E' ovvio che il passaggio al mercato libero non è obbligatorio. Chi vuole o preferisce può restare nel vecchio sistema, quello regolato per intero dall’Autorità per l’Energia, definito “mercato di maggior tutela”. Passando al mercato libero, a livello tecnico, non cambia nulla. La rete elettrica resta la stessa, cosi come la cabina a cui si è collegati. Anche il contatore non deve essere sostituito. Gran parte delle aziende che vendono energia elettrica, infatti, non la producono né la trasportano: si limitano a comprare elettricità sulla Borsa elettrica e rivenderla ai clienti finali.
Fino a oggi il mercato libero (che per le grandi imprese è obbligatorio) ha avuto poco successo. Gli ultimi dati dell’Autorità per l’Energia dicono che sono passati alle offerte elettriche liberalizzate 3 milioni e 200mila dei 36 milioni di clienti italiani. L’8,9% del totale, tasso in linea con gli altri paesi europei. Tra quelli che hanno abbandonato il vecchio regime, due milioni sono famiglie (il 7,1%) e un milione e 200mila sono piccole imprese (il 15,6%). Nella prima metà di quest’anno hanno scelto il mercato libero 688mila clienti.
Ciò che più preme sottolineare e che cambiare non costa praticamente niente. Il passaggio da un operatore all’altro è gratuito, l’unica spesa è l’imposta di bollo (14,62 euro) da pagare sul nuovo contratto. Il passaggio è oneroso solo se è il secondo in un anno: in questo caso il distributore addebiterà un contributo fisso di 27 euro al venditore prescelto, che potrà a sua volta addebitarlo al cliente. Il contributo non è mai dovuto se il cliente intende tornare dal mercato libero al servizio di maggior tutela.
E per l’affidabilità non dovrebbero esserci rischi. L’unico problema può essere il fatto che tutto l’impianto resta di proprietà della società di distribuzione, quindi per ogni possibile guasto il nuovo fornitore non può intervenire, ma si deve limitare a rivolgersi alla vecchia società. La quale, solitamente, dà la precedenza ai suoi clienti.
continua......(offerte, costi, problemi, )