
Sì,
secondo Federico Riboldi assessore regionale alla Sanità, che in soccorso è
stato chiamato da Solvay il 12 settembre a convincere in un incontro pubblico
gli alessandrini, spalleggiato dai vertici di Asl, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di
Alessandria, dell’Università Piemonte
Orientale e Arpa
Piemonte. Ci riuscirà senz’altro con i politici di
Comune e Provincia, da sempre complici. Certamente non con la popolazione, che
per bocca dei comitati ha già anticipato la risposta: “Noi
lo sappiamo, come in realtà lo sanno bene anche le istituzioni: da quello
stabilimento, con un impianto datato e ridotto a un colabrodo, non potrà mai
davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in
falda o nella Bormida. Continuiamo a sostenere con convinzione
che l’unica strada sia
quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta
Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da
100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che
vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin
troppe perdite in termini di salute e vite umane”.
Quale
credibilità può attribuirsi a Riboldi? Il merito di essere tra i primissimi ad
aderire a Fratelli d’Italia, ma assolutamente ignorante in scienza e competenza
sanitaria (come il suo predecessore, peraltro) e coinvolto ex vicepresidente
della Provincia di Alessandria che ha abbondato in autorizzazioni ad inquinare.
L’uomo giusto per Solvay.
Occhio
ai mitili: formidabili depuratori naturali che, stabili sul fondo, si comportano
come spugne che assorbono ogni tipo di inquinante: batteri, quali
escherichia-coli, ma addirittura Pfas, sostanze chimiche indistruttibili una
volta penetrate nell’organismo.
Occhio
soprattutto alle vongole del Pacifico, cotte, sgusciate e surgelate, vendute in
buste sigillate a marchio “Marinai”, confezionate dall’azienda Viet Long Kien
Giang Limited Company per la ditta Nai Prodotti Ittici Srl, nel proprio
stabilimento di produzione che si trova in Vietnam. Le ha ritirate dal commercio
il Ministero della salute, chi le ha nel frigo le butti.
Ma
occhio anche a quelle nostrane. I Pfas sono stati trovati anche nelle vongole
allevate nella costa adriatica, portati a mare dal Po, a sua volta dal Tanaro, a
sua volta dal Bormida. Già nel 2018, una
ricerca realizzata dall’università di Milano aveva rilevato che in questi
molluschi la contaminazione tossica e cancerogena di Pfoa era pari
a 31 nanogrammi per ogni grammo di vongole. Un dato enorme rispetto alle
quantità presente in altre vongole provenienti dal resto dell’Europa, ma
anche rispetto ai dati del 2013, quando il Cnr aveva rilevato nelle vongole
allevate sul Delta del Po una contaminazione di circa 3,6 nanogrammi per
grammo. Dalla Solvay di
Spinetta Marengo, infatti, hanno sempre più continuato a scaricare PFOA ADV C6O4
in Bormida. (Vedi
foto)
Si
infittiscono gli studi scientifici internazionali che dimostrano non esserci un
limite alla penetrazione dei PFAS sia nell’ambiente che nel corpo umano.
Dall’ingestione di frutta e verdura: dei ricercatori
delle
Università di Newcastle
e Sidney (sul
Journal
of the Science of Food and Agriculture). Per contatto nella cute
tramite cosmetici: dei ricercatori dell’
Università di
Birmingham (su
Environment
International). Dall’aria di depuratori e discariche: dei
ricercatori dell’
Università della Florida di
Gainesville (su
Environmental
Science & Technology Letters) eccetera.
A
loro volta, i ricercatori dell’
Università
di Stoccolma, nell’ambito di una missione durata due mesi, tramite uno
studio condotto sul campo, nell’Oceano Atlantico, hanno dimostrato
(su
Science
Advances) che i Pfas arrivati in mare si concentrano e sono
vaporizzati dalle onde, e da lì tornano sulla terraferma e in atmosfera più
aggressivi che mai: la concentrazione di PFAS nell’aerosol delle onde è
risultata sempre superiore rispetto a quella dell’acqua di origine, in alcuni
casi di 100mila volte! Soprattutto nelle acque costiere e in quelle che si
trovano in prossimità dello sbocco dei fiumi. Esempio in
Italia:
in Adriatico la foce
del Po che riceve gli scarichi in Bormida della Solvay di Spinetta
Marengo. Una sorta di vendetta della Natura
violata.
In
Italia non si fa tesoro del monito che proviene dagli USA. Cioè dell’inchiesta
condotta dal New York
Times che ha fatto luce sulla situazione negli Stati Uniti, dove
i Pfas sono stati rinvenuti nei
fertilizzanti usati in diverse fattorie. Secondo il rapporto,
i fanghi di
depurazione, utilizzati come fertilizzanti per arricchire i terreni
agricoli, contengono elevate quantità di Pfas. Questi fanghi, derivati dai
trattamenti delle acque reflue, finiscono per entrare
nella catena
alimentare.
In
Italia, gli
agricoltori, quando ignari della presenza
di queste
sostanze
tossiche e cancerogene nei fertilizzanti, stanno
utilizzato questi prodotti per anni, contribuendo alla diffusione dei Pfas nei
loro raccolti. Le conseguenze sono devastanti, poiché questi composti, una volta
entrati nel suolo, si accumulano nelle piante e, successivamente, negli animali
che si nutrono di esse. Questo
ciclo continuo di
contaminazione rappresenta una minaccia seria per la salute umana, considerando
che i Pfas sono associati a varie
patologie,
tra cui problemi endocrini, malattie renali, alcuni tipi di cancro ecc.
In pressoché tutte le Regioni italiane sono evidenti
gli effetti della scarsa regolamentazione e dei controlli
insufficienti o assenti sui fanghi di depurazione: Pfas nell’acqua
potabile e in numerosi
alimenti, tra cui pesci, carne e prodotti derivati, non solo nelle
zone vicine a impianti industriali che producono (Solvay di Spinetta Marengo) o
utilizzano tali sostanze.
Non
dimentichiamo che le discariche emettono gas nei quali si annidano numerosi PFAS
in concentrazioni talvolta elevate che si disperdono nell’aria. Lo
dimostra uno studio pubblicato su
Environmental
Science & Technology Letters dai ricercatori dell’
Università della Florida di
Gainesville. Similmente
accade con i percolati non filtrati
e neutralizzati: anch’essi possono rilasciare nel suolo PFAS che,
inesorabilmente, arrivano alle falde.
Dopo
le segnalazioni di contaminazione nei campi vicino al lago di Costanza a San
Gallo, l’attenzione si sposta verso il Ticino, dove le autorità locali sono da
tempo all’erta riguardo la presenza di Pfas nelle acque e negli alimenti. Già
nell’ottobre dello scorso anno, studi sulla distribuzione dell’acqua potabile
hanno rivelato la loro presenza nella falda che alimenta il Pozzo Pra Tiro a
Chiasso. Questo dato ha spinto all’installazione di filtri avanzati per
garantire acqua sicura ai cittadini, una misura che rimane sotto stretta
osservazione.
Anche
altri Comuni, come Capriasca e Sant’Antonino, hanno registrato livelli
preoccupanti di PFAS, spesso correlati all’uso di materiali specifici in grandi
opere infrastrutturali come la galleria di base del Monte Ceneri.
Sul
fronte alimentare, il Laboratorio cantonale ticinese ha intensificato le analisi
su vari prodotti, come la carne, estendendo le campionature fino alla fine
dell’anno. Inoltre, è in corso una campagna di monitoraggio su diverse derrate
alimentari, come i pesci, che possono accumulare PFAS a causa del loro
metabolismo.
Presidio
permanente. Una rete di associazioni, comitati e cittadini contrari alla
realizzazione dell’opera che dalla Stazione Marittima porterebbe sulle colline
del capoluogo ligure. Clicca
qui.
Un
quarto di secolo dopo, l’inceneritore di Acerra continua a uccidere e ammalare.
L’alternativa resta la raccolta differenziata, invece si punta addirittura alla
costruzione di una quarta linea.
Clicca
qui le lotte contro Berlusconi e Prodi, la dura
repressione poliziesca, con arresti, denunce e manganellate e lacrimogeni.
I
Movimenti e la popolazione, non solo quella di Acerra, si sono ricompattati e
oggi saranno di nuovo fuori ai cancelli dell’inceneritore per ribadire che
l’attenzione è sempre costante, ma soprattutto, c’è un altro modo per gestire i
rifiuti, non basato sui profitti per pochi e la morte di molti.
Se
clicchi
qui ti appare
TERA e AQUA di
settembre 2024.
“Tra
cataste di cadaveri senza nome e un numero spaventoso di feriti senza speranza
di ricevere cure adeguate per mancanza di mezzi. E i più piccoli in cerca di un
perché che non c’è. Amputati in sale operatorie buie, senza elettricità, con
antidolorifici e antibiotici centellinati. E non esiste un dopo.”
Una
straordinaria testimonianza di Federica Jezzi, chirurgo pediatrico di Medici
Senza Frontiere a Gaza.
Clicca
qui.

1) Nazionalizzare e mantenere pubblici tutti i servizi
necessari e strategici. (A tacere Sanità e Scuole, esempio: ENI,
Poste, Demanio statale). Meloni ha già privatizzato, svenduto 3 miliardi
di quote Eni: i nuovi azionisti si spartiranno i dividendi dell’azienda che
potevano restare nelle casse dello Stato. Accadrà la medesima cosa con Poste.
D’altronde, negli ultimi dieci anni i miliardari nel mondo hanno raddoppiato i
propri patrimoni.
2) Tassare i ricchi. Tassare i grandi
patrimoni. Nella Borsa italiana i primi dieci nella classifica dei
più ricchi possiedono un patrimonio azionario di 110 miliardi di euro che viene
tassato solo quando genera plusvalenze (lo 0,3 % delle entrate erariali). Lo
0,1% più ricco che ha patrimoni netti superiori ai 5,4 milioni di euro paga
tasse di successione che insultano la progressività e la giustizia sociale degli
italiani (ospedali, tribunali, scuole, carceri, case popolari ecc.). In Italia
il 70% dell’evasione fiscale negli anni, circa 800 miliardi, riguarda l’1,3% dei
contribuenti più ricchi che hanno debiti fiscali che ammontano a oltre 500
milioni di euro.
La proprietà è furto? sarebbe un programma comunista? In
quale partito è abbozzato un tale programma? Al massimo, si sente una voce
(Riccardo Ricciardi M5S) che parla nel deserto. Insomma, Karl o Groucho?