Per il Tribunale del lavoro di Milano è illegittimo il licenziamento di una maschera del teatro alla Scala che pochi mesi fa aveva gridato «Palestina libera» a un evento musicale. Il teatro storico milanese deve ora risarcire la giovane lavoratrice assunta a tempo determinato come hostess.
I fatti risalgono al 4 maggio scorso, all’inizio del concerto, organizzato a ridosso della riunione dell’Asian Development Bank: nella platea, oltre ai tanti spettatori, era presente anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni e in quell'occasione la maschera aveva urlato «Palestina libera» da una galleria del loggione. Il gesto le è costato il licenziamento in tronco, firmato da Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico della Scala. Il provvedimento era, a detta degli autori, motivato dal «tradimento della fiducia e disobbedienza agli ordini di servizio».
Motivazione che, da ieri, risulta insufficiente e inappropriata tanto da rendere illegittima l’interruzione dei rapporti lavorativi ante tempus.
Il legale della giovane lavoratrice, Alessandro Villari commenta, dopo il giudizio: «Per lei e per noi era soprattutto una questione di principio. Siamo molto soddisfatti, è una giustizia ristabilita. Non è possibile licenziare un lavoratore perché esprime il proprio pensiero, anche se in maniera plateale».
Il Tribunale del lavoro di Milano ha infatti condannato il teatro a risarcire la giovane, che è tra l’altro una studentessa-lavoratrice: dovrà rimborsare tutte le mensilità non erogate dal momento del licenziamento fino alla fine del contratto originario, che sarebbe scaduto naturalmente il 30 settembre 2025. Oltre ai danni legati al salario non pagato, la Scala dovrà anche farsi carico delle spese di lite.
Negli scorsi mesi erano arrivati messaggi di supporto e denuncia, a cominciare da quelli dei colleghi della Fondazione Scala che si erano mobilitati con scioperi, presidi e raccolte firme in solidarietà.
Anche il mondo della politica aveva espresso vicinanza: il consigliere del comune di Milano, Carlo Monguzzi (Verdi) aveva proposto la ragazza per l’Ambrogino d’oro, e Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, aveva presentato a giugno un’ interrogazione sul caso al ministro della Cultura Alessandro Giuli.