SPECIALE PFAS. PARTE PRIMA. 2025, l’emergenza ambientale e sanitaria in Italia.

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RETE Ambientalista

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Aug 31, 2025, 3:30:05 PMAug 31
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Prossimamente: SPECIALE PFAS. PARTE SECONDA. Il 2026 è alle porte: snodo cruciale per i Pfas e per  Solvay in Italia.


Io, contaminata dai Pfas, ho avuto quattro aborti e due tumori. E ora per mia figlia niente test.

“Io ho abitato 39 anni nella ‘zona rossa’ Pfas della Miteni, mia figlia di 12 anni è nata in una ‘zona gialla’ ma io l’ho allattata per un anno, se sono contaminata io, lo è anche lei. Invece, secondo l’Asl non ha diritto al monitoraggio”.
 
Questa è la testimonianza di Emanuela Franceschetti, che si batte per tutelare la prevenzione della salute della figlia.
 
Al piano di sorveglianza sanitaria regionale per conoscere la concentrazione di Pfas nel sangue: è esclusa sua figlia, che è nata in zona gialla (considerata di minor concentrazione) ma che lei ha allattato. E l’allattamento è, secondo tutti gli studi, il primo veicolo di trasmissione dei Pfas!
 
Stiamo parlando di qualcosa in più che di “sospetti”: l’Oms Organizzazione Mondiale Sanità ha inserito i Pfas tra le sostanze cancerogene e gli studi degli endocrinologi (es. Carlo Foresta) indicano infertilità e poliabortività come effetti direttamente collegati alla contaminazione da Pfas.

Impossibile oscurare la letteratura scientifica biomedica internazionale.

L’inarrestabile crescita dell’archivio della letteratura scientifica biomedica sui Pfas è proporzionale alla crescita di attenzione e di preoccupazione dovuta al combinato-disposto della loro pericolosità ambientale e sanitaria, la loro diffusione globale, nonché la persistenza che caratterizza l’esposizione umana. 
Si tratta di un numero enorme di composti resistenti alla degradazione chimica, biologica e ambientale dovuta alla forza del legame carbonio-fluoro: rimangono nelle matrici ambientali per tempi lunghi (da decenni a secoli), si bioaccumulano nel sangue e nei tessuti di esseri umani e animali, l’esposizione umana riguarda praticamente tutta la popolazione mondiale, inclusi feti e neonati, con tanti effetti sulla salute, anche a basse dosi. Il quadro complesso e preoccupante è completato dalla numerosità e varietà di effetti avversi sulla salute, che crescono col progredire degli studi.
 
Per essi (vedi lo schema cliccando sul titolo), ci avvaliamo della seguente esaustiva relazione del dottor Fabrizio Bianchi, componente del Comitato Scientifico di ISDE Italia.

“Le conoscenze includono, con diverso grado di persuasività, una lunga serie di danni al sistema immunitario, disfunzioni endocrine (tiroide, ormoni sessuali, sviluppo puberale), malattie metaboliche (dislipidemie, obesità, diabete), tumori a reni, testicoli e altri organi. Si ricorda che PFOA è stato classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, la IARC, in classe 1 – cancerogeno per l’essere umano, e PFOS in classe 2B – possibile cancerogeno.
 
Di primario interesse anche le perturbazioni del sistema riproduttivo (alterazioni del ciclo mestruale, basso peso alla nascita, infertilità) e gli effetti neuropsicologici come i disturbi cognitivi, il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), l’autismo e l’ansia nei bambini.
La preoccupazione per la salute prenatale e infantile è alta anche in considerazione della vulnerabilità di feti e neonati a causa della immaturità delle barriere placentare e cerebrale.
 
Fortunatamente gli studi sugli effetti sulla salute delle esposizioni a PFAS in utero e durante i primi anni della vita sono in forte crescita. Tra questi ne voglio richiamare brevemente tre molto recenti su aspetti diversi della salute in età precoce e evolutiva.
 
Uno studio sull’esposoma infantile relativo all’esposizione a sostanze chimiche ha identificato alcune relazioni tra dose e effetti sulla salute nei bambini. Sono state individuate 78 relazioni tra sostanze chimiche ed effetto sulla salute classificate con livello di evidenza “probabile” o “molto probabile”. Tra le relazioni dose-risposta emerse tra 20 sostanze e 17 esiti di salute, tre riguardano l’associazione tra PFAS e il sistema immunitario, il peso alla nascita, gli aborti e deficit comportamentali.
 
Un recente studio di coorte basato sul registro nazionale svedese delle nascite ha messo in evidenza l’associazione tra esposizione fetale alla somma di PFOS, PFOA, PFNA e PFHxS nell’acqua potabile e le malformazioni del sistema nervoso, le anomalie cromosomiche e del sistema urinario. Sebbene sia opportuno rafforzare i risultati e studiare in profondità i meccanismi tossicologici sottostanti, i risultati accrescono la preoccupazione per la salute prenatale e infantile.
 
Mi soffermo maggiormente su un’ampia rassegna sistematica che si è dedicata all’esposizione prenatale e postnatale a PFAS e il potenziale impatto sullo sviluppo cognitivo, comportamentale, linguistico, motorio e sociale del bambino.
 
La revisione ha incluso 61 studi condotti in Nord America, Europa e Asia tra il 2008 e il 2024. La maggior parte delle ricerche ha valutato l’esposizione prenatale tramite sangue materno o cordonale, mentre l’esposizione postnatale è stata stimata attraverso sangue infantile o latte materno. Gli strumenti di valutazione neuropsicologica comprendevano i test standardizzati classici utilizzati in età infantile.
 
Sullo sviluppo precoce (0-3 anni) sono emersi segnali congruenti da parte di numerosi e diversi studi: 17 studi hanno esaminato l’associazione tra esposizione prenatale e tappe evolutive nei primi anni. Il più ampio, condotto a Shanghai ha rilevato associazioni negative tra alti livelli prenatali di PFOS, PFNA, PFDeA, PFUnDA e punteggi cognitivi, linguistici e motori a 2 anni e anche le analisi di miscele hanno confermato un impatto negativo cumulativo per 9 PFAS. Uno studio canadese ha riscontrato effetti avversi di PFHpA e PFDoA sui punteggi cognitivi e socio-emotivi a 6 mesi. Uno studio tramite ASQ (questionario per lo screening dello sviluppo utilizzato per monitorare la crescita dei bambini da 2 a 60 mesi) utilizzato su tre coorti cinesi, ha evidenziato che PFOS, PFHxS e il sostituto 6:2Cl-PFESA erano associati a peggiori abilità comunicative e motorie fino ai 24 mesi di vita.
 
Studi sulle funzioni cognitive in età scolare (6–12 anni) hanno collezionato risultati meno univoci. Sulla possibile relazione con deficit del linguaggio e di memoria si registrano pochi studi. Anche sulle abilità motorie vengono analizzati solo 3 studi, due non hanno identificato associazioni con PFOA e PFOS mentre uno studio europeo ha identificato una relazione tra concentrazioni di PFAS in miscela e peggiore coordinazione motoria fine.
Molto articolato e complesso appare il quadro sul comportamento e le funzioni esecutive. Uno strumento di valutazione delle funzioni esecutive, il BRIEF, è stato usato in sette studi. Alcuni di questi hanno associato PFOS e PFHxS a maggiori problemi di regolazione comportamentale e meta-cognizione, mentre altri non hanno riscontrato associazioni. Studi basati sulla scala per la valutazione del comportamento adattivo, con altri strumenti e questionari per genitori e insegnanti su difficoltà comportamentali ed emotive, hanno mostrato risultati non congruenti. Un solo studio ha associato PFOA a sintomi di iperattività. Sull’ADHD, disturbo neuropsichiatrico che colpisce l’attenzione, l’impulsività, l’iperattività motoria, 11 studi hanno osservato risultati in diverse direzioni, che seppure interessanti necessitano molti approfondimenti. I risultati sull’autismo e le disabilità dello sviluppo sono considerati dagli autori limitati e incoerenti.
 
Interessante notare che alcune analisi delle miscele e dei fattori mitiganti hanno indicato che le combinazioni di PFAS risultano più predittive di effetti negativi rispetto ai singoli composti, e suggerito l’allattamento al seno, la dieta materna (pesce, noci) e l’educazione e stimolazione cognitiva domestica come potenziali fattori protettivi.
 
In generale, gli studi sugli effetti a lungo termine nel periodo adolescenziale risultano ancora scarsi e i sostituti dei PFAS sono poco studiati, nonostante la loro potenziale neurotossicità.
 
Infine, non si può che condividere la necessità di realizzare studi basati su campioni ben dimensionati ai fini della potenza statistica e che considerino adeguatamente i possibili fattori confondenti, in primo luogo lo status socioeconomico e la presenza di sottogruppi vulnerabili.
 
In sintesi, l’evidenza finora acquisita, sebbene ancora limitata, suggerisce che l’esposizione precoce a PFAS è associata a numerosi effetti avversi e gli esiti identificati sono già sufficienti a indirizzare le politiche ambientali verso la protezione dalle PFAS in generale e anche mirata alla fase precoce della vita.
Se da una parte c’è bisogno di ulteriori studi, soprattutto con disegno longitudinale e focalizzati su nuove generazioni di PFAS e su popolazioni vulnerabili, dall’altra non ci possiamo affidare unicamente agli studi ma occorre molto altro.”
 
Occorre ben altro. Difatti, il dottor Bianchi, sembra rispondere al quesito etico: nel 2026 è concepibile, nel pieno centro abitato di Alessandria, la fabbrica Solvay ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale? E così anche ISDE concorda con noi: “c’è da chiedersi se e quanto la sede penale sia idonea a dare Giustizia e non siano necessarie anche azioni inibitorie e risarcitorie in sede civile, e una continua mobilitazione civile per bloccare ulteriori vittime e realizzare le bonifiche."

Quanti Pfas sono nei soft drink dentro il tuo frigo.

I Pfas, sostanze perfluoroalchiliche dette inquinanti per sempre, connesse a diverse gravi patologie, sono ormai onnipresenti nell’ambiente e nei prodotti agroalimentari di consumo quotidiano. Diversi studi e test di laboratorio le hanno rilevate anche in alcune bevande. Già nel 2023, una class action negli Stati Uniti era stata avviata dopo che nei succhi Simply Tropical Fruit Juice della Coca-Cola, in indagini indipendenti, erano stati trovati Pfas nonostante il succo fosse pubblicizzato come “naturale”.
 
Il test di agosto del Salvagente ha rilevato Pfas in soft drink acquistati nei supermercati italiani delle marche Sprite, Coca-Cola, Pepsi, Schweppes, Oransoda, San Benedetto allegra, Sanpellegrino, Fanta, Lurisia, Fuze tea, Estathè, Sant’Anna Tè, san benedetto thè e San Bernardo tè.
 
Vuoi leggere tutti i nomi e i risultati del test del Salvagente? Clicca qui in basso e acquista la tua copia del giornale
 

Cotture antiaderenti senza rischiare la salute.

A più di vent’anni da quando in giro per l’Italia rischiavo querela dai produttori – diffidando l’uso delle “straordinarie” pentole antiaderenti grazie al Teflon (ptfe, pfoa, pfas, catene di atomi di carbonio fortemente legate a atomi di fluoro) – la maggior parte delle padelle oggi in commercio riporta l’indicazione “PFAS-FREE”. Ma recentemente sta avanzando una pubblicità di un rivestimento antiaderente tramite una tecnica che consiste nell’aggiungere minuscoli gruppi -CF3 (un atomo di carbonio legato a tre atomi di fluoro) alle estremità delle catene molecolari del polidimetilsilossano (PDMS), un polimero siliconico.
 
Il gruppo -CF3 è il più corto tra i PFAS esistenti, sarebbe con una quantità di fluoro drasticamente inferiore, e non si accumulerebbe nei tessuti umani come le sue controparti a catena lunga. Il composto tenderebbe a degradarsi in acido trifluoroacetico, una sostanza che l’organismo eliminerebbe facilmente e che presenterebbe una tossicità molto più bassa sia per gli esseri umani che per la fauna acquatica.
 
Stante tutti questi verbi al condizionale, stante appunto che gli esperti avvertono che anche i PFAS a catena corta come il -CF3 non possono essere dichiarati innocui, sarebbe appunto perfino azzardato considerare il -CF3 una “soluzione transitoria” al bando totale dei Pfas. I quali, corti e lunghi, scientificamente sono associati alla contaminazione ambientale e sanitaria: tumori, effetti negativi su fegato, sistema endocrino e riproduttivo, difetti congeniti già sui feti ecc.
 
Dunque, è più salutare affidarsi a sistemi tradizionali ed efficaci: padelle in ceramica, acciaio inox, alluminio anodizzato, oppure materiali da forno come il Pyrex, si può utilizzare un velo d’olio distribuito con carta da cucina, oppure cuocere in umido, usando brodo, acqua o anche succo di limone. Funzionano bene anche gli ingredienti naturalmente ricchi d’acqua, come le verdure, che aiutano a creare un ambiente più umido e favorevole alla cottura.

Le concerie inquinano Pfas peggio della Miteni.

Dal 2016 ci si interroga se l’inquinamento delle acque del fiume Fratta sia o meno causato dall’attività industriale della Sirp spa, l’azienda conciaria che ha lo stabilimento a Cologna Veneta. Ora arriva finalmente la risposta dell’Università di Padova tramite la sentenza del Consiglio di Stato: «Seppure la Sirp utilizzi nel proprio ciclo produttivo acque già contaminate (a monte) dalla falda inquinata dalla Miteni, lo scarico (a valle) delle acque emunte dal pozzo contiene Pfas che contribuiscono all’inquinamento della falda acquifera». Cioè Sirp durante il trattamento biologico aumenta addirittura l’accumulo di Pfas.
 
Le concerie fanno un uso considerevole di Pfas nelle loro lavorazioni. Miteni nel 2018 si difendeva accusando: “I conciatori di pelle inquinano le acque centinaia di volte più di noi”. Sono oltre 500 le industrie dell’Alto vicentino, secondo il censimento fatto dalle stesse organizzazioni di categoria, che nel ciclo lavorativo utilizzano Pfas come leganti o additivi per la concia di scarpe, vestiti, guanti e altri accessori. Forti concentrazioni di concerie sono anche in Toscana.
La soluzione è la messa al bando dei Pfas, chiudendone a monte l’unico sito produttivo in Italia: Solvay di Spinetta Marengo. 

Spandimento di Pfas nei fanghi agricoli.

In Francia, nelle Ardenne e nella Mosa, 17 comuni sono appena stati inseriti nella lista nera per inquinamento da PFAS. L’acqua del rubinetto supera fino a 27 volte lo standard normativo. A Villy, il contatore ha raggiunto il record di 2 nanogrammi per litro. Un triste record nazionale. Non si tratta di un complesso chimico, né di una zona aeroportuale. Ma di un’area rurale dove l’acqua potabile rifornisce tre Comuni.  Cosa hanno in comune queste comunità, a volte distanti venti chilometri l’una dall’altra? Hanno lo spandimento di fanghi industriali, in particolare provenienti dall’ex cartiera di Stenay. Questo sito, da tempo di proprietà del gruppo Ahlstrom-Munksjö, beneficia dal 2017 di autorizzazioni prefettizie per “recuperare” i propri rifiuti attraverso lo spandimento agricolo. Almeno 2000 tonnellate di fanghi sono state quindi scaricate nei pascoli intorno a Villy.
 
Di fronte all’emergenza, la prefettura della Mosa ha già vietato il consumo di acqua del rubinetto in quattro comuni. Un decreto simile è previsto nelle Ardenne nei prossimi giorni. Gli amministratori cercano disperatamente di ottenere acqua potabile, a qualsiasi costo: “Pagheremo 60 euro all’anno per farci portare l’acqua dalle cisterne, non resisteremo a lungo”. E intanto, i residenti continuano ad assorbire, giorno dopo giorno, sostanze impossibili da eliminare: secondo gli scienziati, anche se l’acqua venisse sostituita domani, i PFAS rimarrebbero nell’organismo per anni: “Si tratta delle sostanze più tossiche mai create dall’uomo”. Una tossicità lenta, insidiosa e irreversibile, cancerogena.

I Pfas nei cantieri edilizi.

Il regolamento UE ( Regolamento (UE) 2019/1021 sui POP (Persistent Organic Pollutants) vieta l’uso produttivo del PFOA, e non esistono deroghe generali per il suo impiego in edilizia. Senza un’autorizzazione specifica e motivata, tale pratica risulterebbe in contrasto con la normativa europea, con possibili conseguenze legali e ambientali rilevanti. L’utilizzo di acqua contaminata da PFOA per operazioni di miscelazione o altre fasi del lavoro nei cantieri non può essere considerato neutro dal punto di vista normativo.
 
Non risulta che i PFAS — PFOA o altri — siano impiegati abitualmente come acceleranti di presa nei cementi o nei calcestruzzi, ma studi segnalano la presenza di PFAS in massicci cementizi o in asfalti come possibile fonte di contaminazione ambientale.
 
Si tratta dunque di un nodo che richiede chiarezza immediata: non solo per garantire il rispetto delle leggi, ma anche per tutelare la salute pubblica e la qualità delle risorse idriche, già compromesse in molte aree dalla contaminazione da PFAS.

Pfas nella falda di Vicenza.

L’acqua della prima falda di Vicenza è inquinata. Un ampio ventaglio di agenti, tra cui sei elementi Pfas (Pfoa e GenX tra gli altri), viaggia da chissà quanto tempo sottoterra. E’ uscito dal monitoraggio ante operam effettuato nell’area della stazione ferroviaria nell’ambito del progetto «Attraversamento Vicenza» dell’alta velocità ferroviaria. Questo e gli altri cantieri Tav devono rientrare in un percorso di bonifica.


Pfas nell’acqua potabile a Bassano del Grappa.

A pochi giorni dalla storica sentenza sull’ex Miteni e della presenza dei Pfas in una vasta area del Veneto si torna a parlare di questi composti anche a Bassano del Grappa.
 
Nell’aprile di quest’anno, le associazioni locali avevano fatto analizzare a proprie spese 19 campioni di acqua potabile provenienti da Bassano, Cassola e Rosà.  191 nanogrammi di San Lazzaro, 211 della fontanella di Parco Baden Powell in Santa Croce e 158 di quartiere Firenze. In seguito, i privati hanno fatto eseguire altri campionamenti e hanno informato enti e associazioni della presenza di Pfas nelle acque potabili, ribadendo che la popolazione non era informata di questa situazione. Della faccenda sono stati informati, dall’ “Osservatorio Pfas Bassano”, anche Etra e Amministrazione Comunale e sono scattate le controanalisi.
 
Il risultato evidenzia la presenza di Pfas nei pozzi uno e due di Santa Croce e nella fontanella del parco Baden Powell. I valori si attestano attorno ai 50 nanogrammi. Le associazioni hanno chiesto un’indagine sulle fonti di contaminazione, cioè delle aziende che usano i Pfas della Solvay, ovvero delle discariche come già avvenuto per la fuga di gas in frazione di San Michele.

Pfas nelle acque di scolo delle gallerie della Pedemontana Veneta.

Con un esposto, il Comitato Veneto Pedemontana Alternativa (Covepa) aveva chiesto al ministero dell’Ambiente di indagare sugli scarichi d’acqua di drenaggio delle gallerie di Malo e Sant’Urbano della superstrada che attraversa le province Vicenza e Treviso. Il responso della relazione tecnico-scientifica di Ispra e Arpav è allarmante: c’è il rischio di “imminente danno ambientale” perché le acque di falda sono contaminate da Pfba, l’acido perfluoro-butanoico un composto chimico che fa parte della famiglia dei Pfas.
 
Le fonti di inquinamento tuttora attive riguardano sia le acque superficiali dei torrenti Poscola e Giara-Orolo che quelle profonde da cui attingono i nuovi acquedotti delle province di Padova e Vicenza.
 
Nello scavo delle gallerie era stato utilizzato un accelerante di presa, contenuto nel calcestruzzo con Pfba. Era servito per realizzare la “centina” di sostegno della volta. Una volta demolita era stata interrata. Di qui la diffusione nel terreno e dal terreno alle acque.
 
C’è da aggiungere che, da un nuovo e complesso studio di impatto ambientale del ministero, i Pfba sono stati rilevati anche in altri ambiti infrastrutturali del territorio veneto, in particolare in opere gestite da Anas e realizzate dal Gruppo Sis.  Inviata una segnalazione alla Procura della Repubblica di Vicenza, che sta indagando.
 
La Regione Veneto finora non ha inteso imporre una bonifica rivalendosi sui colpevoli di tale scempio.

I Comitati toscani denunciano l’inerzia sui Pfas delle istituzioni.

I comitati “Acqua Bene Comune Valdarno (Forum ToscanSPECIALE PFAS. PARTE PRIMA. 2025,
l’emergenza ambientale e sanitaria in Italiao Movimenti per l’Acqua)”, “Le Vittime Podere Rota” e l’associazione “I’Bercio” hanno deciso di autofinanziarsi e commissionare ulteriori analisi indipendenti sui Pfas, effettuate da un laboratorio specializzato. Dalle verifiche, denunciano i valori elevati dei Pfas nei torrenti Ciuffenna, San Cipriano, Riofi, Caposelvi, in Arno nei pressi del depuratore di San Giovanni Valdarno e in alcuni pozzi privati vicini alla discarica, in particolare nel borro di Riofi, a ridosso della discarica di Podere Rota,  dove la somma dei Pfas ha superato i 7300 nanogrammi/litro e, soprattutto, è stata registrata una concentrazione di PFOA pari a 2716 ng/l, oltre 27 volte il limite fissato dalla normativa italiana (100 ng/l).
 
Le associazioni criticano l’inerzia delle istituzioni locali: Regione, Arpat e l’Autorità di Bacino.

Le analisi a proprie spese della Rete Zero Pfas Toscana.

In considerazione del fatto che la politica nazionale e le istituzioni regionali sembrano indugiare sull’effettiva presenza di PFAS nelle nostre acque e nei nostri cibi, un gruppo considerevole di Associazioni e di comitati della Toscana coordinati dalla Rete Zero Pfas Toscana hanno deciso di far eseguire una serie di analisi, a proprie spese, da un laboratorio accreditato utilizzato anche da Greenpeace nelle sue ultime analisi condotte in Toscana. Al seguente link una mappa interattiva con i risultati delle analisi nei punti di prelievo nelle province di Arezzo, Grosseto, Prato, Pistoia, Firenze, Siena, Massa Carrara, Livorno.
 
Sono state campionate: acque potabili, acqua superficiale generica, area mineraria, depuratori, acqua in mare, pozzo, zona industriale che nella mappa riportano simboli differenti.
 
I punti di prelievo nella regione sono 47, e le molecole di PFAS analizzate sono ben 58. La maggior parte delle analisi attiene solo ai PFAS, in altre sono aggiunti anche 23 metalli pesanti e alcune sono limitate a questi ultimi.
Queste sostanze sono presenti nella quasi totalità dei campioni. Per le acque superficiali sono stati analizzati due campioni delle acque del Tevere, uno in Arno e altri due in corsi superficiali minori: a sorpresa i valori più elevati sono stati trovati nel Tevere a Sansepolcro, a ridosso del confine con l’Umbria.
 
Prelevate anche acque superficiali vicino ai depuratori e a qualche area industriale importante e, pure in questo caso i PFAS sono presenti dappertutto, in quantità considerevoli (uso schiume antincendio?) nel Fosso Tommarello nella zona di ENI a Calenzano dove la somma di PFAS ammonta a ng/l 2775,8 e a ng/l  612,5 in un altro. Destano anche timori sia i valori trovati a Livorno allo scolmatore zona Stagno, dove la somma PFAS è di ng/l 794, sia la presenza nel torrente Nievole di PFOA, il cui utilizzo nei processi industriali è ormai vietato, dal By pass del depuratore.
 
È motivo di preoccupazione il fatto che a Prato e a Carrara è stata trovata una quantità di PFAS maggiore o simile sia nelle acque potabili che nelle acque superficiali, vicino agli scarichi dei depuratori: la domanda è da dove, in questi due comuni, vengono prelevate le acque per la potabilizzazione.
Alcune analisi sono state fatte anche in acque superficiali vicino a discariche e stoccaggio di rifiuti ed è proprio in alcune di queste acque che si trovano i dati più preoccupanti: sia in quelle alla discarica del Cassero (nel Pistoiese) oltre 2100 ng/l di PFAS e a Podere Rota nel comune di Terranova Bracciolini (AR), riscontrati addirittura oltre 7.300 ng/l.

Il Gruppo Operativo PFAS: educare alla salute, costruire cittadinanza.

Il Gruppo operativo PFAS nasce nel 2018 su iniziativa del Movimento No PFAS Veneto, con l’intento di dare voce, soprattutto nelle scuole, a una delle più gravi emergenze ambientali e sanitarie della nostra regione: la contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS).
 
Fin dall’inizio l’obiettivo è stato chiaro: portare informazioni corrette ai giovani, principali vittime degli effetti di queste sostanze tossiche e, al tempo stesso, bersaglio di una comunicazione istituzionale spesso rassicurante o incompleta. Da qui la scelta di affiancare alla denuncia l’impegno educativo, costruendo un percorso capace di stimolare conoscenza, senso critico e responsabilità civile.
 
Il gruppo è formato da medici ISDE (Medici per l’Ambiente), geologi, docenti universitari, ex tecnici ARPAV, esperti territoriali, insegnanti ed esponenti del movimento No PFAS.
 
Dal 2018 a oggi il Gruppo operativo ha incontrato più di 10.000 studenti in 46 scuole tra primo e secondo grado, attraversando cinque province venete. Sono stati coinvolti anche circa 2.000 genitori e insegnanti in incontri pubblici di informazione e confronto.
 
Gli studenti acquisiscono conoscenze aggiornate sugli effetti dei PFAS e delle microplastiche, sviluppano coscienza critica, si sentono parte attiva della comunità. Molti percorsi si sono conclusi con campagne di sensibilizzazione interne alle scuole, attività di monitoraggio ambientale, azioni di comunicazione rivolte al territorio.
 




Messaggio di pace e salute a 42.133 destinatari da Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro tramite RETE AMBIENTALISTA - Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

Nel rispetto del Regolamento (UE) 2016/679 del 27.04.2016 e della normativa di legge. Eventualmente rispondi: cancellami.



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