Il Cinema Don Bosco Digital propone: "Il comandante e la cicogna" e "L’Arte di Vincere".

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Francesco Baietto

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Oct 23, 2012, 3:33:46 AM10/23/12
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Il comandante e la cicogna


Trama:
Leo è un idraulico che ogni giorno affronta l’impresa di crescere due figli adolescenti, Elia e Maddalena, dividendosi tra il lavoro con l’aiutante cinese Fiorenzo e le incombenze di casa - dove la moglie Teresa, stravagante e affettuosa, compare e scompare. Diana è un’artista sognatrice e squattrinata che - in attesa della grande occasione della sua vita - fatica a pagare l’affitto. Suo proprietario di casa è Amanzio, originale moralizzatore urbano che ha lasciato il lavoro per un nuovo stile di vita e che in una delle sue crociate conosce Elia, con il quale stringe una stramba amicizia. Leo e Diana s’incontrano da Malaffano, un avvocato strafottente e truffaldino. Leo capita nel suo studio quando scopre che la figlia è protagonista suo malgrado di un video erotico su internet, Diana è già da un po’ che passa lì le sue giornate, costretta per necessità economiche ad affrescare una parete, assecondando le ridicole manie di grandezza dell’avvocato.

Scheda:
Titolo originale: Il comandante e la cicogna
Nazione: Italia, Svizzera, Francia
Anno: 2012
Genere: Commedia
Durata: 108'
Regia: Silvio Soldini
Cast: Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Claudia Gerini, Giuseppe Battiston, Luca Zingaretti, Maria Paiato, Michele Maganza, Serena Pinto, Shi Yang, Luca Dirodi, Giselda Volodi, Giuseppe Cederna, Fausto Russo Alesi
Produzione: Lumière & Company, RSI-Radiotelevisione Svizzera, Ventura Film
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia

Orari:
SABATO 27 OTTOBRE: ore 21,15
DOMENICA 28 OTTOBRE: ore 17,30 – 21,15
LUNEDI’ 29 OTTOBRE: ore 21,15

Recensione

Leo è un idraulico, che vive con i due figli adolescenti: Maddalena fin troppo esuberante con i ragazzi (e per colpa di uno finirà su Internet mentre fa cose innominabili), Elia goffo e curioso. Per il padre, che lamenta alla moglie (una presenza intermittente, anche se regolare…) di averlo lasciato solo ad affrontare le fatiche della vita, è dura tra problemi pratici e confusione anarchica in cui la casa e i loro rapporti sembrano abbandonati. E lui non è certo uomo d’ordine… Elia fa amicizia con uno strano adulto di nome Amanzio, che si vanta di non lavorare da anni e di campare solo con l’affitto di una casa di proprietà, tira fuori sentenze sagge e scombiccherate al tempo stesso e intanto studia le lingue straniere per poter comunicare con “signorine” di varia nazionalità… Con Amanzio è in difficoltà Diana, artista squattrinata che deve al “filosofico” padrone di casa mesi di affitto arretrato e intanto cerca di farsi pagare per i propri lavori. L’ultimo, da un avvocato spregiudicato. Che a un certo punto avrà bisogno di un onest’uomo come prestanome per un affare losco, a insaputa del prestanome… E chi meglio di Leo, che cerca giusto un avvocato per far cancellare il video della figlia da Internet? In quello studio conosce l’artista Diana, e dovranno far finta per il losco affare – costretti dall’avvocato con modi suadenti – di essere sposati… 
Silvio Soldini torna alla commedia surreale, tra Pane e tulipani e il meno riuscito Agata e la tempesta. Anzi: Il comandante e la cicogna, come sostiene lo stesso regista, è il suo film più surreale, e anche divertente; a tratti si ride molto, e di gusto. I vari personaggi che si incrociano e che finiscono per interagire in modo buffo e a momenti esilarante, sono abbastanza stereotipati ma anche ben disegnati e soprattutto interpretati da attori in gran forma: Valerio Mastandrea, che inanella ottime prove una dopo l’altra, è tenero e impacciato quanto il figlio adolescente (il giovanissimo Luca Dirodi, promettente), Claudia Gerini ha un ruolo piccolo ma sostanzioso, Luca Zingaretti – acconciato come Diego Della Valle – è un avvocato senza scrupoli disegnato con humour e classe, Giuseppe Battiston è un Amanzio dai tempi comici perfetti; ma la vera sorpresa, per quanto la sua bravura sia ormai nota, è la versatilità di un’Alba Rohrwacher che non ha mai avuta una chance comica come in questo caso, e la sfrutta al meglio cancellando dubbi sul suo rischio di cristallizzarsi in una maschera drammatica. 
Sceneggiato da Soldini con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, il film è garbato e leggero, forse un po’ troppo (l’impressione di un futile divertissment aleggia a più riprese), ma ha un umorismo che ricorda le atmosfere di certi film di Kaurismaki; in cui una parte importante la rivestono la cicogna del titolo di nome Agostina e un bel viaggio finale in cui si ritrovano vari personaggi. Senza magari dire niente di nuovo e magari peccando di profondità (il rapporto del padre con i figli è un po’ piatto, i dialoghi con la moglie un po’ scontati, la seconda occasione amorosa è molto prevedibile), ma confezionando un buon film di comicità chic, per palati fini. Quel che compromette però in parte l’operazione, e la rende incomprensibilmente e inutilmente pesante, è la cornice con le statue parlanti, tra cui il “comandante” ovvero Giuseppe Garibaldi, che insieme a quella di Giacomo Leopardi, Giuseppe Verdi e di un inventato, odioso “cavalier” Cazzaniga, servono solo a orchestrare una patetica predica sui guasti dell’Italia e sulle disastrate condizioni del Paese (che inciderebbero sui personaggi: ma questo nel film è raccontato con leggerezza). Va bene, l’autore pensa (legittimamente, per carità) che siamo immersi nel marcio e facciamo pure un po’ ribrezzo (le tante scorrettezze, la litigata per un parcheggio). Ma mettere in bocca a Garibaldi che si è pentito di aver unito l’Italia, per favore no… Se al montaggio qualche mano pietosa avesse deciso di eliminare tale cornice posticcia, il film ne avrebbe guadagnato assai. Senza contare che se le vite dei protagonisti – da cui pure trapela il comprensibile disagio per i mali della contemporaneità – si aprivano alla speranza, la statua parlante dell’eroe dei due mondi la richiude subito…

Antonio Autieri



CINEFORUM

Vi ricordiamo inoltre che è ancora possibile abbonarsi al cineforum del martedì: consulta qui i film in programmazione.

26 film al costo di € 40,00 con in omaggio 5 ingressi per il weekend (omaggio dal valore di € 32,50 !)

Le schede dei film del cineforum

 

Martedì 30 ottobre - 18,30 e 21,15


L’Arte di Vincere


Trama:
Il film è basato sulla storia vera di Billy Beane (Brad Pitt). All'inizio della carriera, la sua aspirazione era quella di diventare un eroe del baseball ma, dopo numerose delusioni e fallimenti sul campo, Beane decide di rivolgere la sua forte natura competitiva al management. Durante la stagione 2002, Billy si trova ad affrontare una difficilissima situazione: la sua squadra, la Oakland A's ha perso (nuovamente) i giocatori migliori che passano a club più importanti dietro offerta di salari enormi: Billy è costretto, quindi, a ricostruire la sua squadra avendo a disposizione un terzo della busta paga per i suoi giocatori.
Deciso a vincere, Billy cerca di cambiare il sistema e sfida le regole fondamentali del gioco. Cerca la soluzione al di fuori del mondo del baseball, studia le teorie ormai abbandonate di Bill James e ingaggia Peter Brand (Jonah Hill), un intelligente economista "macina-numeri" che ha studiato a Yale. I due mettono insieme saggezza e volontà di esaminare ogni dettaglio grazie ad analisi statistiche computerizzate ignorate completamente dalle organizzazioni del baseball. Così facendo, arrivano a conclusioni che sfidano ogni tipo di immaginazione e ricercano giocatori dimenticati dal mondo del baseball o perché troppo strani, o perché venivano considerati già vecchi, o avevano subito infortuni o avevano creato troppi problemi. Nonostante tali caratteristiche, però, questi ragazzi possiedono ancora grosse capacità sottovalutate dagli altri. Mentre Billy e Peter continuano sulla loro strada, i loro metodi nuovi irritano la vecchia guardia, i media, i tifosi e il loro allenatore (Philip Seymour Hoffman), che si rifiuta di collaborare con loro. In definitiva questo esperimento porterà non solo ad un cambiamento del modo in cui si svolge il gioco, ma, anche, ad un risultato che darà a Billy una nuova consapevolezza che trascende il gioco e lo trascinerà in altre situazioni ...

Scheda:
Titolo originale:  Moneyball
Nazione:  U.S.A.
Anno:  2011
Genere:  Biografico, Drammatico, Sportivo
Durata:  133'
Regia:   Bennett Miller
Cast:   Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Chris Pratt
Produzione:  Film Rites, Michael De Luca Productions, Scott Rudin Productions, Specialty Films (II)
Distribuzione:  Warner Bros. Pictures Italia
Data di uscita:  27 Gennaio 2012 (cinema)

Recensione

Continuando nel percorso di crescita artistica degli ultimi anni, Brad Pitt dimostra film dopo film che non è più solo il divo capace di far innamorare legioni di spettatrici e di attirare lettrici di rotocalchi con le sue vicende personali. Dopo la superba prova in The Tree of Life, in Moneyball – rititolato per l’Italia L’arte di vincere – cesella forse la sua interpretazione più bella e sentita, che gli ha regalato una nomination all’Oscar. D’altronde il personaggio di Billy Beane, manager di una squadra di baseball, è di quelli in cui ogni grande attore americano vorrebbe cimentarsi. E si giova di una sceneggiatura perfetta (scritta da Aaron Sorkin, talentuoso autore dello script di The social network, insieme a Steven Zaillian), con dialoghi formidabili. Se si aggiunge un cast di prim’ordine, con attori non tutti famosi ma ispirati e affiatati (da citare almeno Philip Seymour Hoffman e il giovane Jonah Hill), ne viene fuori un piccolo ma intelligente e apprezzabilissimo film, caratterizzato dallo di stile nervoso e intenso della regia di Bennett Miller (che esordì in Truman Capote – A sangue freddo).
Gli Oakland Athletics sono la Cenerentola della Major League, il maggiore campionato di baseball americano. Billy Beane si trova ad affrontare la crisi della squadra, cui società più ricche e potenti portano via campioni e talenti, e dal fatto che il proprietario non è disposto a investire ulteriormente. La sua vita privata non va meglio: separato dalla moglie, che vive con un altro uomo, vede poco la figlia; e di questo soffre molto (che bella la scena in cui lui si commuove per la figlia che canta). 
La scossa, professionale e personale, arriva quando Billy incontra il giovane Peter Brand, maniaco della statistica applicata alle performance sportive: il manager, dalle intuizioni geniali e dal brutto carattere, lo impone in società di fronte a collaboratori vecchi, pigri e indolenti che ironizzano su quel ragazzone timido e intelligente, in cui Billy vede un grande potenziale. Come sa trovarlo in giocatori poco famosi (e poco costosi) su cui decide di puntare, comprandoli per pochi dollari e facendoli sentire importanti nella propria squadra. È questo il talento di Billy Beane: valorizzare quel che per altri è uno scarto, stimolare le capacità (anche bruscamente) di giovani promesse, dare una seconda possibilità. Ma per chi non accetta la sua sfrenata tensione al miglioramento, si apre velocemente e senza complimenti la porta dell’uscita. Rivoltando di continuo la squadra e raddrizzando i conti della società, Beane butta sul tavolo la sua capacità di affascinare il prossimo e di educare e far sviluppare il talento (che divertimento c’è a comprare un campione già pronto?), ma anche la sua abilità di bluffare nelle trattative di mercato. In questo modo, una squadra di perdenti inizia a inanellare successi e risalire la classifica dall’ultimo posto alle prime posizioni. E dopo un record incredibile di venti vittorie di fila, per gli Oakland Athletics si avvicina l’ipotesi di vincere un impossibile titolo di campione nazionale della stagione 2002…
Storia vera di un personaggio diventato famoso negli Usa come nel calcio europeo possono essere Josè Mourinho o l’inglese Brian Clough (allenatore inglese immortalato nel bel film Il maledetto United), L’arte di vincere non è solo un film sullo sport (si vede poco baseball, ed è una scelta azzeccata), se non come ambito in cui si impara a vincere e a perdere, quindi a vivere. È la storia di un uomo perennemente sul ciglio del burrone, roso da inquietudini e ossessioni (c’entra anche il suo passato, di grande talento che si perse per strada: un sogno diventato un incubo), sofferenze e scatti d’ira (memorabile una sfuriata ai giocatori dopo una sconfitta, negli spogliatoi), ma incapace di arrendersi di fronte alle difficoltà quanto di sentirsi appagato da vittorie che non gli leniscono le ferite dell’anima. Un uomo, in fondo, molto meno cinico di quanto vorrebbe far credere: “È dura non essere romantici col baseball…” afferma Billy/Brad. Una frase che, peraltro, sta bene per qualsiasi sport.

Antonio Autieri


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