segnalo di seguito un articolo de Il Sole 24 Ore di
oggi in cui si da conto di una sentenza della Corte di
Giustizia (in allegato) di estrema rilevanza che riguarda
"l'acquisizione" di ACAM da parte di IREN, una delle tante
operazioni societarie portate avanti in questi anni dalle
multiutility.
La Corte dichiara che tale operazione, seppur passata
tramite gara per la selezione del partner privato (IREN),
contrasta con la direttiva 2014/24/UE in quanto al termine
della procedura di gara il Comune di Lerici
(amministrazione aggiudicatrice e proponente il ricorso)
non dispone più del controllo analogo sul nuovo soggetto
gestore e non detiene più alcuna partecipazione nel suo
capitale facendo così venire meno le condizioni che hanno
permesso l'iniziale affidamento diretto "in house" ad ACAM
sul quale il Comune di Lerici esercitava un controllo
analogo a quello che esercita sui propri servizi.
Di fatto ciò comporterebbe che debba essere messo a
gara l'affidamento del servizio e che questo non possa
proseguire automaticamente dall’operatore economico che ha
acquisito l'ente.
Una sentenza che potrebbe rimettere in discussione
tantissime operazioni simili, almeno quelle concluse oltre
il termine fissato per la trasposizione da parte degli
Stati membri della direttiva 2014/24. Sicuramente quelle a
partire dal 2017.
Da approfondire se possa essere uno strumento per
contrastare ulteriormente la famigerata operazione della
"grande multiutility toscana" o la definitiva
privatizzazione di Talete S.p.A. (gestore i n house
dell'ATO viterbese) di cui s'intende mettere a gara il 40%
delle quote.
Insomma, approfondiamo e valutiamo perchè potrebbe
costituire uno strumento assai utile nelle nostre mani
come si evince anche dalla preoccupazione manifestata dal
giornalista autore dell'articolo.
Un saluto.
Paolo
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Società in house ai privati: revocati gli
incarichi diretti
Il Sole 24 Ore - 17 maggio 2022
di Stefano Pozzoli
Le società in house cedute a soggetti privati perdono
l’affidamento del servizio anche se l’acquirente è scelto
tramite una procedura competitiva.
Questa, in breve, è la risposta della sentenza nella
causa C-719/20 della Corte di giustizia europea al
Consiglio di Stato italiano, che le aveva posto il quesito
nel corso di un contenzioso tra un comune ex socio di una
società a suo tempo ceduta a una società quotata, che per
altro ne aveva così assicurato il salvataggio. Il
Consiglio di Stato aveva, in sostanza, chiesto alla Corte
di giustizia se l’affidamento, originariamente diretto in
quanto rivolto a società in house, potesse essere
mantenuto, a fronte del fatto che il nuovo socio fosse
stato individuato con una gara. A fronte di una normativa
nazionale e anche, fino ad oggi, di una giurisprudenza,
unanimemente concorde in tal senso, la risposta della
Corte di giustizia Ue va in ben altra direzione, ponendo
quindi un pesante ostacolo a ogni prossimo processo di
aggregazione che veda protagonisti i grandi operatori del
settore.
Per il giudice comunitario, infatti, «la direttiva
2014/24/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la
direttiva 2004/18/Ce deve essere interpretata nel senso
che essa osta a una normativa o a una prassi nazionale in
forza della quale l’esecuzione di un appalto pubblico,
aggiudicato inizialmente, senza gara, a un ente “in
house”, sul quale l’amministrazione aggiudicatrice
esercitava, congiuntamente, un controllo analogo a quello
che esercita sui propri servizi, sia proseguita
automaticamente dall’operatore economico che ha acquisito
detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora
detta amministrazione aggiudicatrice non disponga di un
simile controllo su tale operatore e non detenga alcuna
partecipazione nel suo capitale».
Secondo il giudice europeo, quindi, rileva il momento
genetico dell’affidamento che, essendo in house, deve
restare tale, pena la sua decadenza: «nell’ipotesi in cui
un appalto pubblico sia stato attribuito, come nella
fattispecie in esame, senza indizione di una gara (…)
l’acquisizione di detta società da parte di altro
operatore economico, durante il periodo di validità
dell’appalto in parola, è tale da costituire un
cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto
che necessiterebbe di indire una gara». Mentre, al
contrario, la circostanza che l’acquirente sia stato
selezionato «dai comuni che detengono tale società, al
termine di una procedura di gara pubblica, non modifica
siffatta conclusione».
In sostanza un affidamento in house può mantenersi solo
se il processo di aggregazione veda come attori solo
società in house providing, e se nella compagine
societaria del nuovo soggetto siano presenti anche i
comuni soci della azienda ceduta, e non se partecipino
alla fusione anche società quotate o, comunque, a
partecipazione privata.
Nel prendere atto di questa posizione, e in attesa
della pronuncia del Consiglio di Stato, viene da
riflettere sul portato di una decisione siffatta, che di
fatto rischia di deprimere il valore delle partecipazioni
pubbliche: chi mai sarà interessato alla acquisizione di
una società pubblica sapendo che tale azienda viene ceduta
priva di affidamento? Tutto ciò rende ancora più urgente
intervenire, nel quadro della oramai prossima delega per
la riforma dei servizi pubblici locali, alla definizione
di regole chiare e definite per i processi di aggregazione
e per le operazioni di natura straordinaria nell’ambito
delle società a partecipazioni pubbliche.