FATTI FUORI DAL PROCESSO AD ALESSANDRIA
Talvolta si usano titoli ad
effetto. Il nostro non è titolo civetta: è l’esempio che la realtà può
superare la fantasia. Se pronunci Lino Balza -ad Alessandria e non solo-
tutti pensano subito al polo chimico di Spinetta Marengo. E viceversa. E’
una associazione di termini automatica, da oltre mezzo secolo. Nomina omina. Se
nel 2024 inizia un nuovo processo contro Solvay, dunque, si può immaginare che
non sia ammesso Lino Balza? No, non si può immaginare. Sarebbe una situazione
tipica della narrativa kafkiana ispirata all’incomprensibilità e
all’assurdità, talvolta comica, dell’esistenza
umana, sconfinando nella farsa.
Eppure,
in questo surreale episodio, chi ha escluso Lino Balza dal processo non è boemo
o ucraino, non si chiama Franz
Kafka o Nikolaj
Vasil’evic Gogol’-Janovskij bensì il
genovese Andrea
Perelli, giudice del Tribunale di Alessandria con incarico di
Giudice Sezione G.I.P. – G.U.P. Detto per inciso, Perelli, 39 anni, è il
più giovane della Sezione per anzianità di servizio, ma non è un pivello: laurea
all’Università di Genova, dottorando nel 2016 (anche rappresentante dei
dottorandi), magistrato ordinario a trentadue anni, tirocinio a Genova, docente
di commissione, autore di articoli, relatore a convegno eccetera. E non è un
ingenuo, come vedremo.
La
sua ordinanza, dalla prosa non pari all’acchittata compostezza con papillon, al
processo ha ammesso oves et
boves tutte le 300 parti civili persone fisiche:
indistintamente CHIUNQUE ad eccezione di Lino
Balza: “Non vanta diritto” (sic) perché,
udite udite, “non presenta un collegamento qualificato con
l’area che si assume inquinata”.
Ebbene,
in quella “assunta area” Lino Balza 76 anni fa è
nato e vi abita tuttora, ha
lavorato per 35 anni nel polo chimico, sindacalista e ambientalista
con il fardello per rappresaglia di 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in
cassazione (tutte vinte), compreso il tentato licenziamento, aggiungendo il
corollario di mobbing, cassa integrazione, tre trasferimenti, uffici confino,
dequalificazione professionale e provvedimenti disciplinari
minori [*]. Da quella
fabbrica si è portato dietro il tumore maligno con i suoi supplementi,
nonché i veleni che ancora oggi persistono nelle certificate analisi
del suo sangue, insieme a quelli aggiunti dagli imputati. In più, da
sopravvissuto pensionato, scrittore e giornalista, abita in quell’area dove
resta pur sempre l’animatore (e in Italia) della lotta per la salute collettiva
(anche del Perelli), contro l’ecocidio Solvay e a favore delle Vittime di
Solvay, insieme alle mamme che si disperano per i Pfas nel sangue dei
figli. Scomodo ad azienda e magistratura.
Solvay
in sede dibattimentale si opporrà alla pletora di persone fisiche ammesse
(“con la sola eccezione di Balza Lino”: ha tenuto a sottolineare Perelli
Andrea) quali parti offese… semplicemente “per essere o essere
stati residenti, o figli di residenti, entro un’area di otto
chilometri individuata dagli studi di Arpa di Alessandria a rischio di
neoplasie o quantomeno per metus (paura,
n.d.r.) di vivere o aver vissuto in tale zona”. Peraltro, la
presunta “zona rossa” degli otto chilometri (“con la sola eccezione di Balza
Lino”) è assai inventata perché non esiste alcuna “certificazione”
dell’Arpa che delimiti un’area a rischio. Tant’è che Arpa non ha centraline
dovunque ma dove ha cercato ha sempre trovato Pfas: non solo nei sobborghi
e nel capoluogo ma anche in Comuni della Provincia, per esempio a Montecastello
che dista ben oltre i fantomatici otto chilometri, a tacere il fiume
Bormida. In base al criterio territoriale e psichico, la popolazione
potenzialmente parte offesa -oggi e domani- ammonterebbe a decine di migliaia di
persone. Comprendendo la presunta incompatibilità ambientale di giudici e
giurati, col rischio di
trasferimento del processo.
SOLVAY GONGOLA.
Dalla
clamorosa udienza del GUP, Solvay porta a casa che sono
stati fatti fuori dal processo i due più temibili avversari di Solvay:
Greenpeace e Lino Balza, che chiedono subito la chiusura delle produzioni
inquinanti dello stabilimento di Spinetta Marengo. Infatti,
attualmente Greenpeace è l’associazione più impegnata ai massimi livelli a
denunciare le fonti di inquinamento da Pfas su tutto il territorio nazionale, a
cominciare da Alessandria, e a chiedere la loro messa al bando in Italia.
Ebbene, non si sa se ridere o piangere, Greenpeace
è stata esclusa… “per non aver svolto attività strettamente
legata al territorio di interesse”.
E
Lino Balza, che paradossalmente
abita a molto meno dei fatidici otto chilometri? Per l’azienda
belga, “Linò Balzà, ça
va sans dire, est l’ennemi numéro
1” dalla notte dei tempi, ancor prima del
primo processo e ancor più dopo [**].
In più, è oltremodo scomodo
alla vigente Procura. Proprio la Procura l’aveva escluso fra le
parti offese. Presto spiegato: con ripetuti (11 su un totale di 20) esposti,
depositati e anche pubblici [***], aveva per anni pressato
il procuratore capo Enrico
Cieri a intervenire d’autorità per le tutele della salute pubblica
(si pensi, fra tutte, alle donazioni e trasfusioni di sangue infetto), a
contrastare gli illeciti ecosanitari, a procedere contro il management della
multinazionale (e non solo contro i due direttori), e soprattutto per il
reato di dolo. E, di
conseguenza, aveva criticato la Procura per il blando capo di imputazione,
disastro ambientale colposo e illecito amministrativo,
che esclude alle Vittime il
risarcimento per le morti e le malattie (a parte l’eventuale
elemosina del “metus”). [SI LEGGA IN DETTAGLIO L’ARTICOLO CHE SEGUE IL
PRESENTE].
IL PATTEGGIAMENTO?
In
aula, alla lettura della “strana” ordinanza del GUP, tra gli avvocati si è
cercato una connessione con le insistenti voci di un patteggiamento
(
rectius nel linguaggio forense)
premiale
per l’imputato e le parti civili. E hanno presunto
la disponibilità della Procura come
preannunciata nella di lei imbarazzata e sconcertante audizione davanti alla
Commissione parlamentare d’inchiesta: praticamente l’assoluzione a priori
ad
“un imprenditore che crediamo abbia ottemperato
agli adempimenti di legge, salvo inadeguatezze che valgono il
rimprovero di una colpa”. Una tiratina di orecchi.
Clicca
qui.
Altro
segnale avvertito è il cambio
degli avvocati della difesa con Riccardo Lucev e Guido Carlo
Alleva. Lucev è esperto in diritto penale della responsabilità medica e
addirittura Officer del Criminal Law Committee della International Bar
Association. Guido Carlo, soprannominato con Giulia Alleva “avvocati
del vino” (la rinomata “Tenuta Santa
Caterina” per miliardari) è DOC in
quanto storico difensore dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nei
processi Eternit. A confronto, i risarcimenti nel caso Solvay,
stringi stringi, sarebbero irrisori in un patteggiamento? “Ça va sans
dire, avevano ragionato a Bruxelles, ci verrà
a fagiolo “tomber à pic” l’esclusione dalle parti civili
di Lino Balza, così attivo ad
opporsi al patteggiamento di un’elemosina ma a favore
di una class action.
Infine, l’azione della Procura nel patteggiamento, per quanto
scalpore possa fare, pour nous sarebbe un
ombrello, anzi un paracadute: “Il suffit de mettre un
parachute, ça va sans dire”. “Notre
avantage”, e per Regione e Sindaco, sarebbe
palese: si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che
li addita come complici di Solvay e chiede monitoraggi di massa per la
popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. Non li si può
tenere a bada all’infinito. Ça va sans dire.
In
conclusione. A
Solvay, ça va sans dire, il patteggiamento servirebbe a
derubricare ulteriormente i reati ma soprattutto a prendere in tranquillità il
tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento
potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di
trasferimento (“rimessione alla sede”) del
processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per
incompatibilità ambientale”: eventualità che in aula a loro volta gli
avvocati della difesa discutevano con preoccupazione.
La
richiesta di patteggiamento, spiegavano gli avvocati, può essere formulata fino
alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla
dichiarazione di apertura del dibattimento. Andrea Perelli sarebbe assai
favorevole, poco o tanto che sia stato intimidito dal trascorso tentativo di
ricusazione di Solvay. Dunque già nella prossima udienza del 20
dicembre potrebbe esserci una delle due sorprese [****].
[*] “L’avventurosa storia del
giornalismo di Lino Balza” in 4 volumi.
[**] “Ambiente Delitto
Perfetto”, volume primo. “Pfas. Basta!”, in tre volumi.
[***] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume
secondo.
[****] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume
terzo.
Tutti
i libri sono disponibili a chi ne fa richiesta.
La gravissima ordinanza del GUP, che ha escluso Lino
Balza dal processo, ha colto di sorpresa tutti gli avvocati,
compresi quelli della difesa. Però, a prescindere dal merito di
essere la controparte storica da oltre mezzo secolo, nella fattispecie Lino Balza riproporrà in sede
dibattimentale -a pieno titolo, di diritto e di
fatto- di costituirsi parte civile quale persona offesa e danneggiata
nel procedimento penale [*] contro gli imputati Bigini
Stefano e Diotto Andrea: per le
seguenti ragioni soggettive. Nonchè per le seguenti ragioni oggettive che
la ordinanza di Andrea Perella, nascondendosi dietro le omissioni della procura,
impedirebbe siano portate nel processo quali prove -di dolo a parere
di Lino Balza- a carico di Solvay e dei suddetti imputati.
I
requisiti di costituzione che contengono “l’esposizione
delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti
civili” sono contenuti in estrema sintesi
in sei capitoli: dalla
lettera A) alla G).
In particolare, inoltre, sono richiamate le responsabilità attive o omissive,
comunque consapevoli, dell’imputato Stefano Bigini, nei paragrafi da 1) a 15). E degli imputati Stefano
Bigini e Andrea
Diotto nei paragrafi 16) e 17). E dell’imputato
Andrea Diotto nei paragrafi
da 18) a 39). Tutti
i paragrafi erano compresi nei 20
(venti) esposti depositati (con ricevuta) alle Procure di Alessandria: di cui 11
(undici), che riprendono i precedenti, all’attuale procuratore
capo; sollecitando
interventi della Procura per le situazioni ambientali e sanitarie
denunciate e con esplicita richiesta di partecipare in
giudizio, e riferentisi al periodo di attività dei due direttori ora
imputati Stefano Bigini e Andrea Diotto.
A) Al centro
dell’inquinamento provinciale di Solvay, a meno di sei
chilometri dal polo chimico spinettese, lo storico
e attuale domicilio di Lino Balza, con relative
utenze telefoniche acqua luce gas ecc., è sito
in Alessandria via Dante 86 a poche centinaia di
metri dalla centralina Arpa (c/o Istituto Volta) che rileva
l’inquinamento Solvay (Pfas). Allo stesso indirizzo recapita
l’associazione “Movimento di lotta per la salute
Maccacaro”, di cui è il responsabile nazionale.
B) Nella
provincia e nel comune di Alessandria, e in
particolare
presso il sobborgo di
Spinetta Marengo, epicentro provinciale dell’inquinamento
terra-acque-atmofera di Solvay, già dall’epoca in cui era dipendente del locale
stabilimento chimico (Solvay ex Edison-Montedison) e
fino
all’epoca attuale, Lino Balza ha sempre esercitato –
senza soluzione di
continuità- le proprie attività di noto militante sindacale e ecologista, in
particolare riferite al polo chimico di Spinetta
Marengo,
tramite presenza pressoché quotidiana
per organizzazione di dibattiti, assemblee, servizi con giornali e Tv locali e
nazionali, per confezionare video su scarichi e discariche, per consulenze e
promozione fra i cittadini delle costituzioni a parti offese, per organizzare le
indagini epidemiologiche (es. con l’assessorato e con l’Università di Liegi)
eccetera. Impossibile essere esaustivi per questa mole di lavoro, memoria
storica, che riempie i suoi libri e alimenta il suo Sito
frequentatissimo a livello nazionale
www.rete-ambientalista.it.
Per limitarci al periodo che riguarda l’imputazione
di
Stefano Bigini e Andrea Diotto, si evidenziano
alcune date.
Nel
2008, direttore Stefano
Bigini, Lino Balza, ha subìto tireodectomia totale per
tumore maligno della tiroide contratto in sede lavorativa e
abitativa, danno reiterato e aggravato nell’attuale contaminazione degli
indistruttibili Pfas. Infatti, il livello
pericolosissimo per le esistenti condizioni di salute, calvario sotto
costanti cure e controlli, emerge dai risultati
de “L’indagine
L’appuntamento
con la presidente di Syensqo Solvay per festeggiare -viene
dato per scontato dopo exploit del GUP- l’esito del processo di Alessandria, non
potrà che svolgersi nella sontuosa “Tenuta Santa Caterina” di Grazzano
Badoglio (Asti): dal ‘700 grandiosa abazia benedettina poi palazzo patronale con
porticati, giardini all’italiana, scuderie e abitazioni per braccianti.
L’avvocato Guido Carlo
Alleva, con l’acquisizione nel 2000, ha operato una costosa e attenta
opera di restauro per riportare all’antico splendore tutta la proprietà che oggi
ospita anche un relais con sei suites (da 240 a 350 euro a notte). Qui potrà
essere degnamente ospitata la presidente Ilham
Kadri . Servita a tavola dai direttori di Spinetta Marengo in
farfallino, le sarà presentata l’ultima creazione a base chardonnay:
il GuidoCarlo, un
metodo classico annata 2019 (anno della sentenza di Cassazione).
Ma
ne lasciamo ossequiosamente la presentazione
alla brochure vitivinicola. “Una
bollicina che ha riposato sui propri lieviti per 36 mesi e le cui uve provengono
dal vigneto Maddalena a 300 metri di altitudine con esposizione sud. Produzione
di 3000 bottiglie. Questo vino non è altro che il risultato di un percorso di
studi di oltre venti anni iniziato quando Alleva ha personalmente scelto le
barbatelle da piantare: tre differenti cloni scelti tra i 34 certificati come i
migliori al mondo, con caratteristiche che si compensassero l’un l’altra e che
si adattassero bene al terreno. Le uve vengono raccolte, in cassetta e nelle
prime ore del mattino, in anticipo rispetto alla piena maturazione per
valorizzarne al meglio il profilo acido e olfattivo. Pressatura a grappolo
intero e nessuna chiarifica. I suoi vini, come dice Guido Carlo, non sono
un’opera d’arte, sono un’opera di artigianato. ‘Il
GuidoCarlo è frutto di una lunga ricerca che, come per tutti gli altri nostri
vini, portiamo avanti costantemente, vendemmia dopo vendemmia, per migliorarci,
imparare a dialogare sempre di più con le vigne e raggiungere livelli
qualitativi sempre più alti’. Sboccato nel marzo 2023, il GC esprime
ancora tutta la sua giovinezza con una bolla esuberante che solca il calice
giallo paglierino carico. Vivace il naso giocato sulle note agrumate con accenni
fruttati e floreali. Una tessitura morbida data del clone Chardonnay Musqué si
riflette al sorso che rimane comunque guidato dall’impronta minerale conferita
dai suoli e dalla verticalità dell’acidità agrumata. Ottima persistenza. Un vino
che ha ancora bisogno di sosta in bottiglia per esprimersi al meglio e che
lascia presagire ottime capacità di evoluzione nel
tempo”. Una sosta opportuna, ma quanto durerà il processo?
Eventualmente, strafogatevi, alla francese: devenir
fou, è l’augurio di noi Vittime. Pensa se Greenpeace trova
Pfas anche a Grazzano Badoglio. Sarebbe la decantata
« impronta minerale conferita dai suoli”?.

La
Regione Piemonte, inveterata complice di Solvay, si è sempre rifiutata di
sottoporre a monitoraggio di massa la popolazione della provincia alessandrina.
E così, come già nel 2022 tramite l’Università di Liegi per gli abitanti del
capoluogo Alessandria e del sobborgo
di Spinetta
Marengo, altri cittadini hanno dovuto rivolgersi a proprie spese
all’Università tedesca di Aquisgrana. Questi ultimi risultati delle analisi del
sangue degli abitanti della Fraschetta dimostrano una
situazione di contaminazione PFAS del territorio estesa e
grave, riscontrata nei paesi di: Spinetta
Marengo, Castelceriolo, Lobbi, Cascinagrossa e Litta Parodi. Ebbene,
oltre alla presenza del cancerogeno PFOA nel sangue di TUTTI i 36 cittadini
esaminati, ha impressionato (nella trasmissione televisiva “Presa diretta)” la
presenza dell’ADV -anche nell’aria-
riscontrata dall’Arpa: solo dal 2022-2024 benchè da
Lino Balza denunciata negli esposti dal 2009 in avanti!
Nel
monitoraggio organizzato da Ànemos, ComitatoStopSolvay e Grennpeace, dunque, un
residente su due campionati comprende anche ADV nel sangue, cioè per la somma di
Pfas si ritrova nella fascia
sanitaria più a rischio: oltre 20 µg/L. Record per il soggetto affetto da
tumore di natura endocrina. Diverse sono le mamme che hanno scoperto che non
solo loro avevano cancerogeni nel sangue ma anche i loro figli e con valori più
alti. D’altronde Greenpeace ha analizzato un campione di acqua da una fontanella
di via san Giacomo di
Alessandria e ha trovato concentrazioni di 60 ng/L di Pfas, di cui 20 ng/L di Pfoa,
cancerogeno.
Di fronte a questi ennesimi risultati, il sindaco di
Alessandria emetterà (come di recente in Belgio per la 3M) ordinanza di chiusura
degli impianti inquinanti, oppure offrirà, a braccetto dell’assessore regionale,
agli ambientalisti l’ennesimo tavolo di confronto… ma ribattezzato task
force?
Fermare
le produzioni per brevi periodi non risolve l’inquinamento dei Pfas: la fermata
deve essere definitiva per consentire una bonifica in tempi lunghissimi.
Infatti, la sospensione della produzione nello stabilimento Solvay-Syensqo di
Spinetta Marengo a giugno-giugno-luglio 2024, decretata con diffida dalla
Provincia, non ha eliminato nell’aria i Pfas: né a maggio-giugno-luglio né in
seguito. L’hanno stabilito le centraline Arpa del sobborgo
di Spinetta
Marengo (via Genova), del capoluogo Alessandria e
del Comune di Montecastello. Il circolo è vizioso: i Pfas,
quando non direttamente in falde e fiumi, vengono depositati in discariche o
scaricati dalle ciminiere, dal cielo si depositano al suolo, di lì pieno zeppo,
essendo forever chimicals indistruttibili,
defluiscono anche decenni dopo in acqua o tornano in aria. Un ciclo eterno
che, però, intercetta tragicamente respirazione e alimentazione
umana.
Il
monitoraggio dei PFAS con campionamento attivo su filtri del PM10 (frazione
inalabile delle polveri con diametro 10 micron) è stata condotto su base
mensile tramite campionatori presenti presso le stazioni di controllo. Presso la
stazione di Spinetta – via Genova sono rilevate le
concentrazioni maggiori di cC6O4, con valori variabili in un
range da 0,476 a 1,534
ng/m3; viene rilevata anche la presenza costante degli isomeri della
miscela ADV/MFS, la sommatoria di
MFS risulta presente in un range tra 0,075 e 0,842 ng/m3. Presso il sito di
Montecastello i campioni da maggio a luglio
evidenziano cC6O4 con concentrazioni
variabili 0,019 a 0,036 ng/m3. Presso la stazione di Alessandria – Volta
sono state rilevate concentrazioni di cC6O4 da
gennaio a maggio 2024 in un range di valori da 0,009 a 0,031 ng/m3.
Addirittura,
a Spinetta, nei mesi di giugno e luglio è stata riscontrata positività
per PFOA, con concentrazioni
tra 0,006 e 0,008 ng/m3 (limite di quantificazione 0,004 ng/m3),
quando il Pfoa ufficialmente non è più prodotto.
Così, la Provincia di Alessandria ha fatto di nuovo
finta di intervenire. Sviando il discorso. Dopo quella dello scorso 28
agosto, ha trasmesso a Solvay
una seconda diffida per l’inosservanza delle prescrizioni
dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) relativamente alle vasche
per il trattamento del percolato, e per l’assenza delle canalette perimetrali
agli invasi. Tempi di intervento rispettivamente 15 e 30 giorni. In caso di
inosservanza eventualmente “si procederà ad una terza diffida e alla contestuale
sospensione dell’attività per un tempo determinato”. Non si pensi
definitivamente. C’è sempre una quarta diffida, quinta eccetera.
Non
è una minaccia per Solvay: garantisce per incompetenza (Responsabile Regionale
di Fratelli di Italia… per il Comparto Difesa) il neo assessore provinciale
all’Ambiente, Maurizio
Sciaudone.
Solvay
boicotta i controlli che il “Consiglio
nazionale delle ricerche -istituto di ricerca sulle acque
CNR” cerca di realizzare con l’ASL di Alessandria, per
un progetto operativo “Biomonitoraggio integrato area
Spinetta marengo-Alessandria”. Infatti -è la denuncia- “non
fornisce gli standard analitici o le miscele tecniche (nel caso gli standard non
siano disponibili) per svolgere analisi aggiuntive. E non rende pubblici i
dossier tossicologici, di nuove sostanze e dei composti utilizzati in passato ed
in uso, in suo possesso”.
Il
sabotaggio è finalizzato ad occultare la presenza di ADV, C6O4 e Aquivion®PFSA negli
scarichi, ad evitare l’ampliamento delle analisi di vegetali e uova e del
biomonitoraggio umano del sangue ma anche delle urine.
Il
professor Luca Chiovato è stato uno dei primissimi, in Italia, ad occuparsi dei
distruttori endocrini, creando all’Irccs Maugeri
di Pavia un Laboratorio di ricerca dedicato ai Pfas: proprio quello a cui si
rivolse Solvay un quarto di secolo fa: dunque ufficialmente consapevole della
propria condotta delittuosa.
Ordinario
di Endocrinologia dell’Università di Pavia, oltre 350 pubblicazioni scientifiche
e più di 1.000 punti di
impact factor, membro di lungo
corso della Società Italiana di Endocrinologia, Luca Chiovato è dal punto di
vista scientifico uno dei più titolati a trattare di Pfas. Lo fa in questa
analitica intervista
https://www.vita.it/lendocrinologo-cosi-i-pfas-avvelenano-il-nostro-corpo/
incentrata sulle conseguenze delle sostanze perfluoroalchiliche sul sistema
endocrino-metabolico (“principalmente gli assi gonadici e della tiroide”), nella
quale afferma che
l’associazione tra Pfas e tumore della tiroide è
ormai esclusa da ogni controversia dopo il definitivo studio caso-controllo
multicentrico (Usa, Olanda, Israele), pubblicato nel 2023, che ha stabilito
il rapporto tra Pfos e carcinoma papillare della tiroide.
Dunque,
è completo il grado di pericolosità dei Pfas: diminuzione della
fertilità, riduzione numero spermatozoi, tumori
del testicolo e malformazioni congenite, come il criptorchidismo
nell’uomo, ipertensione
arteriosa durante la gravidanza, neonati sottopeso, mancata discesa dei
testicoli nel bambino, sviluppo mentale dei
neonati, pubertà precoce e tumori femminili ormono-dipendenti, come
quelli di mammella e utero, abbassamento
della risposta anticorpale in adulti e bambini, innalzamento dei livelli di
colesterolo, aumento dei rischi di cancro e malattie alla tiroide, lesioni al
fegato, colite ulcerosa, neoplasie ai reni e ai
testicoli, colite
ulcerosa, obesità, diabete tipo 2, dislipidemia,
ecc.
Un
quadro clinico, non ci sono antidoti per i Pfas, reso ancor più drammatico dalle
caratteristiche dei Pfas: l’emivita, vale a dire il loro tempo di decadenza
nell’ambiente è di 41-92 anni e l’emivita di eliminazione nell’uomo è di 3-7
anni. Unica soluzione: metterli al bando.