riflessioni su alcune realtà che tocca no la scuola pubblica

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Stefano Cobello

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May 6, 2023, 12:29:21 PM5/6/23
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Qualche giorno fa' mi sono imbattuto su una riflessione sulla scuola ed alcune iniziative private sul tema. Non voglio sottolineare lo sconforto ed il pericolo che vi ho intravisto, ma il fatto che ho chiesto consiglio ad un amico ed ex dirigente scolastico che considero  la persona più competente che io conosca.  Da qui nasce il bisogno di condividere questa straordinaria riflessione di Donato. che lui mi ha autorizzato a condividere con voi.

Eccovi il link che vi propongo di esplorare  e la riflessione di Donato De Silvestri.
Buona lettura

Link: https://www.contiamoci.eu/2022/09/20/progetto-scuola-di-contiamoci/

 

Riflessione di Donato De Silvestri

Caro Stefano, è da tempo che cerca di farsi luce un movimento di soggetti nostalgici, che si scaglia contro la scuola delle competenze, a favore di una rinnovata centralità delle conoscenze.

Sul sito di Contiamoci.eu leggo che il “degrado della scuola italiana” sarebbe stato indotto da “vecchie (ultracentenarie) teorie pedagogiche di stampo anti-cognitivo, imposte agli insegnanti sotto la suggestione della innovazione e del progresso e custodite con zelo dalla rete burocratico/istituzionale che dal ministero si irradia fino agli uffici dei dirigenti. “ Insomma una sorta di Spectre che “irradia” il proprio influsso malefico dal centro alla periferia, la quale avrebbe, tra l’altro, portato alla “sostituzione dei contenuti con l’acquisizione di generiche strutture mentali e comportamentali, cioè la famigerata didattica per competenze, traduzione dell’ideale di flessibilità (precarietà) permanente, trasportato di peso nella scuola dai modelli di management aziendale”.

Solo un paio di riflessioni.

Stupisce l’uso distorto che viene fatto del concetto di competenza. Un minimo di informazione eviterebbe simili figuracce.

Secondo il Decreto Legislativo n. 16 del 13 gennaio 2013. Art. 2 la competenza è: “comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale”.

Nell’allegato alla Raccomandazione del 22 maggio 2018 le competenze sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti, in cui:

  • la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti, idee e teorie che sono già stabiliti e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento;

  • per abilità si intende sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati;

  • gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone o situazioni.

Considerare le competenze come una pericolosa antitesi delle conoscenze dimostra grossolana ignoranza o almeno grande distrazione. Non può esserci competenza senza conoscenza. Il guaio è considerare che per una buona formazione basti apprendere le conoscenze, ossia gli assunti teorici. Sarei curioso di sapere se questi signori vorrebbero essere operati da un chirurgo competente o da chi si fosse limitato leggere dei manuali di anatomia, o se affiderebbero la loro auto ad un meccanico formatosi ascoltando delle lezioni teoriche sul funzionamento del motore. Altra assurdità sarebbe considerare la competenza come un qualcosa di meccanicistico o legato al mondo della produzione, “trasportato di peso nella scuola dai modelli di management aziendale”. La competenza, infatti, è indispensabile anche nella gestione delle emozioni e delle relazioni interpersonali e di gruppo. E’ importante essere competenti anche nel riconoscere i nostri stati d’animo ed i nostri sogni.

Tra le 8 competenze chiave formulate dalla UE con la Raccomandazione del 2018 , vituperate da questi sprovveduti, rientrano:

5. competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare;

6. competenza in materia di cittadinanza;

8. competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

Ma di cosa stiamo parlando?

Vogliamo parlare poi del patetico attacco all’autonomia scolastica?

Trovo qui nostalgie che fanno intravedere voglia di potere assoluto, di pochi che decidono per tutti e masse che obbediscono. Considerare le scuole autonome il luogo dei progetti usa e getta, per lo più ad alto tasso ideologico, spesso appaltati a “esperti” esterni al corpo docente, sacrificando i contenuti dell’insegnamento e interrompendo la trasmissione della cultura, esprime una visione estranea alla realtà dei fatti. Si dimentica che autonomia non vuol dire anarchia e si disconoscono il lavoro e la dignità dei docenti, del personale Ata e dei dirigenti scolastici svolto in tutti questi anni. Sono stati dei poveri idioti asserviti ad una logica burocratica fine a se stessa? Con quale coraggio ed in base a quali risultanze lo affermano? Da uomo che ha lavorato nella scuola prima e dopo l’autonomia, da chi, ancora una volta, c’è stato ed ha conosciuto, confrontandosi a livello locale e nazionale, mi sento profondamente offeso ed irritato. Ma come si permettono questi dilettanti della pedagogia di scaricare un simile carico di infamità sulla scuola e sulla dignità di chi l’ha fatta e la sta facendo?

Leggo ancora: “la riduzione delle conoscenze a skills, l’enfasi sulla motivazione, l’individualizzazione della didattica e l’idea del “successo formativo” sono parametri impropri per il contesto scolastico.”

Ci sarebbe da preoccuparsi se l’affermazione non fosse talmente illogica da diventare ridicola.

Chi mai avrebbe pensato di “ridurre” le conoscenze a competenze? Davvero qualcuno può pensare una simile idiozia? Sarebbe come “ridurre” le ruote a… automobili. Ci dicono anche che è un errore considerare la motivazione come un presupposto fondamentale per l’apprendimento, quando anche la persona più sprovveduta dovrebbe aver imparato dalla propria esperienza, se non dallo studio, che in sua assenza non si verificano apprendimenti significativi. Considerare poi il successo formativo un parametro improprio per il contesto scolastico lascia addirittura senza parole. Parliamo di qualcosa che sta alla base del diritto allo studio sancito dalla Costituzione.

Del resto i fautori di questa bizzarra teoria si dichiarano nostalgici della scuola del passato, quella che non turbava gli equilibri sociali, escludendo di fatto i ceti meno abbienti. Forse è per questo vorrebbero anche reintrodurre il latino alle secondarie di primo grado, che maldestramente chiamano medie.

Infine, da uomo che il teatro lo ha praticato per vent’anni a scuola e sulla scena, sarei curioso di sapere cosa si intende con “valorizzazione della musica e del teatro come arti applicate”. Sull’enciclopedia Treccani leggo che si parla di arti applicate “quando il processo creativo non è fine a sé stesso ma è volto alla realizzazione di oggetti d'uso e di arredamento: arti decorative, arti industriali, artigianato artistico”.

In definitiva, è giusto che in un Paese libero ognuno possa esprimere personali opinioni, così come fanno i terrapiattisti: sta a noi saper distinguere ciò che è degno della nostra attenzione.

Donato

-- 
Stefano COBELLO Ph.D
Sociology of Inclusion
Coordinator of the European Pole of Knowledge / Italy
National Network of Educational Institutions
www.europole.org 

Mobile:+39 3482681898
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