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Commissione Europea, Via Libera Alla Nuova Direttiva Sul Diritto D’autore

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Helena Langholz

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Dec 2, 2023, 2:41:08 AM12/2/23
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Lo scorso 13 febbraio, il Parlamento europeo, il Consiglio dell'UE e la Commissione hanno raggiunto un accordo politico per adeguare le norme sul diritto d'autore all'era digitale in Europa e apportare vantaggi tangibili a tutti i settori creativi, alla stampa, ai ricercatori, agli educatori, agli istituti di tutela del patrimonio culturale e ai cittadini dell'UE. [...]

Commissione europea, via libera alla nuova direttiva sul diritto dautore
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La Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 1 marzo 2012, nella causa C-604/10 proposta dall'inglese Footbal Dataco, statuisce che "un calendario di incontri di calcio non può essere tutelato attraverso il diritto d'autore quando la sua costituzione sia dettata da regole o vincoli che non lasciano alcun margine alla libertà creativa".



Con la sentenza del 2 maggio 2012, causa C-406/10, la Corte di Giustizia Europea interviene sulla problematica della tutela del software quale opera d'ingegno.

Il SAS Institute, realizzatore di programmi per elaboratore ed in particolare del linguaggio SAS per l'analisi di dati, contesta alla World Programming di aver copiato il codice del sistema SAS creando il WPL, un programma alternativo in grado di eseguire applicazioni SAS, in tal modo violando i diritti d'autore su tali applicativi.
La High Court of Justice dell'Inghilterra precisa che non risulta dimostrato che per realizzare la WPL l'azienda abbia avuto accesso al codice sorgente dei moduli SAS, per cui decide di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte di Giustizia europea la questione se le funzionalità di un programma per elaboratore nonché il linguaggio di programmazione e il formato dei file di dati utilizzati nell'ambito di un programma per sfruttare determinate sue funzioni costituiscono una forma di espressione di detto programma e possono, a tale titolo, essere protetti dal diritto d'autore sui programmi per elaboratore ai sensi della direttiva europea 91/250.



Con la sentenza del 3 luglio 2012, caso C-128/11, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea chiarisce indubitabilmente come sia del tutto legittimo il mercato del software di seconda mano, anche se distribuito tramite download in rete.

La Oracle è una azienda che sviluppa programmi per computer, e li distribuisce mediante download in rete. Il cliente scarica una copia del software e lo può usare acquistando una licenza che include il diritto di memorizzare in modo permanente la copia del programma sul proprio computer, oltre ovviamente al diritto di utilizzazione di durata indeterminata. Nella licenza si precisa, però, che essa non è trasferibile.
UsedSoft è un'azienda tedesca che rivende licenze di clienti della Oracle, così che i suoi clienti scaricano il software direttamente dai server Oracle, e sono legittimati ad usarlo grazie alla licenza "usata".
Secondo Oracle tale attività deve ritenersi in contrasto con le normative vigenti, in particolare le direttive europee in materia di diritto d'autore, nello specifico la direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2009/24/CE. La magistratura tedesca, dinanzi alla quale è stata incardinata la procedura, si è rivolta alla Corte di Giustizia per l'interpretazione delle norme da applicare al caso concreto.



Il link è la tecnica di navigazione principale del web, ecco perché la recente sentenza (caso C-466/12) della Corte di Giustizia dell'Unione europea è importante per il futuro di internet.

I giornalisti del Goteborg Posten, un quotidiano online svedese, si sono lamentati del fatto che il sito Retriever Sverige pubblicava i collegamenti ipertestuali diretti ad articoli presenti sulla testata giornalistica online. I giudici nazionali hanno investito della questione l'alta corte europea, chiedendo se l'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 ("Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente") debba essere interpretato nel senso che un link presente su un sito e diretto verso opere protette disponibili su un altro sito costituisce atto di comunicazione al pubblico. Il quesito è importante, perché qualsiasi comunicazione al pubblico di un'opera, sulla base della medesima direttiva deve essere autorizzata dal titolare del diritto d'autore.
È fondamentale tenere presente che le opere presenti sul giornale svedese sono liberamente accessibili.

Nella sua decisione la Corte europea precisa che si ha comunicazione al pubblico quando l'opera viene messa a disposizione di un pubblico, cioè un numero indeterminato e considerevole di destinatari potenziali. Inserire dei link diretti a opere presenti su altro sito pone in essere un'attività definibile come messa a disposizione, quindi siamo in presenza di una comunicazione al pubblico.
Però, la giurisprudenza nel tempo ha precisato che per ricadere nella nozione di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29, la comunicazione deve essere rivolta ad un pubblico nuovo, rispetto a quello dell'opera originale. Poiché nel caso specifico il sito del giornale svedese era liberamente accessibile a tutti, quindi anche ai soggetti ai quali si rivolgeva il Retriever Sverige, non siamo un presenza di una nuova comunicazione al pubblico, e l'attività in questione non rientra nel caso previsto dall'art. 3 della direttiva citata. Quindi non è necessaria l'autorizzazione dei titolari del diritto d'autore.

Il 27 marzo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha pronunciato la sentenza relativa al caso Telekabel (C-314/12), avente ad oggetto la richiesta di blocco da parte di Constantin Film e Wega Filmproduktionsgesellschaft nei confronti dell'intermediario della comunicazione Telekabel per i contenuti presenti sul sito Kino.to. Analizzando le conclusioni dell'avvocato generale della Corte abbiamo già riferito del perché la decisione fosse molto importante, anche in vista della prossima entrata in vigore del regolamento Agcom in materia di tutela del diritto d'autore online.

Come c'era da aspettarsi, la decisione è stata immediatamente presentata come un via libera al blocco dei siti, e sicuramente verrà percepita dall'industria del copyright come una sorta di vittoria in tale prospettiva. In realtà sotto questo aspetto non c'è una reale novità in quanto è pacifico che sulla base dell'attuale normativa europea un paese membro può consentire (non è un obbligo) ai titolari dei diritti di ottenere provvedimenti inibitori nei confronti degli intermediari della comunicazione (come Telekabel in questo caso), che sono una pratica comune in molti paesi europei tra i quali l'Italia. La novità di rilievo è data, invece, dai limiti entro i quali un provvedimento inibitorio può essere emanato che risultano, a seguito di questa decisione, piuttosto stringenti.


Con l'ordinanza nel procedimento C 348/13 del 21 ottobre scorso, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea torna nuovamente sul rapporto tra diritto d'autore e forme di comunicazione al pubblico di contenuti protetti.





Con la sentenza C 466/12, caso Svensson contro Retriever Sverige, infatti, la Corte aveva già stabilito che per ricadere nella nozione di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29, la comunicazione deve essere rivolta ad un pubblico nuovo rispetto a quello dell'opera originale. Ciò vuol dire che se un contenuto è liberamente accessibile al pubblico su un sito web, col consenso del titolare, la ripubblicazione tramite link alla pagina fonte non determina una nuova comunicazione al pubblico e quindi non sorge l'obbligo di richiedere il consenso al titolare dei diritti.
Già in questa decisione la Corte aveva accennato al problema dell'embedding (o framing), cioè quando l'opera viene incorporata nel sito linkante dando l'impressione di essere direttamente a disposizione su quel server, mentre in realtà si trova solo sul sito fonte. Anche in questo caso non occorre l'autorizzazione del titolare non trattandosi di nuova comunicazione al pubblico.



Nel 2019, la direttiva sui dati aperti (nuova direttiva PSI) è stata approvata a larga maggioranza, con parziale accoglimento degli emendamenti della relatrice Reda per la commissione al mercato interno e alla protezione dei consumatori. La plenaria ha votato sul testo in blocco.
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