Lettera del Prelato (agosto 2011)

2 views
Skip to first unread message

Federico De Palo

unread,
Sep 4, 2011, 8:38:20 AM9/4/11
to esc...@googlegroups.com

Dall'Africa, il Prelato ricorda nella sua lettera la necessità di essere e di fare l'Opus Dei con la propria fedeltà personale. Chiede anche preghiere per i frutti della GMG.

 

Carissimi: Gesù mi protegga le mie figlie e i miei figli!

 

Quando riceverete questa lettera mi troverò – da pochi giorni – a Kinshasa, la capitale del Congo. Qualche settimana prima, dal 7 al 12 luglio sono stato in Costa d’Avorio; tanto ad Abidjan quanto in Yamoussoukro, ho incontrato vostre sorelle e vostri fratelli, insieme a molte altre persone che frequentano le attività apostoliche dell’Opus Dei. In tutti i posti mi sono colmato di gioia nel toccare con mano lo sviluppo del lavoro che realizzano i fedeli della Prelatura, con la collaborazione di molte altre persone. Ringraziamo costantemente Dio che ci invia le sue grazie per l’intercessione della Santissima Vergine, ascoltando anche le suppliche di san Josemaría, al quale sempre facciamo ricorso: se quaggiù sulla terra portava tutti e ciascuno nel cuore, dal Cielo continua ad aiutarci con molta più perfezione e intensità.

 

Mi rivolgo anche all’amatissimo don Álvaro, perché fu lui a decidere l’inizio del lavoro apostolico stabile in questi due paesi, nell’anno 1980. Con preghiera e sacrificio, con lavoro intenso e perseverante – come ovunque –, l’Opera ha già posto le sue radici in queste terre d’Africa. Quante iniziative, per la gloria di Dio e servizio alla Chiesa, fioriscono in queste due nazioni, a trent’anni dagli inizi! Insisto: innalziamo un incessante atto di gratitudine alla Santissima Trinità.

 

Vi chiedo di continuare ad appoggiare da tutte le parti l’espansione apostolica, che fu una caratteristica di tutta la vita di san Josemaría, fino all’ultimo giorno del suo camminare terreno: preghiamo per i luoghi dove il lavoro dell’Opera ha avuto inizio tempo addietro, e per quelli in cui è davvero ancora agli inizi; senza dimenticare altre nazioni alle quali desideriamo portare, con la dottrina di Cristo, il fermento dello spirito dell’Opus Dei: in modo più immediato lo Sri Lanka. Chiedo a ciascuna e a ciascuno di voi: pensi che possano contare sulla tua preghiera? Come preghi per le persone con cui sono in contatto? Quali piccole, o forse neppure troppo piccole, mortificazioni offri? Ricordiamo quel che ci disse san Josemaría: Non è possibile amare l’intera umanità (…) se non dalla Croce [1].

 

Affidiamo questi desideri di sviluppo apostolico – nel proprio Paese e nel mondo intero – al dolcissimo e immacolato Cuore di Maria. Come tutti gli anni, da quando san Josemaría le consacrò l’Opera il 15 agosto 1951, rinnoveremo la consacrazione nella festa dell’Assunzione. Questa volta, oltre ad affidarci alla sua protezione e alle sue materne premure nei confronti dell’Opus Dei e di ciascuno di noi, vi invito a unirvi alla mia gratitudine verso il Cielo dopo questi viaggi. Allo stesso tempo, preghiamo per i frutti spirituali della Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Madrid nella seconda metà di questo mese, con la partecipazione di innumerevoli giovani del mondo intero.

 

Il prossimo giorno 7 sarà l’ottantesimo anniversario di un intervento divino nell’anima di san Josemaría, che lo confermò nella necessità di intensificare la preghiera – unica arma in nostro possesso – per diffondere e assicurare il cammino iniziato il 2 ottobre 1928, dando contemporaneamente nuovi impulsi a questa missione specifica, santa, in seno alla Chiesa. Conosciamo molto bene il testo che lasciò scritto, raccontando quanto accadde quel 7 agosto 1931. Non è pleonastico tornare a queste parole del nostro fondatore, perché ci colmano di fiducia e ci urgono a una maggiore fedeltà al disegno divino sull’Opus Dei. Chiediamo allo Spirito Santo che ci aiuti a penetrare più profondamente in questo avvenimento della vita di san Josemaría, che è di perenne attualità e deve trovare un’eco, una risposta personale, in ciascuno di noi.

 

In quel giorno, a Madrid si celebrava la festa della Trasfigurazione del Signore. Erano trascorsi pochi anni da quando san Josemaría si era trasferito nella capitale per frequentare il dottorato in Diritto, e il nostro fondatore annota: Nel formulare le mie intenzioni della santa Messa, mi resi conto del cambiamento interiore operato da Dio in me, in questi anni di residenza nella ex-Corte… Un cambiamento avvenuto nonostante me stesso: senza la mia cooperazione, posso dire [2].

 

Prendeva così consapevolezza del mutamento che il Signore era andato compiendo nella sua anima, soprattutto dal 2 ottobre 1928. Prestiamo attenzione al fatto che questa presa di coscienza ebbe luogo proprio durante la celebrazione eucaristica, mentre il nostro fondatore rendeva presente in persona Christi il Santo Sacrificio della Croce. Ci ripeté sempre che la Santa Messa costituisce il centro e la radice della vita spirituale del cristiano [3]: radice da cui trae alimento tutta la nostra esistenza, punto focale cui devono convergere i nostri pensieri, parole e azioni. Il fatto di curare con amore, giorno dopo giorno, la celebrazione o l’assistenza al Sacrificio dell’Altare, è una condizione indispensabile per permettere l’azione del Paraclito, che desidera migliorare le nostre anime e assimilarci sempre più a Gesù Cristo, per convertirci in buoni strumenti.

 

San Josemaría scrive che il suo cambio interiore era dovuto all’azione del Signore: Nonostante me stesso: senza la mia cooperazione, posso dire. Al contempo, sappiamo che già prima della fondazione dell’Opera si sforzava di assecondare l’azione dello Spirito Santo. La sua costante supplica – Domine, ut videam!; Domina, ut sit! – negli anni precedenti il 2 ottobre 1928, è la manifestazione pratica di questa realtà. Cerchiamo di imitarlo, andando al Santo Sacrificio col desiderio di ascoltare la  Parola di Dio, sforzandoci di scoprire quel che il Signore voglia mostrarci, tanto nelle letture quanto nelle diverse preghiere della Messa. Alimentiamo la nostra meditazione personale e la nostra presenza di Dio con questi testi di cui il Signore si serve per accendere nelle nostre anime il suo Amore? Ci sforziamo perché la nostra vita spirituale sia orientata e quasi segnata dalla liturgia della Chiesa?

 

Credo di aver rinnovato il proposito di indirizzare tutta la mia vita al compimento della Volontà divina: l’Opera di Dio, proseguiva san Josemaría. E aggiungeva, tra parentesi: Proposito che rinnovo in questo istante con tutta l’anima [4]. Seguiamo i suoi passi, molte volte, con sinceri desideri di fedeltà a Dio e alla Chiesa, soprattutto quando le circostanze diventano forse più dure: nella malattia, nella mancanza di mezzi, nelle contrarietà, nei momenti di aridità o difficoltà interiori… Se ci comportiamo così, il Signore ci concederà le luci e le energie di cui abbiamo bisogno per compiere in ogni momento la sua amabilissima Volontà.

 

Dopo la consacrazione dell’Ostia santa, quando il nostro fondatore alzò la  Sacra Forma per l’adorazione dei fedeli, si presentarono con veemenza alla sua mente alcune parole della Scrittura nella traduzione della Volgata, allora in uso nella liturgia: Si exaltatus fuero a terra, omnia traham ad meipsum [5]: quando Io sarò elevato in alto, attirerò a me tutte le cose. San Josemaría notò che, in un primo momento, nell’ascoltare questa locuzione divina senza rumore di parole, ebbe paura. Reazione tipica dell’anima che, nel percepire la meravigliosa vicinanza del Dio tre volte Santo, sperimenta un gran turbamento: consapevole della propria personale debolezza, sente contemporaneamente una grande pace interiore. Così lo spiega il nostro Fondatore: In genere, di fronte al soprannaturale, ho paura. Poi viene il “ne timeas!, sono Io”. E compresi che saranno gli uomini e le donne di Dio ad innalzare la Croce con la dottrina di Cristo sul pinnacolo di tutte le attività umane… E vidi il Signore trionfare, e attrarre a sé tutte le cose [6].

 

In questa esperienza, così soprannaturale, che Dio concesse a san Josemaría per illuminarlo e fortificarlo, eravamo presenti tu e io, tutti coloro che sarebbero dovuti venire all’Opera lungo i secoli. La maggior parte di noi non era ancora nata, ma già c’era un posto per ciascuno nel cuore del nostro amatissimo Padre che, senza conoscerci, pregava per noi, contava su di noi, che saremmo stati chiamati a essere Opus Dei e a fare l’Opus Dei nel secolo XXI. Questo ci obbliga ad unirci sempre di più a san Josemaría, per fare molto nostra la sua vita, dal momento che, come ci diceva, eravamo la ragione della sua.

 

Figlie e figli miei: non è un pio e devoto pensiero quello che vi propongo quando insisto nel dirvi che l’Opera è nelle nostre mani; giorno dopo giorno, pensiamo che ora tocca a noi portare avanti questo lavoro che il Cielo vuole si realizzi con identico spirito e identica dedizione di san Josemaría. Per questo possiamo contare su tutto l’aiuto di Dio. Tornano come fiore all’occhiello le parole di san Tommaso d’Aquino: «Le persone scelte da Dio per una missione sono preparate e da Lui disposte in modo da essere idonee per portarla a compimento, secondo quanto si legge in 2 Cor 3, 6: “Ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza”» [7].

 

Disponiamo anche di molti scritti di san Josemaría ove riversò i tesori spirituali che il Signore gli aveva confidato. Pur sentendomi vuoto di virtù e di scienza (…) – scrisse un giorno nei suoi Appunti intimi – vorrei scrivere dei libri di fuoco e farli correre per il mondo come una fiamma viva, che dia luce e calore agli uomini e trasformare tanti poveri cuori in braci ardenti, per offrirli a Gesù come rubini della sua corona di Re [8]. Questa sua santa ambizione si è trasformata in realtà, perché milioni di persone in tutto il mondo si alimentano dei testi nati dalla sua parola e dai suoi scritti. Approfondire la loro lettura, farli conoscere,  diffonderli nelle più varie lingue, è uno strumento apostolico di grande efficacia perché il messaggio di san Josemaría e il lavoro apostolico dell’Opus Dei si estendano sempre di più per il bene delle anime: come le onde prodotte dalla pietra gettata nel lago [9], fino a raggiungere rive inaspettate.

 

Nel suo messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù – alla quale sono stato invitato a partecipare –, il Papa approfondisce il lemma proposto per questo incontro: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” [10]. A molti la partecipazione a questo avvenimento proporrà un incontro speciale con Cristo, che magari non avevano mai sperimentato prima; o, per lo meno, la possibilità di conoscerlo meglio, di affinarsi nell’amicizia personale con Lui. Cerchiamo di far sì che tutto questo non si trasformi in un fuoco artificiale, che brilla per un attimo per poi spegnersi. In questo senso acquisisce grande importanza che i giovani sappiano dare, che noi tutti sappiamo dare, continuità all’esperienza spirituale di quei giorni. Facciamo il possibile perché i partecipanti formulino conclusioni pratiche, propositi personali per crescere nella vita cristiana. L’incontro con il Figlio di Dio dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo [11], afferma il Santo Padre. Come frutto dell’azione della grazia, potranno essere molti a interrogarsi sulla rotta che deve prendere la loro vita. Sono domande che, prima o poi, i giovani sono soliti porsi, magari senza rendersi neppure conto di cosa realmente significhino. Perché al di là della domanda sul futuro – magari inizialmente limitata alla scelta della professione, all’inserimento nel mondo del lavoro, alla formazione di una famiglia – quel che batte sotto tali interrogativi è un qualcosa di molto più profondo: che senso ha la mia vita? Come posso realizzarla pienamente?

 

Il pensiero che queste giornate avranno luogo nella città ove la  Provvidenza divina volle che nascesse l’Opus Dei, porta alla mia memoria un commento che san Josemaría fece in diverse circostanze, ricordando, con gratitudine a Dio, l’episodio della chiamata di Saulo di Tarso all’apostolato: A me – nel mio piccolo – come accadde a Paolo a Damasco, a Madrid caddero le scaglie dagli occhi, e a Madrid ho ricevuto la mia missione [12], scrisse, per esempio, nel 1965. Chiedo a Dio che, in occasione di questi atti presieduti dal Papa, numerosi giovani sperimentino la propria Damasco: che aprano gli occhi alla luce di Dio, che percepiscano la vocazione alla quale Gesù li chiama, e si decidano fermamente a seguirla. Sarà il miglior modo di rispondere alle speranze della Chiesa che ha bisogno di molte donne e di molti uomini seriamente impegnati con il Signore. Essere fondati in Cristo – spiega Benedetto XVI – significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui e mettendo in pratica la sua Parola [13]. Poi, dirigendosi specificamente ai giovani, aggiunge alcune parole che vanno bene per tutti: Costruite la vostra casa sulla roccia, come l’uomo che “ha scavato molto profondo” (cfr. Lc 6, 47). Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita [14].

 

Torno a quanto vi suggerivo prima: la necessità di dare continuità, nella vita quotidiana, alla scoperta che molti amici e conoscenti vostri faranno in quei giorni, come frutto della grazia di Dio. Il Santo Padre indica loro il cammino, quando scrive: Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo, nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloquio con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia [15]. Nelle conversazioni personali, mostriamo la necessità di frequentare i sacramenti – la Penitenza, l’Eucaristia –, fonti della vita soprannaturale dei figli di Dio. È anche necessario che imparino a santificare lo studio, il lavoro e a preoccuparsi apostolicamente degli altri, perché l’avvicinare altri a Cristo è uno dei migliori modi per assicurare la propria fedeltà al Maestro. Ripetete loro, con parole del Papa, che Cristo non è un bene solo per noi stessi, è il bene più prezioso che abbiamo da condividere con gli altri [16].

 

Concludo questa lettera invitandovi a considerare, in occasione della festa dell’Assunzione, le parole con cui san Josemaría termina la sua omelia in questa solennità della Santissima Vergine: Cor Mariae Dulcissimum, iter para tutum; cuore dolcissimo di Maria, dà forza e sicurezza al nostro cammino, perché tu conosci il sentiero più diretto e sicuro che conduce, per amor tuo, all’amore di Gesù Cristo [17]. Ed è appropriato aggiungere a questa giaculatoria le parole pronunciate dall’amatissimo don Álvaro: Iter para et serva tutum!

 

Con tutto l’affetto, vi benedice

 

vostro Padre

+ Javier

 

Kinshasa, 1° agosto 2011.

 

Note

[1] SAN JOSEMARÍA, Appunti di una meditazione, 2-X-1971.

[2] SAN JOSEMARÍA, Appunti intimi, n. 217 (7-VIII-1931). Cfr. A. VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. I, pag. 402.

[3] SAN JOSEMARÍA, È Gesù che passa, n. 87.

[4] SAN JOSEMARÍA, Appunti intimi, n. 217 (7-VIII-1931). Cfr. A. VÁZQUEZ DE PRADA, Ibid.

[5] Gv 12, 32 (Vulgata).

[6] SAN JOSEMARÍA, Appunti intimi, n. 217 (7-VIII-1931). Cfr. A. VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. I, pag. 402.

[7] SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Teologica III, q. 27, a. 4.

[8] SAN JOSEMARÍA, Appunti intimi, n. 218 (7-VIII-1931). Cfr. A. VÁZQUEZ DE PRADA, Ibid.

[9] Cfr. SAN JOSEMARÍA, Cammino, n. 831.

[10] Cfr. Col 2, 7.

[11] BENEDETTO XVI, Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 6-VIII-2010.

[12] SAN JOSEMARÍA, Lettera, 2-X-1965.

[13] BENEDETTO XVI, Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 6-VIII-2010.

[14] BENEDETTO XVI, Ibid.

[15] BENEDETTO XVI, Ibid.

[16] BENEDETTO XVI, Ibid.

[17] SAN JOSEMARÍA, È Gesù che passa, n. 178.

 

(06/08/11 - (C) Opus Dei, http://www.opusdei.it/ )

Reply all
Reply to author
Forward
This conversation is locked
You cannot reply and perform actions on locked conversations.
0 new messages