La Bussola Quotidiana ha già avuto occasione di
consigliare per il 2012 ai suoi lettori – per rispondere allo sciocchezzaio che
impazza secondo cui si tratterebbe dell’anno della fine del mondo – il bel libro
di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari “2012 - Catastrofismo e fine dei
tempi” (Piemme 2010). Questi antidoti sono necessari perché le sciocchezze
continuano, anche su quotidiani apparentemente «seri». La storia, tutta la
storia finirà il 21 dicembre 2012, si ripete, lo assicurano i Maya. Vale la pena
allora di chiederci che cosa c’è – eventualmente – di vero in questa storia che
sta facendo ancora una volta il giro del mondo.
Per rispondere con una parola sola: nulla. Cominciamo con una
risposta di buon senso, che però nei discorsi di questi giorni va
completamente perduta. Ammettiamo – ma vedremo in seguito che non è così – che
gli antichi Maya abbiano davvero previsto la fine del mondo per il 21 dicembre
2012. Questo ci direbbe qualcosa sui Maya, ma nulla sulla fine del mondo. La
cultura e le credenze dei Maya non sono “la verità”, ed è strano che qualcuno
oggi le prenda come guida infallibile. Per esempio, i Maya credevano che gli dei
avessero bisogno di sacrifici umani, un elemento assolutamente centrale nella
loro cultura Credevano anche che migliaia di sacrifici umani avrebbero reso i
loro regni invincibili ed eterni. Non è successo: i regni Maya sono stati
spazzati via dalla conquista spagnola. Elementi non secondari, anzi fondamentali
della visione del mondo dei Maya si sono rivelati falsi.
Inoltre, della fine del mondo nel 2012 nessuno aveva sentito parlare
fino agli anni d’oro del dopo-1968 e del New Age. Antropologi
accademici hanno visitato in lungo e in largo le comunità dei discendenti dei
Maya in Messico e in Guatemala e non hanno trovato nessuna particolare
aspettativa relativa al 2012. E si tratta di comunità che conservano moltissimi
elementi della cultura Maya precolombiana.
La storia della fine del mondo nel 2012 è stata sostanzialmente
inventata da un teorico del New Age nato in Messico ma cittadino
statunitense, José Argüelles (1939-2011), a partire dagli anni 1970 e illustrata
particolarmente nel suo volume del 1987 “The Mayan Factor” (in italiano “Il
fattore maya”). Argüelles – che è morto il 23 marzo 2011, così che non vedrà se
nel 2012 la “sua” profezia si realizza o meno – aveva ottenuto un dottorato e
tenuto corsi in varie università, ma la sua materia era la storia dell’arte, non
l’archeologia o la cultura Maya. Inoltre egli ha sempre francamente dichiarato
che molte sue teorie derivavano da “visioni” che aveva avuto sotto l’influsso
dell’LSD. Neppure un solo specialista accademico dei Maya ha mai preso sul serio
Argüelles o le sue teorie sul 2012, e “ciarlatano” non è neppure la più severa
fra le molte espressioni sgradevoli che la comunità accademica ha usato nei suoi
confronti.
Il libro di Argüelles parte da un dato vero. Per i Maya questo mondo
è iniziato a una data che può essere calcolata. Varie fonti danno
diverse versioni, ma la data più diffusa corrisponde all’anno 3114 a.C. del
nostro calendario. Da questa data iniziano cicli di anni chiamati b’ak’tun.
Molti testi Maya parlano di venti b’ak’tun, dopo di che finirà questo mondo o
ciclo. In una data che corrisponde nel nostro calendario a uno dei tre giorni
fra il 21 e il 23 dicembre 2012 secondo questi testi Maya finirà il tredicesimo
b’ak’tun e inizierà il quattordicesimo.
Senonché la fine di un b’ak’tun per i Maya non è la fine del mondo
come la intende l’Occidente cristiano. Anzi la fine di un b’ak’tun per
i Maya è occasione di celebrazioni e feste. Le iscrizioni e altre fonti che
parlano di avvenimenti rilevanti in occasione della fine del tredicesimo
b’ak’tun, nel nostro dicembre 2012, fanno riferimento appunto a celebrazioni.
Argüelles e i suoi sostenitori insistono sul Monumento 6 del sito
archeologico Maya di Tortuguero, in Messico, che in corrispondenza
della fine del tredicesimo b’ak’tun allude in termini peraltro confusi alla
discesa di divinità e al fatto che “verrà il nero”. I commentatori accademici
delle iscrizioni di Tortuguero pensano che si faccia riferimento anche qui a
future cerimonie. In ogni caso, se si guarda al complesso dei testi di
Tortuguero, si trovano riferimenti anche ai b’ak’tun dal quattordicesimo al
ventesimo, per cui è certo che i Maya dell’epoca di questi monumenti (secolo VII
d.C.) non pensavano affatto che il mondo sarebbe finito nel nostro 2012, cioè
alla fine del tredicesimo b’ak’tun.
E non è neppure certo che i Maya pensassero a una fine del mondo con
la fine del ventesimo b’ak’tun (da cui comunque ci separa qualche
millennio), perché prima del nostro mondo ce n’era stato un altro, e potrebbe
dunque trattarsi della fine di un mondo e non del mondo. E rimane anche vero che
delle credenze dei Maya noi abbiamo un quadro incompleto e frammentario.
Non
bisogna poi confondere le conoscenze astronomiche dei Maya, abbastanza avanzate,
con le loro credenze religiose o magiche. Un calendario costruito sulla base di
osservazioni astronomiche più o meno precise ci dice “quando” secondo un certo
modo di calcolo termina un ciclo. Ma “che cosa” succede alla fine di questo
ciclo non ce lo dice l’astronomia ma la religione o l’astrologia.
Il
problema, però, è che non è neppure certo che i Maya avessero un’astrologia.
Tutto quello che si può dire è che è possibile – ma non certo – che alcuni segni
trovati in diversi codici e principalmente in quello di Parigi, acquisito dalla
Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832 – mettano in
corrispondenza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con
significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una congettura
sull'esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodiaco e che
secondo l'interpretazione più autorevole sono: due tipi diversi di uccelli (ma è
difficile identificare quali siano), uno squalo o pesce “xoc”, uno scorpione,
una tartaruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non identificato
quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due animali che
corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo danneggiate per
un'identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse
un’astrologia Maya, ogni congettura su “previsioni” collegate a questa
astrologia è del tutto insensata.
Ma, se si tratta di congetture insensate, perché ci sono oltre un
milione di siti Internet, centinaia di libri e trasmissioni televisive
quotidiane che le diffondono? Diversi studiosi accademici dei Maya,
piuttosto infastiditi, hanno parlato di una pura speculazione commerciale. È
servita a lanciare diversi film, alcuni dei quali dal punto di vista meramente
cinematografico sono anche ben fatti e gradevoli, purché li si consideri appunto
dei semplici film e non si pretenda di ricavarne profezie autentiche.
Il
sociologo forse può anche dire due cose in più. La prima riguarda l’enorme
impatto della “popular culture” – romanzi, film, televisione – su un’opinione
pubblica dove ormai è la vita a imitare l’arte e non viceversa e la fiction è
considerata fonte d’informazioni sulla realtà (“Il Codice da Vinci” insegna).
L’ultima puntata, del 2002, della popolarissima e storica serie televisiva
X-Files annunciava l’invasione degli alieni proprio per il 21 dicembre 2012.
Serie TV e film hanno una grandissima influenza su un pubblico “postmoderno”,
dove i confini fra finzione e realtà si sono fatti davvero molto labili.
La seconda osservazione parte da un fatto: l’idea della profezia Maya
lanciata da Argüelles era parte integrante del New Age. Oggi il New Age
è in crisi, ma ci sono molti che – per le più svariate ragioni – hanno interesse
a rilanciarlo. La diffusione della presunta profezia sul 2012 è stata ed è una
grande occasione di rilancio del New Age.
Per noi cattolici l’occasione potrebbe essere buona per parlare male
del New Age. Ma non solo. Papa Benedetto XVI nell’enciclica del 2007
Spe salvi lamenta che nella Chiesa non si parli abbastanza della fine
del mondo, perché la prospettiva della fine della storia e del Giudizio
Universale, dove i sacrifici dei buoni e la malizia dei malvagi emergeranno agli
occhi di tutti e saranno definitivamente giudicati, illumina l’intera storia
umana. La Chiesa, però, ha sempre condannato il millenarismo, che pretende di
detenere un sapere dettagliato, che va oltre la Sacra Scrittura e l’insegnamento
del Magistero, sul “come” della fine del mondo e pensa di poterne determinare
anche il “quando”. La Chiesa annuncia la parola del Vangelo di Matteo (25, 13):
“Non sapete né il giorno né l’ora”. E chi afferma di saperli s’inganna, e
inganna chi gli presta fede.
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