L'attacco ad Israele nel Medio Oriente in fiamme

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CENTRO ANTI-BLASFEMIA

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Aug 18, 2011, 10:00:13 PM8/18/11
to EBREI CON GESU'
Questione palestinese, energia e risorse naturali nodi ormai
ineludibili

L'attacco ad Israele nel Medio Oriente in fiamme

[ 18 agosto 2011 - 15:09:11 ]


Umberto Mazzantini

L'attacco ai due bus israeliani ad Eliat, del quale mentre scriviamo
non si conosce ancora il bilancio (comunque tragico) delle vittime,
segna di nuovo la sanguinosa irruzione della questione israelo-
palestinese nello scenario di un Medio Oriente terremotato dalle
rivolte arabe e del quale il governo di destra di Israele sembra non
aver preso le giuste misure, continuando come niente fosse, come ha
fatto negli ultimi giorni, a bombardare Gaza e a dare il via libera a
nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata ed a respingere le navi
con gli aiuti umanitari per Gaza, fregandosene dell'unanime condanna
internazionale.

Secondo quanto scrive il sito del giornale israeliano Yediot Ahranot,
nella vera e propria battaglia avvenuta vicino ad Eliat sarebbero
anche esplosi una serie di ordigni piazzati sul ciglio della strada e
alcuni razzi sono stati lanciati contro i soldati israeliani di
guardia al confine con l'Egitto, causando altri morti. La radio
pubblica israeliana Kol ha detto che ci sarebbero almeno 4 passeggeri
morti in un bus colpito da un missile anti-carro e l'attacco sarebbe
avvenuto 40 minuti dopo un assalto contro un altro autobus, con molti
feriti, alcuni dei quali gravi.

Uno scenario simile a quello ancora in atto in Iraq e in Afghanistan,
dove attentati e attacchi diretti seminano la morte tra i soldati
delle forze occidentali e tra i civili indifesi, nonostante il nostro
ministro della difesa, Ignazio La Russa continui a dire che potremmo
venircene via abbastanza presto perché la missione di pacificazione è
compiuta.

Quello che sembra certo è che l'attacco è venuto dall'Egitto, dal
Sinai dove è in corso una rivolta contro il governo del Cairo e dove
gruppi armati dichiaratamente anti-israeliani stanno facendo saltare a
ripetizione il gasdotto che rifornisce Israele e la Giordania. Alcuni
militari in libera uscita che viaggiavano su uno dei bus attaccati
hanno detto che i membri del commando erano vestiti come soldati
egiziani.

E' abbastanza chiaro che le frange anti-israeliane della rivoluzione
egiziana e la disperazione palestinese che tracima dalla gigantesca
prigione a cielo aperto di Gaza si stanno saldando in un nuovo
panarabismo probabilmente meno "socialista" di quello nasseriano,
visto anche il fallimento dei regimi nazional-socialisti di Iraq e
Siria, dove l'esercito baathista di Assad, non a caso, a Latakia ha
bombardato proprio le miserevoli case dove si ammucchia la diaspora
palestinese.

La fiammata di Eliat rischia di far esplodere definitivamente un Medio
Oriente seminato di incendi e che sta affogando nel sangue della
repressione in Siria e dell'infinita rivolta yemenita. L'irrisolta
questione palestinese si presenta con un volto nuovo, ma non meno
disperato, di fronte ad un governo israeliano che ha perso tutti i
suoi vecchi alleati delle dittature arabe filo-occidentali, che guarda
attonito il suo amico Hosni Mubarak processato in barella al Cairo,
che assiste più preoccupato che sollevato alla mattanza siriana, dove
un regime nemico ma "rassicurante" nella sua collocazione geopolitica
spara sul suo popolo e sui profughi palestinesi.

Il crollo delle dittature arabe aveva in parte dissolto il muro
protettivo di Israele, come hanno dimostrato le proteste interne di
un'opposizione civile ebraica che aveva rialzato il capo dopo anni di
umiliazione e silenzio e che ora rischia di essere ricacciata indietro
dagli attentati e dalla battaglia di Eliat. Così come rischia di
rinchiudere ancora di più in un angolo buio la sinistra laica
palestinese, stritolata tra il clientelismo corrotto dell'Olp e
l'integralismo senza speranza di Hamas.Eppure proprio i profughi
palestinesi, disseminati in tutti i Paesi arabi, rischiano di essere
la miccia di una nuova guerra che potrebbe avere conseguenze
devastanti. Il tutto in un'area dove lo sfruttamento dell'ambiente e
delle risorse ha raggiunto (e probabilmente supoerato) il limite
massimo, facendo non a caso da vero sfondo alle rivolte arabe che sono
soprattutto richiesta di un'equa ridistribuzione delle risorse e dei
redditi. Richeste che sembrano già tradite dai governi provvisori e
dai militari, pronti ad allearsi con il conservatorismo islamico.

L'Occidente in crisi economica e politica non può permettersi che il
Medio Oriente esploda, non può permettersi una nuova crisi petrolifera
causata dall'estremismo del governo israeliano e dalla disperazione di
qualche regime arabo che potrebbe cercare con un colpo di coda di
uscire dalle sue difficoltà infiammando il panarabismo anti-ebraico.

Troppe mine politiche, economiche, di lotta per le risorse sono state
innescate e sepolte sotto la sabbia dell'innominata guerra che
striscia sotto i deserti medio-orientali dal 1948. Mine che vanno
disinnescate subito, togliendo l'acqua in cui nuotano gli estremisti
di entrambi i fronti. E il primo ordigno da disinnescare, quello più
vecchio e pericoloso, è quello del popolo palestinese che ha diritto
ad una terra e ad una patria che non siano galere e bantustan islamici
circondate da muri ormai inutili e aggirabili, come dimostra l'assalto
di Eliat, a meno che il premier israeliano Benjamin Netanyahu, non
voglia davvero costruirne un altro, come annunciato nell'ottobre 2010,
al confine con il Sinai egiziano, cosi a sua volta Israele sarebbe
prigioniero, il carceriere che sui è costruito l'ennesima galera
mediorientale.



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