LEGGENDE MEDIOVALI SU SAN GIUSEPPE D'ARIMATEA
Altre leggende di origine orientale riferiscono che Giuseppe fu il
fondatore della Chiesa di Lydda, la cui cattedrale fu consacrata da s
Pietro.
Un racconto del sec. IX riferisce che il patriarca Fortunato di
Gerusalemme per non essere catturato dai pagani, fuggí in Occidente al
tempo di Carlo Magno portando con sé le ossa di Giuseppe d'Arimatea;
nel suo peregrinare si fermò per ultimo nel monastero di Moyenmoutier,
di cui divenne abate. Le reliquie del santo furono poi trafugate dai
canonici.
Il culto piú antico sembra però stabilito in Oriente. In alcuni
calendari georgiani del sec. X la festa è menzionata il 30, 31 agosto
o anche la terza domenica dopo Pasqua. Per i Greci invece la
commemorazione era il 31 luglio.
Nel Martirologio Romano fu inserito al 17 marzo dal Baronio. Al
compilatore degli Annali l'inserimento fu suggerito dalla venerazione
che i canonici della basilica vaticana davano ad un braccio del santo,
proprio il 17 marzo. Al tempo del Baronio la più antica documentazione
della reliquia era uno scritto del 1454. Tuttavia nessun martirologio
occidentale prima di tale data faceva menzione di culto a s. Giuseppe
d'Arimatea.
Nello pseudo-Vangelo di Pietro (sec. II) la narrazione non si distacca
da quella del Vangelo; l'unica differenza sta nel fatto che Giuseppe
chiese a Pilato il corpo di Cristo ancora prima della Crocifissione.
Ricchi di nuovi fantastici racconti sono inveci gli Atti di Pilato o
Vangelo di Nicodemo (sec. V), in cui si narra che i Giudei
rimproverarono a Nicodemo e a Giuseppe il loro comportamento in favore
di Gesú e che proprio per questo, Giuseppe venne imprigionato, ma,
miracolosamente liberato, fu ritrovato poi ad Arimatea. Riportato a
Gerusalemme narrò la prodigiosa liberazione. Ancora piú singolare è
una narrazione denominata Vindicia Salvatoris (sec. IV?), che ebbe poi
larghissima diffusione in Inghilterra ed Aquitania. Anzi, a questo
opuscoletto si è voluto dare un intento polemico contro Roma, giacché
il Vangelo sarebbe stato diffuso in quelle zone non da missionari
romani, ma da discepoli di Gesú. Il racconto si dilunga nel descrivere
l'impresa di Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano, che partí da
Bordeaux con un grande esercito per recarsi in Palestina a vendicare
la morte di Gesú, voluta ingiustamente dai Giudei. Occupata la città,
trovò Giuseppe in una torre dove era stato rinchiuso dai Giudei perché
morisse di fame e di stenti; egli era invece sopravvissuto per
nutrimento celeste. Già Gregorio di Tours faceva menzione di questa
prigionia di Giuseppe.
Ma nell'ambiente francese ed inglese dei secc. XI-XIII la leggenda si
colorí di nuovi particolari inserendosi e confondendosi nel ciclo del
Santo Graal e del re Artú. Secondo una di queste narrazioni Giuseppe,
prima di seppellire Gesú, ne lavò accuratamente il corpo tutto
cosparso di sangue, preoccupandosi di conservare quest'acqua e sangue
in un vaso, il cui contenuto fu poi diviso fra Giuseppe e Nicodemo. Il
prezioso recipiente si tramandò da Giuseppe ai suoi figli e cosí per
varie generazioni fino a quando venne in possesso del patriarca di
Gerusalemme. Questi nel 1257, temendo cadesse in mano degli infedeli,
su consiglio dei suffraganei, lo consegnò ad Entico III d'Inghilterra,
perché lo tutelasse.
Altre leggende, pur collegandosi alla precedente, riferiscono che
Giuseppe, con il prezioso reliquiario, peregrinò accompagnato da vari
cavalieri per evangelizzare la Francia (alcuni racconti dicono che
sarebbe sbarcato a Marsiglia con Lazzaro e le sue sorelle Marta e
Maria), la Spagna (dove sarebbe andato con s. Giacomo, che lo avrebbe
creato vescovo!), il Portogallo ed infine l'Inghilterra. Quivi il vaso
(il Santo Graal) andò smarrito e solo un cava]iere senza macchia e
senza paura l'avrebbe ritrovato. Questa leggenda del Santo Graal fa
parte del ciclo di Lancillotto e specialmente della Este ire du Graal,
che non è altro che una versione in prosa del poema di Roberto di
Boron.
Autore: Gian Domenico Gordini
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La leggenda narra che la prima chiesa cristiana d'Inghilterra fu
fondata a Glastonbury da Giuseppe d'Arimatea nel I secolo d C. Giunto
sull'isola conficcò il suo bastone nel terreno, questo mise radici e
germogliò dando origine all'albero di biancospino che si trova di
fonte alla cappella della Madonna e che tutt'oggi fiorisce due volte
l'anno (natale e pasqua). E' qui che Giuseppe edificò la chiesa che in
epoche successive fu ampliata fino a divenire nel XVI secolo una
cattedrale.
Secondo la leggenda Giuseppe aveva con se il Graal che gettò in un
pozzo e l'acqua assunse immediatamente un colore rosso che conserva
ancora. In realtà l'acqua del pozzo era sempre stata rossa, ed il
luogo era meta di pellegrinaggi in epoca precristiana. Vi furono due
tentativi di cristianizzare la collina di Glastonbury, prima fu
edificata una chiesa consacrata a San Michele e distrutta da un
terremoto, della chiesa che fu edificata sulle rovine della precedente
rimane oggi solo la torre sulla sommità della collina. Secondo le
tradizioni pagane si credeva che qui vi fosse l'accesso al regno di
Anwen, il regno sotterraneo delle tradizioni celtiche. Per la chiesa
era l'equivalente dell'inferno, e quindi un pericoloso antagonista
alla "vera" fede.
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