Epifania: storie e curiosità

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CENTRO ANTI-BLASFEMIA

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Jan 6, 2011, 2:45:18 PM1/6/11
to EBREI CON GESU'
Epifania: storie e curiosità


Con la festività dell’Epifania si commemora la visita dei Re Magi a
Gesù in Betlemme. Il termine, che nel mondo greco indicava le azioni
con cui la divinità si manifestava, passò nel mondo cristiano a
designare la celebrazione delle principali manifestazioni della
divinità di Gesù Cristo (battesimo nel Giordano, adorazione dei Magi e
primo miracolo).
Epifania, dal greco apparizione, è la triplice solennità istituita
dagli Apostoli in cui la Chiesa ricorda tre grandi miracolosi
avvenimenti:

l’apparizione dell’astro che dall’oriente fino alla stalla di Betlemme
guidò i Re Magi all’adorazione del neonato, Salvatore del mondo;
la conversione dell’acqua in vino alle nozze di Cana in Galilea;
il battesimo di Gesù Cristo nel Giordano somministrato da San Giovanni
Battista, assistito dallo Spirito Santo in forma di colomba e
dall’eterno Padre, che dichiarò Gesù essere figlio suo diletto.
Non si sa come mai la celebrazione dei tre diversi avvenimenti
accadesse lo stesso giorno. In maniera del tutto arbitraria fu
stabilito che essi fossero accaduti in uno stesso giorno in differenti
epoche. I Greci chiamavano l’Epifania Teofania, cioè apparizione di
Dio, e la celebrarono insieme a quella del Natale, almeno per i primi
tre secoli. Nel IV secolo, invece, sotto Giulio I, queste due feste
furono separate nella Chiesa Latina e tale separazione fu adottata al
principio del V secolo nelle Chiese di Siria e di Alessandria. Nel
giorno dell’Epifania il Diacono annuncia il giorno in cui dovrà cadere
la Pasqua. Anticamente all’Epifania precedeva un digiuno rigoroso di
un’intera giornata.
La Befana, (termine che è degenerazione di Epifania, cioè
manifestazione) è nell’immaginario collettivo un mitico personaggio
con l’aspetto da vecchia che porta doni ai bambini buoni la notte tra
il 5 e il 6 gennaio, festa appunto dell’Epifania, che segue al Natale.
La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni
magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi
folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli
offerti a Gesù Bambino dai Magi.
L’iconografia è più o meno fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un
grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio
in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da
numerose toppe colorate.
Una leggenda narra che un giorno i Re Magi partirono carichi di doni
(oro, incenso e mirra) per Gesù Bambino. Attraversarono molti paesi
guidati da una stella, e in ogni luogo in cui passavano, gli abitanti
accorrevano per conoscerli e unirsi a loro. Ci fu solamente una
vecchietta che in un primo tempo voleva andare, ma all’ultimo minuto
cambiò idea, rifiutandosi di seguirli. Il giorno dopo, pentita, cercò
di raggiungere i Re Magi, che, però erano già troppo lontani. Per
questo la vecchina non vide Gesù Bambino, né quella volta né mai. Da
allora, nella notte fra il cinque e il sei Gennaio, volando su una
scopa con un sacco sulle spalle, passa per le case a portare ai
bambini buoni i doni che non ha dato a Gesù.
Studiosi delle tradizioni etnico-popolari, fanno notare come la
Befana, al contrario di Gesù Bambino e Santa Lucia, conservi anche un
tratto ambiguo, quasi da strega. Come tutte le tradizioni, anche la
befana si può analizzare con le tecniche storico-archeologiche,
cercando di scavare gli strati delle varie epoche per arrivare alle
tracce di quelle più antiche. La Befana potrebbe avere una qualche
parentela con la “vecchia” che si brucia in piazza per festeggiare la
fine dell’anno: un simbolo della ciclicità del tempo che continuamente
finisce e ricomincia. È un simbolo antico e pagano che suggestiona
anche noi moderni dell’era tecnologica. La tradizione della “vecchia”
non è diffusa solo nelle zone in cui la befana distribuisce i suoi
doni, è presente anche nel nord Italia. È infatti una tradizione dei
popoli celtici, che erano insediati in tutta la pianura padana e in
parte sulle Alpi. I Celti celebravano strani riti (officiati da maghi-
sacerdoti chiamati druidi), durante i quali grandi fantocci di vimini
venivano dati alle fiamme per onorare divinità misteriose. Divinità
che non dovevano essere molto benigne, se è vero quanto riferiscono
alcune fonti: in epoche antiche e feroci, all’interno dei fantocci si
legavano vittime sacrificali, animali e, talvolta, prigionieri di
guerra.
Dalle nostre parti la tradizione vuole che nella notte tra il 5 e il 6
gennaio, i ragazzi lasciavano in cucina o sull’uscio di casa una parte
del loro pasto o altre cose insieme alla classica calza, che allora
era un normale calzino, che non ha nulla a che vedere con quella
odierna. Quella della Befana era una notte di paura e di raccoglimento
e tutti i bambini andavano (e vanno) a letto presto per consentire
alla Befana di non trovare ostacoli durante il suo passaggio.
E così man mano che gli anni passano diventiamo più grandi
dimenticandoci di giocattoli e caramelle e così i sogni della Befana
svaniscono rimanendo solo un pallido ricordo.

Vittorio Polito

http://www.modugno.it/archivio/2006/01/epifania_storie.php
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