare. Allora si era invitati ad entrare in lista, ma poi i voti te li dovevi conquistare sul campo per via delle preferenze. Il prossimo giro invece, Veltroni elegge direttamente chi gli pare concedendogli se non il primo posto in lista, almeno una posizione «sicura». Ancora, di diverso, è che mentre 10 o 20 anni fa, andava molto di moda la figura dell’intellettuale (vedi i vari Barbato, Fiori, Gozzini, Masina, Foa, Pintor, Minervini) e l’altroieri andavano bene i rappresentanti di «gruppi» (vedi il presidente dell’Arcigay Grillini o il fratello dell’ingegner De Benedetti o la baronessa Rosanna Cammarata), oggi Veltroni opta invece decisamente per il mondo dell’industria e della ricerca con un curioso rovesciamento dei ruoli, visto che si parte dai vertici e non più dal fondo operaio.
Di sostanzialmente analoga, c’è invece la possibilità che tutti questi «arruolati» possano non contare poi un fico secco quando verrà il momento delle decisioni irrevocabili: la sinistra indipendente spariva di scena quando Berlinguer faceva calare dall’alto la sua linea. Obbediva senza se e senza ma, prova ne sia che solo Visco e Bassanini sono riusciti ad infiltrarsi tra i tanti che correvano, nella stanza dei bottoni dell’Ulivo. Altrettanto silenziosi, i loro successori inseriti tra le fronde della Quercia, salvo ribellarsi - un po’ accade anche oggi - quando poi scoprivano che non sarebbero stati ripresentati in un collegio parlamentare. Forse, stavolta potrebbe anche andare diversamente. Ma chi ci crede che Colaninno, Veronesi e il generale Del Vecchio possano prevalere su un D’Alema al quale saltasse la mosca al naso per le tesi di cui si dicono portatori sani? Certo: bisognerà verificare passo passo quanto avverrà nel Pd. Anche se è vero che una mutazione c’è rispetto al passato. A cercare di candidare generali, imprenditori e ragazzi vivaci, nei mitici anni ’60 così cari a Veltroni, non era l’armata progressista dell’epoca, ma semmai il Msi di Giorgio Almirante... Alessandro M. Caprettini
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Veltroni, i candidati "patacca" del Pd
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Franca Biondelli, ausiliaria nell’ospedale di Borgomanero, sindacalista, non lavora dal 2002. E sua figlia è stata fatta assumere senza fare neppure un concorso
Novara - È il simbolo dell’Italia che lavora. Per questo Walter Veltroni l’ha voluta al suo fianco in conferenza stampa: Franca Biondelli è la turnista, dizione arcaica che rimanda al paese che produce e fatica. Peccato che il leader del Partito democratico non abbia coniugato al passato tutti questi verbi: la signora Biondelli non mette piede in corsia dall’aprile 2002. Sei anni lontano dal suo umile ma prezioso incarico di ausiliaria, nel reparto chirurgia dell’ospedale di Borgomanero. Sei anni fra distacchi sindacali e aspettative, ora la speranza di spiccare il volo per Roma, direzione Palazzo Madama, e di mettersi una volta per tutte alle spalle quella vita chiusa fra Novara e Borgomanero.
A Borgomanero resta la figlia Raffaella, assunta nello stesso ospedale come impiegata, con una procedura che i sindacati stessi hanno messo in discussione. Lei, la corteggiatissima ex sindacalista, potrebbe presto coronare quel sogno coltivato da almeno dieci anni, da quando aveva messo un piede in politica. A metà degli anni Novanta è solo un’ausiliaria all’ospedale di Borgomanero. Molta fatica, il contatto a volte drammatico con i malati, una catena di piccole incombenze: rifare il letto, pulire le stanze, eseguire gli ordini degli infermieri. È un compito ingrato. Lei lo affianca con l’impegno nel sindacato, da sempre la Cisl. Viene eletta nella Rsu, diventa la controparte della Asl 13 che gestisce alcune strutture sanitarie e ospedali della provincia di Novara. Però è tentata anche dalla politica. Il protocollo della Cisl vieta questi incroci, ma per lei evidentemente la regola non vale: eccola consigliere comunale di maggioranza a Borgomanero, uno dei centri più importanti del Novarese. Tesse pazientemente la sua tela, stabilisce una fitta rete di rapporti, scala posizioni in quel mondo spigoloso.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Diventa responsabile provinciale Cisl per la funzione pubblica, in primis la sanità. Incarico di peso che le permette di lasciare letti e padelle. Nell’aprile del 2002, sfruttando la legge 300, ottiene il distacco sindacale. Paga la Cisl, lei fa il nuovo mestiere, quello vecchio va in naftalina. L’anno dopo, nel 2003, il distacco passa a carico della solita Asl 13, la sostanza non cambia: Franca Biondelli in ospedale ci torna solo per ascoltare i dipendenti. Ha entrature e frequentazioni bipartisan negli ambienti della politica piemontese. Del resto è una donna di charme. Il suo sogno è sempre quello, la politica; così nel 2007 compie una scelta apparentemente stravagante: si tuffa nella politica, nel lillipuziano laboratorio di Borgomanero. Per sua sfortuna, le elezioni vanno male. Vince il centrodestra e la Biondelli deve accontentarsi di un banco anonimo negli scranni dell’opposizione. Eppure accetta, e davanti all’inevitabile opzione, abbandona l’impegno nella Triplice. Strano, ma probabilmente la turnista che non fa più i turni considera quel passaggio necessario. Potrebbe rientrare in reparto, ma non lo fa. Finita la lunghissima stagione dei distacchi, retribuiti, comincia quella dell’aspettativa, a stipendio zero, per ragioni familiari. Scelta legittima, sulla strada per Roma.
Ormai Franca Biondelli è un’ex turnista da quasi sei anni. Ma per Walter Veltroni l’aspirante senatrice è una delle tre figure che portano il mondo del lavoro nei palazzi del Potere. Forse, il candidato premier si confonde con la figlia Raffaella: assunta come impiegata dalla Fondazione Maugeri, un ente di diritto privato del Novarese, ottiene il trasferimento nello stesso ospedale che è stato il quartier generale della madre. Non è un po’ troppo? È vero che a pensare male si fa peccato, ma è anche vero che Franca Biondelli è un nome che conta nel mondo della sanità piemontese e lei stessa si sarebbe vantata in questi anni a destra e sinistra, assicurando decine di persone di essere stata lei l’artefice della loro assunzione da parte della solita munifica Asl 13; qualche romeno, nel prendere al volo un impiego interinale, ha firmato pure il modulo di iscrizione alla Cisl, scambiata forse per una squadra di calcio. Non solo, la figlia Raffaella sembra essere arrivata fino all’ospedale senza aver superato un concorso che fosse uno.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Dunque, i sindacati chiedono lumi alla giunta regionale di centrosinistra guidata da Mercedes Bresso. La risposta, sotto forma di circolare interpretativa, arriva il 12 giugno 2006. Dopo una pagina di svolazzi, l’assessorato Tutela della salute va al dunque: «Ritiene che... l’articolo 15 undecies non possa che essere applicato... soltanto nei confronti del personale sanitario».
Insomma, il passaggio dalla fondazione, formalmente un Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico, all’ospedale di Borgomanero, non sta in piedi. Perché la donna è impiegata e non infermiera o ausiliaria come la mamma. Cosa succede? Nulla. All’ospedale si vede solo la Biondelli junior. Della madre non c’è traccia da sei anni.
Stefano Zurlo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
L’ultima arrivata? Amica di tanti vip
Altro specchietto per le allodole: Marianna Madia, volto pulito e sorridente, la candidata giovane, di belle speranze, venuta dal nulla. Venuta dal nulla? Ma come venuta dal nulla? Fai quattro domande e scopri che è amicissima di Enrico Letta, che dà del tu a Giovanni Minoli, che frequenta (o frequentava) il figlio di Giorgio Napolitano.
Proprio venuta dal nulla nulla, no. Insomma, apparentemente non è nessuno. Ma solo apparentemente. A Veltroni serve un volto da antipolitica? Eccolo. Marianna non ha storia, ha un viso da ragazza qualunque, solo impegno e passione politica. Fuori i tromboni del Palazzo, dentro le Madia!
Peccato che sia figlia di Stefano Madia, attore prestato alla politica, ex consigliere comunale a Roma, deceduto nel 2004. Consulente di Palazzo Chigi, Marianna ha lavorato con Enrico Letta e ha collaborato a Rai Educational con Giovanni Minoli. E non è finita. La giovane vanta una liaison sentimentale con Giulio Napolitano, professore di diritto pubblico all’università della Tuscia nonché figlio quarantenne del capo dello Stato. Proprio una qualunque non si direbbe.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Purtroppo è la storia di ogni sindacalista; senza titoli ed esperienza riescono a spallate a fare carriera.
Lla cosa piu tragica che dei lavoratori che dovrebbero tutelare a loro non interessa nulla.
Andrea
>>Da: firefox65
Messaggio 6 della discussione
Spero che gli italiani capiscano che il pd si è fermato ad una posta cavalli nuovi per la vecchia carrozza.......
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Rutelli in Umbria, Melandri in Liguria
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
D’Alema «inviato» sul fronte rifiuti
Nel regno di Bassolino, scende in campo Massimo D’Alema. E blinda il governatore di cui Veltroni si libererebbe volentieri.
A sorpresa, ieri pomeriggio, è trapelata la notizia che il ministro degli Esteri sarà il capolista per la Camera della circoscrizione Campania 1, che comprende Napoli. Una scelta che stava maturando da giorni, raccontano i ben informati, in una serie di fitti contatti tra Bassolino e D’Alema, unico suo difensore nel Pd. Anche ieri il vicepremier è tornato a spendersi per il governatore rinviato a giudizio: «È eticamente inaccettabile questo scarico di responsabilità su un solo uomo». Toni ben differenti da quelli di Veltroni, che si era rimesso «alla coscienza» di Bassolino, lasciando intendere di vederne di buon occhio le dimissioni, che avrebbero liberato il Pd da un macigno. I sondaggi sono orribili: quello che era sul tavolo delle candidature, in questi giorni, dà il 50% al Pdl da solo, e un misero 24% al Pd. Una catastrofe, nella regione che per il rotto della cuffia consentì a Prodi di vincere le elezioni nel 2006.
Per questo il capo del Pd puntava su una netta discontinuità nelle liste: capolista in Campania 1 il ministro Nicolais (diventato l’uomo forte di Veltroni in regione, e candidato in pectore alla successione di Bassolino), in Campania 2 la ex pupilla di De Mita, Pina Picierno (oggi sponsorizzata da Franceschini), al Senato paracadutato Marco Follini. Bassolino però ha fatto fuoco e fiamme contro quella che giudicava come una «delegittimazione», che preludeva a un’accelerazione delle sue dimissioni. «Se mollano me sono guai per tutti», ha fatto sapere. «Se non si vota a ottobre per la regione, la sinistra rischia di logorarsi definitivamente», spiega invece Russo Spena del Prc, «e dal Pd ci erano arrivati segnali chiari di disponibilità a concordare un voto anticipato all’autunno».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ma Bassolino ha un altro scenario in mente, e punta a tenere duro almeno fino al 2009 (per poi eventualmente candidarsi alle Europee), e ha trovato una sponda in D’Alema. L’altra sera il governatore e il sindaco di Salerno De Luca, outsider dalemiano, sono saliti a Roma a spiegare al numero due veltroniano Bettini che le teste di lista del Pd in Campania erano troppo deboli: «Rischiamo di perdere tutto il voto di sinistra, ci vuole una candidatura forte». Bettini ne ha parlato con Veltroni, e Walter ha chiamato D’Alema. Chiedendogli di metterci la sua faccia.
«Non è una mia scelta. Ma sono una persona che, quando c’è da fare qualcosa di difficile, lo ritiene suo dovere», spiega ora il ministro degli Esteri. Che comunque resterà anche capolista nella «sua» Puglia, dalla quale sono stati «epurati» molti veltroniani: Peppino Caldarola, Nicola Rossi (recuperato nelle Marche), Fouad Allam.
Nel resto d’Italia, le liste Pd sono un tourbillon di paracadutati: la piemontese Livia Turco è capolista in Abruzzo, il ferrarese Franceschini in Toscana, la romana Melandri in Liguria, Rutelli in Umbria (Senato), il viterbese Fioroni in Sicilia, il toscano Letta in Lombardia, la siciliana Finocchiaro in Emilia. In Calabria sono state tagliate le teste a tutti gli uomini del governatore Loiero (anche lui molto a rischio per questioni giudiziarie). In Emilia sarà capolista Bersani. Salva la pattuglia teodem, ma la Binetti ha perso la partita: voleva restare al Senato, e invece viene spedita alla Camera in Lombardia. Molte le deroghe: saranno rieletti Treu, Lusetti, Anna Serafini (in Fassino), Sposetti, Migliavacca. Fuori invece il violantiano Lumia, il piemontese Morgando e l’ex Dc siculo Totò Cardinale. Che però ha piazzato in un buon posto la figlia Daniela. Laura Cesaretti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Padoa Schioppa ci saluta e non si candida.
Ufficialmente perchè "non vuole entrare in politica"
Nella realtà dei fatti perchè è un altro di quei nomi che prima Veltroni riesce a far dimenticare meglio è.
Andrea
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 4 della discussione
Meglio nasconderlo, Andrea. Come Prodi e Visco.
>>Da: firefox65
Messaggio 5 della discussione
Potessero nascondere Bassolino......
Ma non possono, troppi voti, troppo potere
Bene!
>>Da: lucia
Messaggio 6 della discussione
Padoa Schioppa credo che racimolerebbe non piu di 2 voti, il suo e quello della moglie.
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PDL; Vertice sulle liste: D’Amato verso il sì
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Bondi, Cicchitto e Verdini vedono i coordinatori regionali di Forza Italia. Più vicino l’accordo con l’ex leader di Confindustria. Carfagna possibile capolista in Campania. Gasparri capogruppo al Senato
Roma - Il conto alla rovescia verso il traguardo del 9 marzo, data ultima per la presentazione delle liste, scorre veloce. E la settimana cruciale per la definizione delle candidature del Popolo della libertà entra nel vivo. Durante tutta la giornata di ieri i dirigenti di Forza Italia hanno analizzato gli elenchi soprattutto per il Centro Italia, insieme ai coordinatori regionali. La regia, come sempre, è stata affidata a Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto e Denis Verdini. Oggi si passerà a molte regioni del Nord e alla Campania. Proprio in quest’ultima circoscrizione potrebbe essere calata una carta importante: quella di Antonio D’Amato, presidente di Confindustria dal 2000 al 2004.
L’imprenditore napoletano, leader nel settore dell’imballaggio per alimenti, deve ancora sciogliere la sua riserva ma l’accordo sarebbe vicino. Il presidente del Gruppo Seda sarebbe anche tentato dall’ipotesi di concorrere alla presidenza della Regione Campania quando, probabilmente l’anno prossimo, Antonio Bassolino concluderà il suo mandato. In ogni caso, Berlusconi insiste sull’idea che non bisogna inseguire il Partito democratico nella corsa alla conquista della candidatura eccellente perché i nomi noti «mascherano quel 70 per cento di ministri, viceministri e sottosegretari che sono ancora al governo con Prodi». In ogni caso il candidato premier del Popolo delle libertà ieri ha assicurato che i pensionati di Carlo Fatuzzo avranno una rappresentanza in Parlamento così come «pari dignità» avrà la Dc per le Autonomie di Gianfranco Rotondi. È arrivata la conferma della candidatura di Maurizio Del Tenno, presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, 34 anni, nato a Sondrio, fondatore e vicepresidente dei Circoli della Libertà con Michela Brambilla. Così come ci sarà Alessandro Ruben, presidente della Anti Diffamation League (impegnata ad evitare la diffamazione degli ebrei nel mondo), dell’esponente di Confapi Catia Polidori, del colonnello del Ris di Parma Luciano Garofalo. «Possibili» sono, invece, le candidature della giuslavorista Alessandra Servidori e dell’urologo Vincenzo Mirone.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sempre in quota Forza Italia entrerà Maurizio Scelli - ex Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana dall’aprile 2003 al dicembre 2005 - alla Camera, nel collegio Lazio 1. Sempre nel Lazio, ma sul fronte di An, ci sarà la candidatura di Maurizio Gasparri al Senato (per lui è pronto l’incarico di presidente dei senatori del Pdl) mentre un seggio sicuro dovrebbe esserci per il vicepresidente del consiglio comunale romano, Vincenzo Piso. An sta anche cercando di chiudere con Filippo Saltamartini, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia (Sap). Una candidatura che rappresenterebbe un gesto simbolico di attenzione verso le forze dell’ordine.
Iniziano a definirsi i contorni delle liste del Pdl anche in Lombardia con Roberto Formigoni capolista, mentre Michela Vittoria Brambilla e Marcello Dell’Utri saranno candidati rispettivamente alla Camera e al Senato. An, invece, schiererà come «teste di serie», Alfredo Mantica, il responsabile Informazione, Alessio Butti, il responsabile Scuola e Università, Giuseppe Valditara e l’ex presidente della commissione Giustizia, Antonino Caruso. Lucio Stanca sarà, invece, presentato in Piemonte.
Si vanno, poi, delineando le liste della Campania. Detto del pressing su D’Amato, è possibile che come capolista venga scelta Mara Carfagna così come appare certo il nome di Mario Pepe. Per il collegio senatoriale della Campania nessun dubbio sulla ricandidatura di Antonio Paravia, come in queste ore prende sempre più consistenza un posto blindato al Senato per Leo Borea, in quota dell’ex ministro Giovanardi. Potrebbe tornare a Montecitorio anche il parlamentare europeo Giuseppe Gargani, nel collegio Campania 2. Alla Camera dovrebbero essere riconfermati gli uscenti di An, quindi Mario Landolfi, Edmondo Cirielli, Giulia Cosenza, Italo Bocchino con l’aggiunta di Gennaro Malgieri e Amedeo Laboccetta. Quel che è certo è che a livello nazionale è stato ormai chiuso un accordo per Palazzo Madama con 90 senatori per Fi e 43 per An. Così come appare chiaro che per la definizione dell’elenco definitivo dei candidati il Pdl si prenderà tutto il tempo necessario, in modo da comporre con attenzione il complesso puzzle dei nomi.
Fabrizio De Feo
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Berlusconi: "A sinistra solo candidati spot"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il Cavaliere: "Come il bikini i nomi nuovi coprono quelli di ministri ancora al potere e al 70% in lista". E aggiunge: "Il Pdl segnerà la politica dei prossimi 10 anni.
Milano - È solo un trucco, made in Veltroni. L’operaio e la falsa precaria, «ma anche» il padrone. Candidature del Pd che sono «come il bikini» spiega Silvio Berlusconi: «Queste candidature per la sinistra sono come il bikini che lascia scoperto molto, ma che copre le parti essenziali». E «le parti essenziali, sono il settanta per cento dei ministri e dei sottosegretari che sono ancora al governo con Prodi e che costituiscono tutto il Pd di Prodi e Veltroni». Chiaro che, «quindi, sotto sotto, sono sempre gli stessi: candidature spot e tirate fuori giusto per blandire la borghesia».
Il popolo dei pensionati applaude Silvio Berlusconi, che ieri a Milano dall’assemblea nazionale del partito di Carlo Fatuzzo, rivela l’inganno dell’illusionista Veltroni. Espediente per acchiappare voti, ammesso che ci riescano, chiosa il leader del Popolo della libertà.
«Gli italiani vedono chiaramente che ci sono due sinistre, quella dei fatti e quella delle parole. Quella dei fatti che aumenta le tasse, che fa entrare gli immigrati clandestini, che è responsabile della tragedia dei rifiuti e che porta all’insicurezza. Poi c’è la sinistra delle parole, quella di Veltroni che dice tutto e il contrario di tutto, l’opposto dei fatti e l’opposto di quello che hanno fatto al governo».
Già «questo è un fatto che gli italiani hanno ben chiaro», mentre monta «l’entusiasmo e la passione» per il Pdl. «Ovunque io vedo e tocco l’entusiasmo e la passione per il Pdl che segnerà la politica dei prossimi dieci anni», osserva il Cavaliere commentando positivamente l’afflusso ai gazebo nell’ultimo week-end: «Non abbiamo ancora i risultati delle priorità perché ci vorrà l’uso del centro computer che è installato a Roma».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ma, avverte il presidente, attenzione «ai falsi sondaggi» che circolano: infatti, il Pd continua a sostenere che «è iniziata la rimonta, io dico che è iniziato l’uso dei falsi sondaggi. Tutti i sondaggi di aziende serie che noi conosciamo ci lasciano sempre con lo stesso vantaggio, intorno al dieci per cento». Sondaggi che testimoniano come l’unico voto utile sia per il Pdl, «anche chi vuole votare La Destra e Udc all’avvicinarsi delle elezioni capirà che sono voti che non servono, perché rischiano di non eleggere neanche un parlamentare». Come dire: «È un voto che alla fine favorisce Veltroni, perché impedisce una più grande vittoria del Pdl. Votare i piccoli partiti per il centrodestra è quindi inutile. E io continuerò a dirlo anche se a loro dà fastidio».
Certo, continua il Cavaliere, «tornare al governo significa un lavorà de la Madònna». Non c’è bisogno di traduzione per il popolo dei pensionati, che esplode «meno male che Silvio c’è», «pensionati all’attacco, Silvio c’è». Slogan e cori da stadio per «un lavorà de la Madònna», dopo aver ricordato «tutto il lavoro svolto quando eravamo al governo per far ripartire il Paese» - con «un programma rispettato all’ottantacinque per cento, come riconosce anche la sinistra. L’altro quindici per cento? C’era l’Udc che diceva sempre no» - e che «come ho fatto nel 2001, mi presenterò agli italiani per firmare un contratto con loro».
Impegni per il governo del Paese all’insegna della «politica dei fatti e non delle parole» che Berlusconi traduce, tra l’altro, «nell’abolizione dell’Ici sulla prima casa, che affronteremo al primo Consiglio dei ministri». Abolizione dell’Ici che insieme alla «detassazione degli straordinari, della tredicesima e del pagamento dell’Iva quando si sarà ricevuto il pagamento da parte del cliente e non prima» sono alcune direttrici del programma di governo del Pdl.
E al popolo dei pensionati «ridotti dalla sinistra a rovistare nelle pattumiere», Berlusconi garantisce l’impegno di «togliere il cumulo delle pensioni per i coniugi e la possibilità di andare in pensione prima per chi ha un familiare non autosufficiente». Inoltre, «ci saranno altri servizi pro-pensionati tutti gratuiti: ferrovie, trasporti, teatro e cinema». Certezze per i pensionati vittime della «sinistra allo champagne e al caviale» e per le coppie che, annota il Cavaliere, sono «costrette a fare divorzi fasulli per non vedersi ridurre la pensione».
Fatti e non parole che al «momento del passaggio di governo» impongono «due diligence sui conti dello Stato»: «L’altra volta ci hanno lasciato un buco di 38 miliardi. Adesso dicono di aver recuperato 40 miliardi dall’evasione, ma in realtà sono solo due. L’evasione si combatte con aliquote giuste». Virgolettato finale accolto con un’ovazione dei pensionati che sovrasta l’ultima indicazione del Cavaliere: «La lista del Liechtenstein? Visco la porti alla magistratura e non dia i nomi goccia a goccia ai giornali amici».
Gianandrea Zagato
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 3 della discussione
Giusto.
Se è per questo, almeno sono trentanni che nel centrosinistra ci sono sempre le stesse facce: quelle che ricordo io sono le facce di D'Alema, Fassino, Prodi............adesso Veltroni.
Però la sostanza non cambia.
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Liste Pd, la furia della Bonino
>>Da: andreavisconti
Messaggio 13 della discussione
Veltroni: "Primi a presentare le liste". I Radicali non ci stanno: "La proposta dei nove eletti non è stata mantenuta". Polemica anche sull'esclusione di Lumia. Dagli studi di "Porta a Porta" il leader Pd minimizza il distacco: "Ridotto a 4 punti percentuali".
Roma - Precisa di non avere sondaggi suoi, ma di rilevare che in tutti i sondaggi che vengono effettuati in questi giorni, il distacco tra il Pd e il Pdl si è ridotto a quattro punti percentuali. Il segretario dei democratici, Walter Veltroni, ospite di "Porta a Porta", commenta gli ultimi sondaggi effettuati da Renato Mannheimer ma non riesce a frenare le polemiche legate alle candidature nelle liste del Partito democratico. Ma la Bonino attacca: "Promesse non mantenute".
Quattro punti di distacco "Come si vede nei sondaggi di Mannheimer, tra le due coalizioni - Pdl più Lega e Mpa di Lombardo e Pd con Idv - la differenza è di 6,5 punti percentuali. Ma bisogna notare che la differenza tra i due grandi partiti, cioè Pd e Pdl, è di quattro punti". Inoltre, aggiunge Veltroni, "bisogna anche tener conto degli indecisi e delle percentuali di errore statistico". Insomma, "in media tutti i sondaggi danno tra i 6-7 punti percentuali di distacco tra le coalizioni, ma solo 4 tra i due partiti". E poi, "c’è una bella differenza di coesione tra l’alleanza Pd-Idv , che ha sottoscritto il programma e darà vita ad un solo gruppo parlamentare, con quella tra Pdl e Lega, divisi su molti temi".
Polemiche sulle candidature "Ieri sera era stata data scritta a mano la lista dei candidati radicali ed emerge chiaramente che la proposta da loro fatta dei nove eletti non è mantenuta". Dai microfoni di Radio Radicale il ministro per le Politiche Comunitarie, la radicale Emma Bonino, polemizza duramente sulle liste dei candidati rese note ieri dal Partito democratico. La Bonino ha sottolineato che non è una questione di trattativa, ma "la certezza che siamo eletti tutti noi non c’è". Il ministro radicale ha sottolineato inoltre: "Chiediamo e vogliamo la certezza che il Pd sia coerente con la proposta che ci ha fatto". Perché, ha osservato Bonino, "ad oggi risultano inaffidabili rispetto alle proposte che ci hanno fatto". E minaccia: "Noi valuteremo ed eccederemo quello che vorremo e potremo fare". La Bonino ha spiegato che questa questione è stata posta già ieri sera al Pd dopo la riunione nel quartiere generale di largo di Torre Argentina convocata subito dopo la comunicazione della lista dei candidati Radicali ospitati dai Democratici.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La replica alla Bonino "Ci sono, ci sono". Dagli studi di "Porta a Porta" Veltroni risponde alla Bonino che minaccia di non candidarsi perché nelle liste delle candidature approvate ieri dal Pd non ci sarebbero i nove eletti radicali promessi nell’accordo. Il candidato premier del Pd non entra nel merito, ma assicura che "staranno approfondendo quelli che si occupano delle liste".
Il caso Lumia Dalle liste fuori Ceccanti, Lumia e Gawronski. Ma è il secondo a innescare forti polemiche. Roberto De Benedictis, deputato regionale del Pd, attacca Veltroni proprio per aver escluso Beppe Lumia facendo "posto a sconosciuti". "Io sono refrattario all’idea che ciascuno consideri se stesso l’antimafia. L’antimafia è una pratica e non una persona", ribatte seccato il leader del Pd assicurando che Lumia sarà "sicuramente" nel suo staff.
La staffetta con Bertinotti Veltroni non si limita ad attaccare il centrodestra. Deve infatti fare i conti con quella sinistra radicale che ieri lo ha accusato di imbarcare nel Pd anche il "falco di Confindustria". "Noi siamo il partito del centrosinistra, del riformismo italiano e del patto tra i produttori. Fausto pronuncia parole che sono di un altro tempo come lotta di classe e Italia fuori dalla Nato. Noi abbiamo una visione diversa", spiega Veltroni rispondendo alle critiche di Bertinotti sulle candidature del Pd che vedono assieme l’operaio Antonio Boccuzzi con l’imprenditore Massimo Calearo. Il leader del Pd contesta che se l’Italia vuol tornare a crescere c’è bisogno di un patto tra i produttori e poi spiega le decisioni del Pd anche con un cambiamento di mentalità: "L’Italia è stanca di essere divisa secondo schemi novecenteschi".
L'impegno a voltare pagina Veltroni chiede di dare un taglio "con questa marmellata gelatinosa". "Meglio scegliere tra due strade alternative. Ci presentiamo per governare cinque anni e attuare un programma chiaro". E' la rottura, voluta dal leader Pd: "Altrimenti ci saremmo presentati con la stessa coalizione e la stessa leadership. Ora voltiamo pagina usciamo da questo ultimi quindicennio". E questa non vuole essere una critica ai risultati del Governo Prodi: "Non voglio far dimenticare Prodi. A fronte di una maggioranza micidiale, che andava da Mastella e Dini fino a Caruso, con la confusione che sappiamo, grazie a Romano Prodi il Governo ha fatto un’opera di risanamento che fa parte della tradizionale capacità di governo del centrosinistra ma che è stata offuscata dalla coalizione".
La questione settentrionale Secondo Veltroni, il Nord "per liberarsi non ha bisogno del parlamento della Padania ma ha bisogno di meno burocrazia". E' questa la questione italiana. Quella questione che si riassume, per il leader del Pd, nei malumori di una zona produttiva "in cui la gente si spezza la schiena per tenere su il Paese". "Il programma del Nord è il programma del Pd", continua Veltroni sottolineando come "la presenza di Calearo testimoni cosa è cambiato". "Nel 2006 lui non si sarebbe candidato - osserva ancora - ma oggi le cose sono diverse perchè noi siamo una forza aperta e nuova che ha un programma riformista senza condizionamento".
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
A parte lo spettacolo penoso, cosa cambia se si candida in Piemonte o altrove?
Andrea
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 4 della discussione
Figuratevi se questi mantengono gli accordi fatti.
Fanno come per le promesse elettorali: votateci..poi vediamo..
>>Da: firefox65
Messaggio 5 della discussione
Oramai Veltroni e il degno successore di Prodi.....la storia dei perdenti continua...
>>Da: lucia
Messaggio 6 della discussione
Troppo forti, hanno già iniziato a litigare.
>>Da: Leo
Messaggio 7 della discussione
Bonino: «Il Pd non mantiene la promessa dei 9 radicali eletti»
Dai microfoni di Radio radicale il ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino attacca Veltroni sulle liste elettorali rese note dal Pd. «Dalla lista dei candidati radicali ed emerge chiaramente che la proposta de loro fatta dei nove eletti non è mantenuta». La Bonino ha sottolineato che non è una questione di trattativa, ma «la certezza che siamo eletti tutti noi non c'è. Chiediamo che si facciano solo carico del rispetto della proposta da loto fatta». La Bonino ha chiesto certezza sulla coerenza del Pd con la proposta fatta. Perchè, ha osservato Bonino, «ad oggi risultano inaffidabili rispetto alle proposte che ci hanno fatto. E dice che non intende candidarsi capolista in Piemonte: «stante così le cose non sono nemmeno convinta che valga la pena di essere candidata da qualche parte».
La questione, dice Emma Bonino, è stata posta già ieri sera al Partito Democratico dopo la riunione nel quartiere generale di Largo di Torre Argentina convocata subito dopo la comunicazione della lista dei candidati Radicali ospitati dai Democratici. «Appena avuta questa lista - ha spiegato Bonino - ci siamo riuniti e ieri sera abbiamo espresso questo disaccordo sul metodo e sul merito e chiesto loro una risposta nelle prime ore di oggi».
Durante la registrazione della trasmissione di Bruno Vespa Porta a porta, Veltroni risponde alla protesta della Bonino. «I nove eletti ci sono. Non ho letto le dichiarazioni, ma i nove eletti di sono e poi staranno approfondendo».
La Bonino mi ricorda i ricatti pre e post elezioni di Mastella.
Vai cosi'....
>>Da: paoloris
Messaggio 8 della discussione
Certo che queto PD è uno spettacolo...
Prima dicono "correremo da soli" e subito dopo imbarcano Di Pietro e i radicali.
Dicono favoriremo i giovani e candidano raccomandati, finti precari, industriali e "figli di".
Nemmeno è iniziata la campagna elettorale e già i radicali s'imbizzarriscono.
Fino a ieri Veltroni faceva proclami di mirabolanti recuperi e vittorie (di quali sondaggi non si sa perchè di tutti quelli pubblicati quello più tenero li dà 8 punti sotto il pdl+lega) e adesso già mette le mani avanti con eventuali pareggi...
Sembra una riedizione in minor dell'armata brancaleone di Prodi di 2 anni fa.
>>Da: lilith
Messaggio 9 della discussione
Per la serie: andremo da soli, così non ci saranno più diverse voci ma solo una voce unitaria..
Andremo da soli, non barattiamo la governabilità per un pugno di voti!
Veltroni docet!
>>Da: Luna
Messaggio 10 della discussione
PD-RADICALI: ALLE 18.45 CONFERENZA STAMPA PANNELLA-BONINO
(ANSA) - ROMA, 4 MAR - Alle 18.45 Marco Pannella ed Emma Bonino - informa una nota - terranno una "importante"
Conferenza Stampa, insieme a parlamentari e dirigenti radicali, presso la Sala Stampa della Camera dei deputati, relativa alla situazione riguardante l'accordo con il Partito Democratico a proposito delle Liste elettorali.
Sono proprio curiosa di vedere come va a finire quest'ennesima farsa.
>>Da: annina
Messaggio 11 della discussione
Prodi s'è dovuto inventare una "seggiola" apposta per la Bonino durante il suo governo... tutto per avere quel briciolo di voti che serviva ad avere la maggioranza. Adesso questi (i radicali) fanno la voce grossa perchè di seggiole ne vogliono 9?
Fortuna che voto dall'altra parte!
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Ai gazebo la gente: "Meno casta e più nucleare"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
È l’Italia di tutti i giorni quella che ha affidato le proprie istanze di rinnovamento ai diecimila gazebo del Pdl nello scorso fine settimana. Oltre ad aver votato le priorità del programma del centrodestra i cittadini hanno potuto avanzare suggerimenti da aggiungere alle proposte già contemplate. Ed è in questo spazio libero che il sentiment dei cittadini ha trovato sfogo: c’è bisogno di sicurezza, aiuti alle famiglie e meno tasse, ma soprattutto di dare un taglio alle prebende della «casta».
«Dopo aver ridotto drasticamente il numero di deputati e senatori, bisogna procedere con l’eliminazione graduale dei privilegi della casta cominciando con il cumulo di pensioni e vitalizi», ha scritto un simpatizzante. «Bisogna tagliare le spese della pubblica amministrazione. Questo è il Paese degli assenteisti! Il merito non premia», si lamenta un altro. «Di ogni candidato bisogna rendere nota la moralità e il curriculum professionale», chiede un sostenitore del Pdl.
«È assolutamente necessario che i politici taglino i loro stipendi e i loro rimborsi spese», propone un elettore. «Suggerisco che vengano esercitati controlli più severi sulla “fine” che fanno i soldi stanziati per attività sovvenzionate dallo Stato», sottolinea una scheda, mentre in un’altra si chiede un censimento di tutte le opere pubbliche incompiute sul modello di Striscia la notizia.
Per il resto, come ha osservato il responsabile Comunicazione elettorale e Internet di Forza Italia, Antonio Palmieri, «i due terzi dei suggerimenti riguardano i tre temi della sicurezza, del fisco e della famiglia, mentre un terzo tratta di questioni non affrontate dal questionario». Tra queste, si segnala l’assoluta disponibilità dei «pidiellini» a riaprire il capitolo nucleare per assicurare un’ulteriore soluzione al problema energetico. «Sul web - aggiunge Palmieri - sono giunte oltre 40mila segnalazioni su 83mila partecipanti alla consultazione. Una passione commovente e una discreta competenza nel proporre soluzioni».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ad esempio, un simpatizzante ha proposto un interessante escamotage per risolvere il problema degli affitti per gli universitari fuori sede. Canoni calmierati per gli studenti che occupano una stanza in casa di pensionati che abitano soli. In cambio gli anziani disporrebbero di un reddito integrativo non tassabile. Entrano meno nel dettaglio le donne che chiedono una maternità che sia compatibile con il lavoro o i disoccupati con più di 45 anni che sperano in incentivi che rendano più facile la loro ricollocazione. O le famiglie che chiedono l’Iva al 4% sui prodotti per l’infanzia, il buono-scuola sul modello della Lombardia e l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro.
Non è solo la questione salariale a tenere banco, ma soprattutto la sicurezza e la necessità di un fisco che sia «amico del contribuente». In molti casi, infatti, le città vengono vissute più come una giungla che come un consesso civile di abitanti. «Velocizzare le procedure di espulsione di cittadini anche comunitari responsabili di reati», «Abito a Milano in zona Sempione e i poliziotti di quartiere non li ho mai visti», «Perché chi difende la propria famiglia dai malviventi rischia ancora la galera?», «Ci vuole flessibilità zero». Sono solo esempi, ma esprimono chiaramente come il livello di saturazione sia ormai oltrepassato.
Sul capitolo tasse i simpatizzanti hanno pochi dubbi: «Bisogna allargare la fascia di spese deducibili e detraibili», «rimodulare le aliquote Irpef» e «intervenire sui mutui». «Il mio sogno - scrive un internauta - è che il cittadino possa fidarsi dello Stato. Oggi in Italia avere una piccola impresa è considerato un reato. Odio l’atmosfera di decadenza che Prodi è riuscito a creare».
Vi sono poi le proposte di coloro che hanno un problema o una passione particolare: si va dalla difesa degli insegnanti «umiliati dagli alunni» alle strutture per i cani abbandonati passando per le agevolazioni ai celiaci. Il messaggio è chiaro: «poche chiacchiere e incominciare a rimboccarsi le maniche seriamente!». Non è un certo questo un popolo che ama parcheggiare in seconda fila, come qualcuno lo aveva definito.
Gian Maria De Francesco
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Il Nordest licenzia Calearo: vada pure nel Pd
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
Sconcerto e delusione fra gli imprenditori per la scelta del collega. «Ha saltato il fosso ma sposterà pochi voti»
I primi messaggini sono circolati verso le otto dell'altra sera, due ore dopo che la candidatura di Massimo Calearo nel Pd era stata ufficializzata da Walter Veltroni. E non erano teneri con il presidente di Federmeccanica e degli industriali di Vicenza. Questo l'ha spedito Paolo Trovò, fino a poche settimane fa presidente della piccola industria veneta: «Vedo positivamente la candidatura di Calearo nel Pd. Per due motivi: primo perché non sarà un vice della Marcegaglia e così ne guadagna Confindustria. Secondo perché il Pd finché arruola personaggi del genere lavora a favore del Pdl. Saluti».
Sms, telefonate, mail, tutte firmate da industriali del Nordest, tutte di protesta. Il sogno veltroniano di «un grande patto fra produttori e lavoratori» per ora è un miraggio, perché i produttori sono rimasti di sasso. Calearo non ha mai votato a sinistra, la suoneria del suo telefonino (come ha riferito Dagospia) era l'inno di Forza Italia. Nelle interviste esaltava Berlusconi: «Ha una marcia in più e fantasia da vendere». In estate, al Meeting di Rimini, aveva sposato le tesi leghiste dello sciopero fiscale: «Uno choc utile, le tasse hanno raggiunto livelli insostenibili». Si è sempre lamentato che in Italia si lavora poco e nel braccio di ferro con la Fiom per il contratto dei metalmeccanici si era guadagnato la fama di duro, oltre che la scorta.
Ed ecco che l'uomo delle antenne di Isola Vicentina trova a sinistra un posto in Parlamento (e uno da ministro, in caso di vittoria). Andrea Riello, presidente degli industriali veneti, è sconcertato: «Trovo giusto che gli imprenditori si impegnino nella società civile, ma chi ha cariche in Confindustria dovrebbe stare attento ai tempi e ai modi. Gli imprenditori non dovrebbero farsi strumentalizzare. Gli faccio gli auguri, anche se sono rammaricato dalla situazione che lascia a Vicenza».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Situazione delicata. Dodici mesi fa, al termine dei quattro anni come presidente di Assindustria Vicenza (la terza in Italia), aveva chiesto una proroga di altri due per trovare un successore. Invece che unirli, la sua mediazione ha spaccato a metà gli imprenditori vicentini, divisi tra due candidati che hanno esattamente lo stesso numero di voti. La scorsa settimana, improvvisamente, Calearo ha dato le dimissioni lasciando l'associazione senza guida. Fatalità, era il giorno in cui cominciava a girare la voce della candidatura. Adamo Dalla Fontana, uno dei vicepresidenti e fino a non molto tempo fa in lizza per succedergli, mastica amaro: «Al di là delle simpatie politiche, il modo con cui ha lasciato l'associazione non mi trova affatto d'accordo. Alla luce della sua scelta politica, la spiegazione delle dimissioni tiene poco».
In Turchia per lavoro, Nicola Tognana tace. Quattro anni fa era il grande antagonista di Montezemolo nella corsa per la guida di Confindustria e perse perché Calearo gli tolse l'appoggio promesso. «Qui lo conosciamo bene - dice Trovò - è ambizioso, narcisista e veloce a saltare il fosso. Visto che in Confindustria era chiuso e che a Vicenza rischiava di finir male, si è buttato in politica. Non so dirle quante telefonate di protesta ho ricevuto io da colleghi imprenditori. Si ricordano tutti il suo duetto dell'anno scorso a Ballarò con D'Alema, quando se ne dissero di tutti i colori. In Federmeccanica ha sparato a zero contro i sindacati, e ha fatto bene, ma era partito con un'offerta di 60/70 euro mentre dopo due settimane ha firmato l'accordo a 127. Poteva negoziare molto meglio, invece ha calato le braghe facendo gli interessi dei grandi: forse la Fiat può permettersi quelle somme, non certo i piccoli industriali del Nordest».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Prenderà voti Calearo? «Non credo che riuscirà a convincermi», dice Dalla Fontana. Il governatore veneto Giancarlo Galan rievoca «le prime due file dell'assemblea di Confindustria a Vicenza due anni fa in cui erano seduti quelli che facevano campagna elettorale per Prodi, tra cui Calearo. Dietro però c'erano quattromila industriali che facevano esattamente il contrario dei loro capi». Trovò si rammarica che «ne vada di mezzo il sistema confindustriale». Prende le distanze anche Alberto Toffolutti, industriale meccanico e presidente dei piccoli imprenditori di Udine: «Quella di Calearo è una scelta personale che mi sorprende molto ma non ha niente a che fare con Federmeccanica». Renato Pierin, piccolo imprenditore di Vicenza, si dice «schifato»: «Mi vergogno di essere concittadino del delfino montezemoliano, che ha messo il suo nome visto che Montezemolo ha presumibilmente capito che rischiava grosso a metterci direttamente la faccia». Stefano Filippi
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 4 della discussione
Toh, Il PD candida chi era favorevole allo sciopero fiscale..
Federmeccanica, per Calearo Italia a rischio deindustrializzazione
Piccole imprese in sofferenza per il rpesidente di FedermeccanicaChiavi industria"Lo sciopero fiscale è uno shock, però a mali estremi estremi rimedi.". Il presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, prende sul serio la proposta di sciopero fiscale avanzata da Umberto Bossi. "Credo che non ci si arriverà - precisa - però, quando a un certo punto si continua a caricare il mulo, alla fine anche il mulo cade. Bisogna ricordarsi che c'è un'Italia che lavora e una che vive su chi lavora".
Commentando l'allarme lanciato da Alberto Bombassei, vice presidente di Confindustria, Calearo ha aggiunto che "il rischio di deindustrializzazione per l'Italia palese. Si tratta di un rischio reale - ha spiegato - non tanto per le imprese che riusciranno a lasciare l'Italia, ma per la chiusura totale delle piccole imprese, che sono la maggior parte di quelle italiane". Secondo Calearo, il rischio può essere scongiurato "ponendo un freno alla burocrazia, e lavorando sulla flessibilità".
Quanto al rinnovo del contratto dei metalmeccanici, "prima di tutto viene il futuro dell'impresa, che sta nella competitività. Se l'impresa è competitiva rimane in Italia e prospera, facendo prosperare la società e chi lavora. Se tutti pensiamo a questo, sono convinto che troveremo una soluzione".
Ergo, dopo la superiorità morale crolla pure il mito dell'evasione.
Fossi un sinistro sarei distrutto.
>>Da: firefox65
Messaggio 5 della discussione
Dopo aver scopiazzato tutto del PDL, adesso Walterr ci scopiazza anche lo "sporco capitalismo".
Ahahahahahahah!
>>Da: ruggero
Messaggio 6 della discussione
Veltroni: vado da solo ma anche con Di Pietro con i radicalipoi ci metto dentro per intenerire gli operai il sopravvissuto della Thyssen e gli contrappongo questo qui per prendere una parte di quelli che si contrappongono a quello della Thyssen poi se vuole ci metto dentro Bassolino er monnezza tanto un posto mi tocca darglielo, poi tanto alla fine tutti si dimenticano che dico solo *azzate e le pecore mi votano ugualmente .
>>Da: lilith
Messaggio 7 della discussione
Ma anche.
Ruggero, con 2 parole ti ho riassunto il concetto.
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Montezemolo detta dieci punti al governo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Nucleare, governabilità, grandi opere: il programma di Confindustria sembra quello del Pdl. Ma sulle tasse...
Milano - Mentre l’ex compagno «Uolter-Si può fare-Veltroni» imponeva ai lavoratori del Nordest il paròn Massimo Calearo come capolista del Pd - dopo aver già fatto altrettanto nel Nordovest con il «padroncino» Matteo Colaninno - il numero uno degli imprenditori italiani saliva ieri a Milano per dettare un irrituale quanto legittimo decalogo al futuro governo. Di qualunque colore esso sarà.
«Confindustria è dentro la politica, ma fuori dai partiti», ha tenuto infatti a premettere Luca Cordero di Montezemolo. Aggiungendo poi, ecumenico, di non voler dare alcuna «indicazione elettorale», ma soltanto di voler raccomandare a chiunque governerà l’Italia quelle «azioni prioritarie» che del resto, come la crescita economica del Paese, «non sono né di destra né di sinistra». Premessa corredata definendo «scelte personali» quelle fatte dai colleghi Calearo e Colaninno. E completata con un veltroniano quanto personale «ma anche»: ovvero il suo auspicio di veder candidati «altri imprenditori nel Partito della libertà e in altri schieramenti». Premessa cui ha fatto seguito la lettura del decalogo. Che se non in tutto, a ben guardare sembra avere molti più punti di coincidenza con il programma del centrodestra che non con quello dello schieramento opposto. Dieci punti che nella forma, lo abbiamo già accennato, si configurano indiscutibilmente come un atto del tutto inedito da parte confindustriale. Ma anche dieci punti che nella sostanza ripropongono temi più volte ascoltati dalle parti di viale dell’Astronomia. Perlopiù condivisibili, pur se non granché inediti.
Al primo posto Montezemolo ha messo non a caso un tema da lui già cavalcato con insistenza: la governabilità, ovvero «quella che da due anni è la priorità delle priorità». E l’ha declinata in ulteriori sottotitoli tra i quali maggiori poteri al premier, compreso quello di proporre e revocare i ministri; la riforma dello Stato nella direzione di un «vero» - lo ha detto e sottolineato - federalismo fiscale; l’abolizione progressiva delle Province e anche di tutti gli enti che ne derivano; massicce liberalizzazioni e privatizzazioni sia a livello nazionale sia nei servizi pubblici locali, cresciuti in modo abnorme; e più in generale l’auspicio di una sempre minore presenza dello Stato (con il suo collegato eccesso di tasse e regole).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Tutti cavalli di battaglia, come si vede a prima vista, che vanno a sovrapporsi decisamente meglio sui punti contenuti nel programma del Pdl, che non su quelli del Partito democratico. Sovrapponibilità che si ritrova anche alla seconda voce - il risanamento dei conti - definita da Montezemolo impossibile «senza decisivi, drastici e impopolari tagli strutturali alla spesa pubblica. Un autentico Moloch - l’ha definita il presidente di Confindustria - che assorbe il 39,6% del Pil».
Ulteriori coincidenze tra decalogo confindustriale e indirizzi programmatici del Pdl si ritrovano alla voce «lavoro», contenente tra l’altro la stessa proposta del centrodestra che mira a detassare gli straordinari; proseguono in quello relativo alle infrastrutture, in cui vengono definite «prioritarie» le grandi opere avviate dal governo Berlusconi (e affossate da quello di Romano Prodi); e si confermano infine anche là dove si parla di energia, con l’invito a «puntare sul nucleare» attraverso la costruzione di centrali sia in Italia sia all’estero, soprattutto presso i nostri confini. Impegno indispensabile e urgente per rimediare - ha detto Montezemolo - «al gravissimo errore» del referendum anti atomo di venti anni fa.
Dove però il decalogo confindustriale delude, dove pecca di eccessiva visione pro domo sua, quasi lobbistica, è sul fronte imposte. Delle quali si auspica sì una decisa riduzione, ma pensando soltanto alle aziende (vessate - ed è vero - da un soffocante total tax rate del 76% contro il 46% degli Stati Uniti). Manca purtroppo ogni riferimento a Irpef e Ici, ovvero agli incubi del povero signor Rossi. Che se prosciugato dal fisco, con quali soldi potrà sostenere i consumi necessari a quella ripresa che sta tanto a cuore a Confindustria?
Guido Mattioni
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Genova, 40enne evirato dall'amante gelosa
>>Da: andreavisconti
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Un 40enne sotto choc in un pronto soccorso con un testicolo tagliato e l’altro sanguinante. Prima ha detto che era stato un incidente, poi ha ammesso che era stata la sua "fidanzata"
Genova - Evirato dall’amante gelosa: questa la disavventura di un uomo di 40 anni, che si è presentato domenica scorsa sotto choc in un pronto soccorso a Genova con un testicolo tagliato, probabilmente da un coltello, e l’altro sanguinante. In base alla prima ricostruzione fornita dalla polizia, l’uomo, un professionista del quartiere residenziale genovese di Castelletto, aveva detto inizialmente ai medici di essere stato vittima di un incidente. Ma poi alla polizia ha affermato di essere stato aggredito dalla "fidanzata".
I contorni della vicenda devono ancora essere chiariti, ma l’ipotesi degli inquirenti è che l’autrice dell’aggressione fosse gelosa della moglie dell’uomo. Di certo il 40enne, quando si è presentato domenica scoesa all’alba all’ospedale Galliera, aveva il testicolo destro staccato quasi del tutto, con la ghiandola genitale irrecuperabile, e un’emorragia estesa all’altro testicolo, definito dai medici in condizioni gravissime. L’uomo è stato poi trasferito al reparto di urologia dell’ospedale San Martino di Genova e sottoposto a un intervento chirurgico. Il commissariato ha identificato l’autrice dell’aggressione e compiuto un sopralluogo nell’appartamento dove si sarebbe consumato il fatto.
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'Ndrangheta, sequestrati beni per 150 milioni
>>Da: andreavisconti
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Congelato il patrimonio delle famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari coinvolte nella sanguinosa faida di San Luca che ha portato alla strage di Duisburg. A San Luca trovato un bunker "caldo"
Reggio Calabria - Beni per un valore di 150 milioni di euro sono in corso di sequestro da parte dei carabinieri del comando provinciale di Locri. L’ingente patrimonio è riconducibile ai componenti delle famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, coinvolte nella sanguinosa faida di San Luca che ha portato alla strage di Ferragosto lo scorso anno. È nel piccolo comune della locride che si stanno concentrando maggiormente i sequestri, il che dimostra che è la roccaforta delle famiglie della ’ndrangheta.
Numerosi sequestri sono in corso anche in Lombardia, dove le cosche riciclano il denaro proveniente per lo più dal traffico di sostanze stupefacenti tramite attività commerciali. In tutto sono state colpite 49 persone appartenenti alle due famiglie rivali, verso le quali il Tribunale ha emesso anche misure personali su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Trovato un bunker "caldo" Un altro bunker è stato trovato dai carabinieri. Si trovava al piano terra dell’abitazione di Giuseppe Pelle, figlio del boss Antonio "Gambazza" che i militari stanno cercando strenuamente da settimane. Si ritiene sia un covo "caldo" come gli altri quattro trovati nella locride e che sono stati attribuiti al capo cosca. Era dotato di un sistema con telecomando, elemento comune in molti bunker di boss della ’ndrangheta.
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Hillary, ultima raffica
>>Da: andreavisconti
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Oggi si vota in Texas e Ohio. Ultima chance per l'ex first lady: o vince o si arrende. Obama, in vantaggio, sfiorato da uno scandalo: a processo uno dei suoi finanziatori
Washington - Di sondaggi, per ora, domani sera di conteggi, presto di conseguenze e decisioni. Mentre altre raffiche si preparano, non contro di lei ma contro il suo rivale Barack Obama, da un'altra direzione, dai sostenitori di un altro quotatissimo candidato alla Casa Bianca, il repubblicano John McCain. Si sono annunciate sulle colonne del Wall Street Journal, con delle «rivelazioni» in coincidenza con l'apertura di un processo per corruzione e frode contro uno speculatore immobiliare di Chicago che qualcuno sospetta possa aver fatto qualche «favore» finanziario a Obama, senatore del suo Stato. E c'è chi chiede che sia fatta chiarezza, quasi con le stesse parole con cui pochi giorni fa il New York Times aveva avanzato una simile rivendicazione a proposito dei rapporti, sentimentali o d'affari, fra McCain e una lobbista.
Sono i veleni di sempre di questa campagna elettorale. Ma passano in secondo piano di fronte all'ennesima prova del voto. Quattro Stati chiamati oggi alle primarie, repubblicane ma soprattutto quelle che contano, democratiche: il Vermont, il Rhode Island ma soprattutto Ohio e Texas. Nei progetti iniziali dovevano portare la corona completando il successo di Hillary Clinton nella corsa alla nomination democratica; gli eventi li hanno trasformati nella sua «ultima frontiera», anzi, dal momento che è del Texas che si parla, nel suo Alamo. Una denominazione adatta per diversi motivi, a cominciare da uno storico: dopo l'impetuosa avanzata di Obama (undici vittorie consecutive in altrettante primarie e caucus) la maggior parte dei «sottogruppi» in cui si articola l'elettorato Usa si sono venuti orientando verso il senatore dell'Illinois: prima i giovani, poi gli indipendenti, i diversi elettori repubblicani, poi la maggioranza del voto maschile. Dalla parte di Hillary restano le donne al di sopra dei 65 anni e gli «ispanici». Nel Texas ce ne sono milioni, concentrati proprio nelle aree in cui 150 anni fa il Messico cercò di difendere la sua sovranità sul Texas. Di qui il mito di Alamo, l'Alcazar di San Antonio e della «rivoluzione yankee».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Adesso i ruoli si sono invertiti: i «rivoluzionari» premono contro questa barriera, l'ultima del «vecchio ordine» nel Partito democratico e, secondo gli slogan di Obama, «dell'intera vecchia America», bisognosa di rinnovamento.
L'ultimo baluardo, l'ultima frontiera. Lo ha detto anche Bill Clinton, marito e, a corrente alternata, stratega della campagna di Hillary: «Se non vincerà qualcosa domani, mia moglie rischierà di brutto». La moglie si è affrettata a far sapere che continuerà a battersi anche nell'ipotesi più negativa, anzi nefasta: che Obama "passi" sia in Texas sia in Ohio. Le ultime rilevazioni di opinione pubblica sono contenute nel sondaggio che John Zogby ha condotto per l'agenzia Reuters e per il quotidiano texano Houston Chronicle. Obama sarebbe in testa in ambedue gli Stati, ma con un margine minimo: 47 a 44 per cento in Texas, 47 a 45 per cento nell'Ohio. In pratica due pareggi, perché nelle primarie democratiche è in vigore il sistema proporzionale. Ma l'effetto «morale» non ne sarà diminuito. Quello che conta è arrivare davanti, magari di un solo voto e nei suffragi popolari. I risultati finali verranno dopo quando la botta sarà assorbita. In ogni caso la promessa di Hillary porta una nuova data: 22 aprile, primaria in Pennsylvania. Secondo quasi tutti gli altri per allora questa "guerra" sarà finita.
Alberto Pasolini Zanelli
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Bjork dal palco sfida la Cina: "Tibet, Tibet"
>>Da: andreavisconti
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Dopo un concerto a Shanghai la cantante islandese ha gridato "Tibet, Tibet". I media di Stato l'hanno ignorata ma su alcuni siti internet sono apparsi commenti duri contro l'artista
Shanghai - La cantante islandese Bjork ha sfidato i suoi fans cinesi gridando "Tibet! Tibet!" dopo un’appassionata interpretazione della canzone "Declare Independence" al termine di un concerto domenica sera a Shanghai. Immediatamente l’atmosfera tra il pubblico è cambiata e in molti hanno abbandonato lo Shanghai International Gymnastic Center dove si era tenuto lo show.
I media di Stato hanno ignorato l’accaduto, ma su alcuni siti internet sono apparsi commenti infiammati contro la cantante. Bjork si era già attirata aspre critiche quando, il mese scorso durante un concerto in Giappone, aveva dedicato la stessa canzone al Kosovo, che ha recentemente dichiarato indipendenza dalla Serbia. Subito dopo, il concerto che Bjork avrebbe dovuto tenere a luglio in Serbia, in occasione dell’Exit festival, è stato cancellato. Una coincidenza un po' strana ma gli organizzatori hanno negato che sia stato annullato per motivi politici.
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Inizia l’era Medvedev A Mosca decine di arresti
>>Da: andreavisconti
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Sciolta con la forza la manifestazione di pochi dissidenti. Gli osservatori europei: elezioni irregolari
I leader del mondo salutano Medvedev e si dicono pronti a dialogare con lui, nonostante la denuncia del Consiglio d'Europa che ha giudicato le elezioni presidenziali «al di sotto degli standard democratici». E a Mosca nulla cambia, soprattutto per chi dissente. Ieri pomeriggio una manifestazione del partito di opposizione liberale Altra Russia non autorizzata è stata repressa con incredibile brutalità dalla polizia. Erano solo cento i dimostranti, per lo più giovani e anziani, armati di bandiere e di striscioni; ma sono stati trattati come pericolosi vandali. Gli agenti, che avevano circondato la zona in tenuta antisommossa, hanno effettuato numerose cariche, picchiando i manifestanti, trascinandoli a forza per decine di metri per poi caricarli sui camioncini. Tra i cinquanta arrestati anche il capo dell'Unione delle forze di destra Nikita Belikh, la dirigente e portavoce di Altra Russia Marina Litvinovic e il noto difensore dei diritti umani Lev Ponomariov. In base alla recente legge antiterrorismo rischiano fino a 15 anni di carcere per estremismo e sovversione.
Non è un inizio confortante per Dmitri Medvedev. Certo, Putin resta in carica fino al 7 maggio e il nuovo presidente non ha pertanto responsabilità dirette in quanto avvenuto ieri, ma ci si aspettava un gesto di apertura, un segnale di tolleranza in linea con la sua reputazione di liberale e moderato. E invece no, domenica notte, il capo uscente e quello eletto hanno assistito fianco a fianco al concerto rock organizzato dietro la basilica di San Basilio per celebrare la vittoria, promettendo continuità. Sono stati di parola e non bastano le notizie provenienti da San Pietroburgo - dove un’altra manifestazione, autorizzata, si è svolta senza problemi, presente l'ex campione del mondo Garry Kasparov - a mitigare l'impressione che nulla cambierà in termini di libertà politica. Chiunque può dar fastidio all'attuale regime viene emarginato, ostacolato, vessato.
>>Da: andreavisconti
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E che la democrazia russa sia ormai solo di facciata, lo hanno confermato gli osservatori del Consiglio d'Europa, che hanno seguito le elezioni di domenica. Il loro giudizio, sebbene, sfumato nel linguaggio per ragioni diplomatiche, è inequivocabile: gli standard minimi di trasparenza e legalità non sono stati rispettati. Il Cremlino ha manipolato il voto, senza, peraltro, che ce ne fosse necessità. «I risultati delle elezioni non sarebbero cambiati se fossero state tenute presenti tutte le nostre raccomandazioni», ha osservato il capo missione Andrea Gross. La popolarità di Putin è tale che sarebbe stata sufficiente a trascinare Medvedev alla vittoria anche rinunciando alle spinte. Certo, magari solo con il 52% anziché con il 70%, ma sarebbe stato un balsamo per ridare credibilità al sistema politico russo. Invece, sebbene onnipotente, l'attuale classe dirigente si dimostra ansiosa, insicura; preferisce stravincere senza concorrenti reali e ricorrendo a massicci brogli, come quelli narrati ieri sui blog e sui pochi giornali russi ancora liberi: medici che hanno costretto i malati a votare in ospedale, migliaia di urne riempite con schede precompilate e così via.
Già, i blog. In Russia sono fonte di libertà, ma forse non per molto. «Stanno preparando una legge per assimilare Internet ai media ufficiali, e dunque metterli a tacere», dichiara Shod Muladzhanov, direttore della Moskovskaya Pravda. Un giornalista libero, ma sempre più pessimista. Marcello Foa
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Taranto. Diossina in un formaggio locale
>>Da: andreavisconti
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Un campione di formaggio locale sarebbe fortemente inquinato da diossina e PCB. A svelare l'accaduto è PeaceLink che, dopo aver fatto analizzare il campione, mercoledì terrà una conferenza stampa per presentare le analisi di laboratorio. Ciò che si sa per certo degli esiti di queste analisi è che hanno registrato un superamento dei limiti di legge per diossine e PCB. Per questo motivo PeaceLink ha già informato la Procura della Repubblica di Taranto. Ora saranno proposti dei provvedimenti da adottare per garantire la sicurezza alimentare.
Intanto, negli scorsi giorni, la Fiom Ggil aveva chiesto uno screening sulla popolazione e sui lavoratori in collaborazione con le autorità sanitarie per rilevare la presenza di diossine e PCB. Dopo la conferenza stampa di TarantoViva, che presentava i campioni di sangue di 10 volontari tarantini e che dimostrava la presenza di valori considerevoli dei due inquinanti, il sindacato aveva dichiarato: "Senza infingimenti e senza voler creare allarmismi non si può che rimanere sconvolti dei primi dati emersi: essi parlano, per quei soggetti che volontariamente si sono sottoposti a campionatura, di un notevole superamento dei limiti di tollerabilità del Pcb”.
E proseguiva: “Per queste ragioni e per non generare altri episodi tragici come quelli di Seveso o Bopal, occorre una rapida e coordinata azione tesa ad una indagine ad ampio raggio per luoghi e classi di campionamento”.
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Dall'Onu nuove sanzioni contro l'Iran
>>Da: andreavisconti
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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la terza risoluzione sanzionatoria contro l'Iran. Il testo, promosso da Gran Bretagna, Francia e Germania, ha ottenuto 14 voti favorevoli su 15 (l'Indonesia si è astenuta). La risoluzione rafforza le sanzioni già esistenti contro il programma nucleare iraniano.
La risoluzione, vincolante, prevede tra l'altro il congelamento di alcuni beni iraniani oltre a nuovi limiti negli spostamenti dei dignitari del regime dei mullah, visto che Teheran continua ad arricchire uranio in loco. I cosiddetti paesi del 5+1, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (Usa, Gb, Francia, Russia e Cina) più la Germania, hanno chiesto al responsabile della politica estera europea Javier Solana di incontrare il responsabile iraniano per le questioni nucleari, Said Jalili. Lo ha detto il rappresentante permanente britannico all'Onu Sir John Sawers, prendendo la parola dopo il varo delle nuove sanzioni dell'Onu contro l'Iran.
Prima del voto ha parlato, a lungo, l'ambasciatore iraniano Mohammad Khazaee, lanciando dure parole contro il Consiglio di Sicurezza, accusato di essersi in realtà abbassato a mettere in opera la politica estera di alcuni dei suoi membrì, tra cui gli Stati Uniti. La Risoluzione 1.803 consolida senza troppo forzare la mano le precedenti sanzioni del 2006 e del 2007, con nuovi congelamenti finanziari e nuovi limiti ai viaggi per i dignitari del regime. Come quelle precedenti la nuova risoluzione dà tre mesi all'Iran per adeguarsi alle richieste della comunità internazionale, e cioè porre un termine all'arricchimento dell'uranio in loco.
L'obiettivo dei paesi promotori era di ottenere - come era successo con le risoluzioni precedenti, la 1.737 del dicembre 2006 e la 1.747 del marzo 2007 - l'unanimità di 15 paesi del Consiglio di Sicurezza. Per superare l'opposizione iniziale di Libia, Sudafrica, Vietnam ed Indonesia, i cinque permanenti - Usa, Gb, Francia, Russia e Cina - hanno accettato di ammorbidire le proprie posizioni, rispetto alle richieste iniziali.
Ma la mossa non è stata sufficiente per conquistare il sì dell'Indonesia, il più grande paese musulmano del mondo, convinto che nuove sanzioni non sono opportune dopo l'ultimo rapporto dell'Aiea, l'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica, non totalmente negativo. Allegata alla risoluzione c'è una nuova lista, più lunga delle precedenti, di società ed entità legati ai programmi balistici e nucleari iraniani i cui beni vengono congelati, oltre ad una lista di dignitari del regime a cui non verrà più permesso di viaggiare.
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Liste Pd, Caldarola: “Abbiamo portato la servitù al potere”
>>Da: andreavisconti
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“Volevamo portare la classe operaia al potere, ma scorrendo i nomi di tante mogli, figlie, portavoce, portaborse, segretari, ragazze/i pon pon, penso che al potere abbiamo portato la servitù”. Peppino Caldarola, sostenitore di Walter Veltroni escluso - sorte toccata anche al costituzionalista Stefano Ceccanti - dalle liste del Partito democratico, commenta in modo caustico - sul blog Vaicolmambo, da lui ideato - la scelta sulle candidature sancita ieri dagli strateghi del loft. Che hanno realizzato una “missione storica”, ironizza Caldarola sin dal titolo del post. In ogni caso, “il blog - assicura l’esponente del Pd - va avanti”. Quanto al suo caso personale, Caldarola avverte: “Non scrivo sulle liste. Leggetele”.
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Quei cambiamenti nel sito del partito democratico…
>>Da: andreavisconti
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Se volete, seguite un consiglio del Velino. Andate su www.partitodemocratico.it; superate la piccola valanga di finestre e audiovideo (comprensibilmente) dedicati a Veltroni; schivate i banner sulla Betancourt e sulla pedofilia; evitate l’insidioso tunnel dei forum; e infine, concentratevi sul rettangolino intitolato “Il programma del Pd”.
Naturalmente, una volta entrati, non siate frettolosi. Fate le cose per bene: cliccate su “leggi il testo integrale” e date l’ordine di stampa. Se la vostra stampante non fa i capricci, se il toner è a posto, e se avete messo sufficiente carta A4, usciranno - opportunamente numerate - 37 pagine scritte in Arial 12.
Se avete fatto tutto questo, siete pronti per arrivare a pagina 6, dove (è il capitolo 4 del programma) inizia l’elenco delle 12 azioni di governo che il Pd si propone di attuare. E sapete com’è intitolata la prima di queste azioni? Tenetevi forte: “Finanza pubblica: riprendere il controllo”.
Direbbe D’Alema: “Sconcertante”. Ma come? Non ci era stato detto che Prodi, Visco e Tps avevano messo i conti a posto? Non erano arrivati i complimenti di Almunia (peraltro, presentato dalla stampa italiana come la Statua del Commendatore, quando invece si tratta di un militante politico socialista)? Insomma, non era tutto a posto? Pare di no…Parola di Pd.
Però…c’è un però. Da qualche ora, il nostro consiglio non potete più seguirlo. O meglio, potete seguirlo, ma con minore soddisfazione. Nel weekend, una mano pietosa, al Loft, ha usato non il bianchetto, ma il tasto “canc”. Morale: il titolo è divenuto un po’ più anodino: “Finanza pubblica”. Chissà perché.
Daniele Capezzone
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Liste Pd, Pasquino stronca Veltroni e rimpiange Bad Godesberg
>>Da: andreavisconti
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“Abbiamo perso le elezioni comunali a Milano candidando a sindaco un prefetto, Bruno Ferrante. Pensiamo forse di vincere le politiche raddoppiando i prefetti e aggiungendo un generale?”. Al politologo Gianfranco Pasquino, ex parlamentare della sinistra, il modo in cui Walter Veltroni si sta muovendo nella scelta dei candidati proprio non piace. Lo “stillicidio” - così lo definisce - di annunci sulle candidature-vetrina non può essere affatto condiviso, dice al VELINO il politologo. Che non risparmia dalle critiche neppure la scelta di puntare su giovani ricercatrici per il ruolo di capolista - “mandarle in Parlamento significa rovinare la loro vita, quanto ritorneranno agli studi si troveranno nettamente distanziate dai colleghi” - né il ricorso a imprenditori come Massimo Calearo “il quale non ha mai detto di essere un uomo di centrosinistra, e del quale non si conoscono le qualità politiche”. La composizione delle liste sembra a Pasquino “rispondere a esigenze prettamente pubblicitarie - ‘un operaio ma anche un imprenditore’. Al gruppo dirigente del Pd era stato chiesto di organizzare elezioni primarie. La risposta è stata no anche laddove i Ds e persino la Margherita avevano manifestato disponibilità: tutto si riduce a un’operazione di vertice”. Il disappunto del politologo è tale da stimolargli nostalgia per il Pci, “che sceglieva i candidati anche attraverso consultazioni della base, così da saggiarne la popolarità e l’indice di gradimento”. Ora, invece, il leader del Pd fa “il bello e il cattivo tempo”. Ma, procedendo a candidature concepite solo per raggranellare “qualche voto in più” (esito del quale Pasquino dubita), rischia - avverte il politologo - di ritrovarsi senza un gruppo parlamentare all’altezza, in cui spicchino 20-30 personalità dotate della necessaria qualità politica. “E parlare di rischio è un eufemismo”.
>>Da: andreavisconti
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D’altra parte, in questa fase “non vedo all’opera - prosegue il cahier de doléances di Pasquino - alcun gruppo dirigente del Pd, vedo solo un collaboratore di Veltroni come Goffredo Bettini”. A maggior ragione per il politologo “un passaggio congressuale ravvicinato è cruciale. Sia che si vinca, sia che si perda. Se Veltroni vince, si tratterà di confrontarsi su ciò che il governo farà davvero. E di garantire al leader il massimo sostegno del congresso. Se perde, bisognerà riflettere sugli errori commessi - anche nel reclutamento dei candidati. Né basterà dire che vincere era difficile. Tanto meno lo si potrà fare se Veltroni perderà alla grande - in quel caso, anche la sua leadership potrebbe essere messa in discussione”. Nelle assise auspicate da Pasquino “occorrerà poi rispondere alla domanda fondamentale: come si costruisce e si organizza un partito non di sinistra come quello concepito da Veltroni. E come si costruisce un gruppo dirigente adeguato”. Per il politologo gli sbagli sono cominciati con un confronto per la leadership basato “su tre candidature, di cui una sovrastante. Anche l’aver impropriamente parlato - per quella corsa a tre - di primarie è un errore rivelatore. Evidentemente non si sa neppure che cosa siano, le primarie”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Dopo una simile falsa partenza, si capisce perché - per costruire un partito moderato e di sinistra così come lo immagina Pasquino - Veltroni “abbia fatto - per dirla all’inglese - too little, too late”. Non solo. Per il politologo c’è “molto di vero” nelle posizioni di quanti criticano la sinistra italiana per avere finora saltato “l’appuntamento con Bad Godesberg”, la località che ospitò nel 1959 un congresso di svolta - dal marxismo all’economia di mercato - del Partito socialdemocratico tedesco. Un tema che riaffiora oggi nella polemica tra chi, a sinistra del Pd, accusa Veltroni di dare addio nel modo peggiore - candidando un “falco” quale Calearo - al conflitto di classe, e chi - a nome del nuovo soggetto - replica - come fa Antonello Soro - che “i conflitti sociali ed ideologici rientrano in un’idea vecchia di cui il paese non ha bisogno”. Un confronto interessante, che scaturisce però dalle reazioni a una candidatura anziché da una svolta congressuale come quella compiuta quasi mezzo secolo fa dai socialdemocratici tedeschi. “I momenti per fare una Bad Godesberg all’italiana ci sono stati, ma nono stati rifiutati”, lamenta Pasquino, accennando alle occasioni manate di Rimini e Pesaro (“dove Giuliano Amato tenne uno straordinario discorso riformista, senza però riuscire in seguito a passare dal predicare bene al razzolare”).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Tipico della nostra sinistra ex comunista - aggiunge il politologo - è “presentare assise o stati generali come momenti epocali che alla prova dei fatti si dimostrano - basti pensare a Orvieto - appuntamenti dal dibattito precostituito. Mentre occorrerebbe valorizzare il dissenso, come quello che in un Pd ad ampio raggio politico avrebbero potuto esprimere Gavino Angius e Fabio Mussi. Un tempo il Pci schiacciava il dissenso, ora lo si soffoca”. Rispetto a questo deficit culturale e politico, la politica delle candidature tracciata da Veltroni “è la punta dell’iceberg. Una punta molto brutta: a Bologna nelle candidature si intravede solo una riverniciata ai ceti dirigenti di Ds e Margherita. Né va meglio col ringiovanimento per cooptazione: in un partito si dovrebbe emergere combattendo battaglie al termine delle quali chi perde esce, chi vince accelera la propria ascesa”. Così avviene tra i laburisti britannici, fa notare Pasquino. Che per il prosieguo della campagna elettorale veltroniana paventa - dopo lo stillicidio delle candidature - quello sull’annuncio dei ministri: “Anche per la squadra di governo si dovrebbero consultare i gruppi parlamentari e i dirigenti del Pd. Invece un leader plebiscitato come Veltroni esercita un grande potere plebiscitario - il che, ai tempo del Pci, avrebbe rappresentato un peccato mortale - e privo di contrappesi. L’indisponibilità ad accettare critiche rende ulteriormente asfittico il dibattito”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Per Pasquino le cose non andavano granché meglio ai tempi della segreteria Fassino, anche se le bacchettate pubblicamente inferte al politologo dall’allora leader Ds “erano almeno - ironizza - un segnale di attenzione. Rendo omaggio al compagno Piero, che forse si candida a fare il sindaco di Torino”. A Roma, invece, in pista c’è per la terza volta Francesco Rutelli. “Pessimo segnale, quello di un dirigente nazionale che lascia il Parlamento - forse sentendo aria di successo del centrodestra - per ambire a una poltrona di sindaco già conquistata due volte”, osserva Pasquino. Che conclude chiedendo: “Era forse questo lo spirito della legge che vietava ai sindaci più di due mandati consecutivi? No: l’intenzione era favorire la circolazione del personale politico, non il riciclaggio di chi ha il presentimento di una sconfitta”.
Nicholas D. Leone
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Veltroni, stabilizzare gettito lotta a evasione a 24 mld
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 4 della discussione
Sulla candidatura dell'industriale Massimo Calearo nel Pd, Veltroni ha sottolineato: "La nostra linea e' quella di un'alleanza dei produttori. Il Paese deve crescere: da partito del lavoro abbiamo candidato un operaio della Thyssen e questo non e' in contraddizione con l'essere il partito delle piccole e medie imprese, dei commercianti degli operai e dei produttori". Veltroni ha anche commentato gli ultimi sondaggi di Renato Mannheimer sottolineando che "tra le due coalizioni ci sono 6,5 punti percentuali di differenza, mentre tra Pd e Pdl 4 punti percentuali". Per quanto riguarda, invece, l'iniziativa del compenso minimo legale, il leader del Pd ha rilevato che si tratta di "una misura elementare di civilta' che c'e' in quasi tutti i Paesi", si trattera' poi di dare "un aiuto fiscale alle imprese che stabilizzano il lavoro" per aiutare i precari ad uscire dalla spirale dell'insicurezza nei confronti del futuro. "Il Paese e' fermo - ha aggiunto Veltroni - deve crescere e, quindi, o lo si scuote o lo troveremo a valle". "Il nostro programma - ha ricordato il leader del Pd - costa circa 30 miliardi" e tra le sue voci di finanziamento principali ha ricordato "la riduzione della spesa pubblica primaria al netto degli interessi che e' la sfida da cui dipende la capacita' del Paese di riprendere a crescere e che varra' 0,5 punti di Pil il primo anno e un punto negli anni successivi. Al secondo punto c'e' il rafforzamento della lotta all'evasione con la stabilizzazione dei 24 miliardi di euro l'anno di gettito che Visco ha fatto rientrare e grazie ai quali io spero di potere effettuare la riduzione fiscale sui salari e sugli stipendi". Alla domanda del perche' Tommaso Padoa-Schioppa non sia stato candidato nonostante i risultati raggiunti in tema di risanamento dei conti pubblici, Veltroni ha risposto spiegando che "Padoa-Schioppa non e' un politico ma e' un tecnico". Infine, sulla questione del Settentrione, Veltroni ha sottolineato che "il Nord non ha bisogno del parlamento della Padania, ma di infrastrutture, fisco, formazione e lotta alla burocrazia. Il programma del Nord e' il programma del Pd". In proposito Veltroni ha ricordato che la candidatura di Calearo "dimostra che qualcosa e' cambiato: nel 2006 Calearo non si sarebbe mai candidato con il centro sinistra e questa e' la dimostrazione che qualcosa e' cambiato".
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Al secondo punto c'e' il rafforzamento della lotta all'evasione con la stabilizzazione dei 24 miliardi di euro l'anno di gettito che Visco ha fatto rientrare e grazie ai quali io spero di potere effettuare la riduzione fiscale sui salari e sugli stipendi".
Ma che farlocco e' Uolter.
I 24 miliardi sono tasse pagate in piu' dai poveracci, che Visco ha travestito da lotta all'evasione.
La GDF recupera una frazione infima di quella cifra, mentre, nel frattempo le banche e societa' varie che hanno copertura politica tengono le sedi fiscali in Lussemburgo...
>>Da: firefox65
Messaggio 2 della discussione
Padoa Schioppa è un tecnico quindi Veltroni non lo candida mentre Calearo è un politico?
E da quando?
>>Da: Leo
Messaggio 3 della discussione
Confermo, è una idiozia, 24 miliardi non sono ASSOLUTAMENTE i soldi recuperati, tu puoi accertare anche che un tizio, che so Tanzi (un nome a caso) ha evaso 100 miliardi di euro, ma se poi quello risulta nullatenente perchè è sparito tutto alle Cayman, tu hai recuperato 0,0 centesimi dopo che sui giornali esce la notizia "la GDF scopre evasione per 100 miliardi di euro"
Mi pare che sì e no abbiano recuperato nel 2007 500 milioni di euro IN PIU' sul 2006, altro che 24 miliardi
I 24 miliardi vengono dalle maggiori tasse, esplicite ed implicite (aumenti degli studi di settore, aumento della base imponibile a fronte a volte di una fittizia riduzione di aliquote, ecc...), altro che lotta all'evasione.
Comunque è una notizia: Veltroni dichiara finalmente di voler mantenere la tassazione così com'è, altro che riduzione.
Le conosciamo le riduzioni della sinistra e ormai le conoscono tutti gli italiani, una volta puoi fregarli, la seconda no.
Ricordate Prodi che diceva "ma questo è pazzo" rivolto a quello che gli chiedeva nel 2006 se avrebbero aumentato le tasse?
>>Da: Elios8943
Messaggio 4 della discussione
Non dubito che se dovesse vincere Uolter aumenterebbe le tasse con il pretesto della armonizzazione fiscale, abbassando le aliquote e alzando la base imponibile, aumentando di fatto il gettito.
Scuola Pravda-Frattocchie, a cui Veltroni si è abbeverato fin dalla più tenera età, mentre in età adulta si ritrova alla scuola pattumiera democratica con direttore didattico Bassolino.
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Pentola a pressione
>>Da: lucia
Messaggio 1 della discussione
Ce l'avete? La usate? La temete o l'adoperate quasi ad occhi chiusi oramai?
Quali sono i piatti che preparate piu' spesso con questa pentola?
Ne ho appena comprata una della Lagostina.
Se avete qualche vostra ricettina da consigliarmi, postatela pure qui! Intanto mi armo di carta e penna e prendo appunti!
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Tremate tremate le streghe son tornate.....
>>Da: annina
Messaggio 1 della discussione
L'«ultima strega» si appella alla Scozia
Londra, i parenti di Helen Duncan chiedono al Parlamento di Edimburgo di riabilitare la donna
LONDRA (Regno Unito) — Questa è una storia di stregoneria che coinvolge Re Giorgio VI, Sir Winston Churchill e... James Bond. Ma è vera. Scritta nei verbali di un processo tenuto nel 1944 all’Old Bailey, il famoso tribunale criminale di Londra.
LA NAVE AFFONDATA - Il caso comincia in una mattinata del novembre 1941 nel Mediterraneo. La corazzata HMS Barham, veterana della battaglia di Capo Matapan, è impegnata nella caccia a un convoglio di rifornimenti italiani diretti al fronte libico. Emette una cortina fumogena, ma un U-Boot tedesco lancia in rapida successione tre siluri: la nave inglese è colpita mortalmente, esplode, 861 marinai di Sua Maestà muoiono. Un duro colpo per la Mediterranean Fleet. Ma i ricognitori italiani e tedeschi, disorientati dal fumo, non riportano al comando la notizia dell’affondamento.
LA VEGGENTE - L’Ammiragliato, a Londra, decide di giocare la carta del segreto, per non dare al nemico un’informazione utile sull’indebolimento della flotta e per non demoralizzare ulteriormente il fronte interno, già provato dalla ferocia dei bombardamenti su Londra e dai rovesci dei primi mesi di guerra. Però a casa, alla base di Portsmouth, la madre di un marinaio disperso, in preda all’ansia per la mancanza di notizie, si rivolge alla signora Helen Duncan, una veggente famosa ai tempi, che a quanto pare era stata consultata nel passato anche dal re e dal primo ministro Churchill. La Duncan era una "medium materializzatrice", la sua tecnica la portava in trance e le permetteva di produrre un ectoplasma attraverso il quale lo spirito del defunto recuperava fattezze terrestri per comunicare con i viventi. Così il marinaio seppellito in fondo al Mediterraneo «parlò» e svelò il segreto della sua morte. Per il dolore della madre e la frustrazione dell’Ammiragliato.
L'ARRESTO - A quel punto il secret service della Royal Navy cominciò a interessarsi alla Duncan. La seguì nelle sue sedute attraverso il Regno Unito, temendo che potesse svelare altri segreti, che potesse essere magari un’agente al servizio dei tedeschi. Finchè nel marzo del 1944, quando il comando anglo-americano era impegnato nella fase finale della preparazione dello sbarco in Normandia, il controspionaggio decise di agire. Infiltrò uno dei suoi uomini in una seduta spiritica e arrestò la veggente. Tra gli ufficiali che seguirono il caso c’era il comandante Ian Fleming, assistente personale del capo dell’intelligence della Marina, che dopo la guerra diventò famoso per i romanzi di James Bond.
IL PROCESSO - Helen Duncan fu arrestata e mandata sotto processo. Ma il giudice non trovava un capo d’imputazione valido. La realtà era che il quartier generale alleato era in preda alla paranoia, nel timore che qualche dettaglio sul D-Day potesse in qualche modo essere svelato. Così fu rispolverato il Witchcraft Act del 1735: la legge sulla stregoneria. La Duncan fu condannata a nove mesi di carcere per magia nera. Winston Churchill, uomo pratico, scrisse al ministro dell’Interno contestando «l’assurdità dell’imputazione» e lo spreco di fondi pubblici per un processo dalle motivazioni così poco credibili. Secondo alcune testimonianze andò anche a visitare la medium in cella (ma questa tesi è contestata). Sta di fatto che Churchill nel 1951 fece abolire la legge sulla stregoneria e fece passare al suo p
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Valladares, simbolo vivente del dissenso cubano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Paolo Della Sala
Armando Valladares è stato tra i primi prigionieri politici di Cuba. Fu incarcerato nel 1960, all’età di 23 anni. Finì in carcere perché aveva rifiutato di piazzare sulla scrivania una dichiarazione di fedeltà al comunismo. Passò 22 anni nei gulag di Castro e Guevara, insultato come traditore e membro della polizia segreta di Batista. In realtà era soltanto un poeta. Passò anni nei campi di lavoro e nelle celle di isolamento. Nel 1963 gli fu offerta la “tuta blu”, destinata ai criminali comuni, ma la rifiutò, come rifiutò di partecipare a ogni programma di “riabilitazione” e “rieducazione”. Fu liberato nel 1983 dopo una vasta mobilitazione internazionale. Il suo libro di memorie “Against all hope” diventò un best seller. Il presidente Ronald Reagan lo nominò ambasciatore degli Usa presso la Commissione dei diritti umani dell’Onu e inchiodò Castro per violazione dei diritti umani. Fu premiato da Reagan con la Citizen Medal. Ora è presidente del Valladares Project e dirige il Council della Human Rights Foundation. Nel 1988 Valladares fece un intervento alla Commissione sui diritti umani di Ginevra. Ecco alcune sue parole: “Ho passato molti anni in prigione, ho avuto molti amici. Uno di questi era Roberto Lopez Chavez, un bambino.
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Colombia e Farc venti di guerra in America Latina
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
Ecuador e Venezuela stanno comportandosi come i veri successori della politica di Fidel Castro. Ora mobilitano le loro forze contro
la Colombia. Per proteggere le Farc, il movimento ribelle comunista fondato nel 1964 e sostenuto per decenni dal regime castrista. Intanto Armando Valladares, simbolo vivente del dissenso cubano, denuncia la nuova connivenza tra Raul Castro e il Vaticano. La visita del Cardinal Bertone nell’isola ha ridato linfa a un regime morente. Tradendo la speranza dei cattolici perseguitati
di Stefano Magni
Da tre giorni la Colombia sta subendo una forte pressione militare su entrambi i suoi confini principali: a Sud, l’Ecuador ha trasferito le sue truppe lungo la frontiera. A Est, già da domenica, Hugo Chavez ha rafforzato ulteriormente le guarnigioni venezuelane di frontiera (mobilitate già dal dicembre scorso) e ha posto l’aviazione in stato di allerta. Le relazioni diplomatiche fra i tre paesi sono interrotte: prima Chavez, poi Rafael Correa (presidente dell’Ecuador, anch’egli un populista di estrema sinistra) hanno ordinato ai rispettivi ambasciatori di lasciare la Colombia. Ma cosa è successo? La tensione fra i due presidenti populisti e il governo liberale filo-statunitense colombiano è naturalmente alta, per motivi ideologici. La Colombia accusa i suoi vicini di estrema sinistra di appoggiare direttamente le Farc, il movimento di guerriglia nato nel 1964 come braccio armato del partito comunista locale. I guerriglieri pongono una triplice minaccia alla sicurezza colombiana: sfidano da quasi mezzo secolo il governo democratico, trafficano droga per rifornirsi di armi e costituiscono una testa di ponte per nazioni straniere.
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Noi cattolici cubani traditi dal Vaticano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 6 della discussione
L’opinione di Armando Valladares sul viaggio a Cuba del Cardinal Bertone
L’aspetto peggiore del viaggio del segretario di Stato del Vaticano è l’incomprensibile vicinanza di un’ampia parte delle gerarchie cattoliche verso la tirannia cubana. Questa politica prosegue da quattro decenni con enigmatica continuità, fino al pontificato di Benedetto XVI. La visita del cardinale Tarcisio Bertone nell’isola-carcere, avvenuta tra il 21 e il 26 di febbraio, ha prodotto forte disagio e indignazione tra i fedeli cubani e della diaspora. Si è trattato di un soccorso diplomatico utile per il regime, proprio nel momento di una grave crisi politica. Poco prima di sbarcare a Cuba, in una dichiarazione rilasciata al quotidiano dei vescovi italiani Avvenire, il cardinale Bertone ha detto di voler accogliere un invito della chiesa cubana, per celebrare il decimo anniversario del viaggio di Giovanni Paolo II nell’isola. Tuttavia, insieme a ciò, il viaggio era motivato da “un invito, particolarmente pressante, da parte delle autorità”. Si riferiva ai carcerieri comunisti del regime. Il capo della diplomazia vaticana aggiunse, con parole scioccanti, che “Cuba è la prova che il dialogo sincero dà sempre frutto”, mostrando di non tener conto del monito evangelico secondo cui “Un albero cattivo non può dare frutti buoni” (Matteo 7:18).
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Il Decalogo degli industriali
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Alessandra Mieli
Cari signori, è ora di rimboccarsi le maniche e infilare le mani nel letamaio. Se non fosse un elegante e forbito signore, Luca Cordero di Montezemolo l’avrebbe spiegata così. Ma siccome è il presidente degli industriali e di molte altre attività economico finanziarie, Montezemolo ha usato un linguaggio meno colorito ma altrettanto chiaro per chi volesse ascoltare. Il rappresentante di quelli che una volta si chiamavano “padroni” ha spiegato che se il Governo che uscirà dalle urne il 13 aprile non si darà seriamente una mossa mettendo mano al sistema Italia, non ci saranno più altre occasioni. Stop, questo è l’ultimo treno. A Montezemolo a parecchi suoi colleghi importa davvero poco se a Palazzo Chigi ci arriverà Silvio Berlusconi o Walter Veltroni (gli altri manco li prendono in considerazione), in questa materia i “siori paroni” sono assolutamente bipartisan: tan’è vero che si candidano un po’ di qua e un po’ di la. Agli industriali premono altre cose: nell’ordine “sono necessarie grandi scelte che non saranno senza costo, perché veniamo da troppi anni di non scelte. Il Paese deve essere preparato ad affrontare con determinazione le radicali profonde e ancora largamente imprevedibili trasformazioni globali, sociali e ambientali che avverranno nei prossimi anni.
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Bertinotti vs Calearo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Barbara Alessandrini
Rifondazione apre la polemica sulla candidatura del leader di Federmeccanica Massimo Calearo nel Pd. “Il Partito democratico mette in lista un falco di Confindustria” ha tuonato alla notizia Fausto Bertinotti che, per lo meno, si è tranquillizzato rispetto alla scelta dei tre candidati lavoratori con cui Veltroni ha tentato l’accreditamento nel mondo dei salariati. Eccola, dunque, la vera natura del Pd, svela il leader della Sinistra Arcobaleno: “Sul terreno strategico il Partito democratico nega i conflitti del lavoro. Questa è una novità perché la sinistra in genere si è sempre basata sul conflitto sociale. Quella, infatti, è la base della sinistra autentica: i lavoratori sono la base della società, del conflitto e della dialettica sociale”. La candidatura di Calearo diventa dunque un’ottima occasione per richiamare in carreggiata la base elettorale magari confusa dagli specchietti per le allodole messi in campo da Veltroni. E per puntualizzare come “l’idea che non ci siano interessi contrastanti tra le classi non corrisponde al vero”. “La Sinistra Arcobaleno -ha sottolineato Bertinotti - ha proprio il compito di far rivivere la sinistra. Una nuova sinistra in Italia.
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Le lezioni morali dell’indagato Antonio Di Pietro
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Dimitri Buffa
Giovedì sera scorso da Michele Santoro ad “Anno zero” Antonio Di Pietro ex eroe di “mani pulite” e attuale politico in carriera non ha giocato “in casa” come pure avrà creduto prima della trasmissione. E la sua propaganda come partito dalle mani pulite e anti inquisiti gli si è ritorta decisamente contro. Il problema è che Di Pietro stesso resta un inquisito a causa della pesante e apparentemente fondata denuncia dell’avvocato Mario Di Domenico, suo ex socio fondatore dell’Italia dei Valori. Tutto a proposito di un’assemblea di bilancio del 31 marzo del 2003, in cui sarebbe stato certificato il falso, cioè che i conti del movimento politico erano in ordine. E questo apponendo una firma falsa al posto di quella del denunciante che qualche giorno fa ha portato in aula le prove della sua non partecipazione a detta assemblea societaria tenutasi in Busto Arsizio nella data su citata. Anche se gli astanti, Santoro e Travaglio, facevano finta di niente, con la faccia di quelli che si danno di gomito, il “convitato di pietra” di Di Pietro è stato evocato dall’ottimo Luca Telese del “Giornale” il quale ha letteralmente messo con le spalle al muro il per l’occasione balbettante paladino dei valori della sua Italia.
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L’anomalo bipartitismo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Può anche essere che dopo il voto del 13 aprile ci sia la tanto auspicata semplificazione del quadro politico ed il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo. Ma intanto, mentre nelle passate elezioni i candidati Premier erano solo due, adesso i candidati a guidare il governo nella prossima legislatura sono dieci. Ed anche se all’ultimo momento dovessero diventare otto visto che Giuliano Ferrara e Clemente Mastella potrebbero rinunciare, sarebbero sempre un numero esorbitante rispetto ai due del 2006. Si dirà che in questo numero, sempre escludendo Ferrara e Mastella, fanno parte candidature marginali come quelle della lista di Ferrando e di Turigliatto e candidature sicuramente destinate a non superare il quorum come quella del socialista Enrico Boselli. Ma, a parte che nelle vicende politiche italiane le sorprese non possono mai essere escluse a priori, è un fatto che sul campo rimangano Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, come rappresentanti dei due principali partiti volutamente privati della loro identità originaria, e Daniela Santanché , Pierferdinando Casini e Fausto Bertinotti, espressione delle tre precise identità politiche della destra, del centro e della sinistra. In apparenza questa differenza può apparire come una sorta di distinzione tra i due grandi partiti innovatori e i tre partiti tradizionalisti che, essendo fortemente identitari e legati al vecchio modo di fare politica, sono fatalmente destinati ad essere minoritari. In realtà l’apparenza rischia di essere fuorviante. In primo luogo perché, come spesso accade, il vecchio ed il nuovo tendono ad intrecciarsi.
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Lavoratori morti ed imprenditori assassini
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Davide Giacalone
La deformazione ideologica non si ferma neanche davanti a morti tanto tragiche quanto eloquenti. Il decreto legislativo, che il governo vara, non solo non salverà la vita a nessun lavoratore, ma renderà peggiore la vita delle imprese e dei lavoratori stessi. L’idea che siano trecento articoli di prescrizioni ed obblighi, di sanzioni e pene, a dovere garantire la sicurezza stride con la dinamica dell’incidente di Molfetta. L’idea che la sicurezza sia una tema ove si contrappongano gli interessi dei lavoratori a quelli dell’impresa fa a cazzotti con quei cinque morti, fra i quali il titolare dell’impresa, che prima chiama i pompieri e poi si getta nello sfortunato tentativo di salvataggio.
In quei trecento articoli ci sono vincoli giusti ed opportuni, come anche prescrizioni inutili e difficili da rispettarsi. Al solito: nessuno potrà essere mai del tutto in regola, in una gara d’ispettori fra chi la spara più grossa e chi la chiede più cara, talché, alla fine, le cose utili faranno la fine delle inutili. E’ c’è, in quel testo, l’aggravante di lesione od omicidio colposo per ogni incidente sul lavoro, facendo degli imprenditori dei potenziali assassini, salvo che non dimostrino d’avere rispettato alla lettera norme che alla lettera non sono rispettabili. S’inaspriscono norme e sanzioni, come se da noi ci fossero più morti che altrove, ed invece ce ne sono meno della media europea. Damiano dice che sarà più di quanto prevede la 626. Quindi sarà più di quanto già oggi non funziona. Meraviglioso.
Si citano casi come quelli della Thyssen per chiedere che si dia giustizia alle vittime. Se la giustizia funzionasse i responsabili si ritroverebbero presto in galera e le vittime risarcite per il possibile. Ma non è che se non si fa il processo in dieci anni questo vale a giustificare che negli altri ambienti di lavoro si obbligano tutti ad adempimenti inutili e li si sottopone a controlli insufficienti e vessatori. Così ci si limita a duplicare le disfunzioni statali.
La sicurezza è una cosa seria che richiede educazione e collaborazione, coinvolgendo lo Stato, i lavoratori e gli imprenditori. Certo, punendo chi viola la norma, ma senza far credere che più la legge è barocca e più la classe operaia si salva, perché questa è una bugia che ingrassa solo la burocrazia.
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E' già l'ora del malcontento democratico contro Veltroni
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Fabrizio de Feo
E’ l’ora del “malcontento democratico” e della conta dei feriti. Presentate le liste, il Pd cerca di riassorbire l’ondata di ritorno e la rabbia degli esclusi illustri, la delusione di chi si aspettava un trattamento migliore e ora prende atto di una dura realtà. Una mappa, quella dello scontento, che va dal Nord al Sud e attraversa il partito sia attraverso la protesta di singoli esponenti sia attraverso la reazione di alcune componenti politiche interne.
Il caso più eclatante è quello dei Radicali. Il caso scoppia in mattinata quando a Radio Radicale Emma Bonino si lascia andare a uno sfogo e a un duro attacco contro Walter Veltroni. «Ci era stata data, scritta a mano, la lista dei candidati radicali e ora emerge chiaramente che la proposta da loro fatta dei nove eletti non è mantenuta». Non è una questione di trattativa, ma «la certezza che siamo eletti tutti noi non c'è». «Chiediamo e vogliamo la certezza che il Pd sia coerente con la proposta che ci ha fatto». Poi la stoccata sugli alleati: «Ad oggi risultano inaffidabili rispetto alle proposte che ci hanno fatto. Questa è la situazione». Riguardo alla sua personale candidatura la Bonino avverte: «Non intendo candidarmi in Piemonte perché non sono un soprammobile, da loro sbrecciato che si può prendere e spostare dove vogliono. Non sono un oggetto che può essere usato o spostato. Stando così le cose non sono nemmeno convinta che valga la pena di essere candidata da qualche parte».
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La Rai si schiera contro le conferenze dei candidati premier
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Guido Forte
Ora contro i duelli Tv ci si mette anche la Rai. O meglio contro le conferenza stampa dei candidati premier decise dalla Commissione Vigilanza visto che almeno per ora l’ipotesi di faccia a faccia tra i vari leader politici è solo teorica. E così più che la politica potrebbe essere proprio il cavallo di viale Mazzini a mettere a repentaglio la messa in onda e quindi anche lo svolgimento degli stessi confronti tv. Questioni di soldi o meglio di sponsor che potrebbero mettere ko le finanze già debilitate della Rai.
Timori che si rincorrono da giovedì scorso e cioé da quando la Commissione di Vigilanza ha varato il regolamento per la comunicazione politica di queste elezioni 2008. Da allora i dirigenti Rai hanno iniziato a fare un po’ di conti e sono giunti alla conclusione che quanto deciso dalla Vigilanza rischierebbe di imballare non tanto i palinsesti ma soprattutto le casse di viale Mazzini. Un danno fanno sapere dalla Sipra, la cassaforte Rai che gestisce la pubblicità, di circa 40-50 milioni di euro. Un vero salasso.
Tutta colpa di quella decina di “conferenze stampa” in diretta per sessanta minuti tra le 21 e le 22.30 su Rai Uno tra i vari candidati premier (al momento se ne contano otto); di quella dozzina di “interviste” della durata di venti minuti tra le 22 e le 22.30 a tutti i rappresentati delle varie liste in corsa; ed infine del lunghissimo elenco di “Tribune elettorali”, tutte da svolgersi in un buon orario di ascolto, alle quali di regola prenderanno parte quattro esponenti politici.
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Gas, premier ucraina: Non impediremo transito verso Europa
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Il primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko ha dichiarato stamani che l'Ucraina non intende impedire il transito di metano russo verso l'Europa, nonostante la disputa sorta con il colosso del gas Gazprom.
Lo riporta l'agenzia Interfax.
L'Ucraina è un partner affidabile. Non violeremo i nostri impegni su trasporto e esportazione di gas verso i Paesi dell'Unione europea", ha dichiarato stamani il premier Tymoshenko, aprendo il consiglio dei ministri.
Il colosso del gas russo Gazprom ha dimezzato le forniture di gas verso l'Ucraina, accusando Kiev di non aver ancora saldato in toto il debito pregresso. A partire da lunedì prossimo, Gazprom non ha escluso un ulteriore taglio, dovesse perdurare la situazione. Ieri, la compagnia statale del gas ucraina Naftogaz ha minacciato di ridurre il flusso di metano russo verso l'Europa, per poi però fare marcia indietro in serata.
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Primarie Usa: Hillary vince in 3 stati, anche in Texas
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Missione compiuta. La senatrice di New York Hillary Clinton ha vinto anche le primarie democratiche del Texas, dopo i successi in Ohio e in Rhode Island.
Con il 75 per cento dei seggi scrutinati e un vantaggio di oltre settantamila voti, il senatore di Chicago Barack Obama - che ha vinto invece in Vermont - non può più recuperare lo svantaggio, pur minimo.
Il computo dei delegati potrebbe tuttavia non essere molto diverso, dopo le tre vittorie di Clinton. Obama è in testa nel secondo confronto della giornata elettorale del Texas. Obama sta ottenendo una percentuale maggiore di voti nei caucus. Il complesso sistema delle primarie in Texas prevede che i due terzi dei delegati in palio siano assegnati con le primarie, e il rimanente terzo con le riunioni di quartiere dei caucus.
Clinton ha dedicato le vittorie in Ohio e Rhode Island "a tutti coloro che vengono dati per spacciati e invece non lo sono, a tutti coloro che sono caduti e si sono rialzati, a chi è stato in difficoltà ma si è ripreso". Obama, congratulandosi con l'ex first lady H, ha ribadito che "qualsiasi sia il risultato finale di questa notte, domani la situazione nel computo totale dei delegati sarà praticamente la stessa, e noi vinceremo la nomination". L'appassionante corsa verso la Casa Bianca continua e il rischio per il partito democratico è più che mai quello di una lacerazione interna.
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Gaza: Hamas mette bambini sui tetti come scudi umani
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Per prevenire gli attacchi israeliani ai depositi di missili Qassam e delle infrastrutture dove vengono fabbricati, Hamas ha piazzato bambini sui tetti come scudi umani.
Yediot Ahronot, corrispondente dell’agenzia Itamar Eichner, riporta nell’edizione di oggi che nel corso di un briefing tra il ministro degli Esteri israeliano Livni e alcuni ambasciatori stranieri, un esponente dell’intelligence militare ha reso noto che “prima dell’intervento contro i depositi di Qassam e le infrastrutture dove vengono fabbricati, i militari israeliani hanno distribuito volantini in cui si richiedeva ai residenti di sgomberare l’area. Ma Hamas ha sfruttato la distribuzione dei volantini per piazzare bambini sui tetti di quelle infrastrutture per prevenire gli attacchi. E stato infatti grazie a questo trucco che l’aviazione israeliana è stata costretta ad annullare numerosi raid all’ultimo momento”.
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Bondi: "Per il Cavaliere sono monsignor Bondi"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Onorevole Bondi, quando lei va in televisione è cattivo, violento, arrogante, crudele. Il Bondi che conosco io è gentile, simpatico, cortese... Com’è questa storia?
«Ci sono due Bondi. Il primo è quello che sono, quello che credo di essere, che sento di essere. Il secondo è un altro Bondi. Quando mi rivedo in televisione mi meraviglio di me stesso. Molta gente me lo dice».
Che cosa dice la gente?
«Dice: “Ma lei è molto diverso da come appare in televisione. È meglio”.
Le televisione non le dona.
«Mi sono fatto triturare dalla tv, dalle innumerevoli piccole dichiarazioni polemiche quotidiane. Troppo spesso sono comparso per pochi attimi, giusto il tempo di dire qualche battuta violenta contro la sinistra, in difesa di Forza Italia e di Berlusconi».
Il suo problema è che lei non fa altro che prendere le difese di Berlusconi, che parlare bene di lui...
«Ho una mia autonomia politica e intellettuale. Fra i collaboratori di Berlusconi sono forse il più libero, il più indipendente. Mi fa male che la gente pensi diversamente».
Qualcuno ha scritto: «Bondi sussurra qualche no al Cavaliere». Dei no sussurrati...
«Io non dico mai no a Berlusconi. Ma c’è sempre un confronto vero fra noi. Non è facile la mia posizione. Io sono il coordinatore politico di un partito che si fonda sulla leadership carismatica di Berlusconi, ma al tempo stesso sono anche il suo consigliere. Due cose che non stanno insieme con difficoltà. In questi tredici anni il meglio di me dal punto di vista dell’elaborazione politica e, dell’elaborazione intellettuale, della scrittura, io l’ho trasfuso a Berlusconi...»
Berlusconi ha cambiato la sua vita. Ricorda quando lo incontrò la prima volta?
«Lo scultore Cascella (...) mi disse un giorno: “Vieni con me che ti faccio conoscere Berlusconi”. Allora Berlusconi non era il Berlusconi di oggi. Era certo un imprenditore importante, era il presidente del Milan, era a capo della Standa, della Fininvest. Ma non era ancora il grande leader politico che oggi conosciamo. Ricordo perfettamente quel giorno (...) mi disse a bruciapelo: “Lei di che partito è?”»
E lei che cosa disse?
«Ero imbarazzato. Ma glielo confessai: “Sono del Partito comunista italiano”. Vidi che lui... che la sua reazione... non era...».
Non era contento...
«No, non era contento per niente...».
Che faccia fece?
«Non mi ricordo la faccia, ma il Pci non era certamente il partito in cui lui riponeva le sue simpatie (...) Mi disse: “Lei sembra una persona perbene. Come mai è comunista?”»
E lei?
«Rimasi sconcertato».
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Massimiliano Lussana: Ma Walter ordina: «Divertiamoci!»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
A tratti, sembra quasi uno sketch di Corrado Guzzanti. Con il protagonista che conclude il comizio dicendo: «Io mi sto divertendo, divertitevi anche voi, divertiamoci!». E poi: «Organizzate feste, dite a tutti che è possibile una politica nuova, invitate i vostri vicini di casa a cena per raccontare tutto questo, divertitevi, divertiamoci!». E ancora: «La politica non è una cosa cupa, divertitevi, divertiamoci!».
E, nel divertimento, c’è dentro tutto. Il Mi fido di te di Jovanotti che apre il comizio, ma anche l’inno di Mameli cantato in coro che lo chiude. La lettera dell’anziano partigiano che non ha potuto esserci scandita in apertura, ma anche i giovani e le donne candidate esibiti sul palco, con i vecchi arnesi del Pci e della Dc tenuti rigorosamente sul retro. L’unico superstite del rogo della Thyssen Antonio Boccuzzi portato sul palco come un’(ottima) madonna pellegrina della classe operaia e della sicurezza sul lavoro, ma anche la protesta silenziosa dei cassintegrati dell’Ilva che volantinano sotto il palco chiedendo: «Caro Walter, chi dà voce al silenzio attorno a noi?». I richiami alla lotta alle mafie, ma anche la pesante contestazione del presidente della «Casa della legalità», circolo che ama Travaglio e Grillo, sulla candidatura di Crisafulli e non di Lumìa in Sicilia. I nomi doc esibiti giustamente con orgoglio, ma anche ottime mancate buone candidature, come quella di Marylin Fusco, la più giovane, la più brava e la più bella del Pd ligure, lasciata inspiegabilmente a casa. Le citazioni dei bookmakers inglesi che hanno abbassato le quote per la vittoria del Pd, prima ritenuta impossibile, e quelle di «Aldo Moro nel 1953. Sì era proprio il ’53, mi pare».
Insomma, Veltroni. Lui, Walter, fa un discorso che è a tratti più berlusconiano di Berlusconi. Bel discorso: «senso dello Stato», «rispetto delle regole», «valorizzazione del Paese che produce e che lavora», «taglio di ogni burocrazia», «non c’è differenza fra un ragazzo di destra ammazzato e un ragazzo di sinistra ammazzato». Tricolori che sventolano, manifesti e pullman verdi, candidate bionde. Per trovare un tocco di rosso o un qualcosa che ricordi, anche vagamente, la sinistra, occorre affidarsi alla pubblicità della mostra genovese su Garibaldi.
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Nicola Porro: Quel muro da abbattere
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
In Italia ci sono 23 milioni di persone che ogni mattina si alzano per fare il loro mestiere di dipendenti. In questa moltitudine solo una piccola parte era già impiegata nel 1970, quando una legge sul lavoro, appunto, fu votata e approvata dal Parlamento. La generazione dei lavoratori che ha iniziato in quegli anni rappresenta il 10 per cento del totale (2,2 milioni sono i lavoratori con un’età compresa tra i 55 e i 64 anni).
Ma il punto non è che essi rappresentino una minoranza, il punto è che l’organizzazione del lavoro e il lavoro stesso in 40 anni è cambiato alla velocità della luce. Nell’ultimo contratto dei metalmeccanici, faticosamente approvato, si prevede addirittura un’identificazione normativa e disciplinare tra operai e impiegati. Gli operai non sono scomparsi (se non nel programma del Pd, che si affanna a rimuovere ogni incrostazione operaista): solo tra i metalmeccanici ce ne sono più di due milioni a cui sommare 300mila chimici e 600mila tessili. Insomma rispetto ai sette milioni di operai del 1970 si è passati a tre milioni.
Tanti numeri per dire che la figura dell’operaio tradizionale si è andata restringendo dal ’70 a oggi, ma non è scomparsa. All’interno di questo universo sono cambiati i ruoli, le funzioni, le organizzazioni, i «padroni». La Fiat di Melfi è diversa dalla Mirafiori degli anni ’70.
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Salvatore Tramontano: E meno male che erano nuovi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Sotto il nuovo, non c’è nulla di nuovo. Non basta sbattere in prima pagina il nome di Veronesi o Calearo per cancellare la solita storia: dai nomi piazzati nei posti vincenti emerge una lunga sequela di «figlie di», «mogli di», anonimi portavoce e portaborse, sconosciute segretarie, collaboratori vari, capi segreteria. Leader o presunti tali del Pd hanno passato le ultime ore a trattare, per imbottire il nuovo Parlamento di propri cari e famigli. Da Veltroni a Prodi, da Franceschini a Fioroni, dalla Bindi a Parisi fino a Visco, non manca nessuno all’appello.
E meno male che storcevano il naso alla conduzione familiare di Mastella: lor signori non avrebbero mai più sopportato il partito tribù, il consuocero e la moglie, i figli sul territorio e i cognati in Parlamento. Meno male, perché poi quando è toccato a loro fare le liste, sotto un’imbiancata di nuovo il Pd ha rivelato la sua natura clientelare, una famiglia allargata che si confonde con l'appartenenza al clan. Ora dovrebbero spiegarci perché la figlia di Cardinale, storico collettore di voti siciliani, è più nobile di Elio Mastella. Perché la schiera di sottopancia di Prodi, quasi tutti senza lavoro dopo lo sfratto da Palazzo Chigi, dovrebbe essere migliore dei capibastone dei partitini, e dei signori dei voti delle vecchie correnti.
Alla faccia della parola d'ordine - sempre proclamata e mai realizzata - del radicamento sul territorio, gli orfani ulivisti sono stati messi in carico a quelli che hanno i voti, cioè non a se stessi. Metterà mai piede in Campania, Silvio Sircana, portavoce di Prodi? E quando mai vedremo in Sicilia Piero Martino, il portavoce di Franceschini, uno che non si è mai mosso da Roma se non per seguire i congressi scudocrociati?
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McCain conquista la nomination
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L'outsider ha sbancato facendo poker in Texas, Ohio, Rhode Island e Vermont. Anche Bush esce dal riserbo e lo appogggia. In aprile via alla campagna elettorale per conquistare la Casa Bianca
New York - Storia di una resurrezione: John McCain, il Lazzaro della politica americana, ha conquistato la nomination del partito repubblicano aggiudicandosi il poker di stati in palio ieri: Texas, Ohio, Rhode Island, Vermont. "E' stato un esercizio di umiltà, ma la vera battaglia deve ancora venire", ha detto a Dallas il senatore dell'Arizona che si prepara a 72 anni alla sfida per la conquista della Casa Bianca nel novembre 2008.
L'appoggio di Bush Il presidente George W. Bush ha deciso di dargli l'appoggio oggi in una cerimonia alla Casa Bianca dopo che McCain ha superato il numero magico dei 1.191 delegati necessari per la nomination. Bush finora era rimasto in panchina anche se suo padre, l'ex presidente George H. W. Bush, aveva appoggiato McCain. Il candidato 'del cuore' del capo della Casa Bianca, secondo indiscrezioni mai confermate, era l'ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, uscito di scena dopo esser stato sconfitto alle primarie in Florida a fine gennaio.
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Missione Onu fallita in Libano
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Hezbollah schiera 30mila missili
L’Unifil non vede, non sente e non parla, ma Ban Ki Moon si preoccupa. Il Palazzo di Vetro e il comando dell’Unifil di Tiro da lunedì parlano due lingue diverse. I vertici dei Caschi blu in Libano continuano a non segnalare attività sospette di Hezbollah e non vedere tracce di riarmo. Il segretario generale dell’Onu trasmette, invece, al Consiglio di Sicurezza un allarmato rapporto citando i dati israeliani sugli arsenali missilistici del Partito di Dio e denunciando le bellicose dichiarazioni del leader dell’organizzazione Hasan Nasrallah. Come se non bastasse il segretario generale dell’Onu ricorda la necessità di arrivare ad una piena applicazione della risoluzione 1701 bloccando i traffici di armi e perseguendo il disarmo di Hezbollah.
L’insistenza sull’applicazione della risoluzione sembra una sollecitazione ad abbandonare l’implicita intesa dell’agosto del 2006 quando l’esecutivo di Romano Prodi e gli altri governi protagonisti dell’Unifil accettarono di partecipare alla missione nel Sud del Libano a patto che fosse escluso un confronto diretto con le milizie di Hezbollah. Un patto silenzioso, ma rovinoso che ha, di fatto, reso impossibile il controllo dei traffici d’armi e missili destinati al Partito di Dio.
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Molesta bimba al supermarket: preso pedofilo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Un 45enne residente a Trecate, nel Novarese, è stato arrestato in flagrante dai carabinieri mentre stava compiendo atti di libidine violenta nei confronti di una bambina di 7 anni all’interno di un supermercato di Novara. L’uomo, Vittorio Tolomeo, già condannato per reati specifici e ricoverato in passato in un ospedale psichiatrico della Toscana, si è avvicinato alla bimba nei pressi del reparto giocattoli cercando di costringerla a toccarlo, ma è stato fermato da un maresciallo fuori servizio che si trovava lì vicino.
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Di Pietro sotto accusa per truffa allo Stato: «C’è una firma falsa»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Ex socio dell’Idv contro il ministro: irregolare il documento per avere il finanziamento elettorale
Dopo la mancata archiviazione del «caso Di Pietro» da parte del gip di Roma (che sta per decidere se rinviare o meno a giudizio l’ex pm) escono ulteriori novità nell’inchiesta che vede il ministro delle Infrastrutture indagato per appropriazione indebita, falso in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato finalizzata al conseguimento dei finanziamenti elettorali. Le novità ruotano intorno al verbale di certificazione del bilancio dell’Italia dei Valori, propedeutico all’ottenimento del finanziamento pubblico, che i tre soci di allora dell’Idv, e cioè Di Pietro, il deputato Silvana Mura e Mario Di Domenico - braccio destro di Tonino e socio fondatore dell’Idv - avrebbero firmato il 31 marzo 2003 a Busto Arsizio. Di Pietro e la Mura continuano a sostenere che tutti i soci erano presenti e che il documento è stato approvato all’unanimità. Di Domenico, che ha trascinato Di Pietro in tribunale, non solo nega di essere stato quel giorno a Busto Arsizio, ma giura di non averci mai messo piede in vita sua. Ergo, la sua firma per mera «presa visione» in calce al documento depositato in Procura, a suo dire, va considerata «falsa». Dicevamo delle novità: nel fascicolo del gip è finito un documento politico, firmato Mario Di Domenico, datato 31 marzo 2003, e inviato per fax da Roma a Busto Arsizio. Un ciclostile intitolato «Coalizione centrosinistra Lazio - tavolo di lavoro regionale» nel quale Di Domenico aggiorna l’amico Di Pietro sull’accordo raggiunto «dai partiti fondanti la Coalizione del centrosinistra nella regione Lazio» per la candidatura di Enrico Gasbarra alla presidenza della Provincia di Roma. Con tono formale e burocratico, Di Domenico si fa messaggero con il capo di un invito proveniente dagli alleati: «Col medesimo criterio e nella concreta prospettiva di questa ulteriore possibilità, nel collegio senatoriale dei Castelli Romani, le viene chiesta, on. Di Pietro, la sua preventiva disponibilità all’eventuale candidatura, parimenti unitaria, da rimettersi al vaglio del tavolo unitario nazionale e alle rispettive segreterie di Partito. Ciò al duplice scopo della favorevole combinazione elettorale in quella parte di territorio provinciale romano e per il fattivo rilancio di una politica unitaria contro le Destre».
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Morti bianche, il governo attacca gli industriali
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il ministro Damiano scarica la responsabilità degli incidenti su Confindustria. Scontro sul decreto che prevede l'arresto dei datori di lavoro. Domani il cdm che approverà il dl
Roma - Troppe resistenze da parte di Confindustria hanno bloccato l’approvazione del decreto per la sicurezza sul lavoro. E davanti a quei veti, dice la sinistra radicale, il governo Prodi ha chinato la testa. Ora che il Paese conta altri cinque operai morti per esalazioni letali dentro una cisterna, il dimissionario governo Prodi cerca di scaricare almeno una parte di responsabilità sugli industriali. A lanciare il pesante j’accuse anche il ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Ma lo scontro più duro si consuma dentro il governo perché se Damiano critica Confindustria il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero , accusa Prodi e Damiano di tergiversare e perdere tempo «in estenuanti trattative» con gli industriali e, ancor peggio, accusa il Partito democratico e dunque il suo leader Walter Veltroni, di essere diventato «il partito di riferimento di Confindustria».
Damiano intanto scarica sugli industriali la colpa di aver ritardato l’approvazione del decreto. «Sul capitolo delle sanzioni ci sono state delle resistenze da parte datoriale, di Confindustria», dice Damiano. In particolare il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro è stato attaccato da Confindustria per l’apparato sanzionatorio. Ancora ieri il direttore generale Maurizio Beretta parlava di sanzioni aggravate «in maniera ingiustificata e fuori misura».
Il via libera al provvedimento è previsto per domani, nel consiglio dei ministri convocato in via straordinaria. Prodi promette che non slitterà ancora: «Abbiamo avuto alle spalle mesi di elaborazione e di discussione su aspetti tecnici. Abbiamo concluso quasi tutti i punti controversi e giovedì mattina (domani ndr) il Consiglio dei ministri approverà il decreto legislativo sulle norme di sicurezza», assicura Prodi da Molfetta dove si trovava per incontrare i familiari delle vittime.
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Tornano i girotondini
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Pardi va con Di Pietro e attacca Mediaset
Chi cerca trova. Walter Veltroni cercava voti, apparentando il Pd con l’Italia dei valori. Per ora ha trovato una spina nel fianco. Il primo a cominciare era stato il leader, Antonio Di Pietro, che aveva inaugurato la campagna elettorale spazzando via il veltroniano tentativo di deporre le armi dell’antiberlusconismo: «Via due reti a Mediaset» aveva sentenziato. Trambusto, mezze smentite, poi Di Pietro era stato costretto alla retromarcia. Ma tant’è. Ieri ci s’è messo un suo vecchio amico e oggi candidato con Idv al Senato, l’ex girotondino Francesco Pardi detto Pancho (nella foto), a rincarare la dose. L’idea di Di Pietro di togliere due canali a Mediaset «non solo era buona, ma buonissima» ha dichiarato al Corriere della sera. Nulla a confronto del resto. Perché, avverte Pardi, è inutile che Veltroni auspichi toni bassi: «Il problema di Berlusconi c’è, Veltroni vorrà pure farci un mezzo inciucetto dopo le elezioni per affrontare la modifica della legge elettorale, ma questo non può, non deve impedire a me, a noi, di dire le cose come stanno». Del resto: «Io capisco le apprensioni di Veltroni, ma non è che siccome lui deve trattare sottobanco con Berlusca, noi si debba star zitti». Quindi: se il Pd vincerà le elezioni, «evento che di ora in ora diventa sempre più probabile», «la prima questione» alla quale dovrà mettere mano è l’assetto televisivo. E dire che il capogruppo alla Camera Idv Massimo Donadi proprio ieri diceva che con la candidatura di «candidati indipendenti» come Pardi, l’Idv si propone di «svecchiare e rinnovare» il panorama politico.
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Nessuna deroga per Giuseppe Lumia e in Sicilia è caos
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
L’esclusione dalle liste del vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, con alle spalle tre legislature, ha fatto saltare in piedi non solo i maggiori dirigenti democratici siciliani, a partire da Rita Borsellino e non solo Sinistra arcobaleno e gli Amici di Beppe Grillo, ma soprattutto le associazioni impegnate da anni nella lotta alle mafie, che all’unisono l’hanno definita «grave e angosciante», là dove, segnalano, gli altri nomi in lista non danno affatto il segno dell’annunciata svolta. Walter Veltroni ieri ha liquidato la questione così: «Io sono refrattario all’idea che ciascuno consideri se stesso l’antimafia. L’antimafia è una pratica e non una persona». Ma proprio questo è il punto, ha avvertito Lumia. Non si tratta di «una battaglia personale ma per la Sicilia», ha detto all’emittente Telecolor di Catania, definendo «sconcertante la presenza di alcune candidature» e ricordando che «da tempo» si batte «contro la candidatura di Vladimiro Crisafulli», perché «prima di sollecitare il rinnovamento ad altre formazioni politiche bisogna partire da casa propria». Se la Borsellino parla di «segnale negativo», pesano le parole di Giuseppe Zappulla, deputato regionale Pd, secondo il quale «basta scorrere le liste per capire che si sono consumati scambi, compromessi e forzature gravissime», e quelle di Giuseppe Bruno, componente della costituente del partito: «Pensavamo di trovare un partito rinnovato. Ci ritroviamo un partito senza Lumia e con Carra e Crisafulli. Ci vorrà fegato per andarlo a votare».
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Segretarie e consiglieri dei ministri sfiduciati riciclati in Parlamento
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Ci hanno provato un po’ tutti, i ministri uscenti, tentar non nuoce. Molti ci sono riusciti.
Il ministro uscente alla Formazione Beppe Fioroni (nella foto) per esempio ha fatto il colpaccio: la sua segretaria particolare della Scuola, Luciana Pedoto, sarà candidata al sesto posto in Campania 2, posizione che le assicura l’eleggibilità. Pedoto Luciana, chi era costei? Cerchi su Internet e niente, spunta sempre la stessa cosa: segretaria particolare del ministro Fioroni. Questo prima della candidatura. Perché dopo la chiusura delle liste, invece, si sprecano i link, tutti all’urlo di: ma che c’entra con la politica e con la Campania? Come che sia Fioroni non è solo. Rosy Bindi, per dire, è riuscita a imporre il suo collaboratore Salvatore Russillo, che correrà dalla quarta posizione nella circoscrizione Basilicata alla Camera. E in corsa ci sono altri due «bracci destri» ministeriali. Uno lo ha sponsorizzato il viceministro alle Finanze Vincenzo Visco. Il quale ha sì fatto l’elegante passo indietro auspicato dal segretario del Pd Walter Veltroni, però per farlo ha posto un paio di condizioni. Tanto per cominciare s’è autoproposto per un posto da ministro, rammentando ai colleghi l’esperienza maturata in questi anni in tema di lotta all’evasione fiscale. E poi ha spuntato un posto in lista per il suo consigliere Stefano Fassina, che correrà per la Camera in Liguria. Candidato a Montecitorio anche il braccio destro di Arturo Parisi al ministero della Difesa, Fausto Recchia, che però è solo al quindicesimo posto nella lista Lazio 1.
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La carica dei portavoce
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Da Sircana a Ricky Levi E i prodiani fanno bingo
E dopo i «parenti di» sono arrivati i «collaboratori di». È un esercito di portavoce e addetti stampa personali, quello che i leader del Pd sono riusciti a piazzare nelle liste della «nuova stagione». Romano Prodi, per dire, i suoi li ha piazzati tutti, del resto qualcosa in cambio doveva pur ottenere, malignano al loft del Pd, per farsi vedere poco in una campagna elettorale tutta puntata sul tentativo di farlo dimenticare agli italiani. E così eccoli: il deputato uscente e portavoce del premier Silvio Sircana (nella foto) corre in Campania, destinazione Senato. Sandro Gozi, già membro del gabinetto del Presidente della Commissione europea con Prodi, si ripresenta per la Camera in Umbria. Ricky Levi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, tenta sempre la Camera ma dalla Sicilia 2. Mario Barbi, ex «saggio» del Pd in quota prodiana, aspira a Montecitorio dal Piemonte 2. E poi la fedelissima Sandra Zampa, capo ufficio stampa di Palazzo Chigi e amica della famiglia Prodi, si candida alla Camera Emilia Romagna. Gli altri leader democratici non si son fatti sorpassare dal Professore. Il segretario Walter Veltroni ha sistemato alla Camera praticamente l’intero staff: il capo della sua segreteria Vinicio Peluffo in Lombardia 1, il responsabile del sito internet Francesco Verducci nelle Marche, lo storico capo della segreteria di Botteghe Oscure prima e del Campidoglio poi Walter Verini in Umbria. Posti sicuri in lista alla Camera anche per i collaboratori del vice di Veltroni, Dario Franceschini: il suo portavoce Piero Martino in Sicilia 1. Il suo capo segreteria alla Camera quando era capogruppo del Pd, Alberto Losacco, in Puglia. L’attuale capo segreteria Antonello Giacomelli entrerà a Montecitorio dalla Toscana.
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Casini: "Diritto di voto agli immigrati regolari"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Pier Ferdinando Casini, propone il diritto di voto nelle elezioni amministrative per i cittadini extracomunitari. Poi polemizza con Fini: "Sei il replicante di Berlusconi"
Roma - Il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, propone il diritto di voto nelle elezioni amministrative per i cittadini extracomunitari. Poi, getta l'amo a Gianfranco Fini: "Vorrei proprio sapere cosa ne pensa...".
Il voto agli immigrati "Vogliamo dare un segnale chiaro", ha detto nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio proponendo il diritto di voto per i cittadini extracomunitari "a condizione che siano in regola con la fiscalità e in possesso di stabile residenza da un periodo non inferiore a cinque anni". "Gli extracomunitari onesti - ha sottolineato il leader centrista - devono essere considerati a tutti gli effetti dei cittadini italiani. I delinquenti, invece, devono essere cacciati immediatamente dal nostro Paese". Poi ha strizzato l'occhio al leader di An: "Vorrei proprio sapere cosa ne pensa Fini...".
La polemica con Fini La battuta lanciata a Fini non arriva a caso. Ma si inserisce in un clima di tensione tra i due esponenti. Ieri, il leader di An aveva, infatti, accusato il numero uno di via Due Macelli di aver bloccato durante il governo Berlusconi la riforma del testo sulle polizie locali. "Visto che polemizzo con Berlusconi, è inutile che polemizzi con i replicanti - ha replicato il leader Udc - Fini, poverino, mi dispiace molto ma evidentemente non conosce i meccanismi parlamentari ed ha perso un’occasione per stare zitto".
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Le rivelazioni sui documenti sequestrati dalla Colombia alle Farc
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Dimitri Buffa
L’Asse del Male di cui parlò George W. Bush nel suo primo discorso dello stato dell’Unione dopo l’11 settembre 2001 esiste per davvero. E le prove vengono fuori adesso, inaspettate, dal computer di Raul Reyes, il vice capo delle Farc (Formazioni armate rivoluzionarie comuniste) ucciso dalle teste di cuoio del presidente Alvaro Uribe in un’operazione coperta svoltasi lo scorso 1 marzo nella giungla equadoregna ai confini con la Colombia. Un “computador” quello di Reyes pieno di “correos electronicos” molto compromettenti. Specie per il presidente dell’Equador Rafael Correa e per quello venezuelano Hugo Chavez. Entrambi tirati in ballo per incontri e rapporti segreti con la dirigenza delle Farc negli ultimi mesi. Rapporti che includono un ruolo nel finanzimento della guerriglia da parte di Chavez (oltre 200 milioni di euro in un sola soluzione) e la supervisione delle grandi operazioni di traffico di cocaina verso il Nord America da parte di entrambi. Traffici spesso pagati con l’uranio che giunge in Venezuela dall’Equador e dalla stessa Colombia per poi approdare fino a Teheran grazie agli emissari Hezbollah che ormai risiedono stabilmente in Venezuela, anche nel governo del caudillo di Caracas.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
E tra le prove ci sono anche foto e filmati. Dove i capi terroristi sono ripresi mentre parlano con emissari di entrambi i governi sotto accusa. Sembra infatti che i terroristi delle Farc (invitati una volta ufficialmente dal presidente della Camera Luciano Violante anche in Italia nel 1997, ndr) amassero documentare tutti i loro contatti per poi cautelarsi da eventuali azioni di rappresaglia governativa. Ancora più imbarazzante una corrispondenza tra Reyes e i suoi capi in cui si parla di Barack Obama come di un “gringo” amico. E soprattutto disponibile a soluzioni alternative come il “piano Ecuador”, che praticamente prevede l’assegnazione di una certa porzione di territorio colombiano agli uomini delle Farc in cambio degli ostaggi rapiti in questi anni tra cui la stessa Ingrid Betancourt. In altri documenti si evidenziano i legami delle Farc con il cosiddetto Foro de Sao Paulo, l’organismo bolivarista anti-Usa di cui fa parte lo stesso Chavez insieme al presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
La stizzita replica di Ecuador e Venezuela a quest’azione di contro-guerriglia è quella tipica degli Stati canaglia: mandare truppe al confine e ritirare gli ambasciatori da Bogotà. Il cui governo per tutta risposta ha annunciato la propria intenzione di denunciare Chavez e Correa all’Onu e alla corte internazionale per il reato di “appoggio e protezione di eserciti genocidi”. Tali sono infatti considerati i terroristi narcotrafficanti in cocaina delle Farc che non hanno esitato a sterminare interi villaggi di indios per appropriarsi delle loro terre e coltivarle a coca. “Ma anche” le reazioni europee sono state sinora tutte stonate. Bernard Kouchner ha dichiarato di temere per la vita della Betancourt. Perché, ha rivelato, Reyes era l’uomo con cui la Francia stava trattando. Massimo D’Alema, dall’Italia, non ha smentito il proprio terzomondismo: si è dichiarato preoccupato per gli sconfinamenmti delle unità speciali di Uribe nella giungla amazzonica dell’Equador. La versione sudamericana della “reazione spropositata” agli attacchi dei terroristi contro uno stato democratico.
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Avellino - De Mita mette in crisi il Partito Democratico
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Monica De Luca
Prodi è caduto sulle beneventane forche caudine di Mastella, Veltroni rischia lo scivolone tra i monti dell’Irpinia. Al momento del rumoroso addio di De Mita solo qualche democratico sembra aver ricordato l’importanza della dote di consensi di Ciriaco, e le parole dell’europarlamentare salernitano Alfonso Andria sembravano quelle di una qualunque Cassandra: “Temo conseguenze disastrose in Campania: già così si prevedeva un tonfo per il Pd, ora perdiamo altri voti”. E a soli pochi giorni dalla tormentata vicenda e a pochissimi dalla definizione delle liste, il monito del politico irpino, “non sarò più con voi ma contro di voi”, suona più cupo: la struttura avellinese del Pd è già implosa dopo le repentine dimissioni del nipote di Ciriaco, Giuseppe, coordinatore provinciale, e di un folto gruppo di dirigenti. Le contraddizioni interne si amplificano nel tentativo di seguire la linea dettata da Veltroni, e lo stesso Tino Iannuzzi, coordinatore regionale di un partito che tenta di rinnegare anche il proprio passato più recente, dopo aver lottato per non sacrificare De Mita, si dice convinto della bontà delle scelte effettuate: “La candidatura alla Camera di Pina Picierno alla guida della lista del Pd rappresenta un segnale di forte innovazione e una dimostrazione della nuova politica che il nostro partito sta costruendo”.
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Il Pd si spacca anche sulle candidature
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Eustachio Voza
Pochi giorni fa il leader del Partito democratico si è dichiarato sereno, “a poco più di un mese dalla fine della campagna elettorale mi sento tranquillo nel dire che oggi si può vincere, si può davvero vincere. Si può fare la più grande rimonta della storia politica italiana”. Purtroppo per l’ex sindaco di Roma, a tale ostentata tranquillità corrisponde la consueta litigiosità interna della parte campana del suo partito, che non si è fatta mancare nulla in tema di contrasti per la definizione delle liste elettorali. Al Senato il Pd si presenterà con Follini, dapprima accreditato a sfidare addirittura De Mita nel collegio Campania 2, dove invece sarà capolista la giovane Pina Picierno, allieva dello stesso politico di Nusco. All’ex Ministro degli Esteri Massimo D’Alema toccherà aprire la lista del collegio Campania 1, dove su diretta richiesta di Veltroni avrebbe accettato di sostituire l’indicato Luigi Nicolais “in nome dell’amore” che lo lega a Napoli. I giochi sembrano essere stati relativamente semplici solo per le candidature dei capilista, la definizione delle liste, al contrario, ha comportato ai vertici e ai tecnici democratici non pochi grattacapi. Se la scelta di far correre l’assessore regionale Enzo De Luca per Palazzo Madama, così da presidiare in qualche modo l’irpinia e tentare di contrastare lo strapotere di De Mita era quasi obbligata, la questione salernitana si è rivelata il vero punto dolente delle lunghe trattative interne che sembrano aver scontentato praticamente tutti.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il Presidente della Provincia di Salerno, Angelo Villani, attacca seccamente l’operato di Tino Iannuzzi: “Sono meravigliato dal fatto che in tutte queste settimane non mi abbia consultato nemmeno una volta, con questo modo di fare non si comporta da segretario regionale di un partito e nemmeno come rappresentante di una parte, ma tutela solo i suoi personali interessi”. Infatti, sarebbe stato escluso anche Alfredo D’Attore, delfino dell’infuriato Sindaco di Salerno, che si è persino recato personalmente a Roma per protestare contro questa “assurda decisone”, sulla quale non sono ancora sciolte le riserve. Alla fine, a Salerno sono stati riassegnati i quattro parlamentari uscenti: alla Camera entrerebbero nei posti utili Vaccaro, Iannuzzi e Bonavitacola, il presidente dell’autorità portuale cittadina; mentre al Senato, a sorpresa, Alfonso Andria viene preferito all’uscente Andrea De Simone, così da liberare il seggio da europarlamentare per Gabriella Pagano, Presidente regionale del partito. Nel resto della regione, in quota nazionale si ritrovano i candidati Teresa Armato e Luisa Bossa alla Camera e il vicesindaco di Napoli Tino Santangelo al Senato, così come la Signora Bassolino, Annamaria Carloni, e l’ex assessore regionale Rosetta D’Amelio, che dovrebbe correre con le altre parlamentari uscenti, Maria Fortuna Incostante, Rosa Suppa e Franca Chiaromonte.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Indipendentemente da qualche possibile trasferimento da Montecitorio a Palazzo Madama, sin qui dovrebbe trattarsi di candidature blindate, condizione data per certa anche per Riccardo Villari e Costantino Boffa alla Camera, mentre sarebbero da vagliare le posizioni in lista degli altri uscenti: Riccardo Marone, Fulvio Tessitore, Bruno Cesario, Giuseppe Ossario e Piero Squeglia. Nonostante tutto, checché Veltroni ne dica, chi può ben dire di aver portato a casa un risultato di tutto riguardo è ancora una volta Antonio Bassolino. Il clima di belligeranza interna in cui sono maturate le macroscopiche contraddizioni e spaccature democratiche non ha minato la buona riuscita dell’operazione politica che puntava ad offrire un rifugio sicuro agli assessori regionali appena dimissionati dal Governatore, Rosa D’Amelio e Teresa Armato, e a garantire la riconferma dei suoi fedelissimi, a cominciare dalla moglie.
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Nomi col contagocce per il centro destra
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Barbara Alessandrini
Difficile, praticamente impossibile infrangere la barriera issata all’interno del Partito per le libertà intorno ai nomi che verranno messi in lista. Tranne poche eccezioni, anticipate dallo stesso leader del Pdl Silvio Berlusconi, come Giancarlo Galan che il Cavaliere ha dato per certo come capolista in Veneto, Roberto Formigoni in Lombardia e Mara Carfagna, molto probabilmente destinata a guidare la lista in Campania contro Massimo D’Alema, sul resto dei designati è nebbia fitta. Anche se, sempre secondo quanto preannunciato da Berlusconi, tra le nuove reclute potrebbe comparire il nome dell’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, collaudato contraltare al candidato veltroniano espressione del mondo industriale Massimo Calearo. Su D’Amato si è espresso il Cavaliere in prima persona: “Se sarà dei nostri -ha detto- saremmo felici, con lui abbiamo lavorato molto bene”. E che il suo nome sia uscito il giorno dopo la presentazione dei dieci punti definiti da Confindistria fondamentali per il prossimo governo, non è casuale. Al mondo della grande impresa meglio strizzare l’occhio in modo esplicito.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Tanto più che nel programma del Pdl “I dieci punti di Confindustria ci sono tutti”. Di più, sulle candidature, non esce dal conclave dei vertici del Pdl. Una cosa Berlusconi la dà per certa: la vittoria elettorale. Anche perché “abbiamo 10 punti di vantaggio sul Pd” rilancia il Cavaliere riproponendo il confronto televisivo a Veltroni. Molto esplicito Berlusconi lo è stato su altri punti dirimenti della scaletta programmatica, oltre a quelli già enunciati, in caso di vittoria elettorale. Innanzitutto spiegando il perché del diniego ll’apparentamento con il Pdl dell’Udeur di Clemente Mastella che, pur essendo “l’unico del centrosinistra che non ha mai manifestato invidia o odio verso di me” ha scontato “i sondaggi che ci hanno mostrato le elevate difficoltà perché con Mastella avremmo perso dagli 8 ai 12 punti e questi sondaggi -spiega Berlusconi- hanno influenzato anche Roberto Maroni e Gianfranco Fini”. Una decisione presa a tre, insomma. Berlusconi lascia però la porta aperta “ a chiunque converga sul nostro programma e dia una mano per l’approvazione dei provvedimenti della nostra maggioranza”, parlando di “politica di espansione che dovrà affrontare una forte spesa pubblica per ammodernare il sistema infrastrutturale”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
E per la mission il nome di Giulio Tremonti è già designato al ministero dell’Economia. Intanto un bel ’regalino’ al Pdl viene dalla notizia secondo cui il simbolo della Destra di Storace non sarebbe stato accettato dal Ministero dell’Interno. Dal momento del rifiuto la Destra ha 48 ore di tempo per presentare ricorso. Altro colpo in canna il Cavaliere lo riserva al caso Alitalia su cui Berlusconi è “critico, molto critico” perché “l’Italia non si dovrebbe privare di una compagnia di bandiera” e, con una mano tesa alla Lega, “non è possibile che una hub come Malpensa venga privato del 72 per cento dei voli”. Il rimedio? “Vorrei che gli imprenditori italiani si consorziassero”. Quanto al lavoro il leader del Pdl chiama in causa l’articolo 18 sostenendo che “bisognerebbe cambiare tutto lo statuto con regole nuove e più moderne”. E in materia di sicurezza sul lavoro ribadisce il sostegno del Pdl alle misure che dovesse prendere l’attuale governo che gestisce l’ordinaria amministrazione partendo dalla necessità “di molti più ispettori e sanzioni più severe”.
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OCSE - ITALIA. Il giudizio nel complesso resta critico
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Maria Laura Zuccheri
L’Italia ha fatto progressi sul fronte delle liberalizzazioni dei servizi e della tassazione del lavoro, ma non ha preso iniziative per rendere più flessibile il sistema retributivo e migliorare l’istruzione superiore. Questa la pagella dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sui compiti assegnati lo scorso anno alla Penisola per migliorare lo sviluppo economico. Nel rapporto “Obiettivo Crescita” (Going for Growth), il giudizio di insieme è critico: l’incremento della produttività è stato scarso e il tasso di occupazione resta tra i più bassi. “La crescita della produttività è stata debole e questo ha contribuito ad aumentare il divario del Pil pro-capite nei confronti dei Paesi più forti e anche se l’occupazione è cresciuta, resta a uno dei livelli più bassi tra i Paesi industrializzati”, scrive infatti l’Ocse. L’Organizzazione ribadisce la necessità di accelerare la privatizzazione di utilities, trasporti e media, di sostituire le golden share con adeguate normative e di rafforzare gli enti di vigilanza. L’Ocse prende atto dei progressi fatti nella corporate governance, con le normative che migliorano i diritti degli azionisti di minoranza e la trasparenza del mercato finanziario. “Nulla è stato fatto”, invece, per rendere più flessibile il sistema di determinazione dei salari, laddove l’Organizzazione aveva raccomandato di decentralizzare le contrattazioni salariali per ridurre le marcate disparità regionali nell’utilizzo del lavoro, tenendo conto dei diversi livelli di produttività e costo della vita.
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La ribellione contro Walter
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
CARLO LUCARELLI
“Escludere Lumia non è un bel segnale”
“Devo ripensare la mia posizione”
di Francesco Blasilli
Titolò il quotidiano Libero, all’indomani della discesa in campo di Veltroni, “Che gran paraculo”. Mai titolo fu più azzeccato, ma stavolta sarebbe da modificarlo in “C’ha la faccia come il c.”, con il serio rischio, però, di beccarsi una querela. Perché il leader del Pd sembra aver passato il segno: vive a Veltronopoli e vuole farci credere che quello è il mondo reale. Racconta balle a destra e a sinistra e le spaccia come sacre verità. Ma questa è quella che qualcuno ha già chiamato l’IdV, l’Italia dei Veltroni, dove raccontare bugie è lecito, perché tanto il bugiardo è Berlusconi. Stavolta, però, il segno è stato passato. Le liste del Pd hanno provocato una violenta ribellione da parte dei militanti. Ed è inutile che Veltroni parli “di record mondiale per la politica italiana”, solo perché ha chiuso le candidature una settimana prima del termine. Lo ha fatto come dice lui, in pieno stile Arca di Noè, infilandoci uno per ogni specie. Ed infatti si vanta di “aver raddoppiato le donne elette”, di aver portato “circa una ventina di giovani tra i 30 e i 40 anni e pezzi importanti della società da Veronesi a Calearo, da Colaninno a Del Vecchio”.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Veltroni ha anche annunciato che per la prima volta entrerà in Parlamento una persona disabile, ovvero Ileana Argentin, che ha già lavorato con il leader del Pd quando è stato sindaco di Roma (ma alla quale, al massimo, aveva dato una delega, non un assessorato all’handicap che non era previsto). Eccola la politica di Walter: uno per ogni specie. La donna, il giovane, l’industriale e il portatore di handicap. Ma anche l’operaio. E lo scienziato. Uno per ogni settore. Trattando tutti come se fossero specie protette (discorso che riguarda soprattutto donne, giovani e portatori di handicap) e, per questo, ghettizzandoli ulteriormente. Senza dimenticare che a rappresentare il popolo dovrebbero andarci i più capaci, senza badare a sesso, età e religione. Per tacere poi delle bugie veltroniane, che spaccia la Argentin come prima disabile in Parlamento, mentre in passato – tra gli altri – ci fu addirittura un ministro, Antonio Guidi, affetto da tetraparesi spastica. A ricordarlo a Veltroni è anche Orazio Licandro dei Comunisti Italiani, secondo cui “la strumentalizzazione delle candidature diventa persino volgare. La cosa inaccettabile è la conferma di una concezione circense della politica e dei gravi e delicati problemi quale quello delle disabilità, che la politica dovrebbe risolvere con rispetto, dignità, senza la strumentalizzazione mediatica di una condizione fisica menomata.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Dopo l’operaio della Thyssen e la donna in carrozzella cosa ci riserverà domani Veltroni? Disabili e operai - conclude Licandro - hanno bisogno di politiche favorevoli non di singoli strapuntini in Parlamento”. Ma se le critiche da parte di Pdl e Sinistra Arcobaleno sono scontate, sorprendenti invece sono quelle che arrivano dall’interno del Pd, con tutti gli esclusi dagli “strapuntini” che si ribellano. Durissimo Peppino Caldarola, perché “volevamo portare la classe operaia al potere, ma scorrendo i nomi di tante mogli, figlie, portavoce, portaborse, segretari, ragazze/i pon pon, penso che al potere abbiamo portato la servitù”. Ancora più pesante l’aria che si respira in Sicilia, con l’esclusione di Giuseppe Lumia, il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia con alle spalle già tre legislature: “sono convinta – attacca Rita Borsellino - che scelte come l’esclusione di Beppe Lumia possano dare un segnale negativo a chi ha sempre visto in lui un chiaro oppositore delle logiche e dei poteri mafiosi”. Tra i tanti che hanno sottolineato questa esclusione, ci piace segnalare quella dello scrittore Carlo Lucarelli, che farà sicuramente male ad un amante dei volti noti come Veltroni.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Oltre alla “stima e solidarietà” a Lumia, Lucarelli dice di sentirsi amareggiato “per un partito che lascia a casa chi si è esposto di persona nella lotta a uno dei problemi più importanti di questo paese e accoglie invece nelle sue liste un politico chiacchierato come Vladimiro Crisafulli”. Per Lucarelli “non è un bel segnale e personalmente mi obbliga a ripensare anche la mia posizione (e le mie speranze) nei confronti del Partito Democratico”. Per alcuni, dunque, il grande sogno veltroniano è già finito. Per Piergiorgio Gawronski, escluso dalle liste dopo che nello scorso autunno si era candidato alle primarie del Pd. “Evidentemente – dice - al Partito Democratico non interessano le nostre posizioni politiche e i nostri ideali, cioè il rinnovamento profondo della politica, la fine dei privilegi”. È rimasta fuori anche Marcella Lucidi, attuale sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione. La Lucidi è stata direttamente incaricata da Veltroni di redigere il codice etico ed è l’ideatrice della proposta di legge sulla pedofilia che il candidato Premier ha presentato come uno dei punti forza del programma elettorale del Pd. Una mancata candidatura, quindi, del tutto inaspettata.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
“Ho appreso della mia esclusione dalle agenzie - risponde a che le chiede un commento sulla vicenda - La giudico una scelta ingiusta e registro in queste ore una forte sorpresa nel mondo associativo e tra tutti coloro con cui ho lavorato in questi due anni da sottosegretario”. Mentre la tanto decantata telefonista precaria (nemmeno poi tanto) dei call center, Loredana Ilardi, da capolista in Sicilia è scivolata al numero nove. Ma lui, Super Walter, va per la sua strada, a petto in fuori e con la faccia tosta bella in vista. “Vorrei recuperare Ceccanti al lavoro e all’impegno del gruppo dirigente del Pd”, dice il giorno dopo averlo trombato. E poi, a chi lo accusa di aver fatto un partito macedonia, Veltroni risponde facendo l’americano: “I grandi partiti sono fatti così. Basti pensare che nel Partito Democratico americano Jessy Jackson sta con Obama”. Un consiglio a Veltroni: se proprio gli piace tanto l’America, si candidi alle primarie statunitensi. Ma anche in Africa.
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La Destra registra le prime defezioni
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Walter Ricci
“Per carità di Patria e rispetto del lavoro fatto da funzionari dello Stato, non commento come vorrei la notizia della ricusazione del simbolo. Mi limito a osservare che si aggiunge agli attacchi di Berlusconi contro di noi e ai sondaggi che, leggiamo dal sito di Crespi, da oggi ci danno al 4 per cento”. Lo afferma Francesco Storace, segretario della Destra. “E, comunque, conoscendo bene Alleanza Nazionale, sapevamo che avevano un solo colpo in canna e lo hanno sparato troppo presto. La Destra e la Fiamma tricolore - conclude - ci saranno eccome”. Si apre una questione settentrionale nella Destra di Francesco Storace. Carla De Albertis, ex assessore alla Salute del comune di Milano, lascia il partito sbattendo la porta. Giancarlo Pagliarini, da poco simpatizzante, chiede conferme sul programma e sulla sua riforma federale. Ma andiamo con ordine. Per anni a fianco dell’ex leghista Piergianni Prosperini, ora assessore regionale lombardo, determinata, imperterrita, De Albertis dice spesso di rappresentare la vera destra del nostro paese. È stata tra le fila di An e per quasi due anni assessore a palazzo Marino. A farla cadere è stato il voto sull’Ecopass, il ticket anti smog tanto voluto dal primo cittadino. Da qui la decisione di confluire ne La Destra di Storace, insieme a Daniela Santanché e portandosi dietro Pagliarini, ex leghista, già ministro al Bilancio del primo governo Berlusconi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Ora De Albertis cambia le carte in tavola. Lascia il partito di Storace in piena campagna elettorale scrivendo una nota seccata: “Do le mie dimissioni da tutte le cariche del partito. Troppo profondi si sono rivelati i contrasti politici e gestionali: la mia contrarietà all’accordo con la fiamma Tricolore; un programma degno di Bertinotti e non della ‘destra di sviluppo’ alla quale io intellettualmente appartengo; programma che accoglie affermazioni tipo ‘infiltrazione di privati’ e ‘l’affitto è una subdola forma di usura”. Pagliarini al Velino esprime il suo rammarico: “Mi dispiace per la sua scelta. Era un’ottima risorsa”. Ma anche l’ex esponente del Carroccio inizia a porre delle condizioni per rimanere nel partito. Una su tutte: la vera riforma federale delle istituzioni del nostro paese. “Che non compare – aggiunge Pagliarini – né nel programma di Veltroni né in quello di Berlusconi”. Le intenzioni di Daniela Santanché sono di candidarlo come capolista al Senato in Lombardia.
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Pd e Nord - L’errore di Veltroni
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Walter Veltroni compie un doppio errore nel pensare che la candidatura di Massimo Calearo possa avviare la riconquista del Nord da parte del Partito Democratico. Il primo errore riguarda l’immagine. Inserire il “falco di Federmeccanica” nelle liste dei “democrats” schiaccia un partito dalla presunta vocazione maggioritaria sull’attuale vertice ristretto di Confindustria. Lo identifica con la nomenklatura confindustriale di osservanza montezemoliana schierata nelle prime due file del famoso convegno di Vicenza della campagna elettorale del 2006. Mette al Pd la targa “Fiat”. E riesce nel miracolo di scontentare contemporaneamente non solo la grande maggioranza degli imprenditori italiani che, per interessi assolutamente diversi, ha sullo stomaco quella nomenklatura, ma anche la quasi totalità del movimento operaio che non dimentica le asprezze dello scontro per il recente rinnovo del contratto dei metalmeccanici. L’operazione d’immagine incentrata su Calearo, quindi, non solo non sposta di un voto il già basso consenso che il Pd ha nelle regioni settentrionali, ma è destinata a provocare effetti assolutamente controproducenti. I piccoli e medi imprenditori della platea di Vicenza hanno adesso un motivo in più per non votare per il partito dell’ex sindaco di Roma. E Fausto Bertinotti può legittimamente sperare di poter usufruire dell’ondata di sgomento e di irritazione che il nome di Calearo ha suscitato all’interno della base operaia. Ma l’effetto negativo del primo errore rischia addirittura di scomparire rispetto alla gravità del secondo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Nel puntare sul “falco” montezemoliano di Federmeccanica per avviare la conquista del voto del Nord in generale e del Nord-Est in particolare, Veltroni ha compiuto una analisi superficiale e grossolana della cosiddetta “questione settentrionale”. Ha pensato che alla radice del disagio crescente e diffuso dei ceti produttivi settentrionali ci sia un problema di rappresentanza politica. Ha immaginato che questo problema possa essere tranquillamente risolto offrendo ai ceti produttori del Nord un personaggio del loro stesso territorio in cui riconoscersi. E non è stato minimamente sfiorato dal sospetto che la “questione settentrionale” è un riflesso ed una conseguenza della storica scelta compiuta della sinistra italiana del dopoguerra di affrontare la “questione meridionale” in chiave esclusivamente assistenziale e clientelare. La realtà è che i ceti produttivi del Nord non riescono più a sopportare che la stragrande maggioranza dei loro sforzi siano impiegati per finanziare l’assistenzialismo improduttivo e corruttore nei confronti delle regioni meridionali. E, soprattutto, che i loro sacrifici vengano impiegati dal ceto politico (in gran parte del centro sinistra) per alimentare quelle strutture clientelari che sono indispensabili per la loro sopravvivenza. Per riconquistare il Nord, paradossalmente, non serve Calearo. Servirebbe mandare a casa Antonio Bassolino. Che è probabilmente innocente delle accuse penali che gli vengono cointestate ma che è politicamente responsabile di un sistema di potere nefasto a cui si deve il mancato sviluppo del Sud ed il profondo disagio del Nord. Ma Veltroni non può e non vuole rimuovere Bassolino. Cioè perdere il sistema di potere che è alla base del Partito Democratico. Per cui non recupererà il settentrione e perderà anche il meridione.
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Alitalia, la bandiera della compagnia
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Che si parli di Alitalia, nel corso della campagna elettorale, è opportuno. Quando si dice che deve essere il mercato a decidere, però, ci si limita ad uno slogan privo di senso, tipico di quelli che il mercato lo citano ma non lo conoscono. Il problema è politico, perché il mercato, di suo, ha già deciso ed ha già fatto fallire Alitalia. Il problema è politico perché la proprietà è in mano pubblica, pur essendo la società quotata (ed animali misti di questo tipo dovrebbero essere estinti); perché il governo ha cercato di venderla con una gara mal concepita e che ha, come da noi previsto, abortito; perché ha poi insistito avviando una trattativa privata, da ultimo con la sola Air France. La faccenda, dunque, è ben poco di mercato. Ma neanche può essere affrontata con la canzone del Piave, o solo ribadendo che deve restare una compagnia di bandiera, perché anche questo non è pregno di significato.
Alitalia, così com’è, non regge. In altri Paesi europei si è preferito far fallire le compagnie di bandiera, in modo da far risorgere aziende sane e profittevoli, senza pendenze con il passato. Una terapia dolorosa, ma utile. Mantenere in falso equilibrio Alitalia conservandole tratte interne a prezzi folli è comunque doloroso (per l’Italia che lavora e paga troppo), ed è anche inutile.
Il ragionamento da svolgersi è diverso: l’Italia è un Paese a fortissima vocazione turistica, ma che pur avendo una compagnia di bandiera vede il turismo internazionale scegliere mete diverse. Le ragioni di questo declino turistico non sono certo nella diminuita bellezza paesaggistica o nel diminuito valore artistico e culturale (siamo il più grande giacimento del mondo), ma risiedono proprio nella gravissima carenza infrastrutturale, a partire proprio dai trasporti. Ci sono luoghi paradisiaci che si possono raggiungere solo con mezzi infernali, e dannatamente costosi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Gli italiani stessi sanno che è più facile, più organizzato e meno costoso raggiungere il mare ai tropici che frequentarlo su coste italiche che, dalle loro città, appaiono più lontane. Se, dunque, si affronta il problema nel suo complesso, ci può anche stare che si chieda alla collettività di sopportare un costo nel reggere una compagnia aerea, mettendo in evidenza il guadagno che casca nell’altra mano. E lo si può fare non solo senza conservare la proprietà pubblica, ma anche meglio dismettendola. Ma se il problema è limitato a quella singola società, se la si prende come monade economica non integrata in un progetto di sviluppo, allora si è già dato, anche troppo.
Alcuni sollevano un problema diverso, evidenziando che la compagnia di bandiera serve meglio l’economia reale, il mondo della produzione. La cosa, però, mal si concilia con il fatto che quel mondo si serve sempre meno di Alitalia. Mal si concilia con la masochistica autoesclusione dalle direttrici della Tav. Mal si concilia, anche dal punto di vista aeroportuale, con il fatto che dal nord Italia (ma direi anche dal resto del Paese) per le tratte più lunghe si utilizzano scali che già si trovano all’estero. Anche qui, si può pensare di fare uno sforzo per riportare il baricentro in un luogo a noi più vicino, ma sempre a patto che per raggiungerlo non ci voglia più tempo che per volare in un altro continente, che per parcheggiare non ci vogliano più soldi che per decollare, che ci siano mezzi pubblici in grado di collegare con più centri cittadini e che non siano delle tradotte della disperazione.
Se si hanno idee da mettere su questo tavolo, siano le benvenute, specie se accompagnate da conti che tendano a quadrare. Se, invece, ci si limita alle frasi fatte vuol dire che ci terremo dei trasporti sfatti ed un’Alitalia che sarà sempre più una bandiera della compagnia (italiaca), piuttosto che una compagnia di bandiera.
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Shirin Ebadi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Shirin Ebadi, prima magistrato poi avvocato e alfiere dei diritti umani in Iran, poi anche premio Nobel per la pace, rivolge, a noi europei ed a noi italiani, un’accusa molto precisa: pur di fare affari con l’Iran, pur di acquistare a buon prezzo il petrolio, voi chiudete non uno, ma due occhi sulla continua violazione dei diritti umani, ad opera del nostro governo. Vero.
Non solo abbiamo taciuto davanti alla repressione dei movimenti studenteschi, non solo ci giriamo dall’altra parte per non vedere il massacro dei diritti delle donne, non solo non aiutiamo i movimenti democratici che pure in Iran ci sono. Abbiamo fatto di più, e di peggio: abbiamo consentito ad Ahamadinejad di attaccare il diritto all’esistenza d’Israele e di dileggiare il ricordo della persecuzione subita dagli ebrei. I nostri governi hanno pronunciato parole di circostanza, più intenti a far capire che si trattava di gesti e parole esagerate, dovute al desiderio iraniano di tornare ad essere una potenza regionale, che disposti a prendere quelle parole e quei fatti per quello che sono: un’offesa all’umanità intera. Il governo italiano, si è spinto fino ad inviare una lettera ufficiale al presidente iraniano, qualificando come legittime le sue aspirazioni nazionali. Ed abbiamo lasciato che fossero gli Stati Uniti a sostenere a voce alta e chiara che la corsa iraniana al nucleare deve essere stroncata. Abbiamo lasciato agli israeliani il compito di dire che erano pronti ad ogni intervento, purché quella minaccia di guerra non possa mai realizzarsi.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Quando si affrontano i problemi di politica estera occorre mantenere efficiente la bussola ideale e tenere ben saldo il timone del realismo. In ogni caso di devono salvaguardare gli interessi nazionali. Uno di questi interessi è certamente l’approvvigionamento di petrolio. Se quest’ultimo prevale su ogni altra considerazione vuol dire che si è persa sia la bussola che il timone, e che si è strappata la rete d’interessi che deve tenerci saldamente vicini alle altre democrazie occidentali. La voce di Shirin Ebadi è un macigno che pesa sulla nostra coscienza. Se non la ascolteremo sarà anche la lapide sui nostri interessi.
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Fisco: le prime vittime di Veltroni saranno le partite Iva
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Francesco Galietti
La candidatura di Massimo Calearo tra le fila del PD veltroniano è a tutti gli effetti una foglia di fico per coprire il vuoto di consensi tanto nell’imprenditoria “ruspante” quanto nel popolo delle partite IVA in genere.
Prova ne siano i primi punzecchiamenti a cui Calearo è stato sottoposto da alcuni esponenti di centro-sinistra per le sue dichiarazioni pubbliche.
A Calearo, infatti, non sarà perdonata tanto facilmente l’approvazione postuma a Mastella, cioé all’artefice del crollo definitivo di Prodi. E nemmeno l’esclamazione su Visco, impietosamente fotografata da La Stampa: "Per carità di Dio, spero non lo ricandidino". Ai meno intransigenti, ha lo stesso significato di un’apostasia bella e buona.
Ma, a parte creare imbarazzi a chi lo ha candidato, la schiettezza di Calearo in tema di Fisco è interessante soprattutto per capire come stanno le cose per un certo spaccato d’Italia. A mio modo di vedere, infatti, gli elementi in campo sono piuttosto chiari.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Da una parte Giulio Tremonti, che conosce a fondo il mondo delle partite IVA, e propone misure realistiche per contribuire al miglioramento della loro disciplina fiscale. Come il versamento dell’IVA “per cassa”, che serve a evitare di anticipare soldi all’Erario prima di aver incassato – può passare parecchio tempo – la fattura dal cliente. O come forme di tassazione agevolata per chi intraprende iniziative professionali o imprenditoriali e deve già sostenere gli inevitabili costi di avviamento di una nuova attività.
Dall’altra parte, nonostante le migliori intenzioni messe in campo da Veltroni, e nonostante un programma che a molti sembra una scopiazzatura di quello della CdL del 2006 addolcito con lessico buonista, c’è soprattutto una credenziale da nascondere: il bilancio dei 20 mesi di governo Prodi.
Il che, per chi tiene partita IVA (artigiano, commerciante, piccolo imprenditore, professionista, ecc ecc…) equivale a un brutto periodo da lasciarsi a ogni costo alle spalle. Accertamenti sui conti bancari, stretta sugli studi di settore, gogne fiscali per chi sgarra sugli scontrini, disciplina sulle società di comodo sempre più invasive: la lista degli scorsi 20 mesi è veramente molto lunga, e fa spavento a leggerla.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Senza contare che lo zuccherino pre-elettorale per i “piccoli” – il regime dei “minimi” - è una sintesi penosa ma efficace di quello che è stato Visco per gli Italiani questi mesi.
Il regime, per farla il più semplice possibile, propone un’aliquota ridotta (il 20%) per chi fattura meno di 30.000 euro l’anno. Ma nelle scorse settimane i giornali non hanno avuto che l’imbarazzo della scelta nello snocciolare gli elementi insidiosi per contribuenti ignari e indifesi: l’acconto 2008, la rettifica alla detrazione IVA, il rischio di avere perennemente eccedenze a credito in dichiarazione dei redditi. Il tutto condito dalla pelosa promessa di un’esenzione IRAP che - il più delle volte – già c’è.
L’ingiustizia concettuale più grossa del regime dei minimi è forse il “tetto unico” di 30.000 euro ai ricavi per accedere alla tassazione agevolata: perché insistere nell’errore di fissare un valore-soglia unico per un pubblico di contribuenti piuttosto numeroso – le stime ministeriali parlano di 700.000 papabili - e quanto mai variegato al suo interno? Altro che equità sociale!
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E' la sicurezza la vera priorità del PdL
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Maurizio Griffo
In democrazia si impara dai propri errori e dalle critiche degli altri. Di questo semplice assioma abbiamo trovato conferma guardando la parte del programma del Popolo della libertà dedicata alla sicurezza e alla giustizia, la cosiddetta "terza missione". Per capirlo, però, occorre fare un piccolo passo indietro.
Nel 2001 tra gli impegni contenuti nel contratto con gli italiani, che Berlusconi propose come priorità del governo, c’era la promessa di un piano per la riduzione dei crimini, dando vita a una nuova figura, il poliziotto di quartiere. Il professor Luca Ricolfi, un osservatore non particolarmente benevolo nei confronti del centro-destra, in un libro pubblicato nel 2006 nell’imminenza delle elezioni politiche (Tempo scaduto. Il «Contratto con gli italiani» alla prova dei fatti, Bologna, il Mulino), tentava di misurare il grado di attuazione del contratto nel corso della legislatura. I risultati complessivi non erano disprezzabili (60%). Ma il computo percentuale era fortemente penalizzato proprio dai risultati ottenuti sul fronte della diminuzione dei reati. Tant’è vero che questa parte del contratto risultava del tutto inapplicata (0% di realizzazione secondo Ricolfi). Il fatto è che per il miglioramento dell’ordine pubblico c’è bisogno di misure assai più energiche. Peraltro, nei due anni di governo Prodi, la situazione non è certo migliorata. Misure scarsamente inefficaci (come l’operazione alto impatto) o decisamente dannose (come la sciagurata concessione dell’indulto per svuotare le carceri sovraffollate) hanno sostanzialmente peggiorato una situazione già largamente negativa, aumentando il senso d’insicurezza e la sfiducia dei cittadini.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Stando a quanto elencato negli obiettivi della "terza missione", sembra di capire che i dirigenti del PdL hanno preso atto della gravità della situazione. Insomma, pare che si voglia imboccare con decisione la strada della cosiddetta "tolleranza zero". Com’è noto con questa espressione si definiscono le misure assunte con successo dalle amministrazioni municipali di New York per ridurre il numero dei reati.
La tolleranza zero non è una ideologia, ma una politica del territorio che parte da finalità definite e ha bisogno di mezzi adeguati. La finalità è quella di ridurre drasticamente la delinquenza, che impedisce il normale svolgimento della vita civile. La modalità di intervento prevedono che si cominci a colpire duramente la piccola criminalità nella convinzione che, riducendo il numero dei cosiddetti manovali del crimine, non solo si migliori notevolmente la qualità della vita del cittadino medio, ma si renda impotente e si colpisca duramente anche la grande criminalità. Per sostenere questa politica occorrono anzitutto pene detentive adeguate; l’aumento della popolazione carceraria che il prodotto di questa necessaria durezza va fronteggiato con la costruzione di nuove carceri.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
A leggere gli scarni enunciati del testo diffuso (e disponibile in rete) le premesse per un’azione più incisiva ci sono: non solo maggiori risorse per la giustizia, ma un inasprimento delle pene e l’impegno per la costruzione di nuove carceri. Semmai, andrebbero dettagliati con maggiore precisione gli aumenti delle pene, per cui oltre alla abolizione degli sconti di detenzione per i recidivi, andrebbero aumentate le pene per alcuni reati (scippo, rapina) che sono ridicolmente bassi.
Per concludere questo breve commento sono opportune ancora due considerazioni. La prima di ordine generale, la seconda più specifica. Da un punto di vista generale, una più energica azione contro la criminalità segnerebbe la piena affermazione di una istanza liberale classica, ma sempre trascurata nel nostro paese. La teoria liberale (a cominciare dal contrattualismo del XVII secolo) suppone che il patto politico venga stipulato per meglio consentire il godimento dei diritti naturali (la vita, la proprietà, le libertà fondamentali, come quelle di espressione o di parola). Detto in una formula: l’ordine pubblico è il primo e sicuro fondamento dell’ordine politico.
Una seconda osservazione mi sento di formularla come abitante di una regione meridionale. Negli scorsi anni le politiche di intervento straordinario per il Mezzogiorno sono state messe giustamente sotto accusa. Oggi non sono riproponibili sia per ragioni di compatibilità di bilancio, che a ragione della loro scarsa efficacia (soprattutto in considerazione delle mutazioni sopravvenute nella composizione del mercato del lavoro e nella concorrenza internazionale). Ebbene, un’azione repressiva energica contro la criminalità può essere oggi il più efficace sostitutivo delle politiche d’intervento straordinario per il Mezzogiorno. Ridare tranquillità e fiducia a popolazioni duramente provate dall’illegalità violenta, significa creare condizioni ottimali per la crescita economica anche dei settori meno dinamici del paese.
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Euro tocca nuovo record su dollaro a 1,5325
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
L'euro tocca un nuovo record sul dollaro. Nei primi scambi nei principali mercati valutari del vecchio continente, la moneta unica è salita a 1,5325 dollari.
In apertura, l'euro era stati scambiato con il biglietto verde a 1,5295, in rialzo rispetto alla quotazione di ieri della Bce (1,5196 usd).
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Per rialzarsi l'Italia ha bisogno del nucleare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 7 della discussione
di Dario Giardi
II cosiddetto "referendum antinucleare" del novembre 1987, anche sull'impatto dell'onda emotiva conseguente al disastro nucleare avvenuto a Chernobyl l'anno precedente, risultò in un sì quasi plebiscitario a ciascuno dei tre quesiti proposti.
In sostanza i quesiti chiedevano:
1. volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidano nei tempi stabiliti?
2. volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?
3. volete che venga abrogata la norma che consente all'Enel di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero?
Il sì venne sostenuto dalla quasi totalità dei partiti politici di allora, dapprima dal Partito Socialista e dalla DC, e poi via via dagli altri, con l'eccezione, del Partito Repubblicano.
Ma forte era il sospetto che i politici cavalcassero l'onda emotiva di Chernobyl per opportunità elettorale piuttosto che preoccuparsi seriamente del futuro energetico del Paese, in pratica però nessuno dei tre quesiti richiedeva esplicitamente la fine del programma nucleare, limitandosi a renderne più complicata l'attuazione.
Ma il risultato fu l'abbandono di fatto del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico, il blocco parziale del Piano Energetico Nazionale che prevedeva l'apertura di cantieri per nuove centrali nucleari, e di lì a poco la chiusura delle quattro centrali nucleari attive in Italia, inclusa Caorso che era sul punto di entrare a pieno regime e rappresentava lo "stato dell'arte" del tempo.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Processi di "dismissione" che dureranno decenni e comporteranno costi significativi per la comunità che andranno ad aggiungersi a quelli già sostenuti per gli enormi investimenti destinati alla loro costruzione.
Ma né prima né dopo il referendum nessuno dei politici responsabili di tali decisioni si preoccupò di spiegarne la razionalità, o di porsi il problema di quali costi, rinunce, quali prospettive economiche future ne sarebbero derivati.
Ma analizziamo i vari aspetti coinvolti, prendendo anche in considerazione le disinformazioni, i pregiudizi e i luoghi comuni che spesso vengono divulgati sul tema.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Aspetti economici
L'abbandono del nucleare ci ha vincolati, a causa dell'assenza in Italia di adeguate risorse energetiche convenzionali, alla totale dipendenza dei Paesi fornitori di combustibili fossili, alla loro inaffidabilità e alle speculazioni internazionali che ne provocano l'aumento pressoché esponenziale dei prezzi.
I pesanti costi energetici che conseguono a tale scelta gravano sulla competitività delle nostre aziende e rischiano di metterle fuori mercato, oltre a condannare le famiglie italiane a costi delle bollette elettriche notevolmente più alti rispetto al resto d'Europa.
L'energia primaria necessaria al nostro Paese dipende da un'importazione dell'82% del fabbisogno, con un esborso annuo pari a oltre 30 miliardi di euro, in particolare nel sistema elettrico la dipendenza dall'estero raggiunge l'84% e la dipendenza dagli idrocarburi l'80%.
Ne risulta che l'energia elettrica prodotta in Italia, in massima parte utilizzando petrolio e gas naturale, costa il 60% in più della media europea, due volte tanto rispetto a quella prodotta in Francia e tre volte quella prodotta in Svezia, due paesi che fanno importante ricorso al nucleare.
Se si confrontano i costi di funzionamento delle varie fonti primarie, il costo del kWe è di circa 3 centesimi di euro per il nucleare, 4 centesimi per il carbone, 7 per l'olio combustibile, 6 per il gas a ciclo combinato, 55 per il fotovoltaico, 11 per l'eolico.
Ma la reale competitività dell'energia nucleare è misurabile dai futuri reattori EPR di terza generazione (più affidabili, sicuri e duraturi degli attuali di seconda generazione), per i quali il costo medio a vita intera è valutabile in 28, 4 euro per MWh, a fronte dei 35, 0 per gl'impianti a ciclo combinato e dei 33, 7 per quelli a carbone (dati VAST).
Va poi detto per inciso che, secondo le valutazioni dello stesso Ministero dell'Ambiente, l'attuazione entro il 2012 del protocollo di Kyoto costerebbe all'Italia 350 dollari per abitante, contro i 5 per la Germania (33% di nucleare)e i 3 della Francia (76% di nucleare).
A ciò si aggiungono i costi per gli ulteriori tagli da attuare entro il 2020.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Aspetti ecologici
L'energia nucleare, al pari di quella da fonti rinnovabili, non produce CO2, gas che è il principale responsabile dell'effetto serra, né gli altri prodotti inquinanti quali gli ossidi di zolfo e di azoto, che sono emessi in atmosfera dall'uso dei combustibili fossili.
La concentrazione atmosferica di CO2 è passata dalle 280 PPM (parti per milione) dell'era preindustriale alle attuali 380 PPM. L' Ipcc (agenzia dell'ONU preposta al controllo climatico mondiale) ha previsto che tale concentrazione è destinata a raggiungere, in assenza di interventi, circa 1000 PPM entro il 2100, e ha indicato in 550 PPM la soglia critica entro la quale si potranno scongiurare modifiche climatiche e ambientali drammatiche (innalzamento livello dei mari, desertificazione di zone temperate, problemi salutari e epidemie, penuria di risorse idriche e alimentari). Qualcuno ha addirittura paventato l'instaurarsi, superata la soglia critica, di eventi catastrofici irreversibili quali la massiva emissione di metano (il cui effetto serra è decine di volte maggiore di quello della CO2 ) dalle aree siberiane a seguito della riduzioni del "permafrost".
Poiché il consumo energetico mondiale non diminuirà, ma anzi è destinato a salire, e le fonti alternative rinnovabili, che è certamente doveroso cercare di espandere quanto più possibile, potranno fornire solamente una quota limitata del fabbisogno, l'energia da fissione nucleare rappresenta a medio termine l'unica via concreta in grado di contenere l'aumento dell’effetto serra e i conseguenti effetti climatici. In attesa di tecnologie più evolute, e al momento ancora del tutto ipotetiche, quali l'energia atomica da fusione o l'intrappolamento sotterraneo della CO2 emessa dai combustibili fossili.
E' significativo a questo proposito che la stessa Unione Europea ha recentemente definito il nucleare come uno strumento importante per la lotta contro il riscaldamento climatico. E' di questi giorni un progetto di legge in corso di discussione nel Regno Unito che vincolerà i futuri governi del proprio Paese a drastiche riduzioni delle emissioni di CO2, che dovranno scendere di almeno il 26% entro il 2020 e del 60% (o addirittura dell'80%) entro il 2050. E tutto questo con il sostanziale contributo del nucleare: una serie di nuove centrali che potranno essere operative tra 15-20 anni e la cui costruzione sarà affidata al settore privato.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
Situazione in Italia
Nel nostro Paese parlare di nucleare è quasi un argomento tabù, e molti sono i luoghi comuni e le disinformazioni che circolano, ad esempio che il nucleare sia stato generalmente abbandonato o ridotto dopo Chernobyl. Ma la realtà è diversa: la potenza nucleare installata nel mondo è passata da 250 Gwe nel 1985 a 360 Gwe nel 2002, con un aumento del 44%. Vi sono inoltre 33 nuove centrali in costruzione, cui vanno aggiunti i due rettori EPR previsti in Francia e Finlandia. In Europa il nucleare rappresenta attualmente la prima fonte di produzione elettrica con circa il 35% del fabbisogno. Ma forse qualcosa si sta movendo anche da noi e qualche personaggio politico, anche se sporadicamente ed estemporaneamente, prende posizione in favore del ritorno al nucleare senza tuttavia che tale scelta appaia esplicitamente nei programmi di alcun partito.
In realtà l'Italia, oltre ad importare da Francia e Svizzera circa il 17% del proprio fabbisogno energetico da fonte nucleare, sta attivamente sviluppando un proprio programma nucleare in altri Paesi, con buona pace per il terzo quesito referendario. Nel 2003 l'Enel ha acquistato il 66% della Slovenke Elektarne, massima produttrice di elettricità in Slovenia e seconda dell'Europa centro-orientale.
L'Enel si è inoltre offerta di finanziare la costruzione in Slovacchia di due nuovi reattori rimasti allo stadio di progetto dal 1991 per mancanza di fondi, ed ha sottoscritto un accordo con Edf per partecipare allo sviluppo del nucleare di terza generazione l'EPR: dovrebbe partecipare alle spese per il 12, 5% con un investimento preventivato in 375 milioni di euro per la costruzione di una nuova centrale da 2000 MW in Normandia.
E' inoltre in fase di studio un ulteriore accordo tra Enel e Edf attraverso il quale quest'ultima darebbe in gestione ad Enel, tramite la costituzione di una società mista, 4 o 5 delle proprie centrali nucleari in territorio francese. Anche l'Ansaldo Energia, attraverso Finmeccanica, ha recentemente preso contatti con la Romania per la costruzione del secondo reattore della centrale di Cernavoda.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 6 della discussione
È paradossale che in Europa ci sia un’isola, l’Italia, circondata da ben 12 centrali nucleari che lavorano per lei. Abbiamo i reattori atomici a un soffio dai confini. Senza contare che il nucleare è una forma di energia pulita in linea coi parametri di Kyoto.
L’addio alla più economica energia atomica è stato per l’economia italiana un onere che si è aggiunto a quello della denuclearizzazione: un conto totale, secondo dati del ministero del Tesoro, di 120 mila miliardi di lire. Una cifra della quale una frazione (165 milioni di euro l’anno fino al 2021 per lo smantellamento degli impianti), viene pagata direttamente dagli utenti con un apposita voce sulla bolletta elettrica.
Oggi riaprire la strada atomica, significa aumentare la nostra capacità produttiva a costi contenuti.
Nell’87 le centrali nucleari italiane erano 4: Caorso e Trino Vercellese, ancora utilizzabili, più Latina e Garigliano, già arrivate al termine del ciclo; e a queste stavano per aggiungersi Trino 2 e Montalto di Castro, poi riconvertita a gas.
Se si deciderà di tornare al nucleare, la prima cosa da fare sarà riattivare Trino Vercellese e Caorso. Poi si dovranno mettere in cantiere una decina di impianti convenzionali (tipo Caorso) per far fronte ai 30-40 mila megawatt di cui abbiamo bisogno. Sia Westinghouse sia Edf, due grandi società straniere, hanno presentato al ministero dello Sviluppo Economico progetti in merito che si possono costruire in meno di 2 anni.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 7 della discussione
Ma anche la tecnologia italiana è competitiva, soprattutto da quando la riforma Marzano ha dato il via libera alle imprese italiane, Ansaldo in testa, per costruire e gestire centrali nucleari all’estero. Una recente indagine dell’Ue sull’accettabilità sociale del nucleare registra per l’Italia una percentuale del 54, 5 fra coloro che «sono fortemente d’accordo».
Certo il ritorno al nucleare sarebbe destinato a incontrare forti resistenze politiche. Anche se c’è la diffusa consapevolezza di riconsiderare almeno la convenienza di un programma nucleare ai fini di calmierare i prezzi dell’energia elettrica che in Italia sono una volta e mezzo superiori a quelli della media europea. Nemmeno i referendum dell’87 sarebbero un ostacolo insormontabile: come hanno dimostrato i casi del finanziamento pubblico dei partiti e del ministero dell’Agricoltura, entrambi cancellati da referendum e poi «resuscitati» per legge alcuni anni dopo.
Silvio Berlusconi, nel programma elettorale del PdL, dice a voce alta quello che pensa la grande maggioranza dei politici, degli imprenditori e degli economisti: l’Italia deve tornare all’energia nucleare. L’Europa ha già riavviato il nucleare. La Finlandia è ripartita con la quinta centrale atomica. La Francia ha deciso di costruire a Flamanville il suo primo reattore nucleare di tipo europeo, al quale parteciperà anche l’Enel con una quota del 12, 5%. L'Inghilterra ha annunciato un nuovo, ambizioso programma nucleare. Non solo, sbaglia, chi dice che occorrono quindici anni per costruire una nuova centrale atomica. Le nostre prime tre centrali nucleari, a Latina, Garigliano e Trino Vercellese, furono costruite rispettivamente in 55, 62 e 51 mesi, quando le competenze non erano certo maggiori di quelle di oggi. E la nuova centrale francese di Flamanville sarà completata in cinque anni.
Non basta chiamarsi fuori dal nucleare, come abbiamo fatto noi con un referendum, se poi sei circondato da centrali nucleari. Basta questa ipocrisia. L’Italia deve rialzarsi e correre.
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Pannella al Pd: ''Non ci fottete!''
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Veltroni ha in Marco il suo ritratto di Dorian Gray
di Carlo Panella
Veltroni è stato distratto e invece di prendere uno spin doctor che lo guidasse nella campagna elettorale, ha imbarcato lo sceneggiatore di Mel Brooks che gli ha fatto fare le liste elettorali più pazze del mondo.
Dopo avere brillanemente sostituito De Mita con la segretaria del ministro Fioroni in Campania (perdendo csoì di sicuro il premio di maggioranza al Senato), e aver candidato la figlia dell'ex mionistro Cardinale in Sicilia, dopo avere eliminato dalle liste con disprezzo -senza neanche una telefonata di un portaborse- Khaled Fuad Allam, Veltroni ha messo in scena la commedia napoletana coi radicali.
Con un mix tra stalin, le tre tavolette e l'umorismo yddish, promette 9 seggi, ma gliene dà sei e soprattutto, copnvinto della propria superiorità morale (Berlinguer docet), pensa di avere messo nel sacco Pannella e di averlo così costretto ad andarsene.
Ma Pannella è Pannella, è un gigante, nel bene come nel male. Soprattutto, Pannella, non ha stretto l'accordo perché ci credeva, ma solo perché gliel'ha imposto Emma con tutto il partito. Si comporta quindi come il vecchio patriarca che è, che ormai sa che l'essenza corporale, fisica, sua propria, dei radicali, segue il suo naturale -sia pur possente- declino dell'età e lavora alla sua eredità. Il tutto, al solito, badando bene a divertirsi quanto più gli riesce.
Veltroni e Bettini, che nulla hanno di cultura umanistica, che non capiranno mai la grandezza di don Chisciotte e di Gargantua, hanno così creato il proprio ritratto di Dorian Gray. Saranno costretti d'ora in poi a specchiarsi ogni giorno in un Marco che fa lo sciopero della fame contro la loro inaffidabilità che impietosamente fa vedere tutte le loro rughe dell'anima, con Marco che non rompe con loro, con Marco che sta nelle loro liste, con Marco che li specchia e loro da giovanilisti quali vorrebbero essere saranno costretti a vedersi quali sono: stalinisti d'annata, fuori dal tempo, superficiali, meschini politicamente. Infine: incapaci.
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Veltroni vuole l'Alitalia italiana ma anche no
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Giuseppe Pennisi
Come era da attendersi, i temi dell’italianità di Alitalia e del futuro di Malpensa stanno entrando nella fase finale della campagna elettorale.
Questa mattina molti giornali hanno riportato, in modo distorto, le dichiarazioni del leader del PdL attribuendogli una chiusura preconcetta nei confronti di Air France-Klm. A questa interpretazione si è agganciata, quindi, la replica del leader del Pd, il quale non ha tenuto conto delle posizioni espresse dai suoi stessi consiglieri a proposito tanto dell'Alitalia quanto di Malpensa.
Per Veltroni le parole del Cavaliere sono state "affrettate e non ponderate", anche se poi parlando della questione ha usato, in parte gli stessi termini di Berlusconi, dicendo che "un grande paese come l’Italia dovrebbe avere una propria compagnia nazionale".
Si tratta di argomenti delicati che devono essere trattati sotto differenti aspetti:
a) il significato del concetto di “italianità”;
b) la situazione finanziaria di Alitalia e di coloro che se la contendono;
c) il negoziato in esclusiva tra Alitalia da un lato, e AirFrance-Klm dall’altro;
d) il ruolo inizialmente concepito per Malpensa e l’evoluzione del trasporto aereo e degli scali del Nord d’Italia.
Questi temi si stagliano su un fondale: la sgangherata (per utilizzare un termine elegante) procedura con cui dal dicembre 2006 il Governo Prodi ha tentato di denazionalizzare Alitalia e farla diventare la madre di tutte le privatizzazioni.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Andiamo con ordine. In primo luogo, il concetto stesso di “italianità” di una s. p. a. può assumere varie guisa, tutte legittime. Ad un estremo, può vuole dire mantenere il marchio. Ad un altro, la totalità del capitale azionario. Né l’uno né l’altro estremo è realistico. Se si entra in una multinazionale del settore (ossia se il negoziato con AirFrance-Klm va a buon fine), si potrebbe considerare raggiunto l’obiettivo, oltre che con il mantenimento del marchio, con uno scambio di azioni e con una rappresentanza adeguata nel CdA della casamadre, oltre che con il controllo della affiliata italiana (l’Alitalia per l’appunto) del gruppo.
In secondo luogo, come in tutte le trattative, il margine negoziale dipende dai rapporti di potere tra i negoziatori, che, a sua volta, rispecchia, in gran misura, la situazione finanziaria rispettiva. Lunedì il CdA di AirFrance-Klm si esprimerà su quanto ha riscontrato in Alitalia dove il quadro dei libri contabili si intreccia, inevitabilmente, con complicate vertenze sindacali sul numero degli esuberi e sul destino delle società di servizio affiliate a quella che è ancora la nostra compagnia di bandiera. E’ possibile che AirFrance-Klm getti la spugna. E che la trattativa, quindi, finisca in un buco nell’acqua. C’è da augurarselo? Secondo il management di Alitalia, se non arriva cassa fresca, tramite un aumento di capitale, in giugno si dichiara l’insolvenza e si portano i libri in tribunale per iniziare una procedura fallimentare.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Potrebbe APHolding sostituire AirFrance-Klm? In caso di naufragio della trattativa in corso non ci sarebbero – credo – ostacoli giuridici. Tuttavia, in questi ultimi mesi il maggior quotidiano economico italiano ha più volte pubblicato dati non affatto confortanti sulla situazione finanziaria ed industriale di AirOne, la s. p. a aeronautica al cuore di APHolding. Tesi analoghe sono state sostenute dai massimi esponenti di Lufthansa, la capo gruppo di Star Alliance di cui AirOne fa parte. Ci sono state puntualizzazioni non firmate da parte di alcuni organi di stampa ma non è mai venuta una smentita ufficiale, accompagnata (come si sarebbe potuto pensare) da qualche azione nei confronti delle informazioni pubblicate, la cui fonti, secondo il quotidiano in questione, sarebbero i dati ufficiali di bilancio e la statistiche anch’esse ufficiali sul carico degli aerei. Quindi, c’è da pensare che, senza altri partner (finanziari ed industriali), APHolding non sia in grado di fare fronte ad un “long farewell” di AirFrance-Klm a Alitalia. Giugno è molto vicino ed i Buoni Samaritani, di questi tempi, sono merce rara.
In questo contesto, si pone il ruolo di Malpensa. Due consiglieri economici del leader del Pd Walter Veltroni (con l’articolo “Malpensa: limiti e misfatti” su www. lavoce. info) hanno già ipotizzato un ridimensionamento dell’infrastruttura nell’ipotesi in cui il regime di open skies non si allarghi rapidamente dai voli transatlantici (per i quali i cieli si apriranno a fine marzo) a quelli verso l'Asia e verso l'Africa. Verosimilmente, l’aeroporto di Malpensa e gli scali nel Nord Italia non sono stati programmati sulla base delle analisi economiche e finanziarie che sarebbero state necessarie per investimenti di tali dimensioni: i pertinenti studi di fattibilità non sono stati mai divulgati, mentre chiunque può constatare lo spessore delle analisi condotte, più o meno nello stesso periodo, per il terzo aeroporto di Londra ( in vendita presso lo H. M. Stationery Office – l’equivalente del nostro Poligrafico dello Stato).
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Malpensa era stata, comunque, concepita come “hub” prima che il “point-to-point” e l’avvento dello “low cost” rivoluzionassero il traffico aereo. L’impianto, però, esiste e si sta cercando di migliorarne il funzionamento, Sarebbe un errore trattarlo, contabilmente, come un “sunk cost” (costo da accantonarsi in quanto ormai sprofondato nel passato). E’ verosimile che, quale che sia l’esito delle trattative, venga definito un periodo di transizione da utilizzare non solo per individuare nuovi vettori ma pure per condurre una nuova analisi economica di tutti gli aeroporti dell’area. Un esempio eloquente è la riorganizzazione degli aeroporti del Nord Europa effettuata sulla base di uno studio pionieristico condotto dall’Università di Rotterdam ed i cui esiti principali sono stati pubblicati sul periodico “Financial Management” (Han T. J. Smit “Infrastructure Investment as a Real Options Game: the case of European Airport Exapansion”). Una lezione importante è che utilizzando la strumentazione derivante dalla teoria delle opzioni reali si giunge a quantizzare aspetti non facilmente apparenti in un’analisi costi benefici tradizionale, quale il valore della “opzione di flessibilità” in caso di congestione del traffico negli altri scali. Soprattutto, nell’analisi degli aeroporti nel Nord Europa, la valutazione economica ha permesso di vedere come quelli meno vincolati da regolazioni pubbliche sulla loro crescita e da trattamenti preferenziali per quelle un tempo chiamate “compagnie di bandiera” sono quelli che meglio riescono ad esercitare le opzioni di crescita disponibili nel settore.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
In Italia si è in grado di condurre studi analoghi. Nella XIV legislatura, ad esempio, sono state condotte le analisi con opzione reali della transizione da televisione analogica e digitale terrestre (le cui conclusioni sono state recepite dal Governo dell’epoca ed i cui punti salienti sono riassunti nel volume Bezzi et altri “Valutazione in Azione”, F. Angeli) e quella del sistema di trasporti della Basilicata (disponibile presso il Ministero dello Sviluppo Economico). Vengono anche presentate, su questi temi, tesi di laurea magistrale in economia ed ingegneria di trasporti: ad esempio, appena una settimana fa ne è stata discussa una (con un forte contenuto empirico) alla Facoltà di Ingegneria dell’Università de L’Aquila. La strumentazione esiste. Dunque, utilizziamola.
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Gianni Baget Bozzo: Ai veri cattolici non serve il bollino
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Famiglia Cristiana si interroga su quale sia la posizione del Popolo della libertà sui temi eticamente sensibili. La risposta non è in una lettera, è nei fatti.
La legislatura del 2001 è stata la più favorevole alle posizioni dei cattolici di tutte le legislature italiane, anche e soprattutto, di quelle in cui la Democrazia cristiana aveva la maggioranza relativa e la direzione del governo. Il Popolo della libertà non ha fatto dei temi della famiglia e della vita un riferimento del programma perché era evidente che essi vi sono impliciti. Berlusconi, nel discorso di Piazza San Babila, a Milano, ha detto chiaramente che il centrodestra riconosce soltanto il matrimonio di uomo e di donna.
Nel 2001 la Casa delle libertà era composta da cattolici e da laici che riconoscevano il valore storico della tradizione cattolica e il suo ruolo nella tenuta morale e sociale del Paese. Non era una scelta nuova, fu la scelta di De Gasperi, quando fece passare la Dc dal «partito fra cattolici» di Sturzo a partito nazionale. Forza Italia si è rifatta fin dalla fondazione a don Sturzo e Alcide De Gasperi, e ha mantenuto il principio che la collaborazione di cattolici e di laici per il bene comune fosse la base della politica democratica occidentale in Italia. Così fu possibile al governo Berlusconi far votare una legge sulla procreazione assistita che la Conferenza episcopale giudicò la più vicina, anche se non identica, alle posizioni cattoliche. E i laici della Casa delle libertà votarono per questa legge. Se la sinistra dà oggi spazio ai cattolici, è perché la Casa delle libertà ha condotto il popolo dei moderati a essere alternativo alla sinistra, e ha così riassorbito la frattura nel Nord, che tanto preoccupava la Chiesa, e reso possibile la costruzione di Alleanza nazionale, creando così un polo alternativo alla sinistra in modo permanente. Non ci sarebbero a sinistra i teodem se la maggioranza dei moderati italiani non avesse scelto per il centrodestra contro il centrosinistra.
Ma, mentre nel Partito democratico il problema dei cattolici e dei laici è ancora aperto e sembra che la posizione dei cattolici si svantaggi di giorno in giorno, nel Popolo della libertà il problema è chiuso. È chiuso da quattro legislature. Il fatto è questo; e anche i padri paolini devono avere imparato da Marx, da loro tanto frequentato, che i fatti hanno la testa dura.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Famiglia Cristiana non chiede i fatti, chiede il bollino ed è visibile che lo fa a favore di Casini e di Pezzotta che, da parte loro, non hanno altra forza che il bollino. Pezzotta è là perché è stato l’oratore del Family Day. Casini e Pezzotta sfruttano la Chiesa dichiarandosi i soli veri cattolici: sembra un perfetto caso di fariseismo. Se Famiglia Cristiana vuole portare il voto cattolico a Casini e Pezzotta perché si dicono cattolici con il bollino, va contro tutta la tradizione politica dei cattolici italiani. Nel momento in cui la salvezza del Paese richiede la collaborazione di grandi forze politiche, il far dei cattolici una minoranza scismatica per porre Casini e Pezzotta come arbitri della maggioranza è una grave colpa verso la democrazia italiana.
Ma vi è di peggio nell’articolo di Famiglia Cristiana, c’è una sorta di discriminazione antropologica nei confronti del Popolo della libertà. Si dice che in esso il «primato del fare è riuscito a prevalere su quello del pensare», il che praticamente è quasi un insulto. Pensano i padri paolini di avere il controllo di ciò che è pensiero e di ciò che non lo è? Mi pare troppo anche per un settimanale di successo.
E veniamo alla libertà di coscienza: è questo principio che ha permesso ai non cattolici di rispettare la propria coscienza accettando un voto conforme a ciò che sentiva essere un bene comune. Pensare alla libertà di coscienza come anarchia ci riporta ai più bei giorni dell’integrismo. Calderoli e i radicali liberali che partecipano, non «albergano», nella Casa delle libertà hanno accettato la linea del rispetto delle posizioni cattoliche. Famiglia Cristiana è sempre stata favorevole alla sinistra, ma che giunga ad attribuire a Berlusconi un panteismo onnipotente è veramente incredibile. Cosa vuole dire Famiglia Cristiana? Che Berlusconi adora la trimurti indiana? Mandare questo messaggio ai cattolici italiani è una cosa veramente indegna e un abuso di autorità.
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Michele Brambilla: C’erano una volta le battaglie radicali
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Pannella dice che Veltroni non è un uomo di parola perché gli aveva garantito nove posti sicuri e invece di posti sicuri ce ne sarebbero solo sei o sette: in segno di protesta, ha cominciato uno sciopero della sete.
Per Veltroni - «ma anche» per tutti gli italiani che non hanno la memoria corta - sarebbe fin troppo facile (pure un po’ macabro, però) rispondergli che il primo a non mantenere la parola è proprio Pannella, il quale nel corso della sua lunga carriera di scioperi della sete ne ha cominciati circa mezzo migliaio, minacciando sempre di lasciarsi morire se non fossero state accolte le sue richieste-pretese. E invece è ancora qui (e meno male, che è ancora qui).
Sarebbe fin troppo facile, insomma, ricordare a Pannella che ormai ai suoi scioperi non crede più nessuno. È altro, che va ricordato a Pannella. È la differenza siderale tra i grandi ideali che in passato ispiravano le sue proteste e gli interessi terra-terra che ora lo spingono a far finta di immolarsi. Una volta Pannella digiunava contro la pena di morte, contro i signori della guerra, contro la fame nel mondo, per la libertà di espressione, per i diritti civili. Adesso, per nove cadreghe sicure alla Camera e al Senato. Veltroni ieri gli ha ricordato la penosa involuzione con parole educate ma tutt’altro che buoniste: «Lo sciopero della sete è meglio farlo per grandi battaglie etiche, non per questioni legate alle liste elettorali».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ma, come un mastelliano qualsiasi, Pannella non si rassegna a restare tagliato fuori. Non ha i voti sufficienti per correre da solo? E allora cerca posti fissi come quelli degli impiegati delle Poste, e di volta in volta bussa a tutte le porte, destra e sinistra: chi offre di più? A differenza del mastelliano qualsiasi, però, ammanta la sua lotta di nobili principi, rivendica per sé e la sua truppa la patente esclusiva di probità: «Noi abbiamo sufficiente rigore, onestà (noi onestà) come sanno tutti e quindi con rigore faremo la battaglia che abbiamo sempre fatto per difendere l’onestà, per difendere la trasparenza e anche difendere la povertà che abbiamo sempre praticato contro l’arroganza e le tentazioni di arroganza dei troppo ricchi e dei padroni», ha detto ieri incespicando sulla sintassi ma restando ben ritto nella sua figura di fariseo che, nel tempio, ringrazia il suo dio per essere senza peccato.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
È questa la differenza che resta ormai tra il qualsiasi mastelliano e Pannella: la rivendicazione di una purezza assoluta, la pretesa di una superiorità morale. Come tutti i grandi moralisti, è però esposto al giudizio della gente, che si può prendere per i fondelli anche più di una volta, ma non sempre. Pannella fa della non-violenza la sua bandiera ma i suoi minacciati suicidi per fame e per sete sono metodi ricattatori, e quindi violenti (l’ha detto anche Emma Bonino, ieri: «Si deve ricorrere alla violenza»). Pannella si straccia le vesti per la democrazia, ma vuol dettare le condizioni in un partito nel quale rappresenta un’esigua minoranza. Pannella strepita contro la partitocrazia, ma in Parlamento ci vuole andare non grazie al voto dei cittadini, ma alle liste blindate compilate dalle segreterie di partito. Pannella in economia fa il liberista, ma guai se non arriva denaro pubblico per il suo gruppo e la sua radio.
Veltroni forse solo adesso capisce quale fesseria ha fatto imbarcando i radicali. Prima gli hanno chiesto soldi. Una volta incassati quelli, hanno preteso i posti. Avuti i posti, ne hanno contestato la comodità, della serie «mi piace vincere facile». Veltroni forse solo adesso capisce quale spina s’è conficcato da solo nel fianco: nella migliore delle ipotesi, avrà sempre un alleato che gli contesterà, con il ditino alzato, di essere più democratico e più onesto di lui. Il tutto per cosa? Quanto valgono i radicali? Il due virgola? L’uno virgola? O lo zero virgola? Intanto i sondaggi dicono che, portandoseli in casa, il Pd ha perso un numero ben superiore di voti cattolici. E Casini ringrazia.
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P.C. Pomicino: Le grandi manovre Telecom
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Nella distrazione generale per lo scontro elettorale in corso, nei mercati borsistici avvengono cose non sempre comprensibili, in particolare per i piccoli risparmiatori. Una tra queste, ad esempio, è la vicenda Telecom. Dall’inizio dell’anno il titolo ha perso il 24% del proprio valore mentre l’indice generale della borsa ha perso solo il 14%. Oggi il titolo Telecom vale poco più di 1,60 euro, il punto più basso dal 1997. Diciamo subito che la crisi dei mutui americani c’entra ben poco con la caduta del titolo Telecom. La illiquidità dei fondi legata alla crescente diffidenza di ciascuna banca rispetto alle altre ha messo in moto massicce vendite di quei titoli che avevano già maturato plusvalenze e questo non era il caso di Telecom. Vediamo allora se per caso i fondamentali di Telecom, cioè i dati industriali, siano peggiorati. L’azienda guidata da tre mesi da Franco Bernabè sui dati dei primi tre trimestri dello scorso anno ha un fatturato di 32 miliardi di euro con un indebitamento di 37 miliardi e il cosiddetto ebitda (gli utili prima degli interessi delle tasse e degli ammortamenti) di oltre 12 miliardi. Gli utili netti al 31/12/06 erano di 3 miliardi di euro e tutto lascia credere che il 2007 riconfermi nella sostanza questa cifra. Un indicatore utile per il mercato è il rapporto tra il debito e l’ebitda. Quando è intorno a tre volte è ritenuto tollerabile dagli analisti finanziari e a oggi per Telecom quel rapporto è di 3,1 volte. Con questi dati il valore dell’azienda sarebbe di oltre 45 miliardi di euro moltiplicando l’ebitda per 6,5, un multiplo ampiamente accettato per quel tipo di aziende. E invece Telecom a oggi capitalizza in borsa poco meno di 30 miliardi di euro. Se la colpa allora non è della crisi creditizia innescata dai mutui americani e se i fondamentali industriali sono quelli descritti, la ragione del crollo del titolo deve trovarsi altrove.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
E qui comincia la bonaria malizia dei vecchi capi indiani che si poggia sull’antica massima del «cui prodest», cioè a chi conviene che il titolo sia così basso. Il nuovo socio di riferimento della Telecom è la società Telco (Mediobanca, Intesa, Generali e la spagnola Telefonica) che ha rilevato il pacchetto detenuto da Tronchetti Provera (il 23% del capitale) pagando ogni azione 2,60 euro, guarda caso lo stesso valore aziendale (46 miliardi di euro) al quale arriviamo noi con il ragionamento sopra riportato sui fondamentali industriali. Stando così le cose l’ispirazione che ci arriva da Manitou, è che probabilmente siamo alla vigilia di un aumento di capitale riservato agli azionisti per cui se il titolo resta su questi bassi livelli è possibile che per ogni due vecchie azioni ve ne sia una acquistata a poco più di 1 euro. Se così fosse, la società Telco sottoscrivendo l’aumento di capitale per la parte che lo riguarda medierebbe l’attuale prezzo del suo 23% intorno a 2 euro senza considerare il possibile rastrellamento di azioni ordinarie o di risparmio avvenuto in questi mesi. Questo meccanismo è stato già collaudato con la vicenda Fiat di qualche anno fa quando il suo titolo scese di molto prima e durante l’aumento di capitale chiuso al 30/07/2003 per poi esplodere nei successivi tre mesi guadagnando quasi il 40%. Anche allora il dio indiano Manitou ci ispirò e fummo tra i pochissimi a pronosticare da queste colonne l’ascesa esplosiva del titolo Fiat. In quell’occasione molti piccoli risparmiatori presi dall’angoscia vendettero a piene mani mentre altri, sempre ispirati da Manitou, comprarono e guadagnarono cifre importantissime. La stessa cosa forse avverrà per Telecom. Può darsi che questa volta sbagliamo, ma davvero non troviamo altra spiegazione per la continua caduta del titolo Telecom ben conoscendo, peraltro, le mille furbizie e i mille conflitti di interesse presenti nei mercati finanziari.
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Mario Giordano: VECCHIE RUGHE SOTTO IL TRUCCO
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Dagli Appennini alle Bande: il tour elettorale di Veltroni cade in una serie di agguati e imboscate che al confronto la foresta della Colombia è il Club Méditerranée. In un solo giorno si registrano nel centrosinistra quattro esplosioni violente: la bomba Pannella, la bomba Calearo, la bomba «figli di» e la bomba «sicurezza sul lavoro». Walter continua a ripetere che è tutto a posto. Ma ricorda un po’ quell’economista che sentenziò: «Ci aspetta un lungo periodo di prosperità». Infatti: era l’ottobre 1929.
Il fatto è che le esplosioni contemporanee attorno al pullman segnano qualcosa in più di una battuta d’arresto: segnano la fine dell’illusione. Il punto di forza su cui Veltroni aveva giocato tutto, infatti, era quello del mostrarsi diverso rispetto alla litigiosità del governo Prodi. E ora come può essere credibile? Se lui e gli alleati si prendono a pallettate per il 15° posto in lista in Emilia Romagna, che succederà se mai dovessero decidere insieme sui veri problemi del Paese? Quanti penosi scioperi della sete dovremmo ancora vedere? E dopo lo sciopero della sete? Quello della fame? Della colazione? Della kinder brioche?
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Certo: un po’ di litigiosità, nel comporre le liste, è naturale. Ci sarà sicuramente anche nel centrodestra. Ma le bombe esplose ieri nel Pd mettono tre punti fermi che sbugiardano l’operazione di marketing di Veltroni:
1) Altro che nuovo: le liste sono state preparate con criteri da prima Repubblica, come dimostra l’alta presenza di «figli di», segretarie, assistenti (mancano solo colf, tate e badanti per completare l’opera) e l’ammissione di Veltroni di aver «dato i soldi» ai radicali che li chiedevano;
2) altro che alternativo a Prodi: appena Calearo, candidato simbolo del Pd attacca, Veltroni è costretto a difendere il governo in carica, Visco compreso, ammettendo la continuità con il peggior esecutivo della storia della Repubblica;
3) altro che coeso: basta leggere le dichiarazioni di due candidati del Pd come la Merloni (industriali) e Nerozzi (Cgil) sulla sicurezza del lavoro per capire che di fronte ai problemi concreti il centrosinistra è destinato ancora a spaccarsi. Eccome.
L’operazione estetica si schianta così contro la realtà. Il belletto non regge nemmeno pochi giorni. E infatti Veltroni, mens vana in corpore sano, manifesta evidente nervosismo. Attacca i giornali che osano infrangere il coro osannante dei media. Tira fuori dalla naftalina la legge sul conflitto d’interessi. Ed è costretto a telefonare a Prodi per scusarsi e sconfessare le dichiarazioni di Calearo, mentre i sondaggi lo danno già in calo. Una giornata davvero nera: poche ore prima Walter proclamava di aver preso il largo. Preso il largo? Forse si riferiva solo a un nuovo candidato un po’ cicciottello.
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Luca Ricolfi: "Così il governo Prodi ha ucciso la crescita"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Pubblichiamo ampi stralci del saggio del professor Luca Ricolfi, presente nel libro «Ostaggi dello Stato - Le origini politiche del declino e dell’insicurezza», edito dalla Angelo Guerini e Associati (euro 7,50).
Il libro, curato dal sociologo, è una raccolta di analisi effettuate da sette ricercatori, esperti in sociologia, psicologia, comunicazione ed economia. Una spietata fotografia dell’Italia, reduce da due anni di governo Prodi
Il segnale più negativo è il rallentamento della crescita, iniziato nei primi mesi dell’anno anche «grazie» alla prima Finanziaria del governo Prodi, che fin dall’estate del 2006, con il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria, aveva manifestato l’intenzione di correggere l’andamento dei conti pubblici pagando il prezzo di una riduzione del tasso di crescita del Pil (0,3 punti in meno, pari al 20% del tasso di crescita previsto).
Un brusco stop allo sviluppo
Tutto lascia pensare, però, che il prezzo che l’Italia ha dovuto pagare sia maggiore: la stima di 0,3 punti di Pil di contrazione della crescita è decisamente più bassa di quelle prodotte dai centri di ricerca non governativi, e comunque era basata su un mix di aumenti di imposta e riduzioni di spesa che poi è peggiorato nella versione finale della legge finanziaria (gli aggravi fiscali dovevano coprire un terzo della manovra, ma sono saliti a circa due terzi in corso d’opera). È probabile che quella scelta ci sia costata una decina di miliardi di euro, più o meno le risorse che ora si stanno freneticamente cercando per affrontare la «questione salariale» ed evitare lo sciopero generale minacciato dai sindacati. Al momento (inizio 2008) non si conosce ancora il tasso di crescita del Pil nel 2007 (mancano le stime del 4° trimestre), ma già sappiamo che la produzione industriale è in forte rallentamento, la produttività continua a ristagnare, le aspettative delle imprese per i prossimi mesi non sono buone.
Una massiccia pressione fiscale
Il secondo segnale negativo riguarda i mezzi che sono stati usati per ridurre il deficit. Certo siamo tutti felicissimi di essere finalmente rientrati nei parametri di Maastricht, ma la vera domanda è: qual è il prezzo che abbiamo pagato per raddrizzare la barca?
La risposta è sconsolante. Poiché non si è trovato il coraggio di ridurre la spesa pubblica, si è fatto ricorso alla comoda via degli aumenti della pressione fiscale (di 1,7 punti fra il 2005 e il 2006, di ulteriori 1,1 punti fra il 2006 e il 2007). Il miglioramento dei conti pubblici nel 2007 è stato ottenuto essenzialmente grazie a tre grandi operazioni: l’aumento dei contributi sociali, il conferimento forzoso del Tfr all’Inps, l’aumento selvaggio delle tasse locali. E questo massiccio aumento del prelievo fiscale – come da manuale – ha frenato la crescita e aggravato i bilanci delle famiglie. È triste notarlo, ma i dati dicono che è toccato al governo dell’Unione contribuire a rendere più vero che mai lo slogan che le ha fatto vincere le elezioni: «non riesco ad arrivare alla fine del mese».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Famiglie sempre più in difficoltà
Un’occhiata alla serie storica dell’indagine Isae sui bilanci familiari mostra che nel 2007 il numero di famiglie in gravi difficoltà economiche ha raggiunto il punto massimo da quando esiste l’indagine (ossia dal 1999). La necessità di ricorrere ai risparmi o far debiti per quadrare il bilancio era aumentata considerevolmente nei primi anni di introduzione dell’euro (specie fra il 2002 e il 2003), poi – nel corso del 2006 – era leggermente diminuita, ma nel 2007 è tornata di nuovo a salire e nella seconda metà dell’anno ha toccato il massimo storico.
Troppe spese improduttive
L’aspetto interessante di questa vicenda è che questo disastroso risultato, certo non dovuto alla sola azione del governo ma anche – ad esempio – all’aumento dei tassi di interesse sui mutui immobiliari e alla ripresa dell’inflazione, non è stato ottenuto dopo un periodo di stagnazione, o dopo una recessione, ma al termine del biennio più positivo dai tempi della crisi del 2000-2001. La ragione di questo paradosso, a mio avviso, è che fra il 2006 e il 2007 non è solo migliorato il deficit, ma è ulteriormente aumentata l’interposizione pubblica, ossia il grado di intromissione dello Stato nell’economia. Già segnalata come un problema nel Rapporto dell’anno scorso, in cui si rilevava la sua continua ascesa a partire dal 2000, l’interposizione pubblica è oggi uno dei più gravi ostacoli alla crescita dell’Italia. Aumento dell’interposizione pubblica significa, infatti, che una quota crescente di risorse viene sottratta al mercato (ossia alle famiglie e alle imprese) e usata per espandere ulteriormente la spesa improduttiva, con quell’incredibile intrico di sprechi, inefficienze, clientele, abusi (e talora anche truffe) che ormai costituiscono la triste costante della nostra Pubblica Amministrazione. Nel solo 2007, ben due decreti (il Dl 81 di luglio e il Dl 159 di ottobre) hanno aumentato di 12,7 miliardi di euro la spesa pubblica, mentre per il 2008 la Finanziaria dispone un altro incremento di 6,1 miliardi, senza contare le molte spese ulteriori (a partire dai contratti pubblici) non ricomprese nella legge finanziaria, ma che certamente verranno deliberate in corso d’anno.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Un welfare costoso e inefficiente
Si potrebbe obiettare – e certamente la maggior parte dei politici dell’Unione obietterebbe – che il nostro Stato sociale è incompleto e che l’aumento del gettito fiscale è frutto della lotta all’evasione. La prima affermazione – il nostro Stato sociale è incompleto – è vera e sacrosanta, ma sorvola su due circostanze:
a) su quasi 20 miliardi di spesa pubblica aggiuntiva deliberata nel 2007, la frazione che va a un reale completamento dello Stato sociale, basato su principi di universalità e selettività, è minima; la maggior parte degli interventi sono favori, sconti e mance elargite a categorie specifiche, senza requisiti stringenti di bisogno (si pensi, per fare solo due esempi, all’ennesimo super-aumento agli statali o allo sconto Ici esteso ai proprietari con redditi alti), e questo è tanto più preoccupante se si dà qualche credito ai dati che segnalano una crescita delle diseguaglianze sociali;
b) il nostro Stato sociale resterà sempre incompleto finché non si affronterà il problema di ridurne le inefficienze e gli sprechi (almeno 45 miliardi di euro all’anno, secondo una stima prudente), e ciò non solo perché ogni spreco significa sottrarre risorse ad altri impieghi utili, ma perché una parte della debolezza dello Stato sociale sta precisamente nel fatto che non funziona, e non funzionando penalizza soprattutto le fasce deboli della popolazione.
Chi volesse farsi un’idea dell’entità degli sprechi della Pubblica Amministrazione, nonché della loro distribuzione territoriale, può consultare le tabelle riportate alla fine di Profondo rosso, il nostro Rapporto sul 2005.
Le menzogne sull’evasione
Quanto alla seconda affermazione – i soldi li abbiamo presi dalla lotta all’evasione – essa è al tempo stesso falsa e spudorata. Falsa, perché le stime condotte da osservatori indipendenti concordano nel dire che il recupero di evasione fiscale del 2006-2007, ammesso che sia diverso da zero, vale pochissimi decimali di Pil, ossia meno della metà della metà delle cifre tante volte sbandierate dal governo («almeno 20 miliardi di euro»). Spudorata, perché se davvero la lotta all’evasione avesse fruttato da subito 20 miliardi di euro, allora il governo avrebbe dovuto onorare l’impegno preso solennemente con gli elettori: restituire ai contribuenti onesti, attraverso significative riduzioni di aliquote (e senza trucchi sulle basi imponibili), il gettito recuperato dai contribuenti disonesti. Una simile misura avrebbe evitato di soffocare l’economia in nome della «lotta all’evasione fiscale».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Nessuno si sente sicuro
Ma c’è anche un terzo segnale negativo che getta una luce inquietante sull’anno appena trascorso. Fra il 2006 e il 2007 il grado di insicurezza dei cittadini è cresciuto non solo sul versante dell’economia, ma anche su quello dei rapporti sociali. Certo, il ceto politico si fa in quattro per dimostrare agli elettori che la percezione di insicurezza è, appunto, una percezione. Ma gli stessi dati ufficiali mostrano con una certa crudezza che – purtroppo – le percezioni dei cittadini hanno solide radici nella realtà. Nella sezione del Rapporto dedicata ai problemi della sicurezza, abbiamo mostrato che l’indulto, fortemente voluto da tutte le forze politiche (eccetto Lega, An e Italia dei Valori), pare aver determinato un’impressionante crescita dei delitti, sostenuta da un significativo apporto degli immigrati. Questo provvedimento, caparbiamente difeso da Prodi e dai politici dell’Unione anche per ragioni ideologiche (Bertinotti è arrivato ad affermare che esso aveva «un valore pedagogico»), ha creato un vero e proprio baratro fra il governo e l’opinione pubblica, sempre più convinta della micidialità del triangolo indulto-criminalità-immigrazione.
L’emblema dei rifiuti in Campania
Naturalmente quel che è incredibile non è che il provvedimento sia stato emanato (arrivati a quel punto, era difficile agire diversamente), ma che il nostro ceto politico – in questo campo come in mille altri: pensiamo al problema rifiuti in Campania, con cui si è aperto emblematicamente il 2008 – si mostri sempre così incapace di anticipazione. I problemi sono noti da lungo tempo, se ne conoscono la gravità e la tendenza al deterioramento, ma non si prende nessuna decisione finché non esplodono. A quel punto si interviene semplicemente perché non se ne può fare a meno, ma ovviamente qualsiasi cosa si decida non può funzionare, perché il problema è stato lasciato marcire troppo a lungo e ormai è diventato ingestibile.
L’annoso problema delle carceri
Nel caso delle carceri il problema esiste da diversi decenni, era tornato alla ribalta giusto pochi anni fa (2003) con il cosiddetto indultino (che aveva liberato una decina di migliaia di detenuti), è riesploso nel 2006 perché nel frattempo quasi nulla era stato fatto per risolvere i tre grandi problemi «a monte»: carceri non degne di un Paese civile, numero di posti insufficiente, processi troppo lenti. Ora la storia si ripete, con il governo che libera oltre 26mila detenuti, non riorganizza la giustizia, non avvia piani straordinari (e accelerati) per la costruzione di nuove carceri e la ristrutturazione di quelle vecchie, litiga disperatamente per mettere insieme un pacchetto di misure per combattere l’illegalità. La gente, nel frattempo, diventa sempre più diffidente nei confronti degli immigrati.
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Nato e Ue già in allarme per il film anti-Corano
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Proteste in tutto l'Afghanistan. Il Pakistan convoca l'ambasciatore olandese. Sarkozy intima: L'Unione europea sostenga il governo dell'Aia
Un film che non è ancora uscito e che nessuno ha ancora potuto vedere sta già scatenando polemiche e preoccupazioni a livello internazionale, con tanto di convocazioni di ambasciatori, manifestazioni di piazza e accorati richiami alla cautela da parte di governi e perfino della Nato.
All’origine di tanto tumulto c’è un documentario della durata di 15 minuti realizzato da un deputato olandese, Geert Wilders, che ha raccolto l’eredità di Pim Fortuyn, il leader di un partito di destra ostile all’immigrazione di massa islamica, che nel 2002 alla vigilia di elezioni che si apprestava a vincere clamorosamente fu assassinato da un giovane estremista di sinistra.
Nessuno, come si è detto, ha ancora avuto l’occasione di vedere il cortometraggio: dovrebbe uscire su internet entro la fine di marzo. Ma ciò che se ne sa pare sufficiente a provocare reazioni alterate e vive preoccupazioni. Wilders ha infatti fatto sapere che il film intende dimostrare che il Corano, testo sacro della religione musulmana, è un libro fascista e che il profeta Maometto altro non era che un barbaro. Per molto meno (la realizzazione di un film intitolato «Sottomissione» la cui tesi era che la religione islamica reprime con la violenza gli elementari diritti delle donne) il regista olandese Theo Van Gogh è stato massacrato da un immigrato marocchino nel 2004 ad Amsterdam.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’annunciato film di Wilders, che gira con la scorta per le minacce di morte ricevute, ha diviso il mondo politico e la stessa società olandese, tradizionalmente molto tollerante e aperta. Il premier conservatore Jan Peter Balkenende, sostenuto in questo solo da una parte della sua maggioranza, si è detto in totale disaccordo con le opinioni di Wilders, che ha più volte inutilmente pregato di rinunciare al suo progetto: teme l’esplodere in Olanda di gravi disordini provocati dagli immigrati musulmani, ma anche boicottaggi e attentati ai danni delle imprese olandesi nel mondo. Oltre a veder trasformare i 1600 soldati del contingente olandese in Afghanistan nel bersaglio preferenziale dei talebani: un portavoce della Nato si è già detto preoccupato in tal senso.
D’altra parte, il premier deve tener conto che un’autocensura di Stato sarebbe un pessimo segnale: proprio ieri la Commissione Europea ha ricordato che «la libertà di espressione non può essere limitata», ma ha anche allertato le delegazioni Ue all’estero per possibili disordini. E ieri Balkenende, che era in visita a Parigi, ha ricevuto la promessa di «sostegno diplomatico» da parte del presidente francese Nicolas Sarkozy. L’eurodeputato leghista Mario Borghezio, invece, ha invitato Wilders al Parlamento di Strasburgo.
Ma i peggiori timori riguardano ciò che sta avvenendo all’estero. Diversi Paesi musulmani hanno già criticato il film, migliaia di afghani hanno protestato in piazza, mentre Iran ed Egitto minacciano un boicottaggio economico contro l’Olanda, analogo a quello che colpì la Danimarca quando uscirono le famose vignette satiriche su Maometto. Il ministro degli Esteri del Pakistan ha convocato l’ambasciatore olandese per dirgli che considera il film di Wilders blasfemo e che non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione.
Roberto Fabbri
>>Da: FULVIO-T
Messaggio 3 della discussione
Francamente comincio ad essere stufo di questa faccenda dei due pesi e delle due misure, loro chiamano le nostre donne prostitute perchè a loro modo vanno in giro svestite, loro pretendono che neanche una sillaba equivoca sia ripetuta se c'è solo il sospetto che possa essere offensiva per l'islam quando invece loro fanno vagare cani randagi per le chiese cristiane nei loro territori e perseguitano chiunque non si uniforma alla loro legge.
Sopratutto si permettono anche di dire come dovremmo agire noi nei nostri stessi paesi.
La cosa gravissima è che chi fa un discorso simile al mio ma con un tono meno quiete viene subito accusato di essere intollerante o quant'altro ma il punto qui è proprio quello di chiedere l'uguaglianza di trattamente fra diverse fedi e popoli.
Certo poi se aspettiamo che le nostre autorità per una volta prendano le nostre difese siamo più stupidi di chi accetta qualsiasi cosa sulla sua pelle per il momentaneo (fino al prossimo attacco) quieto vivere.
Poi basta scendere a patti con chi si fa avanti solo a minacce senza rispetto ne buona fede.
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Sesso sul bus in cambio di ricariche alle medie
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Stupore a Campodarsego, nel Paodvano. Il Comune ha scoperto i favori erotici tra adolescenti con ragazzine consenzienti. E da quest'anno posti fissi per tutti e un cartellino di riconoscimento
Padova - Richieste di favori sessuali in cambio della ricarica dei telefonini: è quanto avveniva nello scuolabus dei ragazzini delle scuole medie in un paese del padovano, Campodarsego. Alla fine la cosa è stata scoperta alla fine dal Comune che ha avvertito le famiglie e preso le contromisure. Da quest’anno infatti - riferisce il Mattino di Padova - per gli scolari che si servono dello scuolabus, circa 300, è stato istituito un tesserino di riconoscimento e ogni studente ha un posto fisso, nominativo, sul mezzo.
Lo scuolabus La vicenda risale ancora allo scorso anno scolastico. Un gruppo di ragazzi avrebbe avviato questa sorta di "ricatto erotico", offrendo schede di ricarica - massimo 10, 15 euro - per le ragazzine che si prestavano a esaudire le loro richieste, nelle ultime file di sedili della corriera. E i casi di teenager che avevano accettato lo scambio sesso-schede telefoniche non sarebbero stati rari secondo le indagini.
>>Da: Il Moro
Messaggio 2 della discussione
E pensare che questa gente un giorno manderà avanti il paese.
Si vendono e si comprano per una scheda telefonica, immaginate cosa possono fare per altro..
>>Da: diamante
Messaggio 3 della discussione
Tremende davvero le future generazioni.
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Più forti i clan della cocaina
>>Da: andreavisconti
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Ora c’è l’Europa nel mirino
Il mercato Usa è ormai saturo e il narcotraffico cambia rotta. In Italia consumi quasi raddoppiati in pochi anni
«Sballiamo il vecchio continente». È la nuova parola d’ordine dei narcotrafficanti di coca. È stata lanciata per evitare la saturazione del mercato americano e ha trasformato l’Europa nel secondo più redditizio supermarket di «neve» a buon mercato. Lo rivela il rapporto annuale dell’«International narcotics control board» (Incb) dell’Onu che attribuisce alla Colombia il 50% della produzione mondiale di coca, al Perù il 33% e alla Bolivia il 17%. Il documento tratteggia l’immagine di un continente assediato, all’intersezione tra la vecchia via caraibica, su cui passa il 40% della coca destinata agli europei, e le nuove rotte africane che da Benin, Isole del Capo Verde, Mauritania e Senegal indirizzano verso Spagna, Portogallo e Regno Unito 200/300 tonnellate di coca l’anno. La nuova rotta aggira i controlli imposti sui tracciati caraibici e agevola l’ascesa della coca confermando il declino dell’eroina. I circa 3,3 milioni di «eroinomani» europei tendono dunque a diminuire nonostante la marea di oppiacei afghani riversatasi su Iran, Turchia e Balcani. Nell’ex Paese dei talebani la produzione è cresciuta del 59% nel 2006 e del 17% nel 2007 coprendo il 935 del fabbisogno mondiale. I primi a farne le spese sono però gli iraniani con circa due milioni di eroinomani.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’Italia risente delle nuove tendenze europee. Il crollo dei prezzi della coca, precipitati dai 125 euro al grammo del 99 sotto i 20 euro la dose, fa della penisola il terzo grande «sniffatoio» europeo dietro Spagna e Regno Unito. E la tolleranza per gli spinelli la trascina ai vertici, insieme alla Spagna per consumo di cannabis.
«In Italia – recita il rapporto – il tasso di diffusione della cocaina è cresciuto stabilmente dall’ 1,1 per cento del 2001 fino al 2,1 per cento del 2005 raggiungendo livelli ben superiori alla media europea dello 0,8 per cento». Il «Bel paese» vanta insomma un milione e mezzo di cocainomani e circa sei milioni di «spinellati». Il vero paradiso di «biancaneve» resta, però, la Spagna dove l’Interpol ha siglato, grazie alle 49,6 tonnellate intercettate nel 2006, il record europeo dei sequestri con un incremento del 2,52%. Per dribblare questi controlli le partite immagazzinate nei «porti franchi» dell’Africa Occidentale (ma anche le spedizioni caraibiche) approdano sempre più spesso in Portogallo. Le 34 tonnellate di cocaina sequestrate nel 2006 - a fronte delle 18 del 2005 - confermano la tendenza di Lisbona a trasformarsi nella capitale europea delle importazioni di cocaina. Per rompere l’assedio l’Inb invita soprattutto a concentrare indagini e risorse nella caccia ai grandi narcotrafficanti. «I grandi trafficanti hanno molto potere, non si sporcano le mani e se ne vanno spesso impuniti» ricorda uno degli autori del rapporto. L’ottimizzazione delle risorse non significa permissivismo sociale o indulgenza. Il rapporto raccomanda il pugno di ferro nei confronti di celebrità e divi pizzicati con la droga in tasca per evitare pericolosissimi fenomeni d’emulazione giovanile. Insomma ascoltiamo pure Amy Winehouse e la sua Rehab, ma se la troviamo fatta sul palco sbattiamola in un centro di «riabilitazione». Gian Micalessin
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John McCain trionfa È lui il candidato repubblicano
>>Da: andreavisconti
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John McCain va a dormire da mezzo presidente. Esce dalla Casa Bianca e pensa che adesso forse è il suo momento, che dopo Bush che adesso lo incensa e lo appoggia, questa sarà la sua abitazione, il suo ufficio, il suo mondo. Vince in Vermont, Rhode Island, Ohio e Texas. Vince tutto e si porta via la maggioranza assoluta dei delegati repubblicani. Nomination sicura anche se i dubbi erano pochi. La formalità serve a cambiare pagina davvero a presentarsi dal vecchio nemico George W. e farsi dire: «Sarai un ottimo presidente». Questo vale già tutto: entra ed esce dal 1600 di Pennsylvania Avenue da erede designato, lui che con l’attuale inquilino ha avuto rapporti complicati. Erano nemici nelle primarie repubblicane del 2000, Bush lo strapazzò, John s’è vendicato per otto anni: ha votato contro Bush sulle torture, l’ambiente o il finanziamento della politica. Bush lo sa, però sa anche che per il bene del suo partito, adesso i repubblicani faranno squadra con McCain. «Con John qui, io sarò tranquillo a rilassarmi a gambe distese a Crawford».
Il vecchio McCain sorride e si diverte a pensare che dall’altra parte i democratici gli stanno facendo un favore: l’altalena Clinton-Obama, lo scontro che si trascinerà fino alla convention di Denver, gli dà quei tre mesi abbondanti di vantaggio che magari diventeranno fondamentali. Vede il 4 novembre, lui. Lo vede vicino: è l’orizzonte che adesso John il cowboy immagina come un sole che si perde tra rocce del West. È l’immagine che ha scelto per aprire il suo sito internet da vincitore. Repubblicana, reaganiana, all american. Il futuro anche a 71 anni passati, anche se l’estate scorsa era spacciato, senza soldi e sull’orlo di una crisi di nervi. Adesso è all’apice, perché le primarie servono anche a questo: a cambiare le carte in tavola quando nessuno se l’aspetta. McCain è stato il più bravo: 1.191 delegati, maggioranza assoluta e galloni da predestinato. Può permettersi di parlare con un tono presidenziale: «Credo che tutti noi nasciamo con responsabilità verso il Paese che ha protetto i nostri diritti dati da Dio, e le opportunità che ci permettono. Io combatterò l’estremismo islamico e voglio incoraggiare la vasta maggioranza di moderati a vincere la battaglia per l’anima dell’Islam. Siamo artefici del nostro destino. Non siamo un Paese che preferisce la nostalgia all’ottimismo, o che preferisce guardare indietro piuttosto che avanti. Siamo il leader del mondo e i leader non si struggono per il passato, né temono il futuro. Renderemo il futuro migliore del passato».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Mike Huckabee, l’ultimo avversario a mollare, si ritira per manifesta inferiorità, gli promette l’appoggio e una dote di voti dell’America religiosa che con McCain magari non ha tanta confidenza, ma che adora l’ex pastore battista ed ex obeso che sa parlare agli evangelici. Huckabee resta candidato. Alla vicepresidenza, però. Perché McCain pensa già al ticket, tira giù le griglie, spulcia i nomi, fa i calcoli. Ha bisogno di un vice forte, di un running mate che corra davvero per lui e con lui. Ce ne sono tanti in lista. Qualcuno pensa a Colin Powell, l’ex segretario di Stato bushiano. Dicono sia l’uomo giusto se dall’altra parte vincesse Obama: Powell sarebbe il volto nero dei repubblicani. Però forse McCain pensa di più a un governatore o a un ex governatore. Magari giovane. Vuole uno che possa dire all’America: «Io ho guidato uno Stato, questa coppia governerà bene il Paese».
I nomi buoni sono in un bloc notes nelle mani del capo dello staff di McCain: Charlie Christ, governatore della Florida, lo Stato che ha dato lo slancio al senatore nelle primarie; Mark Sanford, governatore da due mandati del South Carolina, repubblicano vero e convinto; Tim Pawlenty, governatore del Minnesota: il primo a fare campagna pesante per McCain, astro nascente dei conservatori. Di più: il Minnesota ospita la convention che all’inizio di settembre aprirà ufficialmente le presidenziali. Gioca in casa. Giuseppe De Bellis
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Viaggio "abusivo" in ambulanza: 6 mesi a Selva
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Il senatore finse un malore per farsi portare negli studi di un'emittente tv per un dibattito: il traffico a Roma era bloccato per la visita del presidente Bush
Roma - Sei mesi di reclusione e 200 euro di multa. È la condanna inflitta al senatore Gustavo Selva (ex An ora in Forza Italia), al termine del rito abbreviato, al senatore Gustavo Selva dal gup di Roma Maria Giulia De Marco. Selva era accusato di truffa aggravata per aver usufruito di un’ambulanza fingendo un malore. Il gup ha accolto la richiesta del pm Leonardo Frisani. Selva era difeso dagli avvocati Alfredo Biondi e Paola Rizzo. I fatti che risalgono al 9 giugno scorso. In quell’occasione Selva approfittò dell’ ambulanza, nel caos cittadino determinato dalla presenza del presidente americano George W. Bush a Roma, per farsi portare negli studi dell’emittente La7 dove era in programma un dibattito televisivo.
La vicenda giudiziaria ha preso spunto da un esposto contenente la relazione chiesta dal presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, al direttore generale dell’Ares-118 del Lazio Vitaliano De Salazar. Agli atti della procura finì anche il video mandato in onda da La7 nel quale lo stesso Selva avrebbe ammesso l’escamotage ideato per raggiungere in tempo gli studi televisivi.
>>Da: Il Moro
Messaggio 2 della discussione
6 mesi per un'ambulanza e medaglia d'oro a chi lascia Napoli in condizioni disumane
Qua siamo alla follia.
Sono stanco di una società dove si processa per direttissima un povero bamboccio o si danno 6 mesi ad uno con il cervello di una nocciolina che si vanta di queste buffonate in tv, mentre si lascia libero il figlio di Riina e si premia chi manda Napoli alla rovina.
>>Da: Graffio
Messaggio 3 della discussione
Non difendiamo i mascalzoni.
E' un mascalzone chi lascia la Campania in queste condizioni, ed è un mascalzone anche chi con l'arroganza del potere sequestra una ambulanza per andare in una trasmissione televisiva. Soprattutto se è un rappresentante del popolo.
Quindi reputo la sanzione a Selva giusta ed aspetto giustizia anche per chi ha lasciato Napoli sommersa dalla spazzatura.
>>Da: diamante
Messaggio 4 della discussione
Non è mica il giudice a decidere. Sono le leggi. Poi dipende con quale capo di imputazione si arriva al dibattimento. Nel caso di Selva lo si poteva processare per minacce, oppure per abuso di potere, oppure per interruzione di pubblico servizio, oppure per procurato allarme. Il reato di stupidità non è ancora previsto, purtoppo.
Il giudice decide in base al capo di imputazione presentato e a quello che la legge prevede per quello specifico reato. Poi aggiunge le attenuanti o le aggravanti previste e concede la sospensione della pena se si tratta di prima condanna (condizionale).
Mica può fare di testa sua.
>>Da: aristodog
Messaggio 5 della discussione
Sequestrare una ambulanza per arrivare ad un appuntamento.....m'ha fatto vergognare di essere italiano.
Io l'avrei mandato via a calci nel sedere.
E parlo come persona....poco conta lo schieramento politico.
Gliene avrei dato 6 ma di anni.
Dopo aver verificato se, per caso, ci fossero state altre chiamate in zona a cui una persona veramente biosgnosa di soccorso abbia poi dovuto "mettersi in fila" perche' c'era quella mèrdaccià li'....e gli avrei chiesto pure i danni.
Qua' si parla di dignita' umana.
Fosse a destra, centro o sinistra quello cosi' e' e cosi' rimane.
>>Da: barbarella
Messaggio 6 della discussione
SENATO: SELVA, DOPO SENTENZA DI OGGI NON MI RICANDIDO
"La sentenza del Gup di Roma Giulia De Marco, che mi condanna in primo grado a sei mesi di reclusione, mi impone un unico e preciso dovere politico e di coscienza come cittadino e come parlamentare: la rinuncia alla candidatura al Senato della Repubblica nel Collegio del Veneto".
Lo annuncia il senatore Gustavo Selva. "Non voglio che la mia colpa o miei errori ricadano sul Pdl, ideato da Silvio Berlusconi, alla cui attivita' politica io continuero' a dedicare l'intelligenza e le capacita' di lavoro che mi restano nonostante la mia veneranda eta'. Avrei potuto gia' da ieri firmare presso il notaio Matella in Via dell'Umilta' l'atto di accettazione della candidatura che mi era stato richiesto. Non l'ho fatto proprio perche' attendevo l'esito dell'odierno processo. Ho voluto io stesso il processo (il primo con queste imputazioni) con il rito abbreviato - mirabilmente svolto a mia difesa dai bravissimi avvocati Paola Rizzo e Alfredo Biondi - per contribuire nei tempi e nei modi alla rapidita' del giudizio e imitare cosi' la rapidita' dell'inchiesta, sebbene io sia mai stato interrogato dal magistrato inquirente".
Bene. Ottima decisione.
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 7 della discussione
Mi sembra giusto.
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Svezia contro Danimarca nel nome del copriwater
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Nei famosi megastore dell’arredo fai-da-te tavolette del wc e zerbini sono tutti battezzati come le città danesi. L’ultimo atto di una rivalità che dura da 500 anni
Non basta vivere in Scandinavia per sfuggire alla legge dei «terroni». C'è sempre qualcuno più a nord di te. Capita, così, che la svedese Ikea si becchi un'accusa di razzismo nei confronti dei danesi, gente del Sud, meridionali. Terroni. Dicono poi che il signor Ikea sia un tipo duro e, da buon svedese, ami raccontare barzellette solo sui vicini danesi.
Ingvar Kamprad da sempre sostiene di avere un piccolo problema con i nomi. Fatica a ricordarseli. È per questo, raccontano, che mobili, oggetti, modelli e suppellettili dei suoi prodotti vengono battezzati con un criterio a prova di memoria. Tutto deve seguire una logica razionale, con la stessa pedante precisione con cui incastra viti, perni e bulloni di letti e cucine. Scatole e scaffali portano nomi di cittadine svedesi. Letti, armadi e mobili da salotto evocano luoghi norvegesi, tavole e sedie citano la Finlandia, i cuscini parlano di fiori, piante e pietre preziose. In bagno trovi solo laghi scandinavi, fiumi e baie. Ma se si va nella polvere, sui tappeti, zerbini e tutto ciò che è calpestabile, non vi potete sbagliare: ci sono solo nomi di città danesi. Un caso? Mica tanto.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Mister Ikea è convinto che ci sia del marcio in Danimarca. E così quando si tratta di dare un nome agli oggetti più «bassi» pensa sempre e soltanto alle città danesi. Così la tavoletta del water tira fuori dalla cartina geografica Öresund, lo stretto di mare che divide la Danimarca dalla Svezia. Poi c’è Nivå, la città che diventa un rivestimento per pavimenti. Guarda caso il più economico. Nessuno fin'ora l'aveva fatto notare, ma per alcuni ci deve essere sotto qualcosa. Secondo Klaus Kjøller, un esperto di scienza della comunicazione dell'università di Copenaghen, qualcuno ha voluto prendersi gioco dei danesi. Parla addirittura di «imperialismo svedese». «Altrimenti», dice, «perché una persona dovrebbe pulirsi i piedi sullo zerbino Køge per poi calpestare il tappeto Nästved o Sindal o Bröndby o Agger (tutte località danesi ndr)? Dev’esserci una scelta deliberata. Nessuno si è mai chiesto allora perché per i mobili componibili più costosi hanno toponimi svedesi?». Se parli di queste cose con i signori dell'Ikea sostengono che è tutto un caso ma in realtà l'ironia di mister Kamprad non è che l’ultimo atto di una battaglia che si combatte tra i due Paesi da oltre 500 anni. Un’antica rivalità tra Danimarca e Svezia consumata a colpi di armi prima, sui campi da calcio poi, e che ora è finita sugli scaffali del fai-da-te, delle idee e tanto risparmio, dei mobili che hanno il pregio di essere usati, vissuti, che sanno di nuovo, di autonomia, lontani da quei pesanti mobili di famiglia.
Ma il lato perfido della globalizzazione firmato Ikea non ha messo di cattivo umore solo la Danimarca. Kjell Magne Bondevik, premier norvegese, ha accusato i foglietti d’istruzione di discriminazione sessuale: «Nei manuali ci sono solo immagini di uomini che assemblano i mobili. Non è giusto. E poi non sono chiari, io ho grandi difficoltà a mettere assieme i pezzi». In Svezia avranno detto: vabbè è norvegese. A Copenaghen, intanto, si sta già pensando alla controffensiva. Qualcuno ha suggerito al produttore di birra danese Carlsberg di chiamare le sue birre analcoliche, con nomi di località svedesi. Bassa gradazione. Manila Alfano
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Calearo spara sul governo, caos nei democratici
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Gaffe dell’ex leader di Federmeccanica: "Spero Visco non sia candidato. Mastella? Un santo, ha fatto cadere l’esecutivo". Parisi minaccia di ritirarsi, la Bindi si infuria.
Tre due uno bang, appena il tempo di scattare dai blocchi di partenza, di tramutarsi da imprenditore in candidato democratico, e Massimo Calearo piomba come un elefante nella cristalleria veltroniana. Uno dice: è un neofita della politica, deve farsi le ossa, non si può pretendere che sia già scafato come D’Alema. E dunque ci vorrà il suo tempo perché Calearo non se la prenda più con i suoi nuovi compagni di partito, perché sia prudente con Visco, delicato con Mastella, amichevole con Damiano. Insomma, che conti fino a dieci prima di sparare a zero sul Pd e sul suo governo come ha fatto l’altra sera a Ballarò.
Come tutti i trapianti di un corpo estraneo, era prevedibile che l’innesto di un falco di Confindustria nel fu partito del proletariato desse sintomi di rigetto. Ma il quadro clinico dopo pochi giorni fa sospettare che sia stato trapiantato un organo sbagliato. Calearo era partito subito con il piede sbagliato. La sua prima intervista: «Sono disponibile a fare il ministro, ma non dipende da me».
Certo che no, i ministri li nomina il capo dello Stato, ma il campione dell’imprenditoria veltroniana ha precisato: «Credo che non sarei particolarmente ferrato per prendere in mano il ministero delle Politiche agricole. Piuttosto Economia o Sviluppo economico». Cioè soffiare il posto a Pierluigi Bersani, il ministro delle liberalizzazioni e dunque bandiera del Pd liberale e occidentale, oppure a Padoa-Schioppa e Visco.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’altra sera, alla prima comparsata in tv (Ballarò), il presidente uscente di Federmeccanica ha spiegato che cosa pensa davvero di Visco: «Per carità di Dio, spero non lo ricandidino», ha esclamato. È quanto si augurano tutte le partite Iva d’Italia, che proprio per questo difficilmente voteranno Pd mentre Calearo sarà un capolista.
Se Visco è il diavolo, Mastella è invece un santo. Proprio lui, l’affossatore di Prodi (che è presidente del partito che ha arruolato Calearo): «San Clemente Mastella ha fatto bene al Paese perché ha fermato il governo e adesso c’è un partito come il Pd che ha un programma moderno». La stessa riconoscenza che aveva manifestato Silvio Berlusconi un mese fa in piazza San Babila, oltre che quasi tutta Italia.
Seduto a fianco di Calearo nello studio di Ballarò, il sottosegretario prodiano Enrico Letta era più pallido del solito. Ma è sbiancato quando ieri mattina ha aperto il Riformista, dove il presidente dimissionario di Assindustria Vicenza (la terza maggior associazione imprenditoriale italiana) ha detto il resto. Montezemolo chiede liberalizzazioni e privatizzazioni mentre Veltroni mette al primo posto la lotta al precariato? «Non vedo tutte queste differenze». L’articolo 18, difeso vittoriosamente da sinistra e sindacato in una battaglia campale contro il governo Berlusconi e gli industriali? «Si potrebbe togliere, sarebbe un elemento di modernizzazione del Paese». I contratti di lavoro, baluardo storico della sinistra? «Va potenziata la contrattazione di secondo livello», cioè quella aziendale.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Perché «i soldi vanno dati dove si fanno», che sarebbe un ottimo slogan per il federalismo fiscale invocato dalla Lega Nord. E infatti l’estate scorsa il numero uno degli industriali metalmeccanici aveva inneggiato allo sciopero delle tasse.
Inevitabile che il Calearo-pensiero venisse mal digerito dai suoi nuovi compagni di strada, che non capiscono chi ha preso la cantonata più forte tra lui e Veltroni. Scontata l’indignazione della Sinistra arcobaleno: da Bertinotti in giù, è da domenica che lanciano granate. Ma i più lancinanti sono i mal di pancia nel Partito democratico. Borbottio silenzioso quello di Cesare Damiano, che ha incassato il no di Confindustria all’inasprimento delle leggi sulla sicurezza nel lavoro: ma le parole di D’Alema ieri mattina a Omnibus («il Pd è con Damiano e non con i falchi confindustriali») sono suonate come una tirata d’orecchi all’uomo che fino a quattro giorni fa guidava Federmeccanica.
E poi c’è stata la bomba-Parisi. Il ministro della Difesa, prodiano della prima e anche dell’ultima ora, non voleva credere a quello che leggeva sui giornali: Mastella santificato, Visco sbeffeggiato. «Poiché sono stato anch’io, come Calearo, proposto come capolista per lo stesso Partito democratico ancorché in un’altra regione e per di più ricoprendo ancora la carica di ministro nel governo della cui caduta Calearo mostra riconoscenza a Mastella, non posso far finta di non aver sentito o, meglio, letto. Le sue affermazioni sono gravi e per me inaccettabili».
Nel pomeriggio, Parisi ha fatto sapere che stava ripensando se candidarsi: o lui o l’imprenditore vicentino delle antenne. Gli ha dato man forte Rosi Bindi, capolista pd nell’altra circoscrizione veneta: «Mastella ha fatto un danno grave al Paese, mi auguro che Calearo voglia precisare meglio il suo giudizio». Silenzio invece nel loft veltroniano.
In serata è arrivata da Vicenza la correzione di rotta: mi dispiace delle polemiche, aderisco al programma del Pd, «l’iniziativa del governo Prodi è stata per molti versi positiva» ma era «minata da una maggioranza divisa» e la crisi provocata da Mastella era «inevitabile». Incidente chiuso. Resta il mistero buffo di un industriale che la pensa come Berlusconi, si candida con Veltroni e colleziona gaffe come Prodi. Stefano Filippi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Il «paròn» vicentino che elogia la Moratti e lo sciopero fiscale
Massimo Calearo, 49 anni, tre figli, laurea in Economia e commercio, è presidente del gruppo industriale che porta il suo nome, una società vicentina con circa 200 dipendenti che produce antenne per auto e per le telecomunicazioni. Dal 13 luglio 2004 è presidente di Federmeccanica, di cui è stato vicepresidente dal 2001. Dal maggio 2003 è presidente dell’Associazione industriali di Vicenza di cui è stato vicepresidente nel biennio 2001-2003. È anche consigliere della Banca d’Italia di Vicenza, presidente del Comitato locale di Unicredit e consigliere amministrativo del Gruppo Athesis di Verona, società editrice de Il Giornale di Vicenza, l’Arena di Verona e Brescia Oggi. Quando il Pd ha annunciato di averlo scelto come capolista in Veneto, in molti si sono chiesti cosa ci facesse un leader confindustriale nel partito di Veltroni. Anche perchè di lui si ricordano recenti uscite non proprio in linea con gli ex Ds. Lo scorso agosto per esempio sottoscrisse la proposta di uno sciopero fiscale avanzata dal leader della Lega Nord Umberto Bossi: «Sarebbe uno shock, però a mali estremi estremi rimedi...», disse allora Calearo. Anche sul tema dell’università e della ricerca Calearo sembrava stare più col centrodestra che con i Ds-Margherita. Come quando elogiò la riforma Moratti: «Va nella giusta direzione, quella di riconoscere chi ottiene dei risultati» spiegò nella relazione all’assemblea generale degli Industriali di Vicenza, nel 2004.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Ma Veltroni avrà capito che questo il giorno dopo le elezioni finisce nel Pdl?
Andrea
>>Da: Il Moro
Messaggio 6 della discussione
Calearo: un eroe (oppure un errore senza 2r, dipende dai punti di vista)
Un vero padre della patria. Lui, da solo e in due giorni, è riuscito là dove nemmeno Berlusconi, Fini e Bossi, in sedici anni di battaglie, erano mai riusciti: demolire il PD.
Onore a Calearo!
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 7 della discussione
A me va benissimo.....buona opposizione sig. Calearo.
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Pezzotta promuove De Mita e boccia Mastella
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il leader della Rosa Bianca: "Supereremo lo sbarramento anche al Senato, siamo sopra l'8%". Quindi spiega la campagna acquisti: "Sì a De Mita, no a Ferrara e a Mastella"
Roma - "Abbiamo buone speranze di far bene al Senato e anche qualche sondaggio che ci dice che ci stiamo avvicinando al superamento della soglia, per cui siamo ottimisti anche da questo punto di vista". Il leader della Rosa Bianca, Savino Pezzotta, intervistato da Maurizio Belpietro per "Panorama del giorno" su Canale 5, fa sfoggio di ottimismo e rifiuta l'etichetta di "partito raccogli ex dc". Pensate di superare lo sbarramento dell'8%? chiede Belpietro, e Pezzotta dice: "Ce la possiamo fare". Ribadisce Pezzotta: "Vogliamo costruire un centro intermedio tra i due partiti grandi partiti, come elemento di stimolo e di moderazione della politica italiana" e dice che è una "leggenda metropolitana" la storia per cui la Rosa vorrebbe raccogliere i resti democristiani sparsi, anche se "certo che raccogliamo una parte dell’eredità della Democrazia cristiana, che in questo Paese non è stata poi una presenza negativa, se vogliamo fare un pochino di storia, ma vogliamo essere una cosa nuova".
No a Ferrara sì a de Mita Sul fronte delle alleanze, il no a Giuliano Ferrara e alla sua lista per la moratoria sull’aborto si spiega con il fatto che "Ferrara fa una battaglia interessante ma tende con questa sua iniziativa a marginalizzare il tema. Il tema della vita è un tema completo, un tema complessivo". Quanto a Ciriaco De Mita, l’ex leader Cisl ammette che "non è nuovissimo è vero, però se dobbiamo guardare i nuovissimi della politica ne abbiamo per tutti, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Non è che difendo - prosegue - la posizione di De Mita. De Mita se corre in Campania, corre al Senato. In una situazione dove tutti corrono sicuri, il fatto che uno corra rischiando secondo me è da rispettare".
Mastella? No... Su Clemente Mastella Pezzotta è netto: "Noi abbiamo già chiuso le nostre partite e Mastella ha oscillato un pò troppo per cui?". Insomma, non c’è posto per Mastella alla Rosa bianca? "No".
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Torino, manifesti per smascherare gli agenti infiltrati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Pusher e clandestini di Porta Palazzo segnalano i "nemici" in borghese per scampare ad arresti e retate. Scritte in arabo, italiano e inglese: schedate anche le auto degli agenti infiltrati
Torino - È come se Jesse James, il più celebre e ricercato fuorilegge del West, avesse appiccicato all’ingresso del saloon la foto del suo avversario. Del suo più ostinato, instancabile cacciatore. Dello sceriffo Edwin Dan, tanto per dirne uno. E sotto, la fotografia, avesse pure aggiunto la più classica delle scritte cinematografiche: «Wanted». È come se, appunto. Perché l’ultima, illuminante conferma della poco attendibile direzione di marcia presa dal mondo in cui viviamo, arriva da qui: Porta Palazzo. Torino, Italia. Perché è qui, sul muro accanto al negozio di tappeti e moquette Rebaudo, ed è sempre qui, qualche centinaio di metri più avanti in via Tre Galline che i veri padroni di Porta Palazzo ovvero spacciatori, extracomunitari senza fissa dimora né papier, nonché borseggiatori e delinquenti dal coltello facile, hanno pensato bene di mettersi in guardia reciprocamente. Con uno «wanted» alla rovescia. Perché la loro fortezza non venga espugnata, controllata, magari anche ripulita, dalle forze dell’ordine. «Attenti a questa faccia! Si veste come una ragazza qualsiasi ma in realtà è un agente del nucleo progetti e servizi mirati della Polizia municipale. Presta servizio sugli autobus in appoggio ai controllori e durante le retate. Invasata pericolosa, amante delle armi...».
Volantini, manifesti e ciclostilati in proprio, gran parte dei quali scritti rigorosamente in arabo, che i gestori dello spaccio e dei vari racket del rione, hanno incollato nottetempo praticamente ovunque. Volantini per smascherare agenti, vigili urbani e carabinieri in borghese che pattugliano la zona. Segnali seminati sui sentieri dell’illegalità come la mollica di pane di Pollicino, per assicurare scorciatoie d’impunità, offrendo in primo piano le targhe delle auto-civetta e i connotati dei relativi occupanti. «Forse è stata la risposta alla retata che la polizia ha fatto l'altro giorno» sbotta la signora Anna de Luca, dal 1968 in servizio permanente effettivo dietro al suo banco di pasta fresca al mercato. «Sono venuta qui a Porta Palazzo che ero una ragazzina. Era un posto di fascino, unico. La più grande piazza commerciale a cielo aperto del mondo. Si ascoltava il chiacchiericcio della Torino vera, adesso invece guardi lo schifo che ci sta attorno. Di qua gli zingari che arrivano a frotte, in un attimo mettono in mezzo il malcapitato di turno e gli fregano il portafoglio, e di là i romeni che si ubriacano, insultano. E diventano pericolosi se solo provi a dirgli qualcosa. E quando il mercato chiude questa diventa la terra di nessuno. L’altra mattina ne hanno portati via 25, sui cellulari. Ma a che serve? Il giorno dopo ce ne sono altri e altri ne arriveranno».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Mentre scriviamo queste righe cominciano le pulizie generali nel senso che gli automezzi dell’Amiat, la municipalizzata della nettezza, stanno cercando di riportare alla normalità quel campo di battaglia popolato di arance e pomodori spiattellati, che è piazza Repubblica dopo ogni giorno di mercato. Ma scope e lavaggio entrano in funzione, supportate da carabinieri e agenti anche sui muri, dove manifesti e volantini vari vengono staccati, uno dopo l’altro, rapidamente. «Hanno le targhe delle auto civetta? Vorrà dire che cambieremo auto. Non ci fanno certo paura», tuona il comandante provinciale dell’Arma, Antonio De Vita. E un bel chissenefrega arriva anche dalla vigilessa che ha ottenuto da questo insensato most wanted alla rovescia, una popolarità indesiderata. «Continuerò semplicemente a fare il mio lavoro, a far rispettare le regole...» dice.
Osservano un po’ insospettiti la nostra personalissima ronda gli extracomunitari che vanno e vengono dallo sbrindellato portone al civico 12 di piazza Repubblica. E come se, al di là di quel portone, un tempo frequentato dalle madamine che compravano i tessuti dal «Negozio Gianduia» di Giuseppe Negro e figli, ci fosse una casbah che riproduce per partenogenesi magrebini e mediorientali di ogni età. I manifesti? Mah, forse, può darsi. Insomma non ci hanno fatto troppo caso gli allievi che si radunano a spese del Comune al «The gate», locale all’ingresso della Galleria Umberto I, per imparare gratuitamente l’italiano, l’arabo e il romeno. Eppure i volantini erano anche qui, anche là nell’androne del centro «Multi Kulti», in via della Basilica, spazio dedicato alle discipline corporali d’altre terre ed etnie tipo danza Afro e Thai Chi Chuan. Come se i vari kebab e falafel fast food non la dicessero lunga sulla popolazione di questi luoghi. Sbriciolati i manifesti modello far West rimane sul muro di via Milano soltanto una scritta: «Vendetta per il piccolo martire Youssef» che poi è il bimbo di Raffaella Castagna e Azouz Marzouk, massacrato a Erba, in via Diaz. Strani, inquietanti intrecci in questo mondo imboccato, da troppa gente, contromano.
Gabriele Villa
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La Zamparutti, consorte di D’Elia, corre col Pd in Basilicata
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Lui, Sergio D’Elia, ex di Prima linea, dodici anni di carcere per concorso in omicidio, stavolta ha dovuto fare un passo indietro. «Chiederò la grazia a sua maestà Walter», ha detto, ma Veltroni ha posto il veto alla sua ricandidatura al Parlamento.
Così invece il passo avanti l’ha fatto lei, Elisabetta Zamparutti, tesoriera del Partito radicale, moglie di D’Elia e animatrice assieme al marito dell’associazione contro la pena di morte Nessuno tocchi Caino. Più che un passo però si tratta di un passetto, probabilmente insufficiente per entrare a Montecitorio, visto che il Pd l’ha messa al quarto posto della lista per la Camera in Basilicata. «In realtà è al terzo posto - spiegano dal loft - perché Veltroni opterà per il collegio di Roma due». Una rassicurazione che non tranquillizza i radicali, convinti che anche la Zamparutti è destinata alla trombatura.
Lei comunque non si scompone. Da sempre abituata al profilo basso, anche stavolta non ne fa una questione personale. E la sua candidatura nel Partito Democratico, dicono da via Torre Argentina, non c’entra niente con la bocciatura del marito. Insomma, niente compensazioni, nessun «parentismo». La Zamparutti era già un promettente quadro del Pr quando ha conosciuto D’Elia, ci ha lavorato insieme a Nessuno tocchi Caino e poi l’ha sposato.
Al vertice radicale la Zamparutti ci è arrivata nel 2006 dopo tanta gavetta, quando l’ultimo congresso decise di affidare la gestione pratica del partito a una squadra di tutte donne: Rita Bernardini segretaria, Elisabetta Coscioni presidentessa, Elisabetta Zamparutti tesoriera, questo il pacchetto di mischia femminile che affianca i due leader storici Marco Pannella e Emma Bonino.
E proprio il ministro uscente al Commercio estero è la persona con più strettamente ha lavorato in questi anni, soprattutto nella battaglia per la moratoria Onu sulla pena di morte. Viaggi in Africa e Asia per convincere leader del Terzo Mondo, il premio dell’associazione, il libro-rapporto annuale sulla pena capitale. «Elisabetta - ha raccontato la Bonino - ha poi tenuto preziosi contatti con le associazioni americane per i diritti civili per ammorbidire la posizione di Washington». Ammorbidirà anche Veltroni?
>>Da: ilgattomammone
Messaggio 2 della discussione
Alla fine D'Elia non l'hanno candidato, hanno candidato la moglie...
Uolter un uomo un mito è dir poco..
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Manca la donna cannone nell’incredibile circo di Walter Barnum?
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Il leader del Pd smentisce nei fatti tutte le buone intenzioni e cerca di far dimenticare le risse moltiplicando gli annunci a effetto
Se ha ingaggiato domatori di pulci, schiere di saltimbanchi, trapezisti spericolati, vecchie tigri dal ruggito stanco e giovani barboncini da far saltare infiocchettati nel cerchio di fuoco allo schiocco della sua frusta, il poliedrico Veltroni non dovrebbe aver dimenticato il numero più crudele e pirotecnico dello spettacolo circense. Pare invece che al campionario manchi proprio la donna cannone. Forse temeva che Francesco de Gregori si risentisse, ripagandolo con qualche frecciata al curaro. Oppure il ruolo di giocoliere in cui è impegnato s’è fatto estremamente complicato, troppi birilli da far volteggiare in aria: con la testa fissa alla girandola, va dimenticando particolari pur importanti. Ma si può fare, anzi we can, che nel circo elettorale a più piste del Pd, Veltroni abbia imbarcato di tutto e il suo contrario? Con l’aggravante di smentire nei fatti ogni buona intenzione dichiarata il giorno prima. Coraggio e faccia tosta non gli mancano, provvede a nascondere le «incongruenze», chiamiamole così, con nuovi annunci da contraddire l’indomani, ma sino al 12 aprile la fantasia non manca, dopo si vedrà. E poco importa che nel frattempo il caravanserraglio messo insieme ribolla al limite dell’esplosione, scuota il tendone rischiando di fargli precipitare in testa i troppi birilli lanciati a sfidar la terra e il cielo. Il giovane Walter avanza ugualmente, senza dolori.
Sin troppo spregiudicati, i suoi volteggi. Aveva detto che «è una pura invenzione che noi si voglia candidare i figli di...», ricordate? Solenne promessa da un comizio a Foggia, il 22 febbraio. Ora le liste son fatte, ed ecco la figlia di Totò Cardinale, il figlio di Roberto Colaninno, la figlia di Stefano Madia che gli aveva organizzato una lista civica per il Campidoglio, e poi la moglie di Piero Fassino, quella di Antonio Bassolino e chissà quanti altri parenti. «Vogliamo un partito che non sia un bene privato, di proprietà dei suoi fondatori e dei suoi dirigenti» (lettera ai costituenti del Pd, agosto 2007): ed eccoti lo scranno garantito al portavoce di Dario Franceschini, a quello di Romano Prodi, alla segretaria di Beppe Fioroni, ai «consiglieri» di Rosy Bindi e di Vincenzo Visco. Dopo la levata di scudi generale, Franceschini ieri ha avuto il coraggio di rimbeccare che «anche Andreotti era un collaboratore di De Gasperi». Occhio a Piero Martino, sta già ingobbendo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La più fresca e cocente riguarda la presenza femminile nelle liste. Veltroni e compagnia erano partiti da una quota rosa del 40%, poi son scesi al 30%, infine han fatto flop. Anzi, il gioco delle tre carte. Perché un 30% di donne c’è davvero in lista, ma quasi tutte nei posti bassi, senza alcuna speranza di elezione. E Franceschini insiste ugualmente, vantando che «sono 10 le donne capolista e 22 quelle in testa di serie». Appunto, tra gli eletti la quota rosa sarà intorno al 10%. Vai così, pure sullo svecchiamento, Veltroni s’è sbarazzato di Ciriaco de Mita, perché «a quell’età e dopo 44 anni in Parlamento è giusto dare spazio agli altri», però chi ricandida? Sergio Zavoli, 5 anni più degli 80 di De Mita, in pista anch’egli da una vita.
Andiamo avanti col «corro da solo», anzi «libero», e poi s’apparenta con Tonino Di Pietro? Finendo come il gatto e la volpe, lui dice che Mediaset è un bene da tutelare l’altro invece che al Cavaliere van tolte due reti. Col Pr lo scontro continua, l’altra sera in tv assicurava che «i nove eletti radicali ci sono», però Emma Bonino grida alla truffa e Marco Pannella fa lo sciopero della sete. Bel casino ha scatenato, sperando di conciliare le richieste della Chiesa con quelle dell’Arcigay. E Massimo Calearo, il presidente di Federmeccanica lanciato nonostante gli anatemi di Veltroni sull’«egoismo padano» e il «qualunquismo fiscale»? Calearo ne ha fatta un’altra, elogiando Clemente Mastella perché «ha fatto cadere il governo di Prodi», scatenando le ire di Arturo Parisi che ora sta «meditando sulla incompatibilità» tra la sua presenza in lista accanto a Calearo. Ma non meravigliatevi di chi, ancora due anni fa, prometteva in tv che «alla fine di questo secondo quinquennio come sindaco di Roma, avrò concluso la mia esperienza politica: nella mia testa e nel mio cuore c’è l’Africa».
PS. Ci dicono dalla regìa, del loft ovviamente, che sì, hanno dimenticato proprio la donna cannone. Ma essendo le liste ormai chiuse, Veltroni provvederà lanciando in quel ruolo il fido Goffredo Bettini, con regolamentare tutù e tappi per le orecchie. Non mancheranno certo i volontari, per sparargli il colpo di cannone. Se po’ fa’. Gianni Pennacchi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Le donne di Walter: «Sei maschilista»
Troppo poco rosa nelle liste elettorali. Altroché buonista. Walter Veltroni è un maschilista bello e buono. A denunciarlo le donne lombarde del Pd escluse o ancor peggio relegate in quei posti di rincalzo che significano inevitabilmente «trombatura». E allora ieri hanno scritto una lettera al candidato premier del centrosinistra per denunciare «l’ennesimo sintomo della difficoltà a interpretare la società del Nord». Eppure, dicono, «bastava un piccolo sforzo per dare un segno di grande novità». I numeri sono impietosi. «La carta d’identità del Pd a Milano - spiegano - è ben lontana dall’identikit di una realtà caratterizzata da una vivace e dinamica presenza femminile». Così le firmatarie commentano la presenza di «tre donne su 15 candidati eleggibili alla Camera e di 5 donne su (forse) 18 eleggibili al Senato». Nel documento lamentano poi «un affollamento di presenze femminili nella parte inferiore delle liste, comunque al di sotto del 30 per cento previsto dallo Statuto del Pd». Come a dire che Veltroni ha già cominciato a non rispettare i patti. «La democrazia paritaria fra uomini e donne - si legge - uno dei fondamenti della nascita del Pd, pienamente realizzato nella fase di gestazione del nuovo partito, è clamorosamente venuto meno alla prima prova impegnativa. Oltretutto dopo che le donne hanno rappresentato una grande ed entusiastica forza nella fase di nascita dei nuovi organismi e nella non facile gestione della veloce consultazione dal basso». Sotto le autorevoli firme di amministratrici del Pd, nomi di spicco delle università e del mondo della sanità.
>>Da: Il Moro
Messaggio 4 della discussione
Questi manco sanno fare le liste e vorrebbero spacciarsi per il nuovo che avanza , quelli che hanno una voce unitaria.
Saremo già a + 15%.
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Le ministre si fanno gli spot abusivi sul web
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La Melandri piange l’addio di Veltroni a Roma. La Bindi stuzzica gli alleati radicali
Alzi la mano chi è mai riuscito a convincere una donna che sta sbagliando. Le alzi entrambe chi è riuscito a farle rispettare una regola, specie se scritta, peggio se legge dello Stato e ha ormai deciso di impipparsene.
Prodi le mani le tiene basse da tempo. Le candidate donne saranno pure trattate malissimo dal candidato Walter, ma le ministre continuano a fare come se i siti istituzionali fossero il tinello di casa propria, e non strutture pubbliche pagate dai contribuenti. Propaganda elettorale a gogò e scorribande nella vetrina gratuita come ai saldi d’occasione. Giovanna Melandri, inutile sottolinearlo, è la più scatenata nel «prendi-e-non-paghi». Reggono bene il ritmo Livia Turco e Rosy Bindi, né fa eccezione Barbara Pollastrini. Dalle furbette del quartierino si distingue per correttezza la solitaria Emma Bonino (non sarà un caso che il Pd la voglia fare fuori).
Eppure la circolare arrivata ai ministri lo scorso 7 febbraio, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, è chiara come l’acqua. «Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione a eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni». La circolare si applica «alle pubblicazioni edite dalla Pubblica Amministrazione» e dà attuazione alle leggi sulla par condicio vigenti (la n.28 del 2000, la 313 del 2003). Risultato? La ministra dello Sport Melandri ritiene che sia di interesse pubblico comunicare (14 febbraio) che «aderisco alla manifestazione in difesa della 194», dopo aver piagnucolato il giorno prima per l’addio del sindaco di Roma. «Ora l’esperienza di Veltroni per la guida del Paese», annuncia però festante.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Addirittura il 27 febbraio la poco sportiva ministra disquisisce sulla «proposta di Berlusconi poco attenta ai giovani» e pubblica il comizietto sul sito. Lo stesso giorno aveva dato il suo importante assenso alla mozione delle donne Pd sulla 194: «Una prova di saggezza». Molto più burocratica - ma tuttavia fuorilegge - la prosa della ministra per la Salute, Livia Turco. Fortuna vuole che il tema dell’aborto sia attinente al suo ufficio, anche se la violazione sussiste, visto che i suoi comunicati non sono anonimi ed entrano spesso nella polemica politica. Peggio si comporta senz’altro la ministra per la Famiglia, Rosy Bindi, che commenta persino l’«accordo tra Pd e Radicali» (21 febbraio). Oltre a correggere Veltroni sulla pedofilia (26 febbraio): «Veltroni nel solco del governo, ma inasprire le pene non basta». Politica navigata, la Bindi fa pubblicare nel sito soprattutto le sue interviste ai quotidiani: da «soldatino Bindi presente, Rosy pronta a correre in Liguria» (24 febbraio) a «I Radicali? Se fossero coerenti dovrebbero stare fuori dal Pd» (25 febbraio).
Presa dal culto della personalità - come si fa a resistere? - anche Barbara Pollastrini, ministra delle Pari opportunità. Che chiede nientepopodimeno il «rilascio della Betancourt» (4 marzo) e fa addirittura gli «auguri affettuosi alla candidata Concia, portavoce degli omosessuali» (28 febbraio). Nota di merito alla ministro del Commercio Estero, Emma Bonino, che da fine febbraio in avanti evita persino di far citare il suo nome nei comunicati e, nello spazio dedicato all’editoriale, fa scrivere correttamente: «Campagna elettorale, sospeso l’editoriale del ministro». Per una volta, encomio generalizzato ai colleghi maschi che rinunciano allo spazio pagato dai contribuenti per svolgere la propria campagna elettorale. Niente orgasmo da scampoli (gratuiti) di fine stagione: cautelativamente prendono voto. D’astinenza. Roberto Scafuri
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Muore incinta: 5 medici indagati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Cinque medici sono indagati dalla Procura di Palmi con l’accusa di omicidio colposo per la morte di Angela Scibilia, la giovane di 23 anni al secondo mese di gravidanza morta lunedì scorso nell’ospedale di Polistena (Reggio Calabria).
I medici lavorano a Villa Elisa, la casa di cura di Cinquefrondi in cui la donna è stata ricoverata per alcuni giorni prima di essere trasferita nell’ospedale di Polistena.
L’inchiesta è stata avviata sulla base dell’esposto presentato ai carabinieri dai parenti della giovane. Ciò che il magistrato vuole accertare è se alla giovane, durante il periodo di ricovero a Villa Elisa, sia stata garantita adeguata assistenza e le cure necessarie.
Si vuole anche verificare se il trasferimento di Angela Scibilia in ospedale, domenica scorsa, sia avvenuto con la necessaria tempestività. La giovane è stata portata nel nosocomio con un ambulanza del 118 di Gioia Tauro «sebbene la casa di cura - hanno sostenuto i familiari della ragazza - fosse fornita di due autolettighe».
«Ci siamo rivolti ai carabinieri - ha detto il marito della ragazza, Salvatore Cutrì - per sapere cosa è successo e perché si accerti se qualcuno, in questa vicenda, ha sbagliato e perché. Mia moglie voleva soltanto realizzare il suo sogno di diventare mamma e vivere una vita normale. Per responsabilità di qualcuno, però, questo le è stato impedito ed il suo sorriso si è spento per sempre».
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Munnezza, a Salerno l’inceneritore si fa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ed è un’opera d’arte
Il sindaco riceve dalla Regione 75 milioni: «Voglio farlo costruire all’architetto Frank Gehry, quello che ha progettato il Guggenheim»
Sulla prossima guida turistica di Salerno potrebbe esserci posto per una visita guidata al termovalorizzatore. Anche un impianto che brucia rifiuti puzzolenti può diventare infatti un’opera d’arte. E non certo d’arte «povera», considerato che a progettare il maxiforno distruggimunnezza sarà Frank Gehry, il Maradona dell’architettura moderna. Il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, per i suoi cittadini pensa alla grande: «Se costruiremo un termovalorizzatore a disegnarlo sarà Gehry, lo stesso che ha realizzato il museo Guggenheim di Bilbao». Costi quel che costi. Del resto i soldi ci sono. Non a caso, proprio due giorni fa, la Regione ha firmato un’intesa con il Comune di Salerno stanziando 75 milioni di euro. La notizia, pubblicata dal corrieredelmezzogiorno.it, si è arricchita ieri di ulteriori particolari per nulla smentiti da De Luca che - anzi - pare abbia rilanciato alla grande: «Il 21 marzo volerò a Los Angeles per incontrare l’architetto Gehry e, se accetterà l’incarico, sarò lieto di trasferire il mio ufficio nella stessa area del termovalorizzatore». L’impianto, che servirà sia Salerno che la provincia, sorgerà nella Piana di Sardone dove i lavori dovrebbero cominciare a settembre.
Intanto il primo cittadino fa piazza pulita dei possibili timori e dà il buon esempio: «Con il mio trasloco dimostrerò direttamente ai salernitani che non c’è nessun rischio per la salute. Con i cittadini della Piana di Sardone ho già parlato: ho mostrato loro studi, ricerche, le foto dei grandi impianti che sono stati costruiti a Vienna, Parigi, nel pieno centro delle città. L’ho fatto per evitare che ci possano essere proteste e, soprattutto, per procedere con il consenso della popolazione».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Fin qui tutto bene, ma perché scialacquare il budget regionale tirando in ballo un architetto super griffato come Frank Gehry?
De Luca difende la sua scelta: «Vogliamo il meglio sotto ogni profilo. Sia quello estetico sia quello tecnologico...». Per quanto riguarda l’estetica i rischi sono però altissimi, considerato che tra i termovalorizzatori indicati da De Luca come esempio di «bellezza» c’è pure quello di Vienna, ormai noto in tutto il mondo come «La Moschea» per la sua canna fumaria che ricorda la torre di un minareto.
De Luca, proprio in tema di smaltimento rifiuti, è reduce da un’accesa polemica con il governatore Bassolino: «Abbiamo avuto molte discussioni, come è noto, ma sono discussioni che partono da questioni di merito. Ho segnalato da tempo che andavamo incontro ad un’emergenza drammatica. Sui rifiuti dobbiamo parlare il linguaggio dei fatti, gli ideologismi non servono a niente. La Regione ha compiuto un atto di grande responsabilità e io ragiono sui fatti».
«I 75 milioni di euro - spiegano al Comune di Salerno - sono ripresi dai Fondi Fas (Fondo aree sottoutilizzate) e dai fondi europei della programmazione 2007-2013 che sono un primo significativo finanziamento che potrà essere ulteriormente accresciuto a fronte di nuovi progetti presentati dalla nostra amministrazione».
L’architetto Frank Gehry - in vista della sua parcella - ha già imparato un noto proverbio campano: 'E denare nun fanno felicità. Quanno so' poche! (I soldi non danno la felicità. Quando sono pochi!). Nino Materi
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Minacce di morte a Vittorio Feltri
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Una lettera con minacce di morte è stata indirizzata a Vittorio Feltri, direttore di Libero. La lettera è stata recapitata nella sede della redazione milanese in viale Majno. Sul caso indaga la Digos.
Piuttosto scarno il contenuto: «Quando morirai saremo tutti contenti» scritto in un foglio che non continue rivendicazioni, né simboli. Il francobollo non è leggibile: difficile capire da quale città sia stata imbucata la lettera. A Feltri la solidarietà di molti esponenti politici tra i quali Formigoni, Bonaiuti, il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, unanimi nel condannare il gesto.
>>Da: Il Moro
Messaggio 2 della discussione
Speriamo si tratti di uno scherzo di cattivo gusto.
Solidarietà comunque a Feltri anche da parte mia.
>>Da: Nando179764
Messaggio 3 della discussione
ormai è risaputo che chi minaccia non fa i fatti. chi vuole Feltri morto esegue senza minacciare.
>>Da: Graffio
Messaggio 4 della discussione
Ben detto, Nando.
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Nuovi messaggi di oggi
Se vuoi rispondere, visita la bacheca del gruppo.
http://groups.msn.com/Clubazzurrolaclessidrafriends/messageboard
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Il Pd come l’Unione: resta il partito degli statali
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
I dipendenti pubblici con Veltroni, il settore privato con Berlusconi. Ma i lavoratori con i redditi più bassi virano sul centrodestra
Una conferma ed una sorpresa. Questo è il risultato sugli orientamenti di voto dei lavoratori dipendenti, effettuato da Ipr Marketing, e pubblicato ieri dal Sole 24 Ore. La conferma. I lavoratori pubblici nel loro complesso sembrano preferire la sinistra. Nel settore pubblico il 40,5% dei consensi va al Pd, contro il 34,1% orientato verso il Pdl. Nel settore privato, le percentuali s’invertono. Vale a dire, che il 41,8% dei lavoratori dipendenti è a favore di Berlusconi, contro il 39,5% pronto a votare Veltroni. A voler semplificare: gli statali votano a sinistra, le imprese guardano al centrodestra.
La sorpresa. Il cuore di Cipputi (pubblico o privato che sia) non batte a sinistra. I lavoratori dipendenti di fascia medio-bassa, infatti, sembrano preferire il Popolo della libertà al Partito democratico. Per l’esattezza, il 40,1% è a favore di Berlusconi, il 37% è per Veltroni.
L’importanza dell’orientamento di voto dei lavoratori di fascia medio-bassa è rilevante - osserva il politologo Roberto D’Alimonte - in quanto il loro comportamento è molto simile a quello dei lavoratori autonomi. Non solo. Guardando all’indietro sono stati proprio i dipendenti a reddito medio basso a sancire, nel 2006, la vittoria di Prodi. Adesso l’8% di coloro che votò Unione alle prossime elezioni sceglierebbe Berlusconi, contro solo il 3,8 di chi, avendo votato Cdl nel 2006, oggi sceglierebbe Veltroni.
Ne consegue che un loro cambiamento di preferenza fa oscillare l’asta della possibile vittoria elettorale a favore del Pdl. Tant’è che, sempre secondo il sondaggio commissionato dal Sole, l’indice winner delle prossime elezioni è nettamente a favore di Berlusconi, con il 52,9%, contro il 26,4% di Veltroni.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’insieme dei lavoratori dipendenti sembra preferire il Pd, con il 40% dei consensi, contro il 38,7% del Pdl. Un orientamento noto da tempo. Ma quell’1,3% di vantaggio sembra poca cosa - prosegue D’Alimonte - rispetto alle potenzialità di consenso che Berlusconi riesce ad accumulare nel lavoro autonomo. L’analisi di Ipr mostra anche quali sono le priorità dei lavoratori dipendenti. Al primo posto, indipendentemente dal livello economico c’è l’aumento dei prezzi e il costo della vita; a pari merito disoccupazione e precarietà. Poi la sicurezza e l’alto prelievo fiscale. Solo all’ultimo posto il ricambio della classe politica, la lotta alla «casta». Quanto alle altre forze politiche, Bertinotti raccoglie l’8,5% dei consensi fra i lavoratori dipendenti; con punte che salgono al 9,5% fra i dipendenti pubblici e al 7,5% fra quelli privati. Dall’analisi del Sole emerge anche - in controluce - la composizione del Senato. Per esempio, se dovessero votare solo i dipendenti pubblici soltanto tre raggruppamenti supererebbero lo sbarramento dell’8%: Pd, Pdl e Sinistra Arcobaleno. Non avrebbero rappresentanti a Palazzo Madama invece l’Udc di Pier Ferdinando Casini e l’Idv di Antonio Di Pietro: fermi entrambi al 5%; e, quindi, sotto la soglia dell’8%.
Ma brutte sorprese (sempre se il voto fosse limitato a questa categoria di lavoratori) sarebbero in arrivo anche per La Destra della Santanchè, per i Socialisti di Boselli, per i Comunisti di Ferrando. Tutti sotto il 4%, soglia che permette l’ingresso alla Camera. La Santanchè è ferma al 2,5%, Boselli all’1,5%, Ferrando all’1%. Fabrizio Ravoni
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Precipita dalla giostra, morto bimbo di 8 anni
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Martino Audibert precipita da un castello gonfiabile, sollevato da un'improvvisa raffica di vento. I genitori: "La giostra non era ancorata a terra"
Torino - Era precipitato da un castello gonfiabile, sollevato da una improvvisa raffica di vento. Martino Audibert, 8 anni, non ce l'ha fatta. È morto in ospedale, a Torino, dopo una settimana di agonia. Un arresto cardiocircolatorio ha stroncato la sua vita, spazzato via le speranza di una guarigione che non sembrava più utopia. «Ci avevano garantito che stava meglio - denunciano adesso i genitori del piccolo -, invece nostro figlio è morto. «Perché? Vogliamo sapere la verità -attacca la mamma-. I medici mi aspettino perché tornerò in ospedale».
È lo scorso primo marzo quando si verifica l'incidente, un sabato. Il piccolo Martino, originario di Cesana, piccolo comune della Valle di Susa, si trova a Bielmonte, nel Biellese. È in compagnia della nonna e dei genitori nell'area giochi interna alla stazione sciistica. Martino è su un grande scivolo di plastica gonfiata a forma di castello. Poco dopo mezzogiorno si scatena la bufera, una raffica di vento a 140 l'ora si abbatte sulla zona. Il castello gonfiabile, (a quanto pare ancorato con dei paletti conficcati nel terreno) una costruzione di plastica gonfiata del peso di 80 chili, improvvisamente ondeggia, sollevandosi da terra: Martino viene scaraventato sull'asfalto. Un volo di 10 metri, a faccia in giù.
Sono le 12.26 quando viene dato l'allarme, il piccolo viene trasportato al pronto soccorso di Novara e poi all'ospedale Regina Margherita di Torino. Nello schianto ha perso i denti e ha riportato un trauma al polmone. Dopo l'intervento di ricostruzione del volto, alle Molinette di Torino, viene dichiarato fuori pericolo. Ma non è così. L’altro ieri il suo cuore cessa di battere.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
I medici, non sanno ancora spiegarsi il perché. «Nulla - spiega il direttore sanitario Vinicio Santucci - faceva prevedere una tragedia simile». La prognosi era praticamente sciolta, qualsiasi eventuale complicanza esclusa. Anche il trauma al polmone era stato considerato «lieve». «Tant'è che dopo l'intervento chirurgico - spiega Santucci - il bambino era stato dichiarato fuori pericolo e trasferito dalla Rianimazione». Insomma, il peggio sembrava superato. Sabato invece la tragedia: il piccolo è improvvisamente peggiorato.
Non si danno pace, intanto, i genitori. Emilio Audibert e la moglie Francesca chiedono giustizia e pretendono di conoscere la verità sulla morte del figlio. E non vogliono assolutamente sentir parlare di fatalità. «Il gonfiabile - spiegano - non era ancorato a terra nemmeno con una corda, il vento lo ha sradicato via in pochi attimi». Ed è polemica anche sul ritardo nei soccorsi: «Per diversi minuti - raccontano ancora i genitori di Martino - non è arrivato nessuno. Anzi, l'ambulanza è giunta sul posto un'ora dopo». L'improvviso decesso del bambino cambierà naturalmente l'ipotesi di reato contenuto nel fascicolo d'indagine aperto dalla magistratura subito dopo l'incidente del primo marzo scorso: da lesioni gravissime a omicidio colposo. Il castello gonfiabile (una struttura di 5 metri d’altezza, data in gestione da una ditta di Vallanzengo, di proprietà di Walter Bertuolo agli impianti della Icemont che gestisce la piccola stazione sciistica) è stato posto sotto sequestro. Toccherà alla magistratura andare a fondo per individuare le responsabilità.
Giovanni Falconieri
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Tre anni fa la denuncia: «Giochi pericolosi e mancano i controlli»
«Una tragedia purtroppo annunciata quella del piccolo morto per colpa di un gonfiabile», attacca il Codacons. Il caso era stato già stato sollevato dall’Associazione dei consumatori fin dall’aprile 2005 dopo le segnalazioni di diversi genitori che avevano evidenziato la pericolosità del gioco: bambini finiti all’ospedale con semplici traumi ma anche molti ricoverati per vere fratture agli arti. Numerosissimi poi i traumi da caduta e da schiacciamento, oltre che ferite e lesioni. Dopo una lunga battaglia, anche legale (il Codacons aveva presentato un esposto alla Procura della repubblica di Milano), finalmente nel maggio del 2007 sono state pubblicate le norme Uni che stabiliscono i requisiti di sicurezza. «Peccato - dicono al Codacons - che controlli praticamente nulli facciano sì che le regole non siano applicate e che tragedie come questa possano verificarsi». Ecco cosa prevedono le norme: ogni attrezzatura deve essere fornita di un adeguato sistema di ancoraggio o di zavorramento. E soprattutto il gonfiabile deve essere utilizzato sotto la supervisione di personale specializzato. La rete di contenimento non deve impedire la visibilità, deve essere abbastanza resistente e la dimensione delle maglie dovrà essere al massimo di 3 cm in modo che i bambini non possano infilarci i piedi per arrampicarsi. Su qualsiasi lato aperto del gioco, poi, l’altezza di caduta libera non può superare i 63 centimetri. Le superfici di tali aree dovranno inoltre essere realizzate con materiali in grado di assorbire gli urti - come ad esempio sabbia e tappeti erbosi - in modo da attenuare l’impatto della caduta. Infine le attrezzature devono essere costruite in modo che qualsiasi apertura o foro non possa rappresentare un potenziale rischio di intrappolamento per le parti del corpo (testa, collo, piedi) dei bimbi che stanno giocando.
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Taranto, uccide moglie e due figli a martellate
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
L'uomo è stato trovato dai carabinieri ancora all'interno dell'appartamento dove sono stati compiuti i tre omicidi. Ha le vene dei polsi tagliate. Gli investigatori pensano a un caso di omicidio-suicidio
Taranto - Una donna e i suoi due figli di circa dieci anni sono stati assassinati a martellate in un appartamento di via Gobetti, vicino alla Concattedrale. I carabinieri hanno fermato il marito della donna, che è stato trovato con le vene dei polsi tagliate. L’uomo sarebbe in gravi condizioni; secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato lui ad uccidere i familiari e tentare poi il suicidio.
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Parla Caldarola il grande escluso
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
"D’Alema mi ha sconfitto. Veltroni? Un maleducato"
E' fuori dalle liste del Pd: "A Walter avevo detto: sono disposto a farmi da parte, ma dimmelo. Invece è stato sfuggente"
Roma - Socchiudo la porta e vedo Peppino Caldarola al computer che ridacchia tra sé. Gabriella, la segretaria, è anche lei al computer, seduta di spalle. Nessuno mi fila.
«Hem, hem», tossisco per annunciarmi.
«Entra», dice sollevando la testa l’ex direttore dell’Unità e parlamentare uscente del Pd dopo sette anni di Montecitorio. Siccome ha sempre il riso stampato in faccia, ritiene di dovermi una spiegazione: «Mi diverto con Vaicolmambo, il mio blog».
«Continui a prendere per i fondelli il Pd che ha candidato i portaborse dei big?», chiedo.
«Questo e altro», dice allegro il sessantunenne deputato pugliese vestito da giovanottello: cravatta colorata e camicia grigio topo.
«Ho letto il blog in cui fingi che la segretaria di Bersani, seccata per non essere nel giro dei beneficati, protesti: “A me invece neppure un consiglio di amministrazione!”», ridacchio a mia volta. Gabriella, fin lì muta, si volta di scatto e dice: «Dimenticavo! Ha telefonato la segretaria di Bersani per dire che non si è mai sognata di pretendere un cda. Era molto arrabbiata». Caldarola, che già era ilare, si spancia.
«Che rilevante senso dell’umorismo!», esclama.
«Tu invece ne hai davvero. Ti trombano e la prendi a ridere», dico e siedo di fronte a lui.
«Non me ne può fregare di meno. Come vedi, mi sono tolto la divisa. Niente camicia bianca, né cravatte tristi. È come la fine di un amore. O si è disperati o si comincia un’altra vita».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
«Ti hanno considerato inutile?».
«Fastidioso. Pensavo mi volessero per la mia capacità di comunicazione. Ma se aprivo bocca, inorridivano per l’imprevedibilità delle mie dichiarazioni».
«Eppure eri entusiasta di Veltroni. Ti chiamavano il suo Emilio Fede».
«Non lo sapevo, ma è carina. L’entusiasmo effettivamente è calato. Da vecchio signore meridionale non sopporto la cattiva educazione».
«Cioè?»
«A Walter avevo detto: “Sono disposto a mettermi da parte, ma avvertimi”. Invece, ho saputo a cose fatte. Lui, in ogni caso, anche per la sua cultura sfuggente, è il migliore per il nuovo partito. Mi sono sbagliato su D’Alema, non su Veltroni».
«Pare che il veto alla tua candidatura in Puglia sia appunto di Max D’Alema, ras della Regione».
«Confermo. Ha detto che sono troppo globalizzato e quindi “non locale”. Così, hanno candidato un portaborse di Dario Franceschini che non so se sia globalizzato, ma che certamente non è locale perché vive da sempre a Roma».
«Eri considerato il più dalemiano dei dalemiani».
«Fino alla vicenda della scalata Unipol, quando ho criticato pubblicamente lui e i suoi luogotenenti troppo affezionati alla finanza».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
«Nient’altro tra voi?».
«In 25 anni di conoscenza abbiamo avuto un solo punto di dissenso: Israele. Lui l’ha sempre attaccato, io sempre difeso. Per il resto, ci siamo stimati e voluti bene. Anche se fu lui a togliermi la direzione dell’Unità».
«Conclusione?».
«Una lunga guerra è finita con un vincitore: lui».
«Comunista da decenni, nell’aprile 2007 hai lasciato i Ds».
«Non ero d’accordo su come si stava costituendo il Pd. Una somma di due partiti, Ds e Margherita, in cui si perdeva l’elemento socialista».
«Infatti, hai pensato di andare con la sinistra di Fabio Mussi».
«Non c’era rischio che andassi con Mussi. Rischio per Mussi, intendo. Nella sinistra, io sono sempre stato a destra».
«Sei poi finito per due mesi nello Sdi di Boselli».
«Ma ho trovato pigrizia intellettuale e nessuna voglia di rischiare».
«Così, quando è arrivato Veltroni, ti sei fiondato con lui nel Pd».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
«Walter ha ravvivato con sentimenti e passione quella che sembrava una fusione a freddo. Era la persona giusta».
«Sei andato un bel po' tentoni. È l’andropausa?».
«Se ce l’ho, è un’andropausa serena. Avendo un bimbo di sei anni, gli ultimi sfizi creativi me li sono presi».
«Perché tanti andirivieni negli ultimi tempi?».
«Ho vissuto con più turbamento la morte dei Ds, l’ultimo partito di sinistra che mi piacesse, che non quella del Pci, che ritenevo necessaria. Di qui, l’incertezza».
«La gestione del Pd da parte di Walter in questi cinque mesi?».
«Ottima. Movimentismo, rottura con la sinistra estrema. Fine della guerra a parole con Berlusconi. Un durevole incivilimento della politica».
«Però ironizzi sulle candidature dei figli di, portaborse e reggicoda».
«Una ventina di quelli messi in lista hanno il solo merito di avere svolto attività ancillare nei confronti della nomenclatura. Su tre dei suoi portaborse, Franceschini ne ha piazzati tre. Rosy Bindi protesta perché Giovanni Bachelet ha un posto in lista insicuro. Ma perché invece di lamentarsi non gli dà quello della sua segretaria candidata? Saranno le caldane, ma io mi inc..zo».
«Esclusioni ingiustificate oltre la tua?».
«Allam Fouad, il deputato arabo della Margherita mio vicino di stanza».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Lo conosco. La quintessenza della tolleranza. Era un pupillo di Cicciobello Rutelli».
«Lo hanno fregato, senza che nessuno alzasse un dito. Lui che, come musulmano moderato, è espostissimo. Ora lo sarà di più. Lascia andare me. Io non sono un simbolo. Lui sì», dice e in quel mentre entra Fouad per chiedere qualcosa a Gabriella. Mi vede, stringe la mano e sorride mesto: «Ha visto che mi hanno fatto?».
Esce e ci lascia tutti e tre col magone.
Lo slogan di Veltroni è «voltiamo pagina». Come se la pagina non l’avessero scritta gli uomini del Pd e il suo presidente, l’ineffabile Prodi.
«Walter non è tipo da farsi carico del passato. Tutto comincia oggi, da lui. Avrebbe fatto meglio a riconoscere gli errori, chiedere scusa e poi voltare pagina. Una reticenza sbagliata».
Veltroni dice: meno tasse, meno Stato, ecc. Già sentito?
«Da vent’anni è il programma della destra mondiale. Conferma la regola: la sinistra arriva sempre con vent’anni di ritardo. Abbiamo mostrificato la destra e ora la inseguiamo. Sogno una sinistra che arrivi in tempo reale».
Maledici Mastella che ha interrotto la legislatura o ti commuove la sua fine?
«Lui è vittima delle sue macchinazioni, ma la crisi ci sarebbe stata comunque. Avevano ragione i nostri avversari: la maggioranza non teneva più».
La caduta di Prodi è stata una iattura o c’è del buono?
«Il ciclo era finito e non doveva neanche cominciare. Ci voleva dall’inizio un patto tra i due vincitori. Avrò l’andropausa, ma l’ho sempre detto».
Veltroni è il migliore dei leader per la sinistra?
«Veltroni non è di sinistra. È la sua virtù. Da un lato, c’è la sinistra radicale e il più adatto a guidarla è Nichi Vendola. Dall’altro quella riformista, che nessuno può dirigere meglio di Walter onnivoro e pigliatutto com’è».
D’Alema?
«È come Ciriaco De Mita: un grande leader regionale. Puglia e Campania sono il suo regno».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Chi vincerà le elezioni?
«Berlusconi».
Se Veltroni perderà contro il Cav che fine farà?
«Dipende dalla dimensione della sconfitta e dal Cav. Se Walter resta sotto il 33 per cento, è una débâcle. Ma se Berlusconi dialogherà con lui eviterà il cannibalismo a sinistra. Al Cav conviene avere Veltroni come interlocutore».
Tra i due nuovi partiti, Pd e Pdl, chi ti sembra più autentico e vitale?
«Il Pd è un buon partito. C’è amalgama tra gli ex Ds e la ex Dc di Rosy Bindi e Franceschini. Il vantaggio del Pdl è invece di avere una leadership indiscussa che, con la fine dei giochetti di Casini, potrà esprimere tutte le sue potenzialità».
Quando li senti in tv, chi ti sembra più convincente, Veltroni o il Cav?
«Se li vedo, cambio canale e passo ai programmi di cucina. La tv politica non la guardo più. So già quel che dicono. Posso scriverti seduta stante un discorso di Veltroni o Berlusconi. Ancora più facile uno di D’Alema. Se torni tra due ore, te li do».
Una domanda all’ex direttore dell’«Unità» Ti ci ritrovi leggendola?
«Non la leggo da tempo immemorabile e finché ci sarà Transilvania-Travaglio non la leggerò».
Travaglio come Dracula?
«Mi dicono che mi attacca un giorno sì e l’altro pure. Ma mi sembra assurdo litigare con un ventriloquo dei pm che lo ispirano».
Qual è il tuo giornale?
«Il primo che leggevo era il Corsera. Da un paio di giorni il Riformista che ha ripreso a dirigere Antonio Polito».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Chi voterai?
«Veltroni, nonostante tutto».
Volendo cambiare, Pdl o sinistra bertinottiana?
«Non cambierò. Ma se dovessi scegliere non mi sposterò a sinistra. Ho convinzioni irremovibili su Israele. E a sinistra sento troppo inimicizia. In questi giorni, le telefonate più carine mi sono venute da esponenti della comunità ebraica».
Un mesto pensiero a Mastella e Casini.
«A Mastella auguro una folgorante carriera come assessore regionale in Campania. Casini penso possa dedicarsi, come me, a una serena paternità tardiva».
Ora che farai: giornalismo o giardinaggio?
«Giardinaggio no: non ho il pollice verde. Giornalismo, certo. Ma soprattutto baby sitting: oltre a essere padre di un bimbo di sei anni, sono nonno di due nipoti di tre. E poi...».
Poi?
«Andrò dall’andrologo.
Giancarlo Perna
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Riello: "Io nel Pdl, senza freno a mano"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Il candidato del Veneto: "Sono sempre stato a destra. Intese bipartisan dopo il voto possono servire per fare le grandi riforme". E promette: "Provo a far dialogare Palazzo e industria"
Roma - Ettore Riello ama parlar chiaro come il padre Pilade, che lo mise al mondo nel 1956 alla bella età di 60 anni: «Io l’ho sempre chiamato l’Anomalo, era un grandissimo rompicoglioni». Al cugino Alessandro, allora presidente dell’Assindustria veronese, che durante un’assemblea ristretta si rifiutava di farlo intervenire per motivi di regolamento, sibilò: «Se non mi dai la parola, mangio il microfono e ti rovescio il tavolo». Qualora venisse eletto deputato, i cronisti parlamentari avrebbero ciccia per i loro taccuini. Ma prima dovrebbe passare qualche mese. Infatti da 36 ore, da quando il Partito della libertà gli ha offerto la candidatura nella circoscrizione Veneto 2 (Venezia, Treviso, Belluno), l’eloquio del prode Ettore è divenuto insolitamente felpato. «Mi sento sull’orlo di un mondo nuovo, devo capire», si giustifica. E arriva a scomodare la teoria dei frattali, secondo cui ogni cosa presenta una struttura complessa e dettagliata a seconda del livello d’ingrandimento: «Sono un pilota d’elicottero e so per esperienza che dall’alto tutti i terreni sembrano verdi, ideali per un atterraggio morbido. Poi, a mano a mano che scendi, vedi torrenti, rocce, buche, tralicci...».
A capo dell’omonimo gruppo veronese, leader mondiale dei bruciatori e delle caldaie a muro, 2.100 dipendenti, 570 milioni di fatturato, una decina di stabilimenti fra Italia, Polonia e Canada, Ettore Riello ha il Veneto nel Dna: ha studiato a Venezia, ha vissuto a Conegliano, lavora a Legnago e abita a Vicenza con la compagna Luciana Fioravanti, erede dell’azienda di tortellini famosa ai tempi di Carosello, anche se la coppia ama festeggiare i compleanni a Villa Fioravanti, sulle colline di Firenze, con ospiti di riguardo che vanno da Vittorio Feltri a Beppe Severgnini.
Chi l’ha arruolata?
«Il governatore del Veneto, Giancarlo Galan. Erano le 23 di venerdì. “Ne ho parlato col Cavaliere: ci piacerebbe che facessi parte della nostra squadra”, mi ha detto. Sabato alle 14 ho sciolto la riserva».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
«Io voglio fare il mio mestiere. È già un bell’impegno». Parole sue, nell’intervista che mi rilasciò nel 2005. Ha cambiato idea in fretta.
«È vero. Ma è cambiato in fretta anche il sistema Paese. Oggi una politica che non sia in relazione con l’impresa non va da nessuna parte. Quindi diventa un bell’impegno far dialogare Palazzo e industria. Ci provo».
Chi glielo fa fare?
«Mi reputo un gran curioso. Sono sempre stato convinto che ci sia del buono al di là della barricata».
Sarà l’anti Calearo.
«Assolutamente no. Se il confronto poggiasse sul dualismo Calearo-Riello, avrebbero dovuto candidarci uno alla presidenza della Repubblica e l’altro alla presidenza del Consiglio. Oltretutto lui sarà in lista col Pd nella circoscrizione Veneto 1, non c’è neppure lo scontro diretto».
Che tipo è Massimo Calearo?
«Dinamico. Vivace. Un po’ ci assomigliamo. A entrambi manca il freno a mano».
Ma è vero che fino a poco tempo fa il suo collega vicentino aveva come suoneria del cellulare l’inno di Forza Italia?
«Non lo so. Mi pareva che fosse la melodia di Fratelli d’Italia. Comunque io mi tengo il vecchio drin del telefono di Meucci. Questa grillaia di suonerie mi fa orrore».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Da un Riello all’altro. A leggere i giornali pareva che il Pdl intendesse candidare suo cugino Andrea, presidente degli industriali veneti, che però ha rifiutato. Diranno che lei è un ripiego.
«Può starci. Ci sono persone che accettano di mettersi in discussione, altre che non lo fanno mai. Tutte le scelte sono rispettabili. D’altro canto i Riello sono tanti. Ho perso il conto, ma credo che ormai siamo almeno una cinquantina. È successo anche in altre famiglie. Penso ai Merloni: Vittorio rimase in Confindustria e Francesco andò a fare il ministro ai Lavori pubblici nel governo tecnico di transizione guidato da Carlo Azeglio Ciampi».
Suo cugino avrebbe trovato appoggio nella stampa confindustriale del Nord Est e nel Corriere del Veneto edito dal padre Pilade. Lei non avrà giornali dalla sua.
«Eh no. Ma è molto più divertente così. Almeno non tireranno in ballo il conflitto d’interessi».
Tre anni fa voleva uscire da Confindustria e ora entra addirittura in un partito. Bella contraddizione.
«La contraddizione esiste a perimetri costanti. Ciò che è buono in un momento storico non è detto che lo sia in un momento successivo. Sono mutati i valori in gioco e la geografia. Va bene la coerenza, però ha ragione anche l’agente 007: mai dire mai. Che ci posso fare se la partita ha cambiato il mazzo?».
In quell’intervista rimproverò a Luca Cordero di Montezemolo «di non essere un imprenditore vero». E aggiunse, brutale: «Sarebbe ora che qualcuno tornasse a rischiare il proprio culo invece di fare ingegneria finanziaria con i soldi degli altri».
«Ora devo riconoscergli il merito d’aver saputo imprimere una svolta decisiva alla crisi della Fiat. Chapeau».
Ma la candidata unica alla successione di Montezemolo, Emma Marcegaglia, secondo lei tira a destra o a sinistra?
«Lo vedremo dai primi passi. Io penso che sia equilibrata. La stimo molto. Sarà un buon presidente».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Mi spiega la ragione per cui non accetterebbe mai di candidarsi col Pd?
«Bisogna essere centristi per avere la propensione a spostarsi da una parte o dall’altra. Io ho sempre tenuto la destra. Difficile targarmi diversamente».
E se poi Berlusconi e Veltroni, costretti dai numeri, dovessero trovare un’intesa per salvare l’Italia?
«Magari! Mi pare auspicabile. Sarebbe un sacrificio di prospettiva. Le grandi riforme sono indifferibili e si possono fare soltanto insieme».
Il candidato premier del Pdl le ha promesso un incarico di governo?
«Non ho presentato richieste di alcun tipo. E i miei contatti con Berlusconi sono molto marginali».
Qual è la priorità assoluta per l’Italia in questo momento?
«Ritrovare competitività. Francia, Germania e Spagna ci danno la polvere. Ma lei lo sa che fatto 100 il netto percepito in busta paga dall’operaio, il costo sostenuto dal datore di lavoro è del 220%? C’è una burosaurocrazia che stritola l’Italia».
Pensa ancora che per combattere l’evasione fiscale basterebbe un’aliquota unica intorno al 30%?
«Sì, e in una logica di progressione ci possiamo arrivare. Non senza un processo di moralizzazione che contempli la deportazione alla Cayenna per chi non paga le tasse».
La sua compagna che cosa dice della candidatura?
«Dice: “Tu sei pazzo. Pensaci bene, prenditi un po’ di tempo per riflettere”. Ma tempo non ce n’è più».
Stefano Lorenzetto
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Beppe Grillo capolista? «No, non sono candidato»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Beppe Grillo candidato in Emilia-Romagna e Toscana (capolista). La voce si diffonde nel pomeriggio e viene amplificata dalle agenzie di stampa. E fino a sera resta il giallo. In Emilia-Romagna è stata presentata la lista «No euro-Lista del grillo», che alla Camera candida il comico genovese. In Toscana, invece, spunta la «Lista dei grilli parlanti», con Beppe Grillo capolista.
Non credono alla notizia, all’inizio pensano a uno scherzo telefonico e comunque invocano prudenza prima di un commento i «grillini» di Bologna, la città che fu la piazza del V-day l’8 settembre scorso. «Non ci credo», è il primo commento di Lorenzo Alberghini, uno dei tre organizzatori del meet-up del comico genovese (una sorta di forum on line nato in occasione del V-day). E aggiunge: «Non può aver detto di non votare e poi presentarsi alle elezioni». Una doccia fredda soprattutto perché intesa come una contraddizione rispetto alle battaglie sostenute finora da Grillo. «Lo troverei assolutamente incoerente con i principi espressi nel V-day», fa notare l’organizzatore.
Candidatura ancor più strana perché inaspettata dal popolo internettiano del meet-up: «Da giorni sul nostro forum c’è un dibattito su chi votare - spiega Alberghini - se annullare la scheda, se votare Di Pietro nonostante si sia apparentato con il Pd, ma di certo si dava per scontato che Grillo seguisse la direzione indicata finora». Perciò consiglia: «Sarei molto prudente». Il mistero si risolve in serata. Fonti familiari molto vicine al comico genovese (personalmente non rintracciabile) smentiscono recisamente la notizia: «Non si è candidato a nulla». Resta il giallo su quel nome in lista: omonimia o semplicemente una «bufala»?
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Quel «testamento biologico» che preoccupa il mondo cattolico
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Nel piano di Veltroni alcuni punti in comune con le istanze della Chiesa ma resta il nodo delle coppie di fatto
Scorrendo le pagine del programma elettorale del Partito democratico non mancano certo argomenti e intenzioni che coincidono con alcune istanze del mondo cattolico, in particolare per quanto riguarda il sostegno alle famiglie. Ma l’attenzione è attratta da quei due punti che toccano temi «eticamente sensibili».
Il primo riguarda il testamento biologico. Sotto il titoletto «Per l’autodeterminazione del paziente» si legge: «Il Pd riconosce il diritto inalienabile del paziente a fornire il suo consenso ai trattamenti sanitari a cui si intende sottoporlo, così come previsto dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo.
Il Pd si impegna inoltre a prevenire l’accanimento terapeutico anche attraverso il testamento biologico». È noto come la pensino molti esponenti del partito sull’argomento. I vescovi italiani temono che il testamento biologico possa portare a una «deriva eutanasica di fatto», come ebbe a dire il segretario della Cei Giuseppe Betori un anno fa. La preoccupazione è, aggiungeva, «la non distinzione tra pratiche mediche e eutanasiche e cure del paziente»: se si considera per esempio l’alimentazione o la respirazione come una «cura» della persona, e non un trattamento che va assicurato per permetterne la sopravvivenza, «si apre la strada all’eutanasia». Il segretario della Cei aveva anche osservato che c’è anche «il problema molto complesso del rapporto medico-paziente e della autonomia del medico»: «La volontà del paziente non può imporsi sul medico, e restano interrogativi sull’intraprendere questa strada».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La presenza nel Pd di una pattuglia proveniente dal Partito radicale ha impensierito ulteriormente il mondo cattolico proprio in relazione a questi temi, sui quali le due visioni divergono, e di molto.
L’altro punto problematico riguarda i «Diritti della persona che convive stabilmente». «Il governo del Pd – si legge nel programma del partito di Veltroni – promuove il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà delle persone stabilmente conviventi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale». È noto il dibattito suscitato dal disegno di legge del governo Prodi in favore delle unioni di fatto e delle coppie gay – quello sui Dico – che la maggioranza non è riuscita a concretizzare. Il punto preciso del programma del Pd impensierisce chi considera essenziale la difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e non considera il riconoscimento delle coppie di fatto come un’emergenza per il Paese. Punti programmatici che tengono conto delle istanze del mondo cattolico sono invece presenti nel programma della lista centrista che sostiene Pierferdinando Casini: si parla del «Rispetto della vita, dal concepimento alla morte naturale» e del «Rispetto della famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna» nonché del «Rispetto della libertà di educazione dei genitori». IL GIORNALE
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Fini: il Sud è decisivo. Industriali del Pd lontani dalla realtà
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
"Al Nord il risultato è già scritto. Colaninno non ha nulla a che vedere con gli imprenditori del meridione che lavorano 14 ore"
Roma - Ma quale Nord. Il pullman del Pd batte le città padane, Veltroni corteggia gli imprenditori settentrionali ma per Gianfranco Fini è tutto inutile. «Lì - sostiene - per quanti giri faccia il suo automezzo, il risultato è già scritto. A decidere le elezioni sarà il voto della Campania, della Calabria, del sud in generale».
E non basterà al Partito democratico, aggiunge il leader di An, infarcire le liste di industriali per rovesciare i pronostici. «Colaninno è la concezione di un modello che non ha nulla a che vedere con la realtà degli imprenditori del mezzogiorno, che sono ex operai che lavorano 14 ore al giorno. E il no di Antonio D’Amato alla candidatura? «Non condivido le sue dichiarazioni perché non credo che nel Pdl non ci siano le condizioni per un forte impegno riformatore. Dica che non vuole fare politica, non che è impossibile modernizzare il sud. Quando abbiamo governato, e lui lo sa bene perché era presidente della Confindustria, lo abbiamo dimostrato vincendo resistenze molto forti».
Fini parla a Salerno e ovviamente affronta il caso-Bassolino: «Veltroni non può rimuovere il problema, dovrebbe ricordarsi che il presidente della Regione Campania è anche lui un esponente del Pd. Bassolino doveva sentire l’esigenza mortale di dimettersi, non tanto per il rinvio a giudizio, quanto per la situazione della regione».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Quanti ai fogli stracciati dal Cavaliere a Milano, «quello era solo un gesto dimostrativo». «Veltroni - dice - o non capisce, o fa finta di non capire. Berlusconi non ha stracciato nessun programma, ha solo voluto mostrare la mancanza di credibilità della sinistra. Non credo, ad esempio, che il Pd in Campania avesse messo nel suo programma la situazione che ha lasciato Antonio Bassolino. In Campania c’erano l’ambiente, la vivibilità, la gestione dei rifiuti, e quel programma è evidentemente stato stracciato».
Sul futuro, sulle riforme della prossima legislatura, Fini è convinto che la legge elettorale vada cambiata, però boccia seccamente l’ipotesi di tornare alle preferenze. «Proprio qui in Campania - spiega - c’erano personaggi che raccoglievano 100-120mila preferenze e non necessariamente per questo erano degli statisti. Soprattutto in alcune aree la preferenza presta il fianco al rischio di collusioni con ambienti della criminalità. A mio parere più che di questi ritocchi c’è bisogno di ripristinare un migliore rapporto tra elettori ed eletti con i vecchi collegi uninominali».
Massimiliano Scafi
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Pdl, ecco tutti i nomi in lista
>>Da: andreavisconti
Messaggio 12 della discussione
Una sforbiciata di circa il 20% sugli onorevoli uscenti. Berlusconi mantiene le promesse: molti nomi eccellenti, tante novità e grande spazio alle quote rosa
VALLE D’AOSTA
CAMERA
Un solo candidato nel collegio uninominale: è il forzista Giuseppe Gambardella, dirigente dell’agenzia delle entrate della val d’Aosta.
SENATO
Anche per Palazzo Madama c’è un solo nome in corsa, quello di Cleto Benin, presidente di Eurotravel, uno dei più importanti tour operator italiani.
PIEMONTE
CAMERA
Alle spalle di Berlusconi e Fini troviamo, nella prima circoscrizione, i candidati di nomina forzista con in testa l’ex ministro Lucio Stanca, quindi Benedetto Della Vedova, leader dei Riformatori liberali, Caterina Ferrero, consigliere regionale e coordinatrice provinciale di Forza Italia, l’ex sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, Osvaldo Napoli, deputato uscente mentre i nomi presentati da Alleanza nazionale sono quelli di Agostino Ghiglia, coordinatore provinciale, Maria Teresa Siliquini, già sottosegretario all’Università. Nella seconda circoscrizione corrono Guido Crosetto, coordinatore regionale di Forza Italia, Roberto Rosso, già coordinatore regionale e sottosegretario al Lavoro, Gilberto Pichetto Fratin, consigliere regionale e uomo forte di Forza Italia a Biella, Maria Teresa Armosino, ex sottosegretario alle Finanze, Walter Zanetta, Enrico Costa, deputato uscente come Franco Stradella. Gli uomini di Fini sono invece Marco Zacchera, deputato uscente come Gianni Mancuso, segretario provinciale del partito. La new entry è Alessandro Ruben.
SENATO
Capolista sarà Enzo Ghigo, sicuri i nomi dei forzisti Aldo Scarabosio, notaio, alla sua terza candidatura a Palazzo Madama, Lorenzo Piccioni, anche lui al terzo mandato. Alleanza nazionale propone Ugo Martinat, coordinatore regionale, Andrea Fluttero, senatore uscente e il cuneese Beppe Menardi.
LIGURIA
CAMERA In «pole position» Claudio Scajola, ex ministro dell’Interno poi dell’Attuazione del programma nel governo Berlusconi. Quarta in lista Fiamma Nirenstein, opinionista del Giornale, dietro di lei Sandro Biasotti ex governatore della Liguria, ora consigliere regionale, Gabriella Mondello, deputato uscente di Forza Italia, Eugenio Minasso deputato e coordinatore regionale di An, Michele Scandroglio omologo di Forza Italia, Roberto Cassinelli avvocato, coordinatore cittadino di Fi a Genova, Alessandro Gianmoena, responsabile nazionale Formazione dei giovani di Forza Italia e collaboratore di Gianni Baget Bozzo, Raffaella Della Bianca, capogruppo di Forza Italia al Comune di Genova, Gianni Plinio, capogruppo di An in Regione, Franco Amadeo, vicepresidente della Provincia di Imperia, Giulia Costigliolo, Alessandro Parino, Maria Grazia Frja, Laura Bestoso.
SENATO
Capolista è Enrico Musso, docente universitario, già candidato sconfitto a sindaco a Genova. Numero due Giorgio Bornacin senatore di An. Seguono Gabriele Boscetto deputato di Forza Italia, avvocato, di Imperia, Franco Orsi consigliere regionale forzista, Luigi Morgillo consigliere regionale di Forza Italia, imprenditore, spezzino, Gianfranco Gadolla imprenditore, presidente Provinciale di An, Roberta Bergamaschi, Fabio Cenerini.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
LOMBARDIA
CAMERA
Nella prima circoscrizione, dietro ai capilista Berlusconi e Fini il Pdl schiera Ignazio La Russa, uno dei colonnelli di An, Gianfranco Rotondi, leader della Democrazia cristiana per le autonomie, Stefania Craxi, Andrea Ronchi, Mario Valducci, Paolo Romani, Maurizio Lupi, l’europarlamentare di An Cristiana Muscardini, Luigi Casero, Francesco Colucci, Gaetano Pecorella, Valentina Aprea, Paola Frassinetti, Mariella Bocciardo, Elena Centemero, Riccardo De Corato, Giorgio Stracquadanio, Simone Crolla. Nella circoscrizione Lombardia 2, dietro i due leader si candidano l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, la coordinatrice azzurra Maria Stella Gelmini, Raffaello Vignali, presidente della Compagnia delle opere, Mirko Tremaglia, Gregorio Fontana, Stefano Saglia, Antonio Palmieri, Adriano Paroli, Laura Ravetto, Viviana Beccalossi, assessore regionale all’Agricoltura, Giuseppe Romele, Giorgio Iannone, Maria Berruti, Domenico Angelucci, editore di «Libero», il giornalista dello stesso quotidiano Renato Farina, Luigi Fabbri, Antonio Verro, Marco Airaghi. Nella circoscrizione 3, sempre alle spalle di Berlusconi e Fini, troviamo Giancarlo Abelli, Massimo Corsaro, Maurizio Bernardo, Chiara Moroni, Andrea Orsini, Carlo Nola, Oscar Rivetti, Giacomo Tiraboschi.
SENATO
Assegnato da tempo il posto di capolista al governatore della Lombardia Roberto Formigoni, alle sue spalle troviamo le riconferme dei senatori uscenti: da Alfredo Mantica (An) all’ex presidente della Provincia di Milano Ombretta Colli (Forza Italia), da Guido Possa (Forza Italia) ad Alessio Butti (An), da Gianpiero Cantoni (Forza Italia) a Marcello Dell’Utri (Forza Italia). A seguire Mario Mantovani, europarlamentare di Forza Italia, Romano Comincioli (Forza Italia), Antonino Caruso (An) a Luigi Scotti (Forza Italia), Antonio Tomassini (Forza Italia), Giancarlo Serafini, consigliere regionale di Forza Italia, Giuseppe Valditara (An), Giacomo Caliendo, presidente dell’associazione dei magistrati tributari, Salvatore Sciascia, ex dirigente Fininvest, Valerio Carrara, senatore uscente di Forza Italia, Alfredo Messina, Pierfrancesco Gamba (An), deputato uscente, Riccardo Conti e Alessandro Gallone (An).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
VENETO
CAMERA
Nella prima circoscrizione i posti considerati «buoni» sono i primi tredici dopo il ticket Berlusconi-Fini. A occuparli sono Niccolò Ghedini, senatore uscente e legale di fiducia del Cavaliere, Alberto Giorgetti, coordinatore regionale di An, Aldo Brancher (Forza Italia), Francesco De Luca (Dc per le autonomia), Filippo Ascierto (An), Marino Zorzato (Forza Italia), Lorena Milanato (Forza Italia), Luca Bellotti (An), Giustina Mistrello Destro (Forza Italia), Elisabetta Gardini (Forza Italia), Giorgio Conte (An), Enrico Hüllweck, ex sindaco di Vicenza (Forza Italia), Vendemiano Sartor, presidente della Confartigianato Veneto. Non ancora sicuri l’imprenditore discografico Gianmarco Mazzi vicino ad An, Luca Moschini (candidato dei Circoli della libertà di Michela Brambilla) e il deputato uscente Giuseppe Fini (Forza Italia). Nella circoscrizione Veneto 2 le candidature «blindate» arrivano al nono posto dopo Berlusconi e Fini. A conquistarle sono stati Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia, docente universitario e uno degli economisti di riferimento del centrodestra, Adolfo Urso, ex viceministro alle Attività produttive (An), l’assessore regionale Fabio Gava (Forza Italia), Valentino Valentini, da anni interprete di fiducia di Berlusconi nei summit internazionali, Maurizio Paniz (Forza Italia), Catia Polidori, presidente dei giovani imprenditori della Confapi, Ettore Riello, presidente e amministratore delegato del Gruppo Riello, l’ex deputato di Forza Italia Michele Zuin, Pieralfonso Fratta Pasini. Dovranno sudarsi il seggio Luca Sbardella, Annalisa Andretta, Letizia Ortica, l’ex deputato di Forza Italia Lucio Leonardelli.
SENATO
Capolista è il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan. Dietro di lui le caselle a garanzia d’elezione sono occupate da Luigi Ramponi (An), Elisabetta Casellati (Forza Italia), Maurizio Sacconi (Forza Italia), Maurizio Sala (An), Paolo Scarpa Bonazza Buora (Forza Italia), Cinzia Bonfrisco (Forza Italia), il direttore della Fiera di Vicenza Maurizio Castro, vicino ad An, Piero Longo, penalista e uno degli avvocati di fiducia di Berlusconi, l’imprenditore rodigino Mauro Mainardi, il senatore uscente Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e il deputato uscente Cesare Campa (Forza Italia).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
TRENTINO ALTO ADIGE
CAMERA
Prima alla Camera tra i monti dell’Alto Adige e del Trentino sarà la campionessa olimpica di sci Manuela Di Centa, deputata uscente di Forza Italia. Dietro di lei Giorgio Holzmann, deputato altoatesino di An. Poi Maurizio Del Tenno, considerato un pò il «Colaninno» del Pdl: presidente nazionale dei giovani di Confartigianato, imprenditore di Sondrio nel settore immobiliare e vicepresidente dei Circoli della libertà. In quarta posizione Mario Malossini (Forza Italia). Più defilato Alberto Berger.
SENATO
Candidato nel collegio senatoriale uninominale di Trento sarà Sergio Divina, senatore uscente, leghista; in Valsugana il Pdl schiera Giacomo Santini ex telecronista Rai, Forza Italia; a Rovereto Cristano De Eccher di An; candidati a Bolzano dovrebbero essere Maurizio Vezzali, Patrizia Ancilla Orio e Giuseppe Bellomo (tutti e tre di Forza Italia).
FRIULI
CAMERA Il vicepresidente della Commissione europea ed ex (ma forse anche futuro) ministro degli Esteri Franco Frattini sarà il capolista del Pdl in Friuli Venezia Giulia. Si sposta dal Senato alla Camera l’ex sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione, che in caso di vittoria potrebbe seguire Frattini alla Farnesina. Posto blindato anche per il coordinatore regionale azzurro Isidoro Gottardo che lascia la regione per entrare a Montecitorio. In lista al posto numero sette Forza Italia ha schierato invece uno dei due ex leghisti passati col Cavaliere, Albertino Gabana. L’altro, Marco Pottino, guadagna l’ottavo posto e dovrebbe figurare come il primo dei non eletti. In quota ad An entrano invece i due deputati uscenti, Roberto Menia e Manlio Contento. A completare la lista infine la giovanissima Ilia Franzin, ventottenne di Maniago, l’assessore tarvisiano Francesca Comello e il goriziano Fabio Gentile.
SENATO
Per la corsa a palazzo Madama il Popolo della Libertà ha scelto di inserire in testa di lista tre candidati blindati in ordine alfabetico: Giulio Camber, Giovanni Collino e Ferruccio Saro. Il quarto posto, assegnato a Vanni Lenna, non è certo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
EMILIA ROMAGNA
CAMERA Sale sul podio al terzo posto garantito Michela Vittoria Brambilla, catapultata dalla lista della Lombardia. Poi l’ex ministro dei Trasporti Pietro Lunardi e Tommaso Foti di Alleanza Nazionale. E ancora il giornalista Giancarlo Mazzuca, direttore del Quotidiano Nazionale. L’azzurro Fabio Garagnani, l’imprenditore Enzo Raisi per An e Giorgio Lainati per Fi. In ottima posizione l’avvocato Anna Maria Bernini, già nota alle cronache perché assiste legalmente la vedova di Luciano Pavarotti, Nicoletta Mantovani. Transfuga dall’Udc, Emerenzio Barbieri. Sospinti a fondo lista, immeritatamente, l’infaticabile Isabella Bertolini, l’ex sindacalista Giuliano Cazzola e il giornalista Giovanni Mottola.
SENATO
Capolista un altro transfuga dall’Udc, Carlo Giovanardi, ex ministro per i Rapporti col Parlamento e berlusconiano doc. Poi Filippo Berselli,An, ex sottosegretario alla Difesa ed esperto del tema immigrazione. Giampaolo Bettamio per Forza Italia ex sottosegretario agli Esteri. L’avvocato Alberto Balboni, ancora An.L’azzurra Laura Bianconi, impegnata per i diritti dell’infanzia nella precedente legislatura. Massimo Palmizio, Fi e infine, in una posizione che ha scarse possibilità di arrivare in parlamento, Maria Ida Germontani per An.
TOSCANA
CAMERA
Corrono per la Camera Paolo Bonaiuti, fiorentino, portavoce di Silvio Berlusconi (se ne parla come di un possibile candidato anche a sindaco di Firenze nel 2009), Elio Vito (capogruppo alla Camera di Forza Italia), Denis Verdini (coordinatore regionale di Fi), Riccardo Migliori (coordinatore toscano di An) Marco Martinelli (parlamentare uscente di An). In buona posizione tre candidate: la ex responsabile Marketing della Rai, Deborah Bergamini, il sindaco di Castiglione della Pescaia Monica Faenzi e Flavia Perina, direttore del Secolo d'Italia, già eletta nel 2006 nelle liste toscane di An. Più indietro Massimo Parisi, vicecoordinatore regionale di Fi, Gabriele Toccafondi, vicecapogruppo di Fi al Comune di Firenze, Maurizio Bianconi, consigliere regionale di An, Riccardo Mazzoni, direttore del Giornale della Toscana, Roberto Tortoli, ex sottosegretario all’Ambiente.
SENATO
Capolista l’ex ministro dell'Ambiente e capogruppo di An al Senato Altero Matteoli. Dietro di lui il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi, toscano di Fivizzano, Gaetano Quagliariello, Franco Mugnai (grossetano senatore uscente di An), Paolo Amato (senatore fiorentino di Forza Italia) Achille Totano (giovane senatore uscente di An), Massimo Baldini (ex sottosegretario alle Comunicazioni). In posizione meno facile Lucio Barani (parlamentare uscente del Nuovo Psi), e Franco Banchi (ex Udc, ora Popolari Liberali).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
UMBRIA
CAMERA
Il Pdl candida l’ex comandante della Guardia di Finanza, il generale Roberto Speciale, rimosso dal suo incarico dal viceministro Vincenzo Visco e poi reintegrato dal Tar del lazio con conseguente bufera di polemiche e sue dimissioni finali. Poi il consigliere regionale di An Pietro Laffranco, il coordinatore regionale di Forza Italia, Luciano Rossi.
SENATO
Capolista il senatore di Forza Italia, Franco Asciutti, di Perugia ex presidente della Commissione Istruzione del Senato ed esperto di problematiche scolastiche. Poi da Alleanza Nazionale. Domenico Benedetti Valentini, avvocato di Spoleto. La consigliera regionale di Forza Italia, Ada Spadoni Urbani, anche lei nata a Spoleto. Infine Dario Guardalben, capogruppo al consiglio comunale di Terni.
MARCHE
CAMERA
Dopo Berlusconi e Fini sono candidati il leader repubblicano Giorgio La Malfa, il coordinatore regionale di Forza Italia Remigio Ceroni, Carlo Ciccioli, Ignazio Abrignani, commissario liquidatore della Compagnia Italiana Turismo già candidato di Forza Italia nel 2001 e nel 2006. Saranno candidati anche Licia Ronzulli, medico fisioterapista, Simone Baldelli, deputato uscente di Forza Italia, Claudio Barbaro, presidente dell’Associazione sportiva italiana e membro dell’esecutivo del Coni.
SENATO
Capolista sarà Mario Baldassarri, economista, di An, nato a Macerata, laureato ad Ancona, ex viceministro dell’Economia del governo Berlusconi. Dietro di lui Francesco Casoli, senatore di Forza Italia, anconetano, Salvatore Piscitelli, Giulio Conti, deputato uscente di An, Francesco Massi, consigliere regionale ex Udc.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
LAZIO
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Nel collegio Lazio 1 il Pdl punta su Gianni Alemanno e Fabrizio Cicchitto come capolista. Dopo di loro Beatrice Lorenzin; Luciano Pescante e il leader della protesta dei tassisti romani Loreno Bittarelli. Nel collegio Lazio 2, dopo i capolista Berlusconi, figurano Rocco Crimi; Giorgia Meloni; la ex portavoce del Family Day, Eugenia Roccella; il combattivo parlamentare di An, Fabio Rampelli; Gianfranco Conte; Cosimo Ventucci; Francesco Aracri; Giulio Marini; Antonello Iannarilli; Angelo Santori; Giuseppe Mochi; Giovanni Crescenzi e Fabio De Angelis.
SENATO
Capolista l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, seguito da Maurizio Gasparri, già designato come futuro presidente del gruppo unico a Palazzo Madama. Terzo nella lista è Lamberto Dini seguito dall’ex sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi. Al quarto posto un altro big, come il senatore Mauro Cutrufo, indicato dal Pdl come vicesindaco a Roma. E ancora: Andrea Augello; Giuseppe Ciarrapico in undicesima posizione, Domenico Gramazio, il sindaco di Anzio, Candido De Angelis e il consigliere regionale di Forza Italia, Stefano De Lillo.
ABRUZZO
CAMERA Subito dopo i due leader Berlusconi e Fini la candidatura forte di Maurizio Scelli, l’ex commissario straordinario della Croce Rossa italiana. Carla Castellani, medico ed esperta di problematiche dell’infanzia, per Alleanza nazionale. L’azzurro Sabatino Aracu; l’imprenditrice Paola Pelino di Sulmona, Fi; Marcello De Angelis, An; Daniele Toto, nipote del fondatore della linea aerea Airone; Giovanni Dell’Elce, ex sottosegretario alle Attività Produttive, Fi. E poi ancora Lorenzo Sospiri, ex presidente provinciale di An. Giuseppe Stanziale, vice coordinatore regionale di Forza Italia. Per An Etelwardo Sigismondi.
SENATO
Capolista il coordinatore regionale di Forza Italia, Andrea Pastore e subito dopo il coordinatore di An, Fabrizio Di Stefano. Seguono l’imprenditore, Filippo Piccone e il consigliere regionale, Paolo Tancredi, entrambi per Forza Italia. Gianfranco Giuliante, presidente provinciale di An, Patrizio Stornelli, medico di Avezzano, e Daniela Arcieri sempre per An.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
MOLISE
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Nel Molise i capolista fanno eccezione alla regola. Dopo Silvio Berlusconi, infatti, non c’è Gianfranco Fini bensì la giovane larinese Sabrina De Camillis, capogruppo di Forza Italia alla Regione. Per An ci sarà invece Quintino Pallante, primo dei non eletti in regione. Essendo una regione poco popolosa, le liste sono ridotte all’osso. E i posti utili sono quello del capogruppo e, forse, quello del numero due in lista. Alla prova dei fatti non è tornato sulla scena Michele Iorio di cui si era ipotizzato un ritorno in Parlamento.
SENATO
Il Molise elegge due senatori, e visti i quozienti che bisogna ottenere, normalmente i seggi finiscono per essere assegnati uno al centrodestra e uno al centrosinistra. Quindi in pole-position c’è il capolista Ulisse Di Giacomo, medico-cardiologo, assessore alle Politiche per la Salute in Regione e coordinatore regionale di Forza Italia, seguito dal senatore uscente Gino Di Bartolomeo, già presidente della Regione.
CAMPANIA
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Nella circoscrizione Campania 1 dopo Berlusconi e Fini, nel posto d’onore dove avrebbe dovuto essere piazzato Antonio D’Amato figura il segretario del Nuovo Psi, Stefano Caldoro, seguito da Alessandra Mussolini; Italo Bocchino. Al quattordicesimo posto c’è Amedeo Laboccetta e al diciannovesimo il paracadutista e medaglia d’oro al valor militare, Gianfranco Paglia. In Campania 2 c’è Mara Carfagna, seguita da Nicola Cosentino e Mario Landolfi. Subito dopo il sesto nominativo è quello di Giancarlo Lehner, al settimo posto l’avvocato Nunzia De Girolamo, seguita da Edmondo Cirielli. In lista anche Michaela Biancofiore e Gennaro Malgieri.
SENATO
Per Palazzo Madama la capolista è l’ex governatrice di Nassiriya e inviata nel Darfur, Barbara Contini, oggi anche responsabile di Forza Italia per gli Italiani nel mondo. Dopo questa prestigiosa new entry c’è il senatore beneventano Pasquale Viespoli; il senatore di Forza Italia Pasquale Giuliano; il medico ed ex assessore alla Regione, Raffaele Calabrò. Sempre in Campania sono candidati Sergio De Gregorio, Vincenzo Nespoli e la giornalista del Tg1, moglie di Emilio Fede, Diana De Feo.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 9 della discussione
PUGLIA
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L’ex governatore della Puglia, Raffaele Fitto, per Forza Italia. Al quarto posto il senatore di An, Alfredo Mantovano, ex sottosegretario all’Interno ed esperto delle problematiche legate ai flussi migratori. Per Fi Antonio Leone, l’avvocato Donato Bruno; Luigi Vitali. Per An, Antonio Bonfiglio. Poi Pietro Franzoso e Andrea Lazzoni, Fi. L’industriale Francesco Divella, An, Simeone Di Cagno Abbrescia, ex sindaco di Bari, e Gabriella Carlucci per Fi. Italo Tanoni, un diniano. Carmine Patarino, An, Vincenzo Barba imprenditore, Fi, la presidentessa dell’associazione donne marocchine Souad Sbai An. Peppino Calderisi, Barbara Mannucci che copre il fronte dei giovani di Forza Italia. Infine Luca D’Alessandro, giornalista e capo ufficio stampa di Forza Italia.
SENATO
Capolista per An, Adriana Poli Bortone, ex sindaco di Lecce. Subito dopo Antonio Azzollini per Forza Italia. Giorgio Costa, Fi, ex sottosegretario alla Difesa. Carmelo Morra, l’imprenditore Francesco Maria Amoruso per An e l’imprenditore Pasquale Nessa Fi il senatore Salvatore Mazzaracchio di Forza Italia per An il consiglire regionale Michele Saccomanno. Luigi Grillo per Fi; Luigi Lettieri D’Ambrosio, presidente dell’Ordine dei Farmacisti regionale e Cosimo Gallo.
BASILICATA
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Dopo la coppia leader c’è il «Gianni Letta» di An, Donato Lamorte, storico consigliere di Fini. Lamorte è seguito da Vincenzo Taddei, già senatore di Forza Italia ed ex coordinatore regionale. Quinto posto per Giuseppe Moles, segretario particolare di Antonio Martino alla Difesa durante il governo Berlusconi e infine Mariano Pici, medico chirurgo.
SENATO
Primo della lista è il coordinatore regionale di Forza Italia e senatore, Guido Viceconte, al secondo posto il coordinatore di An, Egidio Digilio, al terzo il capogruppo di Forza Italia alla Regione Cosimo Latronico, a seguire Nicola Pagliuca, consigliere regionale di Forza Italia, poi il consigliere provinciale di Matera, sempre di Forza Italia, Paolo Castelluccio, e infine Lella Ferro, professoressa.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 10 della discussione
CALABRIA
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Per tentare di vincere in Calabria, il Popolo delle libertà mette in campo alcuni nomi pesanti. Dopo Berlusconi e Fini c’è l’imprenditore della moda, Santo Versace, seguito da Francesco Nucara segretario nazionale del Pri e dal coordinatore regionale di An, Giovanni Dima. Segue Giancarlo Pittelli (Fi) che ritorna alla Camera dopo una legislatura al Senato; Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario. E poi Iole Santelli e la componente dell’ Antimafia, Angela Napoli. A seguire Pino Galati strappato» all’Udc e Ida D’Ippolito parlamentare di Forza Italia.
SENATO
Per Palazzo Madama è confermato capolista Francesco Nitto Palma (Fi) che dalla Lombardia arriva in Calabria, seguito da Giuseppe Valentino (An) e Antonio Gentile (Fi). Dopo di loro Vincenzo Speziali, industriale del cemento molto vicino a Marcello Dell’Utri, candidato in quota azzurra. E poi ancora: Francesco Bevilacqua (An) che rientra dopo una legislatura di fermo. E Mario Caligiuri che, come sindaco di Soveria Mannelli dal 1985 al 2004, ha fatto diventare il suo comune quello più informatizzato d’Europa. Una candidatura per la quale si è mossa anche la società civile.
SICILIA
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Per la Sicilia occidentale in terza posizione Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea Regionale poi il coordinatore regionale Angelino Alfano, entrambi provenienti da Forza Italia. Per Alleanza Nazionale c’è Giuseppe Scalia seguito da altri due esponenti azzurri: Enrico La Loggia e Pippo Fallica. In posizione privilegiata l’assessore al turismo della regione, Dore Misuraca, marito di Barbara Cittadini e dunque genero di Ettore Cittadini, ex assessore alla sanità. Subito dopo di nuovo An con Antonino Lopresti seguito da Gaspare Giudice. Per la Sicilia orientale l’ex ministro della Difesa, Antonio Martino, An, l’ex ministro delle Pari Opportunità, Stefania Prestigiacomo, Fi. Poi Carmelo Briguglio e Domenico Arezzo, entrambi An.
SENATO
L’azzurro Renato Schifani guida la lista Pdl. Poi Domenico Nania per An e il professor Carlo Vizzini, Fi. Tra i sicuramente eletti nelle posizioni alte della lista Giuseppe Firrarello, Antonio D’Alì, sottosegretario al ministero dell’Interno con il governo Berlusconi. Poi il magistrato Roberto Centaro, il Lumìa del centrodestra, seguito da Mario Francesco Ferrara, Salvo Fleres, Raffaele Stancanelli e, finalmente una donna, Simona Vicari, ex sindaco di Cefalù e unica donna presente nell’assemblea regionale.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 11 della discussione
SARDEGNA
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Due anni fa Forza Italia e An ottennero sei posti a Montecitorio. Questa volta i sondaggi indicano che non dovrebbe essere difficile per il Pdl arrivare a quota otto, mentre il nono e il decimo posto scatterebbero solo in virtù di una vittoria netta. La formazione alla Camera vede, dopo Berlusconi e Fini, l’ex presidente della Regione, Mauro Pili; Bruno Murgia (da An); Salvatore Cicu; Giuseppe Cossiga; Carmelo Porcu; Piero Testoni; il sindaco di Olbia Settimo Nizzi; l’attore Luca Barbareschi; Paolo Vella; Giovanni Marras; Ada Lai; Maddalena Calia; Antonella Sedda; Ida Sarrizu; Sisinnio Piras e Davide Billai.
SENATO
Nella lista per Palazzo Madama scontate le conferme di Beppe Pisanu come capolista e degli uscenti Mariano Delogu, Piergiorgio Massidda e Fedele Sanciu. Al quarto posto entra, però, il segretario del sindacato autonomo di Polizia, Fillippo Saltamartini. Gli altri nomi (a rischio) sono quelli di Silvestro Ladu, già consigliere regionale nel gruppo Fortza Paris; Battista Corda, capogruppo di Forza Italia in consiglio provinciale di Nuoro; la dirigente comunale Ada Granata e Anna Casula.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 12 della discussione
Speriamo che sia la lista definitiva.
Attendo domani per inserirla nell'apposita sezione.
Andrea
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Erba, Rosa: "Azouz mi voleva a ogni costo"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
In aula la registrazione dell'interrogatorio del 6 giugno 2007 in cui la moglie di Romano ha raccontato la violenza subita dal Marzouk: "E' entrato in casa mia, ha detto che mi voleva sposare, poi ha abusato di me". Azouz ha querelato la donna per calunnia
Como - "Mi voleva ad ogni costo, era cotto di me, mi voleva a tutti i costi". Rosa Bazzi, nell’interrogatorio del 6 giugno dell’anno scorso, diffuso in aula oggi al processo per la strage di Erba, ha ripercorso la presunta violenza sessuale subita dal marito di Raffaella Castagna, Azouz Marzouk, che l’ha già querelata per calunnia. "Lui diceva che era cotto di me - disse Rosa Bazzi, che oggi come il marito Olindo Romano non è in aula, davanti ai pm -. In tutti i posti dove andavo lui c’era. È stato di mattina - ha proseguito - è entrato alle nove di mattina, l’Olindo era andato a lavorare. Era un martedì, è entrato, io in quel momento non l’ho sentito entrare in casa, ho visto un’ombra. Pensavo fosse l’Olindo e ho detto: ciao 'Oli, cosa fai qui?'".
La violenza Quando si rese conto che si trattava di Azouz prese un vaso e gli disse di uscire. "Lui ha cominciato a dirmi che quando era in galera pensava me - disse Rosa nell’interrogatorio - che non poteva più stare senza di me. Gli ho detto se gli mancava una rotella, di andare da sua moglie, che aveva un figlio. Mi ha preso per la schiena, ha detto che senza di me non ce la faceva più a vivere, che voleva lasciare Raffaella. 'È lei che ti vuole lasciare' gli ho detto. Ha cominciato a strapparmi la maglietta, una maglietta rossa. Ho cercato di difendermi più che potevo, mi ha preso e mi ha sbattuto sul divano, mi ha detto che avevo un corpo molto più bello di quello di sua moglie, ho lottato moltissimo, mi ha strappato la gonna, lui si è abbassato i pantaloni e ha fatto quello che doveva fare. Ha detto che voleva ammazzare l’Olindo e che dovevo diventare sua moglie, che mi voleva portare al suo paese. Mi voleva a tutti i costi".
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La replica In un biglietto scritto dal suo legale, Roberto Tropenscovino, Azouz Marzouk dice: "Non ho mai tradito Raffaella, l’amavo troppo. Il racconto della bella signora - ironizza Azouz - non merita commenti... e comunque, come è facile immaginare, non è mai stato il mio tipo!". Il riferimento è alla presunta violenza sessuale subita da Rosa Bazzi per la quale il tunisino ha già querelato l’ex vicina di casa per calunnia.
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Liste, il Vaticano fa la guardia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Al ritorno dal suo viaggio in Armenia e Azerbaigian il cardinale Tarcisio Bertone ha intenzione di «verificare se i leader dei vari schieramenti metteranno in atto il rispetto promesso per i valori cristiani».
Intervento di carattere «politico» del Segretario di Stato vaticano: nelle parole pronunciate ieri a Baku, Bertone ha espresso con chiarezza il suo proposito di accertare in quale misura gli schieramenti elettorali in campo saranno capaci di onorare l'impegno del rispetto dei valori cattolici. «Durante questo viaggio - ha infatti spiegato il cardinale in visita nella capitale dell'Azerbaigian - posso affermare di aver dimenticato l'Italia. Forse non dovrei dirlo, perché è quasi vergognoso, ma riguardo la situazione dell'agone politico italiano non sono stato aggiornato neanche da un messaggino». «Ma — ha poi tenuto a precisare — anche se da una parte sono contento di questo, ciò non toglie che al mio ritorno mi tufferò nei problemi italiani e vedrò se i cattolici stanno emergendo al centro a sinistra o a destra, e se i valori cristiani sono supportati da un vero impegno». Chi riteneva che la Chiesa Cattolica intendesse disinteressarsi degli avvenimenti politici italiani connessi alle prossime elezioni è servito: il numero due della Santa Sede sarà personalmente impegnato a controllare se i valori cristiani irrinunciabili, a cui si richiama con insistenza lo stesso Benedetto XVI, saranno tenuti in considerazione oppure ignorati dalle forze politiche in campo e dai loro leader. E un'attenzione maggiore, stando alle parole di Bertone, il Vaticano la riserverà proprio a quei dirigenti politici che nelle loro dichiarazioni pubbliche amano professarsi strenui difensori dei principi cattolici. L'intervento del Segretario di Stato è di quelli piuttosto inattesi, tanto che alcuni osservatori lo hanno definito inusuale: nei modi e nei toni informali tipici di una dichiarazione «a margine», l'esponente della gerarchia che guida la politica vaticana ha di fatto rivendicato non solo il diritto ma il dovere della Chiesa di esprimere pubblicamente valutazioni autonome e fondate sulla dottrina riguardo le decisioni dei politici italiani. Segno evidente che Oltretevere si percepiscono anzitutto i rischi legati a una deriva «laicista» del quadro politico italiano; e in secondo luogo che si desidera mettere in guardia rispetto all'uso illegittimo da parte di alcuni leader della etichetta di «politico cattolico». Da qui il proposito di Bertone di «tuffarsi nei problemi italiani».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il Segretario di Stato, che nel suo viaggio di questi giorni ha visitato la chiesa russo-ortodossa con il vescovo Aleksander e ha inaugurato la prima chiesa cattolica della repubblica caucasica, ha anche pronunciato un'ulteriore previsione ecumenica nonché politica: il momento dell'atteso incontro tra Benedetto XVI e Alessio II, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, si sta avvicinando. «Vi sono segnali positivi in merito — ha infatti affermato il Segretario di Stato — che provengono sia dallo stesso patriarcato di Mosca e dai suoi rappresentanti, sia dai vescovi e dai metropoliti. Le difficoltà che ancora persistono nei rapporti tra Chiesa Cattolica e mondo ortodosso russo si vanno rapidamente diradando».
Rodolfo Lorenzoni
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Intervista a Cossiga sul caso Moro
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Cossiga: non potevo trattare. Così ho concorso ad ammazzare Moro
Presidente Cossiga del rapimento e uccisione di Aldo Moro abbiamo una versione definitiva e veritiera o c'è ancora molto da scoprire?
Facciamo un discorso un po' scientifico: esiste la Storia ed esiste la fantasia..
Quando la Storia non combacia con le proprie scelte ideologiche si esercita la fantasia e si ha quella specifica forma di storia che si chiama dietrologia. Moro è stato ucciso dalle Brigate Rosse e le Brigate Rosse sono un fatto tutto italiano e, come dice giustamente quella gran signora di Rossana Rossanda, un fatto tutto interno alla sinistra italiana e alla storia della Resistenza. Prima di fare il colpo, con quella potenza geometrica di fuoco, i brigatisti si addestrarono. Probabilmente le armi che avevano erano state fornite dall'Olp.
Qual è il suo ricordo di quella mattina?
Io abitavo allora a via Cadlolo, quasi di fronte all'Hotel Hilton, e uscivo molto presto la mattina. Mi fermavo a un'edicola a guardare le riviste che non mi compravano, che erano quelle di elettronica. Lì mi raggiunse il caposcorta, che mi disse che mi cercava il capo della polizia. Io andai alla macchina e il capo della polizia mi disse: "hanno annientato la scorta di Moro. Lui non si sa. Forse l'hanno ucciso, forse l'hanno ferito, forse è al Policlinico Gemelli, forse è morto". Io feci avviare la sirena e andai alla Presidenza del Consiglio. Era il giorno in cui il governo si doveva presentare alle Camere, con Enrico Berlinguer che voleva informare Andreotti che non avrebbe più votato il suo governo perché aveva messo degli uomini che rappresentavano per lui simboli negativi. Erano nomi che Moro aveva imposto, uomini della destra e del centro-destra della Dc.
Isituzioni e sistema politico sembrarono del tutto impreparati ad una notizia del genere. O no?
Anzitutto erano stati demoliti i servizi di informazione e di sicurezza con due grandi operazioni di disinformazione del Kgb. Operazioni che avevano come obiettivo quello di scompaginare i servizi segreti e quella forza di polizia che loro consideravano più pericolosa, e cioè i Carabinieri. La prima è il Piano Solo. I giornalisti che fecero la campagna non lo sapevano, ma il boccone avvelenato, per varie tappe, partì dal Kgb. La seconda è la P2. Poi vi fu un terzo tentativo di disinformazione, pensato contro Berlinguer. Fu quello della compravendita dei terreni di famiglia, ma fallì. Allora io dissi: "Mio Dio, se anche il Kgb sbaglia siamo fregati".
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Quale fu a suo giudizio il legame tra Br e Mosca?
Alcuni parlano delle Br strumentalizzate dall'Unione Sovietica che non voleva il compromesso storico. Non è vero. L'Unione Sovietica voleva il compromesso storico, perché era comunque un modo di attenuare alcuni aspetti della nostra politica atlantica. Enrico Berlinguer, dice a Pansa, alla vigilia del '76:"se andremo al potere manterremo la nostra appartenenza alla Nato, perché tra l'altro la Nato è un ombrello che garantisce anche la nostra indipendenza". Il marxista-leninista Enrico Berlinguer, non stalinista, mai avrebbe reso una simile intervista se Mosca non gli avesse detto: "falla pure, pensa a vincere e basta". Poi, Aldo Moro è uno dei fondatori di Gladio…
Quindi?
Aldo Moro era un uomo abile, ma Stay Behind è stata fondata per volontà di Moro, di Taviani, di Martino e con l'aiuto tecnologico di Enrico Mattei. Comunque, io ho preso un pugno in faccia in vita mia alla Camera.
Da chi?
Da Pajetta.
Quando?
Quando Moro fece il discorso in difesa dell'intervento americano nel Vietnam.
Aldo Moro era quindi un uomo politico italiano e occidentale senza se e senza ma?
Senza se e senza ma. Capiva, però, che in questo Paese non si sarebbe potuto governare a lungo senza trovare un accordo con i comunisti. L'accordo che De Gasperi aveva già trovato. De Gasperi non aveva già stretto un accordo con Togliatti? E la Costituzione italiana cos'è? Un patto tra le due forze.
Nel circuito dei grandi protagonisti politico-istituzionali della vita italiana del dopoguerra, il posto di Aldo Moro qual è?
Gli uomini di Stato italiani sono stati Cavour, che non parlava l'italiano bene, pensava in inglese e scriveva in francese. Il secondo è stato Giolitti, che ha fatto l'Italia moderna. Poi Mussolini, anche se io sono stato educato a casa mia a pane, latte, antifascismo e repubblicanesimo. E poi De Gasperi. Sarebbe stato Togliatti un grande uomo di Stato. Il più grande uomo di governo dopo Giolitti e Mussolini fu Andreotti; il più grande leader politico Aldo Moro.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Ma per liberare Aldo Moro fu fatto, dal punto di vista delle indagini, tutto il possibile?
Tutto il possibile, ma eravamo troppo deboli. Una mia frase tratta da un'intervista rilasciata al suo collega Aldo Cazzullo è stata equivocata. Non è vero che il capo del commando mi ha detto che mille persone conoscevano il nascondiglio di Aldo Moro. Lui mi disse che più di mille persone, anche sindacalisti del Pci, ci avrebbero potuto indicare nomi, cognomi e abitazioni dei brigatisti rossi. Il Partito Comunista è diventato un partito di Stato, io ho collaborato con esso, chiamo Massimo D'Alema "Il meglio figo del bigoncio". Ma, anche per come noi li abbiamo trattati nei primi vent'anni, l'antipatia per i Servizi e per le forze di polizia gli è rimasta. Hanno cancellato Ugo Pecchioli. Per revocarlo hanno chiamato me. Hanno cancellato Rossa, come è raccontato nel libro della figlia. Perché, in fondo, per un vero militante comunista, un compagno, anche se sbaglia come i brigatisti, come diceva Rossana Rossanda, non si tradisce.
Se guardiamo invece ai 55 giorni dal punto di vista politico e della gestione che i vertici istituzionali fecero nel caso, qui è evidente che la vicenda si complica, cioè liberare Moro significava accettare le condizioni proposte dalle Brigate Rosse…
La condizione era una sola: non la liberazione dei prigionieri, né tantomeno come credeva ingenuamente il Vaticano il denaro. Era il riconoscimento politico in modo da aggirare il Partito comunista imborghesito di Berliguer.
C'era qualcuno favorevole a questo riconoscimento?
Si nascondevano sotto lo scambio dei prigionieri nelle trattative. E poi c'era chi voleva far saltare Andreotti.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Ma nei 55 giorni, a suo giudizio, si arrivò vicini a liberare Moro?
No. Il loro leader mi disse che avevamo sbagliato tutto, che avremmo dovuto usare i vigili urbani, non le forze speciali. Però loro si accorsero che noi stavamo per arrivare perché alla fine su mia iniziativa dividemmo la città di Roma in tanti quadratini.
Questo a suo giudizio indusse le Brigate Rosse ad accelerare la conclusione del processo e ad uccidere Moro?
Sì.
Guardiamo alla vicenda nella sua gestione politico e istituzionale. Poteva andare diversamente?
Quando io andai a trovare questi signori in carcere, gli chiesi come mai non avevano capito che loro avevano vinto. E gli dissi che non avrebbero vinto ma stravinto, se avessero fatto il processo a Moro, lo avessero condannato a morte, e dopo che Paolo VI ne aveva chiesto la liberazione, loro avessero detto: "In omaggio a Paolo VI che ci ha riconosciuto, lo liberiamo".
E loro perché non lo liberarono?
Perché a mio avviso loro avevano il mito della esemplarità: siamo creduti soltanto se siamo feroci, cioè il processo rivoluzionario, le purghe, la confessione.
Perché secondo lei allora è così viva ancora la tesi: "Moro doveva morire"?
Lei sa che per alcuni gli assassini di Aldo Moro si chiamano, Paolo VI, Giulio Andreotti, Benigno Zaccagnini e Francesco Cossiga. Comunque fino a quando lo dice la moglie e i figli capisco, sempre sono stati privati di un marito di un genitore. Ma anche per una parte della sinistra Dc, non quella di base però, non è possibile che Moro sia stato ucciso da sinistra. Moro deve essere stato ucciso da destra e dall'imperialismo americano.
Lei porta ancora i segni della sofferenza di quei giorni
Quando io dico che ho concorso ad ammazzarlo è vero, anche se non sono un assassino. A differenza di altri io sapevo benissimo che la linea della fermezza, salvo un miracolo, avrebbe portato alla sua morte.
Lo pensava anche Andreotti?
Sì. Ma che sperava più di me.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
E Berlinguer?
Assolutamente.
In una lettera indirizzata a lei Moro evoca la ragione di Stato. Scrive così:"io mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato sottoposto ad un processo popolare che può essere opportunamente graduato…
Un momento, ecco l'inizio del riconoscimento. Lui trattava. Un processo popolare. Riconosce la legittimità popolare e democratica delle Br al processo.
"Che sono in questo Stato, avendo tutte le conoscenze e sensibilità che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole o pericolosa in determinate occasioni", Ecco, scrive Moro "il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità mentre un indiscutibile stato di necessità dovrebbe indurli a salvarli è inammissibile".
Esatto. Lui era un cattolico sociale e riteneva che contassero innanzitutto la società e la persona e che lo Stato fosse una sovrastruttura tecnica. E che lo Stato non potesse essere uno Stato di cui si doveva tutelare il prestigio.
È autentico il Moro che scrive così?
È autentico. E cerca di trattare con le Br.
Gli appelli che Moro fa alla al suo partito che effetto ebbero?
Beh, alla fine ebbero effetto, tanto è vero che loro uccidono Moro il giorno in cui forse, su proposta di Fanfani, la direzione del partito avrebbe convocato il Consiglio nazionale, e il Consiglio nazionale avrebbe votato per le trattative. E poi il Partito comunista si fidava solo di Andreotti e di me. Appena uscì la prima lettera di Moro Ugo Pecchioli, venne da me e mi disse: "Che Moro esca vivo o che Moro esca morto, dopo questa lettera Moro è per noi politicamente morto. E quando Andreotti, con il mio consenso, permise alla Dc, di cercare la strada di Amnesty International, la strada della Croce Rossa e così via, vennero nel mio studio Enrico Berlinguer e Pecchioli a dire: "Adesso basta".
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
In un'altra missiva che manda a lei, Moro entra nel merito della trattativa, addirittura indicando un Paese, l'Algeria, come possibile Paese che avrebbe potuto ospitare i terroristi di cui si chiedeva la liberazione. Questa strada fu concretamente esplorata?
Fu esplorata dal ministro della Giustizia di allora, che poi divenne presidente della Corte Costituzionale, ed era favorevolissimo Giovanni Leone. In una burrascosa riunione del comitato per l'informazione e la sicurezza, fu scartata con violenza da Carlo Donat Cattin, che non pensava neanche lontanamente che il figlio fosse di Prima Linea.
Trent'anni dopo. Poteva finire diversamente?
Se avessimo trattato e cioè avessimo riconosciuto soggettività politica alle Br, sarebbe saltato certamente il compromesso storico, Moro sarebbe uscito e avrebbe guidato una crociata anticomunista. Però avremmo sfasciato le forze di polizia che non avrebbero più creduto al potere politico.
In questo che lei dice pesa il fatto che cinque uomini della scorta erano stati uccisi?
Certo. E che la moglie di uno di questi aveva minacciato di darsi fuoco davanti a piazza del Gesù se noi avessimo fatto le trattative.
L'uccisione di Moro ha cambiato la storia d'Italia?
L'ha cambiata perché ha interrotto il compromesso storico. Perché Berlinguer credeva non alla Dc ma solo ad Aldo Moro. Dopo che fu ucciso Moro lui perse le amministrative, vinte dalla Dc perché era il partito del martire e perché nel immaginario collettivo le Br non erano verdi o bianche, erano rosse.
E questa è l'influenza più grande?
Sì. E lì Berlinguer compì forse due errori: aver fatto il compromesso storico troppo in fretta e averlo finito troppo in fretta.
Dove è continuato il suo dialogo con Moro in questi trent'anni?
In chiesa. Solo in chiesa.
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Unabomber. Chiuse le indagini, il lamierino fu manipolato
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Chiuse le indagini sulla presunta manomissione del lamierino recuperato su un ordigno attribuito a Unabomber, unica prova che avrebbe incastrato l'ingegnere Elvo Zornitta. Lo scrive il quotidiano 'La Nuova Venezia'. Nell'inchiesta è indagato l'allora responsabile del Laboratorio indagini criminalistiche della Procura lagunare, Ezio Zernar.
Secondo il quotidiano veneziano, Zernar dovrebbe rispondere di aver deteriorato un corpo di reato, di calunnia nei confronti di Elvo Zornitta e di aver scritto il falso. "L'esito dell'incidente probatorio svolto due mesi fa era inequivoco sul piano della materialità del fatto, che risulta assolutamente confermato: qualcuno nell'ambito del laboratorio anticrimine di Mestre ha sicuramente manipolato il reperto a danno dell'ingegner Zornitta", ha commentato l'avvocato Maurizio Paniz, legale di Zornitta
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Rotolo di vitello, alle pere
>>Da: annina
Messaggio 1 della discussione
Ci vuole della fesa di vitello (è una fettina di carne), abbastanza grande, tipo il diametro di un piatto piano, la si batte leggermente, poco poco, solo per uniformarla.
Vi si adagia sopra una fetta di mortadella, una o una e mezza, tanto da coprirla tutta.
Si mettono dei funghi porcini secchi, precedentemente rinvenuti in acqua tiepida e poi strizzati.
Si arrotola.
Si lega con lo spago da cucina.
In una padella/pirofila che potrà poi andare in forno, si mette olio e dell'aglio in camicia e si fa rosolare leggermente il rotolo.
Si toglie l'aglio
Si aggiungono delle pere a pezzettoni, con la buccia (no torsolo) - pere decana, quelle verdi e rosse.
Si irrora con abbondante vino rosso. A questo punto si mette il rosmarino.
Si lascia evaporare l'alcol per due minuti.
Poi tutto in forno.
Si serve togliendo lo spago e tagliandolo a rondelle. Con le sue pere.
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Firmiamo.it
>>Da: happygio
Messaggio 6 della discussione
Il comune di Vivaro della provincia di Pordenone, per abbattere i costi del canile muncipale, ha proposto di sopprimere i cani randagi dopo 1 anno di "permanenza" in modo da poter dimezzare i costi, a loro dire, alti!
Se siamo arrivati a questo punto, vuol dire che non c'è più rispetto per nessuno, neanche per gli animali, ormai la società attuale è sempre più soggetta al dio denaro a discapito dei rapporti umani e non!
c'e' da dire,comunque,che l'uccisione degli animali d'affezione in Italia e' illegale.Questo atto,quindi,oltre ad andare contro ogni moralita',va anche conttro la legge!
vi invito a firmare questa petizione,perche' non e' possibile che dei poveri cani,in ottima salute per lo piu',e magari in canile da tanti anni,vengano ammazzati solo perche' nella vita non sono stati fortunati http://www.firmiamo.it/nomassacrodeicaniavivaro#sign
>>Da: mariella
Messaggio 2 della discussione
Mi hai preceduta, lo stavo proponendo anche io.
>>Da: GORGON
Messaggio 3 della discussione
Pienamente d'accordo con l'iniziativa.
Ho appena firmato la petizione.
Ma visto che parli di iniziativa illeggitima potresti citare le leggi che violerebbe il canile?
Per completezza.
Grazie.
>>Da: Fabiano
Messaggio 4 della discussione
Spero li abbattano prima di un anno.
Non i cani, però.
>>Da: Lory
Messaggio 5 della discussione
Forse questa, Gorgon:
http://www.enpa.it/it/animali_e_legge/Legge_281.html
1. Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudelta' contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente
2. I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, non possono essere soppressi
Art. 4
Competenze dei comuni
1. I comuni, singoli o associati, e le comunita' montane provvedono al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi dei contributi destinati a tale finalita' dalla regione.
>>Da: Mirko
Messaggio 6 della discussione
Anziche' risolvere i problemi nascondiamo la polvere sotto il tappeto...
Belle idee idiote che vengono a certi individui.
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Arriva il nuovo 112 europeo per tutte le emergenze
>>Da: mariella
Messaggio 10 della discussione
Sicurezza, si cambia. E' in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro delle Comunicazioni Gentiloni che "costringe" la Polizia e i Carabinieri a una gestione congiunta degli Sos e delle richieste di aiuto. Per incendi, incidenti, fughe di gas, terrorismo. Anche se resta in vita il 113, questa novità organizzativa è un primo deciso passo verso il varo di una centrale unica di emergenza e verso un numero unico, che sarà il 112. Migliorano da subito le tecnologie. Chi chiama perché ferito, rapinato o testimone di una crisi sarà individuato sul territorio in 4 secondi. Si parte a Salerno, Torino e Reggio Emilia.
Una gestione congiunta, dunque. Oggi chi chiama il 112 entra in contatto con i Carabinieri; chi chiama il 113 parla con la Polizia. Ma le cose ora cambieranno. Il nuovo sistema mette al centro l'operatore di telefonia, quello che fa partire la chiamata di soccorso. E' l'operatore a sapere dove si trovano la persona ferita e il suo telefono (fisso o mobile). E' l'operatore a indirizzare, dunque, la chiamata verso un Centro operativo della Polizia oppure dei Carabinieri. Questo, in base alla vicinanza tra la persona nei guai e la struttura che può meglio soccorrerla.
Il nuovo servizio, che si conforma agli standard europei, migliora molto la localizzazione del chiamante, che funzionerà anche con i telefonini, italiani e stranieri. I tecnici del ministero hanno lavorato su due ipotesi.
Nella prima, il ferito chiama il 112 (o anche il 113), non sa dire dove si trova perché sta male, ma riesce a continuare la conversazione. In questo caso, il nuovo sistema informatico lo individuerà in 4 secondi, grazie al dialogo ultrarapido tra i computer del ministero dell'Interno e quelli degli operatori. Seconda ipotesi. Il ferito chiama, ma la linea cade. Le nuove dotazioni permettono all'operatore di richiamare il ferito sul cellulare nella speranza di individuarlo. Potrà richiamare anche se la telefonata in arrivo era anonima (tante persone programmano il telefonino per nascondere il numero al destinatario).
L'Italia è divisa in migliaia di "celle", pezzi di un puzzle. Il meccanismo di individuazione permette di sapere in quale delle tante celle si trovi il chiamante. Queste "celle" sono piccole nelle città, 4 o 500 metri quadrati. Mentre fuori città sono grandi anche qualche chilometro quadrato. In ogni caso, la novità ci voleva, visto che il 90% degli Sos parte da telefonino.
Il nuovo sistema è un regalo, intanto, ai turisti stranieri che dovrebbero trovare al telefono (poco alla volta, si spera) operatori poliglotti, che parlino l'inglese. E saranno intanto loro, i visitatori esteri, a privilegiare il 112, a sceglierlo nelle loro richieste di soccorso in Italia. Normale. Nei loro Paesi d'origine c'è spesso solo il 112.
Gli italiani - si suppone - continueranno a chiamare entrambi: il 112 come il 113. Ed anche il 115 dei Vigili del Fuoco o il 118 delle emergenze sanitarie, che restano tutti attivi, in questa fase (e sempre gratuiti). Dietro le quinte, però, prende corpo questa gestione unitaria di Polizia e Carabinieri. Basterà? Il ministero delle Comunicazioni è convinto che il decreto, il suo corposo allegato tecnico e le date di avvio del nuovo regime bastino a smontare le contestazioni europee. La Commissione di Bruxelles ha avviato una procedura d'infrazione accusando l'Italia per il mancato avvio del processo di unificazione. Certo, in prospettiva, l'Europa esigerà il definitivo salto verso il 112 come numero unico.
>>Da: Ilduca
Messaggio 2 della discussione
Mah,b asta che non diventi un sistema troppo macchinoso con te che devi premere il tasto giusto a una domanda di una voce computerizzata mentre ti brucia la casa.
>>Da: GORGON
Messaggio 3 della discussione
Rispondo a duca.
No, è l'operatore che gira immediatamente la chiamata a chi di dovere (ambulanza, carabinieri, pompieri e così via) ed eventualmente ti dice cosa fare nel frattempo.
Ci sono alcuni operatori del 118 che sono riusciti a far nascere un bambino solo "guidando" via telefono la persona che chiamava.
>>Da: Lory
Messaggio 4 della discussione
Mah, sinceramente preferivo i vecchi numeri almeno parlavo subito con chi di dovere senza passaggi inutili.
>>Da: Mirko
Messaggio 5 della discussione
Mi sembra buono. Speriamo che il frontend venga realizzato seriamente e con mezzi tecnici sufficienti al volume di chiamate previsto.
Mirko
>>Da: LA SFINGE
Messaggio 6 della discussione
Lory, da quanto ho capito, non ci sarà passaggio di linea tra centrali operative, ce ne sarà una soltanto che smisterà gli interventi tra i vari enti. Lo stesso operatore potrà allertare l'ambulanza o inviare una volante o l'autopompa dei pompieri fornendogli le coordinate esatte di dove ti trovi anche se te magari non lo sai.
>>Da: Adolfo
Messaggio 7 della discussione
Anche a me sembra una buona iniziativa; se penso alle 2-3 volte che ho chiamato il 113 dopo l'1 di notte e non ho ricevuto risposta... chissà perché il 112 dei carabinieri rispondeva sempre, poi.
A.
>>Da: Marianna
Messaggio 8 della discussione
Ritengo l'inziativa altamente positiva. Sperando che dall'altro capo ci sia personale qualificato.
>>Da: boleropersempre
Messaggio 9 della discussione
Non ti preoccupare, Marianna, ci andranno a lavorare tutti i nuovi ingegneri voluti da Prodi......
>>Da: Graffio
Messaggio 10 della discussione
E come funziona?
112...
driiinn... driiiiinn... "Benvenuto nel Servizio Clienti dello Stato Italiano, la preghiamo di restare in linea"
"..."
"Prego selezioni 1 se vuole chiamare la polizia, 2 se vuole chiamare i pompieri. Nel caso in cui stia subendo una rapina, prema 3. Se fosse in pericolo di vita, invece, prema 4. Le ricordiamo che può tornare al menù principale premendo il tasto 0"
"4!!!"
"Ora la preghiamo di inserire il suo codice fiscale di 16 cifre seguito dal tasto cancelletto"
"FAHH123GDASJK31321#"
"Attenzione, il suo codice non è stato correttamente digitato. La preghiamo di riprovare"
"GDAIGD21219648921T#"
"Attendere prego... la sua chiamata è stata registrata. La preghiamo di restare in linea per non perdere la priorità acquisita. Un nostro operatore le risponderà entro 7 minuti. Nel frattempo, le ricordiamo che, chiamando il numero a pagamento 199xxxxx potrà saltare tutte le code ai servizi clienti..."
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Repubblica merita il premio rosicone d'oro 2008
>>Da: Ilduca
Messaggio 2 della discussione
Repubblica data la sconfitta certa ha trovato come dar lo stesso entusiasmo, parla di voto alla Camera nettamente di destra dove votano anche i giovani, ma al Senato secondo Repubblica il distacco è solo di 4.7%
perchè lì votano tutti tranne i giovani dai 18 ai 25
Insomma 2 anni fa tutti i giovani erano di sinistra adesso sono tutti di destra..AHAHAHAH!
>>Da: Marianna
Messaggio 2 della discussione
Digis per Sky: scarto Pdl- Pd a 9, 2%!!!
Sondaggio, Berlusconi- Lega- Mpa a 45, 9%, Veltroni- Idv a 36, 7%
Pdl-Lega-Mpa al 45,9%, Pd-Idv al 36,7%: lo scarto sale a +9,2% (+1,9% rispetto alla rilevazione del 2/3), secondo Digis (per Sky tg24). 'Il Pd di Veltroni sconta (-1,1%) la settimana di polemiche interne. Stabile Di Pietro al 3,3% (-0,1%). Il Pdl sale al 41,1% (+0,8%). Stabili Lega (4,6%), Movimento per l'Autonomia di Lombardo (0,2%). Al 7% (+0,1%) la nuova Unione di Centro. Scompare l'Udeur. Recuperano P.Socialista (+0,3%), Sinistra Arcobaleno (+0,6%). Stabile La Destra 1,5% (+0,2%)'.
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Report sulla Campania
>>Da: GORGON
Messaggio 5 della discussione
Impressionante lo sfacelo di quella terra. Hanno inquadrato benissimo il vorticoso giro di denaro che viene letteralmente buttato via, tra aziende che dovrebbero fare bonifiche e non ne completano nessuna e assunzioni di operai che passano la giornata a far nulla perche' non ci sono i mezzi. Amarissima quella del DVD fatto dagli operai con le loro foto durante il lavoro mentre prendono il sole, giocano a carte o si fanno l'impepata di cozze.
Un autentico disastro morale collettivo. Un disastro praticamente che non lascia alcuna speranza. Se abitassi li', vorrei emigrare all'istante.
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 2 della discussione
Io sono rimasto sconvolto.
300 persone pagate per 5 anni, e nessuno di loro ha veramente lavorato 1 ora.. cioè boh, poi vedi che diamo all'olio usato una nuova vita e ti chiedi se fanno parte della stessa nazione .... folle proprio.
>>Da: Fabiano
Messaggio 3 della discussione
A me ha colpito una cosa:
In tutto questo squallore, l'Italia eccele in un campo solo, la rigenerazione degli olii usati grazie a una tecnologia sviluppata sotto il fascismo, quando evidentemente l'obiettivo di una politica per era il bene della Patria,come si diceva con la retorica di allora, ossia rendere un servizio alla collettività, come si direbbe con la retorica di oggi.
Per contro, con la repubblica,una politica "p" ha l'obiettivo di promuovere gli interessi della fazione x, della clientela elettorale y, della casta di potere z;
a perderci,è sempre l'Italia,si parli di euro, di munnezza o di Alitalia.
Questa repubblica è marcia fino al midollo.
Parlando con una amica figlia di un funzionario dei VVFF, mi diceva che nei primi anni '90 la prevenzione di CC e VVFF in divisa e in borghese vicino e dentro alle discoteche funzionava: si spacciava meno, girava meno roba nei locali, diversi locali vennero chiusi.
Al punto tale che vennero fatte pressioni politiche, ed il governo D'Alema decise di abolire il servizio, mentre la Bindi ministro della salute liquidava in una intervista l'ecstasy come praticamente innocua "..cosa volete che sia una mezza pasticchina".
Chi si oppose a tale politica venne trasferito.
Questo mi diceva questa amica.
Qualcuno può confermare questa versione sulla politica di prevenzione del consumo delle droghe negli anni '90?
Così stando le cose, la repubblica è marcia fino al midollo.
Rendiamocene conto.
>>Da: Marianna
Messaggio 4 della discussione
Due donne si danno fuoco per protesta http://it.youtube.com/watch?v=TnWIgEcOzx0 Terrificante!
>>Da: Graffio
Messaggio 5 della discussione
Ma come si fa a darsi fuoco per la munnezza?
Io non ce la faccio più a sentir parlare di munnezza Campana invece: ho ben altri problemi per la testa che preoccuparmi della munnezza che non si sanno smaltire. Li abbiamo aiutati con fiumi di soldi che sono finiti nel cesso: io la mia parte l'ho fatta tutta attraverso quei contributi, ora non me ne frega più niente. Il problema ora se lo risolvano loro con i LORO SOLDI se vogliono, altrimenti facciano pure crescere montagne di rifiuti alte quanto l'Everest.
Lo Stato deve impegnare le risorse nelle pensioni, nel ridurre le tasse e per aumentare in generale il potere d'acquisto degli italiani dato che siamo in piena emergenza, altro che munnezza campana.
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Messa shock: prete usa bara per "educare" i bambini
>>Da: Marianna
Messaggio 3 della discussione
Don Gianluca Santini: «Grandi o piccoli finiremo tutti qui dentro»
Una bara collocata davanti all'altare durante la messa dedicata ai bambini della prima confessione. Un segno forte, macabro e choccante, quello scelto dal co-parroco dell'Unità pastorale di Cinto, don Gianluca Santini, per parlare di vita durante la messa della domenica.
Probabilmente devono aver pensato di aver sbagliato celebrazione i tanti fedeli che alle 9.30 sono andati a messa a Valnogaredo. Come ogni domenica c'erano tanti parrocchiani, ma c'erano anche tutti i bambini della terza elementare, che sabato pomeriggio si erano avvicinati per la prima volta al sacramento della confessione. Sono arrivati in chiesa accompagnati dai genitori, trovandosi subito davanti una bara chiusa, messa davanti all'altare. Un impatto inusuale e per certi aspetti sconvolgente, accompagnato da un inevitabile mormorio di sottofondo durato tutta la prima parte della celebrazione. Curiosità mescolata ai più svariati commenti.
Nessun morto, nessun funerale. La bara era messa in posizione rovescia rispetto a quanto avviene di solito e il coperchio era soltanto appoggiato. Le risposte alle domande dei fedeli increduli e stupiti sono arrivate al momento dell'omelia, quando don Gianluca, avvicinandosi con il microfono alla bara, ha esordito: «In questa messa si accettano scommesse...».
Dopo qualche istante di silenzio, il sacerdote ha lanciato un invito, dicendo: «Provate a pensare che cosa ci può essere all'interno di questo contenitore». I bambini della prima fila, nella loro ingenuità, hanno risposto subito, quasi divertiti: «C'è un morto». Gli adulti, un po' meno divertiti, hanno invece evitato di dare una risposta.
Il sacerdote è rimasto per qualche minuto a parlare con i ragazzini, con le mani appoggiate a quella bara che sembrava quasi un pulpito. Alla fine, tra lo sconcerto generale, ha alzato il coperchio della cassa, lo ha appoggiato sui gradini dell'altare e ha estratto dalla bara un vaso di fiori. Lo ha mostrati ai fedeli, dicendo: «Dentro a questa bara c'è la vita».
Nella domenica in cui il Vangelo parlava della resurrezione di Lazzaro, dunque, il parroco di Cinto ha scelto uno dei simboli della morte per parlare della vita. E ha aggiunto, indicando quella bara aperta: «Prima o dopo, grandi o piccoli, finiremo qui dentro». «Non si deve riflettere sul valore della vita solo quando si va a un funerale - ha spiegato al termine della messa - dobbiamo farlo ogni giorno». Indubbiamente, don Gianluca è riuscito a far riflettere i suoi fedeli, che se ne sono andati sbalorditi, stringendo i loro piccoli.
Che ne pensate?
Considerate sia utile all'educazione cristiana la trovata di don Santini oppure per voi l'omelia del parroco di Cinto Euganeo è solo uno choc che può turbare i bambini?
Per me la seconda.
>>Da: boleropersempre
Messaggio 2 della discussione
Secondo me questo prete lavora anche per qualche pompa funebre..
>>Da: Graffio
Messaggio 3 della discussione
Azzardato, sicuramente fuori luogo visto a chi era indirizzata la messa, ma sicuramente coraggioso e efficace il messaggio.
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Scandalo. Voi ne sapete qualcosa?
>>Da: happygio
Messaggio 1 della discussione
Mi arriva questa comunicazione e mi chiedono se in internet si conosce qualche particolare in più?
Ringrazio chi mi risponderà..... "La scelta della data del 13 aprile per il voto in alternativa a
quella del 6 di aprile può apparire casuale ma non lo è affatto: votando
il 6 aprile, infatti, i parlamentari alla prima legislatura non
rieletti non avrebbero maturato la pensione, votando invece come stabilito dal
Consiglio dei Ministri il 13 aprile, ovvero una settimana dopo,
acquisiranno la pensione''.
''E poi parlano di voler fare l'election day per ridurre i costi della politica !! Ben altri sa ranno i costi di queste pensioni, non solo in meri termini quantitativi, ma anche per il messaggio dato al Paese, perché questo è il tipico esempio di come fatta la legge viene subito trovato l'inganno''.
MORALE DELLA FAVOLA 300.000.000 DI COSTI PER QUESTI POLITICI CHE DOPO POCHISSIMI MESI SENZA FAR NULLA GIA' HANNO UNA PENSIONE DI PLATINO ALLA FACCIA DEI PENSIONATI CHE DOPO UNA VITA DI LAVORO ADESSO PER MANGIARE RACCATTANO LA VERDURA RIMASTA A TERRA NEI MERCATI
I TG CORROTTI E PREZZOLATI NON LO DICONO, I GIORNALI NEMMENO, SOLO INTERNET PERMETTE DI CONOSCERE QUESTA SCHIFEZZA.
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Bologna: piovono carrelli dal cielo
>>Da: boleropersempre
Messaggio 3 della discussione
In un supermercato, aperta una inchiesta
Dopo i sassi dal cavalcavia, ora piovono i carrelli dal tetto del supermercato: é accaduto a Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, dove un automobilista si é visto arrivare dall´alto un carrello della spesa che solo per un soffio non ha centrato l´auto. il lancio é stato immortalato dal video dell´impianto di sicurezza del Centro commerciale e la procura ha aperto un´inchiesta sull´accaduto.
Ieri Prodi é morto politicamente. Lo ha fatto per noi....
Io parlerei di miracolo post mortem!!!!!
>>Da: Graffio
Messaggio 2 della discussione
Carrello COOP, naturalmente!
>>Da: felice
Messaggio 3 della discussione
Se fra 20 anni avrà le unghie perfette lo faranno santo...!
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Lotito: io fuori dalle liste PDL, dentro mangioni e zoccole
>>Da: boleropersempre
Messaggio 2 della discussione
Intervista della 'Stampa' al presidente della Lazio: "Farei bene all'Economia, ma anche all'Interno". Senato blindato dai big. Rientra Frattini, tra i volti nuovi Riello, Speciale, Barbareschi e Ciarrapico e il direttore di QN e Il Resto del Carlino Mazzuca
Roma, 10 marzo 2008 - Da 'La Stampa' l'intervista a Claudio Lotito.
"Io non pensavo di candidarmi però mi hanno raccontato una cosa che non mi è piaciuta: quando qualcuno ha fatto il mio nome c’è stato chi ha detto di no, accampando la scusa che una mia candidatura avrebbe fatto schierare i romanisti contro la Pdl. Alla fine però hanno candidato Ciarrapico, un ex-presidente della Roma che ha ottant’anni suonati. Ma su!...”.
L'unica cosa che può fare Lotito è andare al water...
>>Da: Graffio
Messaggio 2 della discussione
Azz parla Lotito che ha costruito il suo impero con gli appalti della regione Lazio.
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Le promesse di Uolter e i fatti di Prodi
>>Da: boleropersempre
Messaggio 3 della discussione
Quando Montezemolo qualche giorno fa l'aveva chiesto a Prodi, questi aveva risposto di no, figuriamoci se mollano soldi o tesoretti vari, che devono servire a ben altro.
Pochi giorni dopo, spuntano le solite PROMESSE di Uolter: ma perchè promettere per domani quello che non hai voluto dare oggi?
Ma chi ci crede più?
Veltroni: "Usare fondi Inail per sostenere famiglie"
"Utilizzare i fondi dell'Inail per sostenere le famiglie, aumentando gli indennizzi e aggiornando le tabelle delle malattie professionali". Lo afferma il canditato premier del Partito democratico, Walter Veltroni, intervenendo all'incontro con l'Amnil sulla sicurezza del lavoro.
>>Da: Graffio
Messaggio 2 della discussione
Sono solo cialtroni.
>>Da: felice
Messaggio 3 della discussione
Non fanno però promettono di fare
Una volta eletti fanno esattamente il contrario
Questa è la sinistra, poi dicono che non è vero che i programmi elettorali di 280 pagine e passa sono carta straccia
Esempio:
Prodi promette il bonus bebè nel 2006
Una volta eletto invece di dare soldi alle famiglie, glieli toglie diminuendo le detrazioni fiscali per i figli, Veltroni in campagna elettorale ripromette un bonus bebè ancora più ricco
Supponiamo che per assurdo vinca le elezioni, cosa farà?
1) Darà quanto promesso agli italiani
2) "Cari italiani, la crisi, la recessione, i conti pubblici lasciati in disordine dalla gestione dissennata del precedente governo dell'imperatore Caligola non ci consentono riduzioni fiscali, anzi dobbiamo alzare un pochino le tasse"
3) Se nel corso dei 5 anni recuperemo almeno 500 miliardi di euro dall'evasione fiscale, prima delle elezioni del 2013 daremo un bonus una tantum di 100 euro a figlio ma solo per nuclei familiari con 10 persone a carico e con reddito inferiore a 5000 euro annui.
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Elezioni: Bossi, "Ciarrapico faccia un passo indietro
>>Da: Graffio
Messaggio 3 della discussione
E' opportuno che Ciarrapico faccia un passo indietro se non vuole danneggiare la coalizione".
Cosi' il leader della Lega Umberto Bossi
Bossi ha perfettamente ragione, secondo me.
>>Da: felice
Messaggio 2 della discussione
''Silvio Berlusconi ha scelto per le sue liste Ciarrapico che oggi su 'Repubblica' rivendica di essere stato e di essere un fascista. E' inquietante leggere parole come quelle che oggi pronuncia, con una insopportabile leggerezza, un candidato al Parlamento''. Lo afferma Alfredo Reichlin, dirigente del Pd, che ha presieduto la commissione per il Manifesto dei valori del Partito democratico. ''La prova -aggiunge Reichlin- che non e' possibile abbassare la guardia sui valori e sui principi su cui si fonda la nostra Repubblica. La prova che e' ancora necessario, oggi piu' che mai, rinnovare la memoria su cio' che il fascismo ha significato per il nostro Paese. E' un messaggio che con voce alta e' necessario arrivi soprattutto ai piu' giovani, affinche' esternazioni come quelle di Ciarrapico non passino come nulla fosse''.
Invece di pensare ai fasisti, pensassero alla mondezza.
Quando Bertinotti, Diliberto, Caruso & C abiureranno il comunismo, allora Ciarrapico abiuri il fascismo.
Non prima.
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Unifil, un silenzio colpevole
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Dossier sul Libano consegnato da Israele all’Onu: Hezbollah pronti alla guerra
di Michael Sfaradi
La risoluzione Onu 1701 impose il cessate il fuoco fra Israele ed Hezbollah e mise fine alla guerra che infiammò il Libano lo scorso anno. Israele doveva ritirare tutte le truppe presenti sul territorio libanese ed Hezbollah disarmarsi e restituire i soldati israeliani rapiti. L’azione militare che Israele intraprese in Libano, che poi degenerò in guerra aperta, fu la conseguenza di un attacco che Hezbollah fece in territorio israeliano, azione dove diversi soldati israeliani furono uccisi ed altri rapiti, ancora dispersi in azione. Quando la risoluzione 1701 entrò in vigore Israele ritirò le sue truppe dal terreno e, alcune nazioni fra le quali la Francia e l’Italia, si resero garanti dell’effettivo disarmo delle milizie sciite. A tal fine inviarono in pompa magna ingenti forze militari che si aggregarono alle truppe Unifil già presenti in zona. Qualcuno si ricorderà il gommone con gli otto legionari che entrò, fra gli sguardi incuriositi dei pescatori, nel porto di Beirut con una bandiera francese che per le dimensioni che aveva poteva andar bene issata su di un incrociatore e, sono sicuro, in molti ricorderanno la farsa dello sbarco in grande stile, con dispiego di uomini e mezzi, che fecero i Lagunari ed il San Marco nei pressi di Tiro in diretta Rai. Sembrava di essere sul set di “Salvate il soldato Ryan”, mancava solo Spielberg alla regia.
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Eta e Farc, ci sono prove di alleanza
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Dimitri Buffa
Anche gli uomini dell’Eta hanno trovato rifugio nella giungla controllata dalle Farc colombiane. Il computer di Raul Reyes, uno dei capi terroristi ucciso nella giungla dell’Ecuador lo scorso sabato, si sta rivelando una vera miniera di informazioni. L’ultima, corredata con scatti digitali, è di ieri: nell’accampamento di Reyes avrebbero trovato ospitalità due grossi latitanti del movimento Euskadi Batasuna. Si tratta di Walter Wendelin e Inaki Gil de San Vicente, entrambi ricercati dalla polizia spagnola da anni. Nella foto appaiono con barbe alla Marx. Sempre ieri, i media colombiani hanno annunciato l’uccisione di un altro dei leader delle Farc, Ivan Rios.
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Strage a Gerusalemme l’Onu non la condanna
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
La Libia blocca una risoluzione contro l’eccidio degli studenti ebrei
di Dimitri Buffa
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu giovedì sera è riuscito nell’impresa di non trovare un accordo su un testo di condanna dell’attentato terroristico palestinese contro la scuola ebraica Merkaz Harav di Gerusalemme. A bloccare la risoluzione di condanna la Libia, membro a rotazione dell’organismo internazionale dopo lo sdoganamento di Gheddafi voluto dagli Usa come premio per i risarcimenti ottenuti dalle vittime dell’attentato terroristico di Lockerbie e per le prese di distanza del rais libico dal terrorismo islamico dopo l’11 settembre. Il presidente di turno Vitaly Churkin, ambasciatore russo all’Onu, ha reso noto che al termine di due ore di riunione a porte chiuse non è stato possibile raggiungere il consenso su un testo condiviso. “Noi, delegazione russa, lamentiamo il fatto che il Consiglio non sia stato in grado di condannare l’episodio che - ha detto Churkin - è stato un chiaro attacco terroristico”. Ma questa dichiarazione sembra solo essere la classica pezza peggiore del buco. Dopo la fine della riunione, l’ambasciatore israeliano all’Onu, Dan Gillerman, ha esplicitamente condannato l’opposizione della Libia all’approvazione della dichiarazione, dicendo ai giornalisti che il “Consiglio di Sicurezza è infiltrato da terroristi”. “Si tratta di un paese che ha prodotto Lockerbie”, ha poi spiegato Gillermann, riferendosi all’abbattimento nel 1989 del volo PanAm 103 sui cieli della Scozia, che fece oltre 200 morti.
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Piccole imprese - Nel 2007 in affanno l’export artigiano
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Ugo Zanotto
Con il 2008 rischia di fermarsi la crescita del fatturato medio dovuto all’export delle imprese artigiane; siamo ancora in “campo” positivo, ma i ritmi sono molto meno sostenuti che in passato. Lo prevede un’indagine della Confartigianato del Veneto, condotta su un panel di imprese manifatturiere della regione con meno di 9 addetti. L’anno scorso si è concluso, per le piccole imprese del Veneto, con un incremento dell’export di appena 0,5 punti percentuali. Valore che quest’anno scenderà ulteriormente a +0,3%. “Siamo veramente preoccupati - commenta Vendemiano Sartor, Presidente Confartigianato del Veneto - per questo trend in calo dell’export delle nostre imprese, che per giunta prosegue da ben tre anni e che quindi solo in parte può essere spiegato dal recente forte apprezzamento dell’euro nei mercati monetari internazionali”.
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VICENZA, LA CORSA ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Sartori scende in campo e Variati perde pezzi
di Michele Padoan
Lia Sartori, eurodeputata di Forza Italia, è la candidata sindaco del centro-destra alle prossime elezioni comunali di Vicenza. Nel pomeriggio di mercoledì l’onorevole Sartori ha tenuto una conferenza stampa allargata: con lei uno “schieramento tutto politico” rappresentato dal senatore, segretario provinciale della Lega Nord, Paolo Franco e dal deputato leghista, Alberto Filippi, assieme all’eurodeputato e segretario provinciale di An, Sergio Berlato, con il coordinatore del Popolo della Libertà, Graziano Meneghini.
Lia Sartori è nata nel vicentino, a Valdastico, laureata, è stata la più giovane donna consigliere regionale, poi assessore e vice Presidente della Giunta regionale del Veneto. E’ parlamentare europeo da due legislature. Nel corso della conferenza stampa Sartori ha affrontato tutti i temi caldi della città: dal futuro della municipalizzata Aim al Dal Molin, ma ha insistito dicendo: “Al primo posto della mia amministrazione ci sarà la qualità della vita di ogni singolo cittadino di Vicenza. Per tutti: quelli del Centro-storico e quelli degli altri quartieri, per i cittadini avvantaggiati e per quelli svantaggiati. Viviamo in una città tra le più avanzate d’Europa e credo che abbiamo il dovere - ma dobbiamo avere anche l’ambizione - di porci l’obiettivo di una vita migliore, veramente, per tutti.”
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MANUALE DELL’ISTITUTO BRUNO LEONI AD USO DEI RIFORMATORI FUTURI
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Programma economico liberista
Trasformare la Finanziaria in semplice legge di bilancio, semplificare la tassazione in tre aliquote. Esenzione fiscale al Sud e flat tax al 10% per gli stranieri residenti nel Mezzogiorno
di Carlo Lottieri
Potremmo definirlo un programma in cerca di interpreti. Il “manuale per le riforme” dell’Istituto Bruno Leoni è insomma l’opposto delle promesse elettorali, utilizzate solo per attrarre voti. Quello dell’Ibl vuole invece essere uno strumento per chi, tra poche settimane, erediterà l’Italia di Romano Prodi e dovrà fare tutto il possibile per ridare slancio a un’economia in difficoltà. Realizzato da un pool di studiosi (in parte ricercatori dell’Istituto, in parte esperti di fama: da Michele Tiraboschi a Ugo Arrigo, da Giuliano Cazzola a Giuseppe Pennini, per limitarsi a citare solo qualche nome), il manuale offre un’ampia rappresentazione delle riforme liberiste di cui l’Italia avrebbe bisogno. In primo luogo, il bilancio. Per l’Ibl è indispensabile abolire quel provvedimento omnibus che è la finanziaria, trasformandola in una semplice legge di bilancio, che indichi l’insieme delle entrate e delle uscite e non sia più l’occasione per “assalti alla diligenza”. Ed è egualmente indispensabile abbassare e semplificare la tassazione, adottando – questa è la proposta del manuale – sole tre aliquote: 20% da 8 mila euro a 20 mila euro, 25% fino a 70 mila euro, 33% oltre i 70 mila.
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Clemente Mastella è vivo e lotta insieme a noi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Il re di Ceppaloni è lontano dalla pensione: pensa alle Regionali del prossimo anno
di Francesco Blasilli
Se qualcuno pensa di essersi liberato per sempre di Mastella, si sbaglia di grosso. “Sono convinto che su Mastella non calerà il sipario”, dice l’esponente del Pd marco Follini, ed è facile pensare che abbia ragione. Sbaglia Beppe Grillo che sul suo blog gli dedica una poesia liberamente tratta da Ugo Foscolo, “In morte del fratello Clemente”. Mastella è vivo e lotta insieme a noi. Si è solo preso un anno sabbatico. Certo, anche lui come i socialisti è stato tradito da tutti. In primis da Berlusconi, perché dopo aver accolto il Cavaliere come un re alla festa dell’Udeur a Telese e – soprattutto – dopo avergli consegnato su un piatto d’argento la testa di Prodi, si aspettava qualche poltrona riservata a quelli di Ceppaloni. Ma Berlusconi ha fatto bene i suoi conti e ha lasciato a terra il buon Clemente che secondo oltre il 93% degli italiani (sondaggio di Corriere.it) ha fatto bene a togliersi dalle scatole.
Ed allora è arrivato un altro tradimento, quello dei suoi: tutti scappati. Nell’Udeur sono rimasti solo lui e Fabris, l’unico ancora al fianco del capitano mentre la nave affonda (anche se si era parlato di una sua transumanza in Forza Italia, subito smentita dal Governatore Veneto Galan). A questo punto, Mastella si è ritirato. Perché non poteva fare altrimenti: senza ciurma nel mare in tempesta e con la soglia del 4% assolutamente impossibile da superare. Meglio allora gettare la spugna. Certo poteva fare come i Socialisti, ma lui di farsi massacrare proprio non aveva voglia: nel settore aveva già dato negli ultimi tempi.
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Intervista a Maurizio Sacconi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Solo la prevenzione può ridurre le morti bianche
di Traiano Bertollini
Il provvedimento sulla sicurezza del lavoro, deciso dal Consiglio dei ministri per dare una risposta politica al continuo ripetersi di gravi infortuni a danno dei lavoratori, nonostante la lunga gestazione durata nove mesi, ha finito per scontentare un po’ tutti i soggetti interessati dal decreto. Il clima elettorale ha contribuito ad acuire il confronto tra le parti e la scelta di inasprire ulteriormente le pene ha incontrato la forte contrapposizione di Confidustria, che tramite il suo vicepresidente Bombassei, ha chiesto a più riprese di prevedere sanzioni effettivamente proporzionate alla mancanza e non un generale giro di vite delle norme in un’ottica restrittiva e punitiva, come invece richiesto a gran voce dalla sinistra e dallo stesso ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Divisioni si sono registrate anche all’interno dello stesso esecutivo, vedi il caso del ministro Emma Bonino, più vicina alle posizioni degli imprenditori e schierata con quanti si dicono propensi ad un’intensificazione dei controlli, piuttosto che ad un inasprimento delle pene.
Leggendo le dichiarazioni rilasciate dopo il varo del decreto dagli esponenti politici, dai rappresentanti dei lavoratori e delle imprese grandi e piccole, appare evidente che la strada da percorrere per coniugare competività e sicurezza, con il consenso di tutte le parti interessate, rimane ancora lunga e tortuosa. Il senatore azzurro Maurizio Sacconi, membro della commissione permanente Lavoro e previdenza sociale, in tutti i suoi interventi sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha evidenziato la necessità di ottenere la massima convergenza tra le parti sociali ed esecutivo e proprio questa assenza di unanimità ha determinato il suo giudizio negativo sul provvedimento deciso dal governo.
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Il sacrificio di Boselli, l’ultimo dei samurai
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
E il leader dei socialisti contro tutto e tutti, se la prende con Veltroni, Berlusconi e Pannella
di Francesco Blasilli
Questa campagna elettorale passerà alla storia come quella della rivolta del popolo dei nanetti. I quali, dopo essere stati i grandi protagonisti dell’ultima infelice legislatura, adesso si trovano decisamente a disagio nel ruolo marginale in cui sono stati relegati. Ed allora nascono le alleanze più improbabili, tipo estrema destra + estrema sinistra, per protestare contro lo strapotere nei media di Berlusconi e Veltroni. Una protesta quantomeno bizzarra, perché il mercato della comunicazione ha le stesse regole del mercato economico: chi più vende, più guadagna. Allora siccome Berlusconi e Veltroni hanno più elettori, loro vanno in tv. Gli altri si arrangino. Tra le forme di protesta messe in atto da nanetti, merita una menzione quella del leader dei socialisti Enrico Boselli che, finalmente ospite di “Porta a Porta”, dopo dieci minuti si è alzato e se ne è andato, “perché questa è una campagna che si svolge con regole truccate”. Una piccola bugia, questa, perché come detto le regole di questa campagna sono quelle del mercato. Ma Boselli, a differenza di altri, non protesta solo contro la carenza di spazi televisi (“anche se negli ultimi due mesi non, sono mai stato invitato in nessuna trasmissione nazionale – dice – i socialisti sono stati cancellati dalla campagna elettorale”) lui protesta contro un sistema politico che vuole mettere da parte i socialisti.
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Il dolore di D’Alema e Mantovani solidali con le Farc
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Roberto Lovari
In questi giorni le vicende della crisi tra la Colombia e il duetto Venezuela – Ecuador hanno fornito prove ulteriori di quali incredibili idee abbiano la sinistra radicale di Bertinotti e il nuovo Partito Democratico. Ramon Mantovani, deputato uscente di Rifondazione Comunista, spende quasi una pagina intera del giornale del suo partito, Liberazione, per celebrare e commemorare la morte di Raul Reyes, numero due delle Farc. Liberazione, nel continuare l’articolo di Mantovani, scrive: “Il ricordo di Mantovani dopo l’uccisione del capo guerrigliero da parte di sicari di Uribe”. Si potrebbe dire che Mantovani si è mantenuto sulla linea che il presidente della Camera Bertinotti ha tracciato nel suo ultimo viaggio in Sud America, di sostegno al terzetto Chavez – Correa – Morales e al loro alleato occulto, le Farc. Ma se Mantovani è un “gruppettaro” in via di pensionamento, non dovrebbe essere ricandidato, ben diverse sono le dichiarazioni del ministro degli Esteri in carica Massimo D’Alema. Dall’Agenzia “ansalatina.com.br” del 3 marzo apprendiamo che il capo della Farnesina dichiara: “L’operazione militare (della Colombia) eseguita in territorio esterno ci colpisce profondamente e ci lascia perplessi e preoccupati”.
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Fouad Allam l’escluso nel Pd
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Dimitri Buffa
“Comincio a credere che il Pd sia un partito trompe l’oeil”. Parola di Khaled Fouad Allam. Destinatario ufficiale del rimbrotto? Romano Prodi, presidente e garante del nuovo Partito Democratico di Walter Veltroni. Dopo le prese di posizione anti Pd del Partito degli immigrati di Moustapha Mansouri e l’esclusione dalle liste “bettiniane” di due personalità di colore molto note a Roma, Ali Baba Faye, responsabile nazionale immigrazione e coordinatore del Forum “Fratelli d’Italia” dei Ds, nonché uno dei firmatari del Manifesto per l’Islam moderato, e l’assessore alle politiche giovanili della ex giunta Veltroni, Jean Leonard Touadì, un cervellone che mezza Europa ci invidia e che verrà forse ripescato da Di Pietro, ieri è esploso anche il caso dell’ex deputato della Margherita, l’algerino Khaled Fouad Allam. Fatto fuori in zona Cesarini dal solito metodo di Goffredo Bettini che sembra avere rifatto una specie di lista “beautiful” a livello Nazionale, “scordandosi tutti o quasi tutti gli immigrati che facevano politica con i Ds”. Fouad Allam, sociologo algerino mussulmano noto per le proprie posizioni di dialogo con gli altri due monoteismi e amico dichiarato di Israele, ieri ha anche tenuto una conferenza stampa alla Camera per dirne quattro ai “signori delle liste”.
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Mastella e Boselli - Le vittime del bipartitismo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Arturo Diaconale
Si dice che la decisione di Clemente Mastella di non ricandidarsi e quella di Enrico Boselli di impegnarsi nell’ultima e disperata carica del Partito Socialista Italiano, siano le due due facce di una stessa medaglia. Cioè i due diversi modi di interpretare un comune fallimento. Quello dei democristiani e dei socialisti che dopo essere sopravvissuti negli anni di bipolarismo ondeggiando furbescamente tra i due schieramenti sono ormai finiti nella morsa del bipartitismo e si apprestano a fare la fine dei vasi di coccio tra quelli di ferro. In apparenza è così. Ma nella sostanza la sorte che sembra essere riservata a Mastella appare diversa da quella di Boselli. Il primo esce di scena. Ma, a parte l’eventualità di piazzare quattro dei suoi tra le fila del Pdl, lo fa con l’intenzione di applicare la regola “del soldato che fugge è buono un’altra volta”. Il secondo non si ritira e, con una campagna elettorale impostata sui gesti clamorosi di rottura e di denuncia, si arrocca attorno alla propria bandiera in una battaglia che essendo perduta in partenza sembra indicare come l’unico obbiettivo del Psi sia quello della bella morte. La differenza tra i due è sostanziale. Il leader dell’Udeur non rinuncia a trovare uno spazio, sia pure ridotto, all’interno del prossimo bipartitismo. Pensa alle prossime amministrative in Campania, in primo luogo le regionali. E si prepara a giocare le sue carte di possibile ago della bilancia dei futuri equilibri politici a Napoli ed in altre zone del Meridione. Per Mastella, in altri termini, la decisione di non partecipare alle prossime elezioni politiche non è solo una rinuncia ma anche una opportunità.
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Prodi in ritirata
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
L’idea che Prodi si ritiri dalla vita politica è patetica, ma significativa. Fallito per la seconda volta, rinnegato dai suoi, dimenticato da chi gli fu vice, con Prodi esce di scena l’interprete, a sinistra, del berlusconismo formale. Berlusconi inventò la coalizione disomogenea, quella del “tutti contro gli altri”. Prodi è l’unico ad averla saputa utilizzare contro di lui, vincendo due volte. Con quello schema si è giocato per quattordici anni, pur essendo finito da ben prima.
Lo schema nuovo, però, non può essere quello del bipartitismo senza partiti, quali non sono né il Pd né il Pdl. La vecchia partita finisce senza un risultato, o con tutti sconfitti. Ma la nuova inizia senza che i giocatori abbiano identità politica. E ciò significa che non durerà, se non nell’immobilità perpetua. Detto in maniera più diretta: le culture e le posizioni politiche devono essere ripensate e rifondate, perché il vecchio s’è esaurito, ma il nuovo non si vede ancora.
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In corteo per un presunto assassino
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
E’ capitato più volte, in un non lontano passato, vedere sfilare cortei che reclamavano la liberazione di “compagni” o “camerati” che si supponeva fossero stati carcerati da una giustizia ideologia e “di classe”. Alcuni di quei detenuti si proclamavano “prigionieri politici” a significare che non si sentivano perseguiti per reati specifici, ma perseguitati per le loro idee. In molti casi si trattava di assassini e criminali meritevoli di stare e restare in galera. Nell’Italia di oggi abbiamo assistito a cortei, con il parroco in testa, che chiedono la liberazione di maestre d’asilo, accusate di pedofilia. Ora c’è anche il corteo di Gravina di Puglia, per ricordare due bambini morti e chiedere la liberazione del loro padre, accusato del duplice omicidio. Ci pensino, i tanti giustizialisti italiani: la piazza è, solitamente, forcaiola, se si riempie per chiedere liberazioni è segno che nella giustizia non ci crede nessuno.
I magistrati, del resto, ce la mettono tutta per non essere credibili. Nel caso di questo padre quelli della procura chiedono che resti in carcere, anche se l’ipotesi accusatoria elaborata per arrestarlo è caduta e non è più compatibile con la realtà, ma lo vogliono dentro perché c’è il rischio, dicono, che inquini le prove o reiteri il reato. La prima cosa, a tanta distanza di tempo, dopo che per mesi è stato libero, e dopo che sono stati ritrovati i corpi, è fuori dalla logica. La seconda, sembra umorismo macabro.
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Lo scranno del Ciarra
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Davide Giacalone
Ma sì, certo, Ciarrapico non è mica un pericolo per la democrazia. Ed è vero pure che ha trattato il lodo Mondadori favorendo gli interessi di Caracciolo e Scalfari. Così come è vero che è sempre stato un nemico delle leggi razziali ed un amico d’Israele. Ed è anche vero che quando se ne andava in giro dicendo che certi uomini della sinistra hanno “menti eccezionali” nessuno si scandalizzava. Ma, francamente, non vedo come tutto questo possa diminuire l’obbrobrio di candidare un fascista nelle liste di un partito che s’appresta a governare.
Ciarrapico è sempre stato avversario della svolta di Fiuggi, con cui Fini ed il gruppo dirigente d’allora vollero chiudere con il passato e trasformarsi da nostalgici in protagonisti della democrazia. Da allora in poi si poteva e si può consentire o dissentire dalle cose che dicono, ma non si può rimproverare loro di essere i continuatori di una tradizione antidemocratica. Ciarrapico, appunto, stava dall’altra parte. Lui appartiene alla versione andreottiana (di cui fu, non a caso, fedele) del rapporto con i missini: voti e favori scambiati sottobanco, senza per questo immaginare la costruzione di una destra di governo. Fini ebbe il merito di non tentennare nel perdere questi camerati di strada. Ora se li ritrova al fianco.
C’è, poi, la versione che s’ammanta di un machiavellismo per poveri di spirito: candidando Ciarrapico si toglie acqua al mulino di Storace e Santanchè. A me pare che succeda l’esatto contrario: se è accettabile un senatore che saluta a braccio teso, perché mai non dovrebbe esserlo votare per una destra orgogliosa dei propri estremismi?
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Tre "donne vere" nelle liste PdL
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Hamza Boccolini
Lo spessore della passione politica mista all'impegno nel sociale contrapposto alla mancanza di contenuti della casta fatta da portaborse e figli di. E' questo in sintesi il messaggio che i dirigenti del Popolo della Libertà hanno voluto dare questa mattina presentando le candidature 'rosa'
per le elezioni del 13 aprile. Con una conferenza stampa che si è tenuta nella sala stampa della Camera, sono state presentate Fiamma Nirenstein, Eugenia Roccella e Souad Sbai. I lettori di questo giornale le conoscono bene, perchè hanno spesso scritto o sono state intervistate su queste pagine.
La prima si batte per difendere l'Occidente e la democrazia dal terrorismo, la seconda per la ''biopolitica'' contro lo strapotere della ''tecnoscienza'' e infine la terza vuole aiutare l'integrazione degli immigrati e le donne vittime di violenze. La sala era gremita di giornalisti mentre nelle prime file erano seduti tutti i vertici del Pdl per testimoniare l'importanza data alle tre candidature. Accanto alle future deputate c'erano Andrea Ronchi, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello, mentre nelle prime file erano seduti, Gianfranco Fini, Paolo Bonaiuti e Mara Carfagna. E' Ronchi ad aprire i lavori esaltando il significato di "tre storie importanti, testimonianze di vita che uniscono tre culture diverse per la rinascita della nazione". Nel presentarle le definisce "figure importanti e qualificate. Un onore averle in lista", e parla di "una ampia e qualificata presenza femminile che - anticipa - presenteremo nei prossimi giorni". Intanto le prime tre provvedono a presentarsi da sole.
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Al Qaeda sta perdendo la battaglia delle menti
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
di Peter Wehner
Il “surge” Usa in Iraq è stato un così clamoroso successo che nessuno sano di mente potrebbe negare l’entità dei progressi fatti. Perfino Hillary Clinton e Barack Obama hanno ammesso (controvoglia) che dei miglioramenti ci sono stati. Però, sia la Clinton che Obama hanno anche prontamente aggiunto che questi progressi sarebbero stati compiuti esclusivamente dal punto di vista militare e che sono in realtà effimeri. Il che è in accordo con la loro retorica generale – secondo cui la guerra è stata un disastro su tutti i fronti.
Durante un recente dibattito democratico, per esempio, Obama ha dichiarato: “Ora stiamo assistendo ad un al-Qaeda più forte che mai dal 2001”. La Clinton ha invece sostenuto che le politiche di George W. Bush in Iraq hanno “ingrassato i nostri nemici”. Dovremmo ritirarci dall’Iraq, ha continuato la Senatrice dello Stato di NY, così da poterci concentrare sulla minaccia di al-Qaeda.
Invece, in larga misura a causa di quello che sta succedendo in Iraq, l’onda d’urto all’interno del mondo islamico sta cominciando a dirigersi minacciosamente contro al-Qaeda – e questo, dopo tutto, potrebbe rivelarsi come il più grande risvolto ideologico degli ultimi anni.
Rapporto quotidiano dei messaggi in Club azzurro la clessidra & friends
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Napoli, rifiuti in Germania via nave: costi doppi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
I treni che trasportano di solito la munnezza fermi per misteriosi problemi amministrativi. Da trasferire ci sono 180mila tonnellate di spazzatura. Rotta da 5mila chilometri: 10 giorni di viaggio. E si usano i cargo: viaggi rischiosi che costano 30 milioni
L’accordo c’è. Per salvare Napoli dalle 2.300 tonnellate di immondizia che ancora sommergono la città, la Germania resta per il commissariato straordinario la terra del miraggio. Mentre i treni della Ecolog - che trasportano ogni giorno, domenica esclusa, tra le seicento e le settecento tonnellate di rifiuti - sono ancora fermi per imprecisati «problemi amministrativi» (la società ferroviaria avrebbe detto «no» a nuovi convogli per il mancato pagamento degli arretrati), il supercommissario De Gennaro non ha perso di vista la rotta tedesca. Che questa volta potrebbe essere battuta via mare piuttosto che su rotaie.
L’intesa politica è già stata raggiunta con Berlino e i Laender interessati: circa 180mila tonnellate di immondizia che invadono la regione potrebbero viaggiare per i mari europei e approdare in territorio tedesco. Un’esperienza già sperimentata con la vicina Sardegna e costata al nostro Paese 500mila euro, più del doppio di quanto si sarebbe speso utilizzando i treni diretti verso termovalorizzatori tedeschi.
Il Commissariato per i rifiuti resta cauto: «L’accordo di massima c’è, ma ora aspettiamo le proposte delle società tedesche che operano nel settore della termovalorizzazione e del recupero dei rifiuti. Sulle modalità di trasporto siamo aperti a ogni soluzione».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ma quanto potrebbe costare l’operazione-mare? La scelta si era già dimostrata più che dispendiosa in passato, un vero e proprio spreco: i viaggi verso le coste sarde erano costati più del doppio rispetto al trasporto su rotaie. Per la Germania, il Commissariato glissa ma, secondo una stima elaborata con l’aiuto di esperti in logistica, qualche calcolo si può fare. La rotta innanzitutto: la strada più ovvia passa per lo Stretto di Gibilterra, fino ad Amburgo. Una circumnavigazione di mezza Europa lunga ben 4.870 chilometri. Le spese: per trasportare 180mila tonnellate di rifiuti ci vogliono 18mila container (ciascuno può contenerne 10 tonnellate). Per calcolare la spesa totale si può partire dall’esperienza dei cargo di pattume portati in Sardegna, costati 400 euro a tonnellata. Ed eccoci arrivati al totale: circa 72 milioni di euro. In treno lo smaltimento dello stesso quantitativo sarebbe costato 39 milioni: una spesa aumentata del 45 per cento.
E poi i rischi ambientali. Su che imbarcazioni viaggeranno i rifiuti non differenziati? Quali le possibili conseguenze nel caso di problemi lungo la rotta, specie nel ventoso mare del Nord? «Dovesse succedere qualcosa, è chiaro che sversare in uno specchio d’acqua rifiuti non differenziati espone al rischio di un disastro ambientale», spiega Paolo Plescia, ricercatore del Cnr.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
«Se la notizia dell’accordo venisse ufficializzata, ci batteremo con tutte le nostre forze contro un piano che ci sembra l’ennesimo spreco di denaro, con l’aggravante dei possibili rischi ambientali lungo le rotte dei mari in questione», dice Gaetano Montefusco, presidente dell’associazione «L’Avvocato del Mare».
L’interrogativo sui rischi resta aperto, mentre intanto a Napoli e in Campania la situazione oggi potrebbe ulteriormente aggravarsi. Non basta l’emergenza ordinaria, oggi potrebbe essere il giorno della super-emergenza. Perché i sindacati Fp Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Fiadel incroceranno le braccia per protestare contro il mancato rinnovo del contratto, scaduto 14 mesi fa. «A Napoli il commissario ci ha chiesto l’esenzione dalla protesta - ha riferito Angelo Curcio, responsabile nazionale Fit-Cisl per il settore ambiente -. Ma non siamo in condizioni di farlo. Possiamo solo aumentare i minimi di servizio dove c’è urgenza per motivi di sicurezza».
Manila Alfano
Gaia Cesare
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Colaninno, esordio con gaffe: "Il Pd vincerà ma non stavolta"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Come Calearo anche il giovane imprenditore attacca Prodi: "Non sarei mai entrato nella sua arca di Noè".
Milano - Rappresenta l’aristocrazia imprenditoriale, Matteo Colaninno. È giovane e rampante, col vizietto veltroniano del «ma anche» e con la voglia, tanta di «prendere il testimone per la guida del Paese». Ma, sorpresa, il capolista milanese alla Camera del Pd già sa che per il passaggio del «testimone» c’è ancora tempo, che bisogna aspettare.
Sì, avete letto bene: lo stimabilissimo rampollo di casa Colaninno ammette che «in questa tornata» il Pd «magari» non ce la farà ovvero che il Pdl vincerà le elezioni e che loro, continua, ce la faranno solo «nel medio periodo». Virgolettato da gaffeur professionista: «Noi dobbiamo e possiamo prendere il testimone e guidare l’Italia verso una reale nuova stagione, senza risse e senza toni esasperati ma con chiarezza e forza. Magari non riusciremo in questa tornata, ma nel medio periodo».
Uscita niente male. Anche perché Matteo Colaninno non si basa sui sondaggi elettorali: lui, fa sapere, «ascolta» il Paese e avverte ovunque che «l’Italia ha bisogno di persone che vogliono e che sappiano guidare il cambiamento». Evidentemente sente però che per il made in Veltroni c’è da attendere.
Sorridono i cronisti invitati al circolo della stampa per la sua prima volta in politica. Sessanta minuti a ruota libera per motivare la sua «discesa in campo», come ama definirla. Seduto da solo al tavolo della sala Montanelli e senza uno straccio di candidato del Pd presente, Matteo Colaninno, dà altro materiale ai taccuini: «Io non sarei mai entrato in quell’arca di Noè che era la coalizione di Prodi. Non ci sarei stato e lo dico da giovane cittadino». Ci vorrebbe un applauso alla sincerità, annotano i giornalisti presenti: «Rispetto a quell’arca che era la maggioranza di cui Prodi era timoniere i risultati sono però stati buoni, non si poteva far di meglio». Aggiunta di chi non nasconde il fallimento del governo Prodi, della sinistra che ha messo in ginocchio il Paese.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Seconda uscita in una conferenza condotta in versione one man show, nonostante la garanzia che lui è per il «gioco di squadra: «Non credo nell’uomo solo al comando, faccio sempre gioco di squadra, io». E mentre abbandono il microfono per chiudere una finestra a qualche metro di distanza, il volto nuovo del Pd assicura di «vivere con orgoglio il cognome Colaninno». «Sono consapevole di essere un imprenditore figlio di Colaninno, ma lo vivo con orgoglio perché Colaninno è un valore aggiunto». E vai con la spiega che «gli imprenditori sono cittadini» e che «devono essere al servizio del Paese» e che, naturalmente, «ho lasciato l’alveo dell’azienda di famiglia per servire il mio Paese, io».
Tiritera spesa per la metà di quell’oretta di conferenza, con tanto di giornalisti che lentamente abbandonavano il campo mentre l’«imprenditore figlio di Colaninno» sottolineava con un evidenziatore azzurro la bozza del suo discorsetto, dove al posto dei «cioè», della «misura in cui» e via dicendo c’erano qualche centinaia di «ma anche» e «come dire».
Il resto del tempo e della pazienza dei giornalisti, Matteo Colaninno, l’ha usato per invitare a non scrivere più «classe dirigente» bensì “ceto dirigente” perché «“classe” è un termine che divide mentre il Pd unisce ed io avverto dentro di me la forte volontà di essere parte di quel ceto dirigente che vuole governare il cambiamento». Già, «basta con il feticcio della lotta di classe che vede l’operaio, il lavoratore contro l’imprenditore perché l’azienda e i lavoratori fanno parte dello stesso progetto dove il mercato non è più l’orto di casa o il confine domestico ma il mondo».
Lezioncina di marketing aziendale e di gaffe di un imprenditore che nel Pd veltroniano assomiglia sempre più al collega Massimo Calearo: entrambi si muovono come elefanti in una cristalleria.
Gianandrea Zagato
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In tasca agli statali oltre metà del bilancio italiano
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Unioncamere: lo Stato impiega il 54% della spesa totale per gli stipendi dei dipendenti pubblici. Dal 2001 competenze trasferite agli enti locali, ma la spesa di Roma per le buste paga, invece di diminuire, è aumentata
Di ogni euro che lo Stato spende, 53 centesimi e mezzo se ne vanno per gli stipendi dei dipendenti: ovvero, oltre la metà della cifra investita da Roma per i servizi ai cittadini (ministeri, enti e agenzie, esercito e forze dell’ordine) viene impiegata per pagare il dipendente incaricato di erogare il servizio. È quanto emerge dall’indagine a tappeto sui costi della Pa svolta da Unioncamere Veneto, dossier che sarà presentato domani presso la sede di Unioncamere a Venezia.
Il dato, di per se stesso impressionante (non serve certo essere degli esperti economisti per capire che l’efficienza nella Pa è ben lontana dall’essere raggiunta, se per ottenere un risultato che vale «46» devi investire «100») assume dimensioni paradossali se comparato alla situazione delle amministrazioni locali. A fronte del 53,5% della spesa totale gestita dallo stato impiegata in buste paga, i comuni spendono solo il 27,6%, e le regioni il 14,6%.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Prima di urlare allo scandalo, una piccola ma doverosa parentesi: le differenze delle funzioni tra Stato centrale ed enti locali hanno un ruolo non trascurabile. È normale che lo staff di un ministro sia pagato più che l’equivalente gruppo di lavoro di un assessore regionale, e allo stesso modo i comuni non hanno la necessità di pagare le consulenze di professori e tecnici di cui lo Stato si avvale per la pianificazione di politiche di livello nazionale. L’aspetto più degradante evidenziato dal report di Unioncamere Veneto (e questo è il momento buono per indignarsi) è che solo quindici anni fa (nel quinquennio ’90-95) la spesa dello Stato per stipendi era di tre punti percentuali più bassa. Un aumento di poco conto? No. Soprattutto se consideriamo che dal ’95 a oggi è stata approvata la legge costituzionale che ha modificato il Titolo V della Costituzione: il famoso Federalismo. Ratificato dal Parlamento nel 2001, il Federalismo ha decentralizzato il potere amministrativo, trasferendo competenze importanti da Roma a regioni e comuni. Quindi lo Stato, nonostante la diminuzione delle funzioni (basti pensare all’amministrazione sanitaria, diventata competenza regionale) non solo non ha diminuito le spese, ma anzi le ha aumentate. Perché? Perché i funzionari statali non hanno seguito lo stesso iter delle competenze; non si sono decentralizzati: dal 2001 a oggi non un solo dipendente è stato trasferito dall’amministrazione statale a quelle periferiche.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
A differenza di quanto accaduto negli altri Paesi europei. In Spagna a esempio si è verificato nell’ultimo decennio un decentramento di poteri simile al nostro: ora, Unioncamere sottolinea che se l’Italia raggiungesse le performance della Spagna (numero dei dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione) i contribuenti italiani dovrebbero versare 14 miliardi di euro in meno (lo 0,9% del Pil). Se riuscissimo poi a eguagliare i tedeschi, avremmo un risparmio di ben 27 miliardi, cioè l’1,8% del Pil. Un sogno, difficilmente realizzabile. Perché se lo Stato esce dal rapporto di Unioncamenre con le ossa rotte, neanche le amministrazioni locali sono il regno dell’ottimizzazione delle risorse. Ma anche questo a causa delle politiche dello Stato: i meccanismi di perequazione messi in atto da Roma nel pianificare la distribuzione delle rimesse verso gli enti locali hanno infatti alimentato l’inefficienza. Tra le 11 regioni che guidano la graduatoria dei trasferimenti pro capite, sono nove quelle che hanno una spesa per il personale più alta della media. Un esempio: Il Molise ha 28 dirigenti regionali ogni 100mila abitanti. La Lombardia ne ha tre. Il Veneto quattro. Matthias Pfaender
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Per i servizi che offrono..sono decisamente troppo pochi....
Andrea
>>Da: er Drago
Messaggio 5 della discussione
Basterebbe farli lavorare
Si rende il 30% della retribuzione variabile, dopo aver preventivamente preso a calci nel sedere gli inutili sindacati, se lavori bene se no prendi meno.
Chi lavora ancora meno del minimo tollerabile viene trasferito d'ufficio nelle coltivazioni di colza demaniali, ormai necessarie per diminuire la bolletta energetica
Se poi uno non regge e si licenzia volontariamente pazienza, problemi loro.
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Veltroni si scopre pure un po' Zapatero
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Così ieri Walter Veltroni si è improvvisamente riscoperto «veltroniano» ma-anche «zapateriano». Prima era anche «obamiano», e prima ancora «sarkozyano» (senza bisogno di risalire al discorso «blairiano» - e in inglese! - nel congresso di Blackpool che incoronò Tony Blair nel 1996).
Sta di fatto che ieri Veltroni ha preso carta e penna, e ha scritto al neo premier con toni lirici: «La vostra vittoria rafforza l’ampio fronte delle forze democratiche e progresso chiamato a fare dell’Unione europea un protagonista per un mondo più giusto, società più eque, per uno sviluppo sociale e civile che ampli i diritti di cittadinanza». Il che è fantastico: uno straordinario esempio di eclettismo politico. Un’ennesima «convergenza parallela», nel grande gioco degli ossimori inconciliabili della politica italiana.
Il leader del Psoe - per fare un esempio - ha introdotto i matrimoni omosessuali nell’ordinamento civile spagnolo, anche a costo di una durissima battaglia culturale; Veltroni invece, quando si è dovuto votare un banalissimo ordine del giorno sulle Unioni civili nella sua città, non si è nemmeno fatto trovare a Roma (e la sua maggioranza ha votato contro, malgrado quei birbanti di Rifondazione avessero usato le stesse frasi del leader del Pd per la mozione).
Insomma, gli spin doctor di Veltroni dovrebbero ricordare a Veltroni che per quanto sia bello cavalcare le vittorie altrui e proiettare su se stessi il coraggio di chi ce l’ha, non solo non gli è utile, ma gli fa persino danno. Ma come? Lui da anni cerca di accreditare un’immagine di ultra-moderato, capace di interlocuzioni privilegiate col Vaticano, e poi gioisce per la vittoria del più grande «laicista» d’Europa? Lui che è andato proprio in Spagna a dire «Siamo riformisti, ma non di sinistra», ora riscopre il fascino dell’izquierda, la sinistra socialista che vince? Lui che non ha voluto in lista il pur pacatissimo Enrico Boselli (molto più moderato di Luis Enrique!) si appassiona al leader che firma come Zorro? Se l’imitazione di un politico è come un tagliando per una macchina, la cosa peggiore che possa capitare a un leader è assomigliare pericolosamente alla propria caricatura.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Alighiero Noschese nel 1974 finì per seppellire Amintore Fanfani mimando i suoi tic da aspirante «uomo forte». Persino l’inossidabile Ciriaco De Mita ebbe i suoi problemi quando venne genialmente irriso da Carlo Verdone (vi ricordate il tormentone: «Sembre teeesi, verso nuovi obbiettivi, sembre teeesi»?). E un’incredibile coincidenza ha voluto che «i dalemoni» di Massimo D’Alema iniziassero ad andare male proprio quando Sabina Guzzanti prese a parodiarlo mentre disegnava i suoi piani alla lavagna. Insomma, da quando Maurizio Crozza ha declinato con il suo perfido Ma-anche «il sincretismo veltroniano» che vuol tenere insieme tutto e il contrario di tutto, ogni volta che Walter ci ricade, ti chiedi: possibile che solo lui non lo veda?
Eppure dev’essere così, se è vero che nelle liste del Nord convivono l’operaio della Thyssenkrupp Boccuzzi, che chiede meno flessibilità e più diritti per i lavoratori, e «il padrone» di Finmeccanica Calearo che chiede più flessibilità e meno garanzie, e ha esordito nelle liste del Pd felicitandosi per l’affondamento del governo del presidente del Pd (!!). In tempi non sospetti Walter Veltroni ha esaltato i fratelli Kennedy, fino al punto di retrodatare la propria iniziazione politica al giorno dell’uccisione di John Fitzgerald Kennedy (aveva otto anni!) «La sua morte è il sogno spezzato di un’intera generazione». E poi ha messo nella sua bella politica Obama: «È il 46enne di talento che ha risvegliato l’America!». Oppure: «È la realizzazione del sogno di Martin Luther King». Peccato che prima fosse stato attratto anche da Sarkozy: «Ho stima di lui, è segno che la gente vuole una democrazia che decide». E poi: «Ha risvegliato il suo Paese, non è né di destra né di sinistra». Ieri Sarkozy era già in disgrazia: «Il voto conferma la delusione nei suoi confronti». L’altro ieri in auge: «Ci vuole uno choc di innovazione, quello che sta facendo Sarkozy in Francia». Fantastico. La parola d’ordine, tanto, l’ha già data Maurizio Crozza due anni fa: Zapatero, Zapatera/ L'un per cento de tu carisma me serve aqui!!!!».
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I vertici delle liste Pdl
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Queste sono le "teste di lista" del Popolo della libertà, regione per regione. In tutte le circoscrizioni della Camera sono candidati ai primi due posti i leader, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini
VALLE D’AOSTA
CAMERA Giuseppe Gambardella.
SENATO Cleto Benin.
PIEMONTE
CAMERA 1 Guido Crosetto, Margherita Boniver, Maurizio Leo, Osvaldo Napoli, Maria Grazia Siliquini.
CAMERA 2 Lucio Stanca, Marco Zacchera, Maria Teresa Armosino, Enrico Costa, Alessandro Ruben
SENATO Enzo Ghigo, Ugo Martinat, Aldo Scarabosio, Lucio Malan, Andrea Fluttero
LIGURIA
CAMERA Claudio Scajola, Fiamma Nirenstein, Sandro Biasotti, Gabriella Mondello, Eugenio Minasso
SENATO Enrico Musso, Giorgio Bornacin, Gabriele Boscetto, Franco Orsi, Luigi Morgillo
LOMBARDIA
CAMERA 1 Ignazio La Russa, Gianfranco Rotondi, Stefania Craxi, Andrea Ronchi, Mario Valducci
CAMERA 2 Giulio Tremonti, Mariastella Gelmini, Raffaello Vignali, Mirko Tremaglia, Gregorio Fontana
CAMERA 3 Gian Carlo Abelli, Massimo Enrico Corsaro, Maurizio Bernardo, Chiara Moroni, Andrea Orsini
SENATO Roberto Formigoni, Alfredo Mantica, Ombretta Colli, Guido Possa, Alessio Butti
VENETO
CAMERA 1 Niccolò Ghedini, Alberto Giorgetti, Aldo Brancher, Francesco De Luca, Filippo Ascierto.
CAMERA 2 Renato Brunetta, Adolfo Urso, Fabio Gava, Valentino Valentini, Maurizio Paniz
SENATO Giancarlo Galan, Luigi Ramponi, Elisabetta Casellati, Maurizio Sacconi, Maurizio Saia
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
TRENTINO-ALTO ADIGE
CAMERA Manuela Di Centa, Giorgio Holzmann, Maurizio Del Tenno, Mario Malossini, Mattia Gottardi.
SENATO Sergio Divina, Giacomo Santini, Cristano De Eccher, Maurizio Vezzali, Patrizia Ancilla Orio, Giuseppe Bellomo
FRIULI-VENEZIA GIULIA
CAMERA Franco Frattini, Roberto Menia, Roberto Antonione, Isidoro Gottardo, Manlio Contento
SENATO Giulio Camber, Giovanni Collino, Ferruccio Saro, Vanni Lenna, Sergio Dressi
EMILIA-ROMAGNA
CAMERA Michela Vittoria Brambilla, Pietro Lunardi, Tommaso Foti, Giancarlo Mazzuca, Fabio Garagnani.
SENATO Carlo Giovanardi, Filippo Berselli, Giampaolo Bettamio, Carla Bianconi, Alberto Balboni.
TOSCANA
CAMERA Paolo Bonaiuti, Elio Vito, Riccardo Migliori, Denis Verdini, Marco Martinelli.
SENATO Altero Matteoli, Sandro Bondi, Gaetano Quagliariello, Franco Mugnai, Paolo Amato
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
UMBRIA
CAMERA Roberto Speciale, Pietro Laffranco, Luciano Rossi, Rocco Girlanda, Fiammetta Modena.
SENATO Franco Asciutti, Domenico Benedetti Valentini, Ada Spadoni Urbani, Dario Guardalben, Paolo Crescimbeni.
MARCHE
CAMERA Giorgio La Malfa, Remigio Ceroni, Carlo Ciccioli, Simone Baldelli, Claudio Barbaro
SENATO Mario Baldassarri, Francesco Casoli, Salvatore Piscitelli, Giulio Conti, Francesco Massi
LAZIO
CAMERA 1 Gianni Alemanno, Fabrizio Cicchitto, Francesco Giro, Giulia Bongiorno, Sestino Giacomoni
CAMERA 2 Rocco Crimi, Giorgia Meloni, Eugenia Roccella, Fabio Rampelli, Gianfranco Conte
SENATO Marcello Pera, Maurizio Gasparri, Lamberto Dini, Cesare Cursi, Mauro Cutrufo
ABRUZZO
CAMERA Maurizio Scelli, Carla Castellani, Sabatino Aracu, Paola Pelino, Marcello De Angelis
SENATO Andrea Pastore, Fabrizio Di Stefano, Filippo Piccone, Paolo Tancredi, Gianfranco Giuliante
MOLISE
CAMERA Sabrina De Camillis, Quintino Pallante
SENATO Ulisse Di Giacomo, Adelmo Berardo
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Messaggio 4 della discussione
CAMPANIA
CAMERA 1 Stefano Caldoro, Alessandra Mussolini, Italo Bocchino, Luigi Cesaro, Paolo Russo
CAMERA 2 Maria Rosaria Carfagna, Nicola Cosentino, Mario Landolfi, Giancarlo Lehner, Nunzia De Girolamo
SENATO Barbara Contini, Pasquale Viespoli, Pasquale Giuliano, Franco Pontone, Raffaele Calabrò
PUGLIA
CAMERA Raffaele Fitto, Alfredo Mantovano, Antonio Leone, Donato Bruno, Luigi Vitali.
SENATO Adriana Poli Bortone, Antonio Azzollini, Rosario Giorgio Costa, Carmelo Morra, Francesco Amoruso
BASILICATA
CAMERA Donato Lamorte, Vincenzo Taddei, Rocco Giuseppe Moles, Mariano Antonio Pici
SENATO Guido Viceconte, Egidio Digilio, Cosimo Latronico, Mario Venezia, Nicola Pagliuca
CALABRIA
CAMERA Francesco Nucara, Santo Versace, Giovanni Dima, Giancarlo Pittelli, Jole Santelli
SENATO Francesco Nitto Palma, Giuseppe Valentino, Antonio Gentile, Vincenzo Speziali, Francesco Bevilacqua
SICILIA
CAMERA 1 Giovanni Micciché, Angelino Alfano, Giuseppe Scalia, Enrico La Loggia, Giuseppe Fallica
CAMERA 2 Antonio Martino, Stefania Prestigiacomo, Carmelo Briguglio, Umberto Scapagnini, Francesco Stagno d’Alcontres SENATO Renato Schifani, Domenico Nania, Carlo Vizzini, Giuseppe Firrarello, Antonio D’Alì
SARDEGNA
CAMERA Mauro Pili, Bruno Murgia, Salvatore Cicu, Giuseppe Cossiga, Carmelo Porcu
SENATO Beppe Pisanu, Mariano Delogu, Piergiorgio Massidda, Filippo Saltamartini, Fedele Sanciu
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
ESTERO - EUROPA
CAMERA Giuseppe Learco Plebani (Bellinzona, Svizzera), Aldo Di Biagio (Fiume), Salvatore Albelice (Bruxelles, Belgio), Danilo Benevelli (Lugano, Svizzera), Gianpiero Camurati (Lugano, Svizzera), Mario Caruso (Stoccarda, Germania), Carlo Erio (Parigi, Francia), Guglielmo Picchi (Londra, Regno Unito), Carmelo Pignataro (Stoccarda, Germania), Massimo Romagnoli (Atene, Grecia), Andrea Verde (Parigi, Francia), Alessio Zanella (Binslaken, Germania)
SENATO Antonella Rebuzzi (Mosca, Russia), Raffaele Fantetti (Londra, Regno Unito), Nicola Di Girolamo (Charleroi, Belgio), Elisa Spreafico Galimberti (Parigi, Francia)
ESTERO - AMERICA MERIDIONALE
CAMERA Giuseppe Angeli (Rosario, Argentina), Bruno Boschiero (Montevideo, Uruguay), Nello Collevecchio (Caracas, Venezuela), Carmelo Pintabona (Buenos Aires, Argentina), Andrea Ruggeri (San Paolo, Brasile), Franco Tirelli (Rosario, Argentina)
SENATO Juan Esteban Caselli (Buenos Aires, Argentina), Aldo Antonio Chianello (Rio de Janeiro, Brasile), Ugo Di Martino (Caracas, Venezuela)
ESTERO - AMERICA SETTENTRIONALE E CENTRALE
CAMERA Vincenzo Arcobelli (Houston, Usa), Paolo Ariemma (Ontario, Canada), Amato Berardi (Philadelphia, Usa), Cesare Sassi (Miami, Usa)
SENATO Augusto Sorriso (New Jersey, Usa), Giordano Basilio (Montreal, Canada)
AFRICA, ASIA, OCEANIA E ANTARTIDE
CAMERA Teresa Restifa (Sidney, Australia) Joe Cossari (Melbourne, Australia)
SENATO Luigi Casagrande (Brisbane, Australia), Salvatore Cristaldi (Johannesburg, Sud Africa)
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I vertici delle liste Pdl
>>Da: andreavisconti
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Queste sono le "teste di lista" del Popolo della libertà, regione per regione. In tutte le circoscrizioni della Camera sono candidati ai primi due posti i leader, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.
VALLE D’AOSTA
CAMERA Giuseppe Gambardella.
SENATO Cleto Benin.
PIEMONTE
CAMERA 1 Guido Crosetto, Margherita Boniver, Maurizio Leo, Osvaldo Napoli, Maria Grazia Siliquini.
CAMERA 2 Lucio Stanca, Marco Zacchera, Maria Teresa Armosino, Enrico Costa, Alessandro Ruben
SENATO Enzo Ghigo, Ugo Martinat, Aldo Scarabosio, Lucio Malan, Andrea Fluttero
LIGURIA
CAMERA Claudio Scajola, Fiamma Nirenstein, Sandro Biasotti, Gabriella Mondello, Eugenio Minasso
SENATO Enrico Musso, Giorgio Bornacin, Gabriele Boscetto, Franco Orsi, Luigi Morgillo
LOMBARDIA
CAMERA 1 Ignazio La Russa, Gianfranco Rotondi, Stefania Craxi, Andrea Ronchi, Mario Valducci
CAMERA 2 Giulio Tremonti, Mariastella Gelmini, Raffaello Vignali, Mirko Tremaglia, Gregorio Fontana
CAMERA 3 Gian Carlo Abelli, Massimo Enrico Corsaro, Maurizio Bernardo, Chiara Moroni, Andrea Orsini
SENATO Roberto Formigoni, Alfredo Mantica, Ombretta Colli, Guido Possa, Alessio Butti
VENETO
CAMERA 1 Niccolò Ghedini, Alberto Giorgetti, Aldo Brancher, Francesco De Luca, Filippo Ascierto.
CAMERA 2 Renato Brunetta, Adolfo Urso, Fabio Gava, Valentino Valentini, Maurizio Paniz
SENATO Giancarlo Galan, Luigi Ramponi, Elisabetta Casellati, Maurizio Sacconi, Maurizio Saia
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TRENTINO-ALTO ADIGE
CAMERA Manuela Di Centa, Giorgio Holzmann, Maurizio Del Tenno, Mario Malossini, Mattia Gottardi.
SENATO Sergio Divina, Giacomo Santini, Cristano De Eccher, Maurizio Vezzali, Patrizia Ancilla Orio, Giuseppe Bellomo
FRIULI-VENEZIA GIULIA
CAMERA Franco Frattini, Roberto Menia, Roberto Antonione, Isidoro Gottardo, Manlio Contento
SENATO Giulio Camber, Giovanni Collino, Ferruccio Saro, Vanni Lenna, Sergio Dressi
EMILIA-ROMAGNA
CAMERA Michela Vittoria Brambilla, Pietro Lunardi, Tommaso Foti, Giancarlo Mazzuca, Fabio Garagnani.
SENATO Carlo Giovanardi, Filippo Berselli, Giampaolo Bettamio, Carla Bianconi, Alberto Balboni.
TOSCANA
CAMERA Paolo Bonaiuti, Elio Vito, Riccardo Migliori, Denis Verdini, Marco Martinelli.
SENATO Altero Matteoli, Sandro Bondi, Gaetano Quagliariello, Franco Mugnai, Paolo Amato
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UMBRIA
CAMERA Roberto Speciale, Pietro Laffranco, Luciano Rossi, Rocco Girlanda, Fiammetta Modena.
SENATO Franco Asciutti, Domenico Benedetti Valentini, Ada Spadoni Urbani, Dario Guardalben, Paolo Crescimbeni.
MARCHE
CAMERA Giorgio La Malfa, Remigio Ceroni, Carlo Ciccioli, Simone Baldelli, Claudio Barbaro
SENATO Mario Baldassarri, Francesco Casoli, Salvatore Piscitelli, Giulio Conti, Francesco Massi
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CAMERA 1 Gianni Alemanno, Fabrizio Cicchitto, Francesco Giro, Giulia Bongiorno, Sestino Giacomoni
CAMERA 2 Rocco Crimi, Giorgia Meloni, Eugenia Roccella, Fabio Rampelli, Gianfranco Conte
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ABRUZZO
CAMERA Maurizio Scelli, Carla Castellani, Sabatino Aracu, Paola Pelino, Marcello De Angelis
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CAMERA Sabrina De Camillis, Quintino Pallante
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CAMPANIA
CAMERA 1 Stefano Caldoro, Alessandra Mussolini, Italo Bocchino, Luigi Cesaro, Paolo Russo
CAMERA 2 Maria Rosaria Carfagna, Nicola Cosentino, Mario Landolfi, Giancarlo Lehner, Nunzia De Girolamo
SENATO Barbara Contini, Pasquale Viespoli, Pasquale Giuliano, Franco Pontone, Raffaele Calabrò
PUGLIA
CAMERA Raffaele Fitto, Alfredo Mantovano, Antonio Leone, Donato Bruno, Luigi Vitali.
SENATO Adriana Poli Bortone, Antonio Azzollini, Rosario Giorgio Costa, Carmelo Morra, Francesco Amoruso
BASILICATA
CAMERA Donato Lamorte, Vincenzo Taddei, Rocco Giuseppe Moles, Mariano Antonio Pici
SENATO Guido Viceconte, Egidio Digilio, Cosimo Latronico, Mario Venezia, Nicola Pagliuca
CALABRIA
CAMERA Francesco Nucara, Santo Versace, Giovanni Dima, Giancarlo Pittelli, Jole Santelli
SENATO Francesco Nitto Palma, Giuseppe Valentino, Antonio Gentile, Vincenzo Speziali, Francesco Bevilacqua
SICILIA
CAMERA 1 Giovanni Micciché, Angelino Alfano, Giuseppe Scalia, Enrico La Loggia, Giuseppe Fallica
CAMERA 2 Antonio Martino, Stefania Prestigiacomo, Carmelo Briguglio, Umberto Scapagnini, Francesco Stagno d’Alcontres SENATO Renato Schifani, Domenico Nania, Carlo Vizzini, Giuseppe Firrarello, Antonio D’Alì
SARDEGNA
CAMERA Mauro Pili, Bruno Murgia, Salvatore Cicu, Giuseppe Cossiga, Carmelo Porcu
SENATO Beppe Pisanu, Mariano Delogu, Piergiorgio Massidda, Filippo Saltamartini, Fedele Sanciu
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ESTERO - EUROPA
CAMERA Giuseppe Learco Plebani (Bellinzona, Svizzera), Aldo Di Biagio (Fiume), Salvatore Albelice (Bruxelles, Belgio), Danilo Benevelli (Lugano, Svizzera), Gianpiero Camurati (Lugano, Svizzera), Mario Caruso (Stoccarda, Germania), Carlo Erio (Parigi, Francia), Guglielmo Picchi (Londra, Regno Unito), Carmelo Pignataro (Stoccarda, Germania), Massimo Romagnoli (Atene, Grecia), Andrea Verde (Parigi, Francia), Alessio Zanella (Binslaken, Germania)
SENATO Antonella Rebuzzi (Mosca, Russia), Raffaele Fantetti (Londra, Regno Unito), Nicola Di Girolamo (Charleroi, Belgio), Elisa Spreafico Galimberti (Parigi, Francia)
ESTERO - AMERICA MERIDIONALE
CAMERA Giuseppe Angeli (Rosario, Argentina), Bruno Boschiero (Montevideo, Uruguay), Nello Collevecchio (Caracas, Venezuela), Carmelo Pintabona (Buenos Aires, Argentina), Andrea Ruggeri (San Paolo, Brasile), Franco Tirelli (Rosario, Argentina)
SENATO Juan Esteban Caselli (Buenos Aires, Argentina), Aldo Antonio Chianello (Rio de Janeiro, Brasile), Ugo Di Martino (Caracas, Venezuela)
ESTERO - AMERICA SETTENTRIONALE E CENTRALE
CAMERA Vincenzo Arcobelli (Houston, Usa), Paolo Ariemma (Ontario, Canada), Amato Berardi (Philadelphia, Usa), Cesare Sassi (Miami, Usa)
SENATO Augusto Sorriso (New Jersey, Usa), Giordano Basilio (Montreal, Canada)
AFRICA, ASIA, OCEANIA E ANTARTIDE
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Il Financial Times sogna la Grande coalizione
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Il columnist Geoff Andrews vede nelle larghe intese la sola possibilità per arrestare il "declino economico" del Paese e realizzare riforme istituzionali che assicurino "la stabilità". Stoccata contro l'Udc
L’Italia ha bisogno di "una Grande coalizione", unica possibilità per arrestare il "declino economico" e realizzare riforme istituzionali che assicurino "stabilità". La tesi, del columnist Geoff Andrews, è presentata oggi dal Financial Times.
Consenso allargato "All’Italia - si legge sul quotidiano finanziario - serve un nuovo accordo che preveda riforme istituzionali e modernizzazione economica". "Può ottenerlo - argomenta Andrews - solo attraverso una Grande coalizione che crei consenso non solo tra i differenti partiti ma anche con figure come Luca Cordero di Montezemolo, il leader della confederazione degli industriali divenuto nelle ultime settimane una voce influente sul declino della competitività e la stagnazione economica in Italia". Secondo l’opinionista del Financial Times, tuttavia, è possibile che all’indomani del voto politico del 13 e 14 aprile il "nuovo spirito" di "unità nazionale" e di "rinnovamento" diffuso nella società italiana sia "frustrato" dagli "interessi privati della classe politica".
Difficoltà d'intesa Andrews sottolinea le difficoltà di un’intesa tra i principali protagonisti della vicenda italiana, il Partito democratico (Pd) di Walter Veltroni e il Partito del popolo della libertà (Pdl) di Silvio Berlusconi. Secondo il columnist, l’ex sindaco di Roma "sembra aver colto il momento per un rinnovamento nazionale". Quanto a Berlusconi, però, avrebbe già dimostrato che i suoi interessi privati "non sono negoziabili". A complicare il quadro - osserva Andrews - contribuisce l’Udc, il partito centrista di Pier Ferdinando Casini destinato ad aver un ruolo cruciale in "ogni" futura trattativa. "Possiamo aspettarci - è la sconsolata conclusione del columnist del Financial Times - che i vecchi interessi conservatori serrino le file: non trattenete il respiro".
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Speciale, il gip archivia l'inchiesta su Visco
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il gip Antonino Stipo ha archiviato l’inchiesta aperta nei confronti del viceministro dell’Economia, accusato di tentato abuso d’ufficio e minacce a pubblico ufficiale. Il legale di Speciale: "La motivazione del gip dà atto dei comportamenti illegittimi"
Roma - Il vicepresidente del gip di Roma, Antonino Stipo, ha archiviato la posizione del viceministro dell’Economia, Vincenzo Visco, in relazione alle presunte minacce esercitate nei confronti dell’allora comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale, per il trasferimento di alcuni ufficiali delle Fiamme gialle.
L'archiviazione degli atti Per le presunte pressioni, il numero due di via XX Settembre era stato indagato per tentato abuso d’ufficio e minacce. A chiedere l’archiviazione del fascicolo processuale, sulla base del presupposto che non sussiste il dolo, erano stati il procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara ed il sostituto Angelantonio Racanelli. I due magistrati avevano, infatti, censurato il comportamento del viceministro Visco ritenendo, tuttavia, l’insussistenza di fattispecie penalmente rilevanti. L’archiviazione degli atti decisa dal gip Stipo chiude definitivamente il caso. Precedentemente, il magistrato aveva respinto un’analoga richiesta di archiviazione ritenendo indispensabili ulteriori accertamenti. All’esito di questi la Procura ha riproposto l’archiviazione del procedimento contro il quale si era opposto Speciale, per il tramite del suo difensore Ugo Longo. I due avevano sollecitato l’emissione dell’imputazione coatta nei confronti del viceministro sulla base delle conseguenze patite da Speciale in seguito alle pressioni subite dal braccio destro di Padoa Schioppa.
Il legale: "Visco esce a testa alta" "Con l’archiviazione del gip si chiude una vicenda che non avrebbe avuto alcuna ragione di essere portata all’attenzione della magistratura". L’avvocato Guido Calvi è soddisfatto perché dall'inchiesta "il viceministro Visco esce a testa alta" confermando "la linearità delle sue scelte" e "la grande efficacia del suo impegno nel contrasto all’evasione fiscale". "Pur non condividendo la decisione del giudice di archiviare - ha detto Ugo Longo, che assiste il generale Speciale - sono soddisfatto della motivazione in cui si dà atto dei comportamenti illegittimi posti in essere dal viceministro nei confronti di Speciale".
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Pdl, l’assedio ai "Sette" per un seggio
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Notte bianca tra pizze, ansia e gag. I responsabili delle liste barricati per il rush finale, i peones in chiesa per l’ultima raccomandazione.
Roma - «Ditemi voi... Ditemi voi come c... faccio a portare avanti una trattativa quando quella che dovrebbe essere la mia testa d’ariete è ridotta così!». Sono passate le quattro di mattina quando al quinto piano di via dell’Umiltà Carlo Giovanardi mostra al cosiddetto «tavolo dei sette» il display del suo cellulare che ha appena immortalato Emerenzio Barbieri, gomiti sul tavolo e testa pencolante tra le mani. L’ex deputato dell’Udc, infatti, se la dorme beatamente mentre gli altri continuano a discutere di posti in lista e candidature sicure. Sonno profondo, se neanche le urla divertite di Giovanardi e lo sghignazzare dei presenti riesce nell’impresa di ridestarlo.
L’ultima giornata di trattative nella sala riunioni di Marcello Dell’Utri - adibita ormai da due settimane a centrale operativa per mettere a punto le liste elettorali - si apre così. E va avanti tra discussioni, vere e proprie liti e indimenticabili processioni alla ricerca di un seggio sicuro. Non solo a via dell’Umiltà, ma pure nella chiesa che sta lì a pochi passi. Sono le nove di mattina, infatti, quando Raffaele Fitto - richiamato al partito una mezz’ora prima, mentre era già in fila al check in di Fiumicino - si attarda davanti all’ingresso a parlottare con due parlamentari della Dc per le Autonomie, Mauro Cutrufo e Giampiero Catone. E finita la chiacchierata i due imboccano i battenti di Santa Maria dell’Umiltà, probabilmente per qualche raccomandazione particolare. La stessa, seppure un gradino più in basso, in cui spera Massimo Nardi, anche lui deputato della DcA, pizzicato nella sua auto parcheggiata sotto la sede di Forza Italia all’alba di domenica. Ma c’è pure chi si affida al telefono, bersagliando i cellulari dei coordinatori regionali azzurri. Che, non a caso, salvo qualche rara eccezione squillano a vuoto per due giorni. Gran da fare pure per le segretarie di via dell’Umiltà, visto che da venerdì mattina il cosiddetto «tavolo dei sette» (Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto, Denis Verdini, Renato Schifani, Elio Vito, Claudio Scajola e Mariastella Gelmini) decide sostanzialmente di tagliare i ponti con l’esterno, al punto da chiedere che non gli vengano più portate neanche le agenzie di stampa che di ora in ora raccolgono indiscrezioni sulle candidature. E anche la pausa pranzo al ristorante Al Moro, pochi passi da via dell’Umiltà, viene sostituita da ben più frugali pizze a domicilio. Tanto che le pile di cartoni arrivano a raggiungere altezze preoccupanti, come pure il numero di lattine di Fanta e Lemonsoda. Così, c’è chi al telefono preferisce il fax. Dalla Calabria, il consigliere regionale di Forza Italia Gesuele Villasi ne manda a via dell’Umiltà circa trecento: «Non candidate Nino Foti».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Insomma, quella delle liste è una vera e propria maratona, iniziata i primi giorni di marzo e finita solo domenica nel tardo pomeriggio, con i posaceneri ricolmi di mozziconi e i protagonisti ormai scravattati e in maniche di camicia. L’unico a non perdere il suo proverbiale aplomb è Verdini. Che, racconta chi c’era, «pure alla cinque di mattina non aveva né un capello fuori posto né una piega sulla camicia».
Nonostante le tante discussioni con Guido Crosetto, che non ci sta a vedersi catapultare in Piemonte un numero eccessivo di esterni. Il coordinatore azzurro ha pure due leggeri malori e passa il sabato e la domenica entrando e uscendo dalla stanza dove è riunito il «tavolo dei sette» che negli ultimi giorni si va sfilacciando (la Gelmini torna a Milano a occuparsi delle beghe della Lombardia, mentre Scajola è alle prese con quelle liguri). Fitto cerca di fare da mediatore e alla fine si trova la quadra. Anche se Crosetto non nasconde le perplessità: «Capisco e condivido l’amarezza di molti che, con maggiori o minori meriti, ambivano a una candidatura in Parlamento». Alla fine, però, «le scelte del coordinatore regionale sono state limitate, escludendo gli uscenti che lo meritavano e gli esterni che si dovevano accettare». Lo scontro più duro, però, resta quello tra Marcello Pera e Verdini. Le urla, racconta chi era tre piani più in basso, «si sono sentite fin qui».
Adalberto Signore
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Dodicenne violentata dal branco: 3 arresti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
A Palma di Montechiaro (Agrigento) violenza di gruppo su una bambina di 12 anni. Secondo l’accusa, pochi giorni prima di Natale il branco attirò la ragazzina all'interno di un casolare di campagna dove i ragazzi ne abusarono a turno
Agrigento - Tre giovani, uno dei quali minorenne, sono stati arrestati dalla Polizia a Palma di Montechiaro (in provincia di Agrigento) con l’accusa di sequestro di persona e violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazzina di 12 anni violentata nel dicembre scorso. Altri due minorenni, che secondo l’accusa facevano parte del branco, erano stati arrestati il 7 febbraio scorso.
Lo stupro del branco Due ventenni e un diciassettenne sono stati arrestati dalla polizia a Palma di Montechiaro con l’accusa di aver partecipato alla violenza sessuale di gruppo su una bambina di 12 anni. Per questi fatti erano stati già arrestati il 7 febbraio scorso altri due minorenni. Secondo l’accusa, tutti farebbero parte di quel "branco" che, pochi giorni prima dello scorso Natale, aveva attirato la ragazzina all'interno di un casolare di campagna. Qui i ragazzi ne avrebbero abusato sessualmente a turno.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Gli arresti I due ventenni arrestati sono Francesco Amato e Calogero Castronovo, colpiti da ordine di custodia cautelare emesso dal gip di Agrigento Alfonso Malato per i reati di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona aggravati e in concorso. Le stesse accuse sono state contestate dal gip del tribunale dei minori, Maria Rosaria Giardino, al terzo arrestato. Secondo le indagini del commissariato di polizia di Palma di Montechiaro diretto da Cesare Castelli, uno degli indagati, che conosceva la vittima, si era impossessato del cellulare della bambina e per restituirlo aveva chiesto un rapporto sessuale. Ma la dodicenne aveva rifiutato e qualche giorno dopo venne caricata su un’auto e portata in campagna dove fu stuprata dai cinque arrestati e poi riaccompagnata in paese. Appena a casa la ragazzina aveva raccontato tutto alla madre che aveva sporto denuncia alla polizia. I segni della violenza sessuale subita erano stati riscontrati in ospedale.
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Olanda: Nei parchi sesso libero. Ma non fumate
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Sesso en plein air. Una nuova legge olandese «autorizza i rapporti completi nei parchi pubblici». Un’apertura condivisibile, se non fosse che negli stessi parchi è «severamente proibito - a tutela dei minori - fumare e portare cani». Come dire, che i piccoli dei Paesi Bassi si scandalizzano se vedono una persona con la sigaretta accesa o un bassotto al guinzaglio, ma restano indifferenti dinanzi a una coppia che si accoppia sulla panchina.
Una notizia che segue di 24 ore il licenziamento, avvenuto a Londra, di un operaio polacco «sorpreso a fare sesso con un aspirapolvere»: non un elettrodomestico normale, ma un modello «antropomorfo» chiamato Henry e che, curiosamente, ha una faccia sorridente e un «naso» con funzione di tubo allungabile. Disperata l’autodifesa del protagonista della stravagante liaison: «Henry mi stava solo asciugando le mutande...». Ma nessuno gli ha creduto.
A questo punto la domanda nasce spontanea: troppo permissiva l’Olanda con i suoi giardinetti a luci rosse o troppo severa la Gran Bretagna contro l’operaio sexy-sperimentatore? Il dibattito è aperto. Resta comunque il paradosso olandese, dove i parchi da questa estate saranno aperti agli orgasmi plurimi, ma chiusi a tabacco e quadrupedi pelosi: «Da luglio in Olanda sarà possibile fare sesso libero nei parchi, senza incorrere in alcun reato». Ma, consumato il rapporto, guai a tirar fuori la classica sigaretta del dopo-amplesso: si rischia una multa salatissima. Il regolamento è chiaro: «Appartarsi in un giardino pubblico e lasciarsi andare a libere effusioni, dal petting al rapporto sessuale completo, d’ora in poi non dovrà più essere considerato un comportamento perseguibile». A patto che si rispettino le seguenti norme: «Appartandosi solo dal tardo pomeriggio in poi; piazzare la coperta lontano dall’area giochi riservata ai bambini; gettare i preservativi negli appositi cestini». E la rilassante sigarettina post amplesso? A casa. Meglio se in bagno. Con la finestra aperta, possibilmente.
Nino Materi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
In Olanda secondo me esagerano e hanno un
concetto strano di libertà.
Andrea
>>Da: er Drago
Messaggio 3 della discussione
La storia del sesso nei parchi mi pare davvero esagerato.
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Lite a sinistra sugli operai E il Pdl punta sui big locali
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Pd e Arcobaleno si contendono i sopravvissuti Thyssen. Duello Ghigo-Bonino
La battaglia per la conquista del Piemonte si gioca a Torino. Il Pd, per la prima volta, non avrà un avversario solo alla sua destra, ma anche alla sua sinistra. Il Pdl parte, dunque, avvantaggiato e anche l’assenza dei centristi casiniani potrebbe non influire sul conseguimento della vittoria del Pdl considerato anche il passaggio di importanti quadri intermedi alla causa di Berlusconi e Fini (dall’europarlamentare Bonsignore al capogruppo al consiglio comunale torinese Angeleri). E, considerata la tradizione favorevole al centrodestra nelle altre province piemontesi, l’aspetto più interessante, pertanto, sarà l’esito del voto torinese. Se l’insieme delle forze di sinistra non dovesse superare il 50% nella capitale della Fiat, la crisi sarebbe conclamata. Certo, anche nel centrodestra non tutto è filato liscio come l’olio. Il coordinatore regionale di Fi, Guido Crosetto, ha dovuto mediare con i vertici locali indispettiti da alcune candidature esterne non nascondendo «amarezza». Ma alla fine le liste appaiono molto «radicate» come testimoniano le presenze dell’ex governatore Ghigo, del numero uno piemontese di An Martinat e dei deputati uscenti Armosino, Costa, Stradella e Napoli.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Intanto il Pd gioca la sfida con la Sinistra arcobaleno «a colpi di operai». Entrambe le formazioni nate dalla disgregazione dell’Unione hanno candidato nel capoluogo due sopravvissuti alla tragedia della ThyssenKrupp: Antonio Boccuzzi il Pd, Ciro Argentino la Cosa rossa. Per fare posto al rappresentante della classe operaia ha fatto un passo indietro il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che non voleva lasciare agli avversari il monopolio della questione operaia. E a guardare le candidature piemontesi dei democrat Boccuzzi sembra proprio un pesce fuor d’acqua stretto tra l’ex segretario Ds, Piero Fassino, e il vicesegretario dei democratici piemontesi Anna Rossomando. Addirittura agli antipodi se si considera il settimo posto assegnato a un ex Fi come Giacomo Portas. L’unico «compagno di strada», si fa per dire, è l’ex segretario generale Uil, Giorgio Benvenuto. I grattacapi veltroniani per quanto riguarda Torino non sono rappresentati solo dai problemi nello stabilire quanto genoma operaio vi sia nel dna della nuova formazione. Ieri la presentazione delle liste è stata ritardata dal caso-Pannella. Al Senato, infatti, è capolista Emma Bonino che ha trattato fino all’ultimo per convincere il leader radicale a non cedere alle sirene socialiste. Un ulteriore inciampo per il centrosinistra che nella corsa a Palazzo Madama aveva già perso nel 2006 in Piemonte (13 a 9 per l’allora Cdl) e questa volta non potrà contare nemmeno sull’appoggio della sinistra radicale che vanta un potenziale superiore al 10 per cento.
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Effetto sicurezza nelle urne tra ex prefetti e magistrati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il Pd candida De Sena che ha combattuto la ’ndrangheta. Il Pdl Nitto Palma, pm di ferro nei casi Moro e Gladio
Candidature e campagna elettorale tutte all’insegna dell’ordine pubblico per una delle regioni con più problemi di sicurezza. Undici liste, a dimostrazione di come la politica sia ancora un’attività importante nel Sud italia. E di come le formazioni minori puntino sulla frammentazione che emerge dalle intenzioni di voto. Gli ultimi sondaggi disponibili risalgono alla metà di febbraio (realizzato da Finedit per il Quotidiano della Calabria) e danno il Popolo della libertà in netto vantaggio sul Pd: 22,1 per cento contro il 17,6. Seguono, molto a distanza, l’Udc e la Sinistra arcobaleno, entrambi con il 3,2 per cento. Ma la maggioranza assoluta è quella di chi non ha scelto. Quando è stato realizzato il sondaggio gli indecisi erano il 46,8 per cento, le schede bianche il 4,2 per cento.
Percentuali che oggi potrebbero essere un po’ diverse. Ma il clima di incertezza rimane forte. Pesano le travagliate vicende regionali. Come quella che ha coinvolto il presidente della regione Agazio Loiero, uscito indenne da una vicenda giudiziaria, ma che si è visto escludere dalle liste del Pd i suoi candidati del Partito democratico meridionale. «Una sconfitta cocente», ha ammesso.
>>Da: andreavisconti
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Ma il voto calabrese sembra soprattutto orientato alle vicende nazionali. Il confronto più atteso sarà tra le teste di lista di Pd e Pdl. Alla Camera ci sarà da una parte l’ex viceministro all’interno Marco Minniti, testa d’uovo Ds negli anni dalemiani e ora patron del Pd calabrese. Seconda in lista da Rosa Maria Villecco Calipari, vedova di Nicola Calipari e già senatrice. Se la vedranno, oltre che con i capilista «nazionali» Berlusconi e Fini, con il repubblicano Francesco Nucara e con Santo Versace, esponente della famiglia calabrese che ha portato la moda italiana nel mondo. In lista anche Jole Santelli, calabrese e giovane sottosegretario alla giustizia nel governo Berlusconi.
La vicenda della sicurezza tiene banco soprattutto al Senato. Il Partito democratico candida capolista l’ex superprefetto di Reggio Calabria, Luigi De Sena mentre il Pdl risponde con il magistrato Francesco Nitto Palma, senatore uscente di Forza Italia, in passato pubblico ministero in processi quali il Moro Ter e l’inchiesta su Gladio. Italia Dei Valori candida, invece, la baronessa Teresa Cordopatri, alla quale la ’ndrangheta ha ucciso il fratello nel 1991. La Sinistra arcobaleno presenta il presidente uscente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione.
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Genova ora è tentata dalla destra
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Sfida fra la deputata Ds Pinotti e l’indipendente moderato Musso
È qui, in Liguria, finora Cenerentola nel panorama politico nazionale, che si combatte la madre di tutte le battaglie per la maggioranza dei seggi al Senato: gli 8 candidati che verranno eletti il 13 e 14 aprile - il partito vincitore ne conquisterà 5, lo sconfitto 2 o 3 - rappresentano poco più di un milione di cittadini da Ventimiglia a La Spezia, ma possono risultare decisivi per far pendere la bilancia a favore del Pdl o del Pd a livello generale. Nessun soprassalto di presunzione o voglia di riscatto da parte dei politici locali: il fatto è che, vista la composizione delle liste, con parecchi concorrenti in grado di prendere o smistare (anche per dispetto) voti trasversali, la Liguria diventa una delle cinque regioni-chiave. Secondo alcuni, addirittura tre: lo ribadisce il sottosegretario Enrico Letta, secondo cui «a fare la differenza nella corsa verso la riconquista del governo da parte del Pd saranno Sardegna, Marche e, appunto, la Liguria», che negli ultimi sessant’anni ha votato in massa, inquadrata e coperta, per il calderone variegato della sinistra. Ora il vento, anche da queste parti, è girato: i sondaggi indicano un significativo ribaltamento dei consensi. Anche perché la scelta dei due «registi» Berlusconi-Scajola di mettere come capolista per Palazzo Madama il professor Enrico Musso in contrapposizione a Roberta Pinotti, deputato uscente, vicinissima a Veltroni e quindi vista come espressione del vertice romano del Pd più che della base locale del partito, sembra fatta apposta per catturare un’ampia fascia di incerti, se non addirittura di lib-lab.
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A far pensare così è innanzi tutto l’exploit di Musso, lo scorso anno, come sfidante di Marta Vincenzi per la carica di sindaco di Genova: il quarantacinquenne docente universitario di Economia dei trasporti è arrivato a un soffio dall’elezione di fronte alla parlamentare europea diessina, accreditata alla vigilia di un plebiscito. Inoltre Musso, tuttora «indipendente», ha criticato di recente senza peli sulla lingua alcune scelte tattiche del centrodestra. E anche questo ha giocato a suo favore incrementandone la popolarità presso il pubblico neutrale. Se poi a tutto questo si aggiungono la designazione in extremis a capolista dell’Udc del consigliere regionale Rosario Monteleone - «signore delle tessere», esponente dell’elettorato cattolico, già diniano nella Margherita -, e lo scontento, con relativa diaspora, nella Sinistra Arcobaleno, coalizione potenzialmente in grado di aggregare in Liguria il 15 per cento dei voti, si capisce come uno spostamento anche minimo di suffragi nei due campi possa provocare un terremoto. E di conseguenza, per effetto del premio di maggioranza regionale al Senato, proiettare la Liguria da semplice comparsa a protagonista sullo schermo di Palazzo Chigi. Ferruccio Repetti
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Campania
>>Da: andreavisconti
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D’Alema e Follini cercano di far dimenticare Bassolino, Berlusconi in campo con tanti outsider
Se il Sud fosse - come auspica Massimo D’Alema - «un Paese normale», l’emergenza-rifiuti in Campania e l’improvvisa senescenza del rinascimento bassoliniano dovrebbero determinare automaticamente l’esito della prossima tornata elettorale a Napoli e dintorni. In realtà, il Pdl dovrà tenere conto di alcune variabili «indipendenti» per vincere le consultazioni campane. Soprattutto, della tradizionale «simbiosi» tra base elettorale e classe politica.
Sin dai tempi di Achille Lauro e di Antonio Gava il voto in Campania era un fenomeno imprescindibile dalle implicazioni tangibili in termini di posti di lavoro o di scanni negli enti pubblici. Alle prossime elezioni questo meccanismo rischia di saltare, soprattutto nel centrosinistra. Ciriaco De Mita ha portato armi e bagagli nell’Udc, mentre Clemente Mastella ha rinunciato. Altri punti di riferimento «storici» non avranno visibilità in Parlamento: da Paolo Cirino Pomicino a Rosa Suppa ad Antonio Martusciello e Alfredo Vito. Se il Pdl ha scelto il turnover, il Pd un po’ c’è stato costretto.
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«Gli organi di partito si stavano formando - spiega il candidato democratico al Senato, Riccardo Villari - mentre le elezioni hanno determinato un’accelerazione governata a livello centrale. In più il pudore impostoci dalla situazione dei rifiuti ci ha costretti a un dibattito in sordina sulle candidature». E così alla Camera (Campania 1 e 2) per il Pd ha prevalso l’effetto-loft: Massimo D’Alema e la giovane Pina Picierno capilista per depotenziare il ricordo di Bassolino e il «popolare» Marco Follini numero uno per il Senato. Poi, oltre al giovane anchorman cattolico, Andrea Sarubbi, una serie di nomi legati alla dialettica correntizia: dalla moglie del governatore Anna Maria Carloni all’assessore Teresa Armato fino ai prodiani Santagata e Sircana.
Il malcontento creatosi in molte province (Caserta e Avellino in particolare) lascia ben sperare il coordinatore regionale di An, Mario Landolfi. «Ci sono i presupposti per un’affermazione netta sia alla Camera che al Senato anche perché ritengo che potremo intercettare i voti Udeur», racconta. L’effetto-De Mita? «Per affermarsi al Senato l’Udc avrà bisogno di 250mila voti. Non sarà facile». Il Pdl, come detto, si è riorganizzato rimodulando la propria squadra: l’ex governatrice di Nassirya Barbara Contini capolista al Senato in compagnia del prefetto Raffaele Lauro. Alla Camera spiccano l’ex parà Gianfranco Paglia e il prefetto Maria Elena Stasi. E il capolista è Silvio Berlusconi. Gian Maria De Francesco
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Lazio
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Messaggio 2 della discussione
Il Pd si affida all’immagine dei nomi nuovi come la Madia, il Pdl cala gli assi
da Roma
Il Lazio si gioca, insieme alla Campania, lo scettro della regione con più seggi, tra quelle in bilico. Ventisette senatori e 55 deputati, 40 nel collegio Lazio 1 e gli altri 15 nel Lazio 2. Sicuramente si tratta di una delle realtà più incerte. Le segreterie dei due schieramenti non si sbilanciano e non diffondono sondaggi propri. Anche perché tutti sono convinti che la partita sia tutta da giocare. Un risultato comunque importante per il centrodestra, visto che le ultime consultazioni elettorali locali hanno sempre visto vincere il centrosinistra. E che il candidato premier del Partito democratico è stato per otto anni l’acclamato sindaco della Capitale.
La partita si annuncia difficile per il Popolo della libertà, per vari motivi. Walter Veltroni ha concentrato sul Lazio l’operazione immagine delle candidature «di rottura», con la 27enne Marianna Madia capolista nella circoscrizione Lazio 1 della Camera. Lui è il numero due. Seguono esponenti delle istituzioni nazionali e capitoline. Nomi di peso come il rutelliano Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni nel governo Prodi; l’ex ministro Giovanna Melandri e l’ex presidente della provincia Enrico Gasbarra. Il Pdl ha risposto con nomi di rilievo nazionale. Per Lazio 1, nel cappello di lista Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Gianni Alemanno e Fabrizio Cicchitto. Al quinto posto il coordinatore di Forza Italia del Lazio e commissario di Roma Francesco Giro, seguito da Giulia Bongiorno, Sestino Giacomoni e l’avvocato Giuseppe Consolo. Dopo di loro, l’ex presidente del Coni Mario Pescante, Antonio Mazzocchi e Beatrice Lorenzin.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La vera partita è comunque quella del Senato. La posta è il premio di maggioranza del Lazio. Per contenderselo il Pdl ha schierato Marcello Pera capolista. E al numero undici Giuseppe Ciarrapico. Il candidato sul quale si è concentrata la polemica di giornata è espressione di una cultura politica ancora forte nel Lazio. Non a caso è la regione sulla quale punta di più La Destra di Francesco Storace e di Daniela Santanchè che guidano le liste, rispettivamente al Senato e alla Camera, circoscrizione uno. E che rappresenta un reale rischio per il Pdl perché potrebbe far mancare la maggioranza relativa alla lista di Silvio Berlusconi.
A rendere ancora più aperti i giochi, il fatto che nel Lazio pesa storicamente il voto cattolico. Una chance per l’Udc di Pier Ferdinando Casini, che presenta lo stesso leader capolista su Lazio uno e Alessandra Borghese al Senato. Numero due di Casini, Mario Baccini, fondatore della Rosa Bianca che può contare su una buona cassaforte di voti nella regione.
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Pakistan, due attentati: 20 morti e 100 feriti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Tre kamikaze in azione fanno strage a Lahore, nel Punjab. Colpiti l'Agenzia federale per le investigazioni e una sede del partito popolare del Pakistan
Islamabad - Almeno venti persone sono rimaste uccise ed oltre cento ferite nel duplice attentato che questa mattina ha colpito la città orientale pachistana di Lahore, nel Punjab. A compiere la strage - secondo alcune fonti - sarebbero stati tre attentatori suicidi, due dei quali si sono fatto esplodere alle 9.30 circa ora locale nella sede dell’Agenzia Federale per le Investigazioni (FIA): stando a quanto ricostruito dall’emittente televisiva Geo TV, un kamikaze si èfatto esplodere all’ingresso, l’altro all’interno dell’edificio di otto piani all’interno del quale lavorano tra le 200 e le 300 persone e che è risultato così gravemente danneggiato da far temere che possa crollare in qualunque momento. Sedici i morti, almeno 100 i feriti ricoverati in ospedale. Ora si teme che altre persone possano ancora essere intrappolate all’interno dell’edificio, ha riferito Malik Iqbal della polizia di Lahore. Altre fonti, quali l’emittente DAWN News, parlano di un’esplosione dovuta ad ordigni dinamitardi piazzati ll’interno dell’edificio e non di kamikaze.
Il secondo attentato ha ucciso quattro persone - tra cui due bambini - e ne ha ferite altre tre. Secondo alcuni ad essere presa di mira è stata un’agenzia pubblicitaria in un quartiere residenziale di Lahore, Model Town, mentre altre fonti sottolineano che l’attacco sarebbe stato compiuto nei pressi della residenza di Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, assassinata il 27 dicembre scorso a Rawalpindi e leader del Partito popolare del Pakistan (PPP) che due giorni fa ha stretto un accordo di governo con la Lega Musulmana del Pakistan-Nawaz di Nawaz Sharif per dar vita ad una coalizione. La casa funge da quartier generale del partito a Lahore. Al momento dell’esplosione, Zardari si trovava a Islamabad. Uno o due i kamikaze responsabili dell’attacco, secondo le diverse fonti e le notizie diffuse finora.
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New York, crisi a luci rosse per il governatore
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Eliot Spitzer, supermoralizzatore democratico, coinvolto in un giro di prostituzione d'alto bordo, si scusa in pubblico ma per ora non accenna alle dimissioni
Choc nel mondo politico newyorkese. Eliot Spitzer, il governatore democratico dello Stato, è risultato implicato in uno scandalo di prostituzione di alto bordo. Secondo l’emittente tv Fox News, vicina ai repubblicani, dovrebbe dare presto le dimissioni, ma Spitzer per ora si è limitato a scusarsi e anzi ha detto «abbiamo portato cambiamento a New York e continueremo a farlo».
Spitzer, 49 anni, ha costruito la sua carriera politica partendo dalla magistratura, dove per otto lunghi anni, da procuratore, era stato un famoso fustigatore della corruzione di Wall Street, ma aveva anche - ironia della sorte - sgominato importanti traffici di prostituzione. Il settimanale Time lo aveva soprannominato «Crociato dell’anno» durante il mandato in procura, mentre i tabloid lo chiamavano abitualmente «Eliot Ness», dal nome del personaggio interpretato da Kevin Costner nel film «Gli intoccabili». Logico che in un Paese puritano come gli Stati Uniti faccia enorme clamore una simile parabola di un noto moralista, la cui imminente caduta nella polvere rischia tra l’altro di avere pesanti ricadute politiche.
Secondo il sito Internet del New York Times, che per primo ha riportato la notizia, il nome di Spitzer sarebbe emerso in intercettazioni ambientali nell’ambito di un’inchiesta federale a Washington. Spitzer si sarebbe trovato nella capitale a metà febbraio. Il quotidiano newyorkese lascia intendere che la presenza del governatore a Washington potrebbe in qualche modo essere collegata alla vasta operazione antiprostituzione della settimana scorsa, che ha portato all’arresto di quattro persone.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Dai documenti processuali relativi alla vicenda, scrive il New York Times, si apprende che uno dei clienti del giro, il cosiddetto Emperors club vip, avrebbe incontrato una delle prostitute la notte del 13 febbraio. L’Emperors club vip dispone di una cinquantina di avvenenti ragazze disponibili ad appuntamenti a luci rosse a New York, Washington, Los Angeles, Miami, Londra e Parigi. Le loro prestazioni vengono pagate profumatamente, con tariffe che arrivano a 5.500 dollari l’ora, anche con carta di credito.
Spitzer, resosi conto dell’irreparabilità del disastro, si è presentato in compagnia della moglie a una conferenza stampa nella quale ha fatto le sue scuse «prima di tutto alla mia famiglia e poi al pubblico, cui avevo promesso che sarei stato migliore». «Sono molto deluso di non essere stato in grado di vivere in base agli standard che mi aspettavo da me stesso», ha aggiunto con tono contrito. Non ha però fatto riferimenti più precisi alle proprie responsabilità e non ha risposto alle domande dei giornalisti.
Il governatore di New York era considerato fino a ieri un politico emergente. È tra l’altro uno dei «superdelegati» del partito democratico che alla convention di Denver dovranno decidere del destino di Barack Obama e Hillary Clinton. Lui personalmente ha espresso il suo sostegno alla senatrice di New York, che in questo momento non dovrebbe essergliene particolarmente grata.
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Sarkozy apre il corteggiamento ai centristi di Bayrou
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Il MoDem ago della bilancia per conquistare molte città al ballottaggio
da Parigi
Elezioni in Francia il giorno dopo. I commenti concordano su alcuni elementi chiave: 1) l'elettorato ha colto l'occasione delle amministrative per lanciare un monito al presidente Nicolas Sarkozy; 2) il successo del Partito socialista è chiaro, ma è al tempo stesso limitato; 3) la sconfitta del partito chiave della maggioranza (Ump) avrebbe potuto avere dimensioni ben maggiori; 4) il sistema politico francese è sempre più bipolare; 5) domenica prossima l'esito finale della consultazione verrà fortemente condizionato dalla capacità del centrodestra di restare al potere in tre città ormai fondamentali: Marsiglia, Strasburgo e Tolosa; 6) il centrodestra può rallegrarsi per l'insperata rielezione al primo turno di Alain Juppé a sindaco di Bordeaux; 7) i socialisti sono praticamente certi di riconquistare Parigi, Lione e Lilla, città in cui ci sarà comunque un ballottaggio.
Indicare cifre nazionali in un'elezione locale è un esercizio difficile, che va tentato con le dovute cautele. A conti fatti le liste di sinistra e Verdi passano dal 45% delle scorse comunali (2001) all'attuale 47,3, mentre quelle di centrodestra scendono dal 47 all'attuale 45%. Lo spostamento c'è, ma non ha certo proporzioni gigantesche. Le altre liste sono ridotte ai minimi termini: l'estrema destra del Front national e l'estrema sinistra trotzkista viaggiano ciascuna sul 3%, così come è al 3% il Movimento democratico (MoDem) dell' «estremista di centro» François Bayrou, che sul piano nazionale è all'opposizione. Adesso François Bayrou è corteggiatissimo, visto che il MoDem può risultare decisivo, soprattutto a Marsiglia.
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Le simpatie personali di Bayrou sono per un'alleanza con i socialisti, ma la sua situazione è complicata dal fatto che si è presentato alla carica di sindaco nella città pirenaica di Pau, di cui è originario, arrivando però al secondo posto. Domenica prossima la poltrona di primo cittadino di Pau verrà assegnata attraverso una sfida a tre tra i candidati del Partito socialista, del MoDem (Bayrou) e dell'Ump. Temendo soprattutto i socialisti, Bayrou sta alzando la voce contro di loro a Pau, mentre li tratta con grande cortesia sul piano nazionale. A loro volta i socialisti sono divisi tra chi vorrebbe un’alleanza strategica con Bayrou (linea proposta da Ségolène Royal) e chi concepisce solo intese locali (il segretario François Hollande).
Il commento più saggio ai risultati del primo turno è giunto ieri da una persona che ha rischiato l'emarginazione e anche la galera: Alain Juppé, già braccio destro del presidente Jacques Chirac e primo ministro dal 1995 al 1997, poi sacrificatosi per Chirac di fronte alla magistratura e condannato in una vicenda di finanziamenti occulti all'allora partito neogollista. Dopo essersi allontanato dalla politica, Juppé è rientrato in campo come sindaco di Lione e ieri è stato trionfalmente rieletto. Il suo commento ai risultati elettorali è un suggerimento rivolto al presidente Sarkozy e al primo ministro François Fillon: non far finta di niente. «I francesi sono preoccupati e il governo deve trarre le conseguenze di questa situazione», ha detto Juppé.
Adesso che la sua luna di miele (quella con l'opinione pubblica, non quella con Carla Bruni) è finita, Sarkozy dovrebbe - secondo Juppé - stare più attento agli umori della gente. Alberto Toscano
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La crisi dell’Spd: senza un leader va allo sbando
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Risultati elettorali deludenti, liti interne, mancanza di una leadership forte. È un quadro desolante quello che offre in questi giorni l'Spd, la socialdemocrazia tedesca, confermato dall'ultimo sondaggio. Se oggi si votasse solo il 13% dei tedeschi sceglierebbe come Cancelliere il leader socialdemocratico Kurt Beck mentre ben il 56% preferirebbe Angela Merkel, leader della Cdu, principale partito dello schieramento di centrodestra. Un dato devastante a poco più di un anno dalle elezioni politiche tanto che è circolata la voce che nel tentativo di risollevare le sorti dei socialdemocratici verrebbe richiamato alla guida del partito il popolarissimo e al di sopra delle parti Franz Müntefering, l'ex-vice Cancelliere improvvisamente ritiratosi dalla politica per assistere la moglie malata. La voce è stata poi smentita, ma il fatto che sia circolata indica lo stato di sbandamento in cui si trova l'Spd.
Eppure alle elezioni del 2005, sotto la guida del moderato Schröder, l'Spd riuscì quasi a pareggiare con la Cdu e solo per un soffio non conquistò la Cancelleria. Ma da allora molte cose sono successe. Soprattutto, la nascita del nuovo partito di estrema sinistra, Die Linke, scaturito dal matrimonio tra i neocomunisti della ex Ddr e i transfughi della sinistra socialdemocratica guidati da Oskar Lafontaine, ha spaccato il tradizionale elettorato della Spd, che nella speranza di bloccare la fuga di consensi ha ceduto ad una tentazione antica: quella di presentarsi come partito che riunisce moderati ed estremisti. Così il partito ha offerto un'immagine contraddittoria che ha disorientato sia gli elettori di centro sia quelli vicini ai gruppi della protesta sindacale.
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Un esempio di questa linea a zig zag si è avuto alle regionali di Amburgo dove la Spd, come candidato alla guida del Land, ha presentato un personaggio dell'ala moderata, ma pochi giorni prima del voto Beck ha lanciato segnali concilianti verso l'estrema sinistra. Risultato: l'Spd ha ottenuto cinque punti in meno di quanto previsto da tutti i sondaggi. Ancora più clamoroso quanto è avvenuto in Assia. Prima del voto la candidata della Spd, Andrea Ypsilanti, disse che mai avrebbe governato con l'aiuto degli estremisti della Linke. Ma dopo il voto si rimangia la promessa e si dice disposta ad accettare l'appoggio esterno dei neocomunisti, essendo questa l'unica possibilità per la Spd di governare il Land. Ma al momento della conta, risulta che nella Spd non tutti concordano sull'apertura all'estrema sinistra, mancano i numeri. Quindi niente governo ma rimane l'accusa di Wortbruch (tradimento). «La Spd ha perso di credibilità», scrivono i giornali tedeschi. Difficile dar loro torto. Salvo Mazzolini
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Zapatero alla ricerca di alleati per poter governare la Spagna
>>Da: andreavisconti
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I socialisti non hanno la maggioranza e devono fare i conti con l’indebolimento dei partner
da Madrid
«Ha vinto perché è stato il miglior stratega e dunque il miglior politico. Deve ancora dimostrare, però, di essere il miglior statista». Questo giudizio, magari un po’ aspro di un portavoce dell’opposizione definisce però il dilemma in cui si trova José Luis Rodriguez Zapatero dopo la rielezione. Il Partito socialista ha vinto, migliorando le posizioni «irraggiungibili» delle «elezioni irachene» di quattro anni fa, e dunque ha stabilizzato il proprio ruolo; però non ha agguantato la maggioranza assoluta come sembrava possibile fino alla penultima ora e ha anzi perduto per strada uno degli alleati, la Esquerra Republicana di Catalogna, dimezzata alle urne, mentre il Partido popular, pur sconfitto, è aumentato in voti e in seggi. In Spagna ci sarà dunque la continuità, ma un poco più difficile.
Il premier rieletto sembra rendersene conto e, pur nell’entusiasmo dei suoi seguaci per la vittoria (che ha definito «netta»), ha scelto come nuovo slogan programmatico un modo nuovo di governare. Nelle sue parole, anzi, «hay que gobernar mejor», bisogna governare meglio. «Riforme liberali», dunque, a cominciare da «nuovi impulsi all’eguaglianza fra i sessi», un divorzio più rapido, il riconoscimento del matrimonio fra omosessuali; ma anche un maggiore impegno per l’economia, che non è affatto tranquilla, con disoccupazione e inflazione in aumento dopo lunghi anni di boom della Spagna. Ma soprattutto una apertura all’opposizione. Zapatero ha definito «prematuro» un discorso sulle alleanze, di cui i socialisti hanno bisogno e che per qualche aspetto sono più difficili. il Psoe dispone di 169 seggi su 350 e gliene mancano dunque 7 per far maggioranza. Si può permettere però di scegliere in qualche misura fra i potenziali alleati, in primo luogo con l’unico che è uscito rafforzato dalle urne, la Convergencia i Uniò, degli autonomisti catalani.
>>Da: andreavisconti
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Zapatero tende la mano, più cautamente, anche alla componente moderata fra i nazionalisti baschi. Ma la novità della sua impostazione riguarda soprattutto i rapporti con la destra, cioè con l’opposizione. «Il metodo - ha detto Zapatero - sarà il dialogo e la concertazione sociale». Il Partito popolare, insomma, deve diventare una sorta di «opposizione di Sua Maestà», un avversario e non un nemico come a volte è parso durante le ultime due campagne elettorali. Un obiettivo che sarà raggiunto più facilmente - ma questo il premier socialista non lo ha detto - se ci sarà un rinnovamento nella leadership del Pp, che non può avvenire altro che con la sostituzione di Mariano Rajoy. Che non sarà facile senza il consenso dell’interessato (adombrato per la verità nelle prime dichiarazioni), in quanto l’esito del voto è stato per il centrodestra a due facce: la conferma di non essere primo, ma anche un aumento di voti. Se quest’ultima valutazione prevarrà, Rajoy potrebbe restare.
Se prevarrà invece un’analisi basata sulla necessità di abbassare i toni per riconquistare una pur piccola fetta dell’elettorato moderato, allora potrà avviarsi, magari non subito, un «cambio della guardia». Un accordo fra i due maggiori partiti di Spagna dovrà essere in primo luogo raggiunto sulla questione basca e sulla lotta al terrorismo, dal momento che l’opposizione (riecheggiata anche da una parte dell’episcopato) ha rinfacciato al governo qualche ambiguità di toni. Alberto Pasolini Zanelli
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Al Qaida colpisce in Tunisia Rapiti due turisti austriaci
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Al Qaida colpisce in Tunisia: due turisti austriaci, partiti per una vacanza in fuoristrada nel deserto sono stati rapiti nei giorni scorsi. «Avvisiamo i turisti occidentali... che la mano dei mujaheddin può raggiungerli ovunque sul territorio tunisino. Uno Stato apostata, che non è in grado di proteggerli». La minaccia fa parte di un messaggio audio di rivendicazione del sequestro letto da Salah Abu Mohammad, portavoce di Al Qaida nella terra del Maghreb islamico. Una costola della rete fondata da Osama Bin Laden, guidata da un nocciolo duro di algerini, che si sta espandendo in tutto il Nord Africa. La rivendicazione è stata trasmessa dalla televisione Al Jazeera, il canale satellitare preferito dai terroristi.
I due sequestrati sono l’infermiera Andrea Kloiber di 43 anni e l’esperto del Nord Africa, Wolfgang Ebner, di 51 anni. Entrambi vivono a Salisburgo ed Ebner amava i viaggi nel deserto, dove si recava almeno una volta all’anno. La coppia è partita a bordo di un fuoristrada con targa austriaca agli inizi di febbraio. Il 9 i due si sono imbarcati su un traghetto a Genova diretto in Tunisia. Il 18 febbraio hanno telefonato l’ultima volta da Tataouine, nella parte meridionale della Tunisia. Il 29 febbraio avevano fissato il rientro in traghetto, ma non si sono presentati all’imbarco. I familiari hanno lanciato l’allarme con un appello su internet.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Il governo austriaco li considerava dispersi e le autorità tunisine li cercavano ormai da giorni. Il timore è che non si trovino più in Tunisia o che siano stati rapiti in un paese limitrofo. La coppia stava attraversando il Sahara per superare i confini tunisini. I rapitori potrebbero averli portati o presi in ostaggio nella vicina Libia, oppure nel sud dell’Algeria. Il portavoce di Al Qaida nel Maghreb ha attaccato «quanti arrivano in Tunisia per il piacere, mentre i palestinesi sono sterminati dagli ebrei con il consenso dei paesi occidentali». L’obiettivo, dunque, sono i turisti, come i tanti italiani che scelgono di passare le vacanze in Tunisia. Secondo Abu Mohammad i rapiti «godono di buona salute e sono trattati secondo la sharia», la legge islamica. Nel messaggio si annuncia che «le condizioni per il loro rilascio saranno rese note prossimamente». Potrebbero riguardare i 17 tunisini condannati il 27 febbraio a un massimo di 12 anni di galera, perché sospettati di avere contatti con l’Al Qaida del Maghreb.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
La costola del terrore in Nord Africa è nata l’11 settembre 2006 con un annuncio di Ayman Al Zawahiri, il braccio destro di Osama. In pratica il nocciolo duro del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, che da anni insanguinava l’Algeria, si è arruolato in Al Qaida. In Tunisia i terroristi legati a Bin Laden avevano colpito la sinagoga di Djerba nel 2002, uccidendo 19 persone, compresi 14 turisti tedeschi. Poi sembravano spariti fino agli inizi dello scorso anno, quando un manipolo di fondamentalisti si è spostato dall’Algeria alla Tunisia mettendo in piedi un campo d’addestramento.
Li guidava Lassad Sassi, 36 anni, ex poliziotto tunisino, che aveva fondato una cellula del terrore a Milano fino al maggio del 2001, quando è riuscito a scappare in Algeria. I corpi speciali tunisini sono poi riusciti a colpire la cellula fondamentalista uccidendo Sassi. Pensavano di averli sgominati, anche se i terroristi erano pronti a farsi vivi di nuovo. Oltre ai nomi di diversi diplomatici avevano già a disposizione le mappe satellitari con i dettagli delle ambasciate americana e inglese a Tunisi.
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Ciarrapico; Storace "L'hanno preso in giro. Non sarà nemmeno eletto"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il leader de La Destra interviene sulla candidatura dell'imprenditore romano tra le fila del Pld e va all'attacco: "E' stato messo all'undicesimo posto"
«Secondo me Ciarrapico oggi s'è ritrovato all'8 settembre».
E cioè?
Ridacchia Francesco Storace mentre di corsa s'avvia negli studi di Porta a Porta e strilla al telefono: «A destra, a destra». Ma non detta la linea, sta spiegando la strada all'autista.
E che alleati s'è ritrovato Ciarrapico?
«S'è ritrovato in una grande marmellata. C'è di tutto. Un grande partito di centro. Anzi, non è manco un partito. È una lista civica».
Addirittura?
«Adesso si renderà conto che deve andare a fare i comizi per Fini».
Ed è un male?
«Lo chieda a lui. Io ho conservato tutti gli articoli che scriveva su e contro Fini, Alemanno e Fazzone a Latina. Quando vuole li rileggiamo».
Candidature così a destra possono crearle problemi?
«S'illudono, hanno fatto una lista apposta per togliermi voti».
Capolista Pera, numero due Gasparri...
«No, i primi tre, e il terzo è Dini, me li fanno guadagnare. Penso al resto. Quando Ciarrapico scorrerà la lista tra qualche giorno capirà che l'hanno preso in giro».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Come in giro?
«Guardi a che posto l'hanno messo. Undicesimo, nemmeno Santa Maria Goretti può farlo eleggere. Può stare tranquillo, Bittarelli l'hanno trattato peggio, diciassettesimo».
Scusi, ma se il Pdl vince nel Lazio Ciarrapico sarà senatore.
«Ma non vincerà mai».
E come fa ad essere sicuro?
«Perché negli ultimi anni a Roma il centrodestra ha vinto solo due volte. La prima nelle Regionali del 2000 e la seconda nelle elezioni politiche 2006 al Senato».
Quando lei era capolista di An. Insomma solo con Storace può vincere?
«Ho citato due dati, tutto qua».
Altro dato: Ciarrapico era uno suo sostenitore, venne anche all'assemblea costituente della Destra. E ora è con il Pdl...
«Ricordo che disse pesta e corna di An. Anche Berlusconi disse che era a casa sua. Forse pensava che poteva portarsi via anche le chiavi».
Lei disse qualcosa di concettualmente antisemita sostenendo che non sarebbe mai andato in Israele per fare il ministro.
«E Berlusconi disse che condivideva parola per parola il mio intervento».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Ma ha senso fare oggi una campagna elettorale su fascismo e antifascismo?
«Lo chieda a Fini, che è il grande alfiere dell'antifascismo militante».
Ma lei condivide quello che ha detto Ciarrapico?
«Dico quello che ho sempre detto: il fascismo ha avuto luci e ombre. La luce per esempio è la legislazione sociale. Che non rinnego».
Che farà dopo il 14 aprile?
«Avremo sicuramente un senatore nel Lazio e siccome a Palazzo Madama sarà pareggio il Pdl dovrà scegliere se governare con noi o con il Pd».
Già pensa all'accordo?
«Sono loro che dovranno decidere».
Ma perché lei attacca Berlusconi e la Santanchè no?
«Tranquillo, la pensiamo allo stesso modo».
«S'è accorto solo oggi chi sono i suoi alleati».
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Fino a 50mila euro per essere eletti
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Chiamatelo obolo, chiamatelo contributo volontario, chiamatela un'assicurazione sul futuro, fatto sta che, ai giorni nostri, ottenere un seggio sicuro in Parlamento costa. E non poco.
Tanto che, da qualche anno, i partiti hanno lanciato una nuova moda: i candidati in posizioni eleggibili, quando accettano, devono versare dei soldi.
Guai a parlare di compravendita di candidature. Il problema, spiegano, è che la nuova legge elettorale ha aumentato i costi a carico dei partiti centrali. Così meglio correre ai ripari. Il Partito Democratico lo ha addirittura messo nero su bianco, introducendo un articolo ad hoc nel regolamento per le candidature approvato lo scorso 20 febbraio.
Al punto 10, infatti, si legge: «I candidati alle elezioni politiche si impegnano a contribuire alle spese che il partito sostiene per la campagna elettorale attraverso un versamento da effettuarsi contestualmente alla firma dell'accettazione di candidatura. L'ammontare di tale versamento sarà definito d'intesa tra la Tesoreria nazionale e i regionali e dovrà tener conto della posizione del singolo candidato nella lista».
La domanda, a questo punto, nasce spontanea: quanto bisogna pagare? Basta alzare il telefono e contattare le sedi regionali che, con molta trasparenza, forniscono il «menù». Così, ad esempio, è possibile sapere che Antonio Boccuzzi, il sopravvissuto al rogo della Thyssen Krupp candidato alla Camera nel collegio Piemonte I (secondo in lista), dovrà pagare 30mila euro. Si tratta, infatti, di un vincente alla prima nomina. Diverso il trattamento per Piero Fassino (vincente ma anche deputato uscente). Per lui il conto è di 50mila euro. Cinquemila anche per coloro che si trovano in una posizione in bilico, 1000 per tutti gli altri.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Circa 50mila euro verranno chiesti anche ai candidati blindati della Lombardia. Mentre i liguri potranno risparmiare qualcosina: 40mila per un posto sicuro, 10mila per quelli traballanti. Trattamento speciale, invece, per l'industriale Massimo Calearo. La segreteria regionale del Veneto ha infatti fissato una quota vicina ai 35mila euro.
Scendendo verso Sud la musica non cambia: 50mila in Lazio, 35mila in Umbria, 40mila nelle Marche, 50mila in Campania e in Calabria. Tutto, ovviamente, per posizioni eleggibili. Anche perché chi resterà sicuramente fuori non ha alcuna intenzione di aprire il portafoglio. In verità ci sono dubbi anche sugli altri. Già nel 2006, infatti, ci fu qualche problema. In ogni caso, chi sfuggirà sappia che non è finita. L'articolo 10 continua ricordando che «in riferimento all'articolo 23 comma 2 dello Statuto i parlamentari eletti verseranno un contributo mensile nella misura che sarà determinana dalla Tesoreria nazionale d'intesa con i gruppi parlamentari».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Fin qui il Partito Democratico, ma il Pdl? Nel partito di Silvio Berlusconi non esistono regole ufficiali. Qualcuno parla di 70mila euro, altri di molto meno, altri ancora sottolineano che, normalmente, i soldi vengono raccolti attraverso cene elettorali. Poco importa. Dovesse andare male, ci sono sempre i contributi pubblici ai partiti.
>>Da: er Drago
Messaggio 4 della discussione
Viva la democrazia. Anzi no, viva la partitocrazia.
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Petrolio senza freni: nuovo record
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Non si ferma la corsa del greggio: le quotazioni dell’oro nero hanno segnato poco fa 108,41 dollari al barile, nuovo massimo storico. Nuovo record anche per i prezzi del gasolio che sfiorano quota 1,36 euro al litro.
Secondo gli ultimi aggiornamenti dei prezzi di vendita consigliati dalle compagnie ai gestori, rilevati da Quotidiano Energia all’indomani del via libera al decreto per la riduzione delle accise sui carburanti, il gasolio ha toccato il nuovo massimo di 1,348 euro nei distributori della Esso. Mentre i prezzi degli altri gestori viaggiano sopra 1,345 euro. A incidere sul caro-carburante è la corsa del greggio, che ieri ha sfondato quota 106 dollari al barile.
Al momento risulta tuttavia fermo, tra 1,404 e 1,409 euro al litro, il prezzo della benzina. In attesa dell’entrata in vigore del decreto firmato ieri i prezzi del diesel raggiungono così un nuovo massimo storico. E si portano vicinissimi a quelli della benzina, riducendo a soli 5 centesimi il divario tra i due carburanti.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Complice l’impennata del greggio che ha visto le quotazioni dell’oro nero bruciare negli ultimi giorni nuovi record, fino a toccare quota 106 dollari al barile, il caro-carburante si fa dunque sentire sempre di più sulle tasche degli automobilisti. Per un rifornimento completo di un’auto di medio-alta cilindrata a gasolio gli italiani si ritrovano infatti a fare i conti con un costo di circa 3,5 euro in più rispetto ad un mese fa: nel giro delle ultime 4 settimane il carburante ha guadagnato infatti circa 7 centesimi al litro. Per la benzina, invece, il maggior costo è intorno ai 2 euro a pieno per la stessa tipologia di vettura, considerando che un litro di verde nell’ultimo mese è salito di circa 4 centesimi al litro.
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Corrono prezzi alimentari, gli italiani risparmiano sul pane
>>Da: andreavisconti
Messaggio 8 della discussione
Che i redditi non riescano a tenere il passo della corsa dell'inflazione, soprattutto quella dei prodotti alimentari, è cosa nota. Meno conosciuta è però una delle conseguenze più dirette di questa situazione: la riduzione che si sta registrando nei consumi dei beni alimentari primari. Cose come il come pane, latte e pasta. Secondo un’indagine svolta dalla Confederazione italiana agricoltori, (Cia), i consumi di pane hanno avuto, nel 2007, un calo del 7,3 per cento, la pasta ha registrato una diminuzione del 4,5 per cento, la frutta del 2,8 per cento e le verdure del 3,2 per cento. Sul territorio nazionale anche il vino è andato forte. In negativo però: con un calo dei consumi che ha quasi sfiorato il 9 per cento. Anche le carni, bovine (-3,8 per cento) e suine (-4,7 per cento), hanno registrato meno vendite sugli scaffali. Cifre simili a quelle già rese note nei giorni scorsi dalla Coldiretti, secondo cui il pane ha registrato un calo del 6,3 per cento e le verdure del 4,2 per cento. Un po’ meno male il vino il cui calo, secondo l’organizzazione dei coltivatori diretti, non ha raggiunto il 5 per cento.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ma a cosa è dovuto un calo dei consumi così evidente? “Sicuramente da un mix di fattori”, spiega al VELINO Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti. Al cambiamento delle abitudini alimentari e alla diminuzione fisiologica determinata dal calo demografico (riscontrabile in tutte le società avanzate), secondo Bazzana a dare il colpo finale “è stata l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari”. Rispetto all’anno scorso infatti, il pane ha registrato un aumento del 12,3 per cento, la pasta dell’8,4 per cento, il latte del 7,6 per cento, la frutta del 5,6 per cento e le verdure del 6,8 per cento. “Ma dipende molto – prosegue il responsabile economico della Coldiretti – anche dalle mode alimentari che variano a seconda dei periodi”. Fattori che, considerati insieme, sono la causa per cui la spesa degli italiani per i consumi domestici è calata complessivamente dello 0,7 per cento. “Questo nonostante siano aumentati i consumi di uova e pollo. Mentre la pasta rimane, nonostante gli aumenti di prezzo, la fonte di carboidrati più economica”, precisa Bazzana.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Anche secondo Giuseppe Di Falco, responsabile economico della Cia, “non ci sono dubbi che il modello di consumi alimentari sia cambiato con l’andamento dei prezzi. Anche se, spiega al VELINO, i fattori sono molteplici e variano a seconda dei prodotti. “È soprattutto il pane ad aver registrato gli aumenti più sensibili mentre lo stesso non si può dire per la pasta”, che ha costi di produzione legati a molti fattori, primo fra tutti quello determinato dalle materie prime. Ma se i consumi calano vertiginosamente, non vuol dire che gli italiani mangino di meno. E secondo Carlo Rienzi, presidente del Codacons, “è scoppiato in Italia il boom dei discount” con un risparmio sulla spesa di oltre il 50 per cento equivalente, secondo l’associazione dei consumatori, a circa 50 euro a settimana. Risparmio che viene garantito da una serie di fattori tra cui la mancanza di pubblicità ai prodotti in vendita, l’imballaggio meno voluminoso, il confezionamento minimalista e la disposizione spartana dei prodotti nei punti vendita. “E dal punto di vista della qualità - precisa Rienzi - gli italiani non riscontrano alcuna differenza con i prodotti di marca”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Se secondo il Codacons, gli hard discount hanno conosciuto un vero e proprio boom arrivando a quota 9 punti vendita ogni 100 mila abitanti, la Coldiretti precisa però che bisogna distinguere tra Hard discount e discount. “C’è una bella differenza”, spiega Bazzana. “In Italia sono pochi gli hard discount rispetto al Nord Europa. E hanno preso piede invece i discount, ossia punti vendita che risparmiano sul personale, sulla luce e sui locali mantenendo prodotti di alta qualità”. Quindi, secondo Bazzana, non si può dire che gli italiani mangiano peggio pur di risparmiare, perché “spesso, per strategie aziendali, le industrie commercializzano gli stessi prodotti con un marchio diverso e mantenendo prezzi più bassi”. L’importante però, conclude il responsabile economico di Coldiretti, “è non cadere nell’errore di comprare prodotti alimentari scadenti pur risparmiare poche lire. È bene ricordare sempre che noi siamo quello che mangiamo”.
Edoardo Spera
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Che cosa si compra oggi al supermercato con 50 euro?
Una fondamentale domanda a cui gli elettori dovranno rispondere è questa: si stava meglio due anni fa oppure oggi? Come andava il bilancio familiare allora e come va adesso? Cosa si compra oggi al supermercato con 50 euro? A suo tempo, si faceva un gran parlare, sui media, delle difficoltà per la “quarta settimana”…E ora?
E il centrodestra doveva gestire i cinque anni più difficili dell’ultimo mezzo secolo (con l’11 settembre e i relativi riflessi sull’economia mondiale: eppure il Governo di allora non mise le mani in tasca agli italiani, anzi). Invece il centrosinistra ha governato in un biennio di espansione dell’economia occidentale. Ma ha sbagliato tutto.
Torniamo ai dati. Un’indagine della Confederazione italiana agricoltori evidenzia un livello drammatico di impoverimento dei ceti medi, al punto di arrivare a una riduzione dei consumi alimentari.
Nel 2007, i consumi di pane hanno avuto un calo del 7,3 per cento, quelli di pasta del 4,5 per cento, di frutta del 2,8 per cento, di verdure del 3,2 per cento, di vino dell’8,4 per cento, di carni bovine del 3,8 per cento, di carni suine del 4,7 per cento, di latte del 2,3 per cento. Sul mutamento, ha inciso in maniera determinante l’impennata dei prezzi. Gli aumenti record di pane (+12,3 per cento), pasta (+8,4 per cento), latte (+7,6 per cento), frutta (+5,6 per cento) e verdure (+6,8 per cento) hanno avuto un effetto devastante.
E a questo si sono aggiunti altri rincari, praticamente di tutto: luce, gas, benzina…Nel prossimo trimestre, Nomisma (l’istituto storicamente vicino a Romano Prodi) prevede un ulteriore 4 per cento di aumento sia della luce che del gas…
Forse è il caso che il Pdl si concentri su questi dati: specchio della crisi sociale, e – insieme – del naufragio del Governo Prodi.
Daniele Capezzone
>>Da: er Drago
Messaggio 6 della discussione
Pane low cost..
Pare che alcuni panettieri che in queste settimane vendevano il pane ad 1€ o giù di li siano stati costretti a piantarla li....
Padova accordo del Consorzio dei produttori con i consumatori Ma l'associazione dei commercianti si ribella
La guerra del pane low cost Fornai, nel mirino chi taglia i prezzi
PADOVA - La notizia che l'ha spaventato è uscita su "L'arte bianca", il giornale dei fornai e dei panettieri. "C'era scritto che in India i poveri hanno dato l'assalto ai forni, perché non riuscivano più a comprare il pane, troppo caro. E io mi sono detto: con l'aria che tira, con tutti quelli che accusano noi fornai di affamare il popolo, sta a vedere che può succedere anche in Italia. E' per questo che ho proposto di abbassare il prezzo del pane, quello comune, che viene comprato dalle famiglie a reddito più basso".
Gino Federico Sabbadin, fornaio, figlio e nipote di fornai, l'ha fatta grossa: ha spaccato il fronte finora compatto dei produttori di michette, rosette e filoncini, dicendo a chiare lettere che il prezzo del pane non solo può essere frenato, ma può addirittura fare un passo indietro. "In pratica, abbiamo proposto di ribassare il pane comune da 3,50 a 2,70 euro al chilo. Tutti gli altri fornai si sono arrabbiati, ma noi andiamo avanti comunque. La nostra strada è quella giusta".
A dare il via alla guerra dei forni è stato il Consorzio panificatori riuniti, 50 imprese fra Padova e provincia. Ha fatto un accordo con due associazioni di consumatori (Adusbef e Codacons) e ha annunciato che, cominciando da Pasqua, abbasserà i prezzi. "Il pane comune rappresenta il 30% del venduto. Ognuno potrà comprare montassù, mantovanine, spaccatine e sfilatini - pezzature da 80 a 100 grammi - risparmiando qualche soldo. Se le famiglie non arrivano più a fine mese, non possiamo fare finta di niente. E nemmeno possiamo continuare a lamentarci del prezzo della farina e dell'energia. Qui si rischia la rivolta".
Il signor Gino Federico Sabbadin non sapeva di accendere una miccia. "Se il Consorzio vende a 2,70 - dice infatti Luca Vecchiato, presidente dei panificatori Ascom di Padova e di tutto il Veneto - manda a dire ai cittadini che tutti gli altri fornai che vendono a 3,50 sono dei ladri. E questo vi sembra un bel messaggio? Noi, dati alla mano, possiamo dimostrare che il prezzo del pane oggi non può diminuire. La farina è aumentata del 112 per cento. Il pane comune costava 5.500 lire al chilo quando ancora c'era la lira. Tradotto in euro si arriva a 2,70 di oggi, proprio il prezzo proposto dal Consorzio. Ma i costi ai tempi della lira erano ben diversi. Insomma, quelli del Consorzio si vogliono fare pubblicità, a scapito di tutti noi. Ma lo sa cosa sta succedendo? I clienti arrivano nei nostri negozi e chiedono: "Dov'è il pane a 2,70?". Si arrabbiano perché non c'è, e i fornai inferociti protestano con me".
Il signor Sabbadin non arretra. "Le polemiche non mi spaventano. Io guardo avanti e dico che se non cambiamo le cose rischiamo grosso. Anche nel 2000, quando abbiamo avviato la campagna "Buono come il pane" e abbiamo cominciato ad andare nelle scuole per dire che il pane fresco è meglio delle merendine, gli altri fornai ci guardavano male e dicevano che noi dobbiamo impastare la farina e non fare i maestri a scuola. Adesso che i ragazzini - i dati lo dimostrano - hanno ricominciato a mangiare il pane fresco, tutti sono d'accordo".
>>Da: Graffio
Messaggio 7 della discussione
Piu' che altro...io ho girato parecchio....ma il "pane spiaggia" ancora non l'ho mangiato.
>>Da: micia
Messaggio 8 della discussione
Io per ovviare il problema, ho comprato la macchina che fa il pane.
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Bankitalia: a fine 2007 debito pubblico in calo al 104% del Pil
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
“Al 31 dicembre del 2007 il debito delle Amministrazioni pubbliche è risultato pari a 1.596.762 milioni (104 per cento del Pil). Alla stessa data del 2006 esso era pari a 1.575.636 milioni (106,5 per cento del Pil)”. Lo rende noto Bankitalia presentando i dati relativi al debito e al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2007. “Nel 2007 il fabbisogno complessivo delle Amministrazioni pubbliche è stato pari a 30.534 milioni (2 per cento del Pil). Nel 2006 era risultato pari a 54.380 (3,7 per cento del Pil). Nei due anni il fabbisogno al netto delle dismissioni mobiliari è stato pari, rispettivamente, al 2,2 e al 3,7 per cento del Pil. Sono state apportate alcune revisioni ai dati relativi al debito e al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche per gli anni precedenti. Le revisioni sono dovute, oltre all’ordinario aggiornamento delle fonti, all’inclusione fra gli strumenti di copertura del fabbisogno delle giacenze del conto ordinario detenuto dalle Ferrovie dello Stato presso la Tesoreria, d’accordo con il ministero dell’Economia e delle finanze”.
Ernesto Ianni
>>Da: Elios8943
Messaggio 2 della discussione
31 mld in più di introiti e 21 mld in più di debiti.....un vero capolavoro prodiano..
>>Da: geronimo
Messaggio 3 della discussione
Ancora in crescita le entrate fiscali. A gennaio del 2008 sono risultate pari a 31,2 mld di euro, circa 3 mld in piu' rispetto a gennaio dell'anno precedente quando erano risultate pari a 28,3 mld. E' quanto risulta dal consueto bollettino della Banca d'Italia sulla finanza pubblica. Nel mese di dicembre del 2007 le entrate erano ammontate complessivamente a 74,9 mld.
31 miliardi di euro in più: che fine hanno fatto? Se li destinavano alla riduzione del debito pubblico, lo stesso non sarebbe aumentato di 21 miliardi di euro bensì DIMINUITO di 10 miliardi di euro
Tassa e spendi ecco l'ennesima conferma.
>>Da: er Drago
Messaggio 4 della discussione
E il tesoretto da 10 miliardi dove sta'?
>>Da: micia
Messaggio 5 della discussione
Un come Prodi, assieme a tutti i suoi ministri, dovrebbe stare in galera per dieci vite, a scontare tutto il male che ha fatto all'Italia e a tutti gli Italiani.
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Nasce il rivelatore di armi e droga a raggi T
>>Da: Elios8943
Messaggio 1 della discussione
Promette un impatto notevole in senso positivo sulla sicurezza e l'antiterrorismo la telecamera a raggi T che e' in grado di individuare sotto i vestiti esplosivi, liquidi, sostanze stupefacenti, armi, plastica e ceramica.
Sviluppato da ThruVision Ltd, una societa' britannica specializzata in strumenti scientifici e tecnologici che opera con l'Esa, l'istituto europeo di ricerca spaziale, il T5000 sara' inaugurato il 12 e 13 marzo 2008.
L'azienda produttrice la vanta come l'unica macchina del suo genere disponibile in commercio al mondo, rassicura sul fatto che essa possa rivelare oggetti metallici e non metallici nascosti sotto gli abiti ma nessun dettaglio del corpo e garantisce l'assoluta innocuita' dei raggi T, a differenza dei raggi X tradizionalmente usati.
Inoltre, i soggetti esaminati possono essere fissi o in movimento, riducendo il problema dei colli di bottiglia generati da altri sistemi di controllo. Il tutto anche da una distanza di 25 metri, quindi ideale per aeroporti, stadi, altri obiettivi sensibili e luoghi all'aperto.
Tecnicamente, il sistema si basa sull'immagine passiva generata dallo spettro elettromagnetico dell'ordine dei terahertz, cioe' una forma di energia a basso livello emessa naturalmente da tutti i materiali, compresi rocce, piante, animali e persone. Il T5000 raccoglie passivamente questi raggi naturali e li elabora per formare le immagini che rivelano oggetti nascosti.
L'idea e' nata dagli studi degli astronomi, che utilizzano telecamere a raggi T che possono vedere attraverso le nuvole di polvere dello spazio, rivelando cio' che sta al di la'. Per una volta non sono stati gli investimenti fatti nella ricerca tecnologica militare a portare progresso nella scienza pacifica (come accaduto col radar, l'energia nucleare e l'ambulanza teleguidata), ma il contrario.
Se questo strumento permette di accorciare i tempi ai check in ben venga!
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Libera l'investitrice della piccola Batute, ad Ardea
>>Da: Elios8943
Messaggio 2 della discussione
L'ha investita, è scappata.
E' già fuori.
Fantastico no???
Monica Iacoangeli, 27 anni, ha l'obbligo di firma
E' accusata di omicidio colposo e omissione di soccorso
Incidente Ardea, scarcerata la donna
che investì e uccise una ragazzina
ARDEA (Roma) - Provvedimento di scarcerazione per Monica Iacoangeli, la donna di 27 anni che giovedì sera ha investito e ucciso a Tor San Lorenzo, vicino a Roma, Batute Oueslati, una ragazza di 13 anni che stava attraversando la strada.
La Iacoangeli, a cui è stata notificata la decisione intorno alle 13 nel carcere romano di Rebibbia, dovrà però firmare ogni giorno il registro dei sorvegliati presso la locale stazione dei carabinieri. La donna è accusata di omicidio colposo e omissione di soccorso.
Ancora non si sa se i funerali della ragazzina potranno svolgersi domani.
Giovedì scorso verso le 21.30, Batute Oueslati stava cercando di attraversare la strada quando è stata investita da un'auto che dopo l'impatto non si è fermata per prestare soccorso. Successivamente la ragazzina, di origine tunisina, è stata portata all'ospedale Sant'Anna di Pomezia, dove è deceduta poco dopo per le gravi lesioni riportate.
La Iacoangeli è stata rintracciata dai carabinieri della Compagnia di Anzio il giorno dopo l'incidente. Portata in caserma ha confessato, spiegando agli investigatori di non avere avuto il coraggio di fermarsi a soccorrere la ragazzina.
>>Da: er Drago
Messaggio 2 della discussione
Vogliamo parlare del ragazzo accusato di favoreggiamento?
Bel tipo....nasconde l'auto della sua ragazza e la protegge.
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Truffa online al ministero dell'Istruzione
>>Da: Elios8943
Messaggio 5 della discussione
13 milioni di euro finiscono in Egitto
Un truffa online da più di 13 milioni di euro: a esserne vittima, il ministero dell'Istruzione, che a gennaio avrebbe visto sparire la cifra dal suo conto online aperto presso Poste Italiane. L'indagine avrebbe già individuato sia i truffatori, che pare siano legati ad altre inchieste sul riciclaggio della 'ndrangheta, sia la destinazione del denaro, il conto corrente intestato all' "Egyptians for Investment and tourism" presso la National Bank of Egypt del Cairo, che ora è stato bloccato.
Il denaro prelevato dal conto online, però, sarebbe prima transitato su un altro conto corrente, intestato questa volta a una fittizia società di Bologna, per poi dirigersi verso l'altra sponda del Mediterraneo. Al Cairo un italiano si sarebbe presentato alla Banca per prelevare 50 mila euro dal conto degli "Egyptians": scattati i controlli del caso, la Banca è stata allertata da Interpol e ha bloccato l'operazione.
Ora le Poste Italiane si difendono dalle accuse di "scarsa protezione" dei conti correnti mosse dal Ministero e affermano che la truffa non sarebbe avvenuta via Internet, ma tramite una persona che si sarebbe fatta identificare come delegata dal ministero al prelievo. Saranno le indagini del pm Vincenzo Barba a fare luce sulla vicenda.
Ea noi fanno usare la carta di credito per prendere il caffè, qui basta presentarsi "come delegato dal ministero al prelievo" e tiri su 50.000 euro..inoltre, il ministero ha un conto con su 13 milioni di euro su Poste Italiane (avrà anche la postepay? ) e questi se li fanno fregare così? Complimenti, davvero una sicurezza stile fort knox...
>>Da: Silvio
Messaggio 2 della discussione
Sicuramente qualche dipendente impedito del ministero avrà installato qualche cavallo di troia, keylogger ecc. Oppure semplicemente si è fatto fregare dal phishing...
Silvio
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 3 della discussione
Posteonline, poi...non son capaci nemmeno di gestire il servizio di recapito della corrispondenza.
Immagino il resto.
>>Da: er Drago
Messaggio 4 della discussione
Ecco perchè Prodi lascia..eheh, ha succhiato tutto ed ora si ritira....
>>Da: micia
Messaggio 5 della discussione
Mi domando, ma a quel gancio storto che ha aperto il conto gli hanno dato il premio produttività "casta"?
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Forse "Il porcellum" ci salverà!?
>>Da: Barbara
Messaggio 4 della discussione
Dopo anni di partito unico (prima repubblica) e dopo un bipolarismo disomogeneo soprattutto a sinistra si imbocca la strada di due grandi partiti come in tutte le più grandi democrazie e paradossalmente il sistema elettorale vigente favorisce questa formazione avendo la possibilità i partiti di decidere tutto. Si spera per l'ultima volta.
>>Da: Elios8943
Messaggio 2 della discussione
Speriamo davvero Barbara!
>>Da: Silvio
Messaggio 3 della discussione
Dopo le elezioni comunque si dovrà procedere finalmente a modificare questa legge entro un anno (altrimenti scatta il referendum).
Speriamo che finalmente si opti per una riforma giusta e si possano rinserire le preferenze.
Silvio
>>Da: geronimo
Messaggio 4 della discussione
Speriamo che sia l'ultima volta veramente.
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Programma del Pd: sondaggio
>>Da: Graffio
Messaggio 2 della discussione
Quale delle promesse veltroniane è più spassosa?
-"renderemo certe le pene carcerarie"
-"abbasseremo le tasse"
-"faremo la legge sul conflitto d'interesse"
-"cambieremo il Paese"
Quale dei 4 propositi fa più ridere?
>>Da: micia
Messaggio 2 della discussione
"abbasseremo le tasse"
"Come ho già fatto a Roma, dove ho triplicato l'aliquota irpef"..
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TENNIS, FEDERER: LA MONONUCLEOSI? ORA STO BENE
>>Da: Graffio
Messaggio 1 della discussione
A tre giorni dall'inizio del Masters Series di Indian Wells, Roger Federer assicura di aver superato i problemi causati dal virus della mononucleosi che ha condizionato il suo inizio di stagione. "Mi sento bene: è tutto tornato alla normalità e la mononucleosi è ormai alle spalle - ha detto il numero 1 del mondo, oggi a New York per affrontare ancora una volta in esibizione Pete Sampras -. Sono sorpreso dello scalpore che questa storia ha potuto fare. Volevo aspettare un po' per essere sicuro che io fossi guarito prima di parlarne. Il caso si è presentato a Dubai. Non avevo motivi per mentire su questo argomento. Non volevo che se ne parlasse a Indian Wells".
Si e' ciucciato una pallina?...
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Ma come con Prodi aumenta l'evasione???
>>Da: micia
Messaggio 1 della discussione
EURISPES, SEMPLIFICARE TASSE E TAGLIARLE DI 2-3 PUNTI
Le tasse in Italia sono troppe e troppo alte, e non si puo' ritardare una riforma, a pena di "mortificare e opprimere le imprese e mettere in difficolta' le famiglie"; lo ha detto il presidente di Eurispes Gian Maria Fara presentando un "Osservatorio permanente sulle politiche fiscali". L'Osservatorio e' diretto da Francesco Fratini ed ha elaborato una proposta che prevede, ad invarianza di gettito, il taglio di 2-3 punti per tutte le aliquote e la contestuale abolizione delle deduzioni e detrazioni che complicano il rapporto con il fisco. Fara ha sottolineato che "la pressione fiscale, proprio perche' cosi' alta, incoraggia il sommerso e oggi una famiglia media italiana per arrivare a fine mese con un livello di vita dignitoso ha bisogno di un'integrazione di reddito di circa 1.300 euro. Un sommerso da sopravvivenza. Si registra una crescita notevole del doppio lavoro. E se vale per le mafiglie, le aziende hanno gli stessi problemi". Il sommerso "e' cresciuto negliultimi due anni - ha detto Fara - ed e' passato dal 29,2% del Pil nel 2005 al 35% del pil nel 2007, a quota 550 miliardi di euro. Per una evasione che si puo' quantificare in 275 miliardi". Per questo, e' necessario tagliare tutte le aliquote di 2-3 punti percentuali con l'abolizione di detrazioni e deduzioni. "In questi termini per effetto di una manovra a costo zero ottenuta attraverso la riduzione e l'appiattimento delle aliquote Irpef e il contestuale allargamento della base imponibile (l'ammontare complessivo delle deduzioni e delle detrazioni attualmente in vigore comporta una perdita di gettito per l'erario pari a circa 15-16 miliardi di euro), si otterrebbe oltre ad una ovvia rimodulazione del carico fiscale tra i diversi contribuenti, una significativa semplificazione in termini di adempimenti tributari nonche' un notevole snellimento delle procedure di accertamento".
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Non dimenticare la superiorità di Israele
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Gabriele Cazzulini
Quando il sangue dei morti è ancora caldo e invade la retina degli occhi, esplode una pandemia di emozioni e appelli all'azione. Le otto giovani vittime della yeshiva, otto agnelli sacrificati sull'altare dell'odio, sono stati la prima parola di un discorso continuamente iniziato e mai concluso: siamo nel giorno in cui il Tempio fu distrutto e domani inizierà la nostra dannazione. Quindi ecatombe, diaspora, olocausto. Infatti i giornali e i politici israeliani più sensibili alla retorica dell'apocalisse preannunciavano l'avvento della terza intifada, racimolavano le solite informazioni sul coinvolgimento di Siria e Iran, predicavano furibonde ritorsioni su Gaza. Allo stesso tempo i media globali rispecchiavano questo trambusto chi puntando l'indice contro gli arabi e chi invece contro gli israeliani stessi. Per gli stranieri il conflitto arabo-israeliano è diventato una specie di derby con tifoserie opposte che adorano la loro metà odiando l'altra. Come sempre accade quando sono stati piantati gli ultimi chiodi sulle bare, improvvisamente questo caos ammutolisce. Il giorno dopo, il giorno dopo ancora e così via, tutto ritorna nella media. E' l'istinto vitale che predomina e quando l'animo vive in terra santa la vita è ancora più tenacemente aggrappata alla vita.
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La situazione serba dopo le dimissioni di Kostunica
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Daniele Martino
Lo scorso 8 marzo il primo ministro serbo Vojislav Kostunica ha formalizzato le proprie dimissioni. Questo è l'effetto più evidente delle tensioni che interessano la Serbia, divisa tra la cooperazione con l'Europa e le sirene di Mosca. Le dimissioni di Kostunica rappresentano sicuramente la rottura dell'asse anti-nazionalista con il presidente moderato Boris Tadic, decretando così una situazione di stallo ed un pericoloso avvicinamento dei conservatori di Kostunica ai nazionalisti di Tomislav Nikolic, il candidato sconfitto da Tadic alle presidenziali del 3 febbraio scorso. Tuttavia non si vedono mosse che possano risolvere la complicata situazione serba; difatti Kostunica non ha avanzato alternative, limitandosi a proporre nuove elezioni per l'11 maggio: tale proposta è stata formalizzata dal presidente Tadic senza particolari entusiasmi, in virtù delle incognite che il voto politico è in grado di produrre. Una nuova chiamata alle urne in Serbia non è un segnale positivo, perché sarebbe la terza in poco più di tre mesi e decreterebbe un'ulteriore perdita di credibilità per le istituzioni del paese; ciò quasi certamente produrrebbe una flessione della partecipazione al voto, favorendo così l'elettorato nazionalista e ultranazionalista.
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Il costo del denaro e la crescita economica dell'eurozona
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Emanuela Melchiorre
Si è persa ancora una volta l'occasione per dare slancio alle economie dei paesi dell'eurozona. Infatti, nonostante gli imprenditori europei chiedessero a gran voce una diminuzione del tasso di interesse della Bce per ridurre la differenza tra euro e dollaro, che sta fortemente penalizzando le esportazioni europee, specie nei confronti degli Stati Uniti, il banchiere centrale, Jean-Claude Trichet, ha confermato questa settimana che il prezzo del denaro da lui stabilito al 4%, ovvero il tasso di interesse di riferimento dell'eurozona, non subirà variazioni, in vista delle previsioni di marzo della Bce che ha rivisto al rialzo, rispetto alle previsioni dello scorso dicembre, il tasso annuo di inflazione stimato per il 2008 e quello per il 2009.
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La macchina elettorale del Pdl scalda i motori
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Andrea Camaiora
Leggendo i quotidiani e guardando la tv negli ultimi giorni si capisce bene dove stia conducendo questa campagna elettorale. Ne è un chiaro esempio l'operazione «rimozione della memoria» del recente passato di governo, di cui scrive anche Galli Della Loggia dopo che Berlusconi nei giorni scorsi aveva ampiamente denunciato i tentativi illusionistici del Veltroni-Houdini. Berlusconi comunque vincerà queste elezioni. Ma come si fa a non vedere che il Pd sta tentando il tutto per tutto? Il passo indietro di Prodi ieri - e forse anche quello di Bassolino dopodomani - e l'acquisto di Calearo sono segnali inequivocabili. La verità è che occorre cambiare rapidamente il passo. Berlusconi l'ha capito e ha inteso rompere il torpore della campagna elettorale con un gesto eclatante (a dire il vero neppure troppo), ricordando agli italiani che la sinistra è sempre la stessa: prima delle elezioni prende impegni ma, appena il voto è alle spalle, ne fa carta straccia. Questo gesto, ovviamente messo al centro dagli organi di informazione e ancora più ovviamente bersagliato dalla sinistra, è stato più che mai necessario.
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L'eredità «fiscale» del governo Prodi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Fabrizio Goria
Spendere meglio per spendere meno. Recita più o meno così la ricetta di Walter Veltroni per il risanamento dei conti pubblici ed il taglio delle imposte. Ma una volta finita la demagogia, servono misure strutturali per il rilancio del paese. Coloro i quali fino al 14 ottobre scorso facevano parte dell'Ulivo sono gli stessi che ora compongono il Partito Democratico e sono sempre loro ad aver aumentato il carico fiscale dell'Italia. Sì, perché se nel 2004 eravamo a quota 40,6%, nel 2007 siamo arrivati alla cifra di 43,3% del Pil. Il minimo degli ultimi anni si è registrato nel 2005, con il governo Berlusconi, quando la pressione fiscale si attestò al 40,5%, un segno della buona politica promossa dal ministro Tremonti, che riuscì ad abbassare il peso tributario per cittadini ed imprese per far fronte ad una congiuntura economica in rilancio dopo la crisi post 11 settembre.
Ma non bastano questi numeri per chiarire la situazione che viene lasciata dal governo Prodi. Infatti le imposte dirette (Irpef ed Ires) hanno subito un aumento del 9,5% dal 2004, mentre quelle indirette (Iva) sono cresciute del 2,6%. Si tratta dei dati più elevati dal 1997, in netto aumento negli ultimi mesi del 2007, anche in concomitanza con il rallentamento della crescita economica, l'impennata del tasso inflazionario e la conseguente perdita di potere d'acquisto delle famiglie italiane. Gli effetti disastrosi delle politiche economiche promosse dall'attuale esecutivo si possono osservare anche volgendo lo sguardo al mondo delle imprese, con i dati relativi alla produzione industriale, in notevole rallentamento, pari al 6,5% rispetto all'anno precedente, per il quarto trimestre 2007. Ma tutto questo è nulla se non si tiene conto dell'economia reale, quella lontana dai consigli d'amministrazione di banche e multinazionali. I cittadini hanno una percezione molto più negativa di quello che è la vita economica quotidiana, divisa fra bollette sempre più onerose e beni di prima necessità con aumenti del tutto ingiustificati.
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Gli italiani chiedono sicurezza, ma il Pd non può rispondere
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
di Antonio Maglietta
La sicurezza personale va considerata una priorità del nuovo governo - addirittura al primo o al secondo posto - per otto persone su dieci: il dato emerge da una ricerca di Confcommercio con riferimento ai programmi degli schieramenti politici per le prossime elezioni. L'83,6% degli italiani, secondo la ricerca, si sente esposto a tutti i tipi di reati «comuni» (rapina, furto, scippo e borseggio); la stragrande maggioranza, tra il 70 e l'80%, ritiene che l'aumento del fenomeno della criminalità sia legato all'aumento dell'immigrazione. Ma, allo stesso tempo, il 54% ritiene che il modo migliore per contrastare l'immigrazione clandestina sia quello di agevolare la regolarizzazione (anche se a questo dato fa in qualche modo da contrappeso quel 38,6% che ritiene l'intensificazione delle espulsioni la migliore «medicina» per curare l'immigrazione clandestina).
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Prodi va, ma resta
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Gianni Baget Bozzo
Zapatero vince le elezioni in Spagna. I socialisti, guidati dal sindaco di Parigi, vincono in Francia. Romano Prodi lascia la politica in Italia. La crisi del governo del Professore è avvenuta in un modo oscuro, con l'azione giudiziaria contro l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella e la reazione del leader dell'Udeur che ha fatto cadere l'esecutivo. Ambedue i protagonisti non siederanno in parlamento. Eppure sembrava che una mano invisibile avesse guidato la crisi e che ormai il Partito Democratico avesse avuto qualche conoscenza di questa mano, perché la decisione di anticipare le elezioni nel 2008 e di mandare Prodi fuori subito deve essere stata presa già quando il caso Mastella è scoppiato. Cade così il concetto della guerra contro Silvio Berlusconi, che ha guidato la campagna del 2006 e la gestione del governo, riproducendo la guerra civile continua non sui contenuti della politica ma sulle persone che la esprimevano.
Andiamo alle elezioni con la crisi dello Stato e la crisi della politica in proporzioni che ricordano gli anni '40. Allora la tempesta era mondiale, oggi è una burrasca fatta in casa. La crisi dello Stato nasce dai rapporti tra il parlamento e la giustizia, un antico problema del diritto parlamentare che era stato risolto con l'autotutela del corpo politico mediante l'immunità parlamentare. La magistratura ha colpito una parte politica e non l'altra e quella salvata, cioè la sinistra, è diventata il partito della magistratura, mettendo così in crisi la legittimità del parlamento. È nato così un partito dell'antipolitica, che non è solo quello di Beppe Grillo, ma quello presente nel concetto diffuso che il politico è al di sotto di ogni sospetto. La decisione della magistratura di scegliere i reati contro l'amministrazione come indagine preferita ha condotto non solo alla delegittimazione del parlamento nel suo insieme, ma ha alimentato una lotta continua all'interno della stessa maggioranza Prodi, proprio espressa dalla guerra fra Mastella e il ministro Antonio Di Pietro, che ha condotto alla fine del governo. Il parlamento non è stato mai tanto delegittimato dai tempi in cui nacque il fascismo e se oggi fosse possibile che un uomo avesse la possibilità suprema di conciliare il conflitto tra parlamento e magistratura sarebbe eletto anche se ne limitasse la libertà.
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Sarkozy punito per eccesso di concertazione
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
di Giorgio Bastiani
I sondaggi avevano ragione: l’Ump del presidente Nicolas Sarkozy ha subito una sconfitta nel primo turno delle elezioni amministrative in Francia, che si sono tenute domenica scorsa. Prima di scrivere un necrologio alla leadership del presidente occorre attendere i risultati del secondo turno, che si terrà domenica prossima. Ma già è possibile indagare su una disaffezione diffusa nei confronti dell’Eliseo che i sondaggi avevano registrato anche prima delle elezioni. Un primo fattore è fisiologico: le elezioni amministrative hanno sempre punito chi è al governo in Francia. Ma c’è dell’altro. L’obiettivo dell’abolizione delle 35 ore (fondamentale per il rilancio dell’occupazione) è stato raggiunto solo in parte, perché ora si può lavorare di più solo nelle grandi aziende, non nelle piccole. Il braccio di ferro con i sindacati è stato vinto dall’Eliseo, ma a prezzo di una dilazione della riforma delle pensioni. Così come è finito in un compromesso anche il contemporaneo confronto con gli studenti ribelli. Peggio ancora dei risultati mancati, è il metodo Sarkozy: aveva promesso di rivolgersi direttamente ai cittadini, ma nel suo anno di presidenza ha dovuto accettare la concertazione con i corpi intermedi. Un riformatore come Reagan insegnava che i primi 100 giorni sono fondamentali. Questo principio vale per un popolo impaziente ed esigente come quello francese.
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Anche in Spagna il bipartitismo è tutto meno che “perfetto”
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Paolo Della Sala
I media monopolisti italiani presentano i risultati elettorali spagnoli in maniera partigiana. La percezione che passa nell’elettorato (rafforzata dall’enfasi sulla “sconfitta di Sarkozy” nelle amministrative francesi) è tutta made in Italy. Sono i “socialisti” italiani a dire che in Spagna ha vinto il veltronismo. Solo che Veltroni non è Zapatero. In effetti il Psoe ha vinto, ma con un margine che non gli consentirà di governare da solo. Il Psoe passa da 164 deputati a 169, mentre il Partito Popolare aumenta da 148 a 153. Il quadro presenta somiglianze con quello del governo Prodi: Zapatero è condannato a governare con i piccoli partiti di sinistra e con i nazionalisti (i catalani del Ciu in primo luogo). Ma i partiti minori sono irritati per aver pagato dazio ai grandi, e Convergencia y Union (Ciu) comincia a porre dubbi sull’alleanza con Zapatero, forse per far salire il prezzo del suo appoggio. La Spagna, inoltre, mostra segni di cedimento in alcuni settori economici, il che non semplifica il quadro. Tuttavia Zapatero è un abile diplomatico e certamente saprà continuare nel solco delle sue idee. Non ha un partito sandwich come il PD, mix di postcomunisti e postdemocristiani, con contorni radicali. Il Psoe è, al contrario, un partito coeso, e questo non è poco.
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Italia 1999: quando D'Alema portò un fascista al governo
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 5 della discussione
Da Repubblica del 24 dicembre 1999
Romano Misserville, una vocazione littoria fin dall'anagrafe, è stato precoce sempre: entrato nel Movimento sociale a 15 anni, si è laureato a 20, è stato il primo missino a presiedere il Senato a 60. Oggi, a 65, è il primo fascista in un governo di centrosinistra. Poiché detestava Scalfaro, ha chiamato il suo cane sanbernardo Oscar. Poiché aveva un senso forte del partito, ha chiamato sua figlia Fiammetta. E' avvocato. Tiene un ritratto a olio di Mussolini sopra la scrivania. Oggi sta con Mastella, e fa il sottosegretario di D'Alema. Almirante lo considerava un enfant prodige, Fini da ieri uno dei "puttani della politica".
Come va, senatore Misserville?
"Benissimo grazie". Cominciamo dalle definizioni. Lei è fascista? "Lo sono stato e non rinnego. Sono un uomo di destra, certo".
E come si trova un uomo di destra in un governo di sinistra?
"Quale governo di sinistra?".
Scusi: di centrosinistra.
"No guardi. Questo è un governo che sta facendo un'azione, tra virgolette, di destra".
Fuori dalle virgolette?
"Anche. D'Alema non è uno che porta sulle spalle un bagaglio ideologico. Non nella sua azione di governo. È un uomo pratico, ha a cuore la stabilità. Ha messo a fuoco i temi giusti".
Che sono?
"Ripresa economica, riforme, disoccupazione, sfiducia dei cittadini nella politica. Il mio maestro di politica mi ha insegnato a guardare a questo".
Il suo maestro è?
"Almirante. Dopo di lui non ho più avuto grandi rapporti di stima né di collaborazione politica. Aveva un'altra stoffa".
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Altra rispetto a chi?
"A tutti quelli che sono venuti dopo". Non ne rintraccia nessuno, alla sua altezza? "D'Alema, forse. Ha uno stile che gli somiglia".
In cosa, se può dirlo?
"Nel fatto che anche D'Alema, come Almirante, sa coniugare la militanza politica di parte con una visione obiettiva dei compiti di un capo di governo".
Almirante non ha mai guidato un governo.
"Lo avrebbe fatto così. Nemmeno D'Alema prima d'ora d'altra parte".
Sì. Lei però di D'Alema ha detto cose come "il lupo non diventerà mai vegetariano", "i sorcetti hanno fatto presidente er gatto", e il gatto era lui.
"Schermaglie politiche. Sul piano personale ho sempre avuto stima di lui. Le persone intelligenti e serie meritano rispetto".
Il ritratto di Mussolini se lo porta al ministero? "Certo, è un cimelio".
Senza imbarazzo.
"Ma quale imbarazzo? D'Alema avrà lo stesso rispetto di Togliatti che io ho di Mussolini e di Almirante".
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
O del maresciallo Graziani, che guidò l'aggressione all'Etiopia e fu ministro della Guerra nella Repubblica di Salò. Lei gli ha intitolato un museo, no?
"Una sezione di un museo, quando ero sindaco di Filettino, sì. Un cittadino illustre, lo meritava".
Parliamo del suo passaggio con Mastella. Quando lei ha lasciato An...
"No, non l'ho lasciata. Sono stato espulso. Ne sono orgoglioso".
L'hanno espulsa per via del fatto che fondò "Destra di popolo" e portò via i 169 milioni del finanziamento pubblico.
"Ma pensa che io volessi cento milioni per me? Io faccio l'avvocato, ho due studi legali. Ho un cavallo che li vale per gamba 100 milioni. Quei soldi li ho presi per restituirli ai poveri. Li ho dati tutti ai vecchi e ai disoccupati del mio collegio. Ho pubblicato i bilanci, ho le copie degli assegni. Facevo campagna contro il finanziamento pubblico con un paio d'anni d'anticipo. Mi pare che Fini non abbia ancora restituito nemmeno il rimborso, del finanziamento".
Chissà se anche Mastella li regalerebbe ai poveri, i soldi del finanziamento.
"Non so, sono posizioni personali. Lui ha questa fama di acchiappa- poltrone che trovo ingiusta. Si è dimesso dalla vicepresidenza della Camera, non è diventato ministro, non ha posto nemmeno nel governo bis il problema della sua candidatura. Mastella è solo concreto".
Concreto vuol dire?
"Lucido. Mette un'idea pratica in ogni pensiero politico".
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 4 della discussione
Invece Cossiga? Perché ha lasciato Cossiga per Mastella? "Cossiga poteva essere il De Gaulle italiano, poi si è perso e immiserito nelle polemicuzze. In realtà gode solo a sparigliare i giochi. Si diverte".
E lei si diverte? Si è divertito da vicepresidente del Senato?
"No, quello è un ruolo da arbitro. Era un osservatorio privilegiato, ma noioso. Bisognava sempre moderarsi".
Per esempio non poteva dire, come ha detto, "sono pronto a spezzare i denti a chi mi contesta".
"Vis polemica. Io non sono un violento. Sono un uomo di legge".
Quando ha chiesto di fare il sottosegretario le hanno detto subito di sì?
"Non l'ho chiesto. Me l'hanno offerto loro".
E se dovessero pentirsi?
"Non vedo perché. Chi dovrebbe pentirsi, scusi?".
>>Da: firefox65
Messaggio 5 della discussione
Per non dimenticare!
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Prodi&D'Alema: una politica estera da dimenticare
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Luigi Compagna
Può darsi che il dolore provato ieri per la scomparsa di sua madre abbia distolto l’attenzione del Ministro D’Alema dalla campagna elettorale. Fra gli aspetti più interessanti di quest’ultima non manca una attenzione alle questioni di politica estera superiore al passato. Sport esclusivo dei re, o quanto meno delle aristocrazie, una volta fra vicende internazionali e suffragio universale valeva la regola dei “corpi separati”. Oggi è diverso.
A Napoli e provincia nei giorni scorsi l’attuale Ministro degli esteri aveva mostrato fastidio a discutere di immondizia regionale ed ansia di parlare delle cose del mondo. Con riferimento al Medio Oriente, non ha mancato ieri di farlo Fiamma Nirenstein, presentando la sua candidatura in Liguria con il Popolo della libertà. Gli argomenti della Nirenstein sono parsi opposti a quelli di D’Alema.
Il Ministro anela ad un equilibrio che riporti il mondo all’idea di pace di Kant (anche per tenere lontano il pacifismo alla Gino Strada, che pur ebbe a dominare la Farnesina nei giorni del sequestro di Mastrogiacomo) e che guardi all’Onu come alla suprema fonte di legalità, ma anche moralità, del diritto internazionale. Per la Nirenstein non è affatto detto che ogni Paese arabo, per paura delle reazioni dei propri integralisti islamici, debba sempre condividere il fronte dell’odio anti-israeliano e cita il re di Giordania Abdullah come buon esempio per aver egli coraggiosamente condannato le ripugnanti manifestazioni di gioia che, a Gaza e a Ramallah, avevano festeggiato la strage di Gerusalemme.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Intanto la scorsa settimana, per volere della Libia, l’Onu aveva esplicitamente rifiutato di condannare la carneficina, mentre non aveva esitato nei giorni precedenti a protestare perché Israele usava “mezzi sproporzionati” contro la pioggia di missili provenienti da Gaza. Il discorso implica una attenta considerazione del ruolo giocato, dietro Hezbollah e Hamas, soprattutto dall’Iran.
Un anno e mezzo fa si ritenne onore e gloria della politica estera italiana l’incontro fra Prodi ed Ahmadinejad a New York. Eppure quel breakfast di prima mattina era avvenuto nello stesso giorno in cui alla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il presidente iraniano aveva rivendicato l’irrinunciabile diritto del suo paese tanto al nucleare quanto all’antisionismo. Nelle settimane successive sarebbe stato Giorgio Napolitano a ricordare come anche l’antisionismo fosse antisemitismo.
La Nirenstein ha sottolineato ieri come l’esecutore dell’attentato di Gerusalemme provenisse da un mondo dedito al terrorismo (“niente disperazione da disoccupazione o fame, ma adesione all’ideologia di chi vuole distruggere Israele, ovvero Hamas ed Hezbollah. La famiglia è benestante e si è vantata dell’accaduto: ha trattato gli israeliani, specie giornalisti, che andavano a guardare le bandiere di Hamas che sventolavano sulla loro casa, come fossero loro i colpevoli del disastro…”).
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Lo stile della giornalista era già quello delle premesse alle interrogazioni parlamentari. Il Ministro forse aveva creduto di essere già in grado di rispondere con l’intervista apparsa ieri sul Riformista dal titolo “Lavoriamo per non isolare l’Iran”. Anche a prescindere dal titolo, il problema delle democrazie occidentali è, invece, proprio quello di “isolare l’Iran” e di non concedere giustificazioni ideologiche al terrorismo.
All’atto di sindacato ispettivo di un parlamentare, nella fattispecie la futura onorevole Nirenstein, ogni Ministro può sopire, eludere, aggirare le “premesse” che lo hanno ispirato. Ma entro certi limiti. A suo tempo, nonostante le perplessità di Benedetto Croce, l’Onu fu per i democratici italiani un punto di riferimento: ad esempio, quando sessanta anni fa le Nazioni Unite fecero nascere Israele. Ci furono poi gli anni successivi alla guerra dei sei giorni: quelli di Arafat al Palazzo di Vetro, quelli dell’antisionismo alla Waldheim, quelli del terzomondismo antioccidentale. Perché in Prodi e D’alema c’è tanta sudditanza nei confronti di siffatta concezione delle Nazioni Unite?
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Sull'Irap le analisi del Sole24Ore dimenticano il programma del PdL
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Francesco Galietti
La comparazione dei programmi elettorali svolta dal Sole 24 Ore sta sorvolando – non incolpevolmente – sull’IRAP.
Manco a dirlo, il PdL, a differenza del PD che ne ha fatto un totem, prevede l’abolizione graduale dell’IRAP. L’eliminazione sarà graduale e partirà dai casi in cui quest’imposta si rivela non solo odiosa – lo è sempre – ma addirittura tirannica.
La buona notizia, da questo punto di vista, è questa: il PdL ha deciso di fare giustizia in ogni caso, e rimediare ai difetti strutturali di un’imposta vista con diffidenza dalla maggior parte degli imprenditori.
Per inciso, l’omertà del quotidiano di Confindustria è quantomeno curiosa se si considera che lo stesso Sole 24 Ore sta invece dedicando notevole attenzione – nelle pagine Norme e Tributi – all’imminente pronuncia della Corte Costituzionale su alcuni aspetti dell’IRAP (attesa per mercoledì).
Più in dettaglio, la Corte Costituzionale è chiamata ad esprimersi su ben sette istanze di remissione proposte dai tribunali di Genova, Chieti e Parma in materia di IRAP.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Una volta tanto, la questione in gioco non è quella dell’IRAP sugli autonomi, su cui pure è stata prodotta – e continuerà ad essere versata – copiosa giurisprudenza, di cui L’Occidentale si è occupato in passato.
I fascicoli in mano alla Corte Costituzionale coinvolgono la costituzionalità del divieto di portare in deduzione dall’imposta sui redditi societari gli importi pagati a titolo di IRAP.
Pagare l’IRAP è un vero supplizio per chi ha molti dipendenti: l’imposta colpisce infatti il costo del lavoro (salari, stipendi, costi per il personale in genere) e del capitale (interessi, costi finanziari, ecc ecc..) e crea pesanti distorsioni tra chi impiega molti dipendenti e chi invece opera con strutture molto leggere.
Il Sole 24 Ore, poi, sta giustamente focalizzando la propria attenzione – interessante il commento di Tesauro di martedì – sulle “duplicazioni” causate dall’IRAP: pagano quest’imposta anche le società che sono in perdita sotto il profilo reddituale (che, cioé, hanno risultati fiscali negativi). E, pur in perdita, sono costrette a pagare comunque l’IRAP, correndo il rischio di doversi indebitare e diventare insolventi pur di assolvere oneri fiscali draconiani.
Ancora, ci sono società che, in perdita, ci finiscono proprio a causa del costo indeducibile rappresentato dall’IRAP, come ha lamentato la Commissione Tributaria Provinciale di Genova nella sua ordinanza di rinvio.
Sul versante elettorale, il programma del PdL recepisce chiaramente le istanze abolizioniste degli imprenditori italiani, a partire dall’IRAP sui soggetti in perdita.
Un vero peccato che il Sole, come gli scolari che mandano a memoria la lezione senza coglierne i risvolti, non faccia i dovuti “collegamenti” con il programma PdL.
Avrà mica paura di mettere in imbarazzo il PD, ancora fermo al dogma dell’assoluta intoccabilità IRAP?
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Una proposta: deregolamentare l'usura per combatterla
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
di Adriano Gianturco Gulisano
Il pensiero unico ha allargato la sua cappa su quella che conosciamo come usura. Legalmente si possono dare soldi in prestito e chiedere un interesse entro limiti ben definiti. Il tasso d’interesse massimo applicabile è periodicamente fissato dalla Banca d’Italia. Altrimenti, credono i benpensanti, banche e le assicurazioni guadagnerebbero troppo, sfruttando la situazione di bisogno delle persone e obbligandole ad accettare un tasso d’interesse troppo alto. Solo per fare profitti. Nasce così l’articolo 644 del codice penale.
Ma ecco la prima falsa illusione: non è solo il prestatore a subire l’imposizione del limite massimo ma anche il ricevente. In regime di libero scambio infatti a nessuno viene imposto niente: I prestatori stessi non alzerebbero troppo i prezzi per evitare problemi di selezione avversa e azzardo morale. Nessun banchiere riuscirebbe, come non è mai riuscito, ad “imporre” prestiti e tassi d’interesse non voluti. Chi “accetta” un determinato prestito ad un qualsiasi tasso d’interesse lo fa sempre e soltanto, in base alla propria situazione contingente, alla propria disposizione a contrarre debito e all’offerta di tassi d’interesse.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Quando si interviene in una libera contrattazione si determinano sempre disequilibri e insoddisfazioni sulla curva di domanda e sulla curva dell’offerta. Si impediscono contrattazioni che genererebbero incrementi di soddisfazione sia all’una che all’altra parte. Si tagliano fuori dal mercato legale potenziali clienti e potenziali prestatori di servizio. Con la conseguenza che una parte delle transazioni non si realizzano proprio e altre avvengono in ogni caso, ma nel mercato nero.
Ed è qui che scattano le tragiche vicende che tutti conosciamo e che consideriamo sempre come conseguenza inevitabile dell’ “usura”. Parte delle transazioni, avvengono così in nero e in più a tassi d’interesse ancora più alti, perché adesso i prestatori devono sopportare costi e rischi aggiuntivi. Infatti se il debito viene contratto senza alcun tipo di ricevuta valida e se in caso di insolvenza il prestatore non può adire alle vie legali, gli episodi d’inadempienza immediatamente aumenteranno. Questo induce a una spirale infinita di comportamenti sleali: tassi più alti e misure di recupero credito più “forti”. E subito entra in gioco il crimine organizzato. Minacce, paura e violenza sono i frutti che raccolgono i debitori.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 3 della discussione
Eliminare il limite massimo al tasso d’interesse riporterebbe nella legalità tutte queste transazioni, nomi e cognomi di entrambe le parti sarebbero scritti nero su bianco e anche eventuali altri reati (es. minacce e uso della violenza) sarebbero immediatamente rintracciabili. I prestatori non sarebbero, mai più e in nessun caso, appartenenti alla criminalità organizzata e a questa verrebbe sottratta una grossa parte dei suoi guadagni. I debitori non soffrirebbero più di paure riguardanti la propria vita, avverrebbero più transazioni e a tassi mediamente più bassi di quelli in nero e i casi d’insolvenza diminuirebbero. Entrambe le curve subirebbero un aumento di soddisfazione.
A chi interessa veramente mantenere il reato d’usura?
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Dietro il caro-vita c'è l'impennata dei prezzi delle materie prime
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
di Salvatore Rebecchini
Nei giorni passati si è data molta enfasi all’aumento dei prezzi dei beni alimentari di largo consumo (pane, pasta), imputandoli ai comportamenti collusivi dei fornai o dei pastai italiani. Una tesi questa completamente priva di senso, come ben documentato da Rosamaria Bitetti su L’Occidentale del 24 dicembre 2007.
Pochi hanno osservato invece che l’aumento del prezzo dei beni finali è sostanzialmente causato dall’incremento dei prezzi delle materie prime alimentari. Questi sono stati spinti al rialzo dalla rapida crescita della domanda di materie prime agricole – cereali, barbabietole, soia – impiegati per la produzione di bio-carburanti, a sua volta stimolata da ingenti sussidi offerti ai produttori dai governi di Stati Uniti, dell’Unione Europea, del Brasile.
Dall’anno 2000 a oggi la domanda di materie prime agricole per usi industriali è aumentata del 25 per cento, mentre quella per usi alimentari o agricoli è salita del 4 - 7 per cento.
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 2 della discussione
Secondo un recente rapporto del Fondo monetario internazionale, se gli Stati Uniti e la UE abolissero i sussidi governativi ai bio-carburanti (crediti fiscali, tariffe alle importazioni ecc.), il prezzo mondiale di grano, granturco e soia sarebbe inferiore ai valori attuali di almeno il 10 per cento (IMF, World Economic Outlook, October 2007).
Per altro a tenere alti i prezzi dei prodotti agricoli concorrono anche le costosissime politiche di sostegno all’agricoltura della UE (la PAC) e degli SU.
Innanzitutto, nei paesi industriali le tariffe all’importazione di prodotti agricoli, provenienti prevalentemente dai paesi in via di sviluppo dotati di ampi spazi di produzione, determinano un livello dei prezzi alla frontiera che risulta superiore del 20 per cento al livello prevalente sul mercato mondiale, secondo le stime dell’OCSE (OECD, Economic Outlook, December 2007). Inoltre, le politiche di sostegno del reddito dei produttori agricoli nei paesi industriali costituiscono la componente quantitativamente più importante del sussidio all’agricoltura.
Queste politiche, che si concretizzano in meccanismi di sostegno del prezzo domestico o di incentivi basati sulle quantità prodotte, hanno il grave effetto di annullare il valore segnaletico dei prezzi che si formano sul mercato libero. Ne consegue che nei paesi industriali i produttori sono disincentivati dall’adeguare le quantità offerte al variare della domanda e viene quindi impedito il benefico effetto calmieratore sui prezzi.
L’aspetto paradossale di tutta questa vicenda è quindi che i cittadini europei subiscono oltre al danno anche la beffa. Non solo pagano le tasse per sussidiare la produzione di bio carburanti (una tecnologia energetica sulla cui efficacia molti nutrono forti dubbi) o le politiche di sostegno ai produttori agricoli, ma vedono anche aumentare il costo dei cereali e delle altre materie prime che si riflette in aumenti del prezzo al dettaglio di pane, pasta, latte.
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Tibet: polizia cinese ha usato gas lacrimogeni
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
La polizia cinese ha fatto uso di gas lacrimogeni contro i monaci buddisti che protestavano per il secondo giorno consecutivo in Tibet.
I monaci sono scesi in strada a Lhasa per chiedere il rilascio dei sostenitori del Dalai Lama imprigionati. A denunciarlo è stata oggi l'emittente basata negli Stati Uniti Radio Free Asia. Unità paramilitari hanno fatto uso di gas lacrimogeni contro i 500-600 monaci del monastero di Sera.
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Primarie Usa: Obama vince anche in Mississipi
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
Barack Obama vince anche nelle primarie del Mississippi. Stando alle proiezioni della Cnn, al senatore dell'Illinois andrebbero il 61% delle preferenze contro il 37% di quelle per Hillary Clinton.
Un voto con una forte connotazione razziale con gli afroamericani schierati per circa il 91% con il senatore dell'Illinois. Il 72% degli elettori democratici bianchi si sono invece espressi a favore della senatrice di New York Hillary Clinton.
Il voto in Mississippi metteva in palio 33 delegati. Ora la battaglia si sposta in Pennsylvania, dove la posta in gioco è di 158 delegati. Le primarie si terranno il 22 aprile.
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Afghanistan: attentato contro convoglio Nato
>>Da: Carlotta3691
Messaggio 1 della discussione
E' di un civile afgano ucciso e di quattro feriti - tra questi un militare canadese - il bilancio dell'attentato suicida contro un convoglio militare della Nato.
L'attentato è stato compiuto questa mattina a Kandahar, nel sud dell'Afghanistan.
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Vittorio Sgarbi: Costretto a fare il papà (ma solo per pagare)
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
La premessa è necessaria. Per ragioni di formazione e rispetto delle tradizioni, sono contrario al divorzio e all’aborto che non sia motivato da necessità sanitaria. Per il divorzio, la situazione è semplice: basta non sposarsi. Una persona prudente e avveduta, di sesso maschile, non si sposa, per l’evidente considerazione che nessuna passione e sentimento sono eterni. Ma, se decide di farlo perché è convinto che il suo amore sia senza fine, e crede nella famiglia, in una relazione con una donna che è diversa dalla convivenza, si sposa una volta per tutte e considera, cristianamente, il matrimonio un sacramento. Credente o meno lo considera un sacramento umano.
Per ciò che riguarda il matrimonio cristiano vi è un ulteriore elemento che crea confusione e che ha animato molti annullamenti attraverso tribunali religiosi: prima che fosse introdotto il divorzio il matrimonio era considerato indissolubile, salvo una materiale separazione, che non aveva conseguenze legali, da quando è stato introdotto il divorzio, che è uno strumento, non un sacramento, e che poggia sulla divisione, sulla rottura e non sull’amore, nessun giovane, anche fervente cattolico, che si sposi conserva la certezza che il matrimonio non possa finire. Da qui derivano i numerosi divorzi anche di cattolici. Ma il tribunale ecclesiastico ha trovato una strada per contrastare il divorzio: logica e conseguente. Chiunque, come quasi tutti i giovani, si sposi pensando che il matrimonio potrà sciogliersi, stabilisce un’implicita causa di nullità. Il matrimonio se non è ritenuto indissolubile è, per la Chiesa, nullo. Così gran parte dei giovani, automaticamente cattolici, credono di sposarsi, e in realtà fanno solo una cerimonia. D’altra parte chiunque sia contrario al divorzio, può invece sposarsi una sola volta. E, se vuole evitare il rischio, nessuna.
Più complessa è la questione dell’aborto. È infatti notorio che molti diventano padri senza averlo voluto. In alcuni casi, per incoscienza e mancanza di controllo non possono impedire che avvenga quello che non vogliono. E quindi diventano padri naturali contro la loro volontà.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
In passato vi erano matrimoni riparatori, oggi vi sono situazioni più complesse. È dunque evidente che per evitare aborti, nell’ordine, ci sono le seguenti misure: 1) astenersi, 2) accertarsi che la partner usi anticoncezionali, che non sia intenzionata, né casualmente né dolosamente, a restare gravida, 3) usare preservativi, 4) praticare, con qualche rischio, il coitus interruptus. Se, per distrazione, per stanchezza, per mancanza di controllo, si creano le condizioni per far nascere un figlio sappiamo che la Chiesa, e oggi anche Giuliano Ferrara, considerano vita anche l’inizio del concepimento. Ma la vita non ha niente a che fare con la paternità. Infatti non si può essere padri per istinto incontrollato, ma occorre essere padri della volontà, ovvero decidere di essere padri.
Io non ho mai pensato di essere padre, per naturale nichilismo, pur essendo culturalmente cristiano, e non ho mai pensato di continuarmi in un figlio. Qualche figlio, peraltro, ho avuto. Che non fosse nelle mie intenzioni essere padre è implicito nel fatto che non mi sono sposato. Altrimenti avrei costruito una famiglia sul modello di quella di mio padre. Ma i tempi sono cambiati (io sono nato più di mezzo secolo fa) e la mia visione è diversa. Ho sempre pensato però che una donna che sente in sé la vita, anche senza averlo voluto, è più motivata di un uomo, è più implicata; e quindi, istintivamente contrario all’aborto, ad ogni donna che mi ha detto di essere incinta, ho consigliato di non abortire e di essere madre. Per sé e nella piena convinzione e maturità della scelta, non per avere me come marito o padre, e senza garantire nessuna delle due funzioni. Mi è sempre sembrato che l’unica grande conquista del femminismo fosse aver ridotto la potestà del padre, consentendo alle donne di essere madri anche senza padre e cancellato la figura discriminata della «ragazza madre».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Da qui deriva l’estrema conseguenza, di cui sono fermamente convinto, che i figli «appartengono» alle madri. E i padri che ne chiedono l’affidamento e che, fuori della famiglia costituita, ne vogliono una condivisa potestà, altro non chiedono che quote di maternità. Se uno vuol essere padre si deve sposare (o convivere) e fare una famiglia. Altrimenti, se ognuno prende il suo destino, il figlio è della madre che l’ha fatto. Non ho mai avuto dubbi.
Eppure, con tutta l’autonomia e l’indipendenza delle donne che ho reso madri, mi sono sempre trovato al centro di vicende giudiziarie non per ottenere ragionevoli alimenti, ma per dare migliaia di euro al mese per il mantenimento del figlio e della madre, come fosse una moglie. La prima richiedente, benestante se non ricca, e pienamente soddisfatta della sua maternità, nei primi anni Novanta mi fece chiedere dalla sua avvocata 40 milioni di lire al mese, ridotti dal giudice in 11 milioni al mese, per garantire al figlio di 4-5 anni il mio intero stipendio parlamentare. Ancora oggi, avendo mio figlio 19 anni, io gli verso in sostanza uno stipendio pari a quello di assessore, circa 3.600 euro al mese. Oggi, in un secondo caso, con una ragazza da me, ai suoi 35 anni, esortata a una maternità che sembra averla resa felice, tanto da chiedermi al di fuori del matrimonio un altro figlio, improvvisamente vengo portato in tribunale per versare 2.500 euro al mese e per vedermi sequestrati, tra arretrati (mai prima pretesi) e accrediti per il futuro, 560mila euro. Il mantenimento della figlia (e con lei, credo, anche della madre) fino ai 26 anni.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
In tal modo la giustizia italiana risolve i problemi della disoccupazione trasformando il padre in un datore di lavoro per figli beatamente disoccupati, ben oltre la maggiore età, e per donne che, dopo una notte di trasporto amoroso, divenute madri per scelta consapevole, si sistemano fino alla pensione. Oltre all’assegno garantito per 26 anni, ben superiore a quello che un padre verserebbe in una famiglia regolare, presto i giudici costringeranno l’amatore di una notte (per carità, distratto, colpevole, incosciente) a mantenere la donna e il figlio fino alla vecchiaia di entrambi.
Facciamo un esempio: se un uomo con un lavoro certo e uno stipendio ottenesse da un tribunale l’affidamento di un figlio dopo una separazione, la donna rimasta senza il figlio sarebbe chiamata a dare danari per mantenerlo? Io non ho mai preteso di fare il padre; e per questo con piena soddisfazione e realizzazione nella maternità delle madri dei miei figli ho ritenuto di non intervenire in nessuna scelta e di lasciare i figli e l’orientamento del loro destino alle madri. La prima, per rabbia, ha depositato presso un notaio la sua precisa determinazione che nessuno potesse pretendere di dirsi padre di quel figlio. La seconda mi ha chiesto 800mila euro in coincidenza con alcune mie difficoltà finanziarie. Quando si dice che i figli sono cari!
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Eugenia Roccella: Quelli che vogliono l’aborto a domicilio
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
«A me non l’ha detto nessuno che alla fine mi sarei trovata da sola, nel bagno di casa mia, mezza priva di sensi dal dolore e dalle perdite di sangue, a tirare lo sciacquone che si portava via quello che sarebbe stato un bambino. Questo è stato per me il famoso aborto farmacologico». Così comincia il drammatico racconto (pubblicato dal Corriere padano) di una ragazza che ha abortito a Piacenza con la Ru486, la pillola che per molti è ancora il simbolo di un aborto meno traumatico e invasivo di quello eseguito con altri metodi. L’abbiamo detto tante volte: il metodo chimico è fisicamente doloroso, come ha riconosciuto il senatore Ignazio Marino, e psicologicamente invasivo, come ha affermato Piergiorgio Crosignani, il primo a sperimentare la Ru486 in Italia.
In Francia, le donne che scelgono l’aborto a domicilio sono sottoposte a un colloquio preliminare per verificare la presenza di una serie di requisiti psicosociali; non si può accedere al metodo in caso di «livello cognitivo insufficiente, vulnerabilità emozionale o psichica, mancanza di disciplina, isolamento relazionale o fisico» e di «scarsa resistenza al dolore». Tradotto in poche parole, significa che una donna deve aspettarsi solitudine, sofferenza, ansia, mancanza di garanzie sanitarie. Eppure ancora tanti, compreso Filippo Facci, non vogliono convincersi che non si tratta della scelta tra «una pratica ospedaliera e culturalmente traumatica» e un’altra «privata e culturalmente non traumatica». Quello che è in gioco non è la preoccupazione di offrire alle donne la pratica migliore. Altrimenti non si capisce lo straordinario caso di due farmaci (la Ru486 e il Cytotec, entrambi necessari al protocollo dell’aborto chimico) promossi ostinatamente da parlamentari, presidenti di regione, consigli regionali e comunali, assessori locali, e non dalle aziende che li producono. Se i politici che sostengono la Ru486 fossero mossi solo da uno straordinario interesse per la salute della donna, avremmo dovuto vedere una identica mobilitazione per la diffusione del metodo Karman, o magari contro l’eccessiva percentuale di parti cesarei in Italia. Ma quando Enrico Rossi, assessore alla Sanità in Toscana, fa esprimere il Consiglio regionale a favore dell’uso di un farmaco abortivo tuttora illegale, quando praticamente tutte le Regioni amministrate dal centrosinistra seguono a cascata il suo esempio, il motivo è politico.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Come ha scritto anche Facci, la 194 è ormai per tutti la legge che «non si tocca»: si sa che riaprire un dibattito parlamentare sull’interruzione di gravidanza può provocare solo lacerazioni e crisi, a destra come a sinistra. Ma introducendo l’aborto a domicilio, la 194 sarebbe modificata nei fatti, senza la necessità immediata di un rischioso passaggio parlamentare. Diffondere la pillola abortiva vuol dire trasferire l’aborto fuori dall’ospedale, e smontare silenziosamente la legge italiana, che prevede l’obbligo di eseguire gli interventi nelle strutture pubbliche. Questo renderebbe definitivamente inapplicata e inapplicabile la prima parte della 194, dedicata alla prevenzione dell’aborto e al sostegno delle maternità difficili. È facile ipotizzare che l’Italia seguirebbe l’esempio francese, dove la vecchia legge Veil, la più simile alla nostra in Europa, è stata modificata alcuni anni dopo l’introduzione della Ru486. Oggi in Francia si può chiedere la pillola al medico convenzionato, che fornisce i farmaci per abortire, gli antidolorifici di routine, il foglietto con le istruzioni, il numero di telefono del pronto soccorso più vicino. Una firma, e poi a casa, da sola, per poi raccontare, come la ragazza di Piacenza: «Mi sento male a ricordare la solitudine, la mancanza di tutela, la mancanza di tutti».
Si dice: ma le donne possono scegliere, e la pillola abortiva è un’opzione in più. Una studiosa femminista, Gail Pheterson, ha documentato come l’idea di scelta sia sostanzialmente aleatoria, e come sia invece il sistema sanitario e l’orientamento dei medici a indirizzare verso il metodo abortivo. In alcuni Paesi, come Olanda e Germania, la Ru486 è commercializzata, ma le donne non la scelgono, tanto che la ditta che la distribuisce in Germania meditava di ritirarla dal mercato, mentre in altri, come la Francia, è ampiamente usata. La scelta, in realtà, è tutta politica, ed è tra chi vuole applicare la 194 e chi la vuole svuotare dall’interno. Senza toccarla, naturalmente: almeno per il momento.
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Roberto Scafuri: C'eravamo tanto odiati
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
I venti mesi di Prodi sono stati un derby infinito: ministri contro ministri, rivalità tra compagni, ruggini mai archiviate. Gli screzi sono stati sempre aspri. Quando Mussi sbottò con Padoa-Schioppa: "Ma vaffa..."
Una bella squadra di governo. Per meglio dire, un bel campionato a squadre. Durato una ventina di mesi, l’appassionante torneo organizzato da Romano Prodi all’antico stadio di Palazzo Chigi ha saputo offrire il meglio del «c’eravamo tanto odiati»: veri e propri derby, scontri di cartello e partitelle del genere Inter-Pizzighettone. Ma anche le squadre materasso, quando c’è in ballo l’onore, mordono i polpacci.
Ora che il Matarrese dell’Unione è già con la testa in Africa - tanto per non deludere chi attendeva Veltroni -, è bello ripercorrere i momenti più toccanti del campionato appena concluso.
Prodi-D’Alema. Una classicissima, fin dal ’98 (sgambetto al primo governo Prodi). I due si sono sorrisi a centrocampo con molti schemi tattici: la partecipazione del ministro degli Esteri alla Champions ne ha infiacchito l’interesse per il pollaio di casa. Salvo quando la caduta del governo in politica estera, voluta da Parisi, gli ha fatto saltare i nervi. Mentre ci si avviava stancamente allo 0 a 0, nei tempi supplementari zampata alla Altafini di D’Alema: «Prodi si ritira dalla politica? Non è una novità, magari gli telefono».
D’Alema-Mussi. Antica partita di cartello tornata in auge alla caduta della Quercia. Pochi calci, tanta filosofia da panchina, in quanto Mussi non ha mai digerito che D’Alema vi spinse Occhetto dopo la sconfitta del ’94. Da allora, Massimo lo guarda dall’alto in basso, anche se per Mussi non è una novità. «Sono lontani i tempi in cui D’Alema, Veltroni e Fassino regalarono a Mussi un riproduttore Bang & Olufsen per il suo compleanno», rammenta il ministro per l’Università parlando in terza persona per non commuoversi.
Mussi-Padoa Schioppa. Una specie di Livorno-Juve, con il ministro della Ricerca che per due volte ha minacciato le dimissioni per il taglio dei fondi. Prima di Natale l’episodio più eclatante: Mussi si alza, raccoglie le scartoffie e tra i baffi qualcuno giura di sentirgli sussurrar: «Ma vaffa...».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Padoa Schioppa-Ferrero. Scontato, triste derby tra ricchi e poveri, e si sa come va a finire. A ogni decisione economica, l’unico ministro di Prc ha cercato di racimolare qualcosa per la ridistribuzione. Anche lui abbandonando il campo per protesta (contro il primo Dpef). Retrocessi entrambi.
Ferrero-Fioroni. Lo scontro ha vissuto momenti epici sui Dico e i diritti dei gay. Quando a dare una mano è scesa in campo la Pollastrini, Prodi ha mandato tutti negli spogliatoi. Vittoria degli ultrà cattolici a tavolino.
Fioroni-Bindi. Una stracittadina del Pd, per la quale le tifoserie sono venute alle mani. L’antico spirito scudocrociato della Bindi mal sopportava aiuti extratiberini. Sui Dico, il suo gioco di mediazione ha fallito: «Mi sono battuta, ma con due scogli come Binetti e Salvi non ci sarebbe riuscito neanche Ulisse», si giustifica.
Bindi-Rutelli. Altra stracittadina combattuta a fasi alterne, un po’ a Palazzo Chigi un po’ al Loft del Pd. I gol segnati in trasferta valevano doppio, e Parisi s’è speso parecchio per sgambettare il rutilante nemico. Com’è noto, nessuno dei contendenti è riuscito a mettere le mani sulla coppa democratica: Walter unisce tutti, ma non divide con nessuno.
Rutelli-D’Alema. Partita dura e nervosa, sul campo dell’Unipol, ma giocata più sui giornali che a Palazzo Chigi. Falli di ogni tipo: dallo sgambetto alla spallata violenta. Poco c’è mancato che finisse in rissa, e difatti i magistrati hanno mandato anzitempo negli spogliatoi. Il campionato nel frattempo è andato avanti, non è detto che un giorno non si recuperi. Al dopolavoro bancario.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Di Pietro-Mastella. È stato lo scontro più violento dell’intero torneo, come se Gentile marcasse stretto Amarildo. I due sono arrivati a mandarsi a quel paese davanti a tutti, con Prodi che non sapeva più che cartellino mostrare. Il ministro della Giustizia ne è uscito con le ossa rotte: indulto, controriforma della magistratura, intercettazioni, guai giudiziari. Forte sospetto di doping su Di Pietro: ma il ministro per le Infrastrutture, invece di andare a fare il test negli spogliatoi, l’ha fatto nel Loft. Veltroni l’ha trovato pure positivo.
Di Pietro-Bianchi. Giocata sullo Stretto, di Messina. Forte del dopaggio, il ministro delle Infrastrutture ha fatto la voce grossa con il materasso Bianchi. Ma non c’era partita.
Bonino-Turco. Inatteso duello tra outsider, con la prima impegnata a penetrare nel cuore dalemiano, fino a quel momento occupato dalla ministra della Salute. «Posso testimoniare che la Bonino è stata uno dei ministri più impegnati ed efficaci», ha decretato D’Alema alla fine di tutto. La fedelissima Turco voleva emigrare nel Galatasaray.
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Gravina. La fine di un’inchiesta sbagliata
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Filippo Pappalardi è stato privato della libertà personale, della dignità, dell'onore e dell'equilibrio psichico su richiesta e in seguito all'attività investigativa di uomini che rappresentano lo Stato e il Popolo: magistrati inquirenti e investigatori di polizia giudiziaria. Difatti, dopo una lunga attività investigativa e di sospetti - espletata in nome e per conto del Popolo italiano e con i poteri dal Popolo delegati - gli inquirenti hanno ritenuto che Filippo Pappalardi fosse l'assassino di Ciccio e Tore
1) Perché il loro ragionamento basato sulla logica dell'esclusione "Chi se non lui?» li portava a dette conclusioni.
2) Perché la consequenzialità e i presupposti delle loro analisi investigative criminali e giudiziarie li facevano concludere così. Il sistema-apparato investigativo ha elaborato una teoria del crimine - alias impianto accusatorio - che accusava Pappalardi di aver ucciso con percosse (ed altro) i propri figli a) in tempi, (b) con modi, (c) per movente, (d) in luoghi, (e) con scopi primari, (f) in contesti precisi: un insieme accusatorio che, invece, nulla ha a che vedere con l'orrida realtà dell'allucinante morte dei due bambini così come la possiamo ricostruire con i dati a disposizione.
L'impianto accusatorio ha presunto che Pappalardi li avrebbe uccisi la sera del 5 giugno 2006 in seguito alla perdita del controllo, con uno stato psichico alterato dall'ira, con percosse sino all'occultamento dei cadaveri, senza però escludere il lancio finale dei bambini nel vuoto, in luoghi lontani dal centro cittadino. L'impianto accusatorio ha ipotizzato uno scontro infrafamiliare del violento "padre-padrone" contro i due impauriti figlioletti, un'escalation di violenza terminata quella sera stessa e seguita da un'abilissima, fredda, scientifica opera di depistaggio, di simulazione e di inquinamento delle indagini. Tutto sbagliato, perché le due piccole e innocenti vittime sarebbero morte senza aver subito percosse. Per il momento le evidenze medico legali, scientifiche, investigative, criminalistiche, criminologiche e logiche ci dicono che si tratta di disgrazia.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ed anche l'analisi della scena del crimine, delle cronologie temporali, delle lesioni, delle tracce di sangue, delle tracce sugli abiti, delle tracce degli spostamenti e di trascinamento dei due poveri bambini all'interno della maledetta scena della morte, ci inducono a ritenere che Pappalardi non c'entra proprio un bel nulla con la morte e/o la caduta dei bambini, che l'impianto accusatorio è crollato, che l'uomo deve tornare in libertà perché si è verificata la triade diabolica «errore d'équipe più innamoramento della tesi più circostanze eccezionali e sfortunate». Ora, invece di chiedere scusa ai genitori e ai familiari dei bambini per non averli trovati in vita, invece di chiedere scusa al Popolo italiano e allo Stato per non avere subito risolto il caso, invece di chiedere perdono ai bambini per non averli salvati e per avere arrestato il loro padre, l'obsoleto e inadeguato sistema investigativo giudiziario all'italiana cosa fa?
Insiste nell'errore, nell'orgoglio e nel pregiudizio, si chiude a riccio, difende se stesso e gli errori commessi, non il coraggio di assumersi le responsabilità morali dell'errore commesso e ... nessuno abbandona la poltrona! Sarebbe il caso che i responsabili della disfatta investigativa ammettano l'errore, accendino la luce della verità totale, non si abbandonino alle emozioni dell'autodifesa a ogni costo: forse occorre dare una ripassata a quattro famosi e immortali contributi intellettuali di Confucio, Manzoni, Schopenauer e Goya, per poi riflettere, meditare, apprendere e cambiare! «Tre sono le parole più difficili da pronunciare: io ho sbagliato», Confucio. «Un'ipotesi svolge nella testa, una volta che vi si è insediata o, addirittura, vi è nata, una vita che somiglia a quella di un organismo, in quanto dal mondo esterno assimila soltanto ciò che le è giovevole e omogeneo, mentre respinge ciò che le è eterogeneo e nocivo, oppure, se non può assolutamente fare a meno di accoglierlo, lo espelle poi tale e quale», Arthur Schopenauer. «Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non vedere la cosa che non piace, ma non per vedere quella che si desidera», Alessandro Manzoni. «Il sonno della ragione genera mostri», Francisco Goya. Per concludere: chi investiga lo fa in nome e per conto del Popolo italiano, lo fa con i poteri invasivi conferitigli dallo Stesso; chi sbaglia investigando deve chiedere scusa, oltre alle vittime del crimine e dell'errore, anche al Popolo italiano .. e poi dimettersi!
Carmelo Lavorino, criminologo
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Michele Brambilla: Il ma-anchismo dei magistrati
>>Da: andreavisconti
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L’ultima furbata italiana, il ma-anchismo (sono di sinistra ma anche di destra, laico ma anche cattolico, per gli operai ma anche per gli industriali), ha ormai travalicato i confini della politica per entrare nel nostro costume quotidiano, fino a condizionare la magistratura. Così, ieri abbiamo appreso che il papà di Gravina è innocente, ma anche colpevole; mentre l’ex viceministro Vincenzo Visco è colpevole, ma anche innocente.
Filippo Pappalardi, il papà di Ciccio e Tore, era in una situazione paradossale. In galera per avere ucciso i suoi bambini e per averne occultati i cadaveri. Per mesi, la magistratura di Bari non aveva avuto dubbi. Poi si è scoperto che i due fratellini erano lì, sotto il naso degli ispettori Clouseau che li avevano cercati fino in Romania, e che con ogni probabilità sono morti per una disgrazia. Era evidente che Pappalardi dovesse uscire di galera: non che ci sia la prova provata della sua innocenza, ma certo non c’è né prova né indizio che sia colpevole di duplice omicidio, e per la legge è l’accusa che deve provare la responsabilità dell’imputato, e non l’imputato che deve viceversa dimostrare la propria estraneità.
Ma come fare a rendere giustizia a un uomo maldestramente incarcerato senza ammettere la figuraccia dei colleghi della Procura? Ecco che il ma-anchismo viene in soccorso di chi si è trovato la patata bollente fra le mani. L’idea è vincente: Pappalardi esce di galera, ma resta detenuto (in casa); è riconosciuto innocente dall’accusa di avere ucciso e nascosto i suoi figli, ma viene imputato di abbandono di minori. La nuova ipotesi inquisitoria lascia un po’ perplessi. Intanto, perché se si dovessero mettere agli arresti domiciliari tutti coloro che perdono d’occhio per qualche minuto due bambini di tredici e undici anni, in Italia nessuno potrebbe più uscire di casa. E poi perché la motivazione del giudice non sembra un monumento alla coerenza: «I bambini, verosimilmente, per sottrarsi alla consueta aggressività paterna e a una prevedibile consequenziale punizione, avrebbero istintivamente preferito la fuga», ha scritto. Continuando così: il padre avrebbe inseguito i figli con la sua auto, ma li avrebbe «definitivamente persi di vista». Insomma: li ha inseguiti e loro sono riusciti a scappare via. Dov’è l’abbandono di minori? Non si capisce. Però l’importante è che il colpo al cerchio e quello alla botte siano andati a segno.
>>Da: andreavisconti
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Così come ha fatto il giudice che ha archiviato l’inchiesta contro Visco. Fu o no illegittimo il suo comportamento quando trasferì d’ufficio l’intero vertice della Guardia di Finanza lombarda? Certo che fu illegittimo, ha detto il giudice. Allora va processato? No, dice la sentenza, perché non ci fu «dolo intenzionale». Non ha fatto apposta, come dicono i bambini. Oppure: fallo di mano ma involontario, come dice l’arbitro Cesari. Ma sì: siamo come a Controcampo: l’accusa non c’era, ma ora ne fischio una più lieve per compensare.
Non è che si voglia battere sempre sullo stesso tasto: ma possibile che il magistrato che sbaglia la passi sempre liscia? Ieri se n’è saputa un’altra. Un giudice di Gela non ha ancora scritto le motivazioni di una sentenza emessa nel maggio del 2000: avrebbe dovuto farlo entro tre mesi, nel frattempo i condannati (per mafia) sono usciti. Denunciato dalla Procura per lazzaronismo, fu assolto con la seguente motivazione: era «oggettivamente oberato di lavoro». Ora ci provano a ri-denunciarlo. Magari stavolta lo condannano, ma anche lo assolvono.
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Vittorio Macioce: WALTER CATTORADICALE
>>Da: andreavisconti
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Negli scantinati di Botteghe Oscure ci sarà ancora un vecchio baule con su scritto cattocomunista. Era una figura quasi mitologica del vecchio Pci e segna l’era del compromesso storico, gli anni ’70 di Moro e Berlinguer, Mosca e il Vaticano, Don Camillo e Peppone. Era il pontiere verso il centro e il sabato si ritrovava in parrocchia con i dossettiani della Dc. Era falce, martello e scudo crociato.
La cultura politica di Veltroni è un frullato di Novecento. Non butta via nulla, ma gioca con le frattaglie. Indossa maschere, abiti usati, strappa le pagine di vecchi diari scoloriti e rimastica tutto. Questa è l’identità di Veltroni. È un orizzonte confuso e un po’ schizofrenico che assomiglia a una bancarella di Porta Portese o alla soffitta di un trovarobe. C’è un biglietto per Cuba e un eskimo griffato acquistato in un negozietto dei Parioli, Kennedy e Anna Magnani, Malcom X e Martin Luther King, Che Guevara e Madre Teresa di Calcutta nell’edizione critica di Jovanotti, l’ala sinistra del Verona Zigoni e Roland Barthes, Usa for Africa e Sergio Leone. È proprio questa la novità di Veltroni e dei suoi intellettuali di riferimento: un discount del Novecento.
È un’ottima operazione di marketing, con un tocco di Pop Art, ma con un problema fondamentale, il veltronismo vende ai suoi elettori una zuppa di non identità. È quella che la satira crocifigge come sindrome del «ma anche». L’ultimo prodotto che Veltroni ha messo sul mercato è la sintesi perfetta della sua filosofia. Ecco il catto-radicale.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Veltroni in ventiquattro ore riesce a mettere il cappello sulla vittoria di Zapatero in Spagna e applaudire il discorso sulla famiglia del cardinale Bagnasco. Non importa se Chiesa e Zapatero hanno in testa modelli di famiglia diversi. Non conta nulla se la Bonino e la Cei filosofeggiano sulla vita e sulla morte da distanze siderali e incompatibili. È la pace eterna degli ossimori. Il catto-radicale è il punto dove tutte le culture tendono a zero. Laici e cattolici, liberali e socialdemocratici, conservatori e riformisti, nostalgici e futuristi sono la stessa cosa. Nulla.
La regola d’oro del suo pensiero è: «Noi siamo per i pacifici fuochi d’artificio». Il conflitto in politica è solo un’illusione. È appunto una non identità.
Il catto-radicale è un remake del vecchio cattocomunista, ma svuotato del nucleo. Franco Rodano e i suoi amici svolgevano una funzione storica. Erano i pontieri della metamorfosi del Pci, gli angeli custodi del compromesso storico, uomini che nel bene e nel male cercavano una via d’uscita a quell’anomalia italiana passata alla storia come Fattore K. E in quel Pci, segnato dallo strappo con Mosca, quel gruppo di cattolici-marxisti rivendicava un’identità forte. Chi è invece il catto-radicale? È uno che per sopravvivere evita di farsi domande. È l’uomo senza qualità.
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I partiti spendono 80 milioni ma il rimborso è pronto
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
La legge consente la restituzione dei soldi in cinque rate. Compresa l’ultima legislatura
Il conto è salato, ma solo all’apparenza. Sotto sotto, un cavillo all’amatriciana permetterà a tutti di riprendersi il loro. E grazie a un preciso sistema di rimborsi, per magia i conti torneranno in pari. Se non in attivo, ma qui è meglio non malignare troppo. Stiamo parlando della campagna elettorale. Fatte spannometriche somme, il totale dei soldi bruciati nel prossimo mese per tamburellanti quanto convincenti «Vota Antonio» toccherà gli 80 milioni di euro, spicciolo più spicciolo meno.
Tanto infatti uscirà dalle casse delle cinque formazioni principali in lizza in questa competizione (Pdl, Pd, Lega, Sinistra arcobaleno e Udc) che, ognuna a diverso titolo, sceglieranno modalità e strategie per convincere il maggior numero possibile di italiani.
I democratici veltroniani ad esempio hanno stanziato una somma compresa tra i 15 e i 18 milioni. Quattro di questi se ne andranno per confezionare manifesti, il resto verrà utilizzato per inserzioni sui giornali e manifestazioni locali. Il Pd punterà molto anche sui pranzi a inviti con quota di partecipazione fissata a mille euro. Si pescherà anche nelle tasche dei candidati: ognuno dovrà metterci tra i 40 e i 60mila euro.
Il budget del Popolo della libertà è più alto: 20-30 milioni. Oltre a manifesti e inserzioni una fetta della torta è destinata ai gazebo installati nelle varie città.
La Lega Nord ha un target basso: due milioni e mezzo di euro, sufficienti per le iniziative locali a basso costo, come i comizi, invece che su un battage più intenso attraverso media o carta stampata.
L’Udc conferma lo stesso stanziamento di due anni fa: 16 milioni; mentre la Sinistra arcobaleno ne mette a bilancio otto di cui due destinati ad appuntamenti locali e i restanti sei per propaganda vera. Ha dovuto correggere al rialzo le proprie stime La Destra storaciana che contava di farcela con due milioni e ne spenderà 5: colpa di un simbolo corretto in corsa per ordine della Cassazione. Un milione l’ammanco previsto per i socialisti di Boselli.
Ma attenzione, e qui sta la sorpresa, tutti potranno dormire sonni beati. La legge, una volta insediate le Camere, consentirà un rimborso fino a 425 milioni in cinque rate annuali (la prima del 40%). Ma non solo. I partiti continueranno a incassare il rimborso delle spese dell’ultima campagna anche se la legislatura è finita anzitempo. Per legge!
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Prodi desiste sulle nomine
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Toccherà al prossimo governo mettere la firma sopra le nomine delle principali società italiane a partecipazione pubblica.
È una nota di Palazzo Chigi che detta le intenzioni dell’esecutivo in carica in materia: «Il governo ritiene opportuno, in questa particolare fase della legislatura, rimettere la scelta dei candidati al governo che risulterà in carica a seguito delle prossime elezioni politiche...». In questo modo Prodi passa la mano e lascia al prossimo esecutivo la gestione del rinnovo dei vertici di Eni, Enel e Finmeccanica. Dalla lista dei nomi circolati nel risiko delle nomine, vengono quindi escluse Terna e Poste Italiane, che attende ancora lo sbarco in Borsa. Il commento di Berlusconi: «Una decisione apprezzabile».
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Le Fondazioni di destra e sinistra: «Riforme insieme»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Basta cambiare regole a colpi di maggioranza
Più bipartisan di così si muore. Ci sono dentro tutti: progressisti e conservatori, marxisti e liberali, laici e cattolici, federalisti e centralisti. Divisi ma anche uniti, alla ricerca di punto di contatto, di una sintesi, di un idem sentire. Follia? Inciucio? Neoconsociativismo? O solo voglia di dialogo, di intesa?
Da anni, fuori dal Palazzo, deputati e senatori di ogni schieramento hanno creato veri e propri «pensatoi» in cui si macinano idee, si elaborano scritti, si organizzano convegni, si mettono in piedi dibattiti, si forgiano think tank. Destra, sinistra, centro. In fondo ci si rispetta tutti, con la convinzione di lavorare per il supremo «bene del Paese». Si è creato un vero e proprio network di Associazioni e Fondazioni: teste pensanti che propongono soluzioni a quel groviglio inestricabile che è la politica. Oltre 280 parlamentari fanno parte di questo «intergruppo»; che sarà anche un termine orrendo, ma rende bene l’idea di quanto sia trasversale.
C’è la Fondazione per la Sussidiarietà dell’ex presidente della Compagnia delle opere Giorgio Vittadini. C’è la Fondazione Italianieuropei, fortemente voluta da Massimo D’Alema e Vincenzo Visco. C’è la Fondazione Europa e civiltà, presieduta dal governatore della Lombardia Roberto Formigoni. C’è la Fondazione Magna Carta, creata da Marcello Pera e diretta da Gaetano Quagliariello. C’è la Fondazione Nuova Italia, guidata dall’aennino Gianni Alemanno. C’è la Fondazione Mezzogiorno Europa, istituita da Giorgio Napolitano e Andrea Geremicca. C’è l’Associazione Eunomia di Enzo Cheli e Dario Nardella. C’è l’Associazione Nens di Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco e la Fondazione Craxi, costituita dalla figlia di Bettino, Stefania.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Insomma, ci sono un po’ tutti. E tutti hanno deciso di sottoscrivere un documento in vista delle prossime elezioni politiche. È una sorta di appello a se stessi e agli altri onorevoli colleghi in cui si piazzano dei paletti: «Facciamo che le riforme istituzionali si fanno insieme». Una questione di metodo per sotterrare definitivamente il «a colpi di maggioranza». Buonismo? O seria volontà di evitare le entrate a gamba tesa sulle regole del gioco della politica? In fondo le riforme a stretta maggioranza, si dice nel documento, non piacciono a quasi otto italiani su dieci. E ancora, sempre stando a un recente sondaggio effettuato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, gli italiani chiedono con forza l’elezione diretta del premier (76%) e il voto di preferenza (89%).
Altro impegno solenne: modificare i regolamenti parlamentari immediatamente. Anzi, questo dovrebbe essere il primo atto delle nuove Camere. La «sussidiarietà» è un po’ la parola magica del documento. Nel quale si dice che «perché non si tratti di una semplice dichiarazione di princìpi è necessario che si attui un reale federalismo fiscale; un federalismo differenziato nel quale chi è in grado di reggersi sulle proprie gambe possa andare da solo mentre chi è più indietro possa essere aiutato a crescere».
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«Famiglia cristiana» attacca Casini
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Cattolico col bollino ma senza coraggio
Distinguere i politici attenti ai valori religiosi non è difficile. È un po’ come per le banane della pubblicità: basta guardare l’etichetta, cioè lo scudocrociato. Per Famiglia Cristiana, il settimanale dei frati paolini, tutto questo però non è sufficiente. E in un editoriale intitolato «Cattolici col bollino ma senza coraggio» ha bacchettato anche il partito di Pier Ferdinando Casini e Savino Pezzotta dopo non aver risparmiato critiche né al Pd né al Pdl.
«Di fronte all’unica forza che afferma espressamente la sua ispirazione cristiana - si legge nell’articolo - ci saremmo aspettati qualcosa di diverso e più innovativo per allontanare il dubbio di una buona occasione (forse l’ultima?) sciupata malamente». Il settimanale diretto da don Antonio Sciortino si sarebbe aspettato da Casini «un gesto di coraggio in più, che avrebbe dato a questo tentativo un profilo più alto e più credibile». Insomma, sarebbe stato meglio dar vita a «un soggetto totalmente nuovo in modo da collocarsi definitivamente al di fuori delle ambiguità di un passato non sempre lineare»
I toni sono alti, ma le domande, ancorché poste tra parentesi, sono molto terrene: «Perché i voti e le presenze di certi candidati, tipo Cuffaro?». L’interrogativo sorge proprio dall’importanza assegnata a quella «forza di interposizione» tra i due blocchi che stava nascendo su iniziativa di Pezzotta e del mondo del Family day. Un’esperienza che, seppur non originale, potrebbe essere coronata da successo visto che la corsa «solitaria» di Veltroni e Berlusconi ha aperto spazi più ampi rispetto alle deludenti esperienze di Martinazzoli e di D’Antoni, tramortiti dal maggioritario. E che i Paolini guardano sicuramente con più simpatia rispetto al «pasticcio veltroniano in salsa pannelliana» del Pd e «all’anarchia dei valori berlusconiana».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Casini non ha fatto una piega. Avrà anche masticato amaro perché dopo i ripetuti appelli al voto utile di Walter e del Cavaliere, tesi a comprimere il Lebensraum centrista, tutto si sarebbe potuto aspettare tranne che il fuoco amico. Ma in pubblico nessun rammarico. «Condivido il giudizio di Famiglia Cristiana. È ovvio che un processo politico che si realizza in una settimana non può essere perfetto e siamo consapevoli dei limiti di questo accordo», ha replicato il candidato premier. «La risposta a Famiglia Cristiana - ha concluso - arriverà con la Costituente di centro che nascerà con le elezioni politiche».
D’altronde, le rimostranze cattoliche, per quanto autorevoli, non sono sicuramente in cima alle preoccupazioni del leader dei moderati. Dopo l’ex segretario Ppi, Gerardo Bianco, anche l’ex presidente dell’Azione cattolica, Alberto Monticone, ha abbandonato la Rosa bianca. Alle comunali romane udiccini e «tabaccini» correranno separati perché la candidatura di Ciocchetti non convince tutti. L’escluso dalle liste Maurizio Eufemi è furibondo, in Basilicata Giuseppe Molinari si è ritirato. Si tratta di voti e non di bollini e banane. Gian Maria De Francesco
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Pannella: Veltroni ci discrimina per candidare le segretarie
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
«Portaborse!» «Segretarie!». E alla fine scoppiò l’ira di Marco, «la furia pannelliana», l’invettiva contro Walter Veltroni, e contro la lista di cui il leader radicale e i suoi compagni di partito fanno parte. L’ira di Pannella esplode durante una giornata di collegamenti fiume su Radio radicale, telefona di prima mattina, poi si ricollega, quindi la radio manda (anche) il riassunto delle sue frasi. Ed è una sinfonia oratoria che ovviamente non ha confini, Pannella saluta i medici che seguono il satyaghraa, fornisce indicazioni sulle flebo assunte (due) e su quelle in arrivo: «Credo proprio che me ne farò un’altra, una sola per poter proseguire il digiuno».
Pannella è fatto così: non si capisce chiaramente quali siano i bersagli della sua protesta, nei giorni pari l’oggetto delle invettive è il Pd, in quelli dispari si tratta di un gemellaggio con «il mio amico Dalai Lama». L’unica cosa certa, è che, quando Marco affonda la lama, lo fa davvero. E dunque ieri Veltroni è finito nel mirino senza se e senza ma: «La prima cosa che ha fatto il nuovo, grande leader del Pd è escluderci, tagliarci fuori, impedirci di presentarci nella coalizione, discriminarci come non si fa e non si è fatto nemmeno con i fascisti! La vostra campagna - dice immedesimandosi in Veltroni - io la respingo». E a questo punto che fa Pannella? Si arrabbia. Di più, si indigna, punta il dito contro la squadra messa insieme dagli uomini del Partito democratico: «Una lista fatta dai portavoce, dico, dai portavoce! Una lista fatta dalle segretarie delle segretarie». E poi: «Aveva ragione Emma a dire che c’era una brutta aria, a fiutare che la fottitura di Coscioni Megacci e Zamparutti era in arrivo».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
È difficile valutare l’impatto e la portata della campagna pannelliana. Ma l’escalation c’è, ed è indubbia. Solo sabato mattina, a Omnibus, il leader era prudentissimo, e se interrogato sulla sua nuova casa elettorale, dribblava la domanda: «Per carità, io chiedo solo il rispetto di un principio, i patti erano patti, loro li hanno violati, ma io non intendo fornirgli alibi perché quelli non aspettano altro che un pretesto per buttarci fuori dalle liste». Ovvero, per depennare i sei candidati certi, e i tre di seconda fascia, tutti radicali, che partecipano all’avventura con Veltroni. Ma già alla vigilia della chiusura dei termini di presentazione delle liste, Marco ha iniziato «a ballare». Indignato per il veto subito sul suo nome e su quello di Sergio D’Elia, ha cercato una soluzione di emergenza, accarezzando l’idea di una doppia presentazione: i nove designati nella lista del Pd, lui e gli altri esclusi in un’altra lista radicale o ospitati altrove. Ma la lista propria avrebbe fatto saltare l’accordo con il Pd (non tanto gli eletti, che una volta scaduto il termine non potevano più essere cancellati dalle liste, ma soprattutto la sostanziosa quota di rimborso elettorale, tre milioni di euro, che devono finire nelle case dei radicali, dopo il voto). La possibilità di essere «ospitati» però è naufragata in un pomeriggio, di fronte alla richiesta di un rapporto più stabile, di una sorta di matrimonio che si sarebbe dovuto celebrare fra i radicali e i socialisti. A questo punto Boselli ha declinato l’invito e ha precisato i confini della sua offerta: «Sì a un diritto di tribuna, no a un accordo più stretto». Ed è così, che quasi suo malgrado, Pannella resta nel Pd, come «imprigionato». Il nuovo bipolarismo ha prodotto alleanze coatte in cui si sta dentro, col desiderio di restare fuori. Che cosa può fare Pannella costretto in simili condizioni, è una domanda a cui è difficile rispondere. Ma le «segretarie» e i «portaborse», oggi hanno avuto il primo avvertimento. Luca Telese
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I legami pericolosi di Crisafulli, candidato in Sicilia dal Pd
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Vladimiro «Miro» Crisafulli, esponente dei Ds siciliani, intercettato e filmato dalla polizia mentre in un albergo di Enna parla affettuosamente col boss Raffaele Bevilacqua, non ha avuto problemi a trovare posto ai vertici delle liste del Pd (quinto al Senato in Sicilia).
Seppur assolto, con discreta sorpresa di investigatori e compagni di partito, Crisafulli ancor oggi crea imbarazzi nel centrosinistra poiché il suo nome è collegato alla pantomima dell’esclusione dalle liste di Giuseppe Lumia, vicepresidente della commissione Antimafia, ripescato in extremis per aver ricordato a buon intenditor il caso dell’«impresentabile candidato». Crisafulli, appunto. «Trovo sconcertante la presenza di alcune candidature nel Pd in Sicilia - ha sparato a zero il 4 marzo - da tempo mi batto contro la candidatura di Vladimiro Crisafulli. Ritengo che la sua presenza non sia compatibile con l’obiettivo di dare fiducia e forza alla Sicilia che vuole il cambiamento».
Per passare da escluso alla Camera a capolista al Senato con le liste già (date per) chiuse, a Lumia son bastate poche ore e un velato riferimento a quell’incontro tra il politico e il capomandamento di Enna. Incontro culminato con la videoregistrazione di un bacio tra i due che agli addetti ai lavori ha riportato alla mente il più celebre, ma mai dimostrato, bacio tra Andreotti e Totò Riina. Spalleggiato da associazioni antimafia, sindacati e blog giustizialisti, Lumia ha costretto l’«amico Walter» a rimangiarsi questa frase: «Io sono refrattario all’idea che ciascuno consideri se stesso l’antimafia - aveva detto Veltroni -. L’antimafia è una pratica e non una persona». Già il 16 marzo 2007 Lumia mirò alto, forse all’ex capolista Luciano Violante che con Massimo D’Alema aveva imposto, e difeso, la candidatura di «Miro», peraltro indagato un anno prima con Cuffaro nell’inchiesta sulla gestione di «MessinAmbiente», la società mista che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sullo Stretto: «Il mio partito doveva essere più severo, i Ds non dovevano candidare Vladimiro Crisafulli. Anche se i magistrati hanno escluso sue responsabilità, certe frequentazioni vanno comunque sanzionate. I partiti dovrebbero dotarsi di codici etici e darsi regole certe per la selezione dei loro dirigenti». L’orologio della storia «irraccontabile» nel Pd si ferma alle 13.45 del 19 dicembre 2001 quando l’allora vicepresidente Ds della regione Sicilia viene «immortalato» in un video all’hotel Garden di Pergusa mentre discute di finanziamenti e appoggi elettorali col boss Bevilacqua, fedelissimo di Provenzano. Agli inquirenti che lo indagano per associazione mafiosa, Crisafulli negherà ogni addebito parlando di «incontro casuale».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’allora procuratore di Caltanissetta (poi promosso capo a Palermo) Francesco Messineo - che a sorpresa non effettuerà perquisizioni all’Ars perché in quel momento riteneva che c’era «bisogno di tranquillità e non di scontri istituzionali» - inizialmente spiega che i rapporti tra il diessino e il capo cosca ennese, sono «diretti e personali, intrattenuti quasi sempre in circostanze non trasparenti». I contenuti della conversazione, per la procura, «non lasciano dubbi sulle intenzioni di Bevilacqua di effettuare interferenze illecite negli appalti pubblici, avvalendosi della disponibilità del politico». Dello stesso avviso è il gip: «Il rapporto tra i due è estremamente fiduciario. Bevilacqua chiama il politico in tre occasioni dal proprio cellulare e in una di queste utilizza il falso nome di “Totuccio”. Nonostante l’espediente, il politico nulla eccepisce, dimostrando di operare in piena sintonia con l’esponente di Cosa nostra». Durante l’incontro uno dei titolari dell’albergo porta carta e penna, ma il politico le rifiuta: «Non mi serve la carta, tutto a mente, niente tracce». Si parla di problemi politici a Piazza Armerina: «Spererei che mi facessi contento questo gruppo. Se sono amici miei sono anche amici tuoi» dice Bevilacqua.
In corso d’opera, però, le granitiche certezze di Messineo e della sua procura vengono meno.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il 19 febbraio 2004 il pm ottiene l’archiviazione richiesta pur scrivendo come sia «dimostrata da parte del Crisafulli la disponibilità a mantenere rapporti con il Bevilacqua, accettando il dialogo sulle proposte politiche dello stesso in particolare in materia di finanziamenti e appalti (...)». Quanto alle numerose telefonate fra i due «costituiscono un complesso di contatti e disponibilità al dialogo di inquietante valenza. Il solo fatto che un autorevole rappresentante politico incontri un personaggio del quale non poteva ignorare la nota caratura nel contesto della illiceità mafiosa, è fatto troppo grave perché sia il caso di insistere». Nonostante ciò, però, per i pm Crisafulli va assolto: «Non risulta che le richieste di Bevilacqua siano state esaudite, e quindi l’ascolto e la discussione appaiono piuttosto finalizzate a mantenere aperto un canale di collegamento. La condotta di Crisafulli può apparire oggettivamente legittimante rispetto a Bevilacqua e quindi pericolosamente vicina al sottile confine della attività penalmente illecita (...) però si deve concludere che non vi sono sufficienti elementi di prova per dire che abbia arrecato significativa, rilevante utilità al Bevilacqua, al sodalizio criminoso di appartenenza dello stesso o all’intera Cosa Nostra». Per dirla come l’ha detta Vladimiro Crisafulli al presidente dell’Antimafia, Francesco Forgione, la sintesi di tutto questo si riduce all’osso: «Il mio concetto di legalità è più elastico del tuo». Gian Marco Chiocci e Luca Rocca
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Abu Omar, il gip: "Governo Prodi ambiguo"
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Prosciolti i pm di Milano dall’accusa di aver violato il segreto di Stato nelle indagini sul rapimento dell’imam. Il gip: "Le risposte fornite dal governo Prodi sono ben lungi dall’apparire chiarificatrici"
Milano - "Le risposte fornite dal governo Prodi sono ben lungi dall’apparire chiarificatrici in merito all’opposizione del segreto di Stato sull’oggetto del processo di Milano relativo al sequestro di Abu Omar". Sono queste le parole del gip di Brescia nel motivare il proscioglimento dei pm di Milano dall’accusa di aver violato il segreto di Stato nelle indagini sul rapimento dell’imam di cui sono accusati il direttore del Sismi all’epoca dei fatti Pollari e 26 agenti della Cia.
Ambiguità e incertezza Le parole del gip di Brescia sono state citate questa mattina dal Pm Armando Spataro nell’udienza del processo per il sequestro di Abu Omar. Spataro a sua volta ha parlato di "ambiguità e incertezza del governo Prodi". Spataro ha riferito la motivazione del gip di Brescia per ribadire che il segreto di Stato fu apposto dal governo non sul rapimento dell’imam ma su accordi internazionali generali in materia di lotta al terrorismo. Secondo la procura di Milano il giudice Oscar Magi dovrebbe revocare l’ordinanza di sospensione del processo in attesa della decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione sollevato dal governo e ordinare che il processo vada avanti. Spataro ha citato ancora le parole del Gip di Brescia secondo il quale "la Procura di Milano non solo non ha violato il Codice penale ma nemmeno i principi della piena e leale collaborazione tra istituzioni dello Stato".
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Berlusconi: in tre mesi dimezzerò i parlamentari
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Nell'intervista al settimanale Chi il leader azzurro promuove i valori della Chiesa, rivela le candidature del Pdl e confessa: "Fini ha tutte le caratteristiche per esercitare la leadership, senza investiture". Casini? "Rischia di fare il gioco della sinistra". E su Veltroni: "Ha rotto col passato"
Anticipiamo ampi stralci dell’intervista concessa da Silvio Berlusconi, candidato premier del Popolo della libertà, ad Alfonso Signorini, direttore del settimanale «Chi», e intitolata «Tutto su di me». Una lunga conversazione a tutto campo, dagli affetti privati alla campagna elettorale, in cui il Cavaliere rivela, fra l’altro, che la moglie Veronica «voterà per me, naturalmente», e poi risponde anche alle domande più curiose (È vero che per giocare con i nipotini si traveste da Superman e si nasconde dietro gli alberi della villa di Arcore? «Ne faccio di tutti i colori e anche di peggio»). Nella parte politica dell’intervista, il leader del centrodestra tocca tutti i temi caldi della campagna elettorale dal caso Alitalia all’aborto. Spiega l’esclusione di Mastella e rifiuta le polemiche sulle candidature, denuncia le contraddizioni del Pd con Di Pietro e Pannella, promette misure per tagliare i costi della politica e difende gli interventi pubblici della Chiesa sui temi eticamente sensibili.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ha mai pensato davvero di candidare la bellissima Aida Yespica?
«La cosa sorprendente è che qualcuno abbia potuto prendere sul serio questa bufala. La signora Yespica non è neppure cittadina italiana».
Angela Sozio, la rossa del Grande fratello: era proprio necessario candidarla?
«Un’altra fandonia. Però vorrei anche evitare una sorta di “razzismo al contrario”. Il fatto di essere personaggi noti, e magari donne giovani e belle, non è una buona ragione per essere esclusi a priori dalla vita politica. Abbiamo candidato più giovani di tutti gli altri partiti, alle precedenti elezioni. E questi giovani si sono rivelati di straordinario rigore, impegno e competenza, hanno studiato e lavorato con un'applicazione e una serietà, da cui i “professionisti della politica” dovrebbero prendere esempio».
Meglio candidare Katia Noventa o i figli di papà come Matteo Colaninno?
«Lo ha detto una giornalista di sinistra: la lista di Veltroni tende a sembrare la lista degli amici per l'aperitivo all’hotel Posta di Cortina».
Perché non ha presentato Stefania Prestigiacomo alla Regione Siciliana?
«Perché sarebbe stata una candidatura solo del Popolo della libertà, mentre noi volevamo continuare la collaborazione con il Movimento autonomista di Raffaele Lombardo, una realtà importante della società siciliana».
Per Raffaele Lombardo Anna Finocchiaro è un’avversaria temibile?
«Stimo personalmente Anna Finocchiaro. È una persona seria e preparata. Al Senato ha fatto miracoli, come capogruppo del Pd, per tenere in piedi per due anni una maggioranza fallimentare divisa su tutto. Si vede che si è specializzata in questo gioco, perché si presenta alle elezioni siciliane alla guida di quella stessa maggioranza variopinta e contraddittoria, che comprende anche l'estrema sinistra comunista che sosteneva il governo Prodi e che è crollata rovinosamente nelle scorse settimane. Riproporre oggi quella maggioranza è un’offesa ai siciliani. E quindi, al di là delle caratteristiche personali della Finocchiaro, non ha alcuna speranza di successo».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Comune di Roma: nel 1993 lei, contro Rutelli, scelse Fini. Crede sul serio che Alemanno sia il suo naturale erede?
«Alemanno non è l'erede di nessuno. È un ottimo candidato per i suoi meriti, le sue capacità, il suo amore per Roma».
La guerra dei sondaggi: solo campagna elettorale?
«Diciamo che è una prova delle difficoltà della sinistra il fatto di inventarsi ogni giorno una rimonta che non emerge da nessun serio sondaggio. L'Italia ha già messo alla prova la sinistra, il governo del Partito democratico di Prodi e Veltroni, e non ha alcuna voglia di ripetere l'esperimento».
Il voto: diritto, ma anche dovere. Farebbe uno spot come quello di Zapatero, in cui il figlio socialista accompagna l'anziana madre che vota per i Popolari al seggio?
«Il bello delle famiglie italiane è che questo già accade, senza bisogno di spot».
Mara Carfagna: quando l'ha candidata, è stato un rischio o un calcolo?
«Sapevamo di candidare una persona seria, intelligente, preparata. E infatti in Parlamento ha saputo conquistarsi la stima di tutti.In molti la considerano la più brava di tutte le parlamentari del centrodestra».
Michela Brambilla: è veramente Berlusconi con le gonne?
«Santo Cielo, è un'immagine alla quale non voglio neanche pensare».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Meglio le gambe della Brambilla o quelle della Santanchè?
«Di entrambe apprezzo la testa».
Fini: sarà il suo delfino?
«Credo che Gianfranco abbia tutte le caratteristiche per esercitare la leadership per i suoi meriti e le sue capacità, non certo per una mia investitura, che non chiede e di cui non ha alcun bisogno».
Casini: che cosa resta oggi di una intesa durata 15 anni?
«Il rammarico che fuori dal Popolo della libertà rischi di fare il gioco della sinistra, sottraendo voti al centrodestra».
Bossi: ci racconti un episodio in cui ha scoperto di avere un amico vero.
«Quando Umberto è stato male, mi sono reso conto che non mi mancava solo un leader alleato, mi mancavano il suo calore umano, la sua schiettezza, la sua lealtà. Caratteristiche rare e preziose in politica come nella vita».
Mastella: gli è riconoscente, ma l'ha lasciato fuori. Solo tattica?
«La riconoscenza è un sentimento umano, il Popolo della libertà è un progetto basato su una visione della politica diversa da quella di Mastella. Però Mastella merita rispetto per quello che ha fatto e, soprattutto, per quello che ha subito».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Veltroni: che cosa apprezza di più in lui?
«E il primo leader della sinistra italiana che si rende conto della necessità di rompere con un passato imbarazzante, con la tradizione comunista e con chi la rappresenta. In Inghilterra il Labour Party l'ha fatto negli anni ’30 del secolo scorso, i socialdemocratici in Germania a Bad Godesberg nel 1959, la sinistra italiana, sia pure con mezzo secolo di ritardo, sembra ci stia arrivando. Un fatto positivo per la democrazia nel nostro Paese».
Lo prenderebbe nel suo governo?
«Naturalmente no. Né lui ci verrebbe».
E lei lavorerebbe in un governo Veltroni?
«Non credo ci sarà, almeno nel futuro prevedibile, un governo Veltroni».
Prodi: proprio tutto da dimenticare?
«Sinceramente sì. Soprattutto, da dimenticare la sua pretesa di unire tutto e il suo contrario, cattolici e laici, progressisti e conservatori, garantisti e giustizialisti, pur di sconfiggere Berlusconi e di conquistare il potere. Un'alleanza che teneva insieme il monarchico professor Domenico Fisichella e il leader dei no global Francesco Caruso, credo che non meriti davvero nessun rimpianto. E che non si sia vista da nessuna parte del mondo. È la stessa pretesa di Veltroni, che ha messo insieme Pannella e Di Pietro».
Salvi almeno una cosa del governo Prodi.
«Come Violetta, la protagonista della Traviata, il governo Prodi ha riscattato con una bella morte una vita dissipata. La scelta di andare a farsi battere in Parlamento è stata un'assunzione di responsabilità che ha fatto chiarezza e ha evitato equivoci e manovre sotterranee. E stata una scelta solitaria di Prodi, che tutti i leader del Partito democratico avevano avversato».
Quirinale: quanto ci punta?
«Il Quirinale è stabilmente e autorevolmente occupato per molti anni ancora».
Meglio Palazzo Chigi o il Quirinale?
«Credo che sia noto che sono candidato alla presidenza del Consiglio».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 6 della discussione
Se avesse la bacchetta magica, quale problema italiano vorrebbe risolvere in un solo giorno?
«Farei sparire quei vergognosi cumuli di spazzatura che infestano una delle terre più belle del mondo, Napoli e la Campania. Un disastro che ha distrutto l’immagine dell’Italia con danni incalcolabili per le nostre esportazioni e per il turismo».
La casta e le spese della politica: dica quali sono da tagliare nei primi tre mesi di governo.
«Vogliamo dimezzare il numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali e comunali. Era una riforma costituzionale che avevamo già fatto, ma che la sinistra è riuscita a cancellare con un referendum. Ora ci vorranno almeno sei mesi per rilanciarla».
Dicono che Sarkò sia il Berlusconi d'Oltralpe. Che cosa gli invidia, a parte Carla Bruni?
«Gli invidio un Paese, un sistema politico nel quale chi è scelto dai cittadini ha l'effettiva possibilità di governare, di decidere e di assumersi le responsabilità delle sue decisioni».
Se fosse un democratico americano, chi sceglierebbe fra Obama e Hillary? «Un futuro presidente del Consiglio non può e non deve esprimere giudizi che potrebbero poi rendere difficile la collaborazione con il futuro Presidente degli Stati Uniti».
Chi ha giocato sporco su Malpensa?
«Malpensa paga l'incapacità del management di Alitalia di darsi una strategia vincente. Ma Malpensa è una grande risorsa per la Lombardia e per il Nord, che dobbiamo assolutamente sostenere».
Aborto: la legge 194 è da abolire o da modificare?
«L'ho già detto tante volte. Non intendiamo modificare la 194, intendiamo applicarla in tutte le sue parti. La prima finalità della 194 è l'aiuto alla vita. Ma è anche la più disattesa».
Come?
«Dando concrete possibilità alle madri, anche nelle condizioni più difficili, di far nascere un bambino, con la certezza che qualcuno poi si prenderà cura di entrambi. Nella peggiore delle ipotesi, è meglio un bambino dato in adozione che un bambino soppresso con l'aborto». Quanto c'è di speculazione politica e quanto il tema è sentito? «E uno dei drammi della nostra epoca».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 7 della discussione
Perché non avete accolto Ferrara nella vostra coalizione?
«Per due ragioni: perché non crediamo abbia senso un partito monotematico, e perché vorremmo che la campagna elettorale non diventasse un terreno di scontro su questioni così drammatiche e così delicate. La politica ha il dovere di occuparsene, ma in altri modi».
Quanto conta il rapporto con la Chiesa per un buon risultato elettorale?
«L'Italia è un Paese cattolico, nel quale la Chiesa ha scelto giustamente di abbandonare la strada del collateralismo, che in certa misura esisteva con la Democrazia cristiana. Oggi la Chiesa promuove dei valori. Se le forze politiche li condividono, è giusto che lo dicano, senza strumentalizzare e senza tirare per la giacchetta, anzi per la tonaca, i vescovi e tantomeno il Pontefice».
Gli interventi della Chiesa: quando sono un'ingerenza e quando invece no?
«In un Paese libero il fatto che qualcuno esprima un’opinione non è mai un’ingerenza. A maggior ragione non lo è se chi la esprime è la guida spirituale di molti milioni di italiani. A questo proposito, mi indigna vivere in un Paese nel quale si consente di parlare anche agli imam che nelle moschee fanno apologia del terrorismo, ma si nega la parola al Santo Padre nella maggiore università italiana».
Coppie di fatto: un discorso chiuso?
«Discorso apertissimo per quando riguarda i diritti individuali. Chiuso per quanto riguarda l'equiparazione alla famiglia tradizionale. Questo non per una scelta morale a favore di una soluzione o dell'altra, scelta che non compete allo Stato, ma perché la famiglia ha una funzione sociale che le altre forme di convivenza non hanno. È scritto anche nella nostra Costituzione».
Rapporti omosessuali: quali diritti deve garantire lo Stato?
«A ogni cittadino, qualunque siano le sue scelte morali e i suoi orientamenti sessuali, lo Stato deve garantire pari diritti e pari dignità. Questo è un principio elementare. Per lo Stato l'orientamento sessuale non può essere né un motivo di discriminazione, né di particolare tutela».
Se avesse un figlio omosessuale, come si comporterebbe?
«Lo rispetterei. E lo circonderei di amore».
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Chivasso, operaio schiacciato da una pressa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ieri notte Antonio Stamondimoli, 37enne di Lombriasco, stava lavorando nella ditta di stampaggi Mac quando è stato schiacciato da una pressa meccanica. Inutile l'intervento del 118. Indette otto ore di sciopero dai sindacati
Torino - Ancora una morte sul lavoro nel torinese. La vittima è un operaio italiano di 37 anni dipendente della Comao, che, poco prima della mezzanotte di ieri, stava effettuando dei lavori di riparazione ad una pressa all’interno della Mac di Chivasso (in provincia di Torino), una ditta di stampaggio per diverse case automobilistiche, tra cui anche Fiat e Lancia.
La vittima L’uomo, Antonio Stamondimoli, di Lombriasco (To), stava lavorando nella ditta di stampaggi Mac di Chivasso, quando è stato schiacciato da una pressa meccanica. Soccorso dal 118, per lui non c’è stato però nulla da fare: l’uomo è stato colpito mortalmente allo stomaco da un cuscinetto che si è rotto mentre lui stava lavorando accanto alla pressa. È stato soccorso in un primo momento dai colleghi e poi i medici del 118 hanno tentato inutilmente di rianimarlo. Sulla vicenda indagano i carabinieri che sono ancora all’interno dell’azienda insieme ai vigili del fuoco.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Otto ore di sciopero Otto ore di sciopero sono state indette dai sindacati nella ditta Mac di Chivasso. Lo sciopero riguarda anche altre aziende del Polo di Chivasso e lo stabilimento Mac di Cascine Vica. La Mac di Chivasso conta circa 500 dipendenti. Si tratta di un grosso gruppo di stampaggio internazionale che nel mondo conta 15-20 mila addetti. "Sarà la magistratura ad accertare le eventuali responsabilità in questa morte - ha dichiarato il segretario della Fiom di Torino, Giorgio Airaudo - ma quello che al momento si può osservare è che quasi tutti incidenti avvenuti nel torinese si sono verificati in un contesto in cui gli impianti lavorano a ciclo continuo, cioè non si devono mai fermare. Quest’operaio è morto nelle prime ore del turno ed è morto per far ripartire una macchina. Sta andando tutto troppo veloce - continua Airaudo - le macchine non si devono mai fermare, i lavoratori devono essere costantemente a disposizione: è in atto una mercificazione del lavoro. Bisogna rimetere gli esseri umani al centro, cioè rallentare questo ciclo. E naturalmente accertare - ha concluso - se le manutenzioni ordinarie e straordinarie erano state fatte in modo corretto sulle macchine".
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Giancarlo Perna: Liberal
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Varchi l’uscio di Liberal e ti trovi di fronte la gigantografia di Alcide De Gasperi. Ti volti e hai il ritratto grandezza finestra di Luigi Einaudi. Avanzi e c’è Ferdinando Adornato in carne e ossa. I primi due - il dc e il liberale - sono i penati ai cui valori si ispira la Fondazione. Adornato è l’ircocervo che li sintetizza: udc e liberale, laico e cattolico, dubbioso e credente. È il fondatore, il factotum, il propagandista, l’onnipresente del più antico dei think tank italiani, nato nell’anno di grazia 1995.
Anno, in realtà, disgraziatissimo. Mani pulite teneva sotto scacco il Palazzo. I politici erano già furiosamente divisi tra ex comunisti travestiti e berlusconiani alle prime armi. Dc, Psi e laici erano scomparsi. Sul Colle, Oscar Luigi Scalfaro esercitava con sussiego la sua inutilità. Tempi grami. Osservando queste macerie, Ferdinando - in transito tra marxismo delle origini e folgorazione liberalcattolica - ha esclamato: «Ora ci penso io» e ha creato il suo pensatoio per riportarci sulla retta via. Questo l’antefatto. Il fatto è quel che segue.
«Ciao», saluta Adornato. Ha tra le labbra una di quelle sigarette sottilissime che sono l’alibi dei fumatori incorreggibili e una barbetta da pope. «Fai il giro, poi passa da me», e mi affida a Francesco Accolla, il pr della Fondazione.
I centosettanta metri quadri dell’appartamento di Via della Panetteria sono stati risistemati di fresco per fare posto alla redazione di Liberal che, bimestrale per dieci anni, si è trasformato in quotidiano. Il Quirinale è dietro l’angolo e Magna Carta, il think tank della puntata precedente, a tiro di schioppo.
Accolla, giornalista quarantacinquenne, fazzoletto tricuspide che sbuca dal taschino della giacca, è un buon esempio del crogiolo politico del think tank. Ha trascorsi socialisti, è amico dell’ex craxiano Franco Frattini, bazzica Forza Italia ed è legato all’ex democristiano Giuseppe Gargani, oggi deputato europeo di Fi.
Liberal quotidiano occupa un paio di stanzoni divisi da pannelli, in cui una ventina di giornalisti emulano Hemingway. Parte sono gli ex del bimestrale e hanno origini più di sinistra. Gli altri sono più di destra e provengono dall’Indipendente, sfortunata testata che ha diretto Gennaro Malgieri, fedelissimo di Gianfranco Fini, e che Adornato ha acquistato. I venti sono guidati da Renzo Foa, che quindici anni fa dirigeva l’Unità.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Foa, sessantenne, è il numero due della Fondazione e ha un sodalizio incrollabile con Adornato. Si conoscono da ragazzi e sono trascolorati insieme dal berlinguerismo all’attuale liberalismo. Della squadra fa parte anche la moglie di Foa, Gabriella Mecucci, un tempo all’Unità. Tra i collaboratori ci sono tutte le gamme ideologiche. Dai cattolici patentati, Luca Doninelli ed Eugenia Roccella, a Selma Dall’Olio, moglie dell’ateo devoto Giuliano Ferrara, a Giancristiano Desiderio, pupillo di Malgieri, e Angelo Mellone, idem di Fini, a laici come lo psicoterapeuta Claudio Risè e Alberto Indelicato, ex ambasciatore. Danno a meraviglia l’idea del melting pot politico i tre del Consiglio di direzione: l’ex Cigl Giuliano Cazzola, il già citato aennino Malgieri e Paolo Messa, portavoce di Marco Follini quando era segretario dell’Udc.
Questa macedonia post moderna che azzera le ideologie del secolo scorso è l’elemento distintivo del think tank adornatiano. Gli altri - da Magna Carta che gia conosciamo a quelli che conosceremo - sono ancorati agli «ismi» del ’900 e hanno collaboratori omogenei alla fede.
Fiori all’occhiello del quotidiano sono tre stranieri di fama che Adornato e Foa tengono in palmo di mano: il teocon americano Michael Novak, direttore di Liberal da Washington; John Bolton, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti all’Onu, noto falco del bushismo; Raphael Glucksmann, figlio del nouveau philosophe conservatore André che fa invece parte del Comitato scientifico della Fondazione. Ciascuno scrive nella propria lingua ed è tradotto. A farlo, è spesso la redattrice Luisa Arezzo, poliglotta, esperta di politica estera e impregnata di giornalismo: giornalista lei, il marito separato, il compagno con cui vive.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Un centinaio di persone affolla il Comitato scientifico. Destri e sinistri, laici e cattolici, in fraterna mescolanza, scrivono saggi editi in proprio dalla Casa editrice Liberal. In catalogo, ce ne sono una trentina. Tra essi, uno autocelebrativo per il decennale della Fondazione. Titolo icastico, I teo-lib, e sottotitolo narciso, Dieci anni di liberal nella storia italiana. Tra i meriti ricordati, la scoperta del talento giornalistico di Mina che, dopo la bella prova nel bimestrale adornatiano, è passata alla Stampa.
Tra i componenti del Comitato, oltre agli habitué del genere già incontrati in Magna Carta - dal fondatore della stessa, Marcello Pera, a Oscar Giannino e Fiamma Nirenstein - il radicale Massimo Teodori, il colbertista Giulio Tremonti, il veltroniano Giovanni Minoli, a conferma della vocazione macedoniesca di Liberal. Prima di ascendere al Colle, c’era anche Carlo Azeglio Ciampi.
Queste teste d’uovo sono inquadrate in gruppi di lavoro. Quattro i principali. Il Dipartimento dei media, guidato da Mauro Mazza, ottimo direttore del Tg2. Quello della «Biopolitica», diretto dal filosofo dell’Accademia pontificia, Francesco D’Agostino, esperto di famiglia, fecondazioni fantasiose, manipolazioni genetiche. Quello «Economico», di cui è responsabile Carlo Secchi della Bocconi, coadiuvato da Natale Forlani, collaboratore di Marco Biagi, e dal giornalista Enrico Cisnetto, per gli amici Cislordo, per la pignoleria in fatto di soldi. Infine il «Comitato di Difesa», comandato da Michele Nones, docente di cose militari. Tra i membri, Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa.
La Fondazione organizza anche tre «Incontri» annuali che rispecchiano le fisse intellettuali dell’instancabile Adornato.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Per parlare di rapporti Usa-Europa ci si riunisce in novembre a Venezia. Ferdinando è infatti «angosciato» - parole sue - per il gelo tra le due sponde dell’Atlantico da lui già intuito prima della controversa guerra irachena.
In settembre, si svolge invece a Siena un «Incontro» sul pensiero storico all’insegna del revisionismo. Il Fondatore si è infatti accollato l’eredità di Renzo De Felice che combatté la vulgata sul Fascismo sentina di ogni male. Esempio di questi spiazzanti punti di vista, Due fronti, volumetto sul franchismo pubblicato da Liberal nel ’98, in cui Sergio Romano, anche lui nel Comitato scientifico, confuta il punto di vista comunista su Franco spietato fascista. Spietato sì, ma non più degli avversari. Fascista, no. Tanto che - scrive l’autore - dopo la morte del Caudillo, e a differenza di quanto accadrà nell’Est comunista, «la Spagna aveva conservato energie e virtù per il suo futuro politico ed economico».
Il terzo meeting ferdinandesco è dedicato alla politica e si svolge a Todi in una data ballerina tra gennaio e giugno. A Todi nacque la Costituente di Destra, seno nutritore del futuro Pdl. Ferdinando è stato sempre orgoglioso di questa paternità, salvo emigrare nell’Udc appena il Pdl ha visto la luce. Questo però attiene alla psiche adornatiana, interessantissima, ma estranea al tema.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Coadiutore del Fondatore in questo falansterio di iniziative, l’allampanata e lunare figura di Renato Cristin, segretario generale del think tank. Cristin, docente di Filosofia a Trieste, è l’ex direttore dell’Istituto italiano di Berlino negli anni del gabinetto Berlusconi.
«Quanto costa questo po’ po’ di roba?», chiedo al Fondatore quando Accolla mi introduce al suo cospetto. Lo studio è un sancta sanctorum. Qui, Adornato pensa e riceve. Nel salotto Old England con divani di cuoio scuro sono allineate tre file di foto incorniciate con unico soggetto: il Fondatore in compagnia di ogni possibile Grande della Terra.
«Un milione l’anno», risponde Ferdinando e aggiunge: «Settantamila sono finanziamento pubblico. Il resto è mecenatismo privato». Poi mi fissa e chiede: «Tu che hai capito di noi?». «Che vi occupate di politica, relazioni Usa-Ue e di revisionismo storico. Ma ho visto anche pubblicazioni su laicismo e religione». Il Fondatore si illumina ed esclama: «È la nostra ragione sociale. Liberal è nato per abolire lo steccato tra atei e credenti. Porta Pia è preistoria». E giù un profluvio sul confronto tra laici e cattolici. Guarda la fototeca e indica una foto con Wojtyla. «È quella cui tengo di più. Mi convocò dopo un mio editoriale su di lui intitolato: L’unico (l’ultimo?) filosofo morale. Mi disse: “Può ritenersi soddisfatto. Al trenta per cento ci ha azzeccato” e mi mandò a Lublino, la sua università, a parlare del suo pontificato».
Ferdinando è raggiante al ricordo, ma ho un’obiezione: «Di laici e cattolici e di Usa-Europa si occupano anche il Foglio e Magna Carta. Non siete gli unici». «Ma siamo stati i primi», dice con una sfumatura di rimprovero ai concorrenti per averlo offuscato. Poi concede magnanimo: «Uno getta il seme. Se poi l’albero non è intestato a lui, fa nulla» e mi accompagna nobilmente alla porta.
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Formigoni: «Voglio un’Italia come la Lombardia»
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il governatore capolista al Senato: «Esporterò un metodo che ha dato ottimi risultati, la nostra Regione è la meno sprecona»
da Milano
Presidente Formigoni, lei lascia la Regione Lombardia per Roma.
«Non è corretto dire che lascio la Regione per Roma. Berlusconi mi ha chiesto di essere il capolista del Pdl al Senato e io ho detto di sì. Voglio dare una mano per cambiare il governo del Paese e per questo scarpinerò su e giù per tutta Italia, non solo in Lombardia. Il pensiero che mi occupa adesso è solo questo: dare risposte per costruire un’Italia nuova. Dopo il risultato elettorale esamineremo che cosa debba fare Formigoni».
Qual è il significato della sua candidatura due anni dopo essersi dimesso dal Parlamento per tornare al Pirellone?
«Mi candido con lo slogan “più Lombardia in Italia”. Quel che abbiamo fatto in questi tredici anni è molto apprezzato dai cittadini e abbiamo bisogno di portare queste soluzioni, o almeno alcune di esse, in tutta Italia perché sono la soluzione ai problemi del Paese. Possiamo trapiantare la sanità, il buono scuola, le leggi sulla famiglia e sull’aiuto all’internazionalizzazione dell’impresa, ma anche la diminuzione dei costi della politica e l’abolizione degli sprechi, la semplificazione, la sburocratizzazione, l’automatizzazione della pubblica amministrazione. La Lombardia è la Regione che costa meno ai cittadini. Ma soprattutto vogliamo esportare un metodo basato su dialogo e sussidiarietà».
Come pensa di esportare il metodo lombardo?
«Quando avremo vinto, si vedrà se posso dare questo contributo. Se Berlusconi dirà sì, che è possibile, allora ci sono solo due o tre posizioni nel Parlamento o nel governo da cui si può esercitare questo influsso realmente pesante».
Vuol dire che punta al ministero degli Interni, degli Esteri o alla presidenza del Senato?
«Non sono all’inseguimento di una poltrona purchessia. Se mi verrà chiesta una cosa del genere non potrò dire di no, perché vivo la politica come responsabilità. Altrimenti, se non si ritenesse che bisogna portare più Lombardia a Roma, non svaluterò i cittadini lombardi. Se non si riterrà che il presidente di dieci milioni di lombardi possa portare un contributo all’Italia, succederanno altre cose, vedremo quali».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
La sfida con Veronesi, capolista del Pd al Senato in Lombardia, è una battaglia tra cattolici e laici?
«Se ci sarà l’occasione di un confronto con Veronesi non mi tirerò indietro ma la sfida è solo un titolo giornalistico. Noi in Regione abbiamo già realizzato la sintesi tra cattolici e laici, con provvedimenti come la legge sulla famiglia. L’altro giorno abbiamo votato a scrutinio segreto che la vita comincia con il concepimento con una maggioranza più ampia della nostra. Questa è l’unità vera tra cattolici e laici».
Berlusconi sta pensando alla squadra di governo. Vuole dargli qualche suggerimento?
«Non ha bisogno di suggerimenti. È il leader e, mi si lasci la battuta, ha esperienze di governo. Sa bene di che cosa ha bisogno e da quali pericoli deve guardarsi. Sta arrivando un periodo di vacche magre, serve una squadra seria, compatta, esperta. Non vedo spazio per i neofiti».
Pensa che sarebbe bene presentare l’elenco dei ministri prima delle elezioni?
«La gente non ha di queste curiosità, vuole capire le proposte, gli impegni. Forse non disdegnerebbe sapere uno o due nomi ma quel che conta è il leader. E poi i risultati delle liste e delle Regioni avranno il loro peso: è una forma di rispetto per i cittadini».
I sondaggi sembrano molto favorevoli. Si aspetta una vittoria facile?
«Non vuol dire che abbiamo la vittoria in tasca. Possiamo contare su un vantaggio incolmabile se, e sottolineo se, ciascuno dei candidati farà il suo dovere. Bisogna fare campagna elettorale perché i sondaggi esprimono la propensione ma la gente ama sentirsi chiedere il voto. E poi c’è l’incognita del Senato, dove a maggior ragione bisogna scarpinare».
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Le piacciono i candidati del Pdl?
«Non invidio Berlusconi che ha dovuto fare questo lavoro ciclopico, credo che anche lui abbia avuto un moto di sconforto. Sono sempre stato favorevole al voto di preferenza, è il modo in cui si vede chi veramente vale e si valuta il rapporto con il territorio. Ritengo un grave errore averlo abolito, perché la gente vuole anche scegliere la persona a cui andare a tirare la giacchetta. Dobbiamo assumere l’impegno a cambiare la legge elettorale, introducendo la preferenza o le primarie di collegio per legge».
Che ne pensa della polemica esplosa intorno alla candidatura di Ciarrapico?
«Quando andava ai congressi del Pd non dava fastidio a nessuno. Basta con queste polemiche strumentali».
I vescovi chiedono intese dopo il voto contro il carovita. È d’accordo?
«I vescovi non spingono per le larghe intese, hanno segnalato che alcuni problemi dovrebbero essere presi in considerazione da tutti, da chiunque vada al governo. Il problema delle nuove povertà è una priorità per tutti». Sabrina Cottone
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Vaduz, mandato d'arresto per la talpa dei conti bancari
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
Il Liechtenstein ha spiccato un mandato di cattura internazionale contro Heinrich Kieber, 42 anni, l’uomo sospettato di aver venduto agli 007 il cd con i nomi dei titolari di libretti nel paradiso fiscale
Vaduz - Il Liechtenstein ha spiccato un mandato di cattura internazionale contro l’uomo sospettato di aver venduto ai servizi segreti tedeschi documenti su conti bancari a Vaduz, all’origine del recente scandalo fiscale scoppiato Germania e irradiatosi ad altri paesi europei. In caso di arresto sarà chiesta immediatamente l’estradizione, ha indicato oggi la polizia del Principato.
Un avviso di ricerca con foto è pubblicato sul sito internet della polizia (www.landespolizei.li). L’uomo, un cittadino del Liechtenstein, si chiama Heinrich Kieber e ha 42 anni. Secondo articoli di stampa avrebbe tuttavia ricevuto dal servizio di intelligence tedesco BND (Bundesnarchichtendienst) una nuova identità e nuovi documenti di viaggio, si afferma nell’avviso. Kieber è sospettato di spionaggio economico a vantaggio dell’estero e furto di dati. Egli avrebbe trasmesso al BND informazioni riservate su clienti della fiduciaria LGT Treuhand, una associata della LGT Bank appartenente alla famiglia regnante del Liechtenstein, incassando in cambio 4,2 milioni di euro. Egli aveva lavorato per la fiduciaria dall’aprile 2001 al novembre 2002. I dati in questione riguarderebbero oltre un migliaio di clienti della banca LGT, tra cui alcune centinaia di tedeschi, e questo ha messo in moto spettacolari inchieste su evasioni fiscali per centinaia di milioni di euro non solo in Germania, ma anche in Usa, Gran Bretagna e Italia, accrescendo di nuovo la pressione anche sulla Svizzera e sul suo segreto bancario.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Riforma delle fondazioni anonime Intanto oggi il governo del principato ha presentato un progetto di riforma delle fondazioni anonime, al centro degli attriti internazionali con altri paesi, Germania in testa, per il ruolo che queste fondazioni hanno avuto in migliaia di casi di sospette evasioni fiscali. Il dibattito parlamentare della riforma, in prima lettura, inizierà oggi e proseguirà fino a venerdì, e prevede «una completa revisione delle normative sulle fondazioni», secondo l’ordine del giorno pubblicato sul sito internet del parlamento del principato. Si stima che nel Liechtenstein ci siano tra 45.000 e 50.000 fondazioni anonime e di queste solo 600 sono effettivamente impegnate su questioni di pubblica utilità.
>>Da: firefox65
Messaggio 3 della discussione
Questo qui, vivo, non lo vuole nessuno.
E' un morto che cammina, per me.
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Ora Zapatero fa la corte a baschi e catalani
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Dopo la vittoria i primi problemi. Il premier spagnolo José Luis Zapatero, alle prese con le possibili alleanze di governo, ha di fronte a sé, ancora una volta, l’ostacolo dei movimenti autonomisti. Tra di loro dovrà trovare i voti necessari a raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento. Ma se i numeri sono simili a quelli del 2004, la situazione è forse più difficile. Grazie all'appello al voto utile, il Psoe ha finito per vincere a spese della sinistra, quella dei comunisti di Izquierda Unida e della catalanista Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), suoi possibili alleati. Sulla carta ora può giostrare con almeno tre possibili alleanze. Quella con i democristiani catalani di Convergéncia i Unió (CiU); quella con i conservatori del Partido nacionalista vasco (Pnv); e quella che potrebbe nascere dalla somma dei «piccoli» partiti restanti.
Gli indizi, però, portano dritti al nord, al Pnv e a CiU. E non a caso ieri il premier, nella sua prima intervista ha detto che i nazionalisti catalani di CiU e baschi del Pnv potrebbero diventare garanzia di stabilità nella prossima legislatura a guida socialista. I baschi sono stati l'alleato più fedele della scorsa legislatura (hanno impedito le dimissioni del ministro delle infrastrutture, Magdalena Álvarez), ma presentano un problema enorme: il Pnv ha convocato per il prossimo 28 ottobre un referendum indipendentista. La «consultazione sul diritto di decidere dei Baschi», come la chiamano i suoi fautori, non è cosa da poco, e meno per un partito nazionale come il Psoe. Lo stesso Zapatero l'ha più volte indicata come incostituzionale. L'alleanza pende quindi dal sottile e lungo filo della negoziazione tra i due partiti. Ora tutti si chiedono se Zapatero riuscirà a convincere i baschi a ritirare la proposta a cambio dell'entrata nel governo. Una domanda legittima, visto che già nella scorsa legislatura il presidente fu accusato di rimanere prigioniero dei nazionalisti, in quel caso di Erc.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Anche la possibilità CiU resta nell'aria. I catalanisti sono in effetti il terzo partito su scala nazionale, con 11 deputati. Ma per Zapatero sarebbe difficile convincere i propri uomini eletti in Catalogna (sotto la sigla Psc) ad accettare CiU, i nemici giurati, nel governo. Per il momento la bilancia sembra quindi pendere più per i Paesi Baschi. Della terza opzione si parla meno, anche perché la Spagna è meno propensa alle alleanze con tanti piccoli partiti che ricordano l'Italia
Ma se Zapatero riflette, Rajoy ha colto tutti di sorpresa ieri pomeriggio. Il leader del Partido popular è comparso dopo una riunione con il vertice del Pp ed ha annunciato che anticiperà il congresso del partito a giugno e si presenterà con i suoi uomini per provare a essere rieletto presidente e correre per le elezioni del 2012. Un mezzo colpo di scena visto che tutta la stampa spagnola speculava ieri con le sue dimissioni.
Ora Rajoy se la dovrà vedere soprattutto con i nemici che gli sono spuntati in casa. Non è un mistero che dietro le quinte di una possibile sconfitta si muovessero almeno due pretendenti alla poltrona di numero uno. Il sindaco della capitale, Alberto Gallardón o la presidentessa della comunità di Madrid, Esperanza Aguirre. Davide Mattei
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Si dimette il generale che guida le guerre Usa
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
L’ammiraglio William Fallon, 63 anni, da 41 anni in Marina, comandante delle forze Usa in Medio Oriente, comprese quelle in Irak e Afghanistan, si è dimesso a sorpresa dopo che la rivista Esquire aveva rivelato divergenze strategiche con il presidente George W. Bush: «Fallon è l’ultima persona a sbarrare la strada a un’azione militare Usa contro l’Iran». Il ministro della Difesa Robert Gates ha negato sia l’esistenza di tali divergenze sia pressioni da parte del Pentagono per spingere l’ammiraglio verso le dimissioni e ha definito «ridicola» l’ipotesi che la partenza di Fallon possa inviare il messaggio che gli Stati Uniti intendono procedere ad azioni militari contro l’Iran. Il suo posto sarà preso ad interim dal vice, il tenente generale dell’Esercito Martin Dempsey.
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Gli Usa cancellano la Cina dalla lista dei cattivi
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Effetto Olimpiadi: «La violazione dei diritti umani continua ma il Paese sta cambiando»
Cominciamo dal volteggio: 139 pagine di rapporto, firmato dal Dipartimento di Stato Usa. Tutte dedicate alla Cina: «Soffoca qualunque tipo di libertà di espressione, nega ai suoi cittadini i più elementari diritti umani, censura internet, arresta i blogger, sorveglia i giornalisti stranieri, se è il caso li intimidisce». Esercizi con le clavi: «Stritola la libertà religiosa nel Tibet buddista e nello Xinjiang musulmano, spedisce chi protesta ai lavori forzati, tortura i prigionieri con i peggiori strumenti partoriti dalla crudeltà umana, strappa confessioni per delitti mai commessi, li condanna preferibilmente senza processo. Ah, dimenticavamo ha il record mondiali di esecuzioni».
Preso nota? Bene, ora si va al triplo avvitamento acrobatico con salto mortale: «Quindi gli Stati Uniti cancellano la Cina dalla lista nera dei paesi che violano i diritti umani». Ci sarebbe da saltare in sella a un cavallo con maniglie e fuggire via. Invece si tratta delle nuova disciplina olimpica nata a cinque mesi dai Giochi di Pechino, una specie di salto triplo, con caduta verso il basso. Il rapporto pur ribadendo che «i dati complessivi sui diritti umani restano scarsi» regala alla Cina la qualificazione olimpica perchè «anche se non ha ancora avviato una riforma politica in senso democratico ha comunque sviluppato un cambiamento sociale ed economico».
Tra i più cattivi i primi dieci in classifica generale sono: Corea del Nord, Myanmar, Iran, Siria, Zimbabwe, Cuba, Bielorussia, Uzbekistan, Eritrea e Sudan. Uscita la Cina, sono entrate Siria, Uzbekistan e Sudan. Il documento del Dipartimento di Stato americano cita poi miglioramenti in Mauritania, Ghana, Marocco ed Haiti, piccoli progressi quasi nulli in Nepal, Georgia, Kirgizistan, Iraq, Afghanistan e Russia, e notevoli peggioramenti in Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka. Senza dimenticare che «in Russia la violazione dei diritti umani continua a scavare un solco tra governo e cittadini», che «in Siria la situazione dei diritti umani è peggiorata», in Libano «i progressi nel campo della democrazia sono frenati da violenze ispirate dall’estero», e che Cuba «resta sotto il controllo totalitario di Raul e Fidel Castro». Cuba è comunista come la Cina, ma non ospita Olimpiadi. Ai Giochi più che le medaglie d’oro vincono le facce di bronzo.
Massimo M. Veronese
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Nudo in un bordello:arrestato il capo della polizia di Teheran
>>Da: andreavisconti
Messaggio 1 della discussione
Reza Zarei è stato arrestato perché trovato in compagnia di sei prostitute. A lui era stato affidato il delicato compito di "moralizzare" la città
Teheran - Il capo della polizia di Teheran, Reza Zarei, a cui era affidato il delicato compito di "moralizzare" la città, è stato arrestato perché trovato nudo in un bordello in compagnia di sei prostitute. Lo riporta Ynet, l’edizione online dello Yedioth Ahronoth, che cita il sito web Farda news. Zardei si è dimesso.
Secondo un altro popolare sito web iraniano, Gooya, a ordinare l’irruzione nel bordello è stato l’ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi, il capo dell’autorità giudiziaria. Nell’ultimo anno Zarei era stato incaricato di far rispettare il codice di condotta islamico alle donne, con lo scopo di «moralizzare la città» di Teheran. Si sospetta che negli ultimi sei mesi centinaia di giovani siano stati arrestati per non aver rispettato il codice di condotta. Voci sull’incidente del bordello circolavano nel Paese da due due settimane, e la scorsa settimana Zarei è stato sostituito dopo aver servito per quattro anni come capo della polizia di Teheran. La notizia dell’arresto non è stata diffusa da nessuna agenzia ufficiale iraniana.
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Il Lazio sceglie il prossimo governo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
È la partita decisiva. La sfida finale. Si gioca nel Lazio, la regione più in bilico. Il risultato del Senato può stabilire le sorti dle prossimo governo.
Forse è per questo che nel Lazio i due partiti hanno provato a mettere il meglio (o quasi) che avevano da usare sul campo.
I sondaggi, quelli riservati delle segreterie dei partiti, danno una situazione di sostanziale parità. E inoltre il margine di errore è ancora molto ampio perché vi sono alcuni fattori non calcolabili con grande precisione. Uno di questi è La Destra. Quanto vale?
Il dato non è di secondo piano. Per capirlo basta fare un passo indietro, a due anni fa. Allora vinse il centrodestra per meno di 38mila voti, poco più dell'1%. Ma oggi al partita è tutta diversa. La sfida adesso è tra Pd e Pdl. Il partito di Veltroni può contare sull'effetto trainante dell'ultimo sindaco di Roma candidato, anche se sulla Camera. E sul vento in poppa delle amministrative, con Rutelli e Zingaretti che spingono sulla Capitale, dive risiede la metà degli elettori. Ds, Margherita e Idv però nel 2006 si fermarono poco sotto il 34% mentre le formazioni che compongono oggi il Popolo delle Libertà andarono oltre il 41%. Però. C'è un però. Anzi, più però. Uno per esempio è il fatto che An aveva come capolista Francesco Storace, che oggi corre per conto suo e conta con la sua Destra di arrivare oltre l'8% tanto da far scattare il seggio senatoriale.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Ecco perché nel Lazio la partita è decisiva. E Anche nella speranza di strappare qualche voto il centrodestra ha messo su una lista calibrata a destra con l'«impresentabile» Gramazio che neppure dove essere candidato, ex storaciani come Augello e Allegrini, l'acchiappavoti Cesare Cursi. E Ciarrapico. Berluscono lo conferma candidamente: «Noi dobbiamo fare una campagna elettorale e si deve vincere. L'editore Ciarrapico ha giornali importanti a noi non ostili ed è assolutamente importante che questi giornali continuino ad esserlo visto che tutti i grandi giornali stanno dall'altra parte». Quindi minimizza: «Ciarrapico è un signore di mondo, che sprizza la simpatia di un Aldo Fabrizi. Veramente pensiamo -ha aggiunto Berlusconi- che con quello che sta succedendo con i rifiuti a Napoli, sia importante una dichiarazione del signor Ciarrapico subito smentita? Le cose serie sono altre. Le sue parole? È stato male interpretato e ha smentito completamente». Infine smentisce Fini che s'era detto contrario alla candidatura: «Pure An era d'accordo su questa candidatura». Ma La Russa (An), replica secco: «È improprio parlare di accordo».
La candidatura dell'editore frattanto ha messo in difficoltà i quadri di Forza Italia e anche An nelle provincie. A Frosinone Antonello Iannnarilli e Alfredo Pallone sono stati oggetto di numerosi attacchi da parte dei giornali del Ciarra e si sono trovati l'incredibile beffa di essere fuori dalle liste e di ritrovarsi dentro il loro accusatore. Stesso discorso a Latina dove il quotidiani del candidato fascista si sono battuti contro il sindaco Vincenzo Zaccheo che chiedeva la riconferma, poi ottenuta. O contro Claudio Fazzone, che si ritrova a condividere la lista con Ciarrapico anche se può guardarlo dal'alto al basso visto che è settimo il lista, l'editore undicesimo.
Ma quel che è più grave è quello che sta accandendo a Strasburgo. Il presidente del Ppe Wilfred Martens non ha per nulla digerito le battute dell'imprenditore e cadidato romano ed è stato a sua volta sbeffeggiato da Watson, leader dei Liberaldemocratici: «Sosterranno la campagna elettorale del Pdl dopo che ha deciso di candidare chi si dichiara ostinatamente fascista?».
Fabrizio Dell'Orefice
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Italia, salari ridotti all'osso
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Buste paga degli italiani ridotte all'osso, mentre i prezzi continuano a correre con il petrolio che punta dritto verso i 110 dollari al barile. Ma i lavoratori dipendenti sono indifesi contro il carovita anzi guadagnano sempre meno: in media i single italiani devono cavarsela con 13 mila euro all'anno, poco più di mille euro al mese.E la colpa è delle troppe tasse (fisco e previdenza) che divorano i salari.
A certificarlo è l'Ocse, l'organizzazione internazionale che raggruppa i paesi più industrializzati, che piazza l'Italia al 23° posto, sui 30 totali, della classifica 2007 sui salari netti di un lavoratore senza carichi di famiglia calcolati a parità di potere d'acquisto. L'Italia si colloca così dietro non solo a Francia, Germania e Gran Bretagna, ma anche a Paesi come Grecia e Spagna. La media degli stipendi degli italiani è 19.861 dollari annui, pari al cambio attuale a 12.980 euro, meno di quanto guadagnano i greci dove lo stipendio netto di un lavoratore senza carichi di famiglia è pari a 25.572 dollari (circa 16.700 euro). Stanno meglio anche gli spagnoli con 22.207 dollari (14.500 euro). Dalla classifica Ocse emerge che un inglese guadagna quasi il doppio (l'87,8% in più) di un italiano, un tedesco il 43,1% e un francese il 28,6% in più. L'Italia è nettamente sotto la media Ocse (24.660 dollari cioè 16.117 euro), Ue a 15 (26.434 dollari cioè 17.277 euro) e Ue a 19 (23.282 dollari cioè 15.216 euro). In Europa se la passano peggio degli italiani solo i portoghesi e gli abitanti dei Paesi dell'ex area dell'Est. In fondo alla classifica anche turchi e messicani. Per il resto in tutti gli altri paesi si registra un salario medio più alto. Al primo posto c'è la Corea dove il salario medio è di 37.844 dollari l'anno (più di 25 mila euro). A pesare sui salari italiani è soprattutto il cosiddetto «cuneo fiscale», cioè gli oneri fiscali e contributivi che nel 2007 sono saliti dello 0,3% portandosi al 45,9%, al sesto posto tra i paesi Ocse, alle spalle del Belgio, dove si registra la pressione più forte pari al 55,5%, Ungheria (54,4%), Germania (52,2%), Francia (49,2%) e Austria (48,5%).
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Non va meglio ai salari dei lavoratori italiani con coniuge e due figli a carico: il cuneo fiscale in questo caso è al 33,8% (ma era al 33,3% nel 2006), superiore comunque alla media Ocse (27,3%) e dell'Europa a 15 (31,9%).
Mentre i sindacati chiedono un intervento urgente per ridare potere d'acquisto agli italiani, i prezzi di alimentari e carburanti continuano a salire. Ieri il petrolio ha infranto un nuovo massimo raggiungendo quota 109,72 dollari al barile e il gasolio in Italia è salito a 1,362 euro al litro. L'Autorità per l'energia lancia l'allarme bollette perché a breve saranno inevitabili nuovi rincari per luce e gas. E al distributore i consumi di benzina cominciano a diminuire (-2,1% a febbraio).
>>Da: Maggye
Messaggio 3 della discussione
Secondo me non è che guadagnamo meno degli altri perchè abbiamo stipendi più bassi, è che noi paghiamo più tasse.
>>Da: ilgiovaneardito
Messaggio 4 della discussione
Ma Prodi non avevo detto che la Spagna non ci aveva ancora superato come PIL/pro capite?
Alla faccia!
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Lavori usuranti, l'ira di Confindustria per il blitz del governo
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
Si scatena nuovamente sul Welfare l’ira della Confindustria. La denuncia sui tentativi del governo uscente di un colpo di mano sulla legge delega sul Welfare arriva direttamente dai piani alti di viale dell’Astronomia. Prima Alberto Bombassei e poi Luca Cordero di Montezemolo lanciano pesanti accuse all’esecutivo. “Con il provvedimento sui lavori usuranti che il governo sembra intenzionato ad approvare la prossima settimana, estendendo i benefici pensionistici a tutti coloro che svolgono lavoro notturno, si stravolge la legge delega ‘strozzando’ il confronto”. Così il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Motezemolo. Dopo avere approvato il provvedimento per la sicurezza sul lavoro “basato solo su un ingiustificato inasprimento delle sanzioni”, ha evidenziato Montezemolo, “si vorrebbe procedere con la stessa urgenza alla definizione dei lavori usuranti con interpretazioni lontane dalla legge delega. La cosa rischia di ampliare a dismisura la platea di coloro che potranno anticipare l’età della pensione”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Si ricorderà quanto clamore aveva provocato negli ultimi mesi dello scorso anno l’approvazione del provvedimento sul Welfare. I continui blitz con cui il governo in sede di Consiglio dei ministri aveva modificato il protocollo siglato con le parti sociali avevano scatenato l’ira di sindacati e imprese per via delle misure che riguardavano le deroghe ai contratti stagionali e altre misure come appunto il tetto di 80 notti per definire i lavori notturni e dunque rientranti nella categoria di usuranti. Misure che comparivano e scomparivano. Alla fine era arrivata la marcia indietro dell’esecutivo: la deroga ai contratti per gli stagionali e il ritorno del tetto delle ottanta notti. Ora secondo la denuncia di Confindustria il tetto rischia di saltare per evidenti fini elettoralistici. A spiegarlo è Bombassei: “Un altro provvedimento con forti connotati elettoralistici”, dichiara infatti il vicepresidente di Confindustria. “Dopo tre mesi di silenzio, il ministero del Lavoro, a pochi giorni dalla sua presentazione al Consiglio dei ministri, ci ha fatto vedere un testo molto diverso da quello che avevamo discusso nell’ambito dell’Osservatorio che avrebbe dovuto varare questo importante provvedimento. Il ministero - spiega Bombassei - con il consenso dei sindacati si è letteralmente inventato una nuova soluzione, difficilmente giustificabile sulla base della legge delega.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
In buona sostanza si riconosce a tutti i lavoratori che, a turni, svolgono lavoro notturno, il beneficio di una anticipazione del diritto al pensionamento. Affermare che rientri nel concetto di lavoro usurante anche chi fa 64 notti l’anno - aggiunge il vicepresidente - non ha alcun riscontro con i parametri che erano stati previsti dal protocollo sul Welfare del luglio scorso. La logica sostenuta dal ministero di aver voluto ‘spalmare’ su un maggior numero di lavoratori il beneficio pensionistico - denuncia ancora Bombassei - ha solo un valore elettoralistico, mentre la corretta applicazione dei criteri del Protocollo e della legge di delega avrebbe dovuto portare a riservare ai soli lavoratori effettivamente esposti a maggior disagio questo intervento agevolativo. Aver abbandonato un criterio rigoroso già delineato dalla legge sull’orario di lavoro (le 80 notti) e aver aperto a criteri che non hanno riferimenti oggettivi se non la sola volontà di allargare la platea dei beneficiari - conclude Bombassei - potrà creare nuove situazioni di contenzioso sindacale in sede aziendale, ed espone i conti pubblici a gravi rischi, in quanto ogni previsione risulta, a questo punto, scarsamente attendibile”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
I rischi erano stati calcolati a suo tempo da Giuliano Cazzola. Senza il vincolo di 80 notti necessarie per poter parlare di lavoro notturno, in numeri - calcolò Cazzola - significa che avranno diritto ad andare in pensione prima 650 mila persone in più. Un numero che rende ancora più precari i saldi decisi dal governo. E che avvalora le stime che Cazzola mise nero su bianco in un dossier da presentare alla Commissione europea, al Fondo monetario internazionale e all’Ocse. Interlocutori sensibili dal momento che tanto la Ue quanto l’Fmi e l’Ocse, a cui sono da aggiungersi i moniti della Banca d’Italia, hanno da sempre lanciato un allarme sui rischi per le nostre finanze pubbliche che le controriforme su pensioni e mercato del lavoro comportano. Secondo Cazzola la cancellazione del tetto dei cinquemila soggetti l’anno per la deroga ai nuovi limiti di anzianità per i lavori usuranti, e ora del vincolo sulle 80 notti, costerebbe dai 10 ai 12,5 miliardi in più rispetto ai 2,86 previsti dal governo. Con una quintuplicazione della platea dei beneficiari. Mentre la revisione dello scalone da parte del governo costa 3,8 miliardi di euro in più - ovvero 11,3 miliardi - rispetto ai 7,48 indicati dall’esecutivo.
Raffaella Malito
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Alitalia: "condizioni" di Spinetta-Tps scivolose per i sindacati
>>Da: andreavisconti
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“Non possiamo accettare il fatto compiuto”, “il via libera non sarà garantito”, “non metteremo firme al buio”. Sono alcune delle dichiarazioni raccolte dal VELINO fra i confederali e le sigle professionali dopo la nota con cui Air France ha comunicato che l’offerta che sarà presentata entro venerdì prossimo conterrà alcune “condizioni sospensive tra cui in particolare il consenso dei sindacati”. Intanto il Consiglio di Stato ha definitivamente spento le speranze dell’Air One di Carlo Toto per rientrare in partita. Il supremo organo di giustizia amministrativa ha confermato la sentenza del Tar del Lazio e ha respinto la richiesta con cui la compagnia dell’imprenditore abruzzese chiedeva la sospensione della trattativa in esclusiva fra Alitalia e Air France. Per la cordata italiana resterebbe in piedi l’eventualità di un’Opa alternativa all’offerta francese, ma già ieri l’amministratore delegato di Intesa SanPaolo Corrado Passera ha chiuso la porta a tale ipotesi: “Abbiamo già fatto il possibile per far conoscere il nostro piano industriale agli italiani, di più non possiamo fare”, aveva spiegato. Sulla stessa linea si era espresso in precedenza lo stesso Toto. Tornando al comunicato con cui Parigi ha annunciato la presentazione dell’offerta vincolante entro venerdì, i rappresentanti dei lavoratori suggeriscono maliziosamente che “sembra scritto sotto dettatura dall’azionista”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
L’ipotesi, insomma, è che il Tesoro, ora che la privatizzazione è giunta alle battute finali, cerchi da una parte di smarcarsi e dall’altra di “far cascare i sindacati in un trappolone”: sarebbero loro, respingendo l’offerta francese, ad assumersi la responsabilità di un eventuale fallimento di Alitalia. Conti alla mano, al 31 gennaio 2008 la Magliana presenta un indebitamento netto in crescita di 81 milioni a 1,28 miliardi di euro mentre in cassa restano solo 282 milioni di euro: non accettare le condizioni di Parigi significherebbe costringere la compagnia di bandiera a portare i libri in tribunale. D’altronde è da ieri che la Filt-Cgil fa notare come fra le “condizioni sospensive” di Air France sia scomparso ogni riferimento al governo, sia a quello in carica sia a quello che uscirà dalle elezioni del 13 e 14 aprile. Un modo per “liberare le mani” del mondo politico e far ricadere sui sindacati la responsabilità di un eventuale fallimento. Responsabilità che però i confederali sono disposti ad assumersi se l’offerta transalpina dovesse risultare eccessivamente gravosa dal punto di vista degli esuberi.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 3 della discussione
I rappresentanti dei lavoratori, ricordando gli innumerevoli incontri richiesti al governo che però ha sempre chiuso le porte di Palazzo Chigi, spiegano che prima del 14 marzo non è previsto alcun incontro con numero uno di Air France, Jean Cyril Spinetta. Dunque qualsiasi ragionamento sul via libera o meno all’operazione dev’essere rimandato a quando Parigi presenterà l’offerta vincolante. Sunquesto punto ha insiste anche Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani: “Chiedere al sindacato un giudizio al buio è impossibile - dichiara. Noi vogliamo conoscere quel piano di cui non sappiamo ancora nulla”. Dopo “una fase molto riservata che non comprendiamo”, aggiunge il sindacalista, “ora si deve passare dalla riservatezza al confronto, perché il sindacato sia messo nella condizione di esprimere un giudizio”. La richiesta di fondo dei confederali alla compagnia d’oltralpe non cambia: “Faccia una proposta di acquisto che riguarda l'intero perimetro aziendale, avviando un confronto per ristrutturare Alitalia Fly, Alitalia Service e le società controllate”. Ma i rumors che giungono dalla Francia non sembrano incoraggianti, anzi, spingono in tutt’altra direzione. Secondo il quotidiano La Tribune Air France-Klm farà un'offerta accompagnata da condizioni che potrebbero rivelarsi “più drastiche del previsto”. Innanzitutto potrebbe essere rivista al ribasso l’Ops con un prezzo per azione inferiore a quello previsto inizialmente e cioè di 35 centesimi. Secondo il giornale, inoltre, la riduzione dell'attività a lungo raggio di Alitalia “rischia di essere più dura e la soppressione di posti di lavoro anche” mentre Az Service sarebbe “esclusa dal perimetro di vendita”.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 4 della discussione
“Sono notizie che fanno rimbalzare da Air France per alimentare un banale gioco al ribasso”, è il la sensazione degli interlocutori del VELINO. Che sottolineano anche come, in questo modo, i francesi cerchino di spaccare i sindacati creando una frattura fra chi rappresenta il personale di terra e chi invece ha più iscritti fra i dipendenti nelle attività di volo. Già nell’incontro della settimana scorsa con il numero uno di via della Magliana, Maurizio Prato, chi vi ha preso parte testimonia che “sembrava che ci fossero due tavoli distinti: da una parte Cgil e Cisl, dall’altra Uil e categorie professionali”. Il faccia a faccia con il presidente di Alitalia, inoltre, non è servito a far luce sui dettagli dell’operazione: “Prato non ha detto nulla, si è solo fatto portavoce di un’apparente tranquillizzazione, era un ambasciatore con scarse credenziali”. Sull’importanza di un accordo fra Air France e i sindacati ma anche sulla necessità che “il governo si pronunci su questa importante privatizzazione” insiste anche Passera. “Credo che cancellare i voli, come è stato fatto prima della conclusione della procedura di vendita – dichiara il manager a Sky Tg24, sia stato effettivamente sbagliato e credo che Malpensa debba trovare il suo futuro in una compagnia che crede nel suo sviluppo. Certo – conclude Passera - oggi è molto più difficile se procede l'operazione Air France”.
Michele Pisani
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Rifiuti: le navi non salpano, da sciogliere il nodo delle "ecoballe"
>>Da: andreavisconti
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Da giorni, il commissariato di governo per l’emergenza rifiuti in Campania, fa pressing sui tedeschi per trovare un accordo sull’invio di immondizia in Germania. Nonostante i contatti con le autorità di Berlino, anche attraverso le vie diplomatiche e le offerte per il trasporto via nave giunte sul tavolo di Maurizio Bruschi, direttore centrale della finanza locale del ministero dell’Interno, la possibilità di adottare questa soluzione sembrano sempre più remote. Bruschi, che si occupa, tra le altre cose, di valutare anche le proposte di trasferimento all’estero, avrebbe chiesto, infatti, di poter trasferire i rifiuti in Germania “tal quale”, senza nessun trattamento. Una richiesta giudicata impossibile dalle autorità tedesche, per violazione delle normative sul trattamento e il trasporto del pattume, e valutata di non facile attuazione anche dalle società interpellate, per la difficoltà di immagazzinamento sfuso dei rifiuti nelle stive delle navi. I rifiuti, infatti, dovrebbero essere prima imballati, vale a dire “pressati” e ricoperti da uno strato di polietilene, per poter poi essere trasportati. L’operazione richiede però l’utilizzo di un impianto ad hoc, reperibile in molte imprese italiane e europee e facilmente realizzabile nel giro di una quindicina di giorni che tuttavia non rientra nei programmi del commissariato.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Tutto ciò rischia di allontanare ancora di più un eventuale accordo per il trasferimento via nave e lo smaltimento dei rifiuti in Germania, per il quale le offerte giunte sul tavolo del commissario prevedevano che dal porto di Napoli, o di Salerno, verso Rotterdam, salpassero tremila tonnellate di pattume a settimana. I rifiuti poi, via Reno, avrebbero raggiunto tre inceneritori attivi in Westfalia con un costo complessivo di circa 200 euro a tonnellata, il 10 per cento in meno rispetto ai trasporti ferroviari. Proprio i trasporti dell'immondizia via treno dalla Campania, che nelle ultime settimane hanno fra l'altro subito dei rallentamenti, sono finiti nel mirino dei Verdi e degli ambientalisti tedeschi. I carichi in “casse mobili” trasportati mediante Ecolog (i treni speciali studiati per il trasporto dell’immondizia), una volta in Germania, vanno trattati in impianti di “biostabilizzazione” nella zona di Lipsia (un trattamento che serve per separare la frazione secca da quella umida non utilizzabile negli inceneritori e aumentare così anche il loro potere energetico). I Verdi d’oltralpe hanno però il sospetto che non tutto avvenga nella massima trasparenza e chiedono al lander di conoscere esattamente le destinazioni dei rifiuti che hanno subito la “biostabilizzazione”. C'è chi teme che non tutti i rifiuti vengano bruciati e che una parte finisca invece nelle discariche tedesche. Una soluzione inaccettabile in un paese che avvia a incenerimento quasi il cento per cento della propria immondizia.
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Intercettazioni Unipol: Forleo rinviata a giudizio
>>Da: andreavisconti
Messaggio 5 della discussione
Sarà processata il 27 giugno dalla sezione disciplinare del Csm. Lo ha deciso il Pg di Cassazione
ROMA - Rinvio a giudizio davanti alla sezione disciplinare del Csm per il Gip di Milano Clementina Forleo in relazione all'ordinanza con la quale aveva chiesto alle Camere l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni di alcuni parlamentari, tra cui Piero Fassino e Massimo D'Alema, per la vicenda Unipol. Lo ha disposto la procura generale della Cassazione.
L'UDIENZA IL 27 GIUGNO - L'udienza pubblica a Palazzo dei Marescialli è fissata per il 27 giugno. Al magistrato nel capo di incolpazione si contesta «l'abnormità del provvedimento - ha spiegato il procuratore di Asti, Maurizio Laudi, che assisterà Forleo nel giudizio - perchè avrebbe anticipato una sorta di valutazioni di responsabilità di parlamentari che non erano iscritti nel registro degli indagati». Forleo avrebbe «esorbitato dalle motivazioni del provvedimento».
>>Da: firefox65
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Evidentemente a certe persone non gli si possono rompere le scatole..
>>Da: azzurralibertà
Messaggio 3 della discussione
E allora perché non rinviano a giudizio tutti i magistrati che rilasciano dichiarazioni alla stampa in cui (poco) velatamente esprimono già un giudizio di colpevolezza?
Vogliamo fare l'elenco dei gip che lo hanno fatto a cominciare da Ghitti, passando per quello di Aosta...
Ma la Legge, non dovrebbe essere uguale per tutti?
>>Da: santana
Messaggio 4 della discussione
L'ho scritto altre volte: fai saltare i magistrati che indagano sulla sinistra e restano quelli che archiviano (Prodi, Mastella, tentativo con Di Pietro, ..), poi, con calma, la vendetta.
Fredda, inesorabile vendetta contro chi ha osato indagare in certe direzioni.
Non la passi liscia.
TUTTI i magistrati devono capire da che parte deve stare la vera giustizia..........
>>Da: GORGON
Messaggio 5 della discussione
Ahahahahah!!!!!!!!!!!!!!!!!
Che farsa, la giustizia in Italia!
Neanche in Nigeria.......
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Emanuele Filiberto si candida. Ma soltanto fuori dall'Italia
>>Da: andreavisconti
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Anche il rampollo dei Savoia scende in campo. Il nodo sabaudo come simbolo e, voilà, Emanuele Filiberto ha depositato la sua lista: «Valori e futuro»: lo stesso nome del movimento culturale da lui fondato per sancire, con lustro (almeno nelle intenzioni), il ritorno in patria, dopo la caduta dell’esilio per sé e per il padre Vittorio Emanuele, tenuto lontano dall’Italia per mezzo secolo. Dal movimento al partito, un passo breve e previsto. Lo slogan: patria, famiglia, onestà. Ed eccolo, dunque, in lizza alle prossime elezioni di aprile. Ma a sorpresa il principe, pur avendone diritto, non si candida nel suo Paese. Preferisce chiedere consensi agli italiani all’estero, presentandosi nella circoscrizione Europa.
A quanto pare, correrà da solo, senza apparentamenti. Sarà il dodicesimo candidato premier? Vedremo. C’è anche curiosità sui nomi che figurano nella sua lista — epicentro Ginevra — e su come affronterà la campagna elettorale. I Savoia, certo, non finiscono mai di sorprendere. Le recenti disavventure giudiziarie di Vittorio Emanuele hanno colpito profondamente la famiglia Savoia.
Che, tuttavia, non si è data per vinta. Rischiando, impavida, anche l’impopolarità. L’esempio più clamoroso fu la richiesta allo Stato italiano di 260 milioni di risarcimento danni per «violazione dei diritti dell’uomo», a causa del lungo esilio. Padre e figlio furono coperti da una valanga di critiche.
Ancora: l’estate scorsa, lo stesso Emanuele Filiberto fu al centro di una vicenda «sgradevole»: l’arresto per associazione mafiosa di Mariano Turrisi (una relazione pericolosa dell’ignaro principe?), ex presidente del movimento «Valori e futuro». Tant’è. Il trentacinquenne rampollo di Casa Savoia non rinuncia al progetto politico. Che ha la pretesa di porsi come punto di riferimento per le nuove generazioni.
«Affinché si possa giungere — recita un documento d’intenti del suo partito — alla costruzione di un nuovo grande futuro per la nostra patria». Ma la scelta di candidarsi all’estero può essere letta come una mossa prudente. Riparata. L’eventuale magra figura elettorale, fuori dai confini, infatti, sarebbe meno bruciante.
>>Da: andreavisconti
Messaggio 2 della discussione
Non ha mai fatto niente nella sua vita.. penso che non gliene importi a nessuno se si candida fuori dall'Italia...
Se si candida in Italia sarebbe uno come tanti, con tutti i soldi che ha e la sua arroganza figuriamoci se farebbe gli interessi dei cittadini.
Savoia, andatavene che vi ringrazieremo 1000 volte!
Andrea
>>Da: firefox65
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Ma vai a lavorare, va che è meglio!
>>Da: ilgiovaneardito
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Lo slogan: patria, famiglia, onestà.
E i Savoia si sono mai preoccupati di patria e onestà ? (della famiglia sì , la loro).
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Il circo fa ridere di meno
>>Da: firefox65
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Correremo da soli. Ma anche con Di Pietro, coi radicali, con il Sud Tirol..
Veltroni: "Crediamo nell'alleanza con Svp e Patt"
"Crediamo nella collaborazione e nell'alleanza con la Svp e con il Patt. Ci lega una comune passione per il territorio e attaccamento all'autonomia". Lo ha detto Walter Veltroni, che oggi sarà a Trento e a Bolzano.
>>Da: santana
Messaggio 2 della discussione
....solo che quando sono troppo autonomi, gli mandiamo i carri armati a ricordargli chi comanda.
Com'erano quei begli articoli che scriveva il kennedyano Uolter sull'Unità????
Ah, già, lui era nel PCI perché ferocemente anticomunista.
>>Da: GORGON
Messaggio 3 della discussione
MA ANCHE con la sinistra radicale.
Insomma Veltroni=Prodi in tutto.
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Di Pietro, candida una madre di Rignano Flaminio
>>Da: firefox65
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Di Pietro, candida una madre di Rignano Flaminio, Roberta Lerici inserita nella lista dell'Italia dei valori per il Senato nel Lazio.
Tra i suoi obiettivi c'è «l'inasprimento delle pene contro i pedofili». Afferma che non avrebbe «mai pensato di correre per il Parlamento», ma spiega di contare su «un patrimonio di conoscenze maturato sia con gli studi che con l'esperienza personale vissuta sul campo a Rignano». Lei è Roberta Lerici, responsabile dei rapporti con le istituzioni dell'Agerif (l'Associazione genitori Rignano Flaminio) e inserita nella lista dell'Italia dei valori per il Senato nel Lazio.
Ora, ci sono proprio tutti.
>>Da: azzurralibertà
Messaggio 2 della discussione
Una che ha gridato al pedofilo a della gente innocente rovinandogli la vita.
Dei PM irresponsabili gli hanno creduto, e un altro PM piu' irresponsabile di loro la porta in parlamento.
Non ho parole.
>>Da: Nando179764
Messaggio 3 della discussione
....lo vedi azzurralibertà che è tutta na schifezza. cialtroni stipendiati con i nostri soldi.
>>Da: GORGON
Messaggio 4 della discussione
Spero che sia in fondo alla lista, non ho piu' parole..