Clicca qui CIVG Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia la relazione del dottor Fabrizio Bianchi, componente del Comitato Scientifico di
ISDE Italia: impossibile oscurare la letteratura scientifica biomedica internazionale. Bisogna mettere al bando queste sostanze tossiche e cancerogene.
Clicca sul titolo. Adriano Di Saverio, Presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria, ha partecipato alla riunione con i Comitati e le Associazioni ma di nuovo non ha convinto nessuno. Soprattutto come medico.
Quando li ha letti i 12 punti del
Piano di azioni che si sono proposti Comitati e Associazioni per scongiurare con urgenza la tragedia dei Pfas in Alessandria (
clicca qui), Lei si è espresso meno che genericamente. Poi che li ha riletti, ora, egregio Di Saverio, non le corre l’obbligo di essere più esplicito nei confronti della popolazione? In particolare, sulla “spada di Damocle” dei Patteggiamenti? In particolare, come Presidente, non ritiene che il Comune di Alessandria debba recedere dal patteggiamento intrapreso?
A maggior ragione come medico, avendo in mano, tra i tanti, questi terribili dati epidemiologici (
clicca qui), che da soli, per il sacrosanto principio di precauzione, indurrebbero un sindaco ad esercitare le prerogative di legge in veste di massima Autorità Sanitaria Locale, ad emettere ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti? Nota bene: quegli
studi sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Alessandria nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento ambientale.
I PFAS cancerogeni nella Valle di Susa (vedi mappa) presentano preoccupanti livelli di contaminazione. Le indagini hanno riscontrato la presenza di PFOA nell’acqua potabile, coinvolgendo circa 70 comuni della Città metropolitana, inclusi centri nella valle. La contaminazione è legata anche ad altri contaminanti specifici come il cC6O4 (unico produttore Solvay a Spinetta Marengo).
A due mesi dalle condanne in Corte d’Assise a Vicenza per il disastro provocato dalla società Miteni, si scopre da un documento della giunta regionale del Veneto, rimasto fino ad oggi segreto, che 3 milioni di metri cubi di terre e rocce di scavo della superstrada Pedemontana Veneta (vedi mappa), contenenti Pfas da qualche decina a 2.000 nanogrammi per litro secondo i risultati delle analisi Arpav, sono stati disseminati in una ventina di siti di discariche del Veneto, in particolare nella provincia di Vicenza, in alcuni casi anche in siti vicini a fonti idriche.
Non è la sola polemica contro la Regione. Aveva già suscitato polemiche la decisione della Giunta Zaia di realizzare uno studio epidemiologico sulla presenza del Pfas nella popolazione. Una ricerca sollecitata da dieci anni che arriva a un mese e mezzo dalle elezioni.
Clicca
qui e
qui: la Procura di Vicenza indaga sulla realizzazione della Pedemontana. Cgil e Fillea regionali: “Agire da subito per mettere in sicurezza aree, popolazione e lavoratori coinvolti”
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Inoltre, i recenti report
indicano contaminazioni nei pesci di fiumi e canali, con un record negativo nella Fossa Molesana a Tribano e pessime situazioni anche nel Tergola a Vigonza e a Codevigo:
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Presso l’Istituto Tecnico “Zenale e Butinone” di Treviglio (BG) da ormai nove anni è stato realizzato un Progetto extracurricolare di Educazione Ambientale, con l’obiettivo di promuovere iniziative legate ai temi ambientali anche al fine di sensibilizzare le varie componenti scolastiche al rispetto dell’Ambiente. Clicca qui.
Non si può certo aspettare che la lobby politica-industriale metta al bando la produzione e l’uso dei tossici e cancerogeni pfas. Meglio, d’urgenza, provvedere personalmente ad eliminarli, come possibile, nelle nostre case. Ad esempio:
Padelle antiaderenti. Anche le versioni “senza PFOA” non sono del tutto sicure: indicano solo l’assenza di una specifica categoria di Pfas, ma non di tutte. La soluzione migliore è sostituirle con pentole in acciaio inox, ghisa o ceramica naturale, che non rilasciano sostanze tossiche.
Imballaggi alimentari. Sostituire carta oleata, contenitori per il take away, cartoni della pizza e pellicole, con barattoli in vetro o acciaio e contenitori riutilizzabili.
Frutta e verdura. Preferire quella fresca, biologica, lavarla accuratamente per limitare l’assunzione indiretta di pesticidi contenenti pfas.
Cosmetici. Scegliere solo quelli naturali o linee certificate “PFAS free”.
Carta igienica. Orientarsi su marchi ecologici.
Vestiti. Soprattutto per bambini: evitare gli antimacchia e impermeabili, scegliere tessuti naturali come cotone e lana, e marchi che dichiarano esplicitamente l’assenza di Pfas.
Detergenti per la casa. Optare per prodotti ecologici o, ancora meglio, affidarsi a soluzioni naturali come acqua calda, aceto o bicarbonato.
Nell’ambito di un progetto pilota avviato con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Eduardo Di Marcantonio, dottorando del Dipartimento di scienze della terra de La Sapienza di Roma, sotto la supervisione dei professori Luigi Dallai e Massimo Marchesi, hanno messo a punto una nuova metodologia di analisi, in grado di individuare le “fonti” dei Pfas e chi li ha prodotti. Dunque di individuare i responsabili. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista “Science of the total environment”.
I ricercatori hanno sviluppato il primo metodo per l’analisi isotopica dei principali Pfas. Questo tipo di analisi permette, quindi, in condizioni di inquinamento diffuso, di differenziare le diverse sorgenti e la dispersione nell’ambiente che permette di ottenere “firme isotopiche” specifiche per i Pfas provenienti da diversi produttori industriali. Questa caratterizzazione rende possibile distinguere le origini dei composti, persino in scenari di inquinamento diffuso, cioè con sorgenti molteplici e non identificabili puntualmente. Lo studio ha anche mostrato significative differenze isotopiche tra Pfas di origine diversa, aprendo la strada all’identificazione delle fonti di questi contaminanti ambientali.
Anche quest’anno in occasione del 4 novembre, festa delle Forze Armate, istituzioni e apparati militari si preparano ad esaltare la guerra e il militarismo secondo la narrazione della “vittoria” della Prima Guerra Mondiale: una “inutile strage” il cui bilancio finale per l’Italia fu di oltre 650.000 soldati uccisi e più di un milione feriti, dei quali molti con gravi mutilazioni. A questi si aggiunsero più di 600.000 vittime civili a causa di bombardamenti e occupazioni militari, carestie ed epidemie.
La maggior parte delle vittime erano contadini ed analfabeti esclusi dal diritto di voto e obbligati a farsi ammazzare o a uccidere nemici che non conoscevano, da un governo che li considerava solo carne da cannone. La guerra non risolse i problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo. Anche l’Europa di allora si trovò davanti a conseguenze terribili, crisi economiche e sociali, con l’affermarsi del nazismo, militarista e razzista. Tutto poi precipito nel disastro della Seconda Guerra Mondiale.
Attorno alla data del 4 novembre, ripristinata anche come Giornata dell’unità nazionale per intensificarne la portata, non c’è solo una distorta celebrazione storica ma anche il tentativo di una vera e propria propaganda bellica che si riversa nelle scuole e in molte celebrazioni istituzionali.
Da tempo il Movimento Nonviolento ha trasformato la giornata del 4 novembre in un’importante occasione di riflessione e opposizione a tutti gli eserciti, contro tutte le politiche di riarmo, a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori di tutte le guerre.
La nostra proposta è la Campagna di Obiezione alla guerra, per dire no alla chiamata alle armi, alla mobilitazione militare, all’ipotesi di ritorno della leva obbligatoria. Ci dichiariamo da subito obiettori di coscienza, invitando tutti a sottoscrivere la
Dichiarazione di obiezione di coscienza per respingere il disegno di chi vuole obbligare i nostri giovani a prendere il fucile e vestire la divisa.
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Al via, il giorno dopo l’approvazione definitiva al Senato della riforma della giustizia, il gruppo di lavoro creato ad hoc nell’ Associazione Nazionale Magistrati. Intitolato “A difesa della Costituzione”, il comitato guidato dal giudice Antonio Diella debutta con la sorpresa del neo “presidente onorario”, il professore ed avvocato Enrico Grosso : sarà l’alfiere ‘laico’ che dall’enclave delle toghe ha il compito di essere trait d’union tra la società civile e le ragioni del no al ddl di revisione costituzionale. “La prima cosa che vorremmo spiegare ai cittadini – ha sottolineato il professor Grosso – è che bisogna sventare una mistificazione. Questa riforma non è sulla separazione, ma è sulla delegittimazione e l’indebolimento del Consiglio superiore della magistratura. Non è stata fatta per separare le carriere dei pm da quelle dei giudici, che ormai sono già lontane tra loro, ma solo per attaccare l’autonomia e indipendenza della magistratura, di cui il Csm è presidio fondamentale”.
Un comitato aperto al confronto. Grosso si dice “disponibile a confronti, pubblici e televisivi, con esponenti del comitato del sì. Con ministro o Meloni? Perché no, se fossero disponibili. Ma non aspettatevi duelli con la politica. Anzi: da costituzionalista posso dire questo protagonismo del governo è fuorviante. Ed è un fuor d’opera che un testo del governo arrivi blindato fino alla quarta lettura. I ddl che modificano la Costituzione storicamente partivano da una proposta dei parlamentari, proprio perché si doveva cercare la maggiore convergenza possibile”.
Dal giudice Diella, analoga avvertenza: “Abbiamo costituito un soggetto autonomo, un comitato nato su sollecitazione dei magistrati ma che non è delle toghe, è aperto a tutti, avvocati, professori e cittadini. Per questo andremo molto sui territori”. Com’è noto, non possono farne parte né partiti, né esponenti politici di ieri o di oggi. “Gli inviti a non schierarci, a non andare a rimorchio, li abbiamo superati già all’atto della costituzione di questo Comitato”, sottolinea Diella.
Giorgia Meloni raccontava di ispirarsi a Paolo Borsellino, che invece la pensava esattamente all’opposto.
Contrario da pubblico ministero, favorevole da ministro: c’è stato un tempo in cui Carlo Nordio avrebbe votato contro la sua stessa riforma, convinto che l’unicità della magistratura “era una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”. Proprio così: il Guardasigilli, ora passato al mestiere della politica, nel 1994 da pm aveva firmato l’appello (raccolse 1.500 adesioni) contro la separazione delle carriere che la rivista La Magistratura aveva pubblicato il 26 aprile 1994 rilanciando un’analoga iniziativa contro la separazione delle carriere del 1992.
“Nella storia dell’Italia repubblicana l’indipendenza del Pm rispetto all’esecutivo e l’unicità della magistratura ha rappresentato in concreto una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principi di eguaglianza dinanzi alla legge”, “La possibilità per i magistrati di passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa si è di fatto rivelata un’occasione di arricchimento professionale e ha consentito al pm italiano di mantenersi radicato nella cultura della giurisdizione” “Noi vogliamo ribadire che siamo entrati in magistratura e per tanti anni vi abbiamo operato in un quadro di garanzie di indipendenza” : firmava Nordio. Esattamente le stesse argomentazioni evidenziate oggi dall’Anm che però ora Nordio respinge.
“La separazione delle carriere è il primo passo per trasferire la magistratura inquirente sotto controllo dell’esecutivo… Non sono le carriere, ma i comportamenti che fanno la differenza. Anche un pm e un avvocato possono trovarsi imputati perché si son messi d’accordo” (4.2.2000). “Si vorrebbe imporre, per garantire l’imparzialità del giudice, la separazione non fra potere giudiziario e politico, ma fra magistrati inquirenti e giudicanti: così le inchieste contro la corruzione e il potere politico non si potranno più fare con serenità” (15.3.2000). “Voterò no al referendum per separare le carriere” (15.5.2000). “La Giustizia ha bisogno di interventi radicalmente opposti a quelli sbandierati dal Polo: non la separazione delle carriere e lo snaturamento del Csm aumentando i membri di nomina politica” (13.1.03). “La divisione delle carriere impedirà la fisiologica trasmigrazione tra pm e giudici, con grave danno per le professionalità e la libertà di scelta dei magistrati” (8.3.03). “Il processo di Milano (a Berlusconi e Previti per corruzione di giudici, ndr Travaglio) dimostra che a carriere separate possono accadere cose turche.
In primo grado ha dimostrato che degli avvocati possono corrompere dei giudici. Più separate di così, le carriere, si muore! Il problema non sono le carriere, ma la deontologia professionale, la moralità di chi svolge incarichi pubblici delicati” (4.5.03). “Il centrodestra vuole separare le carriere per mettere sotto controllo dell’esecutivo la magistratura. È il vecchio piano di Licio Gelli, poi ripreso dal libro rosso di Previti” (24.3.04). “Il ministro Alfano vuole separare le carriere in violazione del dettato costituzionale. La Giustizia affidata al governo Berlusconi è come un pronto soccorso lasciato in balìa di Dracula” (4.6.08). “Berlusconi lasci stare Falcone, è come il diavolo che parla dell’acqua santa. I problemi della Giustizia sono la mancanza di fondi e di personale, non la mancata separazione delle carriere. Così si vuole solo sottomettere la giustizia al potere politico e segnare la fine della certezza del diritto” (21.8.08). “La separazione delle carriere è l’anticamera della fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, attraverso il controllo dell’esecutivo sul pm. È una proposta gravissima perché farebbe crollare uno dei cardini della Costituzione: l’autonomia della magistratura” (15.7.13).
Così parlò per tutta la vita Antonio Di Pietro: idee chiarissime contro tutte le bicamerali e le schiforme di ogni colore. Poi un giorno qualcuno lo convinse che era sempre stato favorevole alla separazione delle carriere e lui non solo cominciò a dire il contrario di ciò che aveva sempre pensato, ma entrò persino nel Comitato del Sì alla schiforma Nordio. Chissà com’è successo.
Spaventoso aumento del 22% a ottobre 2025 rispetto a ottobre 2024
124 morti sui luoghi di lavoro nell’ottobre 2025 (senza itinere)
97 morti sui luoghi di lavoro nell’ottobre 2024 (senza itinere)
Curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna Morti sul Lavoro
Meloni e Salvini (nella foto) sono furiosi: “i soliti magistrati”. La Corte dei Conti ha bocciato la delibera del Cipess (il comitato interministeriale per i grandi progetti pubblici) che aveva approvato il progetto definitivo del ponte sullo Stretto. Molti dei rilievi, però, sono pesanti e sostanziali, alcuni sollevati non solo dai magistrati contabili. Clicca qui una inesaustiva sintesi dei motivi per cui è stato bocciato.
Milano, clochard stende i panni ad asciugare davanti al Duomo: bloccato dalla polizia, si scusa.
L’annuncio del presidente Trump secondo cui gli Stati Uniti riprenderanno i test sulle armi nucleari dopo una moratoria di 33 anni (vedi mappa) rappresenta esattamente il tipo di risposta istintiva e di dimostrazione di forza che sostituisce la strategia nell’establishment della politica estera di Washington. Questa decisione riesce a minare gli interessi americani, fornendo al contempo a Pechino e Mosca proprio le munizioni diplomatiche che cercavano da tempo.
Il recente test russo del missile da crociera a propulsione nucleare Burevestnik ha coinvolto il sistema di lancio, non una detonazione nucleare. L’ultimo test nucleare noto della Cina è avvenuto nel 1996. L’ironia è forte: un presidente che ha fatto campagna contro guerre infinite e un interventismo sconsiderato ha appena preso una decisione che rende la proliferazione nucleare più probabile e la stabilità strategica meno certa.
Clicca qui Leon Hadar, analista di politica estera e autore di “Sandstorm: Policy Failure in the Middle East”.
Depositate nuove denunce alle Procure di Brescia e Pordenone, con l’obiettivo di accertare la presenza, ritenuta certa dai promotori, di testate nucleari nelle basi di Ghedi e Aviano, sotto controllo statunitense ma ospitate in territorio italiano.
Le denunce chiedono ai magistrati di dichiarare l’illegittimità della presenza di tali armamenti, in violazione della legge 185/90 che vieta l’importazione di materiale bellico senza autorizzazione, del Trattato di Parigi del 1947 che impedisce all’Italia di detenere armi di distruzione di massa, e del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) del 1975, sottoscritto proprio per impedire la diffusione di ordigni atomici in Paesi non dotati di tale arsenale.
Dietro la nuova offensiva legale si muove un fronte composito di pacifisti, giuristi, antimilitaristi e attivisti di storiche associazioni come la WILPF Italia (Women’s International League for Peace and Freedom).
Messaggio di pace e salute a
42.102 destinatari da Lino Balza Movimento di lotta per la
salute Maccacaro tramite RETE AMBIENTALISTA - Movimenti di Lotta per la Salute,
l’Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Nel
rispetto del Regolamento (UE) 2016 / 679 del 27.04.2016 e della normativa di
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