La gioia del padre e la madre di Shalit Ma sulla stampa israeliana è
polemica
Il soldato israeliano libero dopo
quasi duemila giorni di prigionia
"Felice per i palestinesi rilasciati"
Ghilad Shalit è libero e sulla via di casa. Dopo oltre cinque anni di
prigionia nella Striscia di Gaza, il giovane militare israeliano è
stato restituito oggi al suo Paese e alla sua famiglia sulla base
dell’accordo siglato nei giorni scorsi con Hamas e in cambio del
rilascio di centinaia di detenuti palestinesi che nelle stesse ore
cominciavano ad attraversare i confini in senso contrario. Smagrito,
ma «in buone condizioni», secondo le sue stesse parole e gli esiti
della prima visita medica, il giovane carrista catturato neppure
ventenne nel giugno del 2006 è ricomparso come dall’oltretomba di
fronte alla tv egiziana prima del rimpatrio e dell’abbraccio tanto
atteso con papà Noam e mamma Aviva.
E ha manifestato subito un lucido e sobrio auspicio di «pacificazione»
fra israeliani e palestinesi: dicendosi solidale verso il destino dei
reclusi scarcerati in cambio della sua libertà, ma a patto che essi
ora tornino «a casa», come lui, e «rinuncino alla lotta armata». Lo
scambio è avvenuto di prima mattina e si è svolto senza significativi
intoppi, mentre Israele tirava un sospiro di sollievo collettivo -
malgrado la contestazione di qualcuno per il «cedimento al ricatto dei
terroristi» - di fronte al ritorno di questo figlio disperso divenuto
negli anni della cattività una sorta di icona planetaria. Mentre nelle
piazze palestinesi, a Gaza come a Ramallah, un’atmosfera di tripudio
salutava i primi reduci delle carceri israeliane. Secondo le intese
previste, raggiunte con la decisiva mediazione egiziana, Shalit è
stato trasferito di buon ora in Egitto dalla Striscia di Gaza, sotto
la scorta dei miliziani del braccio armato di Hamas - guidati dal loro
uomo forte, Ahmed Jabari - attraverso il valico di Rafah.
E qui è stato preso in affido dalle forze di sicurezza del Cairo che ,
più tardi, dopo l’intervista, lo hanno consegnato agli israeliani. Nel
frattempo i primi 477 detenuti palestinesi coinvolti nel ’barattò -
radunati nelle ore precedenti in parte a ridosso del varco di Kerem
Shalom (fra Israele e la Striscia) e in parte nel carcere di Ofer
(vicino a Ramallah) - sono stati avviati gradualmente al rilascio.
Altri 550, per un totale di 1.027 reclusi, molti dei quali condannati
nello Stato ebraico per gravi attentati terroristici, verranno
scarcerati entro i prossimi due mesi. Shalit, dal canto suo, è salito
su un elicottero che lo ha condotto nella base di Tel Nof, a nord di
Tel Aviv, dove è avvenuto finalmente l’incontro con i genitori, con il
nonno, con i fratelli.
E dove ha ricevuto anche il bentornato del premier Benyamin Netanyahu,
del ministro della Difesa Ehud Barak e dei vertici militari del suo
Paese. Un rendez-vous carico di emozione, secondo quanto si può
immaginare, tenuto accuratamente fuori dalla portata di telecamere e
flash. Il tutto in un’atmosfera di gioia più raccolta rispetto ai
festeggiamenti di massa dei palestinesi e alla fanfara della macchina
della propaganda messa in moto soprattutto da Hamas per celebrare
quello che gli integralisti presentano come «una vittoria sul nemico
sionista»: gli ex detenuti sono stati ricevuti a Gaza con tutti gli
onori e a Ramallah da un discorso del presidente dell’Autorità
palestinese (Anp), Abu Mazen.
L’ultima tappa di Ghilad Shalit, nel primo pomeriggio, è ora verso la
casa di famiglia di Mitzpe Ramon, affacciata su una verde vallata
dell’alta Galilea, a due passi dal confine con il Libano. Dove tutti
sono mobilitati, i media di mezzo mondo affollano le stradine
presidiate in forze dalla polizia e l’intero villaggio appare
imbandierato con i colori d’Israele: tra slogan di bentornato e poster
che raffigurano l’immagine stilizzata - ormai nota nel mondo - di
Ghilad.
http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/425350/