Ciao a tutti, volevo condividere una riflessione a valle di SOD19. Mi è stata ispirata dal
talk di Erika, che ha colpito duro; consiglio a chi non era al raduno di prendersi venti minuti per leggerselo, tanto più che è riportato su Medium in versione più o meno integrale.
Secondo me non c'è il minimo dubbio sul fatto che la comunità di SOD soffre di scarsa diversità. Questa è per me una sconfitta personale, visto che nei primi raduni
mi ero impegnato parecchio per rendere SOD accogliente per tutti. Non mi interessa neanche tanto ragionare sulla diversità in SOD relativamente a altre comunità tech. Ci stiamo sicuramente dimenticando qualcuno, e questa è la cosa importante.
Mi interessa, però, ragionare sul perché.
La risposta che mi do è questa: perché l'impatto sul mondo open data si è spostato, localizzandosi in conoscenza molto tecnica trasmessa alle istituzioni pubbliche. Un solo Napo o Matteo B (per fare solo due esempi) sposta moolto di più del nostro miglior raduno. Comunità numerose e attive hanno poco impatto, e dunque chi tiene agli OD non ha ragione di investirci.
Quando siamo partiti con questa lista (2010), il mondo OD era veramente primitivo. Anche persone con zero skill tecniche e giuridiche, come me, potevano avere un ruolo. Cercare dati, e linkarli. Costruire semplici visualizzazioni. Segnalare a chi li pubblicava che mancavano le licenze. Collaudare portali appena rilasciati. Roba così. Ma nel 2019, le cose facili sono coperte: i portali sono diventati molto più professionali, con preview sui dataset. I problemi di licenze sono meno marchiani. Non è più così facile aggiungere valore civico. E non ci viene nemmeno più richiesto: adesso ci si chiede piuttosto di partecipare a consultazioni (agenda digitale, OGP) tecnicamente complesse. Solo i più preparati di noi riescono ad avere impatto in quei contesti: io, per esempio, non ci riesco. E, se tutto l'impatto è concentrato nelle figure più preparate, l'inclusività rispetto ai newbies che mi interessava tanto non ha più senso.
Mentre Erika parlava, mi venivano in mente queste cose, e mi chiedevo dove andare adesso.
Una strada è ovviamente quella del lavoro nelle amministrazioni, soprattutto quelle periferiche. Piero, per esempio, fa questo molto bene: forma funzionari, monta processi, cerca di cambiare il modo di lavorare. Questo ha impatto, ma questo è lavoro, non è roba che abbia senso are in quanto comunità di volontari.
L'altra strada, che mi sembra più proponibile, è quella di verticalizzare, usando open data per fare progetti di civic hacking. Una volta che ti addentri dalla disponibilità dei dati alla loro interpretazione, aggiungere valore diventa molto più facile. Lo stiamo vedendo con Milano Melting Pot: il personale del Comune ha pubblicato i dati, ma non li ha letti davvero, e non ha la capacità per farlo, se non al livello più grossolano. Un lavoro di data science, anche relativamente semplice, può aggiungere corpo al dibattito in città su quel tema, l'immigrazione. Il dibattito è mobilitante per chi tiene al tema, e di conseguenza inclusivo, perché per svilupparsi come si deve ha bisogno sia di competenze di data science, sia di competenze di dominio (in questo caso sull'immigrazione), sia di conoscenza della città. Tutti possono avere un ruolo.
Conclusione (solo mia, e per quello che vale, ci mancherebbe): Erika e Matteo, quando hanno deciso di occuparsi di civic hacking, hanno fatto centro. Per essere di nuovo inclusiva, divertente e ad alta energia forse SOD dovrebbe trasformarsi in una comunità di civic hackers, o di data science civica.
Sto dicendo stupidaggini? Cosa ne pensate?