Hanno fatto discutere addetti ai lavori, e non solo, i dati stipendiali sul personale della scuola, rielaborati e proposti alcuni giorni fa dalla Tecnica della Scuola, relativi al Rapporto Eurydice Teacher and School Head Salaries: 2022‑2023, che valuta i salari lordi annui in Parità di Potere d’Acquisto (PPA).
Secondo il report, avevamo scritto, in Italia i dirigenti scolastici della scuola secondaria di primo e secondo grado percepiscono mediamente 82.272 euro (lordi), valore superiore a quello registrato in gran parte degli altri Paesi europei. Al contrario, i docentipercepiscono una media di soli 32.306 euro (lordi), tra le retribuzioni più basse nel confronto continentale.
La studio Indire/Eurydice ha di fatto appurato che “in Italia lo stipendio minimo di un dirigente è più che doppio rispetto a quello di un docente con 15 anni di anzianità. In termini relativi, gli stipendi dei capi d’istituto italiani risultano tra i più alti in Europa, mentre quelli dei docenti restano ai livelli più bassi”.
Diversi insegnanti reputano il gap rispetto ai loro presidi eccessivo e quindi ingiusto. Il punto, a nostro avviso, però è un altro. Partendo da fatto che le responsabilità, anche penali, e l’impegno del dirigente scolastico sono profondamente diverse da quelle degli insegnanti, il confronto andrebbe realizzato con gli altri insegnanti europei: si evidenzierebbe che un docente austriaco, a parità di anzianità di servizio, porta a casa ogni anno oltre 20mila euro l’anno in più dei nostri. E uno olandese quasi 30mila.
Se si vuole guardare, invece, alla media dei dipendenti pubblici italiani, il gap è di almeno 4mila euro l’anno. Rispetto ai militari, ad esempio, oltre 10mila.
Ecco, la domanda da porre a chi governa in Italia e siede in Parlamento è questa: perché un insegnante italiano deve avere uno stipendio medio (comprensivo di indennità e compensi accessori) di 1.700 euro netti? È giusto così? Per tutti la risposta è ovvia, ma nessun Governo, compreso l’attuale, riesce ad andare oltre agli aumenti, in percentuale, previsti per tutti gli altri dipendenti pubblici. Così, paradossalmente, il gap aumenta, anziché ridursi.