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Piero: hai ragione, ma Diego non ha torto.
Non conosco il caso specifico, ma in generale centralizzare produce efficienza statica ma anche rigidità e il rischio di degenerazioni monopolistiche. Questo trade-off è fondamentale: non puoi avere una cosa senza l'altra. Quindi per fare scelte è fondamentale conoscere bene i parametri specifici; in questo caso io non li conosco, e quindi non esprimo un giudizio.
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Piero: hai ragione, ma Diego non ha torto.
Non conosco il caso specifico, ma in generale centralizzare produce efficienza statica ma anche rigidità e il rischio di degenerazioni monopolistiche. Questo trade-off è fondamentale: non puoi avere una cosa senza l'altra. Quindi per fare scelte è fondamentale conoscere bene i parametri specifici; in questo caso io non li conosco, e quindi non esprimo un giudizio.
L’emendamento Quintarelli propone di riportare allo Stato non solo la competenza sul formato dei dati che la Pubblica Amministrazione deve adottare, ma anche sui “processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche
-- ========================================================================= Marco Brandizi <marco.b...@gmail.com> http://www.marcobrandizi.info
staremo a vedere, sarà molto interessante.io, come penso molti di voi, non sono un fan della centralizzazione. però è un fatto che da anni si tenta la strada delle "soluzioni federate", e invece ogni amministrazione locale/regionale è andata per conto suo, duplicando gli sforzi in modo inefficiente e inefficace.per dire: provate a cercare "sistema informativo" su OpenCoesione.
2015-02-11 13:15 GMT-05:00 Matteo Fortini <matteo....@gmail.com>:
Qui un commento che tenta di chiarire:
http://www.agendadigitale.eu/egov/1346_ecco-che-cosa-cambia-con-la-centralizzazione-delle-competenze-it-della-pa.htm
Il 11/02/2015 18:27, Francesco Piero Paolicelli ha scritto:
è un emendamento all'interno di una riforma più grande..non penso sia in discussione il lavoro dell'agid ma anzi va nella direzione di italia.login, anagrafe unica della popolazione centralizzata, spid ect.
penso che da tempo si è capito che la delocalizzazione su argomenti forti e collettivi ha portato pochi vantaggi e molti danni.
Il giorno 11 febbraio 2015 18:25, Alberto <alberto...@gmail.com> ha scritto:
Piero: hai ragione, ma Diego non ha torto.
Non conosco il caso specifico, ma in generale centralizzare produce efficienza statica ma anche rigidità e il rischio di degenerazioni monopolistiche. Questo trade-off è fondamentale: non puoi avere una cosa senza l'altra. Quindi per fare scelte è fondamentale conoscere bene i parametri specifici; in questo caso io non li conosco, e quindi non esprimo un giudizio.
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Se si va verso la specializzazione finalizzata al riuso degli applicativi prodotti dalle in-house che dovranno specializzarsi su autonomi e distinti settori - ma voglio vedere come - ottima cosa.Temo anch'io la deriva monopolistica, per vari motivi.Morena
p.s. - non ho capito perchè off-topic..:)
Il giorno mercoledì 11 febbraio 2015 19:23:41 UTC+1, Luigi Reggi ha scritto:
staremo a vedere, sarà molto interessante.io, come penso molti di voi, non sono un fan della centralizzazione. però è un fatto che da anni si tenta la strada delle "soluzioni federate", e invece ogni amministrazione locale/regionale è andata per conto suo, duplicando gli sforzi in modo inefficiente e inefficace.per dire: provate a cercare "sistema informativo" su OpenCoesione.
2015-02-11 13:15 GMT-05:00 Matteo Fortini <matteo....@gmail.com>:
Qui un commento che tenta di chiarire:
http://www.agendadigitale.eu/egov/1346_ecco-che-cosa-cambia-con-la-centralizzazione-delle-competenze-it-della-pa.htm
Il 11/02/2015 18:27, Francesco Piero Paolicelli ha scritto:
è un emendamento all'interno di una riforma più grande..non penso sia in discussione il lavoro dell'agid ma anzi va nella direzione di italia.login, anagrafe unica della popolazione centralizzata, spid ect.
penso che da tempo si è capito che la delocalizzazione su argomenti forti e collettivi ha portato pochi vantaggi e molti danni.
Il giorno 11 febbraio 2015 18:25, Alberto <alberto...@gmail.com> ha scritto:
Piero: hai ragione, ma Diego non ha torto.
Non conosco il caso specifico, ma in generale centralizzare produce efficienza statica ma anche rigidità e il rischio di degenerazioni monopolistiche. Questo trade-off è fondamentale: non puoi avere una cosa senza l'altra. Quindi per fare scelte è fondamentale conoscere bene i parametri specifici; in questo caso io non li conosco, e quindi non esprimo un giudizio.
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penso che ci siano grossi problemi con l'emendamento Quintarelli.1) stiamo parlando di un emendamento alla Costituzione repubblicana. Se le cose non andassero nel verso che il relatore auspica sarebbe molto difficile correggerle.2) è molto difficile e costosa la transizione verso il modello centralizzato e, una volta che ci riusciamo ci troveremo con software che fatica a rispondere a tutte le esigenze dei diversi ambienti operativi
3) Il modello economico che il legislatore ha in qualche modo promosso per es. con le politiche su Open Source permetteva anche alle piccole imprese di emergere ed operare, con benefici sociali, economici, tecnologici per l'intero paese. In questo caso rischiamo di avere un monopolio in una (non proprio) "nicchia" che è di 30% del mercato IT.
4) Oltre al monopolio esiste il rischio di lock-in e la difficoltà conseguente nell'innovazione5) Spesso le iniziative più innovative (es. Open Data) sono nate in ambito regionale come piccole sperimentazioni che si sono poi estese al territorio nazionale. Questo sarà ancora possibile?
6) la PA deve acquisire software open source (quindi gli operatori del settore non possono vivere di quello), se adesso i servizi vengono presi da un solo fornitore rischiamo di desertificare un intero settore produttivo
l'articolo oggetto di modifica è il 117 lettera r della costituzione:
"
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
"
la proposta dice dopo le parole “dei dati” aggiungere anche “dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche”
ovvero lo stato centrale ha competenza esclusiva su
coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell'amministrazione statale, regionale e locale.
il coordinamento si può fare in modo più o meno forte; per esempio tutte le pa devono avere almeno uno standard di interoperabilità (senza dire quale), tutte le pa devono usare qual particolare standard, ma anche tutte le pa devono usare il prodotto xyz
chiaramente dipenderà da come verrà esercitato il coordinamento centrale, fino a che livello di coordinamento vorrà spingersi e le reazioni delle pa locali e regionali.
personalmente trovo che il principio di coordinamento a livello dello stato centrale (se fatto come lo immagina Quintarelli) è un fatto solo positivo.
andrea maurino
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il coordinamento si può fare in modo più o meno forte; per esempio tutte le pa devono avere almeno uno standard di interoperabilità (senza dire quale), tutte le pa devono usare qual particolare standard, ma anche tutte le pa devono usare il prodotto xyz
chiaramente dipenderà da come verrà esercitato il coordinamento centrale, fino a che livello di coordinamento vorrà spingersi e le reazioni delle pa locali e regionali.
personalmente trovo che il principio di coordinamento a livello dello stato centrale (se fatto come lo immagina Quintarelli) è un fatto solo positivo.
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NUOVO ARTICOLO 117
On. Quintarelli,
la ringrazio per avere risposto almeno in parte ad alcune mie perplessità. Spero che le sia possibile partecipare al raduno SOD. Sarebbe certamente una interessante occasione per discutere il tema in modo franco e approfondito.
Sino ad ora il titolo V ha consentito allo Stato di definire protocolli standardizzati a livello nazionale. Domani lo Stato si occuperà del coordinamento di processi e piattaforme. Certamente esistono ricoperture e duplicazioni ma le scelte tecnologiche riflettono (o dovrebbero riflettere) modelli organizzativi della PA. Un coordinamento troppo forte in tema di processi e piattaforme rischia perciò di essere un limite rispetto all’autonomia organizzativa degli Enti. Come può un ente essere autonomo se gli strumenti di cui dispone non sono pensati per implementare i suoi processi? Questo problema si sente in modo particolare nel caso dei Comuni, data l’eterogeneità della situazione italiana (che va dal piccolo Comune di Pedesina a Roma e Milano).
Inoltre, l’esigenza di autonomia nella realizzazione dei sistemi è spesso causata dal legislatore. Non c’è coordinamento di processo o piattaforma che tenga se ognuno degli oltre 8000 comuni italiani può, per esempio, decidere l’algoritmo per il calcolo TASI. Su questo tema le amministrazioni comunali si sono dimostrate molto creative e, in taluni casi, hanno proposto algoritmi (specialmente per le detrazioni) non verificabili data l’impossibilità di reperire le informazioni necessarie ad effettuare i controlli. Il problema è aggravato dal fatto che le imposte locali sono variate anche più volte nello stesso anno e che, per varie ragioni, le amministrazioni mantengono dati, codice di gestione e per il controllo evasione degli ultimi 5 anni.
L’autonomia è stata fonte di innovazione. Ho esempi di innovazione di processo (es. Registro dei controlli in agricoltura della Regione Emilia Romagna), di prodotto (es. lodview), e nella definizione di partnership fra pubblico e privato (es. MyCicero) che non possiamo ignorare. Alcune scelte strategiche come quella della promozione del software open source hanno permesso la diffusione di competenze e imprenditorialità, la creazione di posti di lavoro, e la nascita di un mercato in cui gli operatori lavorano in regime di concorrenza. Il tema dell’Open Data ha avvicinato i cittadini alle amministrazioni e ora si sono diffuse iniziative oggettivamente interessanti che vanno dagli hackathon, ai monithon, ai coder dojo. Questo movimento ha portato alla nascita di progetti e startup spesso innovativi che dovrebbero essere sostenuti e considerati in prospettiva come una leva strategica per lo sviluppo del Paese.
Per concludere, non credo che abbiamo bisogno di un coordinamento che viene dallo Stato centrale. Penso al contrario che dovremmo aprire i processi decisionali e lavorare nell’ottica del pragmatismo seguendo le regole che ci hanno permesso di realizzare Internet: “rough consensus and running code”.
In effetti il caso TASI è veramente esemplare (in negativo). Non riguarda gli open data, ma è molto pertinente a questa discussione – per me interessantissima – su decentralizzato vs. centralizzato.
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On. Quintarelli,
la ringrazio per avere risposto almeno in parte ad alcune mie perplessità. Spero che le sia possibile partecipare al raduno SOD. Sarebbe certamente una interessante occasione per discutere il tema in modo franco e approfondito.
Sino ad ora il titolo V ha consentito allo Stato di definire protocolli standardizzati a livello nazionale. Domani lo Stato si occuperà del coordinamento di processi e piattaforme. Certamente esistono ricoperture e duplicazioni ma le scelte tecnologiche riflettono (o dovrebbero riflettere) modelli organizzativi della PA. Un coordinamento troppo forte in tema di processi e piattaforme rischia perciò di essere un limite rispetto all’autonomia organizzativa degli Enti. Come può un ente essere autonomo se gli strumenti di cui dispone non sono pensati per implementare i suoi processi? Questo problema si sente in modo particolare nel caso dei Comuni, data l’eterogeneità della situazione italiana (che va dal piccolo Comune di Pedesina a Roma e Milano).
Inoltre, l’esigenza di autonomia nella realizzazione dei sistemi è spesso causata dal legislatore. Non c’è coordinamento di processo o piattaforma che tenga se ognuno degli oltre 8000 comuni italiani può, per esempio, decidere l’algoritmo per il calcolo TASI. Su questo tema le amministrazioni comunali si sono dimostrate molto creative e, in taluni casi, hanno proposto algoritmi (specialmente per le detrazioni) non verificabili data l’impossibilità di reperire le informazioni necessarie ad effettuare i controlli. Il problema è aggravato dal fatto che le imposte locali sono variate anche più volte nello stesso anno e che, per varie ragioni, le amministrazioni mantengono dati, codice di gestione e per il controllo evasione degli ultimi 5 anni.
L’autonomia è stata fonte di innovazione. Ho esempi di innovazione di processo (es. Registro dei controlli in agricoltura della Regione Emilia Romagna), di prodotto (es. lodview), e nella definizione di partnership fra pubblico e privato (es. MyCicero) che non possiamo ignorare. Alcune scelte strategiche come quella della promozione del software open source hanno permesso la diffusione di competenze e imprenditorialità, la creazione di posti di lavoro, e la nascita di un mercato in cui gli operatori lavorano in regime di concorrenza. Il tema dell’Open Data ha avvicinato i cittadini alle amministrazioni e ora si sono diffuse iniziative oggettivamente interessanti che vanno dagli hackathon, ai monithon, ai coder dojo. Questo movimento ha portato alla nascita di progetti e startup spesso innovativi che dovrebbero essere sostenuti e considerati in prospettiva come una leva strategica per lo sviluppo del Paese.
Per concludere, non credo che abbiamo bisogno di un coordinamento che viene dallo Stato centrale. Penso al contrario che dovremmo aprire i processi decisionali e lavorare nell’ottica del pragmatismo seguendo le regole che ci hanno permesso di realizzare Internet: “rough consensus and running code”.
Bello l'articolo di Fuggetta. Mi piace perché è ordinato, sistematico.
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Anch’io ho trovato questa discussione molto interessante e stimolante, soprattutto per quei pareri lontani dal mio punto di vista, che è assolutamente in sintonia con i contenuti dell’emendamento in questione e le puntualizzazioni di Quintarelli stesso nei suoi interventi nel seguito. Ma comprendo le perplessità e le paure (in alcune mi è sembrato di sentire già le ansie per il proprio futuro). Spero anch’io che di questo argomento si continui a parlare, anche a Bologna, non solo approfondendo gli ipotetici scenari positivi e negativi che potrà produrre questo emendamento, ma per chiederci anche quali azioni (come singolo e comunità) possono essere adottate e perseguite perché la probabilità che le cose seguano il bene comune sia la più elevata possibile. Perché non sfruttare l’onda stimolante provocata da questa norma “alta” per provare ad articolare un elenco di cose da fare/comportamenti da tenere, per esempio seguendola traccia della “lista Fulgetta”?
Se può essere utile: mi sono ricordato di questa intervista http://www.scribd.com/doc/40017684/Saremo-Tutti-Cittadini-Digitali. L’ho riletta con piacere, mi pare ancora attuale.
Proviamoci non per i nostri figli, ma per quelle centinai di migliaia di immigrati di cui abbiamo tanto bisogno http://blog.quintarelli.it/2010/10/con-un-amico-e-collega-inglese-ieri-commentavamo-landamento-demografico-dellitalia-ha-osservato-quindi-le-elezioni-si-vi.html
http://www.dday.it/redazione/15665/rigurgito-di-buon-senso-digitale-in-parlamento-lemendamento-quintarelli-passa-allunanimitasecondo me è una bella cosa in ottica di coordinamento e interoperabilità anche sugli opendata.Piero