Di Alfonso Navarra – coordinatore dei Disarmisti esigenti (24-08-2025)
Riflessioni di Alfonso Navarra - maggiori info su https://zibaldoneecopacifista.webnode.it/l/sovraesposizionemediaticagaza/
Testo completo nel file allegato
In vista dell’incontro online di mercoledì 27 agosto 2025
Argomento: Comitato per Barghouti libero: rilanciamo l'idea. Formiamo un gruppo di lavoro.
Incontro online spostato, per ragioni tecniche, da domenica 24 a mercoledì 27 agosto 2025
dalle ore 17:45 alle ore 19:45 (ora di Berlino, Roma, Stoccolma, Vienna)
Entra nella riunione in Zoom
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ID riunione: 869 9920 6762
Codice d’accesso: 220761
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Le osservazioni di Tore Deiana a proposito della dialettica oppressore-oppresso in Galtung. Necessità, nella strategia nonviolenta, del momento oppositivo a fianco di quello costruttivo
Salvatore Deiana, che io ricordo da giovane permanente al Campo internazionale per la pace di Comiso, è attualmente ricercatore in Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università di Cagliari.
Ha appena pubblicato un libro per i tipi delle EDIZIONI ETS, dal titolo: “Trasformare i conflitti, promuovere la pace”. In esso la proposta nonviolenta di Galtung viene scandagliata adottando una chiave di lettura pedagogica. Secondo l’autore, questo sarebbe fondamentale nella prospettiva del contrasto alla violenza (negativa) per la promozione della pace (positiva).
A pagina 221 del libro citato troviamo il paragrafo: “Quale considerazione del paradigma del conflitto basato sul binomio oppressori oppressi’”
Ne estraiamo dei pezzi.
“Un altro modo per esprimere la posizione e la situazione reciproca delle parti in un conflitto che produce violenza strutturale è quello di interpretarlo secondo il binomio oppressori-oppressi.(…) Può essere che le parti in posizione di vantaggio non intendano direttamente far soffrire le persone (in posizione di svantaggio – ndr), però tendono comunque a conservare i privilegi della propria posizione e quindi lo stato delle cose comprensivo della violenza strutturale. Si può riscontrare che esse rinuncino a questi benefici solo quando questi diventano inferiori rispetto a degli svantaggi o fastidi collaterali (…). Quindi: la violenza strutturale è veramente e totalmente una violenza senza soggetto? Ad esempio, lo sfruttamento: vi sono degli attori interessati a conservarlo in vigore. La violenza strutturale favorisca alcuni attori parti, che pertanto agiscono anche con atti commissivi, non solo omissivi, per la conservazione dello status quo (…) Gli esempi di successo ed efficacia della nonviolenza si sono verificati in situazioni nelle quali le parti oppresse hanno attuato una pratica di lotta nonviolenta perseverante e ostacolante. (…) La perseveranza nella lotta e nella non collaborazione con l’oppressore, certamente nonviolenta, sembra essere ciò che ha prodotto risultati (…).
(Galtung ha come scopo soprattutto criminalizzare e abolire la guerra – ndr). Questa dichiarazione… messa a confronto con con l’evolversi della situazione del mondo… sembra portarci a una conclusione amara, ovvero che il suo metodo non ha funzionato, in quanto il raggiungimento di questo fine è stato allontanato. Ma possiamo anche pensare che TRASCEND proprio non sia stato applicato… perché chi non vuole applicarlo è chi, nelle relazioni, a tutti i livelli… si trova in posizione up, di potere. (…) Il punto debole sembra essere la limitata forza di persuasione nei confronti dei potenti, affinché rinuncino alla loro avidità e accettino di orientarsi su obiettivi sovraordinati rispetto alle altre parti in conflitto (…). Galtung dice che è più efficace l’azione costruttiva rispetto alla critica, però la sola azione costruttiva e positiva, da sola, senza la non collaborazione con il negativo, non sembra funzionare. (Ha pesato più che l’empatizzazione verso il sacrificio del nonviolento il costo che la lotta ha fatto pagare, interessando in ciò anche le parti esterne – ndr). La sintetica analisi da parte di Galtung degli esiti della nonviolenza di Gandhi … tende a giungere a conclusioni simili.
Possiamo perciò concludere lo studio tenendo aperta questa domanda di fondo: l’azione nonviolenta consiste solo nella linea positiva – costruttiva e nel dialogo, o non è invece necessaria anche una linea di azione critico-decostruttiva, di disobbedienza, non collaborazione e eventualmente lotta?”.
La risposta dei Disarmisti esigenti va, scontatamente, in questa seconda direzione. Perché sappiamo guardare alla Storia che ci dice che le lotte vincenti implicano una sfida seria ai portatori di ingiustizie sociali. E siamo sempre più convinti che gli squilibri di potere tra le parti, in particolare quelli tra oppressori e oppressi, possano essere riequilibrati e ribaltati dalla lotta nonviolenta, che costringe le parti dominanti a negoziare considerando le esigenze e i diritti delle parti oppresse.