Un fiore per Alma Vivoda

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Jun 25, 2022, 4:11:10 AM6/25/22
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Un fiore per Alma Vivoda

di Claudia Cernigoi ( rielaborazione di un articolo del giugno 2013 – a seguire un video)


- pubblicato sul sito https://www.labottegadelbarbieri.org/

 

Io rimango convinta che la resistenza sia cominciata ben prima del 1943. La resistenza al fascismo è iniziata con il ventennio: Matteotti era un partigiano così come lo sono stati tutti coloro che si sono opposti al progressivo annientamento delle istituzioni ad opera degli italoforzuti dell’epoca”  (Dacia Valent)

Alma (Amabile all’Anagrafe) Vivoda nacque a Chiampore, una località nei pressi della cittadina di Muggia, il 23/1/11. Negli anni Trenta gestì assieme al marito Luciano Santalesa l’osteria “La Tappa”, che divenne un punto di ritrovo per gli antifascisti della zona. E come accadeva in quegli anni difficili, durante gli incontri non si parlava solo di politica, ma si faceva una sorta di scuola per coloro che, di famiglia proletaria come Alma, non avevano potuto studiare. Ricorda il figlio Sergio, nato nel 1933, che la madre gli leggeva i libri di Jack London, lo scrittore statunitense che viene ricordato di solito per i suoi libri di avventure, ma che fu un grande analista sociologico della situazione del proletariato, e che scrisse un romanzo di fantapolitica, quel “Tallone di ferro” che funse da formazione politica per intere generazioni di antifascisti.

Alma aveva fondato una “scuola di comunismo”, che continuò negli anni, e che raccolse tantissime persone, dove il comunismo (così ricordava Ondina Peteani, giovanissima staffetta partigiana) per le donne della sua generazione significava essere donne emancipate che sapevano fare di tutto, dalla calza all’avvitare la lampadina, ad imbracciare un’arma per dimostrare concretamente di avere le stesse capacità degli uomini.

Per Alma la battaglia per i diritti delle donne era parte integrante della lotta per costruire una società più giusta; fu per questo che promosse la diffusione della stampa clandestina e curò di persona, anche dal punto di vista finanziario, la redazione del foglio “La nuova donna”.

Nel 1940 Luciano Santalesa fu arrestato e l’anno dopo la polizia impose la chiusura del locale. A quel punto Alma iniziò a tenere i contatti con le formazioni partigiane italiane e slovene; successivamente il marito, gravemente malato, fu ricoverato nel sanatorio di Aurisina, ed Alma dovette affidare il figlio Sergio, di otto anni, ad un collegio di Udine. Nel gennaio 1943, dopo la spiata di un delatore, fu costretta ad entrare in clandestinità ed assunse il nome di Maria; aiutò il marito ad evadere dal sanatorio ed a raggiungere le file partigiane in Istria.

Alma fu uccisa il pomeriggio del 28 giugno 1943, mentre, assieme alla compagna Pierina Chinchio, si recava ad un appuntamento con la staffetta Ondina Peteani. Così Pierina Chinchio ricorda quel tragico pomeriggio.

“… Alma ed io salivamo per la via Pindemonte. Incontrammo un milite della Polizia Ferroviaria, voltammo il viso per non essere riconosciute. Scorgemmo allora, tra i cespugli, un carabiniere a noi ben noto, di servizio a Muggia. Tutto accadde repentinamente. Il carabiniere cominciò a sparare, per fermarci. Alma estrasse una pistola e una bomba a mano, forse per dare anche a me un’arma per difenderci. Il carabiniere continuò a sparare all’impazzata e colpì Alma alla tempia. Io ero a terra, insanguinata. Egli mi affrontò (forse per eliminare l’unico testimone). Gli gridai se fosse impazzito. Intervenne il milite della Polizia Ferroviaria; il carabiniere gli ordinò di tenermi sotto tiro. Arrivò la Croce Rossa. Ritrovai Alma all’ospedale. Fino all’ultimo le restai vicina, tenendole la mano. Il suo sguardo in quell’istante non era di odio verso il suo assassino, ma di profonda tristezza, come di una madre che vede un proprio figlio su una mala strada”.

Il carabiniere si chiamava Antonio Di Lauro, sembra fosse stato un frequentatore della “Tappa”, che conoscesse bene Alma ed avesse seguito le due donne per tendere loro un’imboscata. Fu insignito, per questa azione, della medaglia di bronzo al valore militare: ma non fu l’Italia di Mussolini a dargli questa onorificenza, bensì la Repubblica italiana nata dalla Resistenza, addirittura nel 1958. Nel Supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13/10/58 leggiamo infatti la motivazione di questa medaglia:

DI LAURO Antonio (…) classe 1920, carabiniere, legione carabinieri di Trieste. Con prontezza di spirito e repida (sic) decisione non disgiunta da coraggio, reagiva a reiterata azione di fuoco da parte di un pericoloso ricercato riuscendo ad ucciderlo ed a catturare, dopo averlo ferito, altro delinquente. Trieste, 28 giugno 1943”……………………………………………………………...continua testo integrale

https://www.labottegadelbarbieri.org/un-fiore-per-alma-vivoda/



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