Speciale Pfas. Luci e ombre nei grandi processi.

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RETE Ambientalista

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Jul 9, 2025, 11:01:19 AMJul 9
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Sta facendo il giro del mondo. Certo (vista a colori) la sentenza Pfas di Vicenza per l'avvelenamento delle acque è storica perché è la prima che condanna per dolo, cioè con pene pesanti, ma occorre guardarla anche un po' in bianco e nero. Innanzitutto, sul versante delle azioni risarcitorie a favore delle Vittime.

Potenzialmente, potrebbero essere 350mila nel Veneto le persone fisiche presenti come parti civili nel processo, in quanto danneggiate in varia misura dai Pfas delle aziende ex Miteni. Invece, delle 338 “parti offese” indennizzate, sono ben 138 quelle istituzionali (enti, associazioni) ma appena 200 sono le persone fisiche : “Mamme no Pfas” e altri cittadini che a partire dal 2017 hanno scoperto che il loro sangue e quello dei loro figli erano avvelenati da concentrazioni preoccupanti di Pfas. Per ognuno dei 200, la Corte ha stabilito indiscriminatamente un risarcimento forfettario di 15mila euro.

Ebbene, premesso che la salute non è mai riparabile, però diciamolo apertamente, sono addirittura irrisorie 15mila euro per le Vittime, colpite dagli effetti cancerogeni e dalle conseguenze ormonali e metaboliche (processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all'ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile, cioè effetti sulla fertilità e sullo sviluppo fetale; aumento di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno, tiroide e al pancreas; crescita significativa della mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo; indebolimento del sistema immunitario e della risposta alle vaccinazioni soprattutto dei bambini; sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l'aterosclerosi e gli eventi tromboembolici;

Stiamo parlando di queste patologie mortali. Non stiamo mica parlando di 15mila euro per danni per la perdita di valore degli immobili. 15mila euro per le Vittime: non è Giustizia! Ci si avvicinerà ad essa se le 200 persone, ma anche le migliaia non coinvolte nel processo penale concluso, chiederanno i danni per le patologie da ciascuna subìte .

Ma questi danni devono chiederli per altra via che non sia quella penale, perché nel processo penale il reato contestato è di natura prettamente ambientale: l'avvelenamento delle acque e il disastro ambientale. Il penale è bengodi per gli avvocati, non per le Vittime. Il penale non risarcisce i danni per la salute, nemmeno un briciolo di dignità.

Per risarcire i danni alla salute, la via obbligata è quella dei processi in sede civile : con azione legale individuale, oppure unendosi con azione legale collettiva (class action ): tramite associazioni di cittadini ovvero organizzazioni, riducendo così notevolmente i costi legali ai rari avvocati (e medici legali) disponibili a parcelle meno appetitose di quelle in sedi penali.

Dunque, chiunque ritenga di aver subito danni reali a causa dell'inquinamento da PFAS (cioè problemi di salute ma perfino perdita di valore degli immobili, ecc.) può intentare una causa civile contro i responsabili dell'inquinamento, a partire dalle aziende che hanno prodotto o utilizzato le sostanze PFAS. Il diritto vale innanzitutto per le popolazioni che hanno “ospitato” in passato l'industria produttiva, come la Miteni di Trissino, ovvero per quelle che tuttora la fabbrica ce l'hanno in casa, come la Solvay di Spinetta Marengo.

A maggior ragione, questo diritto ad un risarcimento non lesivo della dignità ce l'hanno i principali esposti ai veleni, le Vittime dirette: i lavoratori di queste fabbriche. Per paradosso, anzi assurdo, i lavoratori hanno ricevuto della Miteni non hanno dalla sentenza di Vicenza nessun risarcimento. Neppure i 53 costituitisi parti civili l'hanno preso, nemmeno l'elemosina delle 15mila euro (per la motivazione, appunto, che la natura del reato contestato è… solo di natura ambientale, non professionale).

Dunque, l'unica sentenza -anch'essa storica- che risarcisce i lavoratori resta quella, di un altro tribunale di Vicenza, che in sede civile ha risarcito la morte per tumore di un operaio della Miteni: per la prima volta riconoscendo in Italia la malattia professionale da Pfas . Però, con questa sentenza non è stata condannata al risarcimento l'azienda ma un Ente terzo in causa: l'INAIL.

E' clamoroso, anzi scandaloso, che ad Alessandria i sindacati a loro volta non abbiano mai avviato causa di riconoscimento di malattie professionali contro il colosso chimico di Spinetta Marengo. In particolare, la polemica è stata anche trasmessa con lettera aperta al segretario generale della CGIL, Maurizio Landini.

Ci vorrebbe un secolo per ripulire la falda più inquinata d'Italia.

Non merita ulteriore commento l'indecenza delle attribuzioni di vittoria e delle autoassoluzioni di politici e amministratori… all'unanimità. Invece, la sentenza Pfas di Vicenza va a pieno ed esclusivo merito della popolazione che si è mobilitata.
Detto questo, la sentenza per quanto tardiva (e col cappio degli appelli) assume comunque valenza storica perché è la prima che condanna per dolo (pene fino a 17 di reclusione per i manager), cioè considera sul serio l'inquinamento come reato: cosciente e voluto. Storica benchè insufficiente per fare giustizia. La Giustizia non si realizza certo con i 50mila euro per organizzazioni ambientaliste o con i 25mila per i sindacati Cgil e Cisl. Mentre sarebbe fondamentale se assicurasse i massimi risarcimenti alle Vittime: le quali invece -in poche centinaia su centinaia di migliaia- sono state indennizzate con irrisorie 15mila euro.
L'altro aspetto nevralgico è la bonifica. “Chi inquina paga” è uno slogan ingannevole, soprattutto perché ambiente e salute non sono riparabili. Eppoi, quando mai è successo che chi ha inquinato ha pagato la bonifica! Codesta è miliardaria. Chi la paga? chi e come e quando la realizza? Gli inquinatori? La Miteni che è fallita? Gli stranieri lontano dal Giappone? Il ministero dell'Ambiente, al quale è stato riconosciuto un indennizzo da 58 milioni? La Regione Veneto con i 6 milioni di euro di indennizzi? Con gli 844mila euro di indennizzo all'Agenzia regionale per l'ambiente del Veneto (Arpav)? Con i 151mila la Provincia e con gli 80mila euro ciascuno per i trenta Comuni della zona rossa?
La Regione Veneto ha già speso 2,8 milioni in filtri e nuove reti acquedottistiche e 3,5 milioni per finanziare Arpav. Mai finiti i monitoraggi ambientali. A cui si aggiungono i costi elevati dei monitoraggi sanitari per 350mila residenti, del dosaggio dei Pfas nel sangue, delle patologie di preeclampsia in gravidanza oltre che malformazioni alla nascita, cancro del rene e del testicolo e della tiroide, malattie muscolari, colesterolo e funzionalità epatica eccetera. A tacere i costi per le cure.
Secondo l'Arpav, ci vorrà un secolo per ripulire del tutto la falda più inquinata d'Italia. Le altre 16 Regioni già individuate da CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), sono Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Friuli, Basilicata, Liguria, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sardegna, Molise e Calabria.

Per sapere di più sulla storica sentenza del processo di Vicenza:

La storica sentenza come punto di partenza.

Dopo le sentenze storiche di Vicenza, in penale e in civile, un sacco di persone e di enti si sono appccicate medagliette di pionieri della lotta contro i Pfas. Perfino alcune istituzioni pubbliche, che semmai avrebbero meritato nei decenni anch'esse un banco degli imputati, si sono autoassolte addirittura in veste di primazia politica e sanitaria. I meriti della vittoria vanno, invece, esclusivamente attribuiti alle lotte popolari dopo il 2017, con le “Mamme No Pfas” in testa. In questo ambito merita il riconoscimento che viene assegnato al dottor Vincenzo Cordiano (nella foto) in questo servizio del Corriere della Sera, clicca qui .
Nell'intervista, Cordiano rivendica giustamente di essere stato il primo in Veneto a lanciare l'allarme Pfas per la Miteni di Trissino nel 2013. Possiamo confermarlo perché all'epoca chiese informazioni a Lino Balza, noto per essere occupato già dagli anni '80 con le denunce dell'inquinamento Pfas in Bormida e Po, tant'è che lo mise anche in contatto (segreto) con tecnici della Solvay di Spinetta Marengo.
Vincenzo Cordiano giustamente accusa come non fu ascoltato dai politici e nemmeno dai suoi colleghi medici veneti, anzi fu sottoposto dai superiori a provvedimento disciplinare “per avere danneggiato l'immagine dell'azienda sanitaria Usl5”. Ovviamente fu censurato sul lavoro e bloccato come carriera. Il fatto non stupì, essendo già balzato all'onore delle cronache Lino Balza per anni oggetto di massicce rappresaglie del colosso chimico di Spinetta, licenziamento compreso, tutte respinte con vittoria nei tribunali però mentre gli amministratori pubblici piemontesi trattenevano le code tra le gambe.
Nell'intervista, Cordiano mette principalmente in rilievo che la storica sentenza di dolo del Tribunale di Vicenza deve essere -in Veneto- considerata non un punto di arrivo bensì di partenza: perché dovranno essere assolutamente perseguite le indagini ambientali ed epidemiologiche mancanti, soprattutto per riconoscere i danni alle Vittime e dunque i legittimi risarcimenti.

Giova lo ripete: le Vittime non ottenere Giustizia nei tribunali penali.

Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. Qui, più che altrove, le Vittime rischiano di diventare Vittime una seconda volta. Si consuma drammaticamente il “delitto perfetto”….

In più, la partita dei Pfas va ben oltre la sentenza di Vicenza.

 Ok limite zero Pfas in Italia quando in Usa. .
L'intera partita (clicca) si giocherà in campo internazionale, all'ombra militare di Trump . Senza eccedere in trionfalismi, come si sta facendo, nondimeno l a storica “sentenza Miteni” del tribunale di Vicenza , al di là dell'esito giudiziario ancora provvisorio, ha acceso ulteriormente i riflettori sui Pfas: in particolare sulla necessaria fermata nell'unico stabilimento che li produce in Italia, Solvay a Spinetta Marengo, e sul relativo assai controverso processo (bis) di Alessandria .
Nell'immediato, indubbiamente la sentenza sta plasmando in Veneto nuove decisioni e nuovi indirizzi in materia ambientale. In questo scenario, a Schio l'assemblea dei soci di “Alto vicentino ambiente (Ava)”, che si occupa del ciclo integrato dei rifiuti del comprensorio, ha approvato una delibera in cui si annuncia che, qualora si dovesse potenziare ed ampliare l'inceneritore di Ca' Capretta, non sarà consentito trattare fanghi di depurazione, che tipicamente contengono Pfas.
La gravità della minaccia degli impatti sanitari dei Pfas si è riflessa, quasi in contemporanea, sulla vicenda dell'inceneritore che Eni Rewind aveva in animo di realizzare a Fusina, alla periferia di Venezia, bloccato finalmente dopo anni di lotte dal Comitato tecnico della Regione Veneto proprio per la possibilità che i fanghi da bruciare potrebbero contenere i Pfas.
Insomma, in un contesto così tratteggiato, i Pfas «finiscono per essere il filo conduttore» che lega i destini di Trissino, di Vicenza, di Venezia, di Schio, di Padova, di Verona, di Legnago e di Loreo. Si tratta di Comuni nei quali o c'è un impianto di trattamento o è prevista la realizzazione di un inceneritore o il potenziamento di una linea di incenerimento, oppure è in previsione la realizzazione di un impianto ad hoc: vuoi di trattamento, vuoi di essiccazione. Si è aperto un nuovo approccio nella gestione dei rifiuti e dei fanghi contaminati da PFAS, in particolare rispetto ai rischi per la salute derivanti dalla combustione incompleta dei PFAS.
A maggior ragione dopo la sentenza di Vicenza, i Comitati e le Associazioni chiedono la messa al bando in Italia dei Pfas per Legge. Il che però implica la sorte dello stabilimento di Spinetta Marengo, ovvero degli interessi economici, militari e geopolitici in gioco, che sono tanto radicati e ramificati da rendere l'intera partita (clicca) un vero e proprio rebus non solo nazionale. Clicca anche https://economiacircolare.com/pfas-industria-bellica/ i “forever Chemicals indispensabili nel mercato della guerra”.
Lo scenario internazionale, infatti, si fa più torbido, e dentro vi nuota Solvay in Italia (vedi foto). Negli Usa, l'Epa, l'agenzia governativa per la protezione dell'ambiente, sembra fare marcia indietro nella lotta agli “inquinanti eterni”. Le misure avanti portate da Joe Biden erano state pianificate durante il primo mandato di Donald Trump, che anche in questo caso rinnega sé stesso. L'Epa ha prorogato l'entrata in vigore dei limiti per la presenza di queste sostanze chimiche nell'acqua potabile e ha cancellato oltre 15 milioni di dollari destinati alla ricerca. La soglia di 4 nanogrammi per litro, tecnicamente zero, stabilita dalla legge Usa passata sotto Biden, dovrà essere rispettata solo dal 2031.

Un altro dei tanti rinvii Pfas della Regione Piemonte.

Onde favorire la Solvay di Spinetta Marengo , unico stabilimento che produce “inquinanti eterni” in Italia (nella foto), la Regione Piemonte, nel porre dei massimi di concentrazioni di Pfas nelle acque, aveva stabilito che limiti aggiuntivi per le sostanze pericolose sarebbero dovute entrare in vigore quest'anno. Invece, la Regione ha rimandato di tre anni «per permettere agli impianti di depurazione di adeguarsi». In questo periodo, il provvedimento, tramite un ennesimo “Osservatorio”, consentiràbbe agli enti locali, ai gestori e ai consorzi di riavviare il percorso di studio e approfondimento, anche per avviare soluzioni concrete e affrontare in modo sistemico il tema del trattamento dei rifiuti, in primis del percolato”.
Questa proroga regionale dell'entrata in vigore dei limiti Pfas si scontra con il pieno disaccordo degli ecologisti: "Si è partiti col limitare i Pfas nello smaltimento, ma per risolvere il problema bisogna impedirne la produzione e l'utilizzo. Il problema in Piemonte è gigantesco. Non si può non guardare l'elefante nella stanza: lo stabilimento di Spinetta Marengo".

Fantascienza: i batteri che mangiano i Pfas.

Quand'anche lo stop di produzione e utilizzo dei Pfas fosse decretato oggi, i “forever Chemicals” rimarrebbero indistruttibili negli ambienti e nei corpi umani (impiegano migliaia di anni per decomposirsi) provocando gravi patologie come una ridotta fertilità, ritardi nello sviluppo infantile e rischi maggiori di tumori e malattie cardiovascolari eccetera. Per affrontare quel tragico futuro, gli scienziati stanno studiando batterie che sono in grado di fagocitare ed eliminare i Pfas. Ma questo ora è neppure immaginabile contro i Pfas insediatisi nel sangue e negli organi umani tramite inalazione e ingestione.
Un flebile spiraglio proviene da uno studio su animali di Ricercatori dell'Università di Cambridge che sono riusciti a identificare specie batteriche presenti naturalmente nel nostro intestino e in grado di assorbire diverse molecole di Pfas. Per testare questa loro abilità, il team le ha introdotte nell'intestino di alcuni topi per rendere il loro microbioma più simile al nostro. Dalle successive analisi è emerso che 9 ceppi di batteri hanno rapidamente accumulato i Pfas ingeriti dai roditori, che li hanno poi eliminati attraverso le feci. Come una sorta di spugna, infatti, i batteri li hanno assorbiti tra il 25% e il 74%, conservandoli al loro interno, in quello che in gergo tecnico viene definito come bioaccumulo.
Più batterie ingoi, più Pfas elimini? Non è più salutare eliminare i Pfas a monte: in produzione e uso per padelle antiaderenti, cosmetici, indumenti impermeabili e imballaggi alimentari, eccetera?


Il nucleare: falsa promessa energetica del governo.

In questo momento storico, il ritorno al nucleare viene promosso dal governo come inevitabile, efficiente e moderno: il “Nucleare di nuova generazione” (in particolare gli Small Modular Reactors SMR) una tecnologia che sarà pronta tra il 2035 e il 2045, con investimenti di miliardi, costi incerti, tempi lunghissimi, insomma incapace di contribuire nel cruciale periodo della crisi climatica e geopolitica.
“Invece” ribadisce Di Giovanni Ghirga, medico di ISDE ITALIA, “per questi strettissimi tempi climatici, esistono già soluzioni concrete, scalabili, mature: energie rinnovabili come il solare e l'eolico , ormai ampiamente competitive sul piano economico e rapidamente installabili; reti intelligenti in grado di bilanciare in tempo reale la produzione e il consumo, integrando anche piccoli impianti distribuiti sul territorio; accumuli distribuiti, come batterie domestiche e sistemi di stoccaggio a livello di quartiere o di distretto, i quali stabilizzano la rete e sicurezza energetica; idrogeno verde prodotto con energie rinnovabili, essenziale per decarbonizzare i settori industriali più difficili, come la siderurgia e la chimica infine, l'elettrificazione capillare, cioè la progressiva sostituzione dei combustibili fossili con tecnologie che funzionano a energia elettrica, come pompe di calore, veicoli elettrici, impianti elettrici per serre e irrigazione, alimentate però da fonti rinnovabili nei settori del riscaldamento, dei trasporti e dell'agricoltura”.
Di contro, inoltre, ogni reattore è un potenziale bersaglio in un mondo dove i conflitti ibridi, i droni kamikaze ei cyberattacchi sono ormai strumenti ordinari di pressione geopolitica, con rischio potenziale di contaminazione radioattiva permanente dell'aria, del suolo, dell'acqua. Anche i reattori più “avanzati” non eliminano il problema delle scorie radiotossiche per decine di migliaia di anni: ancor più voluminose e più reattive sul piano chimico e fisico, con implicazioni serie per lo stoccaggio e il confinamento.
Infine, si instaura anche una dipendenza geopolitica nessun Paese europeo è autosufficiente nell'estrazione o nella lavorazione dell'uranio. Inoltre, i Paesi fornitori, come Russia, Kazakistan, Niger, Algeria, non offrono garanzie di stabilità o alleanze democratiche. Spostano semplicemente la dipendenza dal gas a un'altra fonte instabile… e la chiamano “indipendenza”.

Genova di diventare un obiettivo sensibile dal punto di rischiare vista militare.

Il Ponte sullo Stretto, per anni venduti come un progetto di grande progresso civile, verrà fatto rientrare tra le spese militari. In caso i russi attaccassero la base Nato di Sigonella da Tripoli via Mar Nero e Turchia, le nostre truppe si paracaduteranno sul ponte, visto che non è conveniente percorrere coi carri armati la Salerno-Reggio Calabria né tantomeno usare la linea ferroviaria.
Non ci sarà solo il ponte sullo Stretto, anche la nuova diga foranea del porto di Genova -mega-opera da 1,3 miliardi (già lievitati a 1,6 coi lavori nemmeno arrivati al 10%)- contribuirà a coprire le spese militari che l'Italia s'è impegnata in sede Nato a portare al 5% del Pil entro il 2035, una quota delle quali (1,5%) potrà essere rappresentata da infrastrutture a valenza anche militare.
"È un'infrastruttura 'dual use'. Progettata per scopi mercantili, in caso di crisi (bellica) sarà utile perché consente lo sbarco di portaerei leggere, navi Nato e strumenti e truppe", ha spiegato Carlo De Simone, sottocommissario all'opera (il titolare è Marco Bucci presidente della Regione Liguria), durante una trasmissione tv. Poco importa che le più grandi portaerei nate abbiano dimensioni assai inferiori a quelle delle portacontainer abituali ospiti delle banchine genovesi e che quindi potrebbero comodamente approdare sotto la Lanterna senza spendere miliardi di euro per la diga. Neanche a La Spezia, a 50 miglia nautiche, abbia sede una delle maggiori basi della Marina militare.

Il duplice uso , potenziale viatico di nuovi esborsi e opacità, farà di Genova un obiettivo sensibile dal punto di vista militare.

La più autorevole delle candidature.

Nella foto: Netanyahu esibisce a Trump copia della lettera inviata al "Comitato Nobel" di raccomandazione per la candidatura di Premio Nobel per la Pace.
In alternativa, Netanyahu si candiderà se stesso.

Alternanza scuola lavoro e infortuni.

La relazione annuale dell'Inail conteggia gli infortuni sul lavoro nel 2024 relativi agli studenti che si trovavano in ambito Pcto, i percorsi di «competenze trasversali per l'orientamento», l'acronimo sotto cui è stato celato il precoce inserimento nel mercato del lavoro per gli studenti. 2.100 sono state le denunce, di cui una ha avuto esito mortale.
"È evidente che sono percorsi di formazione a un mondo del lavoro precario e insicuro, di cui si può morire. Il governo non ha mosso un dito, l'unica cosa che ha fatto è stato il decreto primo maggio del 2023, che ha semplicemente normalizzato e preventivato che ci si poteva infortunare e morire. Anzi, ha esteso i percorsi agli studenti degli istituti tecnici e professionali a partire dai 15 anni. I Pcto vanno aboliti, vanno eliminati l'obbligo ei monte-ore prefissati” : denunciano la Rete degli studenti medi e la CGIL (nella foto).

Un grande compagno di lotte.

E' morto Emilio Molinari (nella foto) , protagonista di tante lotte civili, tra cui la battaglia per l'acqua pubblica in cui si spese senza risparmio in occasione del referendum del 2011.
Abbiamo imparato molto da lui e continueremo sulla sua strada, più soli adesso, molto più soli, ma consapevoli dell'eredità che ci ha lasciato e di cui portiamo la responsabilità insieme a tutti coloro che credono in questa battaglia e vogliono proteggere l'acqua.

Il rapporto della RAI censura.

Dal 1994 REPORT è il programma di giornalismo investigativo in onda su RAI 3 che ogni settimana informa i cittadini su cosa succede in politica e, soprattutto, prova ad accendere una luce sulla mancanza di trasparenza e opacità delle nostre istituzioni. Report però oggi è in pericolo: durante la presentazione dei palinsesti RAI, il conduttore del programma Sigfrido Ranucci ha fatto sapere che sono state tagliate senza motivo 4 puntate della nuova stagione . Firma questo appello per chiedere alla RAI che la messa in onda di Report sia sempre garantita, senza tagli e censura.


L'Italia è uno Stato satellitare.

Ahi serva Italia (nella foto).

Giorgia Meloni spenderà il 5% del Pil nella difesa come richiesto da Trump. l'Italia, non avendo nemici, comprerà tante armi dagli Stati Uniti per utilizzarle nelle guerre decise dalla Casa Bianca (Nato).


La Casa Bianca si prepara alla guerra con la Cina , con l' Iran e magari anche con la Russia , se la situazione andasse fuori controllo. E ha bisogno di alleati ben armati per migliorare la propria deterrenza e scaricare parte dei costi delle proprie guerre su di loro. L'Italia è entrata nei teatri di guerra in Jugoslavia, Afghanistan e in Iraq per alleggerire i costi degli Stati Uniti. I soldati italiani non si trovano in Libano per difendere gli interessi nazionali dell'Italia, ma per aiutare la Casa Bianca a risparmiare soldi e soldati. Analogo discorso vale per la missione italiana nel Mar Rosso contro gli Houthi .

Un caso eclatante che dimostra che l'Italia compra le armi americane per metterle al servizio degli americani è il bombardamento italiano della Libia del 2011. Non è vero che la Nato bombardò la Libia in quel modo perché lo chiese l'Onu. L'Onu non chiese mai il rovesciamento del regime libico. L' Ucraina conferma. Biden ha incancrenito la guerra rendendo impossibile una soluzione diplomatica. E adesso Trump scarica sull'Italia i costi della guerra per procura degli Stati Uniti contro la Russia chiedendole di comprare armi americane da dare all'Ucraina (il piano di riarmo serve anche ad armare Zelensky).

Piccoli Goebbels crescono.

Il “Fatto Quotidiano” riporta gli allucinanti commenti dei giornalisti con l'elmetto che si sono arruolati nella guerra di Trump e Netanyahu “in difesa dei valori occidentali”.

Continua, cliccando sul titolo.
 

Un genocidio di entità superiore a quello ufficiale.

Uno studio del professore israeliano Yaakov Garb , della Ben Gurion University pubblicato sullo Harvard Dataverse, rivela che Israele ha fatto “sparire” almeno 377.000 palestinesi dall'inizio della sua campagna di genocidio contro la Striscia di Gaza nel 2023. Si ritiene che metà di questi siano minori. I 377.000 palestinesi di cui si è persa rappresentano circa il 17% dell'intera popolazione: ora ammontano a circa 1,85 milioni, prima della guerra era stimata in 2,227 milioni.
Il Professore osserva che il bilancio ufficiale delle vittime, pari a 61.000, è chiaramente una sottostima poiché le vittime rimaste intrappolate sotto le macerie non sono incluse.
Anche la rivista medica The Lancet ha pubblicato uno studio a gennaio di quest'anno rivelando che il bilancio delle vittime del genocidio israeliano a Gaza è stato molto probabilmente sottostimato del 41% nei primi nove mesi di guerra. Lo studio ha evidenziato che circa il 59,1% delle vittime erano donne, bambini e anziani.

I politici ei sanitari nelle istituzioni sono degli irresponsabili.

Nel silenzio spesso complice dell'informazione ufficiale, il glifosato — l'erbicida più utilizzato al mondo — continua a insinuarsi nella nostra catena alimentare, nell'acqua che beviamo e nell'aria che respiriamo, eppure i dati più recenti, provenienti da studi sperimentali e ricerche epidemiologiche, confermano i rischi per la salute legati all'esposizione al glifosato.
In particolare, dallo studio dell'Istituto Ramazzini, pubblicato sulla rivista Environmental Health : l'esposizione cronica al glifosato, iniziata in utero e protratta per due anni in ratti di laboratorio, ha provocato un aumento significativo e dose-dipendente di tumori multipli: leucemie precoci, tumori del sistema nervoso, della pelle, del fegato, delle ossa e della tiroide.
Ma i rischi non si fermano qui. Studi recenti suggeriscono che il glifosato possa contribuire anche allo sviluppo di malattie neurologiche complesse, come l'autismo e il morbo di Parkinson , agendo come co-fattore ambientale in soggetti geneticamente predisposti, danneggiando il sistema nervoso fin dalle prime fasi della vita. Inoltre, il glifosato altera profondamente il microbiota intestinale, influenzando l'equilibrio tra cervello e intestino e contribuendo a stati infiammatori cronici e stress ossidativo .
La questione, oggi, non è più se il glifosato sia pericoloso. La vera domanda è: perché le istituzioni politiche e sanitarie locali continuano a tollerarne l'utilizzo in ambiti così sensibili — come parchi pubblici, giardini scolastici e aree verdi urbane — pur conoscendone la tossicità documentata?

Il killer silenzioso che va fermato perché non perdona.

La parola “amianto” ricorre continuamente quando si parla di Pfas: “saranno il nuovo disastro amianto”. Perché Pfas e Amianto colpiscono anche decine di anni dopo (latenza) il loro ingresso nell'organismo umano.
Infatti, di amianto si muore, eccome, a 40 anni dalla chiusura dell'Eternit di Casale Monferrato, dopo 80 anni di attività fino all'ultima difesa dai sindacati e dai politici, e malgrado che addirittura nel 1908 le patologie causate dall'inalazione delle minuscole particelle di amianto erano state classificate da un medico inglese, e malgrado che dal 1924 in Inghilterra l'asbestosi fu riconosciuta una malattia per cui i lavoratori avevano diritto a indennizzi.
Il mesotelioma è tuttora un tumore praticamente incurabile (la consegnata di tutti i nostri libri -vedi su www.rete-ambientalista.it- è interamente devoluta alla Ricerca per la cura del mesotelioma). Una volta che la fibra killer esplode, l'agonia è breve ma straziante, e strazianti le reazioni di angoscia, paura e rabbia difficili da gestire.
Si muore innanzitutto in questa tragica città alessandrina. Infatti, se in Piemonte ogni anno sono 240 i nuovi casi di mesotelioma, 130 sono proprio in provincia di Alessandria. E' un trend in ascesa: il picco era atteso nel 2020, ora è stato posticipato al 2025! Due le fasce d'età colpite: i più giovani, dai 55 ai 65 anni, per esposizione ambientale; i più anziani per esposizione professionale. Più femmine che maschi : dunque mogli e figlie degli operai ma anche cittadine/i qualunque.
Perché l'amianto era dovunque , in tutti gli oggetti quotidiani, nei pavimenti di casa, nelle pareti delle banche, a coprire anche i tetti di scuole e ospedali, nelle tubature degli acquedotti. E' dovunque. Ancora oggi non è stato rimosso. Ben poco nell'Italia delle “grandi opere”, dei governi che fanno dire al ministro dell'Ambiente che in Italia i siti contaminati da amianto sono 119 mila. Com'è possibile, se ne abbiamo quasi 100 mila solo in Piemonte? Neppure Casale Monferrato è diventata “amianto free”: esempio “turistico” la stazione ferroviaria o addirittura il Palafiere… di fronte alla sede Arpa.
Dunque, è verosimile sostenere che oggi in tutta Italia i siti contaminati da amianto sono 1 milione : in vari manufatti e nel fibrocemento, o eternit, sparsi in un milione di luoghi, di cui 50mila siti industriali e 42 aree SIN (Siti di interesse nazionale), ammontano a 40milioni di tonnellate . Sono ancora da bonificare (per difetto): 500 ospedali, 2?500 scuole frequentate da oltre 352mila studenti e 50mila docenti e addetti, 1?500 edifici pubblici e, su un totale di circa 500mila km di tubature installate prima del 1992, circa 300mila km di condutture della rete idrica. Con questo ritmo di bonifiche: serviranno altri 75 anni per liberare l'Italia dalla minaccia che incombe sulla popolazione.

La tragica verità è che in Italia ancora durante il decennio 2015-25 il mesotelioma e altre malattie correlate all'esposizione all'asbesto e all'amianto, hanno provocato circa 60mila morti , e nel 2023 sono avvenuti circa 7mila decessi, e sono stati diagnosticati 10mila casi di malati affetti dalle patologie causate dall'amianto, il 56% dei quali sono concentrati in Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio.
Anzi, il Dairi, il “Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione” alessandrino, l'eccellenza nazionale che continua a fare ricerca mentre ciascuna diagnosi è una condanna di morte, avverte: “ Il mesotelioma non scomparirà: l'amianto è ovunque, ci saranno epidemie altrove attese soprattutto nei Paesi in via sviluppo”: l'amianto prospera in molti paesi dell'Africa e dell'America Latina. E Schmidheiny, il miliardario ex padrone dell'Eternit, tra condanne e prescrizioni dei processi, non ha mai investito nella ricerca per il mesotelioma. Mentre, in tutto il mondo attualmente sono esposti all'amianto 125 milioni di lavoratori, e ogni anno le malattie letali provocate dall'amianto mietono 107mila vite umane, e le patologie correlate all'esposizione all'amianto e all'amianto causano 200mila decessi.
E si sta osservando che non è più solo il mesotelioma il tumore dell'amianto ma certamente sono dovuti all'esposizione anche il cancro alla laringe e all'ovaio . L'ultimo rapporto IARC fa appunto riferimento all'amianto come causa del tumore alla laringe . E presto, perché lo stanno studiando, lo diranno di quello allo stomaco. Quindi in quel caso parliamo di inalazione o ingestione?

In Italia l'Afeva, l'Associazione familiari e Vittime amianto, ha inoltrato la domanda al Fondo amianto per avere una prima tranche di risorse accantonate dalle transizioni offerte da Stephan Schmidheiny a diversi cittadini che prevedevano un risarcimento di 30 mila euro ad ognuno, ma contemporaneamente una quota di 20 mila euro per la ricerca. Ora quel fondo è più di due milioni di euro. Una prima tranche in acconto servirebbe a dare da subito gambe al progetto approvato dal Comitato Strategico regionale piemontese per il prosieguo nella seconda fase di ricerca con l'obiettivo di uniformare il sistema di cura nei vari ospedali di riferimento, ottimizzando sia le strutture sanitarie che i trattamenti da effettuare sui pazienti.


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